Quantcast
Channel: Editoria.tv
Viewing all 8034 articles
Browse latest View live

Le incertezze di Crimi, tra fake news e contributi all’editoria

$
0
0

Il sottosegretario all’Editoria Vito Crimi ha presenziato all’ultima tappa del seminario dell’Associazione Rousseau a Cesenatico, dedicata all’informazione e alla comunicazione digitale. “Il Manifesto” ha messo in luce alcune inesattezze di Crimi in merito alle materie di sua diretta pertinenza.
Innanzitutto ha parlato del tema delle fake news. Queste ultime, per Crimi, sarebbero più facilmente smentibili su Internet. Ma non è propriamente così. L’aumento della diffusione delle notizie, grazie ai social network, genera casi in cui l’informazione data è distorta o, addirittura, ingannevole. Sfruttando una delle caratteristiche principali di un social, la condivisione, la notizia falsa viene abbellita, integrata e propagata da utenti ignari della verità. Pertanto le fake news possono dare origine a vere e proprie “Catene di Sant’Antonio”, che danneggiano il sistema generale dell’informazione. In questo quadro di incertezza vengono in rilievo le fonti più autorevoli, che hanno la possibilità di certificare la veridicità di una notizia e confermare l’autenticità di informazioni incerte. Sono le testate tradizionali, per le quali Crimi vorrebbe “che sparissero i finanziamenti diretti, seppur in modo graduale”. Anche nella sua recente audizione presso la Camera dei Deputati Crimi ha promesso un radicale cambiamento nel sistema di contribuzione, che deve da ora privilegiare l’incentivazione di nuovi modelli di business generati dalla rivoluzione digitale. D’altra parte il sottosegretario, in sede di audizione, ha anche dichiarato che la soluzione per le fake news è data dall’affidarsi all’informazione di qualità, verificata e indipendente. E allora appare un controsenso voler relegare in un cantuccio la carta stampata, che ad oggi è ancora il punto di riferimento dell’informazione di qualità in Italia. Che essa debba necessariamente evolversi ed entrare in simbiosi con la Rete è un’altra questione, ampiamente condivisibile.
La seconda notizia non accertata evidenziata dal “Manifesto” riguarda il volume dei finanziamenti diretti per l’editoria negli ultimi quindici anni. Crimi ha affermato, pur con qualche riserva, che il settore ha ricevuto 3,5 miliardi di euro dal 2003, risultando perciò quello che ha ricevuto più contributi pubblici. Non è così, poiché come ricordato dal “Manifesto”, le fonti energetiche fossili ricevono 11,5 miliardi all’anno, risultando quindi agevolate in modo assai più cospicuo dell’editoria. Tra l’altro il tema dei combustibili fossili interessa da vicino il Movimento 5 Stelle, a parole molto attento alla salvaguardia dell’ambiente. Lo stop dei sussidi rientra nel suo programma politico. L’azzeramento dei contributi all’editoria è un altro storico obiettivo del partito pentastellato, ma in questo caso si pone come il topolino nei confronti della montagna. Sarebbe opportuno, in tema di fake news, che il sottosegretario per l’editoria non pronunciasse frasi da propaganda.

L'articolo Le incertezze di Crimi, tra fake news e contributi all’editoria proviene da Editoria.tv.


Rassegna Stampa del 01/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

E «occupa» subito il maxi-ufficio al settimo piano

Sfera Ebbasta è l’ artista più citato dai media

Riffeser: Casaleggio scorretto verso i lettori

Rai, il cda va avanti su Foa presidente Rischio incompatibilità. Il no di Pd e FI

«Siamo già tutti amici, bella squadra» Bon ton al 7° piano mentre fuori è guerra

Carta stampata

Il sogno della Netflix dello sport debutta con la partita del debito

Riffeser (Fieg): Casaleggio scorretto verso i lettori

Servono i due terzi in Vigilanza

Rai, la resa dei conti su Foa

Poligrafici Editoriale, utile netto di 0,3 mln Raccolta pubblicitaria su dello 0,3%

Chessidice

Stampa, raccolta a -7,3%. Quotidiani -6,9%, mensili -6,8%

Raffica di incarichi dalla presidenza del consiglio

“Noi dipendenti vogliamo i partiti fuori ma non è cambiato nulla”

Roma channel batte Juve Tv è l’ unica che resta nel bouquet Sky

La Sergio Bonelli arruola Lansdale

E «occupa» subito il maxi-ufficio al settimo piano

Corriere della Sera
P. Co.
link

roma Nessuno scambio di consegne, come è (quasi) sempre avvenuto al settimo piano di viale Mazzini, cuore del potere Rai. Solo un rapido saluto tra il direttore generale uscente, Mario Orfeo, e l’ amministratore delegato entrante, Fabrizio Salini. Un avvicendamento freddo tra vertici Rai, quello avvenuto ieri poco prima delle 17. Il settimo piano di viale Mazzini è un «Impero dei Segni» dove ogni spostamento ha un significato. E così è avvenuto ieri. Le stanze del direttore generale (ora amministratore delegato, secondo la riforma del dicembre 2015) e della presidenza erano già libere da giorni, sia Mario Orfeo che la ormai ex presidente Monica Maggioni avevano portato via carte e oggetti personali. Appena finita la riunione del Consiglio nella saletta vicina all’ ufficio del presidente, Marcello Foa ha preso possesso della scrivania che era stata della Maggioni: ufficio notoriamente luminoso con vista su Prati-Delle Vittorie. E lo stesso ha fatto Salini. Presidenza e direzione generale hanno due veri e propri «appartamenti» (una porta di chiusura, saletta di riunione, stanze per la segreteria) ben distanti tra loro che marcano la differenza dei ruoli: il presidente legale rappresentante e simbolo della Rai; l’ amministratore delegato, il manager col vero potere sulle nomine e sulle scelte aziendali. Foa si è comportato come un presidente nella pienezza delle sue funzioni: dichiarazione alle agenzie, rapida intervista al Tg1. Non è trapelata alcuna preoccupazione di poter essere il presidente dalla vita più breve nella storia di viale Mazzini, se oggi alle 8.30 la commissione di Vigilanza non lo approverà con i due terzi dei voti. Intanto da ieri è cominciata un’ era surreale. Per la prima volta nella storia della Rai, sia la presidente uscente che il direttore generale uscente sono dipendenti della Rai. Ovvero restano in azienda. Hanno il ruolo di direttori: Maggioni lasciò Rainews 24 al momento della nomina nell’ agosto 2015 (oggi c’ è alla guida Antonio Di Bella), per succedere ad Antonio Campo Dall’ Orto nel giugno 2017 Mario Orfeo lasciò la direzione del Tg1 (ora affidata ad Andrea Montanari). Quindi due direttori «pesanti» che sono in attesa di un nuovo incarico. Visto il ruolo, da ieri hanno ciascuno una nuova propria stanza sempre al settimo piano di viale Mazzini. Insomma, di nuovo per la prima volta nella storia della Rai, un nuovo presidente e il suo predecessore, un nuovo amministratore delegato e l’ ex direttore generale si ritroveranno sullo stesso piano. Intanto ieri prima nomina: Bruno Gentili diventerà direttore ad interim di Rai Sport dopo l’ uscita di Gabriele Romagnoli. Un interim, ma la stagione delle poltrone è cominciata.

Sfera Ebbasta è l’ artista più citato dai media

Il Giornale
RS
link

Nonostante con l’ album Rockstar sia 9° nelle classifiche di vendite musicali della Fimi GFK dell’ ultima settimana, il rapper Sfera Ebbasta è il cantante che nell’ ultimo mese ha ricevuto più citazioni (539) sui mezzi di informazione italiani, lasciandosi alle spalle il 22enne vincitore di Amici Irama (440), 1° nella classifica di vendite con Plume, e il 20enne Biondo (371 menzioni), che con Dejavu è 7° nella classifica di vendite. A mettere in evidenza questi risultati è il monitoraggio svolto su oltre 1.500 fonti d’ informazione fra carta stampata (quotidiani nazionali, locali e periodici), siti di quotidiani, principali radio, tv e blog da Mediamonitor.it. Mediamonitor.it ha rilevato le citazioni avute dal 27 giugno al 26 luglio sui media dai cantanti nella top ten di vendite musicali dell’ ultima settimana. Tra gli artisti che hanno ricevuto maggiore copertura mediatica c’ è Gemitaiz, che con i suoi 29 anni è il ‘vecchio’ di questi cantanti che hanno conquistato la hit parade musicale. Gemitaiz, al secolo Davide De Luca, nel mese esaminato da Mediamonitor.it ha ricevuto 316 citazioni sui media mentre con l’ album Davide ha conquistato la 6° posizione nella classifica Tante le menzioni anche per il 20enne salernitano Capo Plaza (229), pseudonimo di Luca D’ Orso, che con l’ album 20 ha conquistato il 3° posto della classifica di vendite. Segue, nella graduatoria di Mediamonitor.it, Carl Brave (225 citazioni), Una buona copertura mediatica ha ricevuto anche il 24enne Rkomi, psudonimo di Mirko Maratona, che con Ossigeno è secondo nella Hit Parade musicale. Secondo quanto rilevato da Mediamonitor.it, nell’ ultimo mese è stato molto nominato sui mezzi di informazione anche il 21enne rapper pugliese Drefgold (215 citazioni). RS.

Riffeser: Casaleggio scorretto verso i lettori

Il Mattino

link

«Quando Casaleggio afferma che le fake news le legge sui giornali, commette una grossa scorrettezza verso i giornalisti e verso i 2,7 milioni di italiani che ogni giorno si recano in un punto vendita per acquistare un quotidiano». Lo ha detto, a margine del cda della Poligrafici editoriale, Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg, commentando le parole di Davide Casaleggio, che domenica scorsa ha attaccato la carta stampata. «Non dobbiamo dimenticare – ha aggiunto Riffeser – che è proprio grazie al lavoro di editori e giornalisti che quotidianamente viene offerta ai lettori la garanzia di una informazione verificata e verificabile, sia sulla carta sia on line, mentre non è sempre possibile risalire alle fonti delle notizie on line dei portali che non sono riconducibili al lavoro dei giornalisti e dei loro editori».

Rai, il cda va avanti su Foa presidente Rischio incompatibilità. Il no di Pd e FI

Il Messaggero
Marco Conti
link

Allo strappo mancano poche ore. La fine del centrodestra si consuma sulla presidenza della Rai con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi fermi nelle rispettive posizioni. Ieri il cda della Rai ha dato il via libera a Marcello Foa presidente, anche se oggi il voto in vigilanza potrebbe bocciarlo: contrari FI e Pd. A pag. 8 Ajello a pag. 8.

«Siamo già tutti amici, bella squadra» Bon ton al 7° piano mentre fuori è guerra

Il Messaggero

link

IL RACCONTO ROMA Piovono bombe su Viale Mazzini, ma al Settimo Piano nessuno se ne accorge. «Ah, che clima disteso, diventeremo amici, anzi già lo siamo diventati subito», si carezzano l’ un l’ altro i componenti del nuovo Cda della Rai al primo giorno di scuola. Anche se hanno qualcosa di surreale i salamelecchi da Settimo Piano, il felpato bon ton, il «che piacere conoscerla», «il piacere è tutto mio ma diamoci del tu» e il festival dell’ irrilevanza, mentre le vere decisioni politiche si prendono nei tinelli di partito, nel confronto-scontro tra i leader, nei giochi di potere tra maggioranza e minoranza (e c’ è opposizione nel governo e governismo nell’ opposizione) piuttosto che nel palazzone del (finto) vogliamoci bene a Roma Prati. Tra un caffettuccio e l’ altro portati dagli inservienti della tivvù di Stato. «Io contro Foa? Ma nooooo», non fa che ripetere Gianpaolo Rossi, ossia quello che dovrebbe prendere il posto del presidente designato se questo viene impallinato oggi in Vigilanza. E se Foa viene colpito e affondato, che cosa farà?, si chiedono tutti quelli che siedono intorno al tavolone insieme a lui. Lui naturalmente non dice che si dimetterà ma non dice neanche il contrario, perché semplicemente non lo sa. Farà le sue prime valutazioni oggi pomeriggio, dopo lo scrutinio parlamentare e una nuova riunione del Cda è convocata proprio dopo il voto. L’ aspetto surreale è che, qui dentro, al Settimo Piano dove la Borioni fa tutto un discorso carino e rispettosissimo per Foa per poi dire «voto contro perché non dà garanzie all’ azienda» e dove Rossi si dice «orgoglioso» di votare per Foa presidente anche se il presidente magari sarà lui, nessuno sa minimamente ciò che sta accadendo fuori. Il clima è cordiale ma gli sguardi sono persi nel vuoto. Ognuno cerca di captare dall’ altro una verità, o almeno lo straccio di una mezza informazione o l’ eco di un minuscolo spiffero proveniente dai registi di questa partita che sono altrove. «Mi hanno detto che un deputato vicino alla Meloni avrebbe detto che Giorgia….». Cose così. PRAGMA Ma è pragmatico nella sua brevità, come nello stile del personaggio, il discorso che pronuncia il neo-direttore generale Fabrizio Salini. «La Rai – scandisce – ha tutte le potenzialità per competere con i giganti mondiali del multimediale, come Netflix. La nostra sfida dovrà essere questa. Sarà una sfida difficile ma possiamo affrontarla con convinzione e con forza». «Ammazza il Salini quanto ci crede!», sono le reazioni di chi lo sta ascoltando. E il nuovo capo sembra piacere ai sottoposti. Il dg si è astenuto, come da prassi, nel voto sul presidente. Il quale, Foa, prima di uscire dalla sala per non votare per se stesso, ha evitato di fare un’ autodifesa alla maniera di Socrate ma ha voluto raccontare chi è, che cosa ha fatto nella vita, e quali saranno i principi ispiratori della sua azione: non la sudditanza politica, visto che è un alieno rispetto alle logiche di Palazzo, ma la meritocrazia. «Sì, la meritocrazia, proprio quella ci vuole», lo applaude Laganà, il commissario eletto dai dipendenti Rai, molti dei quali la meritocrazia l’ hanno letta forse sui libri se qualche editore generoso ha avuto la bontà di regalarglieli o se si possono mettere in nota spese. Gli scenari, le fake, le trame politiche e fantapolitiche che riempiono tutta Roma riguardo alla Rai si fermano come per incanto ai piedi del celebre cavallo morente creato dallo scultore Messina. Quelli del Cda sanno, e se lo ripetono, che «il problema è fuori», eppure s’ interrogano su questioni «di prodotto» (che nel lessico di Viale Mazzini significa tutto e niente), si promettono di «fare squadra», si sorridono vicendevolmente perché non hanno tantissimo da dirsi. E sono appesi senza darlo a vedere alla trattativa notturna tra Salvini e Berlusconi (se accetti Foa ti dò un direttore di tiggì, o magari l’ amministratore delegato di un’ azienda parastatale o la candidatura di un forzista come prossimo governatore regionale in Abruzzo?) o alla possibilità o impossibilità che il Pd dopo aver votato in Parlamento il fratello d’ Italia Rossi per il Cda lo voti in Vigilanza anche come presidente della Rai in cambio della permanenza a sinistra del Tg3 o della Rete 3 o di tutte e due così nessuno può dire che i giallo-verdi non sono pluralisti. Poi il Cda finisce. Sono tutti soddisfatti, e non si capisce perché. Mario Ajello © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Carta stampata

Il Messaggero

link

«Quando Casaleggio afferma che le fake news le legge sui giornali, commette una grossa scorrettezza verso i giornalisti e verso i 2,7 milioni di italiani che ogni giorno si recano in un punto vendita per acquistare un quotidiano». Lo ha detto, a margine del cda della Poligrafici editoriale, Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg, commentando le parole di Davide Casaleggio, che domenica scorsa ha attaccato la carta stampata. «Non dobbiamo dimenticare – ha aggiunto Riffeser – che è proprio grazie al lavoro di editori e giornalisti che quotidianamente viene offerta ai lettori la garanzia di una informazione verificata e verificabile, sia sulla carta sia on line, mentre non è sempre possibile risalire alle fonti delle notizie on line dei portali che non sono riconducibili al lavoro dei giornalisti e dei loro editori».

Il sogno della Netflix dello sport debutta con la partita del debito

Il Sole 24 Ore
Andrea BiondiAndrea Franceschi
link

milano Juventus-Napoli e Roma-Lazio alla settima d’ andata si potranno vedere solo su Sky, come Inter-Milan della nona o Juventus-Inter della 15esima. Attenzione però, perché per chi vorrà vedere in Tv – o meglio in video visto che parliamo di una piattaforma in streaming – Inter-Juventus della 15esima di ritorno o Juventus-Roma della 17esima di andata o il derby della Mole, Torino-Juventus, alla 16esima di andata, non ci sarà alternativa a Dazn. E anche per i tifosi del Napoli non ci sarà scelta: le prime due giornate solo sulla piattaforma di Perform Group. Meglio incominciare a familiarizzare con la “Netflix dello sport”, che per le prossime tre stagioni ha deciso di lanciare la sua scommessa sul calcio in Italia. Una sfida giunta ieri al suo primo passaggio chiave, con la definizione del palinsesto per le prime tre giornate – e con la scelta dei 20 big match esclusiva di Sky (16) o Dazn (4) – di una Serie A che sperimenterà, per la prima volta, l’ esclusiva tv per prodotto. E quindi sette partite su 10 ogni giornata si vedranno solo su Sky. Per le altre 3 (fra cui l’ anticipo del sabato sera) c’ è la piattaforma di Perform, che ambisce a ritagliarsi il ruolo di “Netflix dello sport”. Non ci saranno più quindi partite visibili su più piattaforme, in contemporanea e grazie a più gestori (il satellite per Sky e il digitale terrestre per Mediaset Premium fino all’ ultima stagione). Da ieri il tifoso vede avvicinarsi l’ eventualità-necessità di organizzarsi per seguire la Serie A senza perdersi la polpa. Due le scelte, non si scappa: o doppio abbonamento (se fatto via Sky con uno sconto di 2 euro rispetto ai 9,99 euro da aggiungere come prezzo di listino di Dazn al proprio abbonamento) o bar e amici, come ai vecchi tempi. Anche gli abbonati a Mediaset Premium sono in qualche modo interessati. Ma solo perché avranno l’ abbonamento a Dazn compreso nella loro offerta a 19,90 al mese: più costoso che abbonandosi separatamente a Dazn (9,99 euro con un mese di prova gratuita) ma puntando a far breccia con l’ offerta di cinema e serie tv. Del resto Mediaset non ha di suo alcun diritto di trasmissione per la Serie A in tv per il prossimo triennio. Il campionato “a due padroni” è arrivato così al primo dunque. Il settore dell’ intrattenimento sportivo è uno dei pochi ad aver resistito alle trasformazioni tecnologiche di questi anni. Ma ora c’ è un’ azienda britannica (Perform Group) controllata da un miliardario americano di origini ucraine (Len Blavatnik) che con il lancio di una nuova piattaforma di streaming (Dazn) vuole fare quello che Netflix ha fatto ai grandi network televisivi: mettere in atto quella che in gergo si chiama «disruption», ossia una forma di concorrenza basata sull’ impiego di nuove tecnologie tale da mettere in discussione il modello di business delle aziende che finora hanno dominato il mercato. Che poi è quello che Amazon sta facendo al settore delle vendite al dettaglio, oppure che Google e Facebook stanno facendo al mondo dei media tradizionali. La scommessa di Perform si basa soprattutto su un ricorso al debito molto intensivo. Un fardello che continua a crescere di pari passo con l’ espansione del business e che, al 31 marzo di quest’ anno, era pari a 787,7 milioni di sterline (al netto dei 111,4 milioni di cassa il saldo è a 676,3). La società ha emesso in questi anni bond con scadenza 15 novembre 2020 per un ammontare di 215 milioni di sterline su cui l’ azienda paga una cedola maxi dell’ 8,5 per cento. Il resto del debito è rappresentato da un prestito contratto con una finanziaria che fa riferimento al suo principale azionista (Access Industries, holding di Blavatnik) su cui paga, anche in questo caso, interessi molto alti, pari all’ 8 per cento. Il prestito dovrà essere rimborsato entro il 12 agosto 2019, ma con ogni probabilità sarà rifinanziato se non convertito in azioni perché ad oggi la società non genera cassa ma la brucia. Il lancio della nuova piattaforma Dazn ha del resto richiesto investimenti notevoli. Solo nel primo trimestre Perform ha dovuto sostenere costi operativi per 108 milioni, serviti a pagare i diritti tv ma anche gli investimenti tecnologici e in marketing, a fronte di ricavi per 114,9 milioni. Se si sommano tutte le altre spese sostenute (come gli interessi sul debito) l’ ultima riga del conto economico al primo trimestre fa registrare un rosso pari a 82,9 milioni di sterline. Una perdita che si va a sommare ai 485,5 milioni persi nel 2017 e ai 104,6 del 2016. Perform, che al 31 marzo aveva un patrimonio negativo per 331,5 milioni, ha bruciato cassa per oltre 86 milioni di sterline in soli tre mesi. Gli restano risorse per 111 milioni, buona parte dei quali servirà a pagare gli interessi sul debito. Secondo Standard & Poor’ s, che un anno fa ha declassato del rating della società portandolo a CCC+ (giudizio che si assegna a titoli estremamente speculativi) «la struttura di capitale dell’ azienda è insostenibile nel lungo termine». I mercati tuttavia non sembrano dare segnali di allarme e i bond a oggi quotano sopra il prezzo di emissione. Come mai? Molto probabilmente perché il principale azionista, nonché principale creditore, è il 48esimo uomo più ricco al mondo secondo Forbes, titolare di un patrimonio personale stimato intorno ai 20 miliardi di dollari. La tenuta del gruppo in questa sua fase di espansione dipende soprattutto dalla sua disponibilità a continuare a dare supporto finanziario alla società. Almeno fintanto che non sarà in grado di camminare da sola. Il nome di Blavatnik rappresenta evidentemente una garanzia per il colosso giapponese della pubblicità Dentsu che quest’ anno ha rilevato il 10% delle azioni Perform per 300 milioni di sterline. Numeri che implicano una valutazione di 3 miliardi per la società e fanno di Perform la startup tecnologica di maggior valore nel Regno Unito. Prezzi giustificati? Per scoprirlo bisognerà vedere se e in che misura il pubblico degli appassionati di sport, in Italia e negli altri mercati dove l’ azienda ha lanciato la sua piattaforma, sarà disposto ad abbandonare i canali tradizionali e scegliere Dazn. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Riffeser (Fieg): Casaleggio scorretto verso i lettori

Il Sole 24 Ore

link

«Quando Casaleggio afferma che le fake news le legge sui giornali, commette una grossa scorrettezza verso i giornalisti e verso i 2,7 milioni di italiani che ogni giorno si recano in un punto vendita per acquistare un quotidiano». A margine del Cda di Poligrafici Editoriale per l’ approvazione dei dati relativi al primo semestre 2018, l’ editore Andrea Riffeser Monti, in qualità di presidente della Fieg (Federazione italiana editori giornali), ha risposto all’ intervento di Davide Casaleggio, svolto sabato scorso a margine dell’ evento Rousseu CityLab a Cesenatico. Il presidente della Casaleggio Associati e presidente e fondatore della associazione Rousseau, che gestisce la piattaforma digitale M5S, aveva dichiarato che «le fake news si leggono sui giornali di carta». «Forse non sa – ha aggiunto Riffeser Monti – che circa 17 milioni di cittadini leggono tutti i giorni un quotidiano nei bar, nei locali pubblici o in famiglia (fonte Audipress 2018/I). Mentre 7 milioni di persone decidono di acquistare ogni settimana un periodico (dati Ads gennaio-dicembre 2017), mercato che vanta circa 14 milioni di lettori (fonte Audipress 2018/I). Non dobbiamo dimenticare – ha concluso – che è proprio grazie al lavoro di editori e giornalisti che quotidianamente viene offerta ai lettori la garanzia di una informazione verificata e verificabile sia sulla carta sia on line, mentre non è sempre possibile risalire alle fonti delle notizie on line dei portali che non sono riconducibili al lavoro dei giornalisti e dei loro editori». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Servono i due terzi in Vigilanza

Il Sole 24 Ore

link

M5S e Lega fermi a 21 voti Per ratificare l’ elezione di Foa a presidente della Rai servono i due terzi dei 40 componenti della Vigilanza Rai. Ma Lega (7) e M5S (14) non raggiungono i voti richiesti: serve anche il sì di Forza Italia (7)

Rai, la resa dei conti su Foa

Italia Oggi
ALESSANDRA RICCIARDI
link

Il Consiglio di amministrazione della Rai ha votato ieri Marcello Foa, proposto dal ministero dell’ economia, come presidente della società. Lo ha fatto a maggioranza, con un voto contrario, quello della consigliera Rita Borioni di area Pd, e un astenuto, Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti Rai. Il cda ha successivamente nominato Fabrizio Salini, indicato sempre dal Mef, amministratore delegato. Ma la partita decisiva sarà quella di oggi, quando la commissione paralmentare di Vigilanza dovrà ratificare la nomina di Foa. Se la Lega insiste sul nome del giornalista per la presidenza, Forza Italia a ieri sera confermava l’ intenzione di votare no. «È una questione di metodo», precisava Mariastella Gelmini, capogruppo di Fi alla camera. Una spaccatura che farebbe saltare il quorum dei due terzi dei voti favorevoli richiesti dalla legge. E che manderebbe gambe all’ aria anche la coalizione di centrodestra, da un lato Fratelli d’ Italia schierata con la Lega di Matteo Salvini, dall’ altro il partito di Silvio Berlusconi che finirebbe per votare con le opposizioni di Leu e Pd. Se Foa sarà bocciato, Forza Italia, trapela da Palazzo Grazioli, si attende un altro nome dal ministro del Tesoro, auspicando però un metodo diverso, quello del confronto preventivo. Invita a ritirare la proposta e fare un altro nome per la presidenza, «un nome di garanzia», anche il Pd, «la forzatura è un grave errore», dice il segretario dem Maurizio Martina. Migranti, è un giallo la vicenda della Asso 28, la nave italiana accusata di aver soccorso nel Mediterraneo 108 profughi e di averli riportati in Libia. «L’ ordine di riportare a Tripoli i migranti è arrivato dall’ Eni per cui Asso 28 lavora e le autorità italiane erano informate», dice Nicola Fratoianni, deputato di LeU, da bordo di Open Arms, «in piena violazione del diritto internazionale». Una versione smentita dal governo italiano. «Le attività si sono svolte sotto il coordinamento della Coast Guard libica, la Guardia Costiera Italiana non ha coordinato e partecipato a nessuna di queste operazioni», ha affermato il ministro dell’ interno, Matteo Salvini. «È stata direttamente la Guardia costiera libica a coordinare le attività del rimorchiatore italiano Asso 28 nelle operazioni di recupero e soccorso», ha riferito anche la Marina italiana. Non la pensa così l’ Unhcr che raccoglie informazioni sul caso. Istat, l’ economia italiana continua a crescere più lentamente rispetto alle stime. La variazione per il 2018 è pari a +0,9%, sei decimali sotto la stima di crescita (+1,5%) contenuta nel Def, il documento di programmazione economica presentato dall’ Italia all’ Unione europea a fine aprile. A certificarlo ieri l’ Istat. Una doccia gelata per il governo Lega-M5s in vista della prossima legge di bilancio. Il ministro dell’ economia, Giovanni Tria, ha chiarito infatti in più occasioni che flat-tax e reddito di cittadinanza si faranno ma soltanto in un «quadro coerente con i conti pubblici», ovvero tenendo fermi i saldi, perché il percorso di riduzione del debito «non è in discussione». Negativi anche i dati sul lavoro: dopo tre mesi di crescita, il numero di occupati scende dello 0,2% rispetto a maggio (49 mila posti di lavoro in meno). Il calo, precisa l’ Istat, è concentrato tra gli uomini (-42 mila) e le persone di 35 anni o più (-56 mila). Continuano a crescere i dipendenti a termine (+16 mila), che aggiornano di nuovo il loro record storico, raggiungendo i 3 milioni 105 mila. Disoccupazione al 10,9%, la più alta in Europa, tra i 15 e 24 anni il 32,6% non lavora. Per M5s e Lega una ragione in più per modificare il Jobs act. Replica il Pd: «È l’ incertezza sugli incentivi a produrre effetti negativi sul mercato». Tav, per il ministro Danilo Tonielli nessun effetto negativo deriverebbe dalla revisione del progetto. In audizione al senato, il ministro dei Trasporti ha spiegato che «non vi è alcuna ragione per la quale l’ Italia, in applicazione del programma concordato dall’ attuale maggioranza parlamentare, non ridiscuta integralmente il progetto, pur nell’ applicazione dell’ accordo tra i due Paesi (Italia e Francia, ndr) e all’ esito di una nuova valutazione complessiva di costi e benefici alla luce della situazione attuale». Inoltre, ha voluto sottolineare Toninelli, «i timori paventati riguardo ai possibili effetti negativi che potrebbero derivare da questo programma di elementare razionalità non hanno alcun fondamento, in quanto l’ analisi sarà condotta nell’ ambito della situazione di contesto e del quadro normativo vigenti». Stop alle domeniche gratis ai musei. Ad annunciarlo il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli: «Le prime domeniche del mese gratis andavano bene come lancio pubblicitario… Per l’ estate non cambia nulla, ma poi le cose cambieranno. Lascerò maggiore libertà ai direttori dei musei», dice. L’ annuncio fa scoppiare la polemica. «È una castroneria», attacca il Pd. E il predecessore Dario Franceschini invita il governo a ripensarci: «Le cose giuste non hanno colore politico». Dl Dignità, 400 emendamenti. L’ aula della camera ha iniziato ieri, dopo il parere favorevole della commissione bilancio, la votazione sui 400 emendamenti al disegno di legge di conversione in legge del dl Dignità. Nel mirino delle opposizioni il ripristino dei voucher (contrari Pd e Leu) e la riduzione del ricorso ai tempi determinati (contestata da Fi). Biotestamento, via libera dal Consiglio di stato all’ attuazione della legge sul biotestamento. Palazzo Spada ieri ha depositato le risposte ai quesiti formulati dal ministero della Salute, con particolare riferimento alla Banca dati nazionale, e ha precisato che «ciascun individuo, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, può decidere ora per allora su eventuali trattamenti sanitari che potrebbero riguardarlo e sui quali in futuro non sarà in condizione di prestare il consenso». Per l’ aggressione a Daisy Osakue, l’ atleta italiana di origini nigeriane colpita al volto da un’ auto in corsa, la Procura di Torino indaga per il reato di lesioni ma senza l’ aggravante razziale. È intervenuto monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino: «L’ unico vero nemico che tutti abbiamo in comune è coltivare l’ idea del nemico». «Spero mettano gli aggressori in galera il prima possibile», dice il ministro del lavoro, Luigi Di Maio. Altolà di Avvenire, il giornale dei vescovi, al ministro dell’ interno Salvini: «C’ è un clima xenofobo, pesi le parole». La Procura di Roma ha chiesto l’ archiviazione per il regista Fausto Brizzi indagato per violenza sessuale. Brizzi era stato iscritto nel registro degli indagati ad aprile a seguito delle denunce per tre presunti episodi di violenza. Per l’ accusa, «il fatto non sussiste». «È vero, sono stato io a fare a pezzi il corpo di Pamela. Ma lei era già morta di overdose». Innocent Oseghale, il 29enne nigeriano, accusato di omicidio, vilipendio e distruzione di cadavere lo ha confessato ai magistrati che lo hanno interrogato nuovamente nel carcere di Marino del Tronto in merito alla morte della diciottenne romana Pamela Mastropietro, avvenuta lo scorso 30 gennaio a Macerata. Contraccettivi gratis in Lombardia per giovani fino a 24 anni che si recano nei consultori. È uno degli obiettivi di un ordine del giorno alla manovra di bilancio 2018-2020, presentato dalla consigliera Pd Paola Bocci, approvato dal Consiglio regionale della Lombardia con 63 voti favorevoli e un solo non partecipante al voto. Sono 83.127 i candidati iscritti ai test per l’ ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Odontoiatria, Architettura e Veterinaria per l’ anno accademico 2018/2019. In 67.005 hanno presentato domanda per Medicina e Odontoiatria, erano 66.907 nel 2017. Per Architettura le iscrizioni sono 7.986 (nel 2017 erano 9.340). Infine, sono 8.136 i candidati a Veterinaria (8.431).Per i test di Medicina in lingua inglese sono 7.660 i candidati, l’ anno scorso erano stati 7.021. Russiagate, Donald Trump si autoassolve. «La collusione non è un reato»: così Trump su Twitter nel giorno in cui si apre il processo all’ ex responsabile della sua campagna presidenziale Paul Manafort, indagato per eventuali collusioni con Mosca.

Poligrafici Editoriale, utile netto di 0,3 mln Raccolta pubblicitaria su dello 0,3%

Italia Oggi
GIOVANNI GALLI
link

Poligrafici Editoriale archivia il primo semestre riportando un utile netto di 0,3 milioni di euro che va confrontato con una perdita di 2,1 milioni relativa all’ analogo periodo dello scorso esercizio. Con l’ approvazione dei conti al 30 giugno scorso, il gruppo di Quotidiano nazionale-Qn, Giorno, Nazione e Resto del Carlino registra ricavi pubblicitari aumentati dello 0,3% su base tendenziale a 26,6 milioni di euro, mentre quelli da vendite sono diminuiti a 48 milioni dai 51,2 mln comunicati al 30 giugno 2017. Complessivamente il fatturato passa a 79,4 milioni dai precedenti 81,8 milioni. L’ ebitda è positivo e migliora del 18,5% sui 4,2 milioni, mentre l’ ebit sale a 1,4 milioni dagli 0,153 mln precedenti. A fine periodo, l’ indebitamento finanziario netto è pari a 28,8 milioni, in riduzione dai -30,9 mln registrati al termine dell’ ultimo esercizio. Nella seconda parte dell’ anno, il gruppo punterà a mantenere una marginalità positiva e a generare flussi di cassa che consentiranno un’ ulteriore riduzione del debito finanziario. Ieri il titolo Poligrafici Editoriale ha chiuso a piazza Affari a +6,52% a 0,245 euro. A margine del cda di ieri, l’ editore Andrea Riffeser Monti, in qualità di presidente della Fieg (Federazione italiana editori giornali), ha risposto anche all’ intervento di Davide Casaleggio. Il leader del Movimento 5 Stelle e presidente della Casaleggio associati, infatti, in occasione di un incontro pubblico, aveva dichiarato che «le fake news si leggono sui giornali di carta». «Quando Casaleggio afferma che le fake news le leggono sui giornali, commette una grossa scorrettezza verso i giornalisti», ha sottolineato ieri in una nota il presidente degli editori, «e verso i 2,7 milioni di italiani che ogni giorno si recano in un punto vendita per acquistare un quotidiano. Forse non sa che circa 17 milioni di cittadini leggono tutti i giorni un quotidiano nei bar, nei locali pubblici o in famiglia (fonte Audipress 2018/I). Mentre 7 milioni di persone decidono di acquistare ogni settimana un periodico (dati Ads gennaio-dicembre 2017), mercato che vanta circa 14 milioni di lettori (fonte Audipress 2018/I)», ha proseguito Riffeser Monti. «Non dobbiamo dimenticare che è proprio grazie al lavoro di editori e giornalisti che quotidianamente viene offerta ai lettori la garanzia di una informazione verificata e verificabile sia sulla carta sia online, mentre non è sempre possibile risalire alle fonti delle notizie online dei portali che non sono riconducibili al lavoro dei giornalisti e dei loro editori.» © Riproduzione riservata.

Chessidice

Italia Oggi

link

Calcio, Dazn trasmetterà tre match della Juventus con Torino, Inter e Roma. La Lega Serie A ha ufficializzato i big match che saranno trasmessi da Dazn nel corso della stagione 2018/19. Dazn ha l’ esclusiva per i match del sabato alle 20.30 e della domenica alle 12.30 e 15.00. La piattaforma del gruppo inglese Perform trasmetterà la partita della 16ª giornata che vedrà in campo Torino-Juventus, quella della 17ª giornata Juventus-Roma, della 21ª Milan-Napoli e della 34ª Inter-Juventus. A Barabino & Partners le pr di Unirec. Barabino & Partners è stata nominata advisor per le relazioni con i media a supporto di Unirec – Unione nazionale imprese a tutela del credito, l’ associazione di Confindustria servizi innovativi e tecnologici presieduta da Francesco Vovk che rappresenta le aziende e società che offrono servizi di gestione del credito. Musica, siglato l’ accordo Lea-Fimi. È stata firmata l’ intesa tra l’ Associazione liberi autori ed editori (Lea) e la Federazione industria musicale italiana (Fimi). La convenzione quadro stabilisce i termini e le condizioni ai quali ogni produttore discografico iscritto a Fimi potrà procedere alla riproduzione di opere appartenenti al catalogo Lea.

Stampa, raccolta a -7,3%. Quotidiani -6,9%, mensili -6,8%

Italia Oggi

link

Frenano ancora gli investimenti in comunicazione sulla carta stampata. Secondo i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp relativi al periodo gennaio-giugno 2018 il fatturato pubblicitario del mezzo stampa in generale ha registrato un calo del 7,3% rispetto allo stesso semestre dell’ anno precedente raggiungendo quota 435,3 milioni di euro. In particolare i quotidiani nel loro complesso hanno evidenziato un andamento negativo sia a fatturato (-6,9%, pari a 275,7 milioni di euro) che a spazio (-0,3%). Per quanto riguarda le singole tipologie, la commerciale nazionale ha visto un -5,3% a fatturato e un +6,3% a spazio, la commerciale locale un -4,4% a fatturato e un -0,9% a spazio, la legale un -22,6% a fatturato e un -11,3% a spazio. La tipologia finanziaria ha segnato un +0,8% a fatturato e un +4,4% a spazio, la classified un -5,9% a fatturato e un -15,9% a spazio. I periodici hanno visto un calo sia a fatturato (-8,1%, a quota 159,5 milioni di euro) che a spazio (-1,6%). I settimanali hanno avuto un andamento negativo a fatturato del 7,5% (a quota 85,9 milioni di euro) e positivo a spazio dell’ 1,8%. I mensili hanno registrato un calo del 6,8% a fatturato (pari a 70,3 milioni di euro) e del 4,5% a spazio. Le altre periodicità hanno chiuso il periodo con un -38,1% a fatturato (a quota 3,3 milioni di euro) e un -21,3% a spazio.

