Diritti del consumatore
Il Sole 24 Ore
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Fisco Agevolazioni sulla casa A cura di Marco Zandonà [1913][384286] Annotazione in fatturaper correggere il beneficiarioIl coniuge convivente – non proprietario dell’ immobile su cui sono stati eseguiti lavori di riqualificazione energetica – può detrarre la spesa (che ha effettivamente sostenuto), se ha eseguito i relativi bonifici “parlanti”, ma le fatture sono intestate all’ altro coniuge (proprietario), a nome del quale è stata fatta anche la dichiarazione all’ Enea?M.C.LAURIA La risposta è affermativa, a condizione che le fatture vengano integrate con l’ indicazione del nominativo del coniuge non proprietario (titolare del conto corrente da cui sono stati emessi a suo nome i bonifici di pagamento). Come precisato da ultimo nella circolare 7/E del 2018, la detrazione del 50% (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it) può andare al familiare convivente del possessore o detentore dell’ immobile oggetto dell’ intervento. Per familiari si intendono – a norma dell’ articolo 5, comma 5, del Tuir – il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Per fruire della detrazione non è necessario che i familiari abbiano sottoscritto un contratto di comodato, essendo sufficiente che attestino, mediante una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere familiari conviventi. Lo status di convivenza deve sussistere già al momento in cui si attiva la procedura, cioè alla data di inizio dei lavori. La detrazione spetta al familiare per i costi sostenuti per gli interventi su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza, purché tale immobile risulti a disposizione. Non è invece richiesto che l’ immobile oggetto dell’ intervento sia adibito ad abitazione principale del proprietario o del familiare convivente. Lo stato di convivenza è dimostrato, in sostanza, da un certificato di stato di famiglia o da un’ autodichiarazione.Come precisato nella circolare 7/E/2018, nel caso in cui il soggetto che sostiene le spese sia diverso da quello intestatario delle fatture (a prescindere dal soggetto che emette il bonifico), è necessaria l’ annotazione in fattura, anche successivamente all’ emissione, per indicare il soggetto che, sostenendo effettivamente la spesa, ha diritto alla detrazione. [1914][384263] Ok al 50% se c’ è la ritenutasul bonifico eseguitoNon ritengo corretta la risposta data al quesito n. 1561 del 9 luglio 2018. La procedura prevista dalla circolare 43/E/2016 (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dall’ impresa beneficiaria) è applicabile sia alle spese di ristrutturazione pagate con bonifico ordinario, anziché “parlante”; e sia alle spese per l’ acquisto del box pertinenziale, pagate in assenza di bonifico bancario, ma attestate dall’ atto notarile. In sostanza, la circolare distingue tra le spese di ristrutturazione – in cui dev’ esserci, comunque, un bonifico (ordinario, con attestazione dell’ impresa, o “parlante”) – e le spese per l’ acquisto del box pertinenziale, in cui il bonifico può essere anche assente, in quanto il pagamento è attestato dal notaio (con necessità, ai fini della detrazione, anche in questo caso, della dichiarazione sostitutiva dell’ impresa).C.C.NOVARA Sul punto le pronunce delle Entrate sono poche chiare. Con la cicolare 43/E del 18 novembre 2016, infatti, l’ Agenzia aveva precisato che non si decade dai benefici se il pagamento avviene mediante assegno, ovvero bonifico incompleto. In sostanza, se il bonifico risulta incompleto o mancante, il beneficio è comunque riconosciuto a condizione che l’ impresa esecutrice dei lavori rilasci al contribuente una dichiarazione sostitutiva di atto notorio dalla quale risulti che «i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati inclusi nella contabilità dell’ impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del reddito». Tale soluzione sembrava interpretabile come sempre possibile, e non solo per l’ acquisto del box (fattispecie, quest’ ultima, ripresa nella circolare 7/E del 27 aprile 2018). In particolare, la circolare 7/E/2018 fornisce un’ interpretazione innovativa e favorevole ai contraenti (impresa venditrice e acquirente del box), precisando che, solo in tale ipotesi, è possibile fruire della detrazione del 50% anche quando il pagamento è effettuato con mezzi diversi dal bonifico, purché tale pagamento avvenga in presenza del notaio.Tuttavia, non è chiaro se negli altri casi, invece, occorra comunque un bonifico parlante e, soprattutto, la presenza della ritenuta dell’ 8% all’ atto dell’ accredito nel conto del ricevente (impresa esecutrice dei lavori o venditore dei materiali), che l’ agenzia delle Entrate ha sempre ritenuto indispensabile per l’ accesso alla detrazione. In conclusione, sembra che, salva l’ ipotesi dell’ acquisto del box in presenza di notaio, in via generale, la detrazione possa essere riconosciuta ugualmente nell’ ipotesi in cui il bonifico bancario/postale, effettuato per il pagamento delle spese sostenute, abbia consentito la ritenuta fiscale dell’ 8% (articolo 25 del Dl 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge 122/2010; circolare 7/E del 2018). Sul punto, in ogni caso, sarebbe opportuna un’ ulteriore pronuncia, che superi le contraddizioni risultanti dalle circolari fin qui emesse. [1915][384242] Il diritto al bonus mobilinon si può trasferireQuest’ anno ho acquistato un appartamento ristrutturato nel 2017, e il venditore ha specificato nel rogito che avrebbe mantenuto la titolarità delle relative detrazioni fiscali. Ora devo arredare la casa e vorrei sapere se posso fruire del bonus mobili, nonostante non risulti che io abbia effettuato ristrutturazioni.G.S.BERGAMO La risposta è negativa. Il soggetto che fruisce del bonus mobili dev’ essere lo stesso che fruisce della detrazione per ristrutturazioni: quantomeno in parte, cioè deve aver pagato almeno una quota delle spese di ristrutturazione (circolare 7/E del 2018, articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% e al bonus mobili su www.agenziaentrate.it). Infatti, ci dev’ essere coincidenza tra colui che sostiene le spese di ristrutturazione e colui che paga per l’ acquisto dell’ arredo agevolato (circolare 29/E del 2013). In caso di trasferimento dell’ immobile ristrutturato, il diritto al bonus mobili non si trasferisce mai: né se il bonus edilizio rimane in capo al venditore (con opzione nel contratto di vendita), né se il diritto alla detrazione per le quote residue si trasferisce all’ acquirente. A maggior ragione, il bonus mobili non compete mai all’ acquirente dell’ immobile ristrutturato che non ha sostenuto direttamente le spese. [1916][384240] Documenti da integrarequando il conto è cointestatoVorrei sapere se una cucina, le cui fatture sono intestate a Tizio, possano essere portate in detrazione da Caio, previa annotazione sui documenti. Si specifica che l’ ordinante del bonifico è Tizio, e che il conto corrente è cointestato a Tizio e Caio.R.M.FIRENZE Il soggetto che fruisce del bonus mobili dev’ essere lo stesso che fruisce della detrazione per ristrutturazioni: quantomeno in parte, cioè deve aver pagato almeno una quota delle spese di ristrutturazione (circolare 7/E del 2018, articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 , della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% e al bonus mobili su www.agenziaentrate.it).È quindi necessario che colui che sostiene le spese di ristrutturazione e colui che paga quelle per l’ acquisto dell’ arredo agevolato siano la stessa persona (circolare 29/E del 2013).Pertanto, nel caso di specie, se le spese per l’ acquisto dell’ arredo e per l’ intervento di ristrutturazione sono intestate a un soggetto, entrambi i benefici fiscali (detrazione per ristrutturazioni e bonus mobili) possono essere attribuiti a un soggetto diverso, qualora la documentazione di spesa sia integrata con i dati di chi ha diritto alle due detrazioni. In particolare, se i bonifici provengono da un conto corrente cointestato, sarà sufficiente integrare le fatture indicando il nome del soggetto intestatario e la relativa percentuale (ad esempio, 100 per cento). [1917][384184] Compravendite, detrae chiha opzionato l’ agevolazioneNel caso le spese per lavori edili su parti comuni condominiali siano sostenute nell’ anno di cessione dell’ immobile, ma prima del rogito notarile di trasferimento dello stesso, se nel contratto viene pattuita la conservazione della detrazione in capo al venditore, e l’ amministratore condominiale riporta, nel prospetto di riparto della spesa, il nominativo del venditore (nonché sostenitore effettivo della spesa), il beneficio dovrebbe spettare a quest’ ultimo. È corretto?R.D.TREVISO La risposta è affermativa. Come precisato nelle circolari 19/2012 e 95/2000 (confermate nella circolare 7/E del 2017), per determinare chi possa fruire della quota di detrazione relativa ad un anno, occorre individuare il soggetto che possedeva l’ immobile al 31 dicembre di quell’ anno, anche nell’ ipotesi di opzione di mantenimento della detrazione in capo al cedente (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it).Ciò significa che se, per esempio, al 31 dicembre del 2017, Tizio ha trasferito l’ immobile optando per la conservazione del diritto alla detrazione, anche per le spese condominiali, spetta a lui l’ agevolazione in sede di dichiarazione dei redditi 2018. Se, invece, al 31 dicembre 2017 il rogito non è avvenuto, ma viene stipulato, ad esempio, nel febbraio 2018, con trasferimento del diritto in capo all’ acquirente, in ogni caso in sede di dichiarazione dei redditi 2018, per l’ anno 2017, la detrazione compete al venditore proprietario ancora al 31 dicembre 2017. Naturalmente, se l’ immobile è stato venduto prima del 31 dicembre, ma si è optato per il mantenimento del diritto in capo al venditore, questi conserva il diritto alla detrazione per le spese condominiali, anche se al 31 dicembre non è più proprietario. Dichiarazione dei redditi delle persone fisiche A cura di Alfredo Calvano [1918][384467] Le ritenute da retrocedereall’ ex studio associatoIl socio di uno studio professionale ne esce il 1° gennaio 2018; e ha ritenute maturate nel 2017, retrocedibili all’ associazione da cui è uscito (rigo RN33, colonna 3, Redditi Pf). Vorrei sapere se la qualifica di socio, ai fini della retrocessione delle ritenute, debba sussistere nell’ anno 2017, ancorché la dichiarazione dei redditi viene fatta nel 2018; o se tale qualifica di socio debba sussistere anche nel 2018, indipendentemente dalla formalizzazione della cessione delle ritenute mediante Pec. Ritengo che, anche sulla base della ratio della circolare 56/E del 2009, non vi sia l’ obbligo di essere soci anche nell’ anno della dichiarazione (2018), ma solo nell’ anno in cui maturano le ritenute (2017), in quanto vi sarebbe un’ iniqua disparità di trattamento tra i soci in essere nel 2017. Ciò andrebbe a ledere anche la libertà di “stabilimento” del socio. La circolare non esclude tale casistica, né stabilisce tra gli elementi fondamentali la qualifica di socio nell’ anno della dichiarazione.D.P.MILANO Si ritiene del tutto incontestabile la possibilità di retrocedere all’ ente associativo le ritenute eccedenti maturate in uno specifico periodo d’ imposta, da parte del contribuente che ha rivestito la soggettività di socio o associato nel medesimo periodo d’ imposta, sebbene questi – nell’ anno successivo (in particolare, all’ atto di formalizzare, mediante gli adempimenti dichiarativi nel modello Redditi, l’ avvenuta retrocessione) – non rivesta più tale qualifica. Riferimenti in tal senso sono rinvenibili nelle istruzioni operative e soprattutto nei principi di carattere generale, che regolano la ripartizione dei redditi e delle correlate ritenute degli enti di cui all’ articolo 5 del Tuir, Dpr 917/86, tassati per trasparenza. [1919][384451] La pensione di reversibilità èreddito da lavoro dipendenteMio figlio orfano percepisce una quota di pensione del padre defunto (precisamente 343 euro mensili). Credevo che tale quota fosse considerata come gli alimenti che percepivo dal mio ex marito, quando era in vita, e quindi esenti da dichiarazione. Invece, il patronato sostiene che mio figlio, non solo deve dichiarare tale pensione (perché possiede una Certificazione unica dell’ Inps), ma non è fiscalmente a mio carico finché riceve tali quote. Di conseguenza, non ho potuto detrarre né le tasse universitarie, né le spese mediche molto consistenti (in quanto da circa sette anni soffre di varie patologie, tra cui spondilite anchilosante, gravissima acne e altro). Né tantomeno ha potuto scaricarle lui, perché – essendo pensione di reversibilità – il patronato sostiene che non possa scaricare niente. È vero tutto ciò?V.T.CATANIA La conclusione del Caf è condivisibile, non ricorrendo alcuna delle specifiche ipotesi di esenzione reddituale, elencate dall’ articolo 34 Dpr 601/1973, in relazione alla pensione di reversibilità riconosciuta a favore del figlio superstite. Pensione che concorrerà, quindi, alla formazione del suo reddito complessivo, quale reddito di lavoro dipendente (articolo 49 del Tuir, Dpr 917/86), identificato con il codice 7 della colonna 1 (Tipologia di reddito), rigo RC1 del quadro RC del modello Redditi. Inevitabilmente, questo reddito rileverà quindi ai fini del limite di 2.840,41 euro (limite elevato a 4.000 euro a decorrere dal 2019, riguardo ai figli di età non superiore a 24 anni), previsto dall’ articolo 12 del Tuir, entro cui si può essere considerati familiari fiscalmente a carico. [1920][384450] Ritenute previdenziali Enpam:la gestione per l’ autonomoCome gestire le ritenute Enpam a carico dei medici nelle certificazioni di lavoro autonomo? Un mio cliente ha svolto l’ attività di guardia medica presso la Asl, che ha rilasciato una certificazione come lavoratore autonomo, in cui, nella sezione dei dati previdenziali, ha evidenziato la quota dei contributi Enpam a carico del datore e quella a carico del medico. Posso dedurre nel quadro RP la quota dei contributi a carico del medico?A.G.LECCE Il contribuente lavoratore autonomo deve provvedere ai propri adempimenti impositivi dichiarando il compenso ricevuto dall’ Asl, al lordo della quota parte di contributi previdenziali a suo carico, versata in via sostitutiva dall’ azienda sanitaria, per scomputarla poi in deduzione dal reddito complessivo (quadro RP del modello Redditi). [1921][384436] Prima casa: «finita locazione»per poter detrarre il mutuoHo acquistato un immobile in cui è presente un inquilino con regolare contratto di affitto (4+4), già rinnovato dopo i primi quattro anni. Risiedo nello stesso Comune, a circa 200 metri dall’ immobile, ma in un’ altra via, in un appartamento in affitto da oltre quattro anni, in cui rimarrò fino alla scadenza naturale del contratto di affitto. Per l’ acquisto dell’ abitazione, che è la mia prima casa, ho fruito delle relative agevolazioni, anche sulla concessione del mutuo da parte della banca. Mi è stato però detto che, poiché la casa è locata, non posso “scaricare” gli interessi passivi sul mutuo e gli oneri di notaio e di intermediazione immobiliare. Solo quando sposterò la mia residenza nell’ immobile acquistato, potrò scaricare gli interessi passivi fino a 4mila euro (se ancora in vigore la legge). È corretto?F.M.MILANO Nell’ ipotesi di acquisto di immobile locato, la detrazione degli interessi passivi derivanti dal mutuo ipotecario è conseguibile fin dalla prima rata (insieme alle spese notarili per la stipula del mutuo stesso), a condizione che entro tre mesi dall’ acquisto l’ acquirente notifichi al locatario l’ intimazione di sfratto per finita locazione e che l’ immobile venga adibito ad abitazione principale entro un anno dal suo rilascio. La residenza anagrafica non costituisce un presupposto indispensabile, né in questa particolare circostanza, né in quella ordinaria, essendo necessario e sufficiente il concreto utilizzo dell’ unità immobiliare come dimora abituale. Analogamente, potrà essere detratta la spesa di intermediazione (nel limite del 19% di mille euro), sostenuta per l’ acquisto dell’ abitazione, nel rispetto delle medesime condizioni appena esposte (circolare 19/E/2012, punto 5,2). Redditi dei terreni e fabbricati A cura di Luigi Lovecchio [1922][383347] Affitto, reddito da imputarea entrambi i comproprietariUn’ unità abitativa, posseduta da due comproprietari, viene locata con contratto stipulato da uno solo di loro, che percepisce effettivamente il canone. Il reddito derivante dalla locazione va imputato pro-quota a ciascun comproprietario, secondo l’ articolo 26 del Tuir? Oppure, in base alla sentenza della Cassazione 3085/2016, che circoscrive l’ applicazione dell’ articolo 26 del Tuir esclusivamente ai redditi fondiari (e quindi alla sola rendita catastale), dev’ essere imputato soltanto a colui che effettivamente lo percepisce?E.M.PISTOIA L’ agenzia delle Entrate ha ribadito, nella circolare 24/E del 12 ottobre 2017, in materia di locazioni brevi, che, al di fuori di tale fattispecie, il reddito da locazione deve sempre essere imputato ai proprietari del fabbricato, a prescindere dalla avvenuta percezione dello stesso. L’ orientamento di Cassazione non è stato dunque recepito dalla prassi amministrativa, anche perchè non è chiaro se possa ritenersi orientamento consolidato. Prudenzialmente, quindi, converrà attenersi ai documenti di prassi, anche in considerazione della copertura offerta dall’ articolo 10 delle legge 212/2000, in termini di disapplicazione di sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che si sono attenuti alle indicazioni dell’ amministrazione finanziaria. [1923][383059] Immobili sfitti nel Comune:i requisiti per lo sconto IrpefUna contribuente è proprietaria di tre immobili a uso abitativo, ubicati nello stesso Comune, ma risiede, sempre nello stesso Comune, in un’ abitazione di proprietà del marito. Nella compilazione della dichiarazione dei redditi, deve tassare ai fini Irpef il 50% della rendita dei tre immobili? Oppure il fatto che non risieda in alcuna delle tre case fa venir meno il presupposto?V.P.BERGAMO Affinché trovi applicazione la tassazione al 50% ai fini Irpef delle unità abitative sfitte, possedute nel medesimo Comune in cui è ubicata l’ abitazione principale, occorre che il contribuente sia anche proprietario o comproprietario dell’ abitazione principale. In assenza di tale condizione, questo tipo di tassazione non opera. Ne consegue che, nel caso descritto nel quesito, non vi sarà la tassazione della rendita catastale al 50%, poiché la proprietaria non possiede l’ abitazione principale. [1924][383043] La casa in uso al familiareva dichiarata dal proprietarioHo stipulato una scrittura privata (non autenticata) con la quale è stato costituito, a titolo gratuito, il diritto di abitazione a favore di un familiare. Tale atto è stato poi registrato presso l’ agenzia delle Entrate. Chi deve dichiarare l’ immobile in questione nella dichiarazione dei redditi? Il sottoscritto, utilizzando il codice 10 («abitazione data in uso gratuito ad un familiare») oppure il familiare utilizzando il codice 1 («abitazione principale»).M.S.VICENZA La costituzione, a titolo gratuito, di diritti reali di godimento su immobili concretizza una donazione, che richiede però necessariamente la forma dell’ atto pubblico notarile. In assenza di tale forma, la donazione è inesistente. Ne consegue che l’ appartamento in questione deve essere dichiarato ai