Raffica di incarichi dalla presidenza del consiglio

Italia Oggi
PASQUALE QUARANTA
link

Nella giornata di ieri la presidenza del consiglio dei ministri ha comunicato al parlamento il conferimento dei nuovi incarichi di livello dirigenziale generale. Daria Perrotta sarà il capo dell’ ufficio di segreteria del consiglio dei ministri; Roberto Chieppa, il segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri; il consigliere Ermanno De Francisco, capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del consiglio dei ministri; il consigliere Ferruccio Sepe, capo del dipartimento per l’ informazione e l’ editoria della presidenza del consiglio dei ministri; Sabrina Bono, capo dell’ ufficio del segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri; Giuseppe Renna, capo del dipartimento per i rapporti con il parlamento della presidenza del consiglio dei ministri; a Francesco Paolo Schiavo, incarico di funzione dirigenziale di livello generale di prima fascia, nell’ ambito del ministero dell’ economia e delle finanze; ad Anna Cammalleri, incarico di funzione dirigenziale di livello generale di seconda fascia, nell’ ambito del ministero dell’ istruzione; a Sergio Ferdinandi, incarico di funzione dirigenziale di livello generale di prima fascia, nell’ ambito del ministero degli affari esteri mentre al consigliere Ferdinando Ferrara, incarico di capo del dipartimento per le politiche di coesione della presidenza del consiglio dei ministri. © Riproduzione riservata.

“Noi dipendenti vogliamo i partiti fuori ma non è cambiato nulla”

La Repubblica
CONCETTO VECCHIO
link

ROMA Consigliere Riccardo Laganà, perché nel cda si è astenuto sulla nomina a presidente di Marcello Foa? «Perché, come dipendenti Rai, non condividiamo il metodo che ha portato alle scelte di Foa e Salini. Meritavano un po’ di riflessione in più. Invece entrambi sono stati imposti in modo poco partecipato, seguendo le logiche di sempre». Il Consiglio è stato messo davanti al fatto compiuto? «Io sono stato eletto da duemila dipendenti, a cui prima ho esposto il mio programma, insomma mi sono dovuto far conoscere. Non si capisce perchè l’ ad e il presidente della Rai non siano passati attraverso delle audizioni pubbliche, per esempio». Cosa andava fatto? « Per segnare una discontinuità si poteva scegliere una rosa ristretta di nomi e sottoporli al vaglio preventivo: per conoscerli meglio, per valutarne le idee». Lei che idea si è fatto delle cose che ha letto sui giornali su Foa? «Preferirei non esprimermi, lo giudicherò da quel che farà nel cda». Foa oggi rischia di non ottenere i numeri in Vigilanza e l’ opposizione minaccia ricorsi contro un presidente non nella pienezza dei suoi poteri. Lei cosa farà? «Voglio prima studiare bene il caso. Il punto è che questa legge è stata scritta male ed interpretata peggio». Ma non dice anche che, se un presidente non ottiene i due terzi dei voti, soglia necessaria per qualificarlo come di garanzia, la sua elezione è nulla? «In realtà la legge non fornisce un’ indicazione esplicita su cosa succede se non ottiene il quorum. Deve dimettersi? Bisogna rifare la votazione?». Foa ha esordito dicendo che le logiche partitocratiche sono estranee alla sua cultura. L’ ha convinta? «È presto per dare giudizi. Mi è parsa una persona ammodo, ma anche qui sarà giudicato dai fatti». Avrà una valutazione politica su quel che è successo in questi giorni? «Me la tengo per me. Come dipendenti vorremmo che i partiti fossero fuori da queste dinamiche. Il nostro voto di astensione è un modo per segnalare che vorremmo volare un po’ più in alto rispetto alle dinamiche politiche». Ovvero? «Deve esserci una reale tutela delle risorse interne e una visione partecipata delle scelte fondanti del servizio pubblico. Servono investimenti tecnologici. E poi va cambiata la legge». La legge che ha permesso la sua elezione? «Sì, per svincolarla davvero dalle scelte dei partiti, serve una riforma che ricalchi il modello tedesco, con un consiglio dei garanti». © RIPRODUZIONE RISERVATA In cda mi sono astenuto perché non condivido il metodo delle scelte. La legge è scritta male e interpretata peggio: deve essere cambiata Il consigliere dei dipendenti Riccardo Laganà, 43 anni, in Rai dal 1996, è stato eletto nel nuovo cda con 1.916 voti.

Roma channel batte Juve Tv è l’ unica che resta nel bouquet Sky

La Repubblica
MATTEO PINCI
link

Picchi di 150mila spettatori prima e dopo le partite I decoder accesi per il 10% del tempo sul canale mentre quello bianconero non è più in chiaro Nell’ estate di Cristiano Ronaldo, la Roma ha già battuto la Juventus. Non sul campo, ma davanti alla tv: anzi, dietro. A molti è passato inosservato, ma oggi, il bouquet di canali Sky, contiene una sola esperienza televisiva tematizzata su una squadra di Serie A: Roma tv. Dal 2015, il canale della Roma e quello della Juventus erano trasmessi ” in chiaro” ( ossia senza la necessità di un abbonamento supplementare) agli abbonati della tv di Murdoch. Servizio che ha dei costi non esattamente trascurabili: oltre ai soldi che Sky garantisce per acquistare i diritti d’ archivio alle squadre – cifre superiori al milione – ballavano i 500/ 600mila euro di costi per dare la banda in alta definizione alle due piattaforme. Gli ascolti di Juve tv però sono mai decollati, trasformando quel canale in un costo da ” tagliare”. Al contrario di quelli del canale romanista. E visto che a Rogoredo non fanno di professione i benefattori, hanno fatto due conti: per loro ha valore il minutaggio medio che un cliente fa di ogni canale. E un numero considerevole di abbonati – verosimilmente romanisti – trascorre mediamente il 10% del tempo in cui è sintonizzato sul decoder, sul canale di “casa” a Trigoria. In città, la media è persino più alta di quella del tg sportivo dell’ emittente. Insomma, un piccolo trionfo che la Roma ha costruito nel tempo: investendo nell’ intrattenimento e nei contenuti propri come tg, riprese live degli allenamenti, interviste. Centocinquantamila telespettatori nelle trasmissioni prima e dopo le partite, i picchi stagionali di un canale nelle sei ore di diretta giornaliere registra una media di 18mila persone collegate. Trasformando quello che era un costo a bilancio – anni fa il vecchio ” Roma channel” fu persino a rischio chiusura – in una voce di ricavo. Il mondo del calcio è sempre più dipendente dalle televisioni: delle prime tre partite di campionato della Roma – i giallorossi debutteranno domenica 19 agosto alle 18 contro il Torino, giocheranno la seconda con l’ Atalanta lunedì 26 alle 20.30 ( ma se l’ Atalanta non si qualifica in Europa League si anticiperà a domenica 26 alle 18) e la terza di venerdì 31 alle 20.30 in casa Milan – due saranno trasmesse sui canali Sky. Che a dire il vero è anche il titolare della pubblicità di Roma tv, mentre quella che compare all’ interno dei vari programmi del canale tematico finisce nel bilancio della Roma che la gestisce e la utilizza. L’ effetto è che gli allenamenti della Roma continueranno a entrare nelle tv italiane, mentre quelli di sua maestà Cristiano Ronaldo si potranno vedere soltanto sul web. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sei ore di trasmissioni al giorno. E domenica 19 alle 18 esordio esterno di campionato contro il Torino.

La Sergio Bonelli arruola Lansdale

Libero

link

Lo scrittore americano Joe R. Lansdale è il nume tutelare del nuovo progetto della Sergio Bonelli Editore: la major italiana del fumetto ha inaugurato questo mese l’ etichetta Araldo, che rispolvera il primo nome, risalente agli anni 40, della casa editrice per proporre pubblicazioni in grado di raggiungere anche un pubblico più maturorispetto a quello tradizionale di giovani e giovanissimi. «Azzardo e innovazione, di forma e di linguaggio» saranno le caratteristiche delle collane pubblicate sotto l’ egida di Araldo, la prima delle quali è la serie western di sei albi mensili intitolata Deadwood Dick e dedicata all’ omonimo personaggio, protagonista dell’ epopea western Paradise Sky ispirata alla storia vera del cowboy Nat Love, scritta da Lansdale nel 2015 e pubblicata in Italia da Einaudi nel 2016. Dick è un giovane di colore che, dopo la fine della guerra di secessione e l’ abolizione della schiavitù, si ritrova libero ma senza lavoro e ancora alle prese con il razzismo dei bianchi del sud, per i quali nulla sembra cambiato. Per sfuggire all’ impiccagione, Dick si arruolerà nell’ esercito e vivrà varie avventure. Il primo albo, Nero come la notte, scritto da Michele Masiero e illustrato da Corrado Mastantuono, mette in luce la vivacità del linguaggio ereditata dal romanzo di Lansdale e, con il taglio cinematografico dei disegni, esalta la verve iconoclasta dell’ autore texano. MARCO VALLARINO «Deadwood Dick»

L'articolo Rassegna Stampa del 01/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Adottato il Provvedimento per la fruizione del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali

$
0
0

E’ stato adottato il provvedimento del Capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, previsto dall’art. 5, comma 1del DPCM 16 maggio 2018, n. 90, con il quale è approvato il modello di comunicazione telematica e sono definite le modalità per la presentazione della comunicazione sull’apposita piattaforma dell’Agenzia delle Entrate, ai fini della fruizione del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, di cui all’articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

Il modello di comunicazione e le relative istruzioni per la compilazione sono disponibili per la sola consultazione, anche nella sezione dedicata.

Le comunicazioni sono presentate esclusivamente per via telematica, utilizzando i servizi telematici che saranno messi a disposizione nell’apposita area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Le comunicazioni telematiche per l’anno in corso, relative agli investimenti effettuati nell’anno 2018, nonché quelle relative agli investimenti effettuati dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017 esclusivamente sulla stampa quotidiana e periodica anche online, dovranno essere presentate, separatamente, dal 22 settembre al 22 ottobre 2018.

L'articolo Adottato il Provvedimento per la fruizione del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 02/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Interventi sulla politica italiana dai troll russi che spinsero Trump

Chiedere di più non paga: gli italiani fuggono dagli abbonamenti

Berlusconi cede ai gruppi e (ri)ferma Foa

Sky e quel silenzio sul salasso ai tifosi

Dal Piano news alle frequenze, le sfide di Viale Mazzini

Disponibile il modello per prenotare il bonus pubblicità

Pubblicità, il semestre a +1,8%

La tv cresce: +0,4%. Rai -4%, Sky -2,1%, La7 +1,6%, Mediaset +2,1%, Discovery +3%

I nuovi criteri di vendita dei diritti tv della Serie A hanno avuto come effetto la chiusura di Fox Sports e Premium Sport

Chessidice in viale dell’ Editoria

Nel Regno Unito torna a crescere la raccolta sui quotidiani cartacei

Il bonus pubblicità trova modello e istruzioni

Interventi sulla politica italiana dai troll russi che spinsero Trump

Corriere della Sera
FEDERICO FUBINI
link

I profili di social network delle «fabbriche» russe dei troll, quelli dedicati per la gran parte del tempo all’ azione di disturbo nella campagna elettorale americana, non si sono limitati a sostenere Donald Trump e a osteggiare Hillary Clinton. Non si sono fermati agli Stati Uniti e all’ uso della lingua inglese. In varie occasioni, negli ultimi anni, hanno attivamente rilanciato i contenuti di profili di Twitter in italiano che sostenevano le posizioni dei partiti populisti oggi al governo (pur senza essere ufficialmente legati né al M5S, né alla Lega). È quanto emerge dalla più grande fuga di notizie mai avvenuta nell’ inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate, lo scandalo delle interferenze russe durante la campagna delle presidenziali americane del 2016. Nelle ultime ore il sito statunitense d’ informazione «Fivethirtyeight.com», guidato da Nate Silver, ha pubblicato i nove vastissimi file Excel contenenti oltre un milione di interventi su Twitter da parte dei profili fortemente sospettati da Mueller di appartenere a operatori russi. Quasi tutti intervengono, in inglese, sui temi della campagna presidenziale americana. Non tutti però. Con loro sorpresa, gli investigatori di Washington hanno constatato che una parte del materiale è in italiano. In quasi tutti i casi che il «Corriere» ha potuto esaminare, non sono contenuti originali direttamente immessi nel circuito del dibattito politico nel nostro Paese. Piuttosto, i profili della «fabbrica» russa rilanciano con una serie di retweet altri profili noti per essere al centro della conversazione sul social network degli ambienti simpatizzanti con le forze populiste in Italia. Va detto, sulla base del materiale disponibile, che nulla permette di ipotizzare che M5S o la Lega abbiano ricercato o concordato alcun tipo di sostegno da parte delle fabbriche di troll della Russia. Non risulta in nessun modo dai documenti di Mueller pubblicati da Nate Silver che abbiano sollecitato l’ aiuto di Mosca. È invece evidente dall’ enorme massa di post su Twitter, in parte ancora da decifrare, che da parte dei «troll» si sono voluti sostenere i partiti populisti in Italia. In altri termini, esistono indizi di un tentativo di interferenza esterna a favore dei populisti nella vita politica del nostro Paese. Un esempio fra i tanti è la scelta di un «troll» che va sotto il nome di «Brianwarning», il 21 gennaio 2016, di rilanciare un post in italiano in cui ci si chiede «che cosa farà la Gran Bretagna con il suo referendum» (allora non ancora avvenuto) sull’ uscita dall’ Unione europea. Il contenuto è relativamente neutro, mentre la lista dei profili collegati a quel tweet è marcatamente politica per la sua vicinanza all’ area dei Cinque Stelle. C’ è fra gli altri Gianluigi Paragone (@gparagone), oggi senatore pentastellato; c’ è un certo (anonimo) @soqquadroM che ancora ieri era attivo su Twitter a sostegno del sovranista Marcello Foa come presidente della Rai; e c’ è il profilo più misterioso, quello al centro di questo intrigo dei file di Mueller. Il suo nome è in codice: Elena07617349 e oggi non esiste più, anche se di essa si trovano ancora molte tracce in rete. Questa indefinibile «Elena» è stata cancellata, ma fino alla primavera del 2017 si distingueva per la sua associazione a contenuti Twitter contro Barack Obama (e allora si esprimeva in inglese), contro il Giglio magico di Matteo Renzi o contro gli sbarchi, quando dialogava in italiano con un profilo chiamato «123stoka #iostoconsalvini». In un’ altra occasione, un troll russo chiamato «Carriethornthon» rilancia un post legato a «Elena» e a un «Junioborghese1», collegato all’ estrema destra, con un’ accusa all’ ex ministro dell’ Interno: «Minniti è un ex comunista, loro sono abili nel mascherare». Proprio il profilo bilingue di «Elena» sembra al centro dell’ Italian Connection dei documenti di Mueller. Il troll anonimo russo «Chessplaychess» per esempio rilancia proprio nel giorno del referendum costituzionale del dicembre 2016 un post nel quale si dice: «Si è diffusa l’ idea che votare non è previsto dalla Costituzione, strana ‘sta cosa». Collegato a quel post c’ è un altro profilo filo-populista italiano anonimo ma importante: si chiamava «@NoemijBra» ed è improvvisamente sparito nel marzo 2017 non appena il fact-checker David Puente ha smascherato una fake news di «NoemiJBra» ai danni dell’ allora ministro Pd Giuliano Poletti. Nei file di Mueller è poi molto attivo con contenuti originali un troll anonimo attribuito alla Russia ma in italiano. Si chiama «Marialuigi5». Uno dei suoi post, del marzo 2017, sottolinea la solidarietà degli abitanti di Lodi verso un negoziante che ha sparato a un ladro e lo ha ucciso.

Chiedere di più non paga: gli italiani fuggono dagli abbonamenti

Il Fatto Quotidiano
Guido Rapalo
link

Dunque, alla fine, per vedere le prime partite importanti di serie A, molte delle quali del Napoli, devo rivolgermi a Perform. Perform? Ma chi è, da dove viene? Quante strane coincidenze! Circa un anno fa Sky lanciò Sky Q, un’ offerta parallela della quale non riuscivo a comprendere il significato e cogliere la novità. All’ improvviso Mediaset si arrese e regalò a Sky tanti bei canali. Poi venne la gara per l’ aggiudicazione dei diritti tv vinta da una società spagnola che con la sua presenza ingombrante avrebbe messo in crisi Sky e le altre formichine nostrane. All’ improvviso, in una girandola di colpi di scena, questa gara fu annullata e la nuova aggiudicazione, finalmente, consentì di scrivere la parola fine a una sceneggiatura che mi sembrava già scritta che, abbiamo poi scoperto, prevedeva un nuovo, sofisticato salasso dei tifosi italiani. Non so se l’ ex onnipresente Cantone debba o possa interessarsi a questa storiella molto picaresca. Non so se uno dei tanti Garanti che vegliano su di noi avverta la necessità di chiarire se qualche diritto di questi sudditi italioti sia stato violato Una cosa è certa: “E io pago”. La notizia di questi giorni è che la Grande Rapina del Secolo perpetrata ai danni degli abbonati al calcio in pay.tv da Lega Serie A, Sky e Perform, di cui abbiamo parlato sul Fatto di lunedì, potrebbe miseramente abortire. Secondo un sondaggio Doxa-Findomestic, solo il 29% degli intervistati si dice intenzionato a sottoscrivere un abbonamento-tv: l’ anno scorso erano il 37%, il che significa che lo spavento per l’ aggravio di spesa cui l’ abbonato è chiamato sta funzionando da sfollagente. Considerando che il 14% pensa di seguire le partite sui portali online di streaming gratuito e il 6% attraverso le radiocronache, il sospetto che i 4.873.000 abbonati con cui Sky Italia ha chiuso l’ esercizio 2017 siano destinati a diminuire, più che ad aumentare, è fondato. E d’ altronde gli italiani diventano ogni anno più poveri ma non più gonzi. Fino a ieri, per vedere le 10 partite della serie A l’ utente spendeva 36,80 euro al mese: 21,60 per il pacchetto obbligatorio Sky Sport e 15,20 per Sky Calcio. Oggi con questi soldi si pagano solo 7 partite su 10 e per vedere le altre 3 (finite a Dazn) l’ abbonato Sky deve dotarsi del decoder Q Platinum (199 euro la sola attivazione, 12,40 il canone mensile) o del decoder Q Black (79 l’ attivazione, 5,40 il canone) oppure abbonarsi a Dazn (9,99 al mese), dotarsi di smart-tv o console PlayStation o Xbox o tablet e sottoscrivere un abbonamento a internet (costo dai 16 ai 25 euro mensili). Al tempo dei bandi dicevano che la gente avrebbe pagato di meno; invece lavoravano tutti alla truffa perfetta. La Stangata è in vista. Vedremo ora su chi si abbatterà.

Berlusconi cede ai gruppi e (ri)ferma Foa

Il Manifesto
ANDREA COLOMBO
link

E’ quasi sera quando Berlusconi fa brillare l’ esplosivo che distrugge quel che restava del centrodestra, e si vedrà solo col tempo se è un passo senza ritorno o se l’ inesauribile fantasia dei politici italiani si inventerà una ricomposizione. Illeader di Fi dichiara senza mezzi termini di aver «naturalmente condiviso» la decisione dei gruppi parlamentari di affondare la candidatura Foa, bocciata in mattinata dalla Vigilanza con 22 voti invece dei 26 richiesti per raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi della commissione. Ma soprattutto Berlusconi giustizia il sogno dell’ ex alleato Salvini: quello di riproporre la stessa candidatura dopo aver convinto il signore di Arcore a concedere domani quel semaforo verde che non aveva concesso ieri. Niente da fare. Berlusconi è tassativo. La riproposizione «presenta secondo il parere di autorevoli professionisti problemi giuridici non superabili. Non potrà quindi essere votata da Fi». La replica del Carroccio non si fa attendere ed è un de profundis per l’ ex centrodestra: «La Lega prende atto che Fi ha scelto il Pd per provare a fermare il cambiamento sulla Rai, sui vitalizi e su altro ancora. Dispiaciuti continuiamo sulla via del cambiamento». E’ uno smacco che il vicepremier non si aspet tava. Sapeva che il pollice azzurro sarebbe stato verso. Ma quando ieri mattina si è recato al San Raffaele per incontrare il Cavalier degente era quasi certo di poterlo convincere a ripensarci. Non era solo un miraggio. La verità è che Salvini è andato a un passo dal farcela. Berlusconi, l’ uomo «concavo e convesso», contrario alle lacerazioni a meno che non si senta personalmente tradito, era tentato, forse qualcosa in più, dalla pacificazione. In fondo a irritarlo profondamente, più ancora del nome di Foa, era stato lo sgarbo commesso da Salvini non consultandolo. Ferita almeno parzialmente sanata dalla telefonata di martedì notte e poi dalla visita omaggiante di ieri. Licia Ronzulli, quasi un’ ombra del capo, era favorevole alla ricomposizione. Salvini aveva molti motivi per essere ottimista e per comunicare le sue rosee aspettative ai soci contraenti a 5 stelle. A bloccare tutto è stata una vera sollevazione di quasi tutto lo stato maggiore azzurro: Confalonieri e Letta prima di tutti, ma con loro Tajani, la vicepresidente della Camera Mara Carfa gna, la presidente dei senatori Bernini. La reazione di Salvini all’ affossamento del suo presidente, come al solito esageratamente arrogante. Ha colmato la misura. Non solo il vicepremier confermava «la sua fiducia in Foa» e prometteva di riportare la sua candidatura di fronte alla vigilanza ma alludeva anche molto chiaramente a una divaricazione tra Berlusconi il Conciliante e i suoi riottosi gruppi parlamentari. A quel punto il silenzio di Berlusconi, in continuo contatto telefonico con Tajani, sarebbe suonato come una conferma piena delle parole del leghista. Alla fine il Cavaliere ha preso la parola per decretare l’ impossibilità di rimettere in pista Foa. L’ insistenza del leghista ha contrariato gli stessi 5S. L’ idea di umiliare il Parlamento ignorando con vera tracotanza il voto della Vigilanza è sembrato un po’ troppo persino a Di Maio. «E’ auspicabile che Foa torni in Vigilanza se ci sarà un’ intesa tra le forze politiche, altrimenti le forze politiche devono trovare un’ alternativa». Suona come uno stop all’ idea, che però la Lega confermava ancora ieri, di far finta di niente delegando a Foa la presidenza del cda, sia pure in veste di «commissario anziano». Una forzatura che porterebbe inevitabilmente aun conflitto istituzionale deflagrante. Anche perché se con le nuove regole il cda può effettivamente procedere alle nomine dei vertici delle reti e dei Tg anche senza presidente, è molto dubbio che un consigliere anziano possa firmare atti ufficiali come ad esempio il bilancio. Di alternative però non se ne vedono. Ieri il cda si è riunito ma solo per pochi minuti prima di aggiornare la seduta a oggi, nella speranza rivelatasi poi illusoria di un accordo politico. Se Salvini insisterà nel confermare Foa la soluzione dovrà essere scelta all’ interno dell’ attuale cda e in pista sembrano esserci due nomi soli, Giampaolo Rossi, a cui è contrario lo stesso Sal vini perché vorrebbe dire affidare la presidenza al partito di Giorgia Meloni, e Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti e quindi in un certo senso «al di sopra delle parti». Ma per la Lega anche la sua nomina sarebbe uno scacco, sia perché Laganà non è assimilabile alle posizioni del Carroccio sia perché sarebbe casomai più vicino a quelle dei 5S, che finirebbero quindi per occupare o quasi, oltre alla postazione chiave dell’ ad, anche la presidenza. Stallo totale quindi. A meno che Salvini non si rassegni a far dimettere Foa riportando tutto al punto di partenza.

Sky e quel silenzio sul salasso ai tifosi

Il Mattino

link

Sky e quel silenzio sul salasso ai tifosi Dunque, alla fine, per vedere le prime partite importanti di serie A, 2 delle quali del Napoli, devo rivolgermi a Perform. Perform ? Ma chi è, da dove viene ? Quante strane coincidenze ! Circa un anno fa Sky lanciò Sky Q, un’ offerta parallela della quale non riuscivo a comprendere il significato e cogliere la novità. All’ improvviso Mediaset si arrese e regalò a Sky tanti bei canali. Poi venne la gara per l’ aggiudicazione dei diritti Tv vinta da una società spagnola che con la sua presenza ingombrante avrebbe messo in crisi Sky e le altre formichine nostrane. All’ improvviso, in una girandola di colpi di scena, questa gara fu annullata e la nuova aggiudicazione, finalmente, consentì di scrivere la parola fine ad una sceneggiatura che mi sembrava già scritta che, abbiamo poi scoperto, prevedeva un nuovo, sofisticato salasso dei tifosi italiani. Non so se l’ ex onnipresente Cantone debba o possa interessarsi a questa storiella molto picaresca. Non so se uno dei tanti Garanti che vegliano così attentamente su di noi avverta la necessita di chiarire se qualche diritto di questi sudditi italioti sia stato violato … Una cosa è certa: E io pago. Guido Rapalo EMAIL La Gastroenterologia aperta a Ferragosto L’ Unità Operativa di Gastroenterologia da me diretta assicura l’ ambulatorio al Centro Storico anche dopo Ferragosto i giorni giovedì 16, 23 e 30 agosto. Prenotarsi al Cup 800 177780 specificando visita gastroenterologica al Centro Storico. Gabriele Riegler EMAIL.

Dal Piano news alle frequenze, le sfide di Viale Mazzini

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
link

Una revisione complessiva del perimetro d’ azione della tv pubblica. Volendo riassumere con un concetto, è questo il compito cui è atteso il nuovo board della Rai guidato dall’ amministratore delegato Fabrizio Salini che ieri si è rivolto ai dipendenti invitandoli a «scrivere insieme una nuova pagina del servizio pubblico». Se tutto andasse per il verso giusto, quella che verrà potrebbe essere una Rai ben diversa da quella attuale. Condizionale d’ obbligo quando si parla di Viale Mazzini, con tutto il suo corpaccione e l’ ampio condizionamento della politica, come evidente ancora di più in questi giorni. Passata la buriana legata al nome del futuro presidente Rai, il nuovo board dovrà però iniziare da subito a fare i conti con appuntamenti chiave, peraltro scanditi temporalmente da un Contratto di servizio diventato quinquennale. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale a marzo, prevede scadenze a sei mesi. Pubblicazione il 7 marzo. Quindi la prima deadline sarebbe l’ 8 settembre. Anche qui il condizionale è d’ obbligo visto che è da dare per scontato che uno dei primi atti del nuovo vertice Rai sarà quello di chiedere una proroga al Ministero dello Sviluppo economico. Del resto, entro l’ 8 settembre dovrebbero arrivare Piano industriale di durata triennale; Piano editoriale e Piano informazione. Solo per rimanere a quest’ ultimo, si legge che la Rai dovrà presentare «un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’ offerta informativa sul web». Ridefinizione può equivalere a riduzione? Punto non da poco. Il caso Gabanelli docet. E tanto per rendere ancora di più l’ idea, i Piani, da quello durante la direzione generale di Luigi Gubitosi a quello di Carlo Verdelli con dg Antonio Campo Dall’ Orto a quello riproposto dallo stesso Campo Dall’ Orto, sono stati tutti silurati. Anche sul Piano editoriale l’ impegno non è banale visto che si stabilisce che «possa prevedere la rimodulazione del numero di canali non generalisti, l’ eventuale rimodulazione della comunicazione commerciale nell’ ambito dei medesimi canali nonchè la ridefinizione della missione dei canali generalisti». Fra le varie scadenze, sempre all’ 8 settembre c’ è la «realizzazione di canali dedicati alle offerte per l’ estero». Certo, qui si parla della «presentazione di un progetto» , che è altro rispetto alla realizzazione vera e propria. E anche sulle risorse nulla si dice, a differenza per esempio dei 254 milioni di sterline previsti nero su bianco nell’ omologo contratto per la Bbc in Uk. Importantissimo per la nuova Rai sarà poi il lavoro da fare sulle frequenze in concomitanza con la liberazione della banda 700, che dovrà passare entro il 2022 dai broadcaster alle telco. Altri obblighi vanno dal canale in lingua inglese, a quello per le Istituzioni, alla fornitura di almeno il 90% della propria offerta televisiva e radiofonica lineare in streaming, a una sottotitolazione di almeno l’ 85% della programmazione delle reti generaliste fra le 6 e le 24 «nonché di tutte le edizioni al giorno di Tg1, Tg2 e Tg3 nelle fasce orarie meridiana e serale», al rispetto di quanto previsto dalla revisione dell’ art. 44 del Tusmar, con l’ aumento degli obblighi verso i produttori indipendenti. Tante insomma le partite. Fra le quali in autunno dovrebbe arrivare al dunque anche quella riguardante la “stretta sugli agenti”. Sul loro strapotere a Viale Mazzini si è molto dibattuto. Con la legge di riforma del cinema e dell’ audiovisivo la palla si è spostata nella metà campo di Agcom. Che ha concluso a luglio una consultazione pubblica sul tema. A ottobre potrebbe così arrivare una possibile proposta di autoregolamentazione partorita da Agcom, con codice etico e apertura di un tavolo tecnico. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Disponibile il modello per prenotare il bonus pubblicità

Il Sole 24 Ore
Emanuele ReichFranco Vernassa
link

Dopo la pubblicazione del regolamento (Dpcm 90/2018), è stato reso noto sul sito del dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria della presidenza del Consiglio il modello per prenotare il credito d’ imposta per gli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie. Il modello – che per il 2017 e il 2018 va presentato dal 22 settembre al 22 ottobre 2018 – è utilizzato dai soggetti (imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali) che intendono beneficiare del bonus (articolo 57-bis del Dl 50/2017): per gli investimenti pubblicitari sulla stampa anche online dal 24 giugno al 31 dicembre 2017, se di valore almeno dell’ 1% superiore agli analoghi investimenti sugli stessi mezzi nel corrispondente periodo 2016; esso poi spetta per gli investimenti annuali dal 1° gennaio 2018; per gli investimenti pubblicitari incrementali sulle emittenti tv e radio locali, analogiche o digitali, effettuati dal 1° gennaio 2018 in poi. Il credito d’ imposta è il 75% del valore incrementale degli investimenti. Il modello Il modello va usato per presentare: la «Comunicazione per l’ accesso al credito d’ imposta», a titolo prenotativo, salvo che per il 2017 per cui non deve essere presentata; la «Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati», per dichiarare l’ effettiva realizzazione nell’ anno agevolato degli investimenti indicati nella «Comunicazione per l’ accesso al credito d’ imposta» inviata precedentemente, a titolo di conferma o rettifica della prenotazione. Per gli investimenti del 2017 sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, il modello va presentato solo nella modalità «Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati», poiché è già possibile inserire i dati a consuntivo. Se l’ ammontare del credito d’ imposta indicato nella comunicazione o nella dichiarazione è superiore a 150mila euro, il richiedente dovrà rilasciare una dichiarazione sostitutiva per la normativa antimafia apponendo una firma nell’ apposito quadro del modello. Il modello è reperibile sui siti del Dipartimento e dell’ agenzia delle Entrate e dovrà essere spedito solo in via telematica utilizzando i servizi dell’ agenzia delle Entrate, con le consuete modalità: spedizione diretta, tramite società del gruppo o con intermediari abilitati. I termini Per gli investimenti 2017 e 2018, l’ articolo 4 del provvedimento stabilisce i seguenti termini di presentazione del modello: dal 22 settembre al 22 ottobre 2018 per la dichiarazione sostitutiva sugli investimenti pubblicitari effettuati nel 2017 sulla sola stampa quotidiana e periodica, anche online; dal 22 settembre 2018 al 22 ottobre 2018 per la comunicazione per l’ accesso al credito degli investimenti relativi al 2018 su stampa quotidiana e periodica ed emittenti radiotelevisive locali, analogiche o digitali; dal 1° al 31 gennaio 2019 per la dichiarazione sostitutiva degli investimenti effettuati nel 2018 sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti radiotv locali, analogiche o digitali. Il provvedimento, infine, stabilisce che l’ ammontare del credito fruibile sarà disposto dal Dipartimento con provvedimento pubblicato sul proprio sito istituzionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Pubblicità, il semestre a +1,8%

Italia Oggi
MARCO LIVI
link

Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia chiude il mese di giugno in positivo, a +6,2% (+5% senza search e social), portando il primo semestre del 2018 a +1,8% rispetto allo stesso periodo del 2017. Se si esclude dalla raccolta web la stima Nielsen sul search e sul social, l’ andamento del primo semestre registra un calo del 0,4%. «Come previsto, nel mese di giugno il mercato degli investimenti pubblicitari ha virato decisamente verso il positivo, grazie ai mondiali di calcio che hanno portato benefici sulla raccolta con i loro 297 milioni di spettatori (+20% rispetto al 2014) e il picco di oltre 12 milioni per la finale», ha spiegato Alberto Dal Sasso, ais managing director di Nielsen. «L’ impatto positivo ha riguardato ovviamente chi ha trasmesso in chiaro l’ intero evento, ma anche gli altri mezzi, in particolare radio, quotidiani e web che hanno risentito di un vantaggioso effetto di esternalità. Per il secondo semestre è prevista una crescita fisiologicamente più contenuta rispetto al primo, che contribuirà comunque a una chiusura dell’ anno intorno al +1,7%». Relativamente ai singoli mezzi, la tv cresce a giugno dell’ 8,6% e chiude il primo semestre del 2018 a +0,4%. Molto bene l’ andamento della Go Tv, che mostra nel periodo gennaio-giugno un incremento del 17,6%. «La Go Tv supera i 10 milioni di euro nei primi sei mesi 2018, con due mesi di anticipo rispetto al 2017», ha commentato il presidente di Fcp-Assogotv Angelo Sajeva. «Si consolida così il trend positivo di una Go Tv che continua a crescere mese dopo mese e riesce a segnare un +5,5% a giugno: risultato importante in un mese difficile dove la tv generalista ha catalizzato gli investimenti sui mondiali di calcio. Il progress del primo semestre 2018 è a doppia cifra (+17,6%) e i clienti della Go Tv sono oltre 250, con un turnover ampiamente positivo». Seppur la perdita sia ridimensionata, rimangono sempre in negativo i quotidiani, che a giugno calano dell’ 1,3%, consolidando il periodo cumulato a -6,8%. Stesso andamento negativo per i periodici, sia nel singolo mese che per il primo semestre, con cali rispettivamente del 5,4% e dell’ 8,1%. Mese di giugno positivo anche per la radio (+6,9%) che chiude i sei mesi a +6,8%. Sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’ intero universo del web advertising nel primo semestre dell’ anno chiude in positivo a +7,9% (+3,3% se si escludono il search e il social). Il cinema è in crescita del 24,3%, così come il transit (+9,5%). In calo l’ outdoor a -9,1%. Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 13 in crescita, con un apporto di circa 98 milioni di euro. Per i primi comparti del mercato si registrano andamenti differenti nel periodo cumulato gennaio-giugno. Alla buona performance di abitazione (+7,1%) e cura persona (+5,7%), si contrappone il calo di alimentari (-0,7%), farmaceutici (-4,5%) e telecomunicazioni (-9,4%). Tra gli altri settori che contribuiscono alla crescita continua l’ andamento positivo di tempo libero (+31,6%) e enti e istituzioni (+20,6%). Ottimo l’ andamento del mese di giugno per automobili (+22,9%), media/editoria (+39,9%), bevande (+15,4%) e industria/edilizia/attività (+23.3%). «Il primo semestre si chiude dunque tra alti e bassi», ha concluso Dal Sasso. «I vantaggi derivanti da un evento mediaticamente impattante come i mondiali di calcio trasmessi completamente in chiaro sono nei numeri. Allo stesso tempo, però, l’ incertezza politica nella formazione del governo, che ci siamo portati sino al post elezioni, ha indubbiamente inciso in negativo sull’ andamento del semestre. Lo dimostra anche un raffronto con il 2016, anno in cui si sono svolti gli altrettanto mediatici europei di calcio. Quell’ anno il semestre si era chiuso a +5,1% con un apporto di circa 206 milioni in più rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente. Quest’ anno invece il semestre chiude comunque in positivo ma con 75 milioni in più, quindi un terzo rispetto alla crescita in valore assoluto del primo semestre di due anni fa, a testimoniare come l’ incertezza dei primi cinque mesi del 2018 abbia frenato oltremodo gli investimenti». © Riproduzione riservata.

La tv cresce: +0,4%. Rai -4%, Sky -2,1%, La7 +1,6%, Mediaset +2,1%, Discovery +3%

Italia Oggi

link

Sulla spinta dei mondiali di calcio tornano in positivo gli investimenti pubblicitari sulla televisione. Nel primo semestre del 2018 il mezzo ha chiuso infatti a quota 2.027 milioni di euro, in crescita dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente. Un dato, questo, in controtendenza se confrontato con il -1% dei primi 5 mesi dell’ anno. Mediaset, che ha trasmesso in chiaro tutte le partite di Russia 2018 in esclusiva, ha raggiunto un fatturato di 1.168 milioni di euro, segnando un +2,1% rispetto al primo semestre dell’ anno scorso. In calo invece la Rai, che ha visto diminuire del 4% la raccolta, ferma a 405,7 milioni. Così come Sky, che ha archiviato i primi sei mesi a 243,2 milioni di euro, in calo del 2,1%. Bene invece La7, con un +1,6% e ricavi pari a 84,2 milioni di euro. A crescere di più è tuttavia Discovery, che ha ottenuto un aumento del 3% degli investimenti in pubblicità totalizzando 126 milioni di euro. © Riproduzione riservata.

I nuovi criteri di vendita dei diritti tv della Serie A hanno avuto come effetto la chiusura di Fox Sports e Premium Sport

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

I nuovi criteri di vendita dei diritti tv del calcio di Serie A, per prodotto e non più per piattaforma, hanno avuto due effetti immediati: la chiusura di due importanti canali televisivi, ovvero Fox Sports, che ha smesso di trasmettere a fine giugno, e Premium Sport, che ha spento il segnale a fine luglio. E per la diffusione dell’ immagine del calcio, o per gli sponsor che vivono di visibilità, o ancora per i tifosi che vorrebbero accedere facilmente alle partite, tutto questo rappresenta una grande sconfitta. La Lega Serie A dovrebbe riflettere molto sulla deriva del movimento pallonaro: è valsa la pena rivoluzionare l’ intero universo televisivo sportivo per incassare, a livello nazionale, il solito miliardino di euro all’ anno? Mediaset alla fin fine ha preferito ritirarsi, abbandonando il calcio in pay tv, chiudendo i canali di Premium dedicati al pallone, e lasciando anche a casa un po’ di persone. E perdere la potenza di fuoco del Biscione, in termini di comunicazione, di investimenti e di indotto, non è positivo per il calcio italiano. Sky, col nuovo sistema di vendita dei diritti tv, ha speso un sacco di soldi in più rispetto al passato per avere solo il 70% delle partite di Serie A, certo, tutte in esclusiva. Ma ai tifosi-abbonati cosa interessa avere le partite in esclusiva? Non è una cosa di cui vantarsi al bar o passeggiando per strada. I mega esborsi per i diritti tv del calcio (sia di Serie A, sia di Champions ed Europa League), pari a circa 600 milioni di euro in più all’ anno per il prossimo triennio, hanno poi costretto Sky a decidere di non rinnovare l’ intesa con Fox Sports (che trasmetteva, in particolare, la Liga spagnola), portando il canale alla chiusura. Ora sono in corso le trattative con i canali Eurosport di Discovery, per un contratto in scadenza a fine agosto. E pure qui Sky, sempre nell’ ottica del risparmio costi, cerca di rivedere gli accordi al ribasso, mettendo a rischio il futuro stesso di Eurosport e di chi ci lavora. Il mondo del calcio, il Coni, lo sport italiano volevano arrivare a questo punto? Tirare così tanto la corda da portare i broadcaster a chiudere i canali che trasmettono lo sport e che ne promuovono l’ immagine? Il tutto, poi, per aprire invece la strada a un over the top straniero, Dazn di Perform, che, replicando il classico modus operandi degli over the top, avrà strutture ridotte all’ osso in Italia, pochi dipendenti, studi essenziali (molto lavoro sarà concentrato a Monaco di Baviera, dove Dazn è invece più solida), lasciando sul territorio ben poco valore aggiunto. Oggi Dazn presenterà a Milano i suoi palinsesti 2018-2019, accessibili solo in streaming (e quindi con televisioni connesse o tablet, smartphone, pc, console, ecc), in cui propone, a 9,99 euro al mese, tre partite su dieci in esclusiva per ogni turno della Serie A di calcio, tutta la Serie B e poi la Liga spagnola di calcio, la Ligue 1 francese, Coppa di Lega inglese, Coppa d’ Africa delle nazioni, Copa Libertadores, Professional Darts Players (freccette), Mlb (Major league baseball), Nhl (National Hockey League), Guinness Pro 14 (rugby), Bellator Mma (combattimenti). A monte di Dazn, come già spiegato da ItaliaOggi, c’ è Acces Industries, una conglomerata fondata nel 1986 da Leonard Blavatnik, ucraino, che vale decine di miliardi di dollari di fatturato. Controlla holding nel campo delle risorse naturali, chimica, media e telecomunicazioni, venture capital e real estate, con quartier generale a New York. Nel campo dei media è proprietaria, tra gli altri, di Warner Music group, di Deezer (streaming di musica alla Spotify) e di Perform group, che controlla Dazn, offerta di eventi sportivi in streaming a pagamento. Dazn è stata lanciata nel 2016 in Germania, Svizzera, Austria e Giappone, nel 2017 in Canada, e nel 2018 in Italia. Entro fine anno partirà pure negli Usa. Nel 2017 il gruppo Perform ha chiuso un consolidato con ricavi per 438,6 milioni di sterline (496 milioni di euro, +53% sul 2016), di cui 90,8 milioni di sterline (102,6 mln di euro) sono arrivati da Dazn. Le perdite del gruppo, tuttavia, sono molto elevate, e pari a 370,3 milioni di sterline, cioè 418,7 milioni di euro (erano 78,7 mln di sterline, cioè 89 milioni di euro nel 2016). Nei primi tre mesi del 2018 Perform group ha chiuso con ricavi per 114,95 milioni di sterline (130 milioni di euro, +45,3%) e perdite per 82,9 milioni di sterline, cioè 93,7 milioni di euro (erano 53,1 milioni di sterline, ovvero 60 milioni di euro nei primi tre mesi del 2017). © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Anna Wintour, «per sempre» direttore di Vogue Us e direttore artistico della Conde Nast. A dichiararlo ieri è stato Bob Saurberg, ceo della casa editrice, per fugare i dubbi sulle indiscrezioni circa l’ uscita della direttrice in testa al magazine da 30 anni. Intanto Vogue Us avrà come direttore a tempo per l’ edizione di settembre la cantante Beyoncé. Facebook, Google e Twitter di nuovo davanti Congresso a settembre. Facebook, Twitter e Alphabet tornano al Congresso: il 5 settembre è attesa una loro testimonianza davanti alla commissione intelligence del Senato per parlare delle interferenze straniere nel processo elettorale Usa. Timvision, oggi in anteprima per l’ Italia Trust Me. La serie tv con Jodie Whittaker (Doctor Who, Black Mirror), nei panni di un’ infermiera costretta a rubare l’ identità di una sua amica, arriva da oggi in anteprima esclusiva per l’ Italia su Timvision.

Nel Regno Unito torna a crescere la raccolta sui quotidiani cartacei

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

Nel Regno Unito gli investitori pubblicitari stanno realizzando di aver puntato troppi soldi sui social media e su brand come Facebook e Google. E, per la prima volta dal 2010, hanno deciso di chiudere i rubinetti verso questi big della economia digitale, riallocando risorse verso i quotidiani cartacei. Come scrive The Guardian, nel primo trimestre del 2018 la raccolta pubblicitaria carta+digitale dei quotidiani nazionali britannici è tornata a crescere dell’ 1% (a 153 milioni di sterline, ovvero 172 milioni di euro), un fatto che, come detto, non si verificava dall’ ultimo trimestre del 2010. Da allora, per 29 trimestri consecutivi, il calo era stato costante, spesso pure in doppia cifra. In particolare, gli investitori pubblicitari hanno orientato i loro budget verso le testate britanniche più popolari, come Sun, Daily Mirror, Daily Mail, Daily Express e Metro, che, nel complesso, hanno incrementato la raccolta del 2,8% nel primo trimestre. I quotidiani più autorevoli, come Times, Telegraph, Financial Times e il Guardian, hanno invece incassato un lieve calo, dello 0,3%, ma comunque miglior performance trimestrale da sette anni a questa parte. Quanto alle previsioni di chiusura d’ anno per il comparto dei quotidiani britannici, si stima una flessione complessiva dell’ 1,3% della raccolta pubblicitaria, che, se si verificasse, sarebbe pur tuttavia il miglior risultato dal 2010. Ci sono una serie di fattori che hanno spinto gli investitori pubblicitari al cambio di strategia: fake news, pericolo che sui social e in generale nel mondo digital il proprio brand venga associato a contenuti inappropriati, e una ritorsione contro Facebook post scandalo Cambridge Analytica, di cui si sono fatti promotori due colossi come Procter & Gamble e Unilever.

Il bonus pubblicità trova modello e istruzioni

Italia Oggi

link

Il bonus pubblicità trova modello e modalità di fruizione del credito: presentazione esclusivamente online tramite i servizi messi a disposizione dall’ Agenzia delle entrate, utilizzando Spid, le credenziali di Fisconline o Entratel, oppure la Cns. È stato approvato, con il provvedimento del capo dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria della presidenza del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2018, il modello (con le relative istruzioni) di comunicazione telematica necessaria per l’ accesso all’ incentivo fiscale riconosciuto in caso di investimenti pubblicitari incrementali realizzati sulla stampa e sulle emittenti radio-televisive a diffusione locale. La comunicazione, spiega Fiscooggi, la rivista telematica delle Entrate dandone notizia, deve essere presentata dalle imprese, dai lavoratori autonomi e dagli enti non commerciali che intendono beneficiare dell’ incentivo per gli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie su quotidiani e periodici (anche online) e su tv e radio locali (analogiche o digitali), effettuati o da effettuare nell’ anno agevolato. Nel modulo può essere barrata la casella corrispondente alla «Comunicazione per l’ accesso al credito d’ imposta», contenente gli investimenti programmati per l’ anno agevolato, o alla «Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati», in cui si dichiara la concreta realizzazione degli investimenti indicati precedentemente nella comunicazione di accesso al credito. Attenzione per il 2017, la scelta è obbligata: va presentata soltanto la «Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati», avverte Fiscooggi. Nel caso in cui il contributo richiesto superi i 150 mila euro, l’ interessato deve rilasciare una delle seguenti dichiarazioni: di essere iscritto negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa; di aver indicato nel riquadro «Elenco dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia» i codici fiscali di tutti i soggetti da sottoporre alla verifica antimafia (articolo 85, dlgs 159/2011). Il modello può essere presentato, come detto, esclusivamente per via telematica, al dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria, attraverso i servizi telematici dell’ Agenzia delle entrate, direttamente dal richiedente il contributo o da una delle società dell’ eventuale gruppo societario oppure da un intermediario abilitato. Le dichiarazioni sostitutive per beneficiare degli investimenti 2017 e le comunicazioni per l’ accesso al credito riguardanti gli investimenti 2018 devono essere presentate, separatamente, dal 22 settembre al 22 ottobre 2018. Le dichiarazioni sostitutive relative agli investimenti 2018 dovranno essere trasmesse dal 1° al 31 gennaio 2019. Il provvedimento detta le modalità specificatamente per le annualità 2017 e 2018, in attesa del via libera Ue alla maggiorazione del credito d’ imposta prevista (e temporaneamente sospesa) per le microimprese, le piccole e medie imprese e le start-up innovative. In via ordinaria, la comunicazione dovrà essere presentata dal 1° al 31 marzo di ciascun anno e la dichiarazione sostitutiva dal 1° al 31 gennaio dell’ anno successivo. Per ogni annualità può essere presentata soltanto un comunicazione e una dichiarazione sostitutiva, e in caso di più invii l’ ultima è ritenuta quella valida.

L'articolo Rassegna Stampa del 02/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Circolare n. 23 del 02/08/2018 – Comunicazione credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari

$
0
0

Facendo seguito alla nostra circolare n. 22/2018, comunichiamo che è stato pubblicato il modello per la “Comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari” e le relative istruzioni.

Il medesimo modello va presentato sia per chiedere l’accesso al credito d’imposta che per rendicontare, successivamente, l’effettiva realizzazione degli investimenti previsti. Chiaramente, per il solo 2017 andrà presentata nella finestra temporale che va dal 22 settembre 2018 al 22 ottobre 2018 solo la sezione relativa alla rendicontazione degli investimenti effettuati nel periodo che va dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017.

Nella stessa finestra temporale dovrà essere presentata la comunicazione per l’accesso al credito d’imposta per gli investimenti effettuati e da effettuare nel 2018.

Dall’esercizio di entrata a regime di questa misura, la comunicazione preventiva va effettuata dal 1° al 31 marzo dell’anno in corso, mentre la rendicontazione va presentata dal 1° al 31 gennaio dell’anno successivo a quello di sostenimento degli investimenti.

I modelli vanno presentati al Dipartimento informazione editoria in via telematica attraverso i servizi forniti dall’agenzia delle Entrate.

Nella domanda occorre specificare la dimensione (microimpresa, piccola impresa, media impresa, start-up innovative e altri soggetti e il tipo giuridico) e la natura giuridica dell’impresa.

La compilazione del modello è molto semplice, in quanto occorre indicare, in sede di istanza per l’accesso l’anno di riferimento, l’ammontare degli investimenti da effettuare ed effettuati sulla stampa e sulle emittenti radiotelevisive locali (distinte) e il valore degli investimenti effettuati nell’anno precedente sempre distinti per categoria di mezzi.

La rendicontazione rispetto agli investimenti effettuati viene effettuata attraverso la sottoscrizione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che è inclusa nel medesimo modello in una sezione a parte.

Nell’ipotesi in cui l’impresa chieda un credito d’imposta superiore a euro 150.000, il legale rappresentante dell’impresa deve rendere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante l’iscrizione all’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di cui all’articolo 52 della legge 6 novembre 2012, n. 190 o indicare i codici fiscali di tutti i soggetti sottoposti alla verifica antimafia.

Con la presente, sospendiamo temporaneamente le nostre circolari fino alla ripresa dopo la pausa estiva.   

L'articolo Circolare n. 23 del 02/08/2018 – Comunicazione credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 03/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Divieto di spot, la multa è più cara

Dalla tv, allo streaming video Dazn dà il via alla rivoluzione col tridente Figo-Sheva-Maldini

Caltagirone spa raddoppia l’ utile piani confermati per il cemento

Dylan Dog adesso diventa una serie tv

On-line su Dazn i primi gol del Napoli

” Più saggio aspettare per cambiare i direttori dei telegiornali”

Per la tutela della cultura è ora di rivedere il «Fus»

Forza Italia detta la linea e il Cav si adegua

blockbuster una rivincita tutta italiana

I POTERI DI FOA SENZA L’ OK DELLA VIGILANZA

Dazn, esordio col Psg di Buffon Un terzo della A in streaming

Rai, Salvini resta fermo su Foa Ora è stallo anche nel governo

Dazn, box e rubgy oltre il calcio

Chessidice in viale dell’ Editoria

Viacom Italia, bene gli ascolti a luglio Share media complessiva al 2,6%

Internet, decoder e tariffe Ecco il calcio su Dazn

Divieto di spot, la multa è più cara

Il Manifesto

link

II Per giocare alle slot machine sarà necessario inserire la tessera sanitaria, come si fa per acquistare sigarette nei distributori automatici. E sui gratta e vinci comparirà la scritta«nuoce alla salute». Dal primo gennaio 2020 le slot e le videolottery sprovviste dei meccanismi per impedire l’ accesso ai minori dovranno essere rimossi.In caso di violazione scatta una sanzione di 10mila euro per apparecchio. Sono le novità introdotte ieri nel Dl dignità sul gioco d’ azzardo. Inserito in corso d’ opera anche il logo «No slot» per esercizi pubblici e circoli che bandiscono le macchinette per il gioco d’ azzardo. Il testo prevede come fulcro della lotta alle ludopatie lo stop a «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa, le affissioni e internet» con l’ esclusione di lotterie nazionali e giochi gestiti dall’ Agenzia dei monopoli. In base a un emendamento approvato ieri, le violazioni saranno punite con sanzioni del 20% (in origine era il 5%) sul valore della sponsorizzazione. I proventi delle multe sono destinati al fondo per il contrasto alle ludopatie. I contratti già siglati scadranno obbligatoriamente entro il 30 giugno 2019. Già dal 18 luglio Google ha bloccato questo tipo di pubblicità: l’ azienda ha comunicato agli inserzionisti che la decisione avrebbe avuto «efficacia immediata» nella sezione italiana. Il decreto è una delle bandiere del Dl voluto dal vicepremier Luigi Di Maio che, alla presentazione del decreto il mese scorso, aveva sottolineato: «Migliaia di famiglie sono finite sul lastrico. Smettiamola con i messaggi subliminali e i testimonial famosi». In quanto al calo degli introiti per lo stato, si stima un ammanco che va dai 147 milioni del 2019 ai 198 degli anni successivi. Per coprirlo si prevede un aumento del prelievo erariale sulle slot: lo 0,25% dal prossimo settembre, uno 0,25% aggiuntivo dal prossimo maggio. Se le associazioni dei consumatori plaudono alla norma e, anzi, il Codacons vorrebbe estenderla anche all’ Agenzia dei Monopoli, gli operatori del Sistema Gioco Italia hanno chiesto una riforma concertata con il settore. I 5S citano uno studio effettuato da Maurizio Fiasco: l’ azzardo ha un moltiplicatore economico negativo in termini di depressione dei consumi, di mancati stimoli alla produzione e distruzione di opportunità d’ impiego, più si allarga e meno l’ economia reale cresce. Secondo il ministero della Salute, i giocatori problematici sono tra l’ 1,5% e il 3,8% della popolazione, cui si aggiunge il 2,2% di giocatori patologici. Nel 2017 gli italiani hanno speso complessivamente, tra slot machine, gratta e vinci e gaming online, oltre 102 miliardi di euro, 10,3 miliardi sono andati all’ erario. I mancati introiti da pubblicità colpiranno soprattutto Tv e radio private perché in Rai è già vietata. Mediaset, in particolare, gestisce il 50% del budget annuale sui media tradizionali. Sarà un problema anche per le squadre di Calcio: in Serie A nella stagione 2017/2018 dodici società hanno sottoscritto una partnership con aziende del betting. a. po.

Dalla tv, allo streaming video Dazn dà il via alla rivoluzione col tridente Figo-Sheva-Maldini

Corriere della Sera
Renato Franco
link

Shevchenko, Figo e Maldini (nella foto) come opinionisti, gli esodati di Mediaset e Fox Sport come telecronisti. Dazn – il servizio di sport in streaming live e on demand – è stato lanciato ieri a Milano e il clima partita si coglieva già dai simbolici 90 minuti di ritardo… Tecnologici o meno, Dazn è la novità della stagione: dopo la musica (Spotify), dopo cinema e serie tv (Netflix), ora anche lo sport si adegua al modello di business che cambia il modo di consumare il tempo libero. Il servizio di proprietà di Perform Group ha acquisito infatti i diritti per diversi eventi: si va dalla Liga spagnola alla francese Ligue 1, passando per la coppa Libertadores e la Fa Cup. Ma ci sono anche rugby, hockey, boxe, rally, volendo pure le freccette. La vera rivoluzione però tocca i tifosi di calcio: per la prima volta per vedere tutte le partite della propria squadra bisognerà avere un doppio abbonamento. Non solo Sky (che ha 7 partite su 10 a giornata), ma anche Dazn, che ha in esclusiva i diritti delle altre 3. La divisione delle gare tra i due operatori è in base all’ appuntamento e non alle squadre: la piattaforma di streaming trasmette il posticipo del sabato, l’ anticipo e una partita delle 15 della domenica, in totale 114 match di serie A (e anche tutta la serie B). «Si compie un nuovo passo nel nostro viaggio per diventare il maggiore broadcaster sportivo al mondo» ha commentato James Rushton, ceo di Dazn. Il mantra è «offrire un servizio accessibile ed economico», dunque tutti i contenuti saranno disponibili su diversi device (smart tv, pc, smartphone, tablet e console di gioco) a 10 euro al mese (sconto di 2 euro per chi è già abbonato a Sky da un anno). La squadra di commentatori prevede anche Francesco Guidolin e Roberto Cravero, mentre i pre e post partita saranno gestiti da Diletta Leotta e Giulia Mizzoni (ex Fox Sport). Dazn ha fatto campagna acquisti proprio da chi è rimasto senza calcio, i telecronisti saranno gli ex Mediaset Massimo Callegari e Ricky Buscaglia e gli ex Fox Sport Stefano Borghi, Edoardo Testoni e Riccardo Mancini, oltre alla voce di punta di Pierluigi Pardo che ormai viaggia su ogni media: via etere su Radio 24, anche nella tv classica con Pressing e Tiki Taka. Si comincia con Lazio-Napoli il 18 agosto. Per vederla, oltre all’ abbonamento, è fondamentale un altro requisito: avere una buona copertura di rete.

Caltagirone spa raddoppia l’ utile piani confermati per il cemento

Il Mattino
R. Amo
link

I CONTI ROMA Caltagirone spa chiude il primo semestre con un risultato netto, compresa la quota di pertinenza dei terzi, pari a 100,1 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto a quello dello stesso periodo del 2017 (42,6 milioni). Non solo. Secondo i numeri approvati ieri dal cda del gruppo presieduto da Francesco Gaetano Caltagirone, i ricavi crescono a quota 750,9 milioni (da 721,1 milioni) e il margine operativo lordo sale a 101,6 milioni, contro i 98,4 milioni di giugno 2017. È la stessa nota del gruppo diffusa al termine del cda a inquadrare i risultati in un semestre segnato da diversi cambiamenti. Il perimetro di consolidamento del gruppo al 30 giugno, spiega il comunicato, ha subito variazioni rispetto al primo semestre 2017 sostanzialmente per effetto della cessione da parte della controllata Cementir Holding, di Cementir Italia e delle sue partecipate. Inoltre, il 29 marzo scorso, la stessa Cementir Holding ha acquisito un’ ulteriore quota del 38,75% di Lehigh White Cement Company fino a detenere il controllo della società con una partecipazione di circa il 63%. Dunque, la crescita dei risultati si spiega anche con gli effetti delle variazioni del perimetro di consolidamento per il gruppo che opera nei settori del cemento, dell’ editoria, dei grandi lavori, dell’ immobiliare e del finanziario. L’ aumento dei ricavi del 4,1%, infatti, si deve principalmente all’ acquisizione del controllo di Lehigh White Cement Company consolidata integralmente dal primo aprile 2018. In calo l’ indebitamento finanziario netto, a 494,3 milioni contro i 599,2 milioni di fine 2017. La variazione positiva di 104,9 milioni è attribuibile principalmente all’ incasso dei 315 milioni per la cessione di Cementir Italia al netto dei circa 87 milioni pagati per l’ acquisto dell’ ulteriore quota del 38,75% di Lehigh White Cement Company, degli investimenti in azioni quotate, e delle dinamiche del capitale circolante. GLI OBIETTIVI Per quanto riguarda le previsioni per l’ anno in corso, la nota spiega che nel settore del cemento Cementir Holding conta «di confermare gli obiettivi economici e finanziari per l’ anno in corso». Il mercato delle opere pubbliche «resta caratterizzato dai limitati investimenti in grandi opere infrastrutturali. In questo contesto Vianini Lavori concentrerà i suoi sforzi sul completamento delle commesse in fase di realizzazione». Nel settore immobiliare, invece, la commercializzazione, sia per la locazione che per la vendita, degli immobili già ultimati «procede regolarmente. Sono stati completamente ultimati e consegnati tutti i fabbricati sociali». Nell’ editoria, infine, «prosegue, sia a livello di mercato che a livello aziendale, il trend negativo dei ricavi diffusionali e pubblicitari e non si rilevano al momento segni di inversione di tendenza. In assenza di novità tale tendenza negativa continuerà anche nell’ esercizio in corso».

Dylan Dog adesso diventa una serie tv

Il Giornale
Cinzia Romani
link

Cinzia Romani La globalizzazione dell’ editore Sergio Bonelli, noto anche per il fumetto Dylan Dog, non è cosa nuova: già nel 2011 Dylan Dog: Dead of Night, adattamento cinematografico firmato dalla produzione hollywoodiana Hyde Park, ebbe un certo successo al botteghino. Adesso, però, la «Bonelli Entertainment», branca editoriale dedicata all’ espansione dell’ universo dylandoghiano nel cinema, prende atto della potenza dello streaming e lancia una serie tv, che guarda agli ottimi risultati di serie come Gomorra o The Young Pope. «Una delle nostre priorità è quella di sviluppare nuovi modi espressivi, per consentire alla gente d’ entrare in contatto con uno dei nostri personaggi più popolari e iconici. Stiamo investendo e creando spettacoli di alta qualità, inclusa la nuova serie Dylan Dog», dichiara Davide Bonelli. In concreto, si tratta di una decina di episodi «live action», basati sul celebre investigatore del paranormale creato da Sclavi. Stando al direttore responsabile della Bonelli, Michele Masiero, la serie televisiva verrà concepita in previsione di alcuni spinoff, lavorando su scelte narrative «che potranno essere pubblicate sia su carta che sullo schermo». Dylan Dog formato piccolo schermo è soltanto il capofila dei progetti che bollono in pentola: Nathan Never, Dampyr, Mister No, Martin Mystére, Dragonero (in zona Rai) e Il Confine approderanno sul piccolo e sul grande schermo. E resta l’ intenzione di dar vita a un mondo nel quale i diversi personaggi dei vari franchise possano interagire. Così, il personaggio più notevole dei fumetti italiani degli ultimi 30 anni vivrà una nuova stagione. L’ attore britannico Rupert Everett, ispiratore fisico di Dylan Dog, è apparso nel film scritto da Sclavi Cemetery Man (Dellamorte Dellamore), il cui protagonista presenta molte similarità con il detective. Al momento non si sa se verrà contattato.

On-line su Dazn i primi gol del Napoli

Il Mattino
Bruno Majorano
link

Il primo scoglio sembra essere superato e riguardava quello della pronuncia. Non esattamente intuitiva per Dazn, la nuova piattaforma che trasmetterà il 30% delle gare di ogni giornata della serie A 2018-19. Una vera e propria rivoluzione per il mondo del pallone in Italia perché per le prossime tre stagioni non solo l’ intero campionato non sarà più trasmesso da una sola emittente in esclusiva, ma per di più sarà necessaria avere una connessione internet per poter usufruire dei servizi del brand britannico che accompagnerà la solita programmazione di Sky Sport. LA NOVITÀ Le tre partite (sabato alle 20.30, domenica alle 12.30 e una delle gare delle 15) si potranno vedere tramite una app dedicata che si potrà scaricare su smartphone, tablet, consolle e smart tv. L’ abbonamento (da 9,99 euro) sarà disponibile per sei dispositivi, due dei quali potranno essere connessi contemporaneamente. Questo vuol dire che in un solo appartamento sarà possibile seguire il match della propria squadra del cuore in due stanze diverse e con due diversi dispositivi senza il pericolo di conflitti di interessi o rallentamenti nella trasmissione. La vera novità rispetto alla piattaforma Sky sta nel fatto che tutto sarà trasmesso via internet: connessione dati o connessione Wi-Fi. PRONTI VIA Tutte notizie rilevanti per i tifosi del Napoli, visto che il primo match della programmazione di Dazn sarà proprio quello degli azzurri sul campo della Lazio. La partita dell’ Olimpico di sabato 18 agosto alle 20.30, infatti, sarà quella di esordio per la nuova piattaforma. E non è tutto, perché anche il secondo appuntamento degli azzurri (sabato 25 ore 20.30 contro il Milan al San Paolo) sarà un’ esclusiva Dazn. Battesimo di fuoco, ma anche vera e propria partenza con il botto per la nuova piattaforma online che nel pomeriggio di ieri a Milano ha aperto il sipario sulla stagione che verrà tra novità, video emozionali e tutte le parole dei protagonisti che ci metteranno la faccia nella prossima stagione. NASTRI DI PARTENZA A rivestire i panni della padrona di casa, Diletta Leotta che dopo essere stata per 3 anni il volto della serie B per Sky Sport, accompagnerà la programmazione di Dazn sulla serie A. Accanto a lei, per la presentazione del palinsesto, il direttore dello sport Marco Foroni, i telecronisti Pierluigi Pardo, Massimo Callegari, Stefano Borghi, Ricky Buscaglia, Edoardo Testoni, Riccardo Mancini che saranno affiancati da talent di livello come, Paolo Maldini, Andriy Shevchenko, Luis Figo, Francesco Guidolin e Roberto Cravero, mentre la giornalista Giulia Mizzoni sarà l’ altra signora di casa Dazn e condividerà con Diletta Leotta il ruolo di presentatrice. NON SOLO RONALDO L’ offerta non prevede solo la presenza delle tre gare di serie A per ogni giornata (al momento l’ altra gara del Napoli già calendarizzata sarà quella di San Siro contro il Milan il 27 gennaio), ma è arricchita con altre proposte calcistiche (e non solo) di livello nazionale e internazionale. Tutti i match della serie B della Liga spagnola, della Ligue 1, della Ligue 2 e della coppa di Francia. Uscendo fuori dai confini europei ci saranno anche i match più belli di Copa Libertadores, Copa Sudamericana e Recopa Sudamericana, ai quali si aggiungono quelli della Coppa d’ Africa e di FA Cup e coppa di Lega inglese. Insomma, un’ offerta ricchissima, che consentirà ad ogni appassionato di non perdersi neppure un minuto delle gare di serie A e non solo. Il tutto sarà intervallato da servizi giornalistici, interviste e approfondimento che consentiranno a tutti di entrare al meglio nel mondo del calcio italiano e internazionale.

” Più saggio aspettare per cambiare i direttori dei telegiornali”

La Repubblica
CONCETTO VECCHIO
link

ROMA «Marcello Foa resta l’ uomo giusto per fare il presidente della Rai con indipendenza, e mi auguro che il suo nome possa tornare al vaglio della Commissione Vigilanza: se ciò non fosse possibile allora bisognerebbe prendere in considerazione un’ alternativa, ma che abbia le stesse caratteristiche». Primo Di Nicola, il vicepresidente M5s nella Commissione Vigilanza Rai ha 65 anni e una vita dedicata al giornalismo, all’ Espresso e poi come direttore del quotidiano Il Centro. Dice: «Non staccavo mai neanche prima, ma qui in Parlamento i ritmi sono, se possibile, ancora più sostenuti». Questo cda potrebbe anche fare le nomine? «No, su quello sarei prudente. L’ opportunità e la saggezza dicono che è meglio aspettare che l’ iter si perfezioni. Dopodiché noi vogliamo che la Rai venga messa in grado di funzionare subito». È vero che Fico propone Laganà al posto di Foa? «Non mi risulta». È una voce ricorrente. «Non l’ ho sentita. Anche perché noi non interveniamo sulle scelte del cda. Noi rispettiamo la sua autonomia. La palla adesso è nel loro campo, spetta a loro decidere cosa fare». Foa intanto non lascia. «È un suo preciso dovere mandare avanti l’ azienda, nell’ ordinaria amministrazione». Quindi fa bene? «Non sta usurpando proprio niente». Il Pd chiede che venga nominato subito un altro presidente. «È una richiesta legittima, dal loro punto di vista». Col senno di poi non è stato un grave errore non condividere Foa, posto che la legge prevede un quorum dei 2/3? «La scelta della Vigilanza è stata un’ autentica sorpresa. Foa ha tutto: titoli, autorevolezza, indipendenza. Pd e Forza Italia hanno perso un’ occasione». Ma lo scontro su Foa riguarda il metodo, non il merito. «Ma Foa garantiva autorevolezza, non votarlo è stato un grave errore». Secondo lei la storia del figlio di Foa che lavora nello staff di Salvini cambia qualcosa? «Guardi io al momento non ho gli elementi per rispondere. Risponderà Salvini». Come finisce? «Deve decidere il cda Rai in base al regolamento interno e al codice civile. Devono trovare loro la soluzione migliore. Noi siamo diversi dagli altri. Noi non interferiamo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Vicepresidente Vigilanza Rai Primo Di Nicola, 65 anni Movimento 5Stelle.

Per la tutela della cultura è ora di rivedere il «Fus»

Il Giornale
Edoardo Sylos Labini
link

Edoardo Sylos Labini Si sa che in Italia i decreti più importanti si varano quando la maggior parte degli italiani è al mare: un tuffo in acqua e tutto passa, così tra il DL Dignità e la Rai si è assegnato il contributo 2018 del «FUS», il Fondo Unico dello Spettacolo. I teatranti italiani sotto l’ ombrellone finalmente sanno quanto prenderanno quest’ anno. Paradosso delle nostre leggi. Uno spettacolo si organizza e si produce anche 12 mesi prima e sapere quanti soldi si ha a disposizione quando sono stati già spesi non è il massimo, a meno che non si abbia qualche «amico» nella Commissione che assegna i fondi. E guardando le graduatorie, frutto di un mix di pareri e di algoritmi, si capisce benissimo per quale ragione da poche settimane sia nato il Movimento per lo Spettacolo dal Vivo, che riunisce tutte quelle produzioni ingiustamente escluse dal FUS. Forse a loro si dovrebbe rivolgere il Teatro Manzoni di Milano, uno dei teatri privati più importanti d’ Italia, che con la sua gloriosa storia ha ospitato ed ospita i più importanti nomi della scena italiana: i più amati dal pubblico, non i più intellettuali. Questo non può essere certo il motivo che ha fatto assegnare alla sala (della quale sono consulente artistico) solo 53.723 euro. Il Manzoni ha una tenitura per la Prosa di 16 recite, cosa che non esiste quasi più da nessuna parte in Italia, ha una delle quote abbonati più alte e le compagnie costruiscono una tournèe grazie a questa permanenza. Il Manzoni non produce, ma ospita oltre 200 aperture di sipario, più di 40 spettacoli. Numeri che parlano da soli. Gli altri grandi teatri milanesi ricevono milioni di euro: perché invece il teatro gestito dal 1978 da Fininvest prende così poco? Forse proprio per un pregiudizio nei confronti di chi di tasca sua regala importanti stagioni ai cittadini milanesi. Berlusconi negli anni produsse Gassman, Zeffirelli, Albertazzi e oggi ci sono Placido, Salemme, Haber, Preziosi e tanti altri. La storia di un teatro non si cancella e il tempo della presunta superiorità morale è scaduto. Apra gli occhi il ministro Bonisoli e chi vuole un nuovo, scellerato, Patto del Nazareno.