fini Irpef dal proprietario, come abitazione data in uso al famiiliare, a condizione peraltro che tale uso gratuito sia poi nei fatti comprovabile (ad esempio, con la residenza anagrafica del familiare). [1925][382864] Il diritto di abitazione si perdesolo con una rinuncia formaleSono proprietario al 100% di un immobile gravato da un diritto di abitazione a favore di mia mamma che è seguita da un amministratore di sostegno e che è stata ricoverata in una casa di riposo in via definitiva, tanto che ha preso la residenza presso la struttura. È infatti escluso, per ragioni mediche, che mia mamma possa tornare a vivere nell’ immobile, all’ epoca la sua casa coniugale. Vista la situazione, posso affittare l’ immobile – che attualmente è disabitato – e godere del relativo reddito anche se l’ immobile è gravato dal diritto di abitazione? È necessaria, a questo scopo, l’ autorizzazione dell’ amministratore di sostegno? E ai fini Imu, come mi devo comportare?F.D.TREVISO Il diritto di abitazione, di cui all’ articolo 540 del Codice civile, non si perde per il solo fatto del mancato utilizzo dell’ immobile. Affinché il diritto sia estinto, occorre un atto di disposizione del titolare (ad esempio: una rinuncia formale). Ne consegue che, nel caso descritto nel quesito, la madre del lettore continua a essere titolare del diritto di abitazione sull’ immobile, anche se non risiede più in tale unità. Affinché il figlio, proprietario del bene, possa procedere ad affittare l’ immobile, egli dovrà munirsi del consenso della mamma, espresso nei modi di legge. Sarà, pertanto, necessario contattare l’ amministratore di sostegno. Ai fini Imu, l’ immobile sarà assoggettato a imposta sempre in capo alla mamma, in quanto per l’ appunto titolare del diritto di abitazione. Trattandosi di abitazione locata, non potrà applicarsi alcuna fattispecie di esenzione. Contribuenti minori, minimi e regimi contabili A cura di Paolo Meneghetti [1926][384139] Semplificata, senza l’ opzioneè opportuno il ravvedimentoUn contribuente in contabilità semplificata per l’ anno 2017 utilizza – ai fini reddituali – il criterio delle registrazioni Iva, ma non barra la relativa opzione nel quadro VO della dichiarazione annuale.Si accorge dell’ omissione solo in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, nella parte relativa allo studio di settore. Riscontrata la mancanza, barra il rigo F41 dello studio di settore (opzione per il criterio delle registrazioni) e compila le richieste successive dello studio. Il comportamento concludente e l’ opzione nello studio di settore mettono il contribuente al riparo da ogni eventuale controversia e sanzione o è opportuno che egli presenti la dichiarazione annuale Iva integrativa?L.S.AREZZO La scelta del metodo della registrazione Iva, quale adempimento contabile nel regime semplificato, avviene tramite il comportamento concludente, come ha affermato la circolare 11/E/2017, al paragrafo 6.5. Pertanto, l’ eventuale omessa indicazione di tale scelta nell’ apposito quadro della dichiarazione Iva non fa venir meno l’ opzione. Tuttavia, per evitare la sanzione di cui all’ articolo, 5 comma 6, del Dpr 471/1997 (posto che l’ indicazione della scelta eseguita nel modello Iva è obbligatoria ancorché non decisiva in merito agli effetti dell’ opzione stessa) è opportuno eseguire un ravvedimento del modello Iva, presentando la dichiarazione annuale Iva e aggiungendo l’ opzione nel quadro VO. A cura di Giovanni Petruzzellis [1927][384420] Il compenso della formazioneè fuori dai limiti del forfaitSono un medico che ha aperto la partita Iva in regime forfettario nel 2017, anno in cui ho svolto solo attività lavorativa in libera professione rimanendo sotto la soglia dei 30mila euro. Da gennaio 2018, però, sono entrato nel corso di formazione in medicina generale della mia regione, corso per cui ricevo un compenso direttamente dalla Asl in forma di reddito assimilato a lavoro dipendente. Continuo ad esercitare la libera professione (guardie mediche e sostituzioni) nei limiti imposti dal corso. Al raggiungimento del tetto dei 30 mila euro, contribuisce solo il reddito percepito per lavoro in forma autonoma o anche il reddito percepito come lavoro assimilato a lavoro dipendente?F.N.GORIZIA Il compenso corrisposto al medico in formazione costituisce un reddito assimilato a quello da lavoro dipendente e non osta alla possibilità di applicare il regime forfettario. Tale regime è, infatti, compatibile con lo svolgimento di attività di lavoro dipendente. In generale, i soggetti che intendono applicare il regime forfettario non devono aver percepito nell’ anno precedente un reddito di lavoro dipendente o assimilato superiore a 30mila euro (articolo 1, comma 57, lettera d-bis, legge 190/2014). A sua volta, l’ articolo 50, comma 1, lettera c, del Tuir (Dpr 917/1986) comprende fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente anche «le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale». Il limite di 30mila euro riguardante lo svolgimento di attività di lavoro dipendente o assimilato opera su un piano distinto rispetto all’ ulteriore condizione prevista dalla legge 190/2014 che, relativamente alle attività professionali, impone il mancato superamento dalla soglia di 30mila euro di compensi percepiti nell’ anno precedente. [1928][384265] No ai componenti irrilevantiall’ interno dei registri IvaIn caso di adozione della contabilità semplificata per le imprese minori, di cui all’ articolo 18 del Dpr 600/73, avvalendosi della modalità ordinaria di rilevazione dei ricavi e delle spese nel registri degli incassi e dei pagamenti, è possibile rilevare i componenti positivi e negativi di reddito non rilevanti sul fronte Iva solo sui registri degli incassi e dei pagamenti (ad esempio: per le polizze assicurative, gli interessi sui finanziamenti, le imposte pagate, i canoni di locazione, eccetera) oppure è necessario registrare il documento attestante la spesa anche sui registri Iva per poi riportarlo nel registro pagamenti?M.T.TERNI L’ annotazione sui registri Iva dei componenti positivi e negativi di reddito che non assumono rilevanza ai fini di tale imposta è prevista esclusivamente nel caso in cui il contribuente decida di non istituire i registri degli incassi e dei pagamenti, avvalendosi delle semplificazioni previste dai commi 4 e 5 dell’ articolo 18 del Dpr 600/73. Il comma 4 del citato articolo 18, infatti, consente l’ esonero dalla tenuta dei registri degli incassi e pagamenti purché sui registri Iva siano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione ai fini dell’ imposta sul valore aggiunto. L’ obbligo di separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini Iva è previsto anche in caso di esercizio dell’ opzione per il cosiddetto «criterio delle registrazioni» (articolo 18, comma 5), in base al quale si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento. Nel caso esposto dal lettore, la tenuta dei registri degli incassi e pagamenti consente, pertanto, di non dover annotare sui registri Iva i componenti positivi e negativi di reddito non rilevanti ai fini del tributo . [1929][384143] A 36 anni transizione naturaledai minimi al forfettarioSono un agronomo iscritto al regime dei minimi (aliquota al 5%) dal 2013. Oggi ho 34 anni, nel 2017 ho “compiuto” cinque anni nel regime dei minimi. Posso rimanere in tale regime solo fino al compimento dei 35 anni? Se sì, come posso passare al forfettario? Quali opzioni dovrei effettuare sulla dichiarazione dei redditi?D.S.MATERA Il regime dei minimi continua ad essere applicabile, fino alla scadenza naturale, soltanto da coloro che vi abbiano aderito entro il 2015, essendo stato abrogato dal 1° gennaio 2016.In particolare, l’ articolo 27, comma 1, del Dl 98/2011 ne sancisce l’ applicabilità per il periodo d’ imposta di inizio dell’ attività e per i quattro successivi. La stessa norma dispone, per coloro che allo scadere del quinquennio non avessero ancora compiuto 35 anni, la possibilità di prolungare l’ applicazione del regime fino al periodo d’ imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età. Nel caso prospettato dal lettore, pertanto, l’ applicazione del regime dei minimi continua ad essere possibile fino al 2019 (compreso), ossia fino al periodo d’ imposta in cui si verificherà il compimento del 35° anno di età. Dal 1° gennaio 2020, riscontrata la sussistenza dei requisiti di applicazione, il lettore transiterà automaticamente nel regime forfettario. Trattandosi di un regime naturale per il contribuente, non sarà necessario manifestare una specifica opzione, rilevando esclusivamente il comportamento concludente. Iva A cura di Giorgio Confente [1930][384400] E-fattura, se non c’ è obbligoserve l’ ok del clienteLa fatturazione elettronica delle prestazioni rese da subappaltatori e subcontraenti è obbligatoria dal 1° luglio 2018 (se si è provveduto alle comunicazioni prescritte dal Dlgs 50/2016, Codice degli appalti pubblici). Siamo fornitori di clienti che hanno rapporti con la Pa (quindi abbiamo clienti potenziali appaltatori), i quali, alla domanda se dobbiamo presentare loro la fatturazione elettronica, non sempre sono in grado di dare una risposta certa e precisa. Questo rallenta tutto e ci mette non poco in difficoltà. Se decidessi, in presenza di Cig (Codice identificativo di gara) e Cup (Codice unico di progetto), di effettuare sempre la fatturazione elettronica, andrei contro qualche normativa? Continuerei la fatturazione analogica in tutti gli altri casi, ma semplificherei l’ operatività e standardizzerei un ciclo aziendale così dinamico, come quello della fatturazione.S.Z.MILANO La soluzione proposta dal lettore è praticabile, considerato che non è sempre immediata l’ individuazione dei casi in cui sussiste