Forza Italia detta la linea e il Cav si adegua

Il Sole 24 Ore
Barbara Fiammeri
link

roma Al di là delle conseguenze sui futuri rapporti con la Lega, la partita sulla Rai è significativa anche per quanto sta avvenendo dentro Forza Italia. Per la prima volta Silvio Berlusconi ha deciso di seguire e non di dettare la linea del partito. Non è un mistero infatti che la visita al San Raffaele di Matteo Salvini aveva ammorbidito non poco l’ opposizione del Cavaliere nei confronti di Marcello Foa alla presidenza di viale Mazzini. E tutto lasciava pensare che, come già avvenuto in passato, alla fine gli azzurri si sarebbero acconciati ad un accordo con l’ alleato. Invece, stavolta, il partito ha puntato i piedi. E non solo l’ ala cosidetta lettiana che da tempo vorrebbe una linea più hard verso il Carroccio, ma anche chi come Niccolò Ghedini si è speso più volte per ricucire i rapporti ed evitare strappi con Salvini. Ma il vero e proprio alfiere di questa levata di scudi è stato Antonio Tajani, colui che il Ppe ha scelto per guidare il Parlamento europeo e che giusto un mese fa, il Cavaliere ha nominato vicepresidente del partito azzurro. «La nostra è stata ed è una posizione politica non certo contro qualcuno», conferma il plenipotenziario azzurro sottolineando che il suo unico obiettivo oggi è «rendere più forte Forza Italia che ha una linea diversa dalla Lega non solo e non tanto sulla Rai ma anche e soprattutto su provvedimenti come il cosiddetto decreto Dignità». Tajani contrariamente a quanto accaduto ad altri “delfini” ha trovato attorno a sé pressocché tutto il partito quando martedì ha anticipato a Salvini che Fi non avrebbe votato Foa. La ragione è che a prevalere questa volta è stata la convinzione che l’ unico vero obiettivo di Salvini sia ridurre Forza Italia all’ irrilevanza. Ed è quello che hanno ripetuto nelle ore concitate di mercoledi mattina Tajani ma anche Ghedini e Letta assieme alle capigruppo Gelmini e Bernini e a tutti gli altri big azzurri all’ ex premier. C’ è chi racconta di una telefontata tra il Cavaliere e il vicepresidente azzurro nella quale Tajani avrebbe anche messo sul tavolo le sue dimissioni in caso di una retromarcia: «Non è vero, ero presente, Tajani non va da nessuna parte e non litiga», assicura l’ azzurro Giorgio Mulè. La Lega ora minaccia di spalancare le porte a quanti tra le fila azzurre sono pronti a saltare sul carro vincente del Carroccio. Operazione che sta già portando avanti ai danni di Fdi, il partito di Giorgia Meloni che proprio a Roma, nel suo principale bacino elettorale, ha visto nascere nei giorni scorsi il gruppo consiliare della Lega in Campidoglio e in alcuni Municipi grazie al voltafaccia di alcuni suoi esponenti. Berlusconi cerca di gettare acqua sul fuoco :«Il centrodestra è ineliminabile quindi dobbiamo sempre andare d’ accordo». Intanto però fa dettare una nota in cui si annunciano «nuove e significative adesioni» a Forza Italia da parte di 150 fra sindaci e assessori e consiglieri comunali in Calabria e di altri 10 sindaci della provincia di Cremona. Contemporaneamente si dà il via alla stagione congressuale che si terrà tra dicembre e gennaio per rinnovare il rapporto con la base. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

blockbuster una rivincita tutta italiana

Il Venerdì di Repubblica
CRISTIANO MINICHIELLO/AGF
link

difoto di R oma. Gli ultimi giapponesi della catena di videonoleggio più famosa al mondo teorizzano l’ evoluzione della specie fino al darwinismo più spietato, sostengono la «compresenza di diverse catene merceologiche» e scommettono su «un nuovo concept store con layout giovane e funzionale». Ma alla fine sono dei romantici: perché entrare in un negozio Blockbuster è un tuffo nel passato già dall’ insegna blu elettrico con grandi caratteri a stampatello giallo fino all’ angolo delle delizie che esibisce pizze surgelate, sofficini Findus, gelati di Häagen-Dazs al cioccolato belga e pop-corn da cuocere nel microonde. Questa storia comincia dalla fine, come le favole a rovescio di Gianni Rodari: nel 2010 la catena texana, che affittava prima videocassette e poi dvd, chiede negli Stati Uniti l’ ammissione al Chapter 11 – l’ equivalente del nostro concordato preventivo – schiacciata dai debiti e sconfitta dall’ avanzata del cinema on demand. I 9.700 esercizi americani dei tempi d’ oro sono già un ricordo, in un paio d’ anni ne restano poche centinaia e la mannaia falcidia quelli in giro per il mondo, dal Regno Unito al Brasile. I 150 italiani – 120 diretti e 30 in franchising – licenziano in massa mentre i locali attraggono una catena di parafarmacie. Salvo un pugno di irriducibili concessionari: «In Italia le cose andavano bene» racconta il milanese Christian Bollati. «Non avevamo perdite né voglia di mollare». Nel 2012 costituiscono la cooperativa Blockbuster Village, di cui Bollati diventa direttore commerciale, e registrano il marchio: i contratti di licenza scadono nel 2018 o nel 2020, «ma la casa madre ha rinunciato a fare opposizione e oggi ne siamo pienamente titolari». Con il paradosso che negli Usa il colosso gialloblu si estingue, mentre in Italia il mercato tiene. A luglio i media hanno rivelato la chiusura degli ultimi due negozi in Alaska, al termine di una strenua resistenza agevolata anche dalla scarsa connessione internet tra i ghiacci. Ne resta uno solo: a Bend, in Oregon, 120 chilometri dalla più popolosa Portland. L’ Italia, invece, ne conta 18 – tra cui Desenzano del Garda, Foggia, Torino, Potenza, Foligno, Siena – e prevede 9 aperture entro la fine dell’ anno. Come è possibile? «Il mondo cambia» ammette Bollati. «E chi resta fermo, muore». Traduzione: diversificare le attività. La svolta è l’ accordo del 2017 con i videogiochi Open Games della società Algara: interi scaffali di giochi e accessori per Wii, Nintendo, PlayStation. Un’ esca ghiottissima per adolescenti che considerano la videoteca coeva dei dinosauri. Quasi ovunque c’ è l’ angolo giornali e libreria. E il poderoso merchandising: le t-shirt con Darth Vader, le tazze Pokemon, i pupazzetti di Thor, i portachiavi di Tom & Jerry, i gadget del Trono di Spade. Immancabili gli eventi: presentazioni di romanzi, tornei di Fifa 18, presto una gara di mini-Porsche telecomandate che grazie ai miracoli del video sembreranno andare a 600 chilometri orari su una pista di 6 metri. La ricetta funziona secondo Pasquale Monetti, proprietario dello store di Acilia – uno dei tre negozi di Roma con Torrino e Vigna Clara – fiore all’ occhiello del gruppo con i suoi 350 metri quadri e 15mila prodotti: «Il fatturato aumenta, sebbene di poco. Ma servono disponibilità e cura del cliente. È sbagliato dire che la rete ci ha rovinati: i noleggi calano, però le vendite crescono. Le novità si affittano a 4 euro, i film più vecchi a 3 ma a 5 te li compri». Vige la regola non scritta delle tre domande, cioè il tetto entro cui il commesso-cinefilo è tenuto a leggere la mente del cliente: «Quel film di guerra, dai, con quell’ attore figo, con quella scena incredibile». Adesso il software è moderno, gli espositori centralizzati, ma l’ atmosfera non è cambiata: le frecce sul pavimento blu conducono a horror, commedie, Disney, Blue Ray e Ultra HD4K. Niente porno. Il catalogo conta 40 mila titoli, di cui 17 mila a noleggio. Secondo i dati blockbusteriani, un milione di italiani ancora usa il dvd e il 96 per cento dei consumatori – non solo over 40 – conosce il brand. Cifre che Bollati vuole cavalcare: «Perché fanno la fatica di alzarsi dal divano? Per vivere un’ esperienza. Scegliere con gli amici. Passare una serata in famiglia». Domenico Mazzocchi, uno dei responsabili del punto di Corso Francia, quartiere residenziale di Roma Nord, condivide la filosofia: «Il cliente tipo non esiste, arrivano pensionati e ragazzini, chi cerca Godzilla e chi Fellini». Guai a dipingere un ghetto di analfabeti digitali terrorizzati dal download. Lì, però, gli affari languono: colpa, pare, del benessere economico della zona che consente abbonamenti multipli alle pay-tv. Difatti, lo spazio è multifunzionale: accanto ai film si vendono scooter, alla cassa si fanno sia la tessera (gratuita) che le ricariche telefoniche. Eppure, nella ricca Saronno, presidio della catena fino in Svizzera, si contano 7 mila tesserati su 35 mila abitanti (a Lissone sono 5 mila su 40 mila). «Il 90 per cento dei nostri abbonati ha Sky, ma bisogna distinguere tra appassionati e semplici fruitori» spiega il titolare Valerio Pozzebon. «C’ è un signore che ogni settimana compra cinque pellicole anni 50, soprattutto western». Le Blockbuster Night, insomma, sono sopravvissute. «Vuoi viverne una?» sorride Sandra Harding, manager intervistata dalla Cnn. «Guida fino a Bend in Oregon». Oppure, che tu abbia la targa elvetica o comasca, solo fino a Saronno, in provincia di Varese. Punti vendita esistenti (18)* in apertura (9) economie a volte ritornano per attirare i più giovani da settembre si potranno affittare anche i videogiochi Se pensavate che le serate coi film noleggiati fossero finite, sbagliavate. In America, ma non da noi. Dove lo storico marchio giallo e blu ha ancora 18 negozi. E ora rilancia.

I POTERI DI FOA SENZA L’ OK DELLA VIGILANZA

Il Sole 24 Ore

link

Il ruolo del consigliere anziano Lo statuto della Rai al punto 22.3 prevede che il consigliere anziano (in questo caso proprio Marcello Foa), in mancanza di un vicepresidente che però per essere eletto avrebbe bisogno di un presidente ratificato, possa esercitare le «funzioni e i poteri del presidente» Il potere di rappresentanza Foa ha comunque, oltre al potere di convocazione del consiglio, anche quelli di rappresentanza, secondo quanto chiarisce anche l’ articolo 27 dello Statuto Tutte le deleghe all’ Ad L’ articolo 26 dello statuto Rai chiarisce che, in questo caso, le deleghe rimangono tutte nelle mani dell’ ad, che potrebbe decidere di esercitarle, spingendosi nel proporre incarichi sui quali il consiglio sarebbe chiamato a deliberare.

Dazn, esordio col Psg di Buffon Un terzo della A in streaming

La Stampa
EMANUELA GRIGLIÉ
link

Dazn, il Netflix dello sport, ora è davvero sbarcato in Italia, con festa Vip al Garage milanese di Lapo Elkann e Carlo Cracco per presentare la squadra della nuova tv in streaming, che dal 18 agosto trasmetterà un terzo (le altre saranno su Sky) delle partite di Serie A (si parte col big match Lazio-Napoli di sabato sera, per la prima volta in esclusiva). Tanti telecronisti pescati da Mediaset, Paolo Maldini brand ambassador, più ex volti noti dello sport compresa qualche superstar come Luis Figo e Andriy Shevchenko, nuovissimi opinionisti della rete e la conduttrice Diletta Leotta (unica donna del team insieme a Giulia Mizzoni) che fa anche da madrina. «Di solito ci mettiamo circa 6-9 mesi per partire in un nuovo Paese, in Italia abbiamo fatto tutto in 6-9 settimane lavorando come pazzi», spiega James Rushton, il ceo di Dazn (che si pronuncia Da-zon e fa parte del Perform Group). «Inizia una nuova era per la trasmissione dello sport in Italia e si compie un nuovo passo nel nostro viaggio per diventare il maggiore broadcaster sportivo al mondo. Noi facciamo e pensiamo lo sport per i fan». Dazn è presente in cinque Paesi (Germania, Austria, Svizzera, Giappone e Canada) e si appresta a sbarcare a fine anno anche negli Usa. «Pensiamo alle nuove generazioni e al loro modo di fruire i contenuti, permettendo allo spettatore di vedere quello che vuole, quando e sul device che vuole», dice Jacopo Tonoli, cco di Dazn. Un mese gratis Ricordando anche l’ offerta iniziale: un mese gratis, poi 9,9 euro al mese per vedere un terzo della serie A (compreso il derby di Torino), tutta la B, la Liga e la Fa Cup. Il primo appuntamento con il calcio in diretta è gia per domani, con Psg e Monaco in campo a Shenzhen per il Trophée des Champions, la Supercoppa Francese, in quella che potrebbe essere la prima partita di Gianluigi Buffon con la squadra parigina. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Rai, Salvini resta fermo su Foa Ora è stallo anche nel governo

Il Sole 24 Ore
B.F.
link

roma È ancora stallo sulla presidenza della Rai. Il leader della Lega e vicepremier resta fermo sul nome di Marcello Foa. «Mi devono dare una giustificazione valida per dire no», conferma Matteo Salvini. Una linea dura che però stavolta non è condivisa dagli alleati di Governo. Il M5s evita uscite plateali ma ritiene controproducente continuare a insistere su un nome che è ormai «bruciato». Ad aumentare l’ imbarazzo ci si è messa anche la notizia pubblicata dall’ Espresso sulla collaborazione del figlio di Foa, Leonardo, allo staff comunicazione di Salvini. Notizia che è stata successivamente confermata dallo stesso leader della Lega ma che secondo i sindacati (Fnsi e Usigrai) inficia l’ autonomia del consigliere, che dovrebbe quindi dimettersi. Ipotesi che al momento Foa non prende in considerazione (anche perché nel frattempo ha anche lasciato il suo precedente lavoro): «Non cedo alle provocazioni e attendo con fiducia le indicazioni dell’ azionista», ovvero del Governo. Ma in realtà al momento non si capisce quale realmente sia il ruolo di Foa. «Continuerò a coordinare i lavori del Cda come consigliere anziano», ha spiegato. Ma sulla possibilità che il Cda possa deliberare ci sono parecchi dubbi e soprattutto c’ è il timore che eventuali scelte possano essere oggetto di ricorsi. Di qui la preoccupazione del M5s che avrebbe voluto procedere rapidamente con la nomina dei direttori di Tg. Il Cda tornerà a riunirsi la prossima settimana. Ma difficilmente la situazione si sbloccherà. Nonostante i toni distensivi di Silvio Berlusconi, Forza Italia non fa marcia indietro. «Ancora Foa? Da Presidente Rai a presidente mai», conferma Mara Carfagna. Se non interverranno novità difficilmente il Cda riproporrà il nome di Foa. Anche perché se così fosse la Vigilanza sarebbe obbligata a pronunciarsi nei giorni successivi nonostante la chiusura del Parlamento per la pausa estiva. A questo punto l’ ipotesi più probabile è che la partita sulla presidenza della Rai venga rinviata a settembre. Nel frattempo non è chiaro se il Cda potrà comunque operare. L’ ufficio legale della Rai avrebbe rassicurato i consiglieri sull’ operatività del Consiglio, escludendo l’ esistenza di un danno erariale che viceversa sussisterebbe in caso di inazione dell’ organismo. Il Pd chiede però una svolta immediata. «Se l’ occupazione abusiva di Marcello Foa in Rai continuerà, siamo pronti a chiedere al Capo dello Stato di riceverci», avverte il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci. Mentre il suo omologo alla Camera, Graziano Delrio, si è già rivolto ai presidenti delle Camere.

Dazn, box e rubgy oltre il calcio

Italia Oggi
MARCO LIVI
link

Dazn lancia ufficialmente il suo servizio di sport in streaming live e on demand. E per farlo si affida anche agli ex campioni di calcio Andriy Shevchenko e Luis Figo, ora opinionisti per i principali match di Serie A nonché volti noti oltre alla conduttrice Diletta Leotta e il brand ambassador Paolo Maldini. Completano la squadra di Dazn telecronisti, opinionisti e conduttrici come Francesco Guidolin, Roberto Cravero, Pierluigi Pardo (presente anche sui canali sportivi Mediaset, vedere ItaliaOggi di ieri), Massimo Callegari, Stefano Borghi, Ricky Buscaglia, Edoardo Testoni, Riccardo Mancini e Giulia Mizzoni. Dazn punta su un calendario di eventi sportivi che comprende LaLiga, Ligue 1 e Ligue 2, Copa Libertadores, Copa Sudamericana, Coppa d’ Africa, la Fa Cup e la Efl Cup (Coppa di Lega inglese), Nhl, Mlb, Heineken champions cup, Guinness Pro14, Ufc, Matchroom boxing, Showtime boxing, Bellator Mma, Pdc Darts e ancora il World rally championship (Wrc). Tutti diritti che si aggiungono a quelli di calcio italiano già acquisiti, ossia 114 match in esclusiva a stagione di Serie A e di tutte le 462 partite della Serie B per i prossimi 3 anni. Considerando i vari sport, complessivamente si tratta di oltre 1.500 ore di trasmissione di contenuti. Prezzo secondo una tariffa unica: 9,99 euro al mese per l’ accessibilità multipiattaforma in diretta e on demand, su smart tv, pc, smartphone, tablet e console di gioco. Senza dimenticare i recenti accordi con Sky, per il satellite, e Mediaset sul digitale terrestre. Dazn del gruppo Perform group (media company specializzata nello sport e presente in più di 30 paesi, che in Italia pubblica anche il sito Goal.com) offre anche la possibilità di seguire un mese di prova gratuito, previa registrazione sul sito internet www.dazn.it. «Oggi si compie un nuovo passo nel nostro viaggio per diventare il maggiore broadcaster sportivo al mondo», ha dichiarato ieri a Milano James Rushton, ceo di Dazn, durante la presentazione dei palinsesti della piattaforma digitale del gruppo britannico. «Abbiamo creato, qui come negli altri mercati dove siamo presenti, un modo migliore e più equo per guardare lo sport, pensato per le abitudini di visualizzazione contemporanee. Di solito ci mettiamo 6-9 mesi prima di partire in un nuovo mercato. In Italia invece ci abbiamo messo 6-9 settimane, un lavoro durissimo e da pazzi». In particolare, il primo appuntamento con il grande calcio in diretta è in programma domani, quando alle ore 14 le squadre Psg e Monaco scenderanno in campo a Shenzhen (Cina) per il Trophée des Champions, la Supercoppa Francese, in quella che potrebbe essere la prima partita di Gianluigi Buffon con la squadra parigina. Per quanto riguarda invece la Serie A, il primo appuntamento sarà l’ incontro Lazio-Napoli, previsto per sabato 18 agosto alle 20.30. «Oltre alle tre partite della Serie A e a tutta la Serie B su Dazn trasmetteremo anche il rugby europeo, i più grandi match di boxe. Sempre a 9,99 euro al mese», ha aggiunto Jacopo Tonoli, chief commercial officer di Perform group. «Siamo in streaming ma ci sono anche gli accordi con Mediaset Sky e altri che annunceremo a breve. Perché anche se siamo una piattaforma internet, i nostri ascolti nel mondo arrivano al 60-70% attraverso la tv». © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Opa di 21 Towers su Ei Towers, ok del cda sul prezzo. Il cda di Ei Towers ha giudicato, all’ unanimità, congruo il valore dell’ opa totalitaria lanciata da 2i Towers (60% F2i e 40% Mediaset) sulla società, al valore unitario di 57 euro. La decisione del board, presa ieri, è stata supportata dai pareri di Merrill Lynch e da BnpParibas per il cda e da Equita Sim per i soli consiglieri indipendenti. Amazon, dall’ Agcom multa di 300 mila euro e indagine per attività postale. L’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha sanzionato con 300 mila euro di multa le società Amazon Italia Logistica, Amazon Italia Transport, Amazon Italia Service, Amazon Europe Core, Amazon EU, facenti parte del gruppo Amazon per l’ esercizio di attività postali in carenza di autorizzazione amministrativa. L’ Autorità ha riscontrato che il gruppo di Jeff Bezos svolge nel ben più esteso perimetro di attività della filiera del commercio online anche attività postali, quali la logistica e la consegna di pacchi o la gestione dei centri di recapito. Zurleni in Dazn. Giovanni Zurleni, esperto di marketing che ha lavorato nella MotoGp, poi all’ Inter per 13 anni con vari incarichi (anche dello sviluppo del brand all’ estero) e fino a poche settimane fa alla Lega B, è stato nominato vice presidente commercial&partnership della piattaforma Dazn del gruppo inglese Perform. Zurleni gestirà i diritti sulla piattaforma creando partnership strategiche e di sviluppo. Italiaonline, ricavi digitali a +7% e perdite a 7,4 mln. Italiaonline ha chiuso il primo semestre con ricavi digitali per 120,8 milioni, in crescita del 7%, sostenuti del segmento digital advertising (+26,4%). Nel complesso i ricavi consolidati ammontano a 157,4 milioni, -5,4% in parte a causa del ritardo nella pubblicazione di alcuni elenchi telefonici dovuto al processo di riorganizzazione aziendale. L’ ebitda migliora a37,9 milioni (36,1 milioni nel primo semestre 2017), con ebitda margin al 24,1% (21,7% nel 2017). Il risultato netto è negativo per 7,4 milioni rispetto al dato positivo per 6,3 milioni del primo semestre 2017, in conseguenza degli oneri legati al piano di riorganizzazione aziendale. Corriere del Ticino riorganizza i vertici. Con l’ uscita dell’ ex amministratore delegato Marcello Foa, nominato consigliere d’ amministrazione della Rai, La Fondazione del Corriere del Ticino ha ridisegnato l’ organizzazione interna che verrà proposta ai consigli d’ amministrazione competenti per l’ approvazione nel mese di settembre. Alessandro Colombi diventa direttore generale del Gruppo (carica che diventerà effettiva con la ratifica del prossimo cda della Holding del CdT); gli altri membri della direzione operativa saranno Fabio Pontiggia (direttore responsabile del Corriere del Ticino), Paride Pelli (direttore della Newsroom e dei contenuti editoriali), Matteo Pelli (direttore di TeleTicino e Radio 3i), Andrea Pizzolotto (direttore finanziario del Gruppo) e Matteo Rezzonico (direttore della Rezzonico Editore). La nuova direzione si avvarrà della consulenza di Gianluca Bonetti e Giò Rezzonico, delegati del consiglio d’ amministrazione per le questioni rispettivamente strategiche e giornalistiche. Wpp cresce in India con Madhouse. Il primo colosso pubblicitario al mondo (guidato dai due coo Mark Read e Andrew Scott), attraverso GroupM, prenderà pieno possesso dell’ agenzia indiana di mobile marketing Madhouse, come parte del più esteso piano per incrementare gli investimenti del gruppo nel paese asiatico. Il gigante pubblicitario, con sede a Londra, ha precisato che l’ accordo fornirà ai clienti di GroupM un migliorato accesso alle soluzioni mobile, prodotti pubblicitari e tecnologia di targeting. Madhouse, della quale GroupM possiede il 50% di azioni, dispone di uffici a Mumbai, Delhi e Bangalore e tra i suoi clienti annovera alcuni marchi leader indiani.

Viacom Italia, bene gli ascolti a luglio Share media complessiva al 2,6%

Italia Oggi

link

Viacom Italia festeggia un luglio positivo per ascolti. Tra dtt e satellite, sui canali Paramount, Spike, Vh1 e poi rispettivamente su Mtv, Comedy Central, Nickelodeon, infatti, sono stati contattati quasi 36 milioni di telespettatori, ottenendo una share media del 2,6% e confermandosi sesto editore in Italia nonostante la forte competizione soprattutto legata ai grandi eventi sportivi. In particolare, buoni i risultati di luglio per Paramount Channel (canale 27 del dtt), che ha registrato una media di 105 mila spettatori e una share superiore all’ 1% sul totale individui, che sale all’ 1,53% sul target delle donne 25-54enni e con una crescita annuale su quest’ ultimo del +22%. A spingere i risultati soprattutto i quattro episodi di Maigret, mini-serie inedita di film tv. Su Spike (canale 49 del dtt), il canale a target maschile, è andato in onda un evento di forte richiamo per il target di riferimento: alcuni tra i match di Bellator, il grande show americano di Mma (in inglese arti marziali miste) e Kickboxing andato in scena al Centrale del Foro Italico di Roma e trasmesso in esclusiva nazionale da Spike, hanno creato un vero e proprio appuntamento per gli appassionati dell’ Mma, raggiungendo una share dello 0,72%, che sale all’ 1,24% sugli uomini 25-54enni, con una crescita del 21% rispetto al blocco delle tre settimane precedenti. Luglio è stato anche il mese di Jovanotti: il simulcast sui canali free to air del gruppo Viacom (Vh1, Paramount Channel e Spike) di «VH1 Storytellers con Jovanotti», la produzione originale e unica di Viacom Italia, ha raggiunto 1,8 milioni di persone e ha ottenuto una share dell’ 1,25%. Bene anche i risultati del canale Super! (canale 47 del dtt) la joint-venture di De Agostini e Viacom Italia. A luglio il canale si conferma il primo canale kids del digitale terrestre sul target bambini 4-14 registrando un ascolto di 58 mila bambini e una share del 7,7%, con una crescita del 7,6% rispetto al mese di giugno. Particolarmente rilevante la prova dei prodotti Nickelodeon, tra i quali si segnala «I’ m Franky» che ha raggiunto un picco di 136 mila bambini 4-14 (12% share) e ha portato Super! a essere il 1° canale nazionale su questo specifico target durante lo slot di messa in onda. © Riproduzione riservata.

Internet, decoder e tariffe Ecco il calcio su Dazn

Libero

link

SILVIA GALBIATI Smarcata la pronuncia, per le 4 lettere più sentite nelle ultime settimane (dazon) è ora di fare i primi bilanci. DAZN, ormai soprannominato il “Netflix dello sport”, è una piattaforma (non una tv!) che trasmette tutti i suoi contenuti in streaming sia dal vivo sia on demand. Su DAZN il calcio italiano sarà presente con tutta la Serie B e soprattutto con 114 partite di Serie A in esclusiva per tutto l’ anno, ovvero il 30% del totale, mentre il resto rimarrà a Sky. La divisione tra le due piattaforme sarà in base agli orari delle partite, con l’ anticipo del sabato alle 20.30, la partita della domenica alle 12.30 e una delle 15 sempre in esclusiva su DAZN; a rotazione, ogni squadra finirà per giocare in uno degli slot riservati a DAZN o in quelli riservati a Sky. Una divisione che ha già dato i suoi primi verdetti con le prime tre giornate e i big match già assegnati. E a DAZN non è andata affatto male: la piattaforma di James Rushton è riuscita ad accaparrarsi una delle gare più attese della stagione, l’ esclusiva di Inter-Juventus alla 34esima del campionato, oltre a Lazio-Napoli alla prima giornata, Napoli-Milan alla seconda, Torino-Juve alla 16esima, Juve-Roma alla 17esima e Milan-Napoli alla 21esima. ISTRUZIONI Se il “cosa” si vedrà su DAZN è abbastanza chiaro, il “come” è da approfondire. Per accedere alla piattaforma infatti non basterà più il semplice televisore. Essendo una piattaforma di streaming bisognerà affidarsi ad altri dispositivi, ovvero smartphone e tablet oppure ricorrere a una smart tv, collegabile a internet. In alternativa è necessario di dotarsi di accessori come il Chromecast, l’ Amazon Fire tv, una smartbox o usare una console per i videogiochi. Infine, per chi potrà permetterselo, l’ alternativa è Sky Q, il nuovo box di Sky che integrerà anche l’ app di DAZN ma che richiede ben 200 euro per l’ installazione più il normale pacchetto. Con un abbonamento si potranno utilizzare fino a due dispositivi contemporaneamente, ma ogni account potrà essere associato a un totale di sei dispositivi. E i costi? L’ abbonamento base a DAZN costa 9,99 euro al mese con la possibilità di provare con il primo mese gratuito e di disdire in ogni momento. Ci sono poi tariffe da 21,99 euro per tre mesi e 59,99 euro per 9 mesi. Costi che si abbassano invece per gli abbonati a Sky che volessero aggiungere il pacchetto DAZN: Sky infatti metterà a disposizione a partire da metà agosto dei ticket a prezzi agevolati sul sito e nei punti vendita per accedere alle partite su DAZN e da settembre si potranno comprare anche via sms. I clienti Sky infatti pagheranno 7,99 il mensile e riceveranno sconti dagli 8 ai 30 euro per i pacchetti da 3 e da 9 mesi. Su Mediaset Premium, l’ intero pacchetto con DAZN (unica offerta del biscione, che non ha i diritti) invece sarà di 19.99 euro. NON SOLO PALLONE DAZN però non si limiterà al calcio italiano, ma avrà a disposizione oltre alle più grandi partite del rugby europeo (Heineken Cup) e i migliori incontri di boxe e Mma, anche alcuni campionati esteri come La Liga, la Ligue 1, la Coppa di Lega Inglese, la Coppa d’ Africa, la Copa Libertadores, la Copa Sudamericana, la UFC, la MLB, la NHL. Per dire, la prima diretta sarà sabato 4 agosto con la Supercoppa francese tra PSG e Monaco, in quella che potrebbe essere la prima partita di Gigi Buffon. Ieri nel corso del lancio della nuova piattaforma, sono stati svelati alcuni programmi di analisi, approfondimento e intrattenimento sulla Serie A che potranno contare su nomi d’ eccezione. Oltre ai padroni di casa già annunciati, la conduttrice Diletta Leotta e il super brand ambassador Paolo Maldini, tra gli opinionisti figurano Andriy Shevchenko e Luis Figo. «Inizia una nuova era per lo sport in Italia», ha commentato James Rushton, CEO di DAZN, «la nostra filosofia è: gli appassionati al primo posto». riproduzione riservata DAZN (SOLO ON LINE) Tre partite di Serie A (anticipo sabato 20.30, domenica 12.30, una partita ore 15) più tutta la Serie B: 9,90 euro al mese. SKY Tutta la Champions (la Rai avrà in chiaro la miglior partita delle italiane il mercoledì), tutta l’ E-League, 7 partite di Serie A in esclusiva. Per vedere le 3 partite di Serie A, più la B di DAZN in tv, serve avere una smart tv o il nuovo decoder SkyQ: abbonamento 7,99 euro al mese oppure 59,50 per 9 mesi. Per vedere le 3 partite Serie A più Serie B di DAZN su pc, smartphone o tablet serve l’ abbonamento a DAZN a 7,99 euro al mese oppure 59,50 euro per 9 mesi. Il costo di attivazione e installazione di SkyQ è di 200 euro. MEDIASET PREMIUM Nessuna partita in esclusiva ma stessa offerta di DAZN: 19,90.

L'articolo Rassegna Stampa del 03/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Contributi per l’editoria, quali sono le intenzioni di Vito Crimi?

$
0
0

Nella sua recente audizione presso la Camera dei Deputati Vito Crimi, sottosegretario per l’Editoria del governo Conte, ha reso noti i suoi obiettivi per l’evoluzione del settore. Al centro delle proposte di Crimi c’è la graduale abolizione dei finanziamenti pubblici per l’editoria. In realtà ciò a cui aspira non è la cessazione di qualsiasi sostegno pubblico al settore, ma lo spostamento della destinazione dei contributi dagli editori al sistema editoria nel suo complesso. Ciò vuol dire che a beneficiare degli interventi sarebbero direttamente i cittadini. Questo perché, secondo Crimi, i contributi pubblici non fanno bene all’informazione, nel modo in cui sono attualmente strutturati. Al momento sarebbero infatti strumenti in mano al governo di turno per tenere a bada le testate. Il sottosegretario non intende azzerare quanto fatto nel precedente governo, ma proseguire in quel solco. Ha infatti detto di voler approfondire la legge 198/2016 e procedere con ulteriori verifiche dei beneficiari. Il provvedimento citato da Crimi, che porta il nome di Luca Lotti, ha già dato una decisa sforbiciata al novero degli aventi diritto alla corresponsione dei contributi. Tali soggetti si identificano in : cooperative giornalistiche; enti senza fini di lucro e imprese possedute interamente da enti senza fine di lucro; quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti; associazioni di consumatori; imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero e le radio e tv locali. Con l’attuale sistema di contribuzione a beneficiare maggiormente dei fondi pubblici sono: Avvenire, Libero, ll Manifesto e Italia Oggi. Crimi ha citato proprio questi giornali, a supporto della sua testi sull’asimmetria dell’attuale sistema. Non è un caso che le idee esposte da Crimi durante l’audizione siano state oggetto di critica da parte de “Il Manifesto”, che ha evidenziato la mancanza di veridicità in alcune affermazioni del sottosegretario. Infatti il settore dell’editoria non è quello che ha ricevuto più fondi negli ultimi anni, contrariamente a quanto affermato da Crimi. In ogni caso la legge 198/2016 ha, come detto, già posto importanti paletti all’elargizione dei contributi, escludendo giornali organi di partito e testate facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate.
Non è ben chiaro, però, quali misure potrebbero essere attuate per adempiere al cambiamento sistematico voluto da Crimi. Il sottosegretario ha parlato di individuare un target di fruitori o di prodotti editoriali, ma anche di voucher e detrazioni di imposta per i cittadini. Tutti strumenti ancora ammantati da una nube di incomprensioni e scetticismo. Direttrice dell’azione di Crimi sarà sicuramente il sostegno al rinnovamento tecnologico di prodotti editoriali tradizionali. Ciò si traduce nel dare maggiore importanza all’informazione digitale rispetto a quella cartacea. A riguardo, però, non si può ignorare la maggiore autorevolezza della carta stampata, che si configura ancora come la principale medicina per il dilagare delle fake news. E’ quanto affermato dalla maggior parte dei professionisti del settore e dagli stessi editori (si veda l’opinione in merito della Fieg, che qualche settimana fa ha consigliato a Crimi di maturare ulteriore esperienza nel settore.)

L'articolo Contributi per l’editoria, quali sono le intenzioni di Vito Crimi? proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 04/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Quattro poltrone senza direttore, l’ occasione per le prime nomine

L’ insostituibile Anna

Rcs, profitti quasi raddoppiati A Piazza Affari i titoli salgono del 5%

M5S e la minaccia a FI: una tassa sugli spot tv

Rcs, profitti semestrali a 45 milioni

Salvini insiste su Foa Spunta la «tassa» sugli spot

Rcs, l’ utile aumenta a 45,4 mln

Chessidice in viale dell’ Editoria

LENA (Leading European Newspaper Alliance) è l’ alleanza editoriale di cui Repubblica fa parte insieme a Die Welt

Lo sguardo su Rai Way

Quattro poltrone senza direttore, l’ occasione per le prime nomine

Corriere della Sera
PAOLO CONTI
link

Roma Quattro direzioni «pesanti», di gran potere aziendale (in un caso anche economico). Quattro poltrone che attendono di essere occupate dal nuovo corso Rai. Il consigliere anziano Marcello Foa e l’ amministratore delegato Fabrizio Salini potrebbero usare il pretesto dell’ emergenza per aprire la stagione delle nomine, che forse potrebbe già cominciare: se manca un direttore, va nominato senza sostituire nessuno. Prima casella, la TgR, Testata giornalistica regionale: 800 giornalisti nelle 21 sedi regionali (il Trentino-Alto Adige ne ha una a Bolzano e una a Trento). Lega e M5S tradizionalmente hanno sempre guardato lì, dove si forma l’ opinione locale. Fabrizio Morgante si è dimesso dalla Rai: il 23 luglio è stato nominato direttore di Tv2000, la tv della Conferenza Episcopale Italiana, al posto di Paolo Ruffini, nuovo prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Per la successione alla TgR si parla di Enrico Castelli o di Paolo Corsini, entrambi area centrodestra e buoni rapporti con Lega-M5S. Seconda poltrona: Rai Sport. Gabriele Romagnoli ha chiuso polemicamente la sua esperienza. Jacopo Volpi è il candidato più accreditato dai tam tam Lega-M5S. Terza poltrona: Giornale radio e Radio1, dove c’ era Gerardo Greco. Il 4 luglio Mediaset ha annunciato la sua nomina a direttore del Tg4. È un altro luogo di potere caro a Lega-M5S. Giuseppe Carboni del Tg2 è un candidato appoggiato dal M5S e gradito alla Lega. Ed eccoci al potere economico, significativo per i rapporti interni al centrodestra: Rai Pubblicità. Dai primi di marzo, l’ amministratore delegato (dalla fine 2012) Fabrizio Piscopo è passato al Gruppo 24ore, ma aveva già lasciato la Rai a fine 2017. Ora l’ interim è del presidente di Rai Pubblicità, Antonio Marano. Ma occorre un manager commerciale. Ed eccoci al centrodestra. Sarà scelto il protagonista di una politica aggressiva sul mercato, anche verso Mediaset o chi cercherà (come accadde nel primo governo del Cavaliere, quando scoppiarono feroci polemiche) intese ed equilibri con Publitalia? In più il futuro capo di Rai Pubblicità dovrà vedersela con un mercato che si è allargato a tanti competitor sempre più agguerriti sulla raccolta. Nomine imminenti? Il quadro politico si concentra sul nodo della presidenza e di Marcello Foa: ma c’ è chi dimentica che il vero potere aziendale di proposta e di nomina, con la nuova legge del dicembre 2015, è nelle mani dell’ amministratore delegato Salini che «acquisisce il parere obbligatorio» del Consiglio, vincolante solo se c’ è un no con maggioranza dei due terzi. Insomma: se Salini non propone e non sceglie, niente nomine. Nemmeno se Foa glielo chiedesse come Consigliere anziano.

L’ insostituibile Anna

Corriere della Sera
MARIA LUISA AGNESE
link

A 68 anni Anna Wintour, direttrice prestigiosa di Vogue da 30 anni, viene confermata a tempo indefinito. Un editore internazionale, Condé Nast, si inchina al talento incurante dell’ età e delle improvvide rottamazioni che spesso il marketing commerciale – ma anche politico – impone a vanvera per nascondere le sue insicurezze. Una signora over 60 va oltre i contorcimenti del mercato e di ogni precarietà contemporanea, aggiudicandosi una carriera a vita. Direttrice per sempre, dunque di quel VogueAmerica dove la giornalista di pedigree britannico era arrivata nel novembre 1988, stupendo subito tutti con una copertina scapigliata rispetto ai canoni della Super Bibbia della moda Usa: una ragazza, la modella Michaela Bercu con pantaloncino jeans tipo Guess, piccola fetta di pelle fuori e camicetta di Lacroix con maxi croce tempestata di pietre colorate, foto di Peter Lindberg con cui il giornale entrava in una nuova era, pubblicata, come disse poi Anna «anche se gli occhi della modella erano un po’ chiusi e tutti mi chiedevano se era incinta». Lì per lì la redazione aveva pensato a uno scherzo. Poi si è ricreduta. Anna dice di amare le persone con personalità e difatti sul suo Vogue ha subito imposto le celebrities in copertina, da Madonna a Beyoncé a Taylor Swift a Jennifer Lawrence, e le donne influenti da Lady D a Hillary Clinton a Michelle Obama, da Kate Middleton a Oprah Winfrey: un mondo che l’ ha aiutata a creare una rete di rapporti personali e un potere parallelo a quello di direttrice, esercitato peraltro sempre in sinergia e al servizio del suo lavoro. Una celebrity a sua volta, tanto che si era parlato di lei anche come ambasciatrice a Londra per Obama. Ma per quanto ami il talento, Anna pretende anche devozione intorno a sé, almeno a voler credere alla Miranda di Meryl Streep che si sarebbe ispirata proprio a lei per dar vita alla direttrice caparbia, capricciosa e dispotica nel film del 2006 «Il diavole veste Prada». Leggendarie le partite a tennis all’ alba, il parrucchiere mattina e sera per rinfrescare l’ immutato caschetto, l’ inseparabile sandalo beige di Manolo Blahnik di forma chic e di calzata comoda, gli occhiali scuri (quasi) sempre indosso, i battimano spesso svogliati alle sfilate, l’ abilità di riciclare vestiti, collane, calzature. Tante chiacchiere tanto onore e, sempre, tanta personalità. Sono veri i pettegolezzi su di lei? «Tutti veri» ha risposto Anna in un’ intervista maratona con 73 domande di una giovane giornalista di Condé Nast, mentre in un’ altra risposta confessava che l’ unica cosa di cui sentiva la mancanza negli Usa era l’ humor britannico. Nella stessa occasione ha anche annunciato di non portare quasi mai la borsa e che trovava sommamente glamour la figura letteraria di Scarlett O’ Hara, cosa che la dice lunga sul culto della personalità. Di amare le tuberose e le pellicce, ma soprattutto i due figli avuti da David Shaffer, psichiatra infantile e suo marito fino al 1999: Charles, che ha scelto la strada del padre e Bee, giornalista (ma non di moda) come la madre che il 7 luglio scorso a Long Island ha sposato – a cellulari spenti – Francesco Carrozzini, figlio della direttrice di VogueItalia, Franca Sozzani, scomparsa nel dicembre 2016. Nell’ occasione aveva ripreso quota il gossip rivelatosi sommamente sventato che dava Anna in uscita in autunno da Condé Nast proprio in contemporanea con la pubblicazione del famoso numero settembrino, il più importante dell’ anno per carico di pubblicità, di moda, di idee. Ora arriva la nomina a vita, cinque anni dopo la doppia nomina (direttore di Vogue più direttore artistico di tutto il gruppo): «Sarò solo una centralina di suggerimenti, d’ altra parte è quel che faccio già a Vogue, do consigli a tutti», minimizzava allora lei. A dimostrazione che «L’ età conta solo se non vali niente» come ha titolato il Foglio in un articolo di Fabiana Giacomotti. E che un’ idea elastica dell’ età è più glamour e più adatta alle sfide contemporanee.

Rcs, profitti quasi raddoppiati A Piazza Affari i titoli salgono del 5%

Corriere della Sera
Francesca Basso
link

MILANO Il primo trimestre dell’ anno aveva già dato un segnale importante, in positivo dopo dieci anni. Il secondo conferma la corsa. A due anni precisi dal suo insediamento ai vertici del gruppo Rcs MediaGroup, il presidente e amministratore delegato Urbano Cairo chiude il primo semestre del 2018 con un risultato netto positivo per 45,4 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto ai 24 milioni nello stesso periodo del 2017. I ricavi consolidati del gruppo, che pubblica il Corriere della Sera, sono pari a 503,6 milioni e sono stabili a livello omogeneo rispetto al 30 giugno 2017. Il margine operativo lordo è pari a 83,1 milioni (contro 69 milioni). L’ indebitamento finanziario netto del gruppo è sceso a 245,9 milioni (41,5 milioni in meno rispetto al 31 dicembre 2017) e a fine anno calerà sotto i 200 milioni, come già anticipato altre volte da Cairo. Il mercato ha apprezzato la performance e il titolo ha chiuso guadagnando il 5,1%. Rcs conferma dunque gli obiettivi per il 2018 che prevedono margine operativo lordo e flussi di cassa «in crescita». Il gruppo, sottolinea una nota, «ha realizzato un forte miglioramento dei risultati rispetto al periodo precedente e conseguito i propri obiettivi di margini e riduzione progressiva dell’ indebitamento finanziario». I ricavi pubblicitari ammontano a 206,1 milioni: su base omogenea registrano una incremento di 1,3 milioni rispetto al primo semestre 2017, grazie «ai maggiori ricavi pubblicitari realizzati da Unidad Editorial per l’ effetto trainante dei ricavi pubblicitari sul mezzo online che cresce del 24%». I ricavi editoriali sono pari a 212,5 milioni. A livello diffusionale si confermano le leadership nei rispettivi segmenti di riferimento dei quotidiani Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport, Marca ed Expansión, mentre El Mundo conferma la seconda posizione tra i generalisti spagnoli nel mercato edicola. La diffusione del Corriere della Sera in edicola ottiene risultati migliori del settore, calando del 3,7% contro il 7,7% registrato dal mercato, e La Gazzetta dello Sport registra un meno 5,1% contro il 10,7% del mercato di riferimento. Nel mese di giugno le diffusioni del Corriere della Sera segnano, sempre in edicola, un aumento rispetto allo stesso mese dell’ anno precedente. Crescono significativamente gli indicatori di performance digitali dei siti dei quotidiani del gruppo: aumentano del 31% gli abbonati consumer attivi a fine giugno in Italia, con circa 92 mila abbonati paganti tra digital edition, membership e m-site. I ricavi diversi ammontano a 85 milioni. Significativo il contributo degli eventi sportivi dell’ area Rcs Sport. Prosegue anche nel 2018, oltre al successo delle iniziative lanciate nello scorso esercizio (i nuovi L’ Economia e 7, l’ inserto gratuito Buone Notizie-L’ impresa del Bene, la nuova edizione locale Corriere Torino), l’ arricchimento e il potenziamento dei contenuti editoriali di gruppo con effetti positivi sui ricavi. Il 23 febbraio è stato lanciato il nuovo mensile allegato al quotidiano, Corriere Innovazione. Il 19 aprile ha esordito «Solferino-i libri del Corriere della Sera»: un’ offerta di narrativa, saggistica, poesia e libri per ragazzi, italiani e stranieri. E dal 18 maggio ogni venerdì è in edicola Liberi Tutti, il nuovo supplemento settimanale gratuito dedicato al piacere di vivere, che completa l’ offerta dei sei supplementi del Corriere già presenti in edicola negli altri giorni della settimana. Novità anche per i lettori de La Gazzetta dello Sport con gli spazi quotidiani dedicati a Genova (nel primo trimestre si erano aggiunte Torino e Cagliari). E poi Time Out, inserto omaggio di approfondimento settimanale sul campionato italiano di basket, in edicola il mercoledì. Dall’ inizio di luglio è in edicola Fuorigioco, il nuovo settimanale domenicale gratuito in abbinata a La Gazzetta, dedicato all’ ambiente sportivo, alle sue celebrità e ai suoi miti.

M5S e la minaccia a FI: una tassa sugli spot tv

Il Mattino

link

LO SCENARIO ROMA Una tassazione straordinaria sugli spot pubblicitari in tv. La minaccia è targata M5S. Un testo in via di definizione che potrebbe essere inserito come un emendamento nella legge di bilancio o in un prossimo provvedimento fiscale. Luigi Di Maio, spiegano fonti informate di Forza Italia, ha già caricato la pistola. E Matteo Salvini ha avvertito Silvio Berlusconi. «Solo io – ha spiegato al Cavaliere – posso assicurare la salvaguardia delle tue tv, M5S è pronto alla guerra». LA PARTITA La partita sulla pubblicità è così finita nella trattativa sulla Rai. Già molte grandi aziende hanno ridotto gli spazi pubblicitari sulle tv e non solo in Italia. «Ma se un’ azienda volesse proporsi sulle nostre reti – ragiona anche un big della Fininvest – avrebbe vita difficile in presenza di una tassa ad hoc». L’ allarme ad Arcore è risuonato da tempo, ma dopo lo strappo sulla Rai tra i fedelissimi di Berlusconi c’ è la consapevolezza che Salvini più che tentare di svuotare il partito possa non fungere più da frangiflutti per contrastare i piani dei pentastellati. Ecco uno dei motivi per i quali Berlusconi tre giorni fa, dopo la visita alle 8 di mattina di Salvini all’ ospedale San Raffaele di Milano, precisamente alle 9, ha chiamato il capogruppo di FI in Vigilanza Rai Mulè chiedendogli di dire sì a Marcello Foa per la presidenza dell’ azienda di viale Mazzini. Troppo tardi, il partito azzurro e il Pd avevano già concordato il blitz, temendo un ripensamento del Cavaliere. Antonio Tajani e i capigruppo di Camera e Senato hanno alzato le barricate su Foa. Sulla stessa lunghezza d’ onda Ghedini e Letta. I CONTATTI Proprio quest’ ultimo continua a mantenere i contatti con i vertici dem e, irritando non poco i leghisti, qualche settimana fa ha partecipato ad un convegno sullo sport tenutosi proprio nella sede del Nazareno del Pd. Salvini – riferisce uno dei big azzurri – ha inoltre chiesto a Berlusconi di non prestare il fianco ai dirigenti affossati dal nuovo corso del partito di via Bellerio e che intendono ancora una volta provare a rilanciare l’ operazione Grande nord. Si tratta dei leghisti legati a Bossi che hanno chiesto fondi per riorganizzarsi. Il Cavaliere ha detto di no, accontentando così Salvini. Intende lavorare sul serio affinché il centrodestra resti unito. Ed è vero che i rapporti con il ministro dell’ Interno sono continui. La tentazione dell’ ex premier è quella di lasciare ai fedelissimi la guida della barca affinché si realizzi per esempio il cambio dei coordinatori regionali. «Ma senza di me FI va al 5%», continua a ricordare l’ ex presidente del Consiglio. IL RINNOVAMENTO Il rinnovamento in FI è cominciato. Galliani, diventato capo dei dipartimenti, in una delle ultime riunioni ha fatto un parallelo calcistico: «Io – ha sostenuto – quando ero ad del Milan ho vinto più di tutte le altre squadre. Vi prometto che farò di tutto per portare Forza Italia al 20%». Il Milan resta uno degli argomenti che da sempre avvicinano Salvini e Berlusconi. Chissà se è vero, come riporta un fedelissimo dell’ ex premier, che il Cavaliere per un attimo è stato tentato di ricomprare il Milan per una cifra intorno ai 320 milioni di euro. L’ ex presidente del Consiglio per una settimana se ne starà in Sardegna, ha cancellato tutti i suoi appuntamenti. Al momento, per la presidenza del cda della Rai, il segretario della Lega è fermo su Foa, mentre tutto il partito azzurro invoca un cambio di nome. Intanto il Pd ha chiesto un incontro urgente ai presidenti di Camera e Senato mentre i vertici della Vigilanza potrebbero vedere Tria martedì. Proprio quest’ ultimo è l’ ago della bilancia. Anche nella Lega riferiscono come il ministro dell’ Economia non sia soddisfatto della situazione che si è venuta a creare. Al momento l’ orientamento dei giallo-verdi sarebbe quello di non procedere alle nomine dei direttori dei tg ma di gestire, con Foa nelle vesti di consigliere anziano, solo l’ ordinaria amministrazione. Con la Lega che intanto avrebbe chiesto delucidazioni legali sulla possibilità di poter riproporre il nome del giornalista italo-svizzero. Emilio Pucci © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rcs, profitti semestrali a 45 milioni

Il Sole 24 Ore

link

Via libera del cda di Rcs MediaGroup ai conti del primo semestre 2018, chiuso con un risultato netto positivo per 45,4 milioni di euro, in crescita rispetto ai 24 milioni nello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi consolidati sono pari a 503,6 milioni e sono “stabili”, scrive in una nota il gruppo editoriale, rispetto al 30 giugno 2017 su base omogenea. L’ Ebitda è pari a 83,1 milioni di euro (contro 69 milioni). Rcs conferma i target per il 2018 che prevedono Ebitda e Net cash flow “in crescita” e un indebitamento finanziario netto inferiore ai 200 milioni di euro.

Salvini insiste su Foa Spunta la «tassa» sugli spot

Il Sole 24 Ore
Barbara Fiammeri
link

Sulla Rai resta lo stallo. Matteo Salvini anche ieri ha ribadito che il nome per la presidenza di Viale Mazzini resta quello di Marcello Foa. La prossima settimana il Cda tornerà a riunirsi ma difficilmente partorirà nomine o comunque decisioni se prima non verrà raggiunta un’ intesa politica. Il M5s sta alla finestra in attesa di capire come andrà a finire il muro contro muro tra Lega e Forza Italia. «Tocca a Berlusconi spiegare», dice Salvini. Ma a parte il governatore ligure Giovanni Toti, che ha fatto un esplicito endorsement a favore di Foa, non si intravedono brecce. Lo conferma indirettamente lo scontro sui vaccini, ieri al Senato, tra i due partiti del centrodestra. A guidarlo è stata l’ azzurra Licia Ronzulli, che oltre ad essere vicinissima a Berlusconi è da sempre ritenuta una dei pontieri tra Fi e Lega. Un segnale che, salvo improvvisi colpi di scena, lascia intendere che la partita sulla Rai è destinata a decantare fino a settembre. Nella Lega però confidano in un ravvedimento «operoso» del Cavaliere. In ballo non ci sono solo le nomine di Reti e Tg. Tra i Palazzi romani gira da giorni la voce di una “tassa” sugli spot pubblicitari che ovviamente colpirebbe anche e soprattutto Mediaset. Nel frattempo i capigruppo del Pd di Camera e Senato, Delrio e Marcucci, hanno formalizzato la richiesta di incontro con i presidenti dei due rami del Parlamento, Fico e Casellati affiché tutelino «la libera decisione della commissione di Vigilanza dalla gravissima intromissione a cui stiamo assistendo». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rcs, l’ utile aumenta a 45,4 mln

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

Il dato ultimo a chiusura del primo semestre 2018 di Rcs è che l’ utile netto arriva quasi al raddoppio: quota 45,4 milioni di euro dai 24 milioni registrati a fine giugno 2017. Ma risalendo lungo il bilancio c’ è l’ ebitda che segna un incremento del 20,4% sui 14,1 milioni di euro. Motivo industriale? I «risultati positivi derivanti dall’ attività di investimento sui contenuti editoriali», hanno precisato ieri con una nota dal gruppo editoriale del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Al risultato concorrono anche il «continuo arricchimento dell’ offerta» e «la valorizzazione del portafoglio degli eventi sportivi, oltre al continuo impegno nel perseguimento dell’ efficienza, che ha permesso di ottenere benefici relativi a costi operativi per 11,1 milioni, di cui 5,5 milioni in Italia e 5,6 milioni in Spagna». Restando sul fronte editoriale, però, i risultati provengono dall’ allargamento dei contenuti in stile Urbano Cairo del quotidiano diretto da Luciano Fontana che, dopo la nuova Economia e Liberi Tutti per esempio, sta per lanciare il nuovo Cook a settembre (come anticipato da ItaliaOggi del 20/7/2018) e, più genericamente per l’ autunno, prevede il nuovo Io Donna by Danda Santini. La Gazzetta dello Sport guidata da Andrea Monti, invece, si è recentemente espansa sulla città di Genova con spazi ad hoc, dopo Torino e Cagliari. A proposito di Corriere della Sera, sul singolo mese di giugno, la casa editrice meneghina annuncia vendite in edicola al rialzo, secondo stime interne. E’ la prima volta che succede dall’ aprile 2012 (rispetto allo stesso mese del 2011). Sul digitale, infine, crescono del 31% fino ai 92 mila gli abbonati dell’ offerta a pagamento. Capitolo a parte sul semestre, così come da conti approvati sempre ieri dal cda presieduto dallo stesso editore (al 59,8%) Cairo, scende l’ indebitamento netto di 41,5 milioni rispetto al 31 dicembre scorso. Si attesta sui 245,9, confermando così una riduzione di circa 7 milioni al mese. Lo scorso febbraio, Cairo aveva parlato di un decremento «in media di 8 milioni al mese in 18 mesi, cioè da quando sono arrivato quando era a 430 milioni» (nell’ agosto 2016). L’ obiettivo è portare l’ indebitamento finanziario sotto i 200 milioni di euro a fine 2018. Lo scorso aprile, l’ editore anche di magazine e La7 aveva ribadito l’ ipotesi di distribuire un dividendo nel 2019 sui conti di quest’ anno. Al momento Rcs conferma gli obiettivi 2018 per una crescita dell’ ebitda e dei flussi di cassa della gestione corrente. Il flusso di cassa della gestione operativa è a giugno di 57,9 milioni (da 24 mln). Tornando al conto economico dei primi sei mesi del 2018, a fronte di un fatturato complessivo di 503,6 milioni di euro (+6,8% e stabili senza gli effetti derivanti dall’ introduzione nel 2018 dei nuovi principi contabili Ifrs), i ricavi da vendite crescono del 23% sui 212,5 milioni ma decrescono, su base omogenea, di 10,2 milioni di euro in valore assoluto (di cui 4,1 mln in Italia e 6,1 mln in Spagna tramite Unidad Editorial). Da considerare, tra gli altri, c’ è la revisione della politica degli sconti sulle copie. Dalla pubblicità, viceversa, si segnala un calo del 3% per 206,1 milioni utilizzando i principi contabili Ifrs; al netto c’ è un incremento di 1,3 milioni «grazie in particolare ai maggiori ricavi pubblicitari realizzati da Unidad Editorial per l’ effetto trainante dei ricavi pubblicitari sul mezzo online. Tale componente, che rappresenta in Spagna il 43% dei ricavi pubblicitari dell’ area, è in crescita del 24,9% rispetto al primo semestre 2017», hanno concluso da via Rizzoli. Ieri il titolo ha chiuso la giornata in Borsa a +5,1% a 1,072 euro. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Dazn punta a 3-5 milioni di clienti e a essere grande come Sky Italia. «Vogliamo raggiungere fra 3 e 5 milioni di clienti nel medio termine in Italia. La nostra ambizione è di arrivare a essere grandi come Sky Italia in termini di clienti sportivi», ha dichiarato ieri all’ agenzia Reuters il ceo di Dazn James Rushton. Al momento la piattaforma, che fa parte del gruppo Perform, ha siglato accordi commerciali con Sky e Mediaset. Ma, ha proseguito Rushton, «stiamo ancora parlando con Tim, Fastweb e altri come potenziali partner, pertanto il numero di 3-5 milioni di clienti potrebbe arrivare anche prima del previsto». Il ceo non si sbilancia, comunque, sugli obiettivi in Italia: «Alla fine dell’ anno daremo dei numeri e forse un’ indicazione dove ci troviamo dopo i primi sei mesi. Abbiamo investito 200 milioni di euro a stagione per i diritti, 600 milioni in tre anni. Abbiamo comprato anche i diritti della serie B e continueremo a investire nei grandi contenuti». Serie B, alla Rai gli highlights tv e l’ esclusiva radiofonica. La Lega di Serie B ha assegnato alla Rai i «Esclusivo Highlights TV» ed «Esclusivo Radiofonico» per il triennio 2018-2021 con un sensibile aumento dei ricavi rispetto ai tre anni precedenti. La Lega procederà ora con la commercializzazione dei diritti esteri e dei diritti non esclusivi per il mercato italiano. Disney deve offrire 18,28 dollari ad azione per Sky se compra gli asset di Fox. Lo U.K. Takeover Panel ha confermato che Disney sarà obbligata a presentare un’ offerta per 14 sterline ad azione (18,28 dollari, circa 15,78 euro) per il rimanente 61% di Sky, in caso di esito positivo dell’ operazione da 71 miliardi di dollari (circa 61,3 mld di euro) tra Disney e Fox (che possiede il 39% della pay tv britannica). Gli azionisti di Sky hanno tempo fino al 22 agosto per accettare l’ offerta. ProSiebenSat.1 Media cresce nel semestre e conferma gli obiettivi. ProSiebenSat.1 Media ha chiude il secondo trimestre con l’ utile netto a 126 milioni di euro, contro i 117 milioni di euro di un anno fa. I ricavi sono calati del 5% a 912 milioni. L’ ebitda si è attestato a 259 milioni. La società radio-televisiva ha detto di star lavorando su un aggiornamento strategico, che verrà presentato in occasione del capital markets day di novembre. ProSiebenSat.1 ha confermato i target finanziari per il 2018, ma ha aggiunto che l’ obiettivo di crescita dei ricavi «include ancora i contributi derivanti da società che dovrebbero essere deconsolidate nel terzo trimestre». Agcom, ulteriore avanzamento nella copertura banda ultralarga. C’ è un ulteriore avanzamento del livello di copertura ultrabroadband della rete fissa, sempre più coadiuvata dalle reti Fwa (Fixed wireless access) che raggiungono aree significative del territorio nazionale. Lo ha reso noto ieri l’ Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) che ha rilasciato un aggiornamento della broadband map, ossia la banca dati che consente la visualizzazione dello sviluppo delle reti di accesso a internet, fisse e mobili, su tutto il territorio italiano, a livello di singolo indirizzo. Le novità riguardano sia l’ upgrading di alcune funzionalità sia i risultati della più recente rilevazione dati, con una fotografia della connettività broadband al 15 giugno 2018. Sotto il profilo tecnico, la broadband map di Agcom (presieduta da Angelo Marcello Cardani) utilizza un motore di analisi ad alta risoluzione capace di valutare circa 40 milioni di punti geografici e, dunque, di consentire all’ utente di verificare le velocità del proprio accesso a internet anche in aree di piccole dimensioni, normalmente trascurate dalle implementazioni più datate. Sergio Bonelli lancia la sua casa di produzione cinematografica. Sergio Bonelli, l’ editore italiano specializzato nel settore dei fumetti, ha annunciato la creazione di Bonelli Entertainment, braccio produttivo della casa editrice nato con lo scopo di sviluppare progetti cinematografici e televisivi basati sui propri personaggi e sulle proprie storie originali. La nuova unità sta attualmente sviluppando una serie tv horror live-action di 10 episodi basata su Dylan Dog (nella foto) e sono allo studio progetti per cinema e tv che coinvolgeranno Martin Mystère, Mister No, Dampyr, Dragonero, Il Confine e l’ universo legato a Nathan Never.

LENA (Leading European Newspaper Alliance) è l’ alleanza editoriale di cui Repubblica fa parte insieme a Die Welt

La Repubblica

link

(Germania), El País (Spagna), Le Figaro (Francia), Le Soir (Belgio), Gazeta Wyborcza (Polonia), Tages Anzeiger (Svizzera) e Tribune de Genève (Svizzera). Il consorzio LENA riunisce otto testate europee, circa 2500 giornalisti, sette milioni di lettori cartacei e circa 45 milioni di utenti unici online in Europa. Die Welt (“mondo” in tedesco) è uno dei più antichi giornali in Germania in circolazione. La sua prima uscita risale al 1946. È di ispirazione conservatrice e liberista. Fondato nel 1976, progressista, è attualmente il quotidiano più diffuso in Spagna. Il sito online elpais.com è il quotidiano digitale in spagnolo più letto al mondo. È nato nel 1826 ed è il più antico quotidiano di Francia attualmente in circolazione. Uno dei primi suoi collaboratori fu lo scrittore Émile Zola. È di ispirazione post-gaullista. Fondato nel 1887, di lingua francese, è uno dei maggiori e più antichi quotidiani in Belgio. La sua linea è progressista e liberale. Del 1893, come la Tribune fa parte del gruppo Tamedia. In lingua tedesca, è tra i più venduti quotidiani in Svizzera. Ha posizioni liberali e vicine al centro-sinistra. Fu un banchiere americano, James T. Bates, a fondarlo nel 1879. Di lingua francese, è il quotidiano di riferimento di Ginevra e tra i maggiori in Svizzera. “Gazzetta elettorale”, è il giornale simbolo della Polonia libera. È nato nel 1989 sulla spinta del movimento democratico Solidarnosc. Adam Michnik ne è direttore dalla fondazione.

Lo sguardo su Rai Way

Milano Finanza
MANUEL FOLLIS
link

L’ operazione su Ei Towers può prendere il via. Venerdì 3 agosto è stato infatti depositato e pubblicato (consultabile anche sul sito di F2i) il prospetto informativo dell’ opa annunciata il 16 luglio (e anticipata da Mlianofinanza.it) sul 100% delle azioni Ei Towers da parte di 2i Towers, veicolo controllato al 60% da F2i e al 40% da Mediaset. Tecnicamente, l’ operazione partirà il 27 agosto per concludersi indicativamente il 5 ottobre e gli acquirenti hanno offerto un prezzo di 57 euro per azione, il 15,6% più alto rispetto al giorno prima dell’ annuncio e quasi il 20% in più rispetto alla media delle valutazioni degli ultimi sei mesi, che peraltro già si assestavano sui massimi storici di Ei Towers dal suo sbarco in borsa. L’ obiettivo dell’ operazione è il delisting della società che nei piani di F2i dovrebbe consentire la semplificazione degli assetti proprietari riducendo gli oneri connessi alla quotazione, ma soprattutto dovrebbe garantire maggiore rapidità e incisività nell’ attuazione di eventuali decisioni gestionali, o per dirla meglio in caso di nuove operazioni straordinarie, che vedrebbero il nuovo soggetto ancora una volta vestire i panni dell’ aggregatore. Non è un mistero infatti che il mercato si aspetti, una volta portato a compimento l’ opa su Ei Towers, che il gruppo faccia rotta su Rai Way, per dare vita a un polo delle torri di trasmissione. Da questo punto di vista, l’ intenzione di F2i è quello di fornire alla nuova società know how infrastrutturale e soprattutto risorse per incentivare lo sviluppo industriale. In caso di successo dell’ opa e di conseguente delisting del titolo Ei Towers, F2i deterrà la maggioranza assoluta con il 60% e Mediaset il 40%, che passerà così da azionista di controllo a secondo azionista. Il consiglio di amministrazione della nuova Ei Towers avrà 10 membri di cui 7 scelti da F2i, che nominerà sia l’ amministratore sia il presidente e tre di Mediaset. L’ effetto del riassetto nei piani di 2i Towers sarà la creazione di un player indipendente neutrale e aperto alle partnership con altri operatori nel campo della trasmissione di segnali tv e di telecomunicazioni, non più verticalmente integrato con Mediaset (come è attualmente) ma come detto aperto a nuove alleanze e/o operazioni straordinarie. Cosa succede in caso di non raggiungimento della soglia del 90%? In un caso, ovvero se l’ offerta dovesse raggiungere il target prefissato, 2iTowers procederebbe al delisting e quindi all’ opa residuale su i detentori di azioni che non le avessero consegnate. In caso invece di non raggiungimento del 90% 2iTowers, in linea con le motivazioni e gli obiettivi dell’ offerta, si riserva di proporre di conseguire il delisting mediante fusione. Agli azionisti che non avessero concorso alla deliberazione di approvazione di questa fusione spetterebbe quindi il diritto di recesso, perché si troverebbero a possedere azioni non quotate su un mercato regolamentato. Il valore corrisposto in questo caso farebbe esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell’ avviso di convocazione dell’ assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso. Ad eccezione di Jefferies, gli analisti che hanno valutato l’ operazione si sono espressi tutti a favore, consigliando di aderire: Exane Bnp Paribas, Intesa Sanpaolo, Intermonte, Kepler Cheuvreux, Esn ed Equita si sono espresse tutte a favore, tutte mettendo nel mirino la futura acquisizione di Rai Way «una possibilità di medio termine nella nostra visione» (Bnp Paribas), e «una mossa che permetterebbe sinergie di costo di 25 milioni all’ anno» (Intermonte). Anche Jefferies, l’ unica a considerare il prezzo di 57 euro troppo basso («Ei Towers ha sempre scambiato a sconto rispetto ai concorrenti») spiega che «chi vuole vendere azioni dovrebbe essere consapevole delle sinergie che questo deal sblocca per 2i Towers». Che si tratti di un’ operazione possibile o probabile, Rai Way rappresenta però il futuro. Il primo passo è il prospetto appena pubblicato. (riproduzione riservata)

L'articolo Rassegna Stampa del 04/08/2018 proviene da Editoria.tv.


Rassegna Stampa del 05/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Presidenza Rai è battaglia legale

«Non può guidare il consiglio né riproporsi come candidato»

Rai, il presidente della Vigilanza avvia la battaglia legale

Capotondi e i film anti plastica «Il cinema può salvare il mare»

Le nomine pubbliche e il passo indietro sulle quote di genere

Una serie su Dylan Dog La Sergio Bonelli Editore produrrà per cinema e tv

Il clima politico non manda in vacanza l’ approfondimento

I gol e “Un posto al sole”: il caso Foa fa rischiare la Rai

La Bonelli come la Marvel, dai fumetti di carta alle serie tv

Rai, appello al Colle Gli atti di Foa rischiano di non avere valore

Rai, Di Maio sfida Salvini: niente nomine se c’è Foa

«Ora la Vigilanza potrebbe ricorrere alla Consulta»

Per vedere Roma e Lazio in tv serve una laurea in tecnologia

L’ esecutivo dai due volti

Per convincere il Cav su Foa spunta la tassa sugli spot tv

Profitti record in Italia ma dal club dei trilionari solo 14 milioni di tasse

Rai, il piano B: un altro incarico a Foa

GOL E SPOILER SU DAZN LA VITA IN RITARDO DI 40 SECONDI

Presidenza Rai è battaglia legale

Corriere della Sera
PAOLO CONTI
link

Il presidente della Vigilanza Rai Alberto Barachini (FI) ha convocato i vertici del suo ufficio e, contro la nomina di Foa ha deciso di chiedere pareri ad alcuni giuristi. Mercoledì il cda.a pagina 9.

«Non può guidare il consiglio né riproporsi come candidato»

Corriere della Sera
PAOLO CONTI
link

Roma Si discute molto sulla posizione di Marcello Foa dopo la prima bocciatura. Due i temi: come consigliere anziano può avviare e coordinare i lavori del consiglio di amministrazione Rai? E soprattutto, potrebbe essere proposto ancora come presidente? Professor Beniamino Caravita di Toritto, lei è ordinario di Istituzioni di diritto pubblico alla Sapienza. Che cosa ne pensa? «Io parto dalla posizione costituzionale della commissione di Vigilanza come luogo istituzionale che esprime la volontà delle due Camere in relazione alla gestione del servizio pubblico radiotelevisivo. Serve a garantire la necessità del pluralismo alla luce dell’ articolo 21 della Costituzione e delle sentenze della Corte Costituzionale del 1974 e del 1975. Il mio giudizio è che, dopo il mancato parere positivo dei due terzi della Vigilanza previsto dalla legge, la permanenza di Foa sarebbe una elusione del giudizio della commissione». Vuol dire che Foa non può agire come se fosse un presidente, magari convocando il Cda per le nomine? «Foa può convocare il consiglio eventualmente solo per nominare un altro presidente ma non può farne partire l’ attività». C’ è chi cita il caso di Francesco Alberoni, consigliere anziano dal maggio 2004 al maggio 2005 dopo le dimissioni di Lucia Annunziata. «Era un caso ben diverso: lì un presidente era stato nominato, si era dimesso ed era stato sostituito pro tempore dal consigliere anziano. Qui no: il Cda Rai non ha mai cominciato a funzionare veramente proprio per il voto negativo in Vigilanza». In area Lega si ipotizza la riproposizione di Foa alla Vigilanza, magari dopo un nuovo voto. Una nuova candidatura di fronte alla commissione. Si può fare? «Anche qui ci sarebbe una palese elusione della volontà delle due Camere resa attraverso la commissione di Vigilanza che esprime il suo parere alla luce della natura di Servizio pubblico della Rai. In più si aggiungerebbe il rischio di un inquinamento dei rapporti tra il Parlamento e il governo, con la Vigilanza che si ritroverebbe a rinegoziare l’ eventuale ricandidatura di un consigliere a presidente, su pressione del governo dopo un parere negativo già ricevuto. C’ è un’ antica espressione usata, un tempo, nei tribunali ecclesiastici romani: Roma locuta, causa finita. Quando si esprime il tribunale centrale, è inutile aprire altre discussioni… E poi c’ è il famoso precedente del 2009 e del parere della Corte costituzionale». Ovvero la revoca del consigliere Rai Angelo Maria Petroni da parte del ministro dell’ Economia, Tommaso Padoa Schioppa. «Esatto. Petroni venne revocato nel marzo 2007 senza sentire il parere della Vigilanza. Il presidente della commissione, Mario Landolfi, impugnò la decisione con un conflitto di attribuzione: in quell’ occasione fui il legale della commissione. La Corte costituzionale, nel febbraio 2009, annullò l’ atto di revoca. Insomma, il caso è utile per ricordare che la Vigilanza è pienamente legittimata a tutelare le competenze parlamentari così come attribuite dalla Costituzione e dalla legge».

Rai, il presidente della Vigilanza avvia la battaglia legale

Corriere della Sera

link

La procedura della Vigilanza è avviata. Mentre Riccardo Laganà, consigliere di amministrazione votato dai dipendenti Rai, si rivolge al capo dello Stato, Sergio Mattarella, per chiedere un intervento sulla paralisi di viale Mazzini, il presidente della commissione Bicamerale Alberto Barachini (Forza Italia) ha deciso di chiedere dei pareri ad alcuni giuristi, tra cui il professor Beniamino Caravita di Toritto sulla posizione di Marcello Foa, presidente designato dal Cda ma bocciato proprio in Parlamento. «La autoassunzione della carica di presidente da parte di Marcello Foa, integralmente priva di efficacia, non rimane però priva di gravissime conseguenze giuridiche per la società Rai e per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo», scrive nel messaggio inviato anche alle altre cariche istituzionali e alla Procura generale della Corte dei conti Laganà. E aggiunge: «Tutti gli atti sottoposti alla firma di Marcello Foa sono in realtà privi di qualsiasi effetto, con gravissimo danno per la Rai sia come Società sia come concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo», dal punto di vista «societario, erariale, politico, considerato l’ innegabile status istituzionale della Rai». Poi chiede di «attivare gli strumenti politici, istituzionali, giuridici affinché l’ organo di amministrazione della Rai dia seguito, in senso sostanziale e non formale, al parere della Commissione bicamerale». Ovvero la nomina di un presidente di garanzia, non certo Marcello Foa. Nei primi giorni di questa settimana si riunirà l’ ufficio di presidenza della Vigilanza. Le posizioni dei partiti sono chiare. La Lega, lo ha spiegato Matteo Salvini, difende a spada tratta la candidatura di Foa, continuando il suo pressing sull’ alleato nel centrodestra, Silvio Berlusconi: «Foa è la persona giusta e con tutto il rispetto per Laganà, valuto con più attenzione il parere di altri legali». Il Pd si oppone duramente, così come Leu. Invece in Forza Italia, nonostante l’ insistenza di Salvini, non si registrano cedimenti: è sempre il no annunciato da Berlusconi. Ci sarebbe, sostiene chi frequenta la Vigilanza, un imbarazzo crescente tra i commissari del Movimento 5 Stelle, vista la paralisi Rai e l’ arroccamento delle parti. Barachini analizzerà la situazione e i pareri giuridici, confrontandosi con gli interlocutori istituzionali coinvolti in questo intricato «caso Rai». Anche perché in viale Mazzini, fino a oggi, non è stato varato alcun provvedimento proprio in attesa di un chiarimento politico. Ma mercoledì potrebbe riunirsi il Consiglio di amministrazione e si fanno insistenti le voci di nomine nelle quattro importanti postazioni rimaste senza guida: la Tgr, ovvero la Testata dei tg regionali, il Giornale Radio con Radio1, la poltrona da amministratore delegato di Rai Pubblicità e Rai Sport. Se dovesse proseguire la situazione attuale di stallo, e viste le perplessità del M5S, non è escluso che il piatto forte delle nomine (Tg1, Tg2, Tg3, le reti) slitti a settembre in attesa di una stabilizzazione dei vertici.

Capotondi e i film anti plastica «Il cinema può salvare il mare»

Corriere della Sera
CANDIDA MORVILLODI
link

Nel 2050, in mare, i pescatori tireranno su più plastica che pesce e, come ha detto qualche giorno fa il ministro dell’ Ambiente Sergio Costa, presto, il continente più grande del mondo sarà un’ isola di plastica. Dirlo così non è come dire che il mare è inquinato, la forza delle immagini è che parlano più delle parole. Per questo l’ attrice Cristiana Capotondi è diventata managing editor di una serie di cortometraggi, che definisce «piccoli film firmati da grandi registi, per mettere la forza immaginifica e simbolica dello strumento cinematografico al servizio di un’ emergenza, quella della salvaguardia del mare». Lo fa con One Ocean Foundation, una fondazione nata a marzo con lo Yacht Club Costa Smeralda e presieduta dalla principessa Zahra Aga Khan. Il vicepresidente, il commodoro Riccardo Bonadeo, navigando da una vita, ha visto moltiplicarsi gli avvistamenti di rifiuti in modo esponenziale. La sua prima, drammatica, volta era già un monito al peggio: «Fu nel mezzo della tempesta che l’ 11 agosto 1979 uccise nel Mar Celtico quindici compagni della regata Fastnet. Mentre cercavo di salvare pelle e barca, vidi all’ orizzonte un lenzuolo bianco di 15 metri per 30. Era un’ isola di plastica che, in quelle condizioni di mare estremo, era difficile aggirare o fendere». Oggi, secondo l’ Onu, ogni anno finiscono in mare otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Il progetto One Ocean Film Unit sarà presentato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia il 4 settembre, con una conferenza stampa, un blue carpet e il primo ciak di Paolo Genovese, il regista di «Perfetti sconosciuti». Cristiana, cosa vedremo? «Paolo, grande appassionato di mare, girerà nel bacino di San Marco, alla Compagnia della vela, su un set aperto a stampa e curiosi. Scopriremo lì i dettagli, da lui. Intanto, è una gioia, che nonostante l’ impegno di giurato al festival, trovi il tempo per avviare il film». Gli altri registi? «Italiani e stranieri, svelati piano piano: è un progetto che vogliamo portare avanti a lungo, mostrando poi i corti ai festival e nelle scuole. L’ obiettivo è sensibilizzare le coscienze, invertire i comportamenti. Ci piacerebbe costruire una comunità aperta al contributo di tutti. Vorrei invitare le persone, quest’ estate, a postare sui social foto e video di mare violato, usando gli hashtag #OneOceanFoundation e #ChartaSmeralda, che è il nostro codice etico con dieci principi a tutela del mare. Se vogliono, possono taggare me, @cristianacapotondi, e Paolo, @paologenoves». Lei su Instagram è spesso al mare anche fuori stagione. «Il mare è il mio elemento. Sentire l’ acqua salata nelle narici è il mio ritorno all’ infanzia. Ho letto che il 73 per cento dei nostri geni è uguale a quello del plancton marino: insomma, siamo cibo per balene. E io ho sempre creduto in una visione panica: piante, terra, mare e uomo sono una stessa realtà multiforme e questo dà il senso di quanto l’ uomo si faccia male facendo male alla natura. Il mare, per esempio, nutre i pesci di cui noi ci nutriamo, ma che sono sempre più inquinati, da microplastiche, da idrocarburi, da scarichi di ogni tipo». Lo stesso studio che ha citato, pubblicato su «Science» del 2015, ha svelato che la metà dell’ ossigeno che respiriamo viene dal mare. «Io penso al mare come a un organismo vivente. La saggezza popolare l’ ha sempre considerato salutare, ci si portano i bambini perché fa bene e per molti tipi di riabilitazione muscolo-scheletrica sono raccomandati i bagni di mare». Quale era il suo mare da bambina? «La Sardegna. Ci passavo le estati e, ancora oggi, ho la necessità di sentire quella stessa stanchezza a fine giornata. I miei bagni preferiti sono quelli “di rapina” in porti puliti che non ti aspetti. In Sardegna, vado sempre a Porto Pino. I bimbi fanno la fila per i tuffi sul pontile, si danno i voti, torno bambina anche io». Quest’ estate, il suo mare qual è? «Ora è quello di Salerno, dove sto girando “Attenti al gorilla” di Luca Miniero, ed è un mare molto italiano che diventa subito profondo, popolato di materassini, famiglie, o fatto di calette raggiungibili solo coi gozzi». A maggio, la Commissione europea ha proposto norme come lo stop a piatti e bicchieri in plastica. Lei è pronta a cambiare abitudini? «Io, a Milano, riempio le bottiglie di vetro nelle “Case dell’ acqua” pubbliche. Tutelare gli oceani significa tante cose, rinunciare a oggetti in plastica usati per cinque minuti ma che si decompongono in cento anni, non gettare in acqua gomma americana, che impiega cinque anni a decomporsi. Dobbiamo tutti “pensare blu”».