l’ obbligo di fatturazione elettronica, alla luce delle indicazioni fornite dall’ agenzia delle Entrate nella circolare 13/E/2018. Infatti, nel periodo transitorio (dal 1° luglio al 31 dicembre 2018), si possono trasmettere fatture elettroniche tramite il sistema di interscambio, su base volontaria. D’ altra parte, si deve ricordare che, nelle ipotesi in cui non sussiste uno specifico obbligo normativo, la fatturazione elettronica è subordinata all’ accettazione del cliente, in base all’ articolo 21 del Dpr 633/1972. Quindi, nel caso esposto, la soluzione di semplificazione proposta dal fornitore potrebbe trovare la resistenza di qualche cliente. [1931][384297] Carburanti, sì all’ agevolazionecon unico pagamento mensileLa scheda carburante mantiene la sua validità fino al 31 dicembre 2018 ed è il documento che consente la deducibilità del costo e la detraibilità dell’ Iva, se il pagamento viene effettuato con mezzi tracciabili. Una Srl ha la consuetudine di fare il rifornimento di carburante delle proprie autovetture presso lo stesso esercente, pagando a fine mese con assegno o bonifico. È una prassi che si può continuare ad adottare, o è necessario fare un singolo pagamento per ogni singolo rifornimento nella stessa data dell’ erogazione del servizio?E.B.GENOVA È possibile effettuare un unico pagamento mensile. L’ articolo 1, commi 922 e 923, della legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018), con decorrenza dal 1° luglio 2018, impone la tracciabilità dei pagamenti per la deducibilità del costo e la detraibilità dell’ Iva, ma non richiede che sia effettuato un apposito pagamento per ciascun rifornimento. A cura di Giampaolo Giuliani [1932][384605] I cancelli di recinzioni esternesono sempre beni significativiUna ditta che costruisce cancelli (relativi alle recinzioni esterne) vorrebbe sapere se, anche alla luce della nuova circolare sui beni significativi, possa continuare a considerare questi beni come “beni significativi”, con applicazione dell’ Iva al 10% solo sul doppio della manodopera e aliquota Iva ordinaria sul residuo.S.B.RAVENNA L’ agenzia delle Entrate, con la circolare 15/E del 12 luglio 2018, ha trattato la disciplina dei beni significativi alla luce della norma di interpretazione autentica dell’ articolo 7, comma 1, lettera b, della legge 488/1999, introdotta dall’ articolo 1, comma 19, della legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018).Sulla base di quanto espresso nella circolare, «il valore dei beni è costituito dal relativo costo di produzione, comprensivo degli oneri che concorrono alla realizzazione del medesimo bene (il costo di produzione non può, in particolare, essere inferiore al costo delle materie prime utilizzate ed al costo della manodopera impiegata)». Si tratta di una precisazione che non modifica le precedenti posizioni dell’ Agenzia, per cui i cancelli relativi alle recinzioni esterne continuano a essere considerati beni di valore significativo e la determinazione dell’ aliquota dev’ essere calcolata secondo i termini sopradetti. A cura di Gian Paolo Tosoni e Marcello Valenti [1933][383843] Produttore agricolo: esoneroanche senza operazioniUn pensionato, titolare anche di partita Iva agricola, nel 2017 non ha effettuato operazioni agricole. Può essere considerato “produttore agricolo” in regime di esonero? Il dubbio riguarda il requisito della prevalenza per due terzi delle operazioni agricole. In caso di risposta affermativa, ne deriva anche l’ esonero dall’ obbligo di presentazione della dichiarazione Iva?S.B.ASTI L’ articolo 36, comma 6, del Dpr 633/1972 prevede un regime di esonero generalizzato dagli obblighi documentali e contabili, nonché dagli obblighi in materia di dichiarazione Iva, per i produttori agricoli che, nell’ esercizio precedente, hanno realizzato un volume d’ affari inferiore a 7mila euro, di cui almeno due terzi derivanti dalla cessione di prodotti agricoli. Nel caso di un soggetto che non ha effettuato operazioni, il volume d’ affari è pari a zero e dunque inferiore alla soglia di 7mila euro, ma al contempo non può essere verificato il rispetto della condizione relativa ai due terzi di operazioni agricole. A tale proposito, il ministero delle Finanze si è espresso con la risoluzione 441248 del 1992, chiarendo che, in caso di assenza di operazioni, il contribuente debba essere considerato in regime di esonero.Di conseguenza, nel caso esposto, il pensionato titolare di partita Iva, che non ha effettuato operazioni, può essere considerato in regime di esonero e dunque non è tenuto a presentare la dichiarazione Iva. Accertamento/Contenzioso A cura di Salvina Morina e Tonino Morina [1934][384636] Atto da annullare se l’ ufficionon ascolta il contribuenteIn seguito a una verifica della Guardia di Finanza, ho presentato all’ ufficio, entro 60 giorni dalla consegna del Pvc (processo verbale di constatazione), le memorie illustrative, secondo l’ articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, legge 212/2000. L’ ufficio non ne ha tenuto conto, e ha emesso l’ accertamento “copiando” i rilievi della GdF. Forse perché ha “smarrito” le osservazioni presentate, l’ ufficio non ha fornito alcuna risposta, costringendomi ad aprire il contenzioso: l’ accertamento, infatti, non riporta alcun riferimento alle mie memorie. Questa “dimenticanza” può comportare l’ annullamento dell’ accertamento?S.A.enna L’ accertamento emesso dall’ ufficio è nullo, se è stato emesso senza avere preso in considerazione le memorie presentate dal contribuente. Infatti, la Cassazione, con l’ ordinanza 17210/2018, ha affermato che la colpevole dimenticanza dell’ ufficio comporta l’ annullamento dell’ atto. Per la Suprema corte, quindi, va annullato l’ accertamento dell’ ufficio che non ha visionato (o almeno valutato) le memorie difensive al processo verbale di constatazione. In tema di imposte sui redditi e Iva, ex articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (sui diritti del contribuente), la nullità dell’ accertamento consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie, tali da impedire la produzione di ogni effetto; nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente, pur senza esplicitare detta valutazione nell’ atto impositivo. Secondo la Cassazione, «il problema non è dunque quello della mancata motivazione su atti che avrebbero comunque dovuto costituire oggetto di valutazione, ma è piuttosto quello di aver omesso un preciso adempimento fissato per legge, ossia di prendere visione delle memorie». L’ articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, impone all’ ufficio di valutare le “osservazioni e richieste” del contribuente, anche nel rispetto dell’ articolo 97 della Costituzione, cioè del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Ne consegue che potrà riscontrarsi una (oggettiva) valutazione, come imposto dalla legge, esclusivamente in presenza di oggettiva motivazione da riportare nell’ avviso di accertamento, pena il vizio di motivazione dell’ atto impositivo, ex articolo 42, secondo comma, del Dpr 600/1973. Perciò, nel momento in cui il contribuente sostiene di avere ragione, contestando i rilievi fatti, l’ ufficio accertatore, per dimostrare di avere valutato (oggettivamente) le memorie ed osservazioni presentate, dovrà “demolire” punto per punto le doglianze del contribuente; e se quest’ ultimo ha indicato formule matematiche, dovrà essere l’ ufficio a dimostrare matematicamente l’ errore. [1935][384629] Il lieve ritardo nel pagamentonon pregiudica la rateazioneHo ricevuto un avviso bonario, con richiesta di pagamento per oltre 30mila euro. Ho presentato una richiesta di rateazione che è stata accolta, pagando regolarmente la prima rata entro la scadenza. Ho versato tutte le altre rate, delle 20 previste, entro i termini di scadenza; tranne la seconda rata, pagata con due giorni di ritardo. Di conseguenza, il sistema automatizzato delle Entrate mi ha cancellato la rateazione, ha elaborato gli importi dovuti, per imposte e sanzioni nella misura piena del 30%, e ha comunicato gli importi dovuti all’ agente della riscossione, che mi ha notificato la cartella di pagamento. Mi è stato detto che, in questi casi, la rateazione può essere salva nel rispetto del lieve inadempimento. È davvero così? Che significa?F.E.matera La risposta è affermativa. Il ritardo di due giorni nel pagamento di una rata non pregiudica il piano di rateazione. Si applica, infatti, il principio del cosiddetto “lieve inadempimento”, che vale anche per le violazioni commesse in passato. Si veda, in questo senso, quanto deciso dalla Commissione tributaria regionale di Sicilia, sezione staccata di Catania, che ha escluso l’ applicazione della sanzione del 30% e “salvato” il piano di rateazione (sentenza 2773/5/2018 depositata il 4 luglio 2018). Per i giudici, «il ritardo di due soli giorni nel pagamento di una sola rata non può che evidenziare l’ accidentalità dell’ evento (Cassazione n. 6905/11) e non quindi l’ intenzionalità di sottrarsi a un pagamento di imposte dovute e legittimamente richieste; manca, quindi, nel caso in esame quell’ intenzionalità sanzionabile a termini di legge. Inoltre, la misura eccessiva della sanzione per due soli giorni di ritardo non appare in linea con i precetti costituzionali della logica coerenza, oltre che della commisurazione alla capacità contributiva dei soggetti delle imposte anche sotto il profilo sanzionatorio». L’ illogicità delle sanzioni è riconosciuta dallo stesso legislatore che, con il comma 31 dell’ articolo 23 del Dl 98/2011, ha esteso a tutti i tributi l’ ulteriore riduzione a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo, per i versamenti fatti con un ritardo non superiore a 15 giorni. A norma dell’ articolo 13 del Dlgs 472/1997, in