Le nomine pubbliche e il passo indietro sulle quote di genere

Corriere della Sera
Lella Golfo
link

Caro Direttore, mi consenta una breve riflessione sulla débâcle femminile senza precedenti cui stiamo assistendo negli ultimi mesi. Mi limito a mettere in fila quanto è avvenuto. Nelle scorse settimane le Assemblee parlamentari sono state chiamate a eleggere un Giudice della Corte costituzionale e i componenti laici degli organi di amministra-zione autonoma delle magistrature ordinaria e speciali. Oltre al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), anche il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, quello della Giustizia tributaria e della Corte dei conti: per 21 posizione disponibili, sono stati eletti 21 uomini, in spregio all’ art. 51 della Costituzione che proclama l’ uguaglianza di donne e uomini nell’ accesso agli uffici pubbli-ci. Stesso spregio, stavolta di una legge dello Stato, in due Regioni, in Calabria, dove si combatte da anni un’ aspra battaglia per intro-durre la preferenza di genere (battaglia non superflua visto che nel consiglio regionale calabrese c’ è una sola donna su 31 componenti) e in Sicilia dove invece un emendamento vuole sopprimere quella preferenza. Stesso clamoroso passo indietro nei rinnovi delle controllate pubbliche. Nel CdA Rai, solo due donne su sette componenti e per i ruoli apicali e una ridda di candidati uomini, nonostante i trascorsi femminili e positivi di Letizia Moratti, Lucia Annunziata, Anna Maria Tarantola e Monica Maggioni alla presidenza. Anche la guida di Ferrovie torna indietro, levando la presidenza alla brava Gioia Ghezzi e nominando amministratore delegato e presidente uomini. Nel nuovo CdA di Cassa Depositi e Prestiti, appena tre donne, il minimo sindacale per rispettare la mia legge sulle quote di genere e, ovviamente, ruoli apicali saldamente in mano a uomini. E mentre le scrivo sono in ballo le nomine in Gse e Sogei, per le quali si ventilano ovviamente candidature maschili. Senza contare la modifi-ca della legge elettorale per le europee con il listino bloccato ma di donne non si parla Lascio a lei le conclusioni. Personalmente, mi sembra evidente che stiamo assistendo a un gigantesco e preoccupante passo indietro. La mia legge sulle quote di genere ha non solo introdotto una grande rivoluzione nei board delle società quotate e partecipate (siamo arrivati a quota 34% di donne!) ma aveva portato un vento di vero cambiamento nella cultura e nella prassi del Paese. Oggi, il “Governo del cambiamento” sta facendo piazza pulita di tutti gli innegabili progressi raggiunti e ha ingranato una decisa retromarcia. A pagare il conto, però, non saranno solo le donne ma l’ economia, la politica, il Paese. La parità non è tanto e non solo una questione di equità ma di crescita e democrazia. E un’ Italia con un bisogno disperato di crescere, un Paese che oggi più che mai deve dare al mondo e all’ Europa segnali di progresso politico ed economico, si sta privando del contributo della metà della sua classe dirigente solo perché donna e sta offrendo un gran brutto spettacolo in termini di diritti. Concludo con un consiglio ai nostri governanti: non sottovalutate la nuova consapevolezza femminile. Le donne non staranno a guardare, non si faranno scippare diritti conquistati a fatica e con merito. Non aspettiamo che si alzino le barricate, non provochiamo un muro contro muro ma usiamo il buonsenso per tornare ad avanzare verso la parità e la meritocrazia.

Una serie su Dylan Dog La Sergio Bonelli Editore produrrà per cinema e tv

Corriere della Sera

link

Dylan Dog, Martin Mystère, Nathan Never e gli altri approdano al cinema e in tv, prodotti dalla loro casa madre. La Sergio Bonelli Editore Spa, storica casa editrice di fumetti, si allarga e fa nascere Bonelli Entertainment, «braccio produttivo» nato per sviluppare progetti cinematografici e televisivi basati sui propri personaggi e storie originali. Si parte con Dylan Dog, l’ indagatore dell’ incubo, intorno al quale la nuova casa di produzione sta sviluppando una serie tv horror live-action di 10 episodi. L’ investigatore creato da Tiziano Sclavi è uno dei punti di forza della Sergio Bonelli: dal lancio, nel 1986, la sua diffusione ha superato le 50 milioni di copie. Ma l’ investigatore abituato a muoversi tra mostri e vampiri non sarà il solo a prendere vita: «Una delle principali priorità di Bonelli Entertainment è quella di sviluppare nuovi modi per far conoscere i nostri personaggi più famosi e iconici, ma anche le proposte più recenti e quelle inedite ancora in lavorazione, su qualsiasi piattaforma» ha detto Davide Bonelli, presidente dell’ editrice e figlio di Sergio, scomparso nel 2011, ex presidente e sceneggiatore di fumetti. E lui stesso figlio d’ arte: suo padre Gianluigi, fondatore nel 1941 dell’ editrice, fu il creatore, con Aurelio Galleppini, di Tex Willer.

Il clima politico non manda in vacanza l’ approfondimento

Corriere della Sera

link

Fra il pasticcio della presidenza Rai, gli episodi di razzismo e i provvedimenti economici che si stanno preparando nei palazzi del potere gialloverde, la politica non cessa di interessare il pubblico televisivo, che usa il piccolo schermo per mettere alla prova il governo «sovranista»: è per questo, giustamente, che alcune reti hanno fatto la scelta di mantenere in onda l’ approfondimento, con risultati decisamente positivi. Dopo la «de-populistizzazione» dei palinsesti Mediaset, Rete4, guardando al modello La7, ha trasformato Dalla vostra parte in Stasera Italia, guidato dal più equilibrato Giuseppe Brindisi (aspettando Barbara Palombelli). A luglio, il programma ha toccato quasi un milione di spettatori a sera (con migliori performance nella seconda parte, dopo le 21), per una share del 5%. Anche La7, la rete che più tiene viva informazione e dibattito lungo tutta la giornata, ha sostituito, come di consueto per l’ estate, 8 e ½ con In onda, condotto da Telese e Parenzo. Anche le performance di In onda mostrano la presenza di un pubblico che non manda in vacanza l’ interesse per l’ attualità: dall’ inizio di luglio sono 900.000 gli spettatori medi del programma, con una share del 4,8%. Sono però abbastanza diversi i profili dei pubblici dei due programmi. La7 attrae come di consueto le fasce più «alte» di spettatori, in termini di livelli di istruzione (quasi 9% di share fra i laureati) e di età (ottimi ascolti sopra i 55 anni). Stasera Italia, sempre tradizionalmente, presidia le fasce più adulto-anziane (8,7% di share fra gli ultra 65enni), ma decisamente più popolari (10% di share sul target con istruzione elementare). Sono due modelli diversi di raccontare la politica a pubblici con gusti e competenze molto differenziate: dopo la sbornia populista degli ultimi anni, speriamo che prevalgano toni più moderati e razionali. (a.g.) In collaborazione con Massimo Scaglioni elaborazione Geca Italia su dati Auditel.

I gol e “Un posto al sole”: il caso Foa fa rischiare la Rai

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
link

La Rai rischia di restare senza i gol di Novantesimo minuto e senza Un posto al sole. Il caos sulla presidenza della Rai finora si era limitato alla polemica politica. Molto dura, dopo la bocciatura di Marcello Foa alla presidenza da parte della Vigilanza, ma confinata entro le mura del Palazzo. Ora però lo stallo rischia di provocare seri danni economici a Viale Mazzini. I due Cda che si sono tenuti in settimana, infatti, non hanno preso alcuna decisione né deliberato atti, tranne l’ assegnazione a Bruno Gentili dell’ interim di Raisport in attesa della nomina di un nuovo direttore. Ma il Cda in programma mercoledì prossimo ha all’ ordine del giorno due questioni importanti: la delibera sui diritti degli highlights del calcio di serie A e B, senza i quali non potrà andare in onda, per esempio, Novantesimo minuto, e quella sul rinnovo del contratto di Un posto al sole, uno dei gioielli di mamma Rai, in onda ininterrottamente dal 1996. Il problema è che, senza presidente, non si comprende se queste decisioni potranno essere prese e se poi, una volta fatto, possano essere oggetto di impugnazione o ricorso. Se finora si è scherzato, d’ ora in avanti lo scontro sul presidente rischia di far perdere alla tv di Stato soldi, pubblicità, telespettatori. Se da una parte, infatti, l’ ufficio legale della Rai ha fatto sapere in maniera informale che il Cda, anche senza presidente, è nel pieno delle sue funzioni e può procedere in tutte le sue mansioni, altri pareri contestano questa versione. Tanto che il consigliere eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà, ha scritto a Sergio Mattarella e ai presidenti di Camera e Senato per sottolineare come “tutti gli atti sottoposti alla firma di Foa, in qualità di consigliere anziano con funzioni di presidente, sono in realtà privi di qualsiasi effetto, con gravissimo danno per la Rai, dal punto di vista giuridico ed erariale”. Col rischio di un remake del caso Bianchi Clerici e del Cda condannato per danno erariale per la nomina a direttore generale di Alfredo Meocci (in quel caso, il problema era l’ incompatibilità del dg). Alla stessa conclusione erano giunti in precedenza Fnsi e Usigrai. “La situazione di stallo rischia di esporre l’ azienda a pesanti danni anche dal punto di vista erariale”, osserva il sindacato Rai. “Con tutto il rispetto per Laganà, valuto con più attenzione il parere di altri legali”, la risposta di Matteo Salvini che, da Milano Marittima, ribadisce che “Foa per la Rai è la persona giusta al momento giusto”. La nuova legge dà all’ ad Fabrizio Salini autonomia di spesa fino a 10 milioni. Al di sopra occorre l’ approvazione del Cda. I diritti sui gol su cui si dovrà deliberare mercoledì valgono quattro milioni a stagione per tre anni e quindi, in teoria, sono fuori dal tetto concesso all’ ad.

La Bonelli come la Marvel, dai fumetti di carta alle serie tv

Il Fatto Quotidiano
Stefano Feltri
link

Pochi giorni dopo l’ uscita di un numero di Dylan Dog scritto dal regista horror Dario Argento (con Stefano Piani), la Bonelli annuncia una svolta epocale per la casa editrice che una volta era la più cauta del mondo: nasce un ramo Entertainment, dedicato alla produzione dei contenuti video con protagonisti i personaggi bonelliani. C’ è già in cantiere una serie horror da 10 episodi di 50 minuti dedicati a Dylan Dog. La Bonelli ha anticipato la notizia a Variety, la rivista americana specializzata in cinema, così da dare una rilevanza internazionale alla svolta. Vedere Dylan Dog alle prese con frustini e safeword nel numero sadomaso scritto da Dario Argento (e disegnato da un grande Corrado Roi) è stato per molti lettori meno straniante che scoprire questa svolta video. Sergio Bonelli nella sua lunga vita da editore era sempre stato molto cauto nel far uscire i suoi personaggi dalle pagine del fumetto: era rimasto così traumatizzato dai pochi esperimenti da non volerne più sapere. C’ è un dimenticabile film su Tex e il signore degli abissi del 1985 con Giuliano Gemma, nel 1994 Michele Soavi girò Dellamorte Dellamore, soggetto di Tiziano Sclavi in persona, creatore di Dylan Dog, con Anna Falchi e – unica cosa che i lettori hanno apprezzato – Rupert Everett, l’ attore che la Bonelli aveva scelto nel 1986 come riferimento per i disegnatori che dovevano lavorare sulle storie dell’ Indagatore dell’ incubo. Era un film su Dylan Dog ma senza Dylan Dog, tratto da un romanzo di Sclavi. Nel 2011 esce un altro film americano “ispirato a” Dylan Dog (interpretato da un palestrato Brandon Routh): ha incassato soltanto 4,6 milioni di dollari nel mondo e ha fatto urlare i lettori di raccapriccio più che di terrore. Sergio Bonelli concedeva volentieri i suoi eroi soltanto per cause benefiche, tipo le campagne contro l’ abbandono dei cani in autostrada, ma quasi mai per finalità commerciali. Oggi è un altro mondo: nel 2009 la Disney ha comprato la Marvel, la casa editrice americana di Spider Man e gli Avengers, reduce da anni tormentati, soltanto per la sua schiera di personaggi da utilizzare al cinema. Ha messo ordine nel caos creato dalle licenze a produttori diversi (da Sony alla Fox) e dentro i suoi Marvel Studios ha iniziato a costruire il Marvel Cinematic Universe, un mondo narrativo coerente con continui rimandi che si è trasformato in una fonte di trionfi miliardari. Avengers: Infinity War, uscito pochi mesi fa, è stato il culmine di questa strategia ormai decennale di cui gli incassi certificano il successo: 2 miliardi di dollari di ricavi nel mondo, con una crescente penetrazione nel decisivo mercato asiatico. Anche tutto il settore della nuova tv su abbonamento si regge sui personaggi dei fumetti: Netflix può contare su Alias, Luke Cage, Daredevil, Punisher (tutti della Marvel), o su Black Lightning (il supereroe delle grandi questioni razziali, targato DC ). Netflix si è poi comprata l’ intero universo a fumetti creato dallo sceneggiatore Mark Millar. Amazon Prime ha dimostrato di fare sul serio quando ha messo sotto contratto di esclusiva Robert Kirkman, il creatore della serie a fumetti The Walking Dead e poi del serial televisivo omonimo per il network AMC . Il mercato italiano non ha le potenzialità di quello americano anche se questo è proprio il momento per essere ambiziosi, dopo i successi internazionali di Gomorra, Suburra e, a breve, de L’ amica geniale, tratta dai romanzi di Elena Ferrante. E la Bonelli ha sempre avuto una certa proiezione internazionale – negli Stati Uniti Dylan Dog per esempio è pubblicato dall’ editore Dark Horse – pur senza mai raggiungere i volumi di vendite degli anni d’ oro italiani (i primi ’90). Di certo la Bonelli si è molto evoluta in questi anni per farsi trovare pronta. I suoi fumetti sono stati rinfrescati, perfino Tex è uscito dal suo immobilismo (ce n’ è una versione per il mercato francese, speciali sulla sua adolescenza, storie più complesse) e su Dylan Dog è arrivato un curatore col senso del marketing come Roberto Recchioni, che è un autore di successo ma era già un influencer del web quando al posto dei social c’ erano i blog. Poi l’ azienda, che ora è guidata da Davide Bonelli, figlio di Sergio, e da un recente acquisto, l’ esperto manager Simone Airoldi, ha fatto vari esperimenti: sia di nuove testate che di loro declinazioni in altri media, dai radiodrammi o dai “fumetti animati” di gusto un po’ vintage (roba da Supergulp anni ’70) fino ai cartoni animati. Dragonero, la serie fantasy per pubblico adolescente inventata da Stefano Vietti, diventa ora un cartone animato per la Rai e si è addirittura sdoppiata in una versione da edicola per bambini. La Bonelli ha anche recuperato il primo marchio della casa editrice, “Audace”, per lanciare una nuova linea di serie prive dei vincoli politicamente corretti tipici della casa: il primo episodio in edicola, Deadwood Dick, pare un po’ un numero di Tex con più parolacce, ma ci sono anche prodotti molto più maturi come il graphic novel Sessantotto di Gianfranco Manfredi e Luca Casalanguida. Se il mercato delle serie tv decolla, insomma, la Bonelli ha un serbatoio di idee cui attingere che è al livello di quello della Marvel.

Rai, appello al Colle Gli atti di Foa rischiano di non avere valore

Il Giornale
PASQUALE NAPOLITANO
link

La partita sulla presidenza Rai resta politica, tutta all’ interno della metà campo del centrodestra con il M5s spettatore interessato, ma ora rischia di trasferirsi su un terreno legale. Il nodo sul ruolo di Marcello Foa, indicato dal governo gialloverde alla guida del Cda Rai, ma bloccato dalla commissione parlamentare di Vigilanza, non si scioglie. Le posizioni di Lega e Forza Italia restano distanti: il ministro dell’ Interno Matteo Salvini ripropone Foa mentre Mariastella Gelmini, capogruppo di Fi, chiede di ripartire da una figura di garanzia. Senza un accordo tra Forza Italia e Lega non c’ è maggioranza nella commissione parlamentare cui spetta il compito di ratificare l’ elezione del presidente della Rai. Le quotazioni dell’ ex ad del Corriere del Ticino sono in picchiata dopo le polemiche sul figlio Leonardo, assunto nello staff del ministro Salvini. Nello scontro politico si fa largo l’ ipotesi di una battaglia legale. Il segretario del Pd Maurizio Martina – in un’ intervista al Gazzettino – minaccia un’ azione legale se Foa non molla la poltrona nel Cda Rai. «Spero che non facciano ancora forzature. L’ idea della lottizzazione che hanno avuto della funzione del presidente senza un profilo alto, riconoscibile e rassicurante è stata bocciata. Spero che adesso ragionino e non si facciano prendere dall’ ansia di potere e di occupazione anche di cariche di garanzia come la presidenza Rai», dice Martina. Per l’ ex ministro, «non ci sono le condizioni per forzare dal punto di vista giuridico». E se lo facessero, «siamo pronti a percorrere qualsiasi via, anche quella legale, per tutelare le funzioni di garanzia della Rai». Minaccia che trova subito l’ appoggio di Riccardo Laganà, consigliere Rai eletto dai dipendenti del servizio pubblico, che in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla Corte dei Conti solleva dubbi sull’ efficacia giuridica della carica e degli atti eventualmente sottoscritti da Foa nella qualità di consigliere anziano. Laganà sottolinea che «l’ esercizio della funzione di presidente in qualità di consigliere più anziano sia dettata da fonte statutaria, di rango subordinato e non di poco, e la mancata ratifica in Vigilanza della nomina a presidente fa venir meno la valenza giuridica, ovvero la nomina». Rilievi che Fnsi e Usigrai fanno propri in una nota congiunta. Perché ora il punto sembra un altro: in mancanza di un’ intesa politica, gli uomini del Carroccio vorrebbero rinviare a settembre il dossier Rai, consentendo a Foa di esercitare la funzione di consigliere anziano e di coordinatore del Cda Rai. Una soluzione ponte che consentirebbe a Foa di incidere sulle scelte per la nomina dei vertici all’ interno di Viale Mazzini. Operando di comune accordo con l’ ad, Fabrizio Salini. Le azioni legali di Martina e di Laganà punterebbero a chiarire il perimetro entro cui può Foa può muoversi dopo la mancata ratifica della nomina in Vigilanza. Avrebbe solo un potere di rappresentanza e convocazione del Cda? Oppure potrebbe esercitare un potere nell’ individuazione dei direttori di Tg e delle strutture apicali della Rai? L’ idea di Lega e M5s è di forzare, assegnando, prima della pausa estiva, alcuni incarichi strategici in Rai: il nuovo direttore del Tgr (Fabrizio Morgante si è dimesso); la guida di Rai Sport, Rai pubblicità, Giornale Radio e Radio Uno. Rinviando a settembre la partita sulla direzione dei Tg. Lo schema è definito: Tg1 alla Lega (Gennaro Sangiuliano), Tg al M5s (Alberto Matano) e Luca Mazza al Tg3. Un piano su cui incombe lo spettro dello stop della magistratura.

Rai, Di Maio sfida Salvini: niente nomine se c’è Foa

Il Mattino
Mario Ajello
link

IL CASO ROMA Il Salvimaio, così viene soprannominato il governo dei due vice-premier, Salvini e Di Maio, sta scoppiando sulla Rai. Le strade dei due hanno cominciato a dividersi da giorni – il leader leghista fermo, imperterrito, su Foa come guida del Cda, il capo M5S alla ricerca invece di un «nome alternativo» – e adesso arriva la mossa ostile di Giggino. Vedono tutti, dentro e intorno a Viale Mazzini, la mano di Di Maio dietro la lettera che ieri Riccardo Laganà, consigliere Rai eletto dai dipendenti, ha inviato al presidente Mattarella. Una mossa politica, in linea con la strategia grillina ma gradita anche al Pd che su Foa continua a sparare ad alzo zero e non sgradita a Forza Italia a sua volta vogliosa di superare lo stallo del presidente che non c’ è, che è riassumibile così: il Capo dello Stato faccia presente al premier Conte e al ministro Tria, che è in corso un vulnus istituzionale nella Rai e una situazione inaudita e venga o rimosso Foa e sostituito con un altro consigliere indicato dal dicastero del Tesoro o si trovi una soluzione interna al Cda. Laganà presidente, questo tecnico audiovisivo vagamente considerato di area grillina sulla poltrona che fu per esempio di Sergio Zavoli? L’ OPERAZIONE Per ora, siamo alla missiva di Laganà diretta al Colle, ma anche alle presidenze di Camera e Senato, allo stesso Tria, alla Corte dei Conti. Vi si legge: «Tutti gli atti sottoposti alla firma di Marcello Foa, in qualità di Consigliere più anziano con funzioni di Presidente sono in realtà privi di qualsiasi effetto, con gravissimo danno per la Rai. Danno produttivo di correlativa responsabilità per il profilo strettamente societario, per il profilo erariale, per il profilo politico e istituzionale». E ancora, Laganà sollecita le diverse istituzioni ad «attivare tutti gli strumenti l’ organo di amministrazione della Rai dia seguito, in senso sostanziale e non formale, al parere della Commissione bicamerale Rai». Insomma, Foa va rimosso. Ma Foa, finché il Tesoro non gli dice come comportarsi, continua a fare quel che fa: il consigliere anziano che guida il Cda – il prossimo si terrà martedì – senza fare nomine e appoggiandosi al parre degli uffici legali di Viale Mazzini. Che dicono: nulla di illegale, tutto pienamente nelle regole, Foa può andare avanti. Ed è questa la posizione di Salvini, e questo il punto di frattura – ormai profonda – tra lui e Di Maio. Il leader leghista, anche davanti all’ assalto grillino tramite Laganà, non si sposta di un millimetro, anche se la situazione sta sempre più ingrandendosi in una fase in cui è interesse di tutto il governo pensare alle questioni economiche e del lavoro e non alle vicende delle poltrone televisive. E comunque: «C’ è un Cda pienamente il carica con tanto di amministratore delegato del tutto operativo – è il mantra di Salvini – e Foa è la è la persona giusta. Più della lettera di Laganà, mi interessa il parere dei legali Rai che dicono che va tutto bene». Non solo. Salvini propone anche il suo modello di Rai. Che è questo: più spazio alle testate regionali – e con M5S la Lega si scannerà su quelle nomine – e «ridurre la pubblicità e il canone. Poi privatizzare una rete». L’ aspetto pubblicitario non riguarda soltanto la Rai. Ma anche Mediaset e in Forza Italia, dopo che è stato letto il retroscena, si temono quelle che vengono definite ritorsioni di Salvini contro Berlusconi, a cui il capo leghista vorrebbe fare pagare il no a Foa. C’ è la paura della «rappresaglia», insomma. Cioè di un intervento legislativo-punitivo nei confronti di Mediaset con l’ introduzione di una tassa sugli spot. «Se l’ indiscrezione giornalistica fosse vera – denuncia Forza Italia – si tratterebbe di un volgarissimo tentativo di estorsione nei confronti dei parlamentari forzisti. Tentativo che respingiamo fin d’ ora carichi di sdegno». Però anche per Forza Italia la mossa di Laganà apre spiragli anti-Foa. Andrea Ruggeri, forzista in Vigilanza Rai, osserva: «La lettera di Laganà smuove le acque. E se Salvini, come mi auguro, vuole risolvere il problema della presidenza Rai ci mette 30 secondi. Se invece vuole usare il pretesto Rai per scopi politici, è un’ altra cosa e non è una bella cosa». Maurizio Gasparri è netto: «Per noi Foa è archiviato. Il governo deve fare un’ altra proposta e su quella, come si è sempre fatta, si cerchi una convergenza larga». Quanto al Pd, ecco Michele Anzaldi: «Laganà ha fatto una cosa in favore dell’ azienda, perché il Cda è in piena illegalità e i consiglieri rischiano di pagare multe e risarcimenti. Per non dire della vicenda del figlio di Foa, che dev’ essere causa di annullamento per il ruolo di consigliere di amministrazione del padre». IL PULP Il primo a proporre, giorni fa, Laganà come presidente di garanzia Rai è stato il dem Francesco Verducci. Il quale ora spiega: «L’ iniziativa di Laganà spariglia e tiene insieme due cose. Fa uscire dallo stallo politico e parla ai 5 stelle. Può riaprire un discorso per un presidente davvero di garanzia, su cui noi del Pd, M5S e anche Forza Italia possiamo trovare una condivisione». Se non fosse che Salvini continua a ripetere: dovete passare sul mio cadavere. E la partita si sta davvero facendo sempre più pulp.

«Ora la Vigilanza potrebbe ricorrere alla Consulta»

Il Messaggero
Barbara Acquaviti
link

La bocciatura di Marcello Foa è un atto che, in punta di diritto, non può essere bypassato. Per Beniamino Caravita, ordinario di diritto pubblico alla Sapienza, già in passato difensore della medesima commissione, «tenendo conto di tutta la giurisprudenza sulla tv pubblica non c’ è il minimo dubbio che prevalga la volontà delle Camere così come espressa dalla Vigilanza». Per ora, tuttavia, dal governo emerge l’ intenzione di mantenere Foa come presidente in quanto consigliere anziano. È possibile? «Il consigliere anziano è previsto nello statuto della Rai ma in caso di sostituzione di un presidente dimissionario o impedito ad esercitare le sue funzioni. Qui siamo di fronte a un Cda che non ha mai iniziato a funzionare, quindi non c’ è un presidente che possa essere sostituito ma solamente un consigliere anziano che può riconvocare il Cda per l’ indicazione di un nuovo presidente». È invece praticabile l’ ipotesi di chiamare la Vigilanza a esprimersi nuovamente sul suo nome? «È una tesi improponibile, una volta che non c’ è stata la maggioranza necessaria quella è una partita chiusa. Roma locuta, causa finita». Eventuali atti di questo Cda, a cominciare dalle nomine, sarebbero così a rischio ricorso? «Il rischio è molto grande». C’ è forse anche un errore nella formulazione di questa riforma? «La legge sul punto è molto chiara, la nomina del presidente non diviene efficace se non ha i due terzi dei voti della Vigilanza. Forse manca l’ indicazione della via d’ uscita, ma probabilmente si è ritenuto che o c’ era un accordo politico o il presidente bocciato ne avrebbe tratto le conseguenze». Ma se la posizione dovesse continuare a essere questa, quali strade potrebbero essere percorse? «La commissione parlamentare è legittimata a sollevare conflitto di attribuzione. Naturalmente penso che sia un’ ipotesi residuale, possibilmente da evitare. C’ è un precedente di cui mi sono direttamente occupato in cui il governo revocò il consigliere Petroni senza il parere della commissione, questa sollevò il conflitto di attribuzione ed ebbe ragione».

Per vedere Roma e Lazio in tv serve una laurea in tecnologia

Il Messaggero
Mimmo Ferretti
link

Tutto è pronto, o quasi. Mancano pochi giorni e si ripartirà. Con il campionato di calcio in tv, ovviamente. La croce e la delizia delle famiglie italiane. No, non perché le signore odiano il pallone e gli uomini lo adorano: il problema, oggi, è capire come vedere le partite. Facile: serve una laurea in tecnologia e un dizionario d’ inglese a portata di mano. E poi due abbonamenti, ma non due televisori. Se mai, servono una tv e un computer. Oppure un tablet, uno smartphone. A patto che ci sia la connessione internet, meglio se Wi-fi. Con la fibra ottica ultraveloce o l’ Adsl con vectoring, e un modem 1200 Mbps per favorire lo streaming grazie ad adeguati web browser e plugin. Ma per seguire una partita della Roma o della Lazio potrebbe bastare anche un solo apparecchio tv a patto che sia Smart, preferibilmente con schermo LCD, LEO o OLED e risoluzione HD Ready o Full HD, per sfruttare in altissima definizione tutti i servizi online. Oppure un decoder 4K HDR di ultima generazione con il bluetooth integrato e il telecomando induttivo. Con tanti saluti al secondo tempo in bianco e nero di una partita a casaccio che la Rai ci propinava tutte le domeniche sera di qualche anno fa. Quando bastava spingere un tasto del televisore e aspettare che le valvole si scaldassero.

L’ esecutivo dai due volti

Il Tempo

link

Caro direttore, per la prima volta non abbiamo un solo governo ma due. E questa l’ unica possibile ragione del vasto consenso raccolto dall’ esecutivo, nonostante l’ improvvisazione evidenziata dal Dl dignità e l’ orgia di nomine, culminata nel pasticcio Rai. Accontentando entrambe le anime dell’ elettorato, quella di lotta e quella di governo, è nata la Terza Repubblica. Abbiamo, quindi, un “mini -governo” rigorista, filo -Atlantico ed europeista che dipende direttamente da Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, e comprende il premier Giuseppe Conte, messo a studiare i dossier dalla mattina alla sera, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, quello (…) segue e a pagina 4.

Per convincere il Cav su Foa spunta la tassa sugli spot tv

Il Tempo
Luigi Frasca
link

Se ne parla da alcuni giorni: il MoVimento 5 Stelle vorrebbe inserire una tassazione straordinaria sugli spot pubblicitari. Una misura che potrebbe trovare posto in un emendamento nella legge di bilancio o in un prossimo provvedimento fiscale e fungere da «clava» affinché il partito azzurro torni sui suoi passi. «M5S punta a punire le aziende di Berlusconi», l’ allarme anche tra alcuni fedelissimi del Cavaliere. La convinzione, pert) è che Salvini possa fare da garante sul fatto che non ci sarà alcuna arma contro il Cavaliere ma chiedere a Berlusconi di sostenere Foa alla presidenza della Rai. «Le ricostruzioni giornalistiche sono sicuro essere completamente destituite di fondamento ma meritano di essere smentite immediatamente da parte della maggioranza di Governo. Mediaset non è solo una azienda di Berlusconi ma un patrimonio del paese che dà lavoro a migliaia di persone» tuona Raffaele Nevi, deputato di Forza Italia. «Se non ci dovesse essere una smentita, sarei costretto a presentare un’ interrogazione parlamentare e un esposto alla Procura della Repubblica per chiedere di approfondire la vicenda anche dal punto di vista giudiziario. Sarebbero infatti atteggiamenti al limite della intimidazione e un Paese come l’ Italia non se li put) certo permettere», conclude. Attacca anche Gianfranco Rotondi: «Il pluralismo televisivo è un merito storico dei governi della Democrazia Cristiana, ed è un patrimonio del Paese ri spettato da tutti i governi di centrodestra e centrosinistra. L’ annuncio di rappresaglie del governo su Mediaset accentua il carattere barbarico del nuovo corso governativo: giù le mani dei barbari da Mediaset». Il gelo tra FI e Lega resta. Nel frattempo FI punta al rilancio per riportare il partito su percentuali più alte. Galliani, nominato di recente capo dei dipartimenti azzurri, in uno degli ultimi incontri al gruppo dei senatori ha fatto un parallelo calcistico: quando io ero ad, il Milan ha vinto più di tutte le altre squadre. Fart) di tutto affinchè FI torni al 20%.

Profitti record in Italia ma dal club dei trilionari solo 14 milioni di tasse

La Repubblica
ETTORE LIVINI
link

Il club dei trilionari (o aspiranti tali) si regala un altro anno da sogno in Italia e dribbla per l’ ennesima volta l’ Agenzia delle entrate. Il giro d’ affari dei big dell’ hi-tech e della sharing-economy nel nostro paese continua a correre, gli utili volano. Al palo restano solo le tasse. Apple, Google, Facebook, Amazon, Airbnb, Uber e Tripadvisor, hanno versato in tutto al fisco tricolore nel 2017 poco più di 14 milioni. Due in più dell’ anno scorso, a voler vedere – contro ogni ragionevolezza – il bicchiere mezzo pieno. A essere realisti, uno in meno delle imposte pagate da Datalogic, efficiente azienda hi-tech tricolore che fattura però “solo” 600 milioni di euro, briciole rispetto ai giganti Usa. Le inchieste per evasione della Procura, i 700 milioni di tasse arretrate sborsati dopo i patteggiamenti con i pm e l’ ombra della web-tax non hanno cambiato di una virgola la situazione. Google, Facebook & Co. registrano nel nostro paese solo una frazione delle entrate reali, quella relativa ai “servizi” offerti alle case madri domiciliate in paradisi fiscali come Lussemburgo, Irlanda o Delaware (Usa). Il grosso degli affari – dai soldi incassati per la vendita di spazi pubblicitari ai profitti realizzati su smartphone e corse in taxi – è contabilizzato offshore nei conti delle controllanti per pagare meno tasse. Il social di Mark Zuckerberg, unico tra i big, ha promesso che dal 2018 cambierà registro e inizierà a inserire nel bilancio della filiale italiana tutti i soldi che guadagna nella penisola vendendo spot. Per il momento, però, paga meno tasse dello studio di un professionista italiano: 120.080 euro – per la precisione – nel 2017, la metà tra l’ altro del 2016. Più o meno quanto paga Airbnb, altra professionista dell’ acrobazia contabile. Le case offerte in affitto dalla piattaforma a stelle e strisce stanno cambiando la mappa di tutte le principali città turistiche del mondo, facendo schizzare in alto gli affitti e desertificando i centri urbani. Una rivoluzione di cui però non c’ è traccia nei bilanci delle filiali. Quella italiana (solo a Roma Airbnb ha in catalogo 2 mila appartamenti) ha pagato lo scorso anno 131 mila euro al fisco. Poco? Può darsi. Comunque dieci volte in più dei 12.343 euro di Tripadvisor che ha una bolletta fiscale inferiore a molti impiegati di casa nostra. I pm, ovviamente, hanno messo da tempo nel mirino queste fantasiose interpretazioni tributarie. Google ha versato 306 milioni per sanare la posizione di Youtube tra il 2009 e il 2013, Apple 318 milioni per chiudere le inchieste sui redditi tra il 2008 e il 2013, Amazon 106. E nei mesi scorsi la Guardia di Finanza ha notificato a Facebook un verbale per 300 milioni di entrate non dichiarate. Il bottino raccolto ex-post dai tribunali sono però probabilmente spiccioli rispetto ai soldi che avrebbero dovuto pagare davvero. Il mercato pubblicitario su internet, ad esempio, valeva secondo il Politecnico di Milano nel 2017 circa 2,65 miliardi. E il 70% di questa cifra – 1,85 miliardi – sono somme che entrano direttamente nelle casse di Google e Facebook grazie alla vendita di spot “calibrati” attraverso i dati con cui profilano gli utenti. Peccato però che nei conti delle controllate italiane dei due colossi di questi quattrini non ci sia traccia: Google – che stando alle voci di settore fattura nel Belpaese spot per oltre 1,2 miliardi – dichiara 95 milioni di fatturato e sborsa 5,6 milioni di tasse. Il social di Zuckerberg denuncia 10 milioni, una miseria. Mediaset, per dire, ha pagato nel 2017 a livello consolidato 82 milioni di imposte, 15 volte in più del motore di ricerca di Mountain View e 700 volte più di Facebook Italy. Una sproporzione difficile da giustificare guardando i dati di mercato: gli spot su internet – dove i due colossi americani fanno la parte del leone – valgono secondo Nielsen il 34 per cento della torta pubblicitaria tricolore contro il 48 per cento della televisione e il 13 per cento della stampa. Dieci anni fa il web valeva soltanto il 10 per cento, la carta il 31 e la televisione il 54. In due lustri nel mondo dell’ editoria e dell’ advertising è cambiato tutto. Le tasse che versano i big Usa, invece, sono sempre le stesse.

Rai, il piano B: un altro incarico a Foa

La Repubblica
GIOVANNA VITALE
link

E ora che pure i Cinquestelle cominciano a nutrire seri dubbi sulla strategia salviniana per la presidenza Rai, infastiditi per un’ impasse che rischia di far slittare la rivoluzione promessa – quel cambio alla guida di Reti e Tg utile a raccontare il nuovo corso della politica italiana – ebbene ora anche il leader del Carroccio potrebbe convincersi a fare qualcosa di diverso che continuare a insistere sul nome di Marcello Foa. Il quale, è il piano che sta prendendo forma, potrebbe essere dirottato al vertice di qualche altra struttura del servizio pubblico, lasciando libero il posto in cda per una “figura di garanzia” concordata con le opposizioni. Lo lascia capire chiaramente un autorevole esponente del Movimento in Vigilanza: «Premesso che questo è un problema che deve risolvere la Lega – prima con Forza Italia e poi con lo stesso Foa – noi gliel’ abbiamo detto a Salvini che così non si può andare avanti. E siccome Foa si è dimesso dal Corriere del Ticino ma non può fare il consigliere anziano a vita, è bene iniziare a pensare a un’ exit strategy » . Che contempli, appunto, uno spostamento del giornalista sovranista ad altro incarico. Posto che gli azzurri non intendono fare retromarcia. « Noi non abbiamo tentennamenti » , conferma Maurizio Gasparri, « ho appena sentito sia Berlusconi sia Tajani, per noi la vicenda Foa è archiviata. In questo momento ci stiamo concentrando su altro, sul decreto dignità che farà perdere posti di lavoro e deve ancora passare al Senato, ma pure sulla questione dei vaccini, che mette a rischio la salute dei bambini». Perché i mal di pancia non sono più solo degli alleati di governo, decisi a frenare sull’ ipotesi di forzare la mano con un blitz ferragostano per cambiare i direttori dei telegiornali. Tutto il mondo Rai è in fibrillazione. A dar voce a « una preoccupazione » che ha ormai travalicato il perimetro della maggioranza giallo-verde, è il rappresentante dei dipendenti in cda Riccardo Laganà. Che ieri ha preso carta e penna e inviato una lettera al capo dello Stato Sergio Mattarella e alle massime cariche istituzionali – dai presidenti di Camera e Senato fino al procuratore generale della Corte dei Conti – per denunciare « l’ inefficacia giuridica della carica di Marcello Foa in quanto consigliere più anziano facente funzione di presidente e degli atti eventualmente sottoscritti». Una configurazione che, secondo Laganà, non è conforme a legge e può avere « gravissime conseguenze per la Rai» poiché il parere della Vigilanza «integra un requisito di efficacia, in mancanza del quale » l’ iter resta incompleto e dunque privo «di qualsivoglia effetto » . Con « il pericolo » , rilevato da Laganà con il supporto di un parere legale, « che tutti gli atti sottoposti alla firma di Marcello Foa in qualità di consigliere anziano » possano essere invalidati e provocare un «gravissimo danno per la Rai». Inequivocabile il messaggio: qualsiasi delibera del cda rischia di essere impugnata e giudicata illegittima, a partire da quelle in programma già alla prossima riunione, prevista tra martedì e mercoledì. Quando, fra gli atti di gestione ordinaria, il board di Viale Mazzini potrebbe essere chiamato a dare il via libera alle nomine nelle testate rimaste prive di direzione ( RaiSport, Tgr e Radio Rai), oltre che di Rai Pubblicità. Una sorta di diffida a proseguire sulla strada indicata da Salvini. E nuovamente ribadita ieri: «Con tutto il rispetto per Laganà, valuto con più attenzione il parere di altri legali. Foa è la persona giusta al momento giusto » , ha insistito il leader leghista. Dopo aver illustrato la sua personale visione della Tv di Stato: « Smetta di essere romano- centrica » , ha esortato in un’ intervista al Foglio, spiegando che «i canali sono troppi » e auspicando « almeno una rete senza pubblicità » con «un’ ulteriore riduzione del canone sul modello di alcune tv straniere » . Parole che hanno fatto sobbalzare l’ Usigrai: « Ridurre la pubblicità, ridurre il canone. E poi privatizzare. La ricetta perfetta per ridimensionare la Rai Servizio Pubblico».

GOL E SPOILER SU DAZN LA VITA IN RITARDO DI 40 SECONDI

La Repubblica
ANTONIO DIPOLLINA
link

La Storia con la maiuscola passa altrove, con la minuscola invece si concede parecchio. Ieri per la prima volta una gara ufficiale di calcia è stata trasmessa da noi in streaming, ovvero solo via internet, sulla piattaforma Dazn, la app del gruppo Perform che si affaccia in Italia e da sabato 18 (debutto con Lazio-Napoli) avrà tre partite di serie A per ogni turno. L’ onore e l’ onere sono toccati a Psg-Monaco, Supercoppa di Francia in scena dalla Cina. Essendo una prima c’ era curiosità. Impressioni varie: la gara si è vista e con buona qualità. Si è vista sui computer – con la app Dazn – sulle tv Android e Apple, sui tv Lg e Sony predisposti. Ancora niente invece per le chiavette internet di Amazon e Google (Chromecast) e anche per il nuovo decoder SkyQ. Soprattutto per quest’ ultimo bisognerà pazientare. Per le console, Xbox sì e PlayStation no: ma è questione di tempo. La prima è andata, tra possibilità e rischi futuri: sui social alcuni appassionati hanno lamentato strappi e blocchi, ovvero buffering (dovuto a cosa non si sa, quindi una sorta di mistero buffering) qui e là, soprattutto negli ultimi secondi di partita. In questi casi si tratta di potenziare il segnale al momento giusto e soprattutto farsi trovare pronti quando gli utenti collegati saranno infinitamente di più rispetto a ieri – e questi sono problemi, si presume risolvibili, della medesima Dazn. Dove invece rischia di innescarsi qualcosa a metà tra la gag e il tormentone sarà al capitolo ritardo del segnale. Essendo su internet, ieri la partita di Neymar e Verratti arrivava con almeno 40 secondi di ritardo. Vero, si tratta di esclusive – per Dazn – non ci sarà mai un’ altra tv via satellite che trasmette la gara in anticipo. Insomma si vivrà tutti con quaranta secondi di ritardo. Con alcune eccezioni: gli spettatori allo stadio, per esempio. Oppure chi segue la partita alla radio, in diretta vera. E in epoca di notifiche immediate e di smartphone che crepitano da un tifoso all’ altro, magari la questione diventerà il tema del giorno, un giorno. Per il resto tocca aspettare la vera prova del fuoco, sabato 18. Annessi e connessi vari. Si può fare bella figura con chi vi chiede cosa diavolo vuol dire Dazn spiegando che è la contrazione giovanilista di “The Zone” (da cui la pronuncia esatta). Tra i tifosi è già gara per trovare soluzioni (legali) convenienti. Esempio: due amici abbonati a Sky possono comprare un solo pacchetto annuale Dazn da 60 euro. Siccome è consentita la visione su due dispositivi, dividono la spesa e con 30 euro per tutta la stagione si esce dal problema.

L'articolo Rassegna Stampa del 05/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 06/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

“L’ informazione della Rai deve ritrovare credibilità”

Morelli: «Fiction, tecnologie e un direttore autonomo Rilancio della Rai a Milano»

Da Rai Sport al Giornale Radio quattro direzioni vacanti

Vigilanza in pressing su Tria “Superiamo lo stallo di Foa”

La battaglia di Stromboli per riavere l’ edicola

“L’ informazione della Rai deve ritrovare credibilità”

Il Fatto Quotidiano
Stefano Feltri
link

“Il vero problema è il dilettantismo, non il populismo”. Flavio Cattaneo, 55 anni, ha guidato negli ultimi cinque anni i treni di Italo, poi Telecom Italia, poi di nuovo Italo che da poco ha venduto a un fondo americano con un incasso personale di 115 milioni di euro. Soldi che in parte ha reinvestito, insieme agli altri soci storici, proprio su Italo, mentre a settembre partirà con una nuova iniziativa da investitore, un “club deal”: con l’ aiuto di una rete di privati, vuole rilevare quote di controllo di “aziende che hanno bisogno di trasformazione e crescita o start up come Italo”. A Italo, dice, “abbiamo costruito, insieme a un gruppo di azionisti visionari e una squadra di manager competenti, una società che da zero è diventata di rilevanza nazionale”. Un investimento seguito da una robusta cura manageriale. La stessa che tra 2003 e 2005 ha applicato anche alla Rai, di cui era stato nominato direttore generale dall’ allora governo di centrodestra. Flavio Cattaneo, 15 anni dopo la sua gestione, come sta la Rai? Ha sempre avuto una struttura interna legata all’ informazione molto forte, più di 1.000 giornalisti, con una presenza in tutte le Regioni. Ma questa forza si è indebolita a causa della tecnologia, il web ha una capillarità maggiore di qualunque rete di redazioni regionali. Ma la Rai ha un brand riconosciuto come istituzionale e su questo deve scommettere. Errori recenti? Parlo da una prospettiva manageriale, non politica: per esempio a Rai3, il pur molto competente direttore ha ereditato una rete che negli anni ha abbandonato quella centralità dell’ informazione che la caratterizzava, colpa anche del fatto che si confrontava con governi con lo stesso orientamento culturale. Il vuoto nel pluralismo informativo è stato occupato intelligentemente da La7, che si è messa su posizioni critiche. E il resto delle reti Rai? Quella che ha più difficoltà di posizionamento, secondo me, è sempre Rai2, che non si può davvero considerare una rete per giovani, complementare a Rai1 che parla al pubblico più maturo. Ai tempi della nostra gestione affrontammo il problema con innesti di programmi nuovi: nel 2005 mandammo in onda la prima edizione de l’ Isola dei famosi, che nella serata finale toccò punte del 52 per cento di share, più della nazionale di calcio. In ogni mestiere si parte dal prodotto e la televisione non fa eccezione. I manager, incluso il nuovo dg Fabrizio Salini, per innovare dovrebbero avere un mandato chiaro dall’ azionista, cioè il governo. Abbiamo visto già troppe volte politici che nominano manager indipendenti e poi li scaricano perché hanno fatto scelte nell’ interesse dell’ azienda e non dei loro mandanti. I politici devono capire che quando sono in maggioranza dovrebbero fare norme che tutelino anche l’ opposizione perché prima o poi tutti diventano opposizione. La Rai deve competere con Netflix o essere solo la tv dei discorsi di Mattarella e di Sanremo? Netflix ha un modello di business che si basa sull’ abbonamento mensile a pagamento. La Rai ha già il canone, non può neanche pensare di mettersi in concorrenza. Sul mercato italiano c’ è anche Tim Vision che ha raggiunto numeri importanti. Vodafone ha comprato da Liberty Global il secondo operatore via cavo in Germania. In Spagna Telefònica ha la prima pay tv: la convergenza tra telefonia e contenuti sta già nei fatti. Che spazio resta alla Rai? La Rai dovrebbe essere una via di mezzo. Deve investire sul suo brand istituzionale, aumentare l’ informazione, svecchiare alcuni programmi e valutare la cessione di parti dell’ azienda per innescare la competizione tra gli editori, sempre col senso di responsabilità che si richiede a un servizio pubblico. Mediaset sfida Rai e La7 con il rilancio di Rete4 piena di nuovi talk show. Ce la farà? La Rai è sempre stata regina nella credibilità dell’ informazione, mi ricordo Ballarò che faceva il 16-18 per cento. Poi ha perso un po’ di smalto. Mediaset ha meno storia dal punto di vista dell’ informazione, anche se ha buone competenze per fare un tentativo. Quando è stato indicato Marcello Foa alla presidenza, molti si sono allarmati per le sue posizioni filo-russe e anti euro. Quanto conta l’ orientamento culturale dei dirigenti sulle scelte della Rai? C’ è un differenziale di tempo tra quando si prende una decisione e quando questa diventa efficace. Cambiare un conduttore è facile, cambiare l’ identità culturale dell’ azienda può essere velleitario. Immaginiamo che si vogliano usare le fiction per dare il messaggio che gli immigrati sono una minaccia e non una opportunità: i risultati si vedranno – forse – fra 3-4 anni, ammesso che ci sia una presa forte sulla struttura da parte dei vertici. Da manager con poco tempo che dieta mediatica segue? Mi alzo presto e alle 7 ho già letto 3-4 giornali, per lavoro in Telecom guardavo le principali serie televisive, Breaking Bad, Narcos, La Casa di Carta, studio il prodotto e guardo le trasmissioni di informazione con mia moglie. Molto spesso mi sono trovato a passare dalla Rai a La7 perché era lì che si sviluppava il dibattito politico. Il tetto di 240.000 euro di stipendio annuo che vale anche per il nuovo dg Rai è un problema o è giusto chiedere a chi lavora per lo Stato di accettare compensi diversi che nel privato? Le aziende che stanno sul mercato si devono adeguare alle logiche di mercato. Diverso se ci sono enti o istituzioni che non si rivolgono al mercato e possono chiedere un impegno da civil servant, con un compenso limitato o addirittura a titolo gratuito. Ma non si può chiedere a chi guida Eni e Enel o Leonardo di essere un civil servant. Se si vuole che la Rai stia sul mercato, si potrebbe prevedere per il capo azienda una base di stipendio bassa e una parte variabile più alta legata a risultati chiari e misurabili da parte dei cittadini. Dove vede del potenziale nel settore dei media, così in affanno? Sul web ci sono spazi enormi perché i giornali tradizionali ripropongono il giornale di carta in versione digitale, cambia il supporto tecnologico ma non la sostanza. Mentre il web vive di filmati, di immediatezza, poco testo e tanto vissuto diretto. Sono i video l’ informazione del futuro.

Morelli: «Fiction, tecnologie e un direttore autonomo Rilancio della Rai a Milano»

Corriere della Sera
GIAMPIERO ROSSI
link

«Non abbiamo cambiato idea: la sede Rai di Milano avrà un ruolo importante. Cerchiamo un manager all’ altezza e valutiamo attentamente il trasferimento al Portello». Alessandro Morelli è parlamentare, responsabile della comunicazione per la Lega e consigliere comunale milanese da due legislature. Tocca a lui, quindi, rispondere a preoccupazioni e interrogativi che da mesi hanno ripreso a circolare in corso Sempione. Dopo le speranze innescate dall’ ex direttore del Centro di produzione, Piero Gaffuri, il pessimismo è tornato a prevalere. La Rai milanese è senza una vera guida e resta incerto anche l’ allargamento della sede negli spazi della Fiera al Portello. Morelli, questo è un cavallo di battaglia storico per la Lega. Il vostro fondatore Umberto Bossi ha sempre sostenuto l’ importanza di una Rai forte e autonoma per Milano e la Lombardia. Adesso che siete al governo che programmi avete? «Tutte le sedi regionali, e quella di Milano in primis, devono essere valorizzate. Questo è un punto di partenza che fa parte del Dna della Lega tanto quanto il federalismo ed è chiaro a tutti i ministri». Ma qual è il vostro progetto, l’ idea di partenza per questa valorizzazione? «Innanzitutto c’ è la volontà chiara, e non da oggi, di togliere le briglie di Roma a tutte le sedi e le testate regionali per lasciarle libere di esprimere e valorizzare le proprie potenzialità e culture locali. Perché, comunque quello che viene spesso liquidato come folklore è un patrimonio culturale che attira migliaia di visitatori nei nostri territori». Il direttore che ha appena lasciato corso Sempione, Piero Gaffuri, sognava la produzione di una fiction milanese sullo stile di «Un posto al Sole». Quando era leader della Lega, Umberto Bossi chiedeva programmi in dialetto: a cosa si avvicina di più il modello che avete in mente? «Di sicuro di portare più produzioni a Milano. Ce ne sono già diverse, e alcune molto importanti, ma finora questo è avvenuto perché gli stessi conduttori – per esempio Fabio Fazio – hanno scelto autonomamente di realizzarle qui. La nostra idea, invece, è di pianificare una diversa distribuzione di queste produzioni. Poi, soprattutto per una sede come questa, c’ è da valorizzare un patrimonio enorme di redattori, autori, tecnici: quindi sì all’ idea di una fiction tutta milanese. E poi c’ è da lavorare nell’ ambito delle nuove tecnologie». Cioè? «La Rai è piuttosto in ritardo sui prodotti on demand, ma questo non è più soltanto un tema per il futuro, già adesso non è più roba per soli giovani: è un mercato potenziale. E una città come Milano, dove hanno sede e operano molte aziende ad alta tecnologia, è l’ ambiente ideale per svilupparlo». Ma tutti questi progetti hanno bisogno di una sede adeguata. Il trasferimento al Portello è ancora una decisione in sospeso. Qual è il vostro orientamento? «Devo dire che mi meraviglia positivamente che non siamo stati messi davanti a un fatto compiuto. Il nuovo Cda avrà ora modo di valutare la soluzione migliore». Ma lei cosa pensa dell’ opzione Fiera? «È indubbiamente una buona soluzione. Però a Milano ci sono anche altri spazi: dall’ area Expo alle tante realtà industriali dismesse». E per la dirigenza avete già qualche idea? «Di sicuro un dirigente di alto livello. Ma possibilmente una figura che c’ entri il meno possibile con l’ azienda, perché la Rai è un ambiente influenzato da troppi interessi e pressioni. Sono convinto che gli stessi lavoratori non vedano l’ ora di avere una guida davvero autonoma». Un esterno, quindi? «Un manager giovane, aperto alle nuove tecnologie e in grado di compiere scelte libere. Per individuarlo ci stiamo muovendo come cacciatori di teste».

Da Rai Sport al Giornale Radio quattro direzioni vacanti

La Repubblica

link

Rai Sport Dopo l’ addio polemico di Gabriele Romagnoli (foto) è Jacopo Volpi, ex cronista del Tg1, il nome più gettonato per la direzione, vacante. Volpi è una figura interna alla Rai condivisa da Lega e da M5S Tgr È la direzione, lasciata libera da Vincenzo Morgante (foto), a cui ambisce la Lega per avere il “controllo” dei tg regionali. Nel tam tam gialloverde i nomi più ricorrenti sono quelli di Paolo Corsini ed Enrico Castelli Giornale radio Rai È la poltrona liberata da Gerardo Greco (foto) passato al Tg4. Lega e M5S potrebbero convergere sulla nomina di Giuseppe Carboni a direttore del Giornale Radio e di Rai Radio 1 Rai Pubblicità Il posto, decisivo sul piano economico, lasciato vuoto da Fabrizio Piscopo (foto) potrebbe essere preso da Mario Tarolli, vicino alla Lega. La scelta è determinante anche per i rapporti tra Salvini e Berlusconi.

Vigilanza in pressing su Tria “Superiamo lo stallo di Foa”

La Repubblica
GIOVANNA VITALE
link

ROMA Muoversi prima che lo strappo su Marcello Foa diventi frattura irreversibile. Istituzionalizzare la crisi politica sul vertice Rai che rischia di paralizzare l’ azienda, innescando una battaglia legale dagli esiti imprevedibili. È l’ intenzione del presidente della commissione di Vigilanza Alberto Barachini, che già oggi potrebbe avviare un’ interlocuzione con il ministro dell’ Economia Giovanni Tria nella sua veste di azionista di maggioranza del servizio pubblico radiotelevisivo. Forte del parere di un illustre giurista come Beniamino Caravita di Toritto, ordinario di istituzioni di diritto pubblico all’ università La Sapienza, l’ esponente di Forza Italia che guida la Bicamerale chiederà all’ inquilino di Via XX Settembre delucidazioni sul percorso da seguire, dopo la bocciatura inflitta al giornalista sovranista in Parlamento. Un modo, anche, per lanciare un segnale distensivo all’ indirizzo di Matteo Salvini, che sembra ormai essersi incaponito sul nome di Foa, tanto da rispedire al mittente qualsiasi exit strategy ( dimissioni del presidente in pectore, da destinare ad altro incarico nella Tv di Stato) pur sollecitata dagli alleati grillini. Ma soprattutto per cercare di ricomporre uno scontro tutto interno al centrodestra, riportando la partita sul binario istituzionale del dialogo fra governo e Vigilanza. E pazienza se il ministro Tria, all’ indomani dello stop traumatico in commissione, si era già chiamato fuori. Facendo trapelare di non aver « mai dato indicazioni sulla nomina del presidente della Rai, funzione che la legge affida al cda» e di essersi limitato – norme alla mano – a suggerire « al consiglio dei ministri (che ha deliberato) due consiglieri, uno dei quali (Salini) è stato designato per la carica di amministratore delegato » , mentre « sul presidente mai si è pronunciato e nemmeno intende farlo». L’ opinione più gettonata dentro e fuori i palazzi è che, a questo punto, un chiarimento del Tesoro sia assolutamente necessario. Specie alla vigilia del consiglio di amministrazione che tra mercoledì e giovedì potrebbe essere chiamato a varare atti passibili di impugnazione, peraltro già minacciata da Fnsi e Usigrai. D’ altra parte non è più solo Riccardo Laganà, consigliere eletto dai dipendenti Rai, a esprimere in una lettera inviata al capo dello Stato « forte preoccupazione » sulla permanenza di Foa al vertice di Viale Mazzini dopo il naufragio in Bicamerale: «Carica integralmente priva di efficacia» e foriera di « gravissime conseguenze giuridiche » per l’ azienda. Anche una serie di esperti, consultati sia da Fi sia dalle altre forze di opposizione, sostengono la medesima cosa. Da ultimo l’ ex presidente Rai e professore di diritto costituzionale a Firenze Roberto Zaccaria: « La legge parla chiaro: se non si determina un voto positivo con la maggioranza di due terzi in Vigilanza, che è la condizione risolutiva di efficacia, il presidente non c’ è. E la legge non prevede che possano essere fatti ulteriori tentativi, manca il requisito normativo per andare avanti » . Una regola «chiara, assoluta e indiscutibile» secondo Zaccaria: «E se viene infranta, esistono gli organi di controllo che hanno il compito di verificarne la legalità e farla rispettare. Ovvero, i presidenti di Camera e Senato, ma anche la stessa Vigilanza, che in caso di riproposizione dello stesso nome, atto contrario alle procedure parlamentari, deve rifiutarsi di votare ». Il commissario dem Michele Anzaldi ha già studiato la strategia: « Se l’ asserragliamento di Foa in cda va avanti, chiederò in ufficio di presidenza che la commissione presenti ricorso alla Corte Costituzionale». © RIPRODUZIONE RISERVATA ANSA Il presidente bocciato della Rai Il giornalista sovranista Marcello Foa.

La battaglia di Stromboli per riavere l’ edicola

La Repubblica
ALESSANDRA ZINITI
link

Li vedi scendere dall’ aliscafo con un fascio di giornali sotto il braccio e quasi quasi ti rincuori. Dai, che bello! Si vede che le vacanze sotto il vulcano riconciliano con i tempi lenti e la lettura su carta: quotidiani, settimanali, riviste, la settimana enigmistica. E invece no. Quelli sono solo i più avveduti, quelli che vanno a raggiungere amici e parenti o che sono stati raggiunti in tempo utile dall’ incredulo tam tam. E a Stromboli arrivano con la scorta, come si fa con le cose che difficilmente si trovano. Perché nell’ isola più chic delle Eolie, quella prediletta da scrittori e intellettuali che hanno comprato casa facendone il loro buen retiro per molti mesi all’ anno, i giornali non arrivano più. L’ unica edicola di Stromboli, che incontravi sul lungomare poche centinaia di metri dopo il porto prima di intraprendere la salita verso la piazza del paese, ha chiuso. Vendeva di tutto, non solo giornali, dai souvernirs alle creme solari, dai secchielli alle cartoline, come ormai tutte le rivendite di giornali, ma era l’ unica edicola dell’ isola e non ha ceduto a nessun altro la licenza. E così, quando all’ inizio della stagione, non ha riaperto i battenti, Stromboli è rimasta senza alcun tipo di giornale. Per la verità, quest’ anno, sotto il fascinosissimo vulcano sempre più preso d’ assalto ogni giorno da centinaia di escursionisti, ha chiuso anche l’ unico forno ma il pane, almeno quello, c’ è. Lo fanno altrove, in casa, e lo distribuiscono nei piccoli supermercati. I giornali, invece, no. Ci ha provato Barbara, la giovane libraia che gestisce con ingegno e creatività l’ unica libreria-giardino dell’ isola. Ci ha provato Massimiliano, il gestore del bar Ingrid, il più panoramico dell’ isola. Ma non c’ è stato verso: «Ci hanno chiesto una fidejussione di 10.000 euro e ci hanno detto che i resi li pagano tre mesi dopo. E noi non possiamo permettercelo». Ma davvero dobbiamo rimanere senza giornali? E mentre isolani illustri, villeggianti e turisti cercavano di sensibilizzare l’ amministrazione comunale (ma Stromboli è un’ isola amministrata dal sindaco di Lipari e solo con un delegato) a muovere un passo, qualcuno in spiaggia ha scovato gli ospiti di un hotel con il giornale sotto l’ ombrellone. Di necessità, virtù: per assicurare un servizio ai loro clienti, la direzione dell’ albergo ogni mattina ha deciso di mandare a prendere i giornali con il primo aliscafo all’ edicola di Lipari. Il passaparola ha fatto il resto. E ora chi vuole, il giorno prima, va a ordinare il giornale che desidera alla boutique dell’ hotel e l’ indomani (forse) lo troverà. Ancora per un po’. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L'articolo Rassegna Stampa del 06/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 07/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Grazie a Sky torneremo alle radioline

Rcs, la riscossa della carta

Chessidice in viale dell’ Editoria

Disney, lo streaming prende forma

Le entrate calano del 3,1%

Netflix, il successo del cinema ai domiciliari

L’unico rischio della tele à la carte è abbassare la qualità

Rai, Conte irritato con Salvini il Cda bloccato sulle nomine

Grazie a Sky torneremo alle radioline

Il Fatto Quotidiano
Antonio Padellaro
link

C’ è qualcosa di peggio che essere presi per il collo da Sky (per non dire peggio) se si vuole vedere la serie A in tv (come Paolo Ziliani ha mirabilmente raccontato su queste pagine). Si, non sapere a chi porgere il collo. Immaginiamo un malato di pallone (io). Che per niente al mondo rinuncerebbe a perdersi un minuto soltanto della sua squadra del cuore (io). Che per una forma degenerativa del morbo in questione non vuole privarsi di nulla di quanto il campionato offra , neppure (con tutto il rispetto) di un Frosinone-Sassuolo (questo non sono io ma non poniamo limiti). Costui è abbonato Sky da sempre (di nuovo io). Mai un ritardo nei pagamenti. Così supino ai voleri dell’ imperatore delle galassie pay per view da caricarsi dell’ intero pacchetto Cinema (compresi i polpettoni di Sky Classic, tipo Ercole e le sette fatiche cartonate). Ora, un tipo così (ma siamo moltitudine) andrebbe aiutato, coccolato, vezzeggiato, come fanno i bravi spacciatori di sogni. Soprattutto quando per un accordo tra i boss del calciotraffico (l’ avida Lega Calcio) la somministrazione del pallone comporta un casino indescrivibile. Con altri decoder da acquistare (Sky Q), altre piattaforme da foraggiare ( DAZN ), altri conti da saldare. Ma chi è nella rete del vizio è pronto a tutto ed eccomi scodinzolante con la carta di credito in bocca che imploro: quant’ è? Niente. Buio. Silenzio. Angoscia. A parte la voce inutilmente euforica di un numero verde Sky che ti rimanda a un operatore che non c’ è e non ci sarà perché le linee sono occupate, forse per sempre (lasciate ogni speranza voi ch’ entrate) da una moltitudine di altri coglioni (pardon abbonati) disposti a tutto a pochi giorni dall’ inizio del campionato. Ma la vera domanda è: cosa diavolo può spingere un colosso televisivo a prendere prima per il collo poi a calci negli stinchi per non dire peggio i propri affezionati clienti? Improvvisa, ecco l’ illuminazione. Ma è così semplice: Sky persegue un meritorio programma di disintossicazione dal calcio in tv. Come quei miliardari che dopo una vita di loschi profitti si dedicano al riscatto delle loro vittime accompagnandole verso la virtù, l’ Emittenza (non è certo un caso lo spot dei conduttori muniti di angeliche ali) ha deciso di farci cambiare vita. E ci spinge (con le cattive) fuori dal costoso paese dei balocchi. E dunque ragazzi basta con le overdose di Diretta Gol. Basta con le maratone di Sky Calcio. Addio Caressa e Bergomi. Torneremo a seguire la squadra del nostro cuore attraverso la cara, dolce radiolina di Tutto il Calcio (Rai). Sii, diventeremo tifosi migliori e più ricchi dentro (ma anche nelle tasche). Grazie Sky.

Rcs, la riscossa della carta

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

I grandi gruppi televisivi e di carta stampata non stanno vivendo un gran momento quanto a redditività. E tutta l’ editoria è ancora alla ricerca delle strade giuste per sopravvivere e crescere nel futuro digitale. Al netto, quindi, del momento di passaggio e della fase di incertezza, fa comunque effetto prendere atto che il polo editoriale che, nei primi sei mesi del 2018, ha assicurato più utili in Italia ai suoi azionisti è Rcs MediaGroup. Una casa editrice che nel 2016, quando venne scalata da Urbano Cairo, aveva perso 1,3 miliardi di euro nei cinque esercizi precedenti. Nei primi sei mesi del 2018 via Rizzoli ha messo in cascina 45,4 milioni di euro di utili. Nello stesso periodo, per esempio, un colosso come Mediaset ha incassato 42,2 milioni di euro di utili, Gedi 4,2 milioni, Caltagirone editore due milioni, Poligrafici editoriale 200 mila euro, Il Sole-24 Ore ha perso 4,1 milioni, Mondadori è in rosso per 12,5 milioni. Non sono disponibili i dati semestrali 2018 degli altri grandi gruppi editoriali. Ma l’ ultimo bilancio di Sky, quello chiuso nel giugno 2017, ha visto utili annuali per 41,6 milioni. La Rai, che a dicembre ha terminato l’ esercizio 2017 con 14,3 milioni di utili, ha già spiegato, per voce del suo ex direttore generale Mario Orfeo, che l’ intero 2018 si chiuderà con un pareggio. Discovery Italia, dopo i 12,8 milioni di utili 2016, è salita a quota 19 milioni nel 2017. Viacom Italia è a 4,7 milioni di utili 2017, e Fox Italia a 10,1 milioni. Invece Condé Nast Italia, nel 2017, ha perso 1,1 milioni, mentre Hearst magazines Italia è in pareggio. Insomma, l’ andamento di Rcs MediaGroup, perlomeno in questo 2018, sembra irraggiungibile per tutti. Ed è quasi inspiegabile, leggendo tante analisi sul futuro dei media, che l’ azienda editoriale più redditizia (con una marginalità del 9% nel rapporto utili su ricavi) risulti essere un gruppo il cui business principale resta la carta stampata quotidiana, le cosiddette hard news. E in cui il digital, seppur in crescita, rimane un comparto ancora marginale. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Clima di «totale incertezza», la serie C slitta a settembre. Il Consiglio direttivo della Lega Pro, riunito ieri a Firenze, ha deciso di indire un’ assemblea il 22 agosto a Roma per stabilire «se iniziare o meno il campionato 2018-19». Per il momento il Consiglio ha deciso di posticipare l’ inizio del campionato alla prima domenica di settembre. «Siamo in un clima di totale incertezza e precarietà nel calcio italiano, il quale ha l’ esigenza che si convochi l’ assemblea elettiva per dar vita a una nuova governance che superi il regime commissariale per un governo della Figc capace di traghettare verso una stagione di riforme non più rimandabile», ha comunicato LegaPro. La prossima assemblea dovrà decidere anche dei diritti tv. Usigrai, Fnsi e Odg: notificato il parere legale, il cda non può operare. «Il cda della Rai non può operare senza un presidente la cui nomina sia efficace per effetto del parere favorevole della Commissione di vigilanza. Di fronte al perdurare dello stallo, questa mattina abbiamo notificato copia del parere legale a nostra disposizione all’ amministratore delegato e al Consiglio di amministrazione della Rai, alla presidente del Senato e al presidente della Camera, e a tutto l’ ufficio di presidenza della Commissione parlamentare di vigilanza». È quanto si legge in una nota congiunta di Vittorio di Trapani, segretario Usigrai, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario e presidente Fnsi, Carlo Verna, presidente del consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti. Facebook chiede alle banche Usa i dati dei clienti. Il social di Mark Zuckerberg avrebbe chiesto alle grandi banche statunitensi di condividere alcune informazioni sui propri clienti, inclusi i dati relativi ai conti correnti e quelli legati alle transazioni con le carte di credito e debito, nel tentativo di ampliare la propria offerta di servizi. A riportare la notizia è stato il Wall Street Journal. Citando fonti a conoscenza del dossier, il quotidiano ha dichiarato che Facebook punta a diventare una piattaforma sulla quale gli utenti possano comprare e vendere prodotti e servizi e ha chiesto a JpMorgan Chase, Wells Fargo, Citigroup e U.S. Bancorp di discuterne bancari con i propri clienti su Messenger. Facebook dal canto suo ha negato che le cose stiano in questi termini: in un comunicato ha spiegato che l’ articolo sottintende «non correttamente» che «stiamo chiedendo alle società di servizi finanziari i dati delle transazioni finanziarie» dei clienti, e «questo non è vero». Il social network ha poi spiegato che la società sta lavorando con «banche e società di carte di credito per offrire servizi ai clienti o il controllo degli account all’ interno di Messenger». Mail.Ru venderà la piattaforma carpooling russa a BlaBlaCar. La società russa internet Mail.Ru venderà la sua piattaforma di carpooling alla compagnia francese BlaBlaCar, come parte di una partnership strategica già in essere da tempo fra i due gruppi. Mail.Ru ha affermato che la cessione di BeepCar rafforzerà la collaborazione commerciale tra le due società e a BlaBlaCar sarà concessa la possibilità di promuovere servizi di carpooling a lungo raggio attraverso tutte le piattaforme della società russa. Il deal permetterà a Mail.Ru di focalizzarsi sullo sviluppo di servizi di food delivery a domicilio e business commerciali transfrontalieri, mentre le attività di BeepCar saranno gestite da BlaBlaCar già a partire da quest’ autunno, trainando così al rialzo i ricavi derivanti dal comparto pubblicitario. La Russia è uno fra i maggiori mercati di BlaBlaCar, che ha iniziato a operare nel Paese a partire dal 2014, e ad oggi vanta all’ attivo più di 15 milioni di membri locali su un totale di 65 mln di iscritti alla piattaforma. Ivass rafforza la comunicazione. Nell’ ambito delle azioni previste dal piano strategico 2018-2020, Antonella Dragotto ha ricevuto dalla Banca d’ Italia l’ incarico di collaborare in via continuativa alla gestione della comunicazione dell’ Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e del suo presidente, in qualità di «Consulente per la comunicazione e le relazioni esterne». Luciana Campanale, dell’ ufficio segreteria di presidenza e del consiglio, diventa «Responsabile della comunicazione digitale, degli eventi esterni e del Cerimoniale». Apple rimuove il link Infowars dall’ elenco podcast. Apple ha deciso di rimuovere dal suo elenco podcast i link che rimandavano ai contenuti del controverso sito di estrema destra Infowars, spingendo il gigante del tech al centro dell’ infuocato dibattito sulle modalità di gestione dei contenuti divisivi e offensivi da parte delle grandi piattaforme del web. La casa della Mela ha affermato di aver eliminato Infowars dal suo elenco podcast già durante il weekend, non essendo in linea con le linee guida stabilite dalla società per creare un ambiente adatto a tutti gli utenti, privo di tematiche che inneggiano all’ odio. Infowars, un sito che promuove teorie cospiratorie, e il conduttore Alex Jones sono sempre stati al centro di dibattiti riguardanti la diffusione di contenuti controversi. Già a luglio Facebook aveva deciso di impedire a Jones, per un periodo di 30 giorni, di postare commenti inneggianti all’ odio o al bullismo. Quando i podcast che non soddisfano le normative della società sono rimossi dall’ elenco di Apple, questi non possono più essere ricercati né scaricati o ascoltati in streaming.

Disney, lo streaming prende forma

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

C’ è qualche problema a far rientrare in Disney i diritti tv e web di Star Wars, in mano a Turner Broadcasting fino al 2024. C’ è qualche problema a conquistare il controllo di Sky, definito da Disney «il gioiello della corona» di Fox, ma il colosso del divertimento del longevo Topolino (quest’ anno compie 90 anni) ha iniziato a delineare la sua offerta in streaming. Secondo le attese del mercato, debutterà al più tardi l’ anno prossimo. Al momento, però, non si conoscono né il nome né prezzi o produzioni; invece c’ è già il nuovo responsabile dei contenuti e del marketing per il servizio streaming: Ricky Strauss, a cui è demandata la «visione strategica» della nuova piattaforma. Peccato che il nome abbia destato ulteriori domande piuttosto che offrire risposte e previsioni su quello che farà Disney. Strauss ha infatti un passato eclettico avendo seguito film come Black Panther e un episodio della stessa Star Wars (tramite Walt Disney Studios) ma anche cartoni animati come Inside Out (sempre made by Walt Disney). Ha lavorato alla Columbia su polizieschi come Go (bersagliato dalla critica ma successo al botteghino) e ancora ha supervisionato la produzione del film impegnato The Help. Insomma, Strauss ha sviluppato un mix di conoscenze adatte a sovrintendere l’ impero Disney, composto dai regni Pixar, Lucasfilm e Marvel, e sufficienti per comporre un menu streaming abbastanza vario da spiazzare i concorrenti. O almeno per metterli in agitazione a partire dalla Netflix di Reed Hastings, la diretta concorrente che ha già i suoi problemi tra rallentamento della crescita della base utenti e stime più contenute sul futuro, come un risultato operativo per la prima volta in contrazione nel terzo trimestre (vedere ItaliaOggi del 18/7/2018). Tanto per fare alcuni esempi di prossime produzioni Disney, e giusto per confermare i timori della concorrenza, la casa madre di Topolino ha affidato al regista di Spotlight Tom McCarthy l’ adattamento cinematografico del libro per ragazzi Timmy Failure, mentre il regista di Iron Man e Il libro della giungla Jon Favreau si sta dedicando a uno spin-off di Star Wars. In arrivo ci sono poi i nuovi Muppets, High school music e Monsters Inc. Finora indiscrezioni di mercato parlano di circa 9 film in fase di realizzazione con budget dai 20 ai 60 milioni di dollari (rispettivamente da 17,3 a 51,9 milioni di euro), senza contare le serie tv con costi tra i 25 e i 35 milioni di dollari (21,6 – 30,3 milioni di euro). A livello di sigle, poi, l’ offerta Disney comprenderà lo sport della controllata Espn+, i film on demand e i cartoon come i Simpson di Hulu (rientrante nel pacchetto Fox di Rupert Murdoch), i documentari di National Geographic (sempre di 21st Century Fox) e forse alcuni titoli Fox come L’ Era glaciale. Ma siccome anche Disney ha i suoi grattacapi, prima del debutto streaming in pompa magna mancano all’ appello i diritti concessi a Turner su alcune saghe di Guerre Stellari, la produzione più importante di tutte per Disney. Cessioni avvenute quando il gigante Usa non immaginava ancora di lanciare il proprio servizio on demand. Ma il problema è che adesso per Turner non è tanto una questione di prezzo, prima di ridarli indietro a peso d’ oro, quanto piuttosto la possibile scelta di tenerli per sé fino a quando non saranno passati talmente tanto in tv da aver perso appeal per molti telespettatori. Certo, Disney ha abbastanzi archivi per sopperire alla mancanza ma intanto, oltre a Star Wars, anche l’ altro gioiello tanto desiderato, Sky, non cadrà presto nelle mani di Topolino. Per questa settimana è atteso l’ ennesimo rilancio di Murdoch (che di Sky detiene il 39%) per superare l’ offerta da 26 miliardi di sterline (29,1 miliardi di euro) di Comcast. Al momento Murdoch, che deve chiedere il via libera a Disney per ogni rilancio, è fermo sui 24,5 miliardi di sterline (27,4 miliardi di euro). © Riproduzione riservata.