caso di ravvedimento, è dovuta una mini-sanzione dello 0,1% giornaliero, per ogni giorno di ritardo, fino a un massimo dell’ 1,4% per 14 giorni di ritardo.Secondo i giudici dell Ctr Sicilia è quindi applicabile l’ articolo 15-ter, comma 3, del Dpr 602/1973, che esclude la decadenza della rateazione in caso di lieve inadempimento dovuto a: insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10mila euro; tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni. Le stesse regole per lieve inadempimento si applicano anche al versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute a seguito di definizione dell’ accertamento con adesione, o al versamento in unica soluzione delle somme dovute a seguito di controlli automatizzati delle dichiarazioni (articolo 2, comma 2, Dlgs 462/1997) o a seguito di controlli formali delle dichiarazioni presentate (articolo 3, comma 1, Dlgs 462/1997). Per le violazioni commesse, vale il principio del “favor rei”, secondo cui: «Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, Dlgs 472/1997). [1936][384628] Le Entrate devono provareche i conti dei soci sono fittiziDopo una verifica a una Srl, l’ ufficio ha esteso l’ indagine bancaria anche sui conti correnti dei soci, accertando maggiori imponibili, con conseguente richiesta di imposte, sanzioni e interessi di rilevante importo. Faccio presente che alcuni dei soci sono titolari di attività commerciali o professionali a titolo personale. È giusto tale comportamento, per cui è stato letteralmente “copiato” il verbale della Guardia di Finanza, senza fornire alcuna prova che i versamenti dei soci siano riferibili alla società?C.T.ROMA Il comportamento dell’ ufficio è sbagliato. Se non “prova” che le risultanze dei conti dei terzi sono riconducibili al soggetto indagato, l’ accertamento dev’ essere annullato. È questo l’ orientamento, univoco e dominante, dei giudici di legittimità. In particolare, con l’ ordinanza 9212/2018, la Cassazione ha annullato un accertamento dell’ ufficio, relativo all’ anno 2002, che non aveva “provato” che i versamenti rilevati sui conti personali del socio e della figlia fossero effettivamente riferibili alla società. Al fine di contestare la fittizietà dei conti bancari a terzi – afferma la Corte – è sempre «necessario che l’ Agenzia provi che i conti, se pure a costoro intestati nella realtà, siano comunque utilizzati, anche in parte, per operazioni riferibili alla contribuente anche tramite presunzioni, sia pure senza necessità di provare altresì che tutte le movimentazioni di tali rapporti rispecchino operazioni aziendali (in termini, tra varie, Cassazione 21 aprile 2016, n. 8112, 13 giugno 2014, n. 13473)».L’ onere di provare che le risultanze dei conti dei terzi sono riconducibili al soggetto indagato incombe sull’ amministrazione finanziaria. L’ ufficio, nel caso della pronuncia in esame, «non ha dedotto elementi atti a consentire di affermare che i movimenti rilevati sui conti personali dell’ amministratore e della figlia, della quale non è chiarita la qualità in seno alla società, fossero effettivamente riferibili a questa». Ravvedimento operoso A cura di Rosanna Acierno [1937][384407] Proroga comunicata tardi:sanzioni sull’ intera durataNel caso di un contratto di locazione 3+2 e di proroga successiva alla prima, con pagamento con ravvedimento dopo sei mesi, la sanzione e gli interessi per il pagamento ritardato si calcolano solo per il primo anno oppure per l’ intera proroga (due anni)? In entrambi i casi, quanti righi del Modello F24 Elide si devono compilare?G.M.VARESE Per i contratti senza cedolare secca, entro 30 giorni dal verificarsi della cessione, risoluzione o proroga del contratto di locazione, il contribuente deve: autoliquidare l’ imposta di registro e versarla con F24 Elide o mediante addebito automatico sul conto corrente e comunicare all’ agenzia delle Entrate l’ evento mediante modello RLI. Ciò premesso, per quanto riguarda la misura dell’ imposta dovuta in caso di proroga, trovano applicazione le aliquote ordinarie e la base imponibile è costituita dal canone di locazione dovuto relativamente al periodo per cui opera la proroga ovvero sulle singole annualità in caso di pagamento annuale. Pertanto, qualora nel caso esposto dal lettore non si fosse optato per il pagamento annuale, ai fini del ravvedimento per la tardiva comunicazione della proroga, l’ imposta la sanzione e gli interessi andranno calcolati con riferimento ai due anni di proroga, indicando nel modello F24 Elide il codice tributo 1504 per il pagamento dell’ imposta di registro e degli interessi e il codice 1511 per il pagamento della sanzione dovuta. [1938][384142] Multa per l’ integrativa solose è presentata oltre i terminiUna dichiarazione dei redditi relativa all’ anno d’ imposta 2016 che riportava un credito Irpef è stata corretta. Con l’ integrativa, tuttavia, la dichiarazione chiude a debito. Dobbiamo quindi riversare il credito risultante dalla prima dichiarazione? Quali sono le sanzioni eventualmente ravvedibili?G.L.BRESCIA La dichiarazione presentata a correzione di una precedente entro i termini di trasmissione ordinaria non è considerata integrativa, ma, così come precisato dall’ Agenzia delle Entrate con la risoluzione 325/E/2002 di dichiarazione «correttiva nei termini», per la quale non è dovuta alcuna sanzione. Premesso questo, se nel caso di specie la dichiarazione a correzione della precedente è stata presentata oltre il termine ordinario di trasmissione, ossia oltre il 30 settembre 2017, trattandosi di dichiarazione integrativa a sfavore, occorrerà versare la maggiore imposta a debito da essa risultante, oltre agli interessi legali e alla sanzione da infedele dichiarazione, ex articolo 1 del Dlgs 471/97, pari al 90% della maggiore imposta, in misura ridotta a seconda di quando avverrà il versamento in base alla disciplina del ravvedimento operoso di cui all’ articolo 13 del Dlgs 472/97. [1939][384092] Così si ripara nel casodi dichiarazione omessaLa dichiarazione per l’ anno d’ imposta 2016 non è stata inviata nei tempi: risultava a debito Irpef di 9 euro, con un acconto dovuto a titolo di addizionali comunali per l’ anno 2017 pari a 22 euro. Si tratta di omessa dichiarazione? Oppure è sufficiente ravvedere l’ acconto con F24 e presentare la dichiarazione per l’ anno 2017 indicandolo come pagato?S.G.CUNEO Nel caso prospettato, poiché la dichiarazione relativa al periodo d’ imposta 2016 non è stata trasmessa entro il 30 settembre 2017 né entro i 90 giorni successivi, si considera omessa. Tuttavia, nonostante, nel caso di omessa dichiarazione, il ravvedimento operoso non sia ammesso, è comunque opportuno presentare la dichiarazione omessa entro il 30 settembre 2018, corrispondere le imposte che ne derivano, versare gli interessi legali e le sanzioni da tardivo versamento pari al 30% in misura ridotta ad 1/7. In tal caso, infatti, l’ agenzia delle Entrate notificherà un atto di irrogazione sanzione fissa da 150 euro a 500 euro (trattandosi di dichiarazione dei redditi), che potrà essere definita mediante il pagamento entro 60 giorni con riduzione ad 1/3. [1940][383871] La cartella per la rata scadutapagata senza ravvedimentoHo pagato una rata di un avviso bonario entro il termine della scadenza di quella successiva, senza però calcolare il ravvedimento. Come posso sanare la mancanza? Quali sono le conseguenze? E come posso regolarizzare il tutto?R.Z.UDINE Così come stabilito dall’ articolo 15-ter del Dpr 602/73, in assenza di ravvedimento operoso, pur rimanendo validi la dilazione e i pagamenti finora effettuati, le Entrate procederanno automaticamente con l’ iscrizione a ruolo della sanzione di cui all’ articolo 13 del DLgs 471/97 del 30% commisurata all’ importo pagato in ritardo, e dei relativi interessi. La relativa cartella di pagamento dovrà essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ ultima rata del piano di dilazione, così come stabilito dall’ articolo 25 del Dpr 602/73. Enti non profite onlus A cura di Salvina Morina e Tonino Morina [1941][384638] Nessuna sanzione se la normaviolata in passato è decadutaUn’ associazione sportiva dilettantistica, che applica il regime agevolato di cui alla legge 398/1991, a seguito di un controllo fiscale, nel 2010, è stata dichiarata decaduta dalle agevolazioni fiscali per avere violato la norma sulla tracciabilità dei versamenti, con conseguente contenzioso. Ho presentato ricorso che è stato respinto in primo grado. Ho quindi presentato l’ appello alla commissione tributaria regionale e sono in attesa della fissazione dell’ udienza. Ho saputo che non esiste più la violazione della decadenza dai benefici fiscali spettanti, ma è applicabile solo una sanzione variabile da 250 a 2mila euro. È così?V.P.napoli La risposta è affermativa. Dal 1° gennaio 2016, la violazione dell’ obbligo di tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti, se di importo pari o superiore a mille euro, non comporta più la decadenza dal regime agevolativo, come avveniva in passato, ma soltanto l’ applicazione della sanzione variabile da un minimo di 250 euro a un massimo di 2mila euro (circolare 18/E/2018). Questa norma è valida anche per le violazioni commesse nel passato. Vale cioè il principio del “favor rei” secondo il quale «salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, Dlgs 472/1997). Il comma 2 ha introdotto nel sistema sanzionatorio tributario il cosiddetto principio del “favor rei”: questo principio trova applicazione sia nei casi in cui la legge posteriore si limita ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’ obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell’ ipotesi in cui viene eliminato l’ obbligo strumentale e, quindi, indirettamente, la previsione sanzionatoria.In proposito, la circolare 180/E/1998, nel commentare il comma 2 dell’ articolo 3 del Dlgs 472/97, avverte che «se diviene lecito un comportamento posto in essere nella vigenza di una norma che in precedenza lo sanzionava, può accadere che, al momento dell’ abolizione:a) la sanzione non è stata ancora irrogata;b) la sanzione è stata irrogata, ma l’ obbligato non ha ancora pagato alcuna somma;c) l’ obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione in dipendenza di un provvedimento non ancora definitivo;d) l’ obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione a seguito di provvedimento definitivo.Nel primo caso (a) nessuna sanzione può essere irrogata; nel secondo (b) nessuna somma può essere pretesa; nel terzo (c) la somma versata va restituita; nel quarto (d) la somma versata non può essere restituita». Si può affermare che la legge che sopprime un adempimento superfluo esclude che la passata inosservanza della formalità bocciata possa essere: rilevata; sanzionata per vicende tramontate; posta in riscossione. Al riguardo, è importante quanto affermato nella relazione governativa al Dlgs 472/97, nella parte in cui, illustrando il principio del favor rei, precisa che «nel caso di violazione non più sanzionata, il provvedimento, ancorché definitivo, non costituisce titolo per la riscossione delle somme non ancora pagate». [1942][384637] Comportamento concludente:salvi i benefici della legge 398Le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che, nel corso del periodo d’ imposta precedente, hanno conseguito proventi da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro, possono optare per il regime fiscale agevolato ex legge 398/1991. Ma cosa succede se ci si dimentica di esercitare l’ opzione per il regime agevolato?C.P.TERNI Nei casi di omessa comunicazione dell’ opzione per il regime agevolato, di cui alla legge 398/1991, è applicabile una sanzione variabile da 250 a 2mila euro. Tuttavia, secondo l’ agenzia delle Entrate (circolare 18/E/2018), il comportamento concludente “salva” le agevolazioni fiscali, se le associazioni o le società sportive si sono “dimenticate” di comunicare l’ opzione per il regime speciale.Questo regime prevede modalità di determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell’ Iva, nonché norme di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi. E possono optarvi le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che, nel corso del periodo d’ imposta precedente, hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro. Per i soggetti di nuova costituzione, l’ opzione può essere esercitata se questi ritengono di conseguire nello stesso periodo d’ imposta proventi commerciali non superiori a 400mila euro. Per i soggetti di nuova costituzione, con periodo d’ imposta coincidente con l’ anno solare, nel caso in cui il primo periodo di gestione dell’ ente sia inferiore all’ anno solare, il limite si determina rapportandolo al periodo d’ imposta computato a giorni.Secondo l’ agenzia delle Entrate, considerata la particolarità della disciplina, per l’ individuazione dei proventi conseguiti nell’ esercizio di attività commerciali si deve avere riguardo al momento in cui è percepito il corrispettivo. Si fa presente, tuttavia, che, se prima di percepire il corrispettivo viene emessa fattura, dovranno essere considerati gli importi fatturati anche se non riscossi. In caso di superamento del limite dei proventi commerciali di 400mila euro, si decade dal regime agevolato dal mese successivo a quello in cui sono cessati i requisiti per la fruibilità; mentre resta fermo che il regime agevolato si applica dall’ inizio del periodo d’ imposta fino al mese in cui è avvenuto il superamento. Nel caso particolare in cui il limite sia superato nell’ ultimo mese del periodo d’ imposta, il regime agevolato si applica per tutto il periodo d’ imposta in cui è avvenuto il superamento del limite dei proventi commerciali di 400mila euro.Le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro devono comunicare la scelta del regime prima dell’ inizio dell’ anno solare per il quale si intende fruirne, con effetto dall’ inizio dell’ anno, alla società italiana degli autori ed editori (Siae), competente in relazione al domicilio fiscale, e all’ agenzia delle Entrate. L’ opzione ha effetto fino a quando non è revocata con le stesse modalità ed è vincolante per un quinquennio. È stabilito che: «l’ opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’ imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili» e che «la validità dell’ opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’ inizio dell’ anno o dell’ attività» (articolo 1, Dpr 442/1997).Pertanto, in presenza di comportamento concludente delle associazioni o delle società sportive, la mancata presentazione della comunicazione alla Siae non comporta la decadenza dal regime agevolativo, poiché tale comunicazione non ha natura costitutiva ai fini della fruibilità del regime speciale. A cura di Romano Mosconi [1943][384499] Attribuzione del codice «Lei»obbligatoria anche per l’ ApsSono consulente di un’ associazione di promozione sociale (Aps) che non ha personalità giuridica, non compie alcuna operazione commerciale, non è iscritta alla camera di commercio. Il patrimonio dell’ associazione è investito in obbligazioni, soprattutto titoli di Stato. La banca che gestisce il conto corrente e il conto titoli pretende che l’ associazione acquisisca il codice Lei (legal entity identifier), mentre io penso che non vi sia l’ obbligo. Ho ragione?I.S.CREMA Dal gennaio 2018, per operare sui mercati finanziari da parte di soggetti diversi dalle persone fisiche, è richiesta l’ attribuzione del codice Lei. Si tratta di un codice universale costituito da 20 caratteri alfanumerici e composto in base allo standard internazionale ISO 17442:2012. In Italia, fra i soggetti obbligati all’ attribuzione del codice Lei, rientrano tutti gli iscritti a pubblici registri quali l’ anagrafe tributaria o i registri regionali delle Aps previsti dalla legge 383/2000. Al codice Lei sono collegate una serie di informazioni che consentono di individuare il soggetto operante sul mercato finanziario. Conseguentemente, anche per una Aps riconosciuta e senza personalità giuridica sarà obbligatoria l’ attribuzione del codice Lei. Controversielegali A cura di Daniele Ciuti [1944][384401] Ingiurie in sede di mediazionepunibili con pena pecuniariaSono stata coinvolta in una mediazione per una diatriba con l’ amministratore del condominio. Nel corso del primo incontro, quando è stata data la parola all’ amministratore, egli mi ha offeso definendomi «un’ arpia». Dopo essere stato ripreso da uno dei due mediatori presenti, ha continuato a offendermi, chiamandomi «grande maleducata». Di nuovo, gli è stato fatto presente di non usare certi termini nei mie confronti. Alla scena, oltre ai due mediatori e alle due parti – io e l’ amministratore -, erano presenti gli avvocati di entrambi, per un totale di sette persone. So che l’ ingiuria non è più un reato penale, ma nemmeno nel caso avvenga durante una mediazione presso la Camera di commercio? Cosa posso fare?I.D.UDINE L’ articolo 594 del Codice penale, che prevedeva il reato di ingiuria, è stato abrogato dal Dlgs 7/2016. In base all’ articolo 4 del citato decreto, l’ offesa all’ onore e al decoro di una persona presente è stata derubricata a illecito civile, sottoposta a sanzione pecuniaria. Tale sanzione viene applicata al termine del giudizio dal giudice civile competente a conoscere della domanda di risarcimento del danno, se accoglie l’ azione risarcitoria. [1945][384296] No al cambio di serraturadeciso da un comproprietarioIn una comunione ereditaria con due componenti ciascuno dei quali detiene il 50%, uno dei comproprietari prende iniziative personali senza dare comunicazione all’ altro proprietario. Per esempio, entra negli immobili di proprietà, cambia le serrature di accesso, chiude le utenze e altre cose del genere. È corretto questo comportamento? Cosa prevede la normativa in materia?M.B.BOLOGNA L’ articolo 1102 del Codice civile regola l’ uso del bene in comunione, che ciascun comproprietario può utilizzare anche in via esclusiva, purché non ne modifichi la destinazione, o ne impedisca eguale uso agli altri partecipanti alla comunione.Pertanto, mentre sono lecite le modifiche fatte a proprie spese per il migliore utilizzo del bene, devono invece considerarsi vietati tutti quegli atti – ad esempio, appunto, la disdetta di utenze o il cambio della serratura di accesso senza fornire le chiavi all’ altro comproprietario – che di fatto escludono quest’ ultimo dalla possibilità di utilizzare l’ immobile. Peraltro, tali comportamenti potrebbero preludere a una successiva rivendicazione da parte del comproprietario-agente all’ acquisto in via esclusiva del bene per usucapione. Nella situazione descritta, è opportuno pertanto che l’ altro comproprietario diffidi il primo a desistere da simili comportamenti e tracci, se necessario anche con uno specifico atto di citazione, la propria volontà di non tollerare un utilizzo esclusivo del bene da parte del coerede. [1946][384244] Nulla la vendita di una casanon conforme al catastoNella casa in cui abito viene venduto un appartamento non conforme a visualizzazione catastale, in quanto sono stati fatti lavori che hanno comportato lo spostamento di pareti e il cambiamento del numero dei vani. Venditore e acquirente sono d’ accordo di fare la compravendita comunque. Vorrei sapere se un terzo, che abita nella stessa casa, possa impugnare la vendita.G.G.TRENTO Il Dl 31 78/2010, convertito nella legge 122/2010, ha imposto dal 1° luglio 2010 la verifica della regolarità catastale dei fabbricati prima del rogito di compravendita o di trasferimento e/o costituzione di diritti reali. Con il Dl 50/2017, è stata introdotta la possibilità di confermare gli atti privi dell’ attestazione di conformità catastale con una successiva dichiarazione da parte degli intestatari, purché la mancanza non sia dipesa dall’ inesistenza della planimetria o dalla difformità dello stato di fatto. Il notaio deve verificare se l’ immobile è regolarmente censito in catasto a nome del proprietario o del titolare di diritto reale. Inoltre, raccoglie la dichiarazione del venditore in merito alla conformità e corrispondenza dei dati catastali e della planimetria depositata in catasto allo stato di fatto del bene. Se la planimetria catastale non riproduce fedelmente la situazione attuale, l’ intestatario deve presentare, con l’ intervento di un tecnico abilitato, una domanda di variazione alla planimetria attuale. La difformità catastale impedisce la stipula del negozio di trasferimento.Se il notaio rogante non può all’ evidenza accertarsi personalmente della veridicità di quanto affermato dal venditore, a volte propone all’ acquirente un servizio ausiliario di verifica tramite un proprio tecnico di fiducia. La dichiarazione falsa o mendace può comportare conseguenze penali a carico del venditore e la nullità dell’ atto.La nullità è la forma più grave di invalidità di un negozio giuridico, determinata da un vizio che rende il negozio non idoneo a produrre i suoi effetti. Le cause di nullità sono tipiche e specificamente previste dall’ articolo 1418 del Codice civile e dalle leggi speciali. Può essere rilevata da chiunque vi abbia interesse e di ufficio dal giudice (articolo 1421). Pertanto nell’ azione di nullità l’ attore deve dimostrare il proprio interesse, ovvero la lesione di un diritto o un apprezzabile pregiudizio che gli derivi dal negozio nullo. A cura di Alessandro Sartirana [1947][383947] L’ Ape non può essere redattodallo staff del costruttoreA breve dovrei acquistare da un’ azienda territoriale per l’ edilizia residenziale un appartamento che la stessa azienda ha costruito nel 1980 tramite conferimento di relativo appalto. Siccome, all’ atto di compravendita, deve necessariamente essere allegato l’ attestato di prestazione energetica (Ape) redatto da un esperto qualificato e indipendente (dal venditore), a pena di nullità dell’ atto, gradirei sapere se il requisito di indipendenza sia posseduto anche da un esperto qualificato che sia un dipendente dell’ azienda costruttrice/venditrice e, quindi, se una tale attestazione Ape possa essere validamente allegata al rogito.M.S.ROMA La risposta è negativa. L’ articolo 2 del Dpr 75/2013, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 27 giugno 2013,nel ribadire che il tecnico certificatore debba assicurare indipendenza e imparzialità di giudizio, richiede che lo stesso, all’ atto di sottoscrizione dell’ attestato di prestazione energetica, debba dichiarare, nel caso di certificazione di edifici già esistenti, l’ assenza di conflitto di interessi, da intendersi come non coinvolgimento diretto o indiretto con i produttori dei materiali e dei componenti in esso incorporati nonché, in senso lato, con il costruttore e/o venditore dell’ immobile.Il notaio, al rogito, dovrà quindi verificare che l’ attestato di prestazione energetica possieda i requisiti minimi richiesti dalla legge, tra cui la suddetta sottoscrizione. Quindi la redazione e sottoscrizione dell’ attestato non deve essere effettuata da un dipendente della ditta costruttrice. Tutela delconsumatore A cura di Maurizio Di Rocco [1948][384272] L’ aumento della pay tve il diritto di recessoSono abbonato alla pay tv Sky. In sede di rinnovo con pagamento annuale della fattura, mi è stato applicato un’ aumento dell’ 8% che, secondo le spiegazioni avute dal call center, si riferisce «alla fattura mensile a 28 giorni». Tale aumento, escogitato dalle pay tv e dalle società telefoniche, era stato bocciato dall’ Agcom, poiché ritenuto illegittimo. Perché, dunque, è stato applicato nei miei confronti? Inoltre, la mia fattura è annuale, non mensile.P.S.GENOVA Intorno alla questione della fatturazione a 28 giorni si è assistito a una vera e propria prova di forza tra gli operatori telefonici e delle pay tv, da un lato, e l’ Agcom e le associazioni di consumatori dall’ altro. Per quanto riguarda la pay tv Sky, la stessa società, a gennaio di quest’ anno, nell’ ufficializzare il proprio ritorno alla fatturazione mensile, ha comunque sottolineato che il costo dell’ abbonamento sarebbe rimasto comunque invariato rispetto all’ aumento già effettuato nell’ ottobre 2017, quando venne introdotta la fatturazione a 28 giorni. In sostanza la società si è, quindi, limitata a dividere l’ importo annuale dell’ abbonamento, già comprensivo del precedente aumento, per 12 mensilità, senza fornire alcun diritto di recesso ai propri utenti. Tale comportamento, tuttavia, è stato stigmatizzato dal consiglio dell’ Agcom che, oltre ad avviare nuovi procedimenti sanzionatori, ha espressamente diffidato questa e altre società di telefonia, per il mancato rispetto delle prescrizioni in materia di chiarezza, trasparenza e completezza delle informative rese agli utenti. L’ Agcom, in particolare, ha sottolineato l’ esigenza che gli operatori chiariscano che le eventuali modifiche dei costi di abbonamento sono conseguenza esclusiva delle loro scelte e non del ripristino della fatturazione su base mensile, evidenziando, altresì, come l’ aumento dei costi debba comportare, in ogni caso, il riconoscimento del diritto di recesso a favore degli utenti, senza penali né costi di disattivazione, anche con riferimento ai canoni previsti per modem o decoder forniti dall’ operatore, nonché di ulteriori oneri relativi a costi di attivazione. [1949][384191] I termini per la sostituzionedel prodotto difettosoDurante un viaggio ho acquistato un faro Led presso un supermercato di una catena. Giunto a casa, lo stesso giorno dell’ acquisto, mi sono accorto di un difetto del prodotto. Il giorno successivo, quindi, ho contattato il servizio clienti della catena, esponendo il caso. Mi hanno detto di restituire il prodotto nel supermercato in cui l’ avevo acquistato, ma, trovandosi in una località a quasi 500km di distanza da quella dove abito, mi hanno detto di andare nel punto vendita più vicino. Mi sono recato immediatamente al negozio, dove hanno verificato di avere un prodotto identico, ma mi hanno detto che il cambio sarebbe stato possibile solo dopo la ricezione di una mail di autorizzazione da parte del servizio clienti. Dopo quattro telefonate e due ore e mezza in negozio, mi è stata data risposta negativa: il prodotto non poteva essere sostituito immediatamente, ma il negozio avrebbe dovuto «aprire un ticket di garanzia» e ritirare il prodotto, per poi farmi sapere in seguito.Ho già inviato una mail di protesta e di sollecito alla sede dell’ azienda. In termini di tutela del consumatore, è corretto questo comportamento per un prodotto (peraltro difettoso) riconsegnato il giorno dopo l’ acquisto in un negozio della stessa società? L.A.GENOVA Nel caso descritto dal lettore assumono rilievo due diversi articoli del Codice del consumo (Dlgs 206/2005), ovvero l’ articolo 130 e l’ articolo 132. Quest’ ultimo stabilisce che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna si presume esistessero già a tale data, sicché il consumatore è esentato dall’ onere di provarne la sussistenza. L’ altro articolo, invece, stabilisce che le riparazioni o le sostituzioni dei beni difettosi devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. Alla luce di tali disposizioni, il comportamento tenuto dal venditore appare piuttosto inadeguato, almeno sotto il profilo del customer care, sebbene non possa essere definito scorretto. Resterà comunque da vedere quale decisione verrà assunta in ordine alla richiesta di restituzione formulata dal cliente. [1950][383999] L’ uso abusivo della fognaturaè indebito arricchimentoIl Comune in cui risiedo mi ha inviato una diffida per l’ allaccio alla fognatura pubblica. Io ho risposto affermando che fruisco già della fogna pubblica. La domanda di allaccio, infatti, era stata fatta solo dal proprietario dell’ immobile al piano superiore (vivo in una villetta con piano terra e primo piano appartenenti a proprietari diversi, ma con canale di scarico fognario unico, consortile). L’ Acquedotto pugliese, previo sopralluogo, mi ha però addebitato tutti i canoni fognatura da 10 anni ad oggi, inviandomi una fattura da 1.900 euro, applicando la prescrizione decennale. Io ho contestato la fattura, invocando invece la prescrizione a cinque anni. L’ Acquedotto, però, ha insistito sulla prescrizione decennale, eccependo l’ indebito arricchimento. Dipende dal fatto che io non ho mai chiesto formalmente l’ allaccio (cosa che invece il mio vicino ha fatto)? Personalmente, non ho mai avuto nessun intento “doloso” e mi sono accorto solo in seguito a questa vicenda di non aver pagato la fognatura. L’ ente può invocare l’ arricchimento? Ed è davvero escluso, in tal caso, l’ articolo 2948, n.4, del Codice civile?G.D.BRINDISI Quanto contestato al lettore da parte dell’ ente di gestione dell’ acquedotto pare fondato. In assenza di qualsivoglia contratto sottoscritto tra le parti, l’ utilizzo “abusivo” del sistema fognario ha rappresentato una forma di indebito arricchimento per il lettore e la relativa azione, disciplinata dagli articoli 2041 e 2042 del Codice civile, si prescrive in 10 anni. Naturalmente, va ricordato che l’ azione di arricchimento ha carattere sussidiario, e dunque non può essere fatta valere quando il soggetto danneggiato può esercitare un’ altra azione per farsi indennizzare dal pregiudizio subito. Quanto alla prescrizione quinquennale invocata dal lettore, questa sarebbe effettivamente applicabile solo nel diverso caso in cui tra le parti fosse stato sottoscritto un contratto, rimasto poi inadempiuto. A cura di Alessandro Sartirana [1951][384193] Diffida al tour operatorper i disagi durante il viaggioMia sorella ha acquistato un pacchetto viaggio di un tour operator tramite un’ agenzia di viaggi. Un tour in Norvegia con 39 partecipanti “complessivi”. Giunta all’ aeroporto, tuttavia, ha scoperto che il volo di linea Milano-Oslo era stato cancellato. Da lì è iniziata un’ odissea, condita solo da notizie frammentarie, finché una parte del gruppo (circa 30 persone) è stata condotta in autobus da Milano a Pisa per prendere un volo alternativo, mentre il resto dei viaggiatori (tra cui mia sorella) è stato trasferito in albergo. A quel punto, mia sorella ha contattato il tour operator per recedere dal contratto e tornare a casa, ma le è stato detto che avrebbe perso quanto pagato. La mattina successiva è stata prelevata dall’ hotel e portata in aeroporto dove, tuttavia, è riuscita a partire in serata, arrivando a destinazione solo a notte inoltrata. I trenta membri del gruppo partiti da Pisa il giorno precedente, nel frattempo, avevano già cominciato il tour e mia sorella e gli altri viaggiatori si sono ricongiunti a loro solo la sera successiva, perdendo, di fatto, quasi tre giorni sui sette previsti nel pacchetto. Cosa può fare per far valere i suoi diritti? C.S.PARMA Al rientro dal viaggio, entro il più breve tempo possibile e comunque in via tempestiva, sarà necessario diffidare formalmente il tour operator, mediante comunicazione scritta con prova di ricevimento, al fine di denunciare l’ inadempimento, la mancata fruizione dei servizi previsti e la divergenza tra quanto indicato nel contratto e quanto effettivamente goduto. Si potrà richiedere il rimborso del prezzo nella misura di cui al mancato godimento e il ristoro dei danni ulteriori eventualmente subiti ed adeguatamente documentati. In caso di responsabilità concorrente o esclusiva dei vettori aerei, sarà altresì possibile agire nei loro confronti per ottenere gli indennizzi previsti dalla carta dei diritti del passeggero. Condominio A cura di Pierantonio Lisi [1952][384007] Teleriscaldamento, la spesanon è divisibile in parti ugualiL’ amministratore, nonostante un articolo del regolamento di condominio reciti che qualsiasi spesa ordinaria/straordinaria va ripartita in relazione ai millesimi di proprietà, ripartisce la spesa riguardante il sistema di teleriscaldamento – deliberata dall’ assemblea – in parti uguali. Per completezza aggiungo che la spesa è stata deliberata e approvata dall’ assemblea a maggioranza dei presenti e nel verbale nulla si dice in merito alla sua ripartizione. È possibile che sia ripartita in questo modo?G.C.ROMA In assenza di una delibera sulla ripartizione di una specifica spesa, qualora l’ amministratore provveda a suddividere tale spesa tra i condòmini applicando un criterio diverso da quello al quale avrebbe dovuto attenersi, il condomino che si ritiene leso può non versare quanto richiesto. In tal caso, però, farebbe bene a versare quanto da lui ritenuto dovuto, inviando contestualmente una raccomandata o una Pec all’ amministratore in cui spiegare chiaramente le ragioni della sua condotta. L’ amministratore, a questo punto, potrebbe convocare un’ assemblea per l’ approvazione di una delibera di ripartizione. Potrebbe anche, però, chiedere e ottenere un decreto ingiuntivo per la differenza, che gli sarebbe concesso – con tutta probabilità – non provvisoriamente esecutivo. Il condomino ingiunto, in questa ipotesi, dovrà opporsi nei termini di legge e, se il criterio di ripartizione utilizzato dall’ amministratore non risulterà corretto, sarà totalmente vittorioso nel giudizio. Nel caso esposto dal lettore non c’ è dubbio che la spesa non possa ripartirsi in parti uguali, criterio mai menzionato dalla legge o dal regolamento di condominio. [1953][383937] Multiproprietà, in assembleaun delegato da nominareChi partecipa all’ assemblea condominiale tra i diversi proprietari di un singolo immobile in multiproprietà?M.S.TOLENTINO Nel diritto italiano i multiproprietari di un’ unità immobiliare, nella gran parte dei casi, sono assimilati ai comproprietari. In mancanza di una specifica disciplina, quindi, una sola persona potrà partecipare all’ assemblea tra i multiproprietari di una stessa unità immobiliare. Per la nomina occorre convocare tutti i comproprietari (ovvero i multiproprietari di una determinata unità immobiliare) e designare uno di essi – o un estraneo quale delegato – alla partecipazione a una determinata assemblea di condominio o, anche, all’ amministrazione in genere della cosa comune (articoli 1106 del Codice civile e 67, comma 2, delle disposizioni di attuazione). Il singolo multiproprietario, quindi, deve preventivamente informarsi sull’ eventuale nomina di un delegato, che potrebbe essere stata effettuata ben prima del suo acquisto. [1954][383926] Segnalazioni, non è assicuratol’ anonimato del mittenteNei mesi estivi, nel mio condominio, si verificano una serie di problemi tra cui quello di alcuni condòmini che non rispettano l’ orario del silenzio nel giardino condominiale. Ho segnalato il problema all’ amministratore che mi ha risposto di poter solo fare una lettera di richiamo ai condòmini, indicando la lamentela sollevata da me. Ai fini della privacy non ho autorizzato a scrivere nella circolare i miei dati personali, ma l’ amministratore in assenza di tale autorizzazione non vuole procedere con la lettera di richiamo. È corretta questa procedura? Egli non dovrebbe intervenire con maggiore prontezza e in modo più incisivo?C.T.PADOVA L’ amministratore può inviare una lettera di invito al corretto utilizzo delle parti comuni a uno o alcuni condòmini sulla base di una segnalazione di uno o più condòmini, indicando o non indicando i nomi di questi ultimi. In ogni caso conserverà le segnalazioni ricevute in modo da poter giustificare in ogni momento il suo operato. A parere di chi scrive, però, non si può pretendere che l’ amministratore si attivi senza indicare i nomi dei condòmini segnalanti. Occorre ricordare, infatti, che l’ amministratore rappresenta tutti i condomini e ogni comunicazione, invito o diffida inviata all’ amministratore è come se fosse inviata a tutti. Per altro verso, a qualunque condomino deve essere consentito l’ accesso a ogni tipo di documentazione condominiale, ivi compresa la corrispondenza condominiale. Ai destinatari dell’ invito formulato dall’ amministratore, cioè, l’ amministratore non potrebbe negare la possibilità di prendere visione delle lettere di segnalazione dei comportamenti non corretti. Non è possibile, dunque, assicurare l’ anonimato ai condòmini che richiedono l’ intervento dell’ amministratore. A cura di Matteo Rezzonico [1955][383910] Le opportunità per sbloccarel’ assenza del quorumSono proprietario di un appartamento che si trova in un condominio con circa 20 proprietari. L’ attuale amministratore, pur convocando regolarmente l’ assemblea, non riesce a svolgere la riunione condominiale per mancanza del quorum di maggioranza. Si può chiedere la nomina di un amministratore giudiziario, considerato che la maggior parte dei condòmini (morosi) non si presenta alla riunione condominiale?D.C.SALERNO Ferme le doverose azioni di recupero crediti, l’ articolo 1129, comma 1, del Codice civile dispone che «quando i condomini sono più di otto, se l’ assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’ autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’ amministratore dimissionario». E, dunque, nel caso del lettore, in cui l’ amministratore è già nominato (salvo sue dimissioni), non pare necessaria la nomina giudiziale (ex articolo 1129 del Codice civile). Ove non si prendano i provvedimenti necessari all’ amministrazione della cosa comune, per mancanza delle maggioranze necessarie (e dopo aver convocato l’ assemblea), si può presentare ricorso a norma dell’ articolo 1105, ultimo comma, del Codice civile, per il quale, «se non si prendono i provvedimenti necessari per l’ amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore». Si veda, in questo senso, la sentenza 5889/2001 della Cassazione secondo cui l’ articolo 1105, comma 4, del Codice civile presuppone il ricorso alla autorità giudiziaria «in ipotesi tutte riconducibili a una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta ed effettiva amministrazione della cosa comune (per mancata assunzione dei provvedimenti a tal fine necessari, o per assenza di una maggioranza ovvero per difetto di esecuzione della delibera adottata)». A cura di Cesarina Vittoria Vegni [1956][383933] Fornitura d’ acqua comune:scatta il supercondominioTre condomìni sono serviti da una sola presa d’ acqua. Uno degli amministratori riceve le bollette e provvede all’ addebito in capo ai singoli condomìni, in base alle letture che vengono dichiarate dai singoli amministratori. Tale sistema è regolare oppure occorre costituire un supercondominio?Alcune letture dei singoli utenti sono palesemente incongruenti. Come si può agire (anche giudizialmente) per controllare che i singoli contatori siano mantenuti efficienti?F.F.TORINO Così come il condominio, il supercondominio è una situazione di fatto. Si verifica quando vi è uno o più impianti o parti in comune fra più condomini. In questo caso, si applica la disciplina di cui agli articoli 1117 del Codice civile e seguenti. In particolare, si può disciplinare il servizio in comunione con un regolamento ex articolo 1138 del Codice civile, con maggioranza ex articolo 1136, comma 2, del Codice, e la nomina di un amministratore per il supercondominio. Se i comproprietari sono più di 60, bisognerà (ex articolo 67 delle .