Le entrate calano del 3,1%

Italia Oggi
VINCENZO MORENA
link

Il gettito fiscale nel primo semestre ha subito un calo del 3,1% rispetto all’ anno precedente, a causa dello slittamento dell’ autoliquidazione e dell’ acconto imposta sulle assicurazioni. «Nel periodo gennaio-giugno 2018, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 198.515 milioni di euro, segnando un decremento di 6.406 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente (-3,1%)». Lo rende noto il ministero dell’ economia e delle finanze (Mef), con il comunicato n.126 pubblicato ieri, spiegando che la riduzione del gettito «è stata influenzata dallo slittamento al mese di luglio del versamento delle imposte in autoliquidazione e dallo slittamento (dal mese di maggio al mese di novembre) del versamento dell’ acconto dell’ imposta sulle assicurazioni». Al netto dei suddetti valori, aggiunge il Mef, «le entrate tributarie erariali mostrano un incremento del 2,56%». Rispetto allo scorso anno, il gettito delle imposte dirette mostra una riduzione di 7.676 milioni di euro (6,9%) e risulta pari a 102.950 milioni di euro. Le ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e sui pensionati hanno subito una crescita di 2.426 milioni di euro (+32%).Bene il gettito dell’ imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze (+54%), così come quello sul valore dell’ attivo dei fondi pensione (+39%).Le entrate dell’ imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e le ritenute sui redditi di capitale salgono del 3,4%, mentre l’ Ires diminuisce del 67,8%. Il gettito delle imposte indirette ammonta a 95.565 milioni con una crescita di 1.270 milioni (+1,3%), grazie al gettito Iva (+1.151 milioni, +2%) e, in particolare, della componente scambi interni (+952 milioni). Positiva la dinamica del prelievo sulle importazioni (+199 milioni, +3%). In calo il gettito dalle assicurazioni (-75,5%). Significativo incremento per l’ imposta di registro (+13,7%, 306 milioni), canone Rai (+7,6%, 58 milioni) e imposta di bollo (+9,7%, 321 milioni).

Netflix, il successo del cinema ai domiciliari

Libero
COSTANZA CAVALLI
link

COSTANZA CAVALLI Per i grandi produttori di Hollywood, fino a poco tempo fa Neflix era «l’ esercito albanese» : qualcosa di sfigato e misterioso insieme, e in qualche modo armato. E come i barbari alle porta di Roma, la furia di Netflix si è dovuta abbattere sul tempio del cinema perché i suoi abitanti capissero la portata della catastrofe. Il gigante americano della distribuzione via internet di film, serie televisive e contenuti d’ intrattenimento, è valutato dal mercato 170 miliardi di dollari, solo un anno fa non aveva convinto tutti: «Se Gesù fosse un’ azione, sarebbe un’ azione di Netflix. Serve la fede, o ci credi o non ci credi», disse Todd Juenger, analista di un’ agenzia americana di investimenti, commentando le prestazione della società. E tutt’ oggi, se da una parte c’ è l’ ottimismo del mercato, dall’ altra ci sono i debiti, che ammontano a 8,5 miliardi e fanno alzare più di un sopracciglio. In ogni caso, quest’ anno l’ azienda spenderà quasi 13 miliardi per sviluppare nuovi contenuti e può permettersi qualsiasi star: da Spike Lee a Dustin Hoffman, da David Letterman a Barack e Michelle Obama. In poco più di dieci anni Netflix ha conquistato 130 milioni di abbonati in 190 Paesi.Forte di questi numeri, Ted Sarandos, responsabile dei contenuti della rete, non teme alcuna concorrenza: Netflix è «in competizione solo con il sonno», confessa Sarandos, americano di origini greche, classe ’64, nato a Phoenix, in Arizona. Arrivato a Netflix nel 2000, quando l’ azienda affittava dvd, ora è una celebrità, prossimamente ospite d’ onore, come cartone animato e dipinto di giallo, nella sitcom dei Simpson. «Più contenuti ci sono, più sono le cose da vedere. Più sono le cose da vedere e più aumentano gli abbonamenti. Più aumentano gli abbonamenti e più aumentano i ricavi. Più aumentano i ricavi e più aumentano i contenuti», ha dichiarato in un’ intervista, azzeccando un circolo virtuoso che, dopo aver mandato in vacca l’ era dei dvd, ora mette in difficoltà i Festival da tappeto rosso e fa arrabbiare, o peggio, preoccupare, Hollywood. Così l’ esercito abanese si è rivelato ben armato: infatti, anche se Hollywood crede il contrario, Netflix non ha fatto altro che occupare un posto lasciato vuoto proprio da lei. La gente ha meno tempo, il cinema costa troppo, ci sono troppe produzioni mediocri per coltivare un pubblico affezionato, e i festival premiano film d’ élite. Di contro, i televisori che entrano nelle case sono sempre più grandi e acquistabili a prezzi sempre più bassi. Infine: siamo una società ai domiciliari. A casa ci arriva tutto, dai detersivi con Amazon, alle scarpe con Yoox, al sushi con JustEat, al cinema con Netflix. E agli orari che ci pare: tutto è a domicilio, tutto è riders, che sia la pizza o l’ ultimo film con Will Smith. I festival che vietano la partecipazione ai loro concorsi ai film in streaming sembrano voler tentare l’ estrema difesa di un vecchio impero. Cannes non ne ha voluto sapere, dimostrando un conflitto che rappresenta la modernità in tutte le sue sfaccettature. Non che il cinema tradizionale sia destinato a sparire, ma ormai è come il vinile: avrà la stessa nicchia di mercato, i talebani della qualità, del dettaglio. Ma nella vecchia guardia c’ è anche una mosca bianca, il direttore artistico della Mostra Cinematografica di Venezia, Alberto Barbera: accoglierà in laguna ben sei film a marchio Netflix e due di Amazon, tutti di grande rilievo. Con buona pace dell’ Anec, l’ Associazione nazionale esercenti cinema, che ha redatto un comunicato per protestare contro la scelta del festival di accettare in concorso film che non avranno passaggi in sala. Ma a fare la fortuna di Netflix, prima che il cinema, sono state le serie tv. E anche in questo caso c’ è un motivo: qualità cinematografica, il sistema a episodi, una narrazione vicina ai ritmi della vita quotidiana, niente fasce orarie e niente scene perdute. E anche le serie tv, al cinema non ci arrivano. In qualche modo, sono una via di mezzo fra il film e il libro. A proposito del libro: come ha fatto a resistere all’ assalto degli e-book? Mentre tutti i sistemi digitali si stanno evolvendo per raggiungere le qualità dell’ analogico, il libro ha già per sua natura tutte le qualità del digitale: è portatile, a domicilio, si può accendere e spegnere a piacimento, semplicemente chiudendolo. E, in più ha un corpo. Una cosa in cui Netflix non è ancora riuscita: fare le orecchie a bordo pagina alle serie tv. riproduzione riservata A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: «La casa di carta», «Daredevil»; e il film italiano «Rimetti a noi i nostri debiti» A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: «La casa di carta», «Daredevil»; e il film italiano «Rimetti a noi i nostri debiti» A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: ëLa casa di cartaû, ëDaredevilû; e il film italiano ëRimetti a noi i nostri debitiû A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: ÃëLa casa di cartaÃû, ÃëDaredevilÃû; e il film italiano ÃëRimetti a noi i nostri debitiÃû

L’unico rischio della tele à la carte è abbassare la qualità

Libero
FRANCESCO SPECCHIA
link

Quando Netflix, il massimo esempio di auto-palinsesto o di menu à la carte delle produzioni tv e cinematografiche fu annunciato, con i botti, in Italia, ero scettico. Molto scettico. C’ erano già Sky e Mediaset Infinity a occupare la nicchia di “tv liquida” ossia non lineare che ti consentiva di sceglierti il prodotto come al supermarket e consumarlo quando volevi. Ma Netflix aveva due atout in più: i costi bassi e l’ altissima qualità delle sue serie televisive. Parlo di serie, perché film di produzione Netflix come Annihilation o Bright, molto luccicanti e molto pretenziosi, rientrano nella categoria “giocattoloni” ma non vinceranno mai un Oscar. Però, sulle serie, al di là dell’ immensa capacità di scelta (ne appaiono due nuove al dì) abbondano regia molto sopra le media e una spesso straordinaria scrittura. Per esempio . Occupied, di marca scandinava, racconta di un’ ipotetica invasione russa della Norvegia causa guerra petrolifera; Designed Survivor si addentra con grazia nella fantapolitica Usa (cosa accadrebbe se il Presidente e il Parlamento saltassero in aria e venisse designato alla Casa Bianca un piccolo burocrate?); La casa di carta di griffe spagnola è uno geniale incrocio fra il cinema di rapina e quello psicologico con un richiamo all’ Italia. Ho citato tre prodotti-gioiello a caso. La domanda semmai è: con questo genere di investimenti, Netflix per quanto riuscirà a tenere alto il livello qualitativo?

Rai, Conte irritato con Salvini il Cda bloccato sulle nomine

La Repubblica
GIOVANNA VITALE
link

L’ ultimo tentativo per convincere Matteo Salvini a mollare la presa su Marcello Foa se lo intesta il premier Giuseppe Conte. Va avanti fino al pomeriggio. Nelle stesse ore dal ministero dell’ Economia raccontano che Giovanni Tria sarebbe pronto anche subito a nominare un nuovo rappresentante del governo nel cda Rai. Pur di chiudere la partita, pur di rendere davvero operativo e non a rischio ricorsi il consiglio di amministrazione che dovrebbe nominare da qui a breve i nuovi direttori di tg e reti. Invano. Per tutto il pomeriggio in Transatlantico era rimbalzata l’ indiscrezione che voleva il vicepremier della Lega e il sottosegretario Giorgetti pronti a far compiere un passo indietro a Foa per designare una donna. E il nome circolato è stato nuovamente quello di Bianchi Clerici. Ma si è rivelato un bluff. Salvini quella presa proprio non la molla. Nel partito, uomini di governo raccontano a taccuini chiusi che a settembre poi sarà inevitabile trovare una soluzione di compromesso. Ma per adesso il capo del Viminale non vuol saperne di accettare la resa, di riconoscere la vittoria di Silvio Berlusconi (che ha fatto bocciare Foa in Vigilanza). E poco conta che anche gli alleati grillini si siano schierati sulla linea moderata: «Troviamo un altro presidente per sbloccare lo stallo Rai » . Una cosa è certa e su questo Di Maio e i suoi non indietreggiano: il Carroccio potrà anche tenere al suo posto il giornalista sovranista, ma si scorda per adesso la nomina dei direttori, la cui designazione rischia di essere coperta da una valanga di ricorsi. E infatti il cda si riunirà dopodomani solo per varare alcuni atti urgenti – gli highlights del calcio e il rinnovo del contratto per la fiction ” Un posto al sole” – non per coprire le caselle vacanti alla guida di RaiSport, di Rai pubblicità o delle testate regionali, né tanto meno per avviare il valzer dei direttori di Reti e Tg. Il parere legale notificato da Usigrai, Fnsi e Ordine dei giornalisti non concede margini: il board della Tv di Stato « non può operare » con questo assetto. Mentre i presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, ricevono dai capigruppo dem Delrio e Marcucci la richiesta che la volontà del Parlamento venga rispettata. Ma è tra Lega e Fi che il rapporto è ormai ai minimi termini. Giorgetti provoca: «Da cattolico, confidiamo in un pentimento di Berlusconi » . Coi forzisti che replicano: «Il peccato originale è quello della Lega, provveda e uccideremo insieme il vitello grasso». Nel frattempo il presidente della Vigilanza Alberto Barachini riunirà stamattina l’ ufficio di presidenza della commissione per prendere atto di fatto dello stallo. Ieri l’ ex giornalista Mediaset ha incontrato il ministro dell’ Economia per capire cosa avesse intenzione di fare il principale azionista Rai. Incassando una riposta interlocutoria, anche perché il pallino è nelle mani della Lega cui spetta – nella spartizione di maggioranza – l’ indicazione del presidente. Se la situazione dovesse sbloccarsi, in Vigilanza si dicono pronti a convocarsi anche a cavallo di Ferragosto per approvare la nomina del nuovo presidente. Ma il clima a Palazzo Chigi non è dei migliori.

L'articolo Rassegna Stampa del 07/08/2018 proviene da Editoria.tv.

RCS in continua crescita grazie alla carta stampata

$
0
0

Importanti risultati finanziari per RCS Media Group. Nel primo semestre del 2018 il colosso editoriale ha fatto registrare 45,4 milioni di euro di utili. Come fatto notare da “Italia Oggi” nessun altro polo editoriale ha risultati analoghi in tale periodo. Il risultato netto è raddoppiato rispetto al 2017. L’indebitamento finanziario è calato a 245 milioni e scenderà sotto i 200 milioni entro la fine del 2018. Confermati, quindi, gli obiettivi della crescita del margine operativo lordo e dei flussi di cassa della gestione corrente. Quella di RCS è una leadership che si afferma sia a livello cartaceo che digitale. Per quanto riguarda il primo ambito sono da segnalare i risultati notevoli di “Corriere della Sera”, “Gazzetta dello Sport” , “Expansion” e “Marca”. Sul versante digitale sono aumentati del 31% gli abbonati attivi, portando quindi il totale a 92mila paganti.
“Italia Oggi” evidenzia l’anomalia della situazione rispetto al panorama generale. Pur essendo in crescita sul web, RCS continua a far registrare i maggiori ricavi sui mezzi tradizionali. Lo dimostrano, oltre agli ottimi risultati dei quotidiani di punta, il successo delle continue iniziative editoriali presentate nel 2018. Tra questi vanno segnalati i nuovi inserti del “Corriere”, Corriere Innovazione e Liberi tutti, e l’espansione geografica e contenutistica della “Gazzetta dello Sport”. Dietro a tutte queste cifre e miglioramenti c’è Urbano Cairo, che ha rilevato un gruppo editoriale in profonda crisi due anni fa. L’attenzione precipua verso la carta stampata è stata dichiarata a più riprese dall’imprenditore. Per Cairo l’abitudine di sfogliare un giornale è ancora radicata in una vasta platea e non va trascurata. Il digitale acquisisce sempre più importanza, ma all’orizzonte non si intravedono modelli di business che ne consentano un adeguato sfruttamento (posto che, per Cairo, modelli paywall sono ineludibili per la fruizione dei contenuti). Per questo motivo l’imprenditore preferisce puntare sulla diminuzione dei prezzi nel cartaceo, che ha un effetto positivo sulla domanda, se affiancata da un’informazione contraddistinta da alti standard qualitativi. Numeri alla mano, le strategie commerciali di Cairo sembrano dare i loro frutti.

L'articolo RCS in continua crescita grazie alla carta stampata proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 08/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Vietato ai Minoli

Guerra totale sulla Rai: a rischio persino i diritti per i gol di 90° minuto

Minoli, l’ autocandidato che s’ offre sempre a tutti

Crimi ( M5S ): “L’ ordine dei giornalisti? Potremmo abolirlo”

«Una soluzione italiana per la crisi delle sale»

Chessidice in viale dell’ Editoria

Copie, giugno senza progressi

«Adesso salvate “Un posto al sole” per i nostri fan siamo una famiglia»

Da Baudo ad Arbore, i timori delle star «Scontro di potere, si trascura il prodotto»

Crimi: «Abolire l’ Ordine dei giornalisti? Lo valuteremo dopo l’ autoriforma»

Vietato ai Minoli

Il Fatto Quotidiano
Marco Travaglio
link

Non sappiamo se il “governo del cambiamento”, per dimostrarsi tale, alla fine cederà e nominerà Giovanni Minoli presidente della Rai. 5Stelle e Lega smentiscono, e persino B. Ma non si sa mai. E comunque è bello sapere che l’ illustre pensionato (da 8 anni) è ancora così arzillo da provarci, e soprattutto da crederci. Pare che in questi giorni sia attivissimo, a chiamare, messaggiare e far telefonare a questo e quello per agguantare l’ ambita poltrona. L’ ultimo stalking autoraccomandatorio ricorda il penultimo, o il terzultimo (abbiamo perso il conto), raccontato nel 2013 da uno sfinito dg Luigi Gubitosi: “Minoli mi fa martellare da chiunque”. Il nostro eroe era reduce dalle sobrie celebrazioni dei 150 anni dell’ Unità d’ Italia (2011), una cosina da 18 milioni che, in un empito di patriottismo, si era protratta anche per i 151 e i 152. E sarebbe proseguita ancora, se quel rompi di Gubitosi non gli avesse rescisso il contratto proponendogli “un ruolo di autore, senza Rai150 che ha esaurito la sua funzione. Ma lui voleva conservare il ruolo e la struttura”: una robina di 70 persone, da spendere in altri anniversari a caso: le guerre puniche, il compleanno di una prozia, cose così. L’ arido Gubitosi rispose picche. E smise di vivere: “Ogni politico che incontro mi dice che Minoli è andato a farsi raccomandare”. Una vita d’ inferno. Poi toccò a Campo Dall’ Orto: parcheggiato a Radio 24, Minoli si era scoperto renziano e voleva rientrare in Rai. Anche perché in radio ne avevano abbastanza di lui. Lo raccattò Cairo a La7, per motivi (e ascolti) ignoti ai più. Un mese fa si candida al Cda in quota Pd, che però gli preferisce tal Rita Borioni, già portaborse di Orfini. Allora ha puntato dritto alla presidenza e, siccome tocca a Salvini d’ intesa con B., s’ è messo a bussare agli usci forzaleghisti. Ma ha trovato chiuso. Ci ha provato pure coi 5 Stelle: invano. A nulla è valsa l’ intervista-soffietto sul Foglio a Salvatore Merlo (ergo un soffietto al quadrato: dell’ intervistato e dell’ intervistatore), in cui diceva un gran bene del nuovo dg: “Sono contento della nomina di Salini. Persona competente e per bene. Adesso ha un compito difficilissimo perché la Rai è una balena spiaggiata, può salvarsi solo se trova un potentissimo rimorchiatore che la riporta in mare”. Tipo lui, per esempio. Passano le ère geologiche e lui è sempre lì. A ogni tornata di nomine Rai, si candida a qualcosa. Come Amato a ogni elezione presidenziale. È il Picasso dell’ auto-spintarella, infatti ha pure diretto il Museo d’ arte contemporanea di Rivoli. Ma il vecchio Pablo, coi suoi due periodi blu e rosa, gli fa una pippa. Lui ha conosciuto i periodi craxiano, martelliano, berlusconiano, veltroniano, prodiano, montiano, renziano e ora sovranista (“se sovranismo significa tornare a produrre programmi in azienda, non mi dispiace”). “Sono un perdente di successo – dice, spiritoso – la politica non mi ha mai dato niente”. Ci mancherebbe. Infatti già nel 1987, precoce, “intervistava” Craxi per uno spot elettorale col garofano rosso all’ occhiello, seduto su una sedia un po’ più bassa di quella del Capo. E nel 1989 gli scriveva: “Caro Bettino in questi 10 anni ho prodotto molti dei programmi di Rai2 che hanno avuto più successo Per questo ritengo che avrei potuto essere considerato un interlocutore nel momento dell’ ennesima difficilissima scelta circa il destino della Rete 2 Non sono mai stato capace di spendere tempo nelle manovre di corridoio (sic, ndr) e nelle chiacchiere Capirai lo sfogo ma anche l’ amarezza di chi si sente a posto con la coscienza professionale e la lealtà politica, ma sempre scavalcato dai pregiudizi, dalle informazioni incomplete, tendenziose e forse cattive Io credo di essere fatto così. Se servo, ci sono”. La serva serve, diceva Totò. Nel ’96, alla vigilia della scontata vittoria dell’ Ulivo, presentò sobriamente Prodi a Mixer: “Il buon professore, il manager, il politico, l’ uomo delle speranze on the road e dell’ Antitrust, del liberalismo temperato e del federalismo fiscale. L’ antidivo per eccellenza, il sorriso bonario e sereno, gli occhi roteanti e morbidi parlano con le pupille, dialogano con le sopracciglia, comunicano con il cristallino. Le mani, più che gesticolare, dicono”. Nel 2011 Mauro Masi, intercettato nell’ inchiesta P4 col faccendiere piduista Bisignani, spiegò ai pm di Roma: “Minoli mi veniva segnalato anche da Letta e quotidianamente da Amato”. Lui intanto aveva chiuso anzitempo Agrodolce, la fiction coprodotta da Rai Educational, da Luca Josi e dalla Regione Sicilia dopo una storiaccia di sprechi, raccomandazioni di amici, amiche e amici degli amici. Nel senso di personaggi in odor di mafia perché – dichiarò il suo braccio destro – “quando le produzioni vanno in Sicilia, devi sottostare alle regole legate alle tradizioni dell’ isola: non puoi sceglierti liberamente le comparse che vuoi, c’ è qualcuno che te le porta”. Purtroppo – aggiunse – “Josi mi fatto una scenata incredibile, dicendo che lui rapporti con mafiosi non li voleva avere mai e poi mai”. Insensibile alle tradizioni siciliane, tanto care alla Rai minoliana. E anche ai conflitti d’ interessi, che sono la specialità della casa. Minoli è maritato con Matilde Bernabei, presidente di Lux Vide, asso pigliatutto delle fiction della Rai che lui potrebbe appaltare direttamente da presidente. Otto mesi fa i pochi adepti del suo Faccia a faccia su La7 lo videro lanciare un memorabile servizio con queste parole: “Continuiamo il viaggio tra le donne top manager d’ Italia. Siamo andati a incontrare la presidente della Lux, la società di produzione che da circa 25 anni sforna in continuazione successi d’ ascolti per la tv. Lei è Matilde Bernabei!”. Cioè la sua signora. Ma questo si scordò di precisarlo. Se no poi la gente chissà cosa va a pensare.

Guerra totale sulla Rai: a rischio persino i diritti per i gol di 90° minuto

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
link

Il cda della Rai oggi darà il via libera alle delibere sui diritti degli highlights del calcio di Serie A e B e al rinnovo del contratto per la prossima stagione di Un posto al sole. Se non lo facesse, la tv di Stato rischierebbe di perdere i gol, con il campionato che inizia tra dieci giorni, il 18 agosto. E senza quelli non potrebbe andare in onda Novantesimo minuto, trasmissione già in palinsesto. Lo stesso vale per la fiction, le cui riprese devono iniziare il prossimo 27 agosto. Il calcio è una torta da 12 milioni (4 milioni per 3 stagioni), mentre per la soap parliamo di due serie da 12 milioni l’ una. Il problema è che le decisioni che verranno prese sono comunque a rischio ricorsi, come minaccia di fare il Pd. “Qualsiasi atto esporrebbe l’ azienda al rischio di contenzioso legale e ciascun consigliere alle contestazioni della magistratura contabile”, avverte il dem Antonello Giacomelli. Ieri, al mattino presto, si è riunito l’ ufficio di presidenza della Vigilanza dove, nonostante qualche sfumatura diversa, alla fine si è deciso di inviare una lettera, firmata dal presidente Alberto Barachini, al cda Rai, per non paralizzare l’ azienda. Qui però va raccontato un episodio emblematico del nervosismo di queste ore. In Vigilanza il leghista Massimiliano Capitanio dà il via libera al documento. Nel pomeriggio, però, la cosa non viene presa bene nel Carroccio. Con grande arrabbiatura di Matteo Salvini. E pure di Giancarlo Giorgetti che, verso le 5, alza il telefono e fa una lavata di testa epocale a Capitanio. “Avallando la lettera e non esprimendo il vostro dissenso avete legittimato la tesi secondo cui Foa non può guidare il cda Rai come consigliere anziano. E che quindi il cda non può operare. Vi rendete conto di cosa avete fatto?”, è il tono della telefonata di Giorgetti. Così alle 8 di sera Capitanio è costretto a dettare alle agenzie una nota in cui prende le distanze dalla lettera di Barachini. “Il contenuto non rispetta l’ esito della discussione in commissione”, dice il deputato leghista. Ma torniamo alla lettera. Che suona come un commissariamento del vertice di Viale Mazzini. Appurato che siamo di fronte a un’ anomalia, si esortano i consiglieri a procedere al più presto con una nuova nomina (sia esso Foa o un altro), che la Vigilanza è pronta a votare anche a Ferragosto. Inoltre si mette il cda in condizione di lavorare sull’ ordinaria amministrazione, ma lo si sconsiglia dal fare nomine. “La Vigilanza potrà essere immediatamente convocata per procedere – anche durante l’ aggiornamento dei lavori parlamentari – all’ espressione del parere prescritto”. La missiva, con tanto di pareri legali portati a supporto, indica pure il perimetro entro cui muoversi. Ovvero “un esercizio delle proprie funzioni finalizzato all’ esclusivo compimento degli atti di ordinaria amministrazione, strettamente necessari per la funzionalità dell’ azienda, dei quali la Vigilanza chiede di essere preventivamente informata”. Il consiglio e l’ amministratore delegato “dovrebbero invece valutare di astenersi dal procedere ad altri atti, quali le nomine dei direttori di rete, canale e testata”, scrive Barachini. Così Fabrizio Salini ieri pomeriggio ha inviato una lettera alla Vigilanza per informarla sulle questioni in agenda, motivando “la necessità e l’ urgenza” delle delibere sui gol e sulla soap napoletana. Su cui oggi, pur con qualche perplessità da parte dei consiglieri per i possibili ricorsi, si procederà. Al primo punto dell’ ordine del giorno, come sottolinea Salini, “c’ è sempre la nomina del presidente”. Che però resterà inevasa, visto che l’ accordo politico ancora non c’ è. La Lega al momento rimane ferma su Foa, ma ora sembra più tattica che reale convincimento, forse per alzare il prezzo sul nuovo nome, in quello che ormai è un sempre più feroce braccio di ferro con Berlusconi che va ben oltre la Rai. Da Forza Italia filtrano altri nomi: prima Giovanni Minoli, poi Fabrizio Del Noce. Ipotesi che Salvini per ora esclude categoricamente. Resiste, sullo sfondo, l’ idea Giampiero Rossi. Anche se in parlamento sono pronti a scommettere che il nome per la presidenza, una volta accantonato Foa, sarà nuovo di zecca e potrebbe essere una sorpresa. Magari arriverà prima di Ferragosto, proprio come ha auspicato la Vigilanza.

Minoli, l’ autocandidato che s’ offre sempre a tutti

Il Fatto Quotidiano
Tommaso Rodano
link

“Ogni politico che incontro mi dice che Giovanni Minoli è andato a farsi raccomandare, mi ha fatto martellare da chiunque”. La perfida confessione è di un uomo generalmente misurato come Luigi Gubitosi, ex presidente della Rai nella breve ma sanguinolenta stagione di Mario Monti e degli altri professori. Correva l’ anno 2013. L’ aneddoto sull’ eterno Minoli torna d’ attualità in questi giorni di grande confusione sotto il cielo di Mamma Rai. La poltrona di presidente, come noto, è sguarnita per la bocciatura di Marcello Foa e la successiva impuntatura della Lega, che non si muove da quel nome. Nei retroscena degli ultimi giorni però si fa largo un’ alternativa, una suggestione che compare ciclicamente negli articoli su Viale Mazzini: “Spunta Minoli”. Non tanto perché i partiti ne siano davvero persuasi – non risulta che lo siano – quanto perché egli stesso non può fare a meno di sponsorizzare una candidatura così autorevole: la sua. Minoli si definì a suo tempo (anno 2009) uomo dalle certezze incrollabili: “Sono, sono stato e sempre sarò di centrosinistra, non cambio quando cambiano i vertici”. Dopo il 4 marzo, però, l’ ultima muta gli ha fatto crescere sulla pelle un manto nuovo, dai riflessi gialloverdi. Il cambio d’ abito – ennesimo di una carriera lunga e proficua – s’ intravede in un’ intervista di fine giugno su Libero, nella quale Minoli definisce la Rai nientemeno che “l’ ultima stazione del welfare cattocomunista”. Il creatore di Mixer confessa di aver avuto un confronto sull’ arretratezza del servizio pubblico “sia con Matteo Salvini, sia con Luigi Di Maio” e di avere avuto “colloqui approfonditi anche con Giorgetti”. Con una conclusione: “La rivoluzione deve prendere l’ indirizzo per il quale sono tutti d’ accordo”. Insomma – direbbe Gubitosi – Minoli ha “martellato” i nuovi potenti, è “andato a farsi raccomandare” – o almeno ci ha provato – dagli ultimi vincitori. Che gli manchi la Rai non è mistero. Poco prima dell’ intervista al giornale di Angelucci e Verdini, aveva preparato il gran ritorno candidandosi per un posto nel consiglio di amministrazione. E dunque, come tutti gli altri, inviando il suo curriculum a Viale Mazzini. Dieci pagine tutte in terza persona – l’ ha raccontato Gianluca Roselli sul Fatto – nelle quali non dimentica di sottolineare come “Mixer sia diventato il più importante news magazine televisivo italiano, sinonimo di una televisione di contenuto” e come con Un posto al sole abbia contribuito alla “creazione di oltre 1500 posti di lavoro” con un indotto che va “dai cestini per il pranzo ai costumi”. L’ uomo è ben consapevole della propria grandezza, costruita con incessante attività davanti e dietro le telecamere. Minoli ha portato in Italia l’ intervista “all’ americana” e l’ ha ripetuta per tutta la carriera, fino all’ ultimo format su La7, Faccia a faccia. Le sue interviste ai politici possono essere aggressive, ma dietro le quinte i rapporti si fanno più distesi. Negli anni ’80 diventa il volto più popolare della Rai Due lottizzata dai socialisti, nel 1987 il rapporto con Bettino Craxi esonda, quando presta la sua figura alla propaganda elettorale del Psi. Il video è ancora su YouTube, visto con gli occhi di oggi è davvero imbarazzante: Minoli finge di incalzare l’ uomo più potente d’ Italia con domande posticce, Craxi sorride, appoggiato alla cassa di un supermercato, punta l’ indice, agita il garofano socialista dal taschino della giacca. Alla fine compare il logo del partito e si capisce che è solo pubblicità. Lo spot diventa manifesto di un giornalista che navigherà i vertici della tv di Stato negli anni di Berlusconi (direttore di Rai Due) e in quelli dell’ Ulivo (direttore di Rai Tre). E oggi si vorrebbe infilare nello spiraglio di una presidenza vacante rivendicata dai “barbari” pentaleghisti. Ci prova, malgrado un macroscopico conflitto d’ interessi: Minoli è marito di Matilde Bernabei, presidente della Lux Vide. Nella stessa società lavorano anche figlia e cognato (lei, Giulia, è sposata con Salvo Nastasi, ex sottosegretario renziano ai Beni Culturali). La Lux Vide produce fiction e format per la Rai per decine di milioni di euro.

Crimi ( M5S ): “L’ ordine dei giornalisti? Potremmo abolirlo”

Il Fatto Quotidiano

link

A ottobre il governo valuterà se abolire l’ Ordine dei giornalisti, che “non è una cosa che si fa così”. Lo ha annunciato ieri il sottosegretario all’ Editoria e all’ Informazione Vito Crimi durante un’ audizione della commissione cultura della Camera. L’ esecutivo aspetta “il processo di autoriforma generale che stanno cercando di mettere in atto” i nuovi vertici dell’ organizzazione, “una proposta ad ampio raggio che non riguarda solo la governance ma anche l’ accesso alla professione”. A quel punto “se si deciderà di abolire l’ Odg ovviamente andrà rivisto tutto il sistema perché è chiaro che oggi l’ iscrizione all’ Ordine comporta automatismi che oggi sono legati all’ iscrizione e domani no”. Le sue dichiarazioni, però, hanno suscitato le reazioni dell’ opposizione, dell’ Ordine e della Federazione nazionale della stampa italiana, sindacato dei giornalisti. “Nessuno pensi che minacce abolizioniste dell’ Ordine possano tacitare i giornalisti”, ha detto il presidente dell’ Odg Carlo Verna. Per la deputata Pd Alessia Rotta, “la convocazione dei vertici dell’ Ordine suona come un avviso minaccioso”.

«Una soluzione italiana per la crisi delle sale»

Il Manifesto
GIOVANNA BRANCA
link

GIOVANNA BRANCA Roma II «Non ero mai entrato a Cinecittà prima d’ ora- confessa il ministro della cultura Alberto Bonisoli -l’ avevo vista solo da fuori». E l’ occasione per varcarne le soglie è la visita allo stabilimento di produzione fatta ieri mattina in compagnia del presidente di Istituto Luce Cinecittà Roberto Cicutto e del direttore generale del Mibact Nicola Borrelli. L’ INCONTRO è istituzionale e le parole del ministro appena investito dalle polemiche per la sua decisione di eliminare le domeniche gratis ai musei sono improntate alla prudenza: si limitano ai convenevoli di rito – «È stata un’ esperienza molto interessante che mi ha fatto capire quanto è importante per lo Stato avere un ruolonellaprogettazione delle politiche dell’ audiovisivo»-e a risposte altrettanto di rito a problemi come la crisi delle presenze in sala. «È un problema che va affrontato a livello di sistema dice infatti Bonisoli- abbiamo fatto una riunione al ministero con tutti gli ‘attori’ del nostro cinema per instaurare un dialogo frai diversi esponenti della filiera e trovare una soluzione italiana, che preveda un confronto a livello internazionale ma tenga conto delle nostre specificità». Personalmente, aggiunge, «penso che dobbiamo capire se si può fare qualcosa peri mesi deboli della stagione estiva, che farebbe una differenza non da poco». Ma, specifica Borrelli, questo è un campo in cui il Ministero può intervenire solo relativamente: «Le politiche sulla distribuzione le decidono gli operatori». PER QUANTO riguarda la nuova Legge cinema Bonisoli si concentra invece sui «pezzi che mancano», i decreti attuativi ancora da fare e soprattutto «come inquadrare lo sviluppo tecnologico, in particolare le piattaforme, all’ interno del sistema industriale audiovisivo italiano». L’ obiettivo è stare al passo con il progresso, con attenzione «a preservare il patrimonio di competenze che abbiamo sviluppato nel corso degli anni». Sul rapporto fra Cinecittà e Rai il ministro dice di apprezzare «l’ indipendenza e l’ autonomia» reciproca delle due istituzioni. «Quello che possiamo fare è sviluppare un rapporto dialettico fra Raie Cinecittà, una comunicazione più stretta». Collaborazione che come aggiunge Cicutto è già in atto per molte iniziative: «Il Museo nazionale del Cinema e dell’ Audiovisivo che aprirà nel 2019 ha il contributo di Rai Teche. E ci sono rapporti con Rai Fiction per fare di Cinecittà un punto di riferimento per le loro produzioni. Come è accaduto per la serie tratta dal Nome della rosa, girata qui per l’ 80%». A Bonisoli viene anche chiesto di chiarire ulteriormente la sua posizione sugli ingressi gratuti ai musei, ma lui si limita a rispondere di non aver cambiato idea rispetto a quanto già detto: «Ho notato che nascono dei battage mediatici senza riscontro. Stiamo lavorando con i direttori dei musei a un’ evoluzione condivisa del sistema».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Gara 5G, sette operatori ammessi dal Mise. Tim, Vodafone, WindTre, Fastweb, Open Fiber, Linkem e Iliad sono i sette operatori ammessi dal Mise (Ministero sviluppo economico) alla gara per le frequenze 5G. La presentazione dell’ offerta iniziale va consegnata entro il 10 settembre. Spotify, Warner esce, altre etichette vendono. Warner music group ha venduto l’ intera quota che deteneva in Spotify, secondo quanto apparso ieri sulla stampa Usa. Dalla vendita arrivano 504 milioni di dollari (434,7 milioni di euro) e 126 milioni saranno dati agli artisti delle etichette (108,7 milioni di euro). Sony music ha venduto invece metà delle sue quote per 750 milioni di dollari (646,8 milioni di euro) e Merlin network tutta la partecipazione per 125 milioni (107,8 milioni di euro). Universal music group non ha venduto azioni. Il titolo di Spotify ha segnato il +21% negli ultimi tre mesi. Alibaba e Hollywood insieme per contenuti video su mobile. La nuova scommessa di Alibaba è la produzione di contenuti video per dispositivi portatili. Infatti Alibaba group holding e tutte e sei le major di Hollywood hanno finanziato per un miliardo di dollari (oltre 860 milioni di euro) NewTv, start-up di video mobile che fa capo a Jeffrey Katzenberg. Quest’ ultimo, veterano del settore intrattenimento, ha lasciato DreamWorks Animation Skg, dopo che NbcUniversal (gruppo Comcast) l’ ha acquisita nel 2016. NewTv vuole creare un servizio app in abbonamento per programmazioni video. Tra gli altri investitori ci sono Goldman Sachs, JpMorgan e Madrone capital partners. Gli studi cinematografici sono Warner Bros, Paramount Pictures, Twentieth Century Fox, Universal Pictures di Comcast e Sony Pictures. NewTv sta pensando a un’ offerta con pubblicità e a una senza. Il lancio è previsto per fine 2019. Rcs, Consob revoca obblighi Grey List. La Commissione nazionale per le società e la borsa ha revocato a Rcs l’ obbligo di diffusione di informazioni periodiche integrative con cadenza trimestrale. Sky, 21st Century Fox formalizza l’ offerta. E’ stata presentata l’ offerta da 24,5 mld di sterline (27,4 mld di euro) agli azionisti di Sky nel tentativo di battere Comcast (sul tavolo 26 mld di sterline, 29 mld di euro). Un comitato indipendente darà il suo responso entro 14 giorni. Fusione At&t con Time Warner, ecco le motivazioni del ricorso del Dipartimento di giustizia. Il Dipartimento di giustizia Usa sostiene, nel ricorso depositato, che il giudice che ha dato il via libera alla fusione ha «ignorato il senso comune e i fondamentali economici». Il Dipartimento ha depositato un documento di 73 pagine. Discovery, utile in calo nel trimestre. Il gruppo Discovery chiude il secondo trimestre con un utile pari a 216 milioni di dollari (186,3 mln di euro), in calo rispetto ai 374 mln usd (322,5 mln di euro) I ricavi sono saliti a 2,85 miliardi, a fronte dei precedenti 1,75 mld (rispettivamente 2,5 e 1,5 mld di euro). I ricavi derivanti dal network statunitense hanno raggiunto quota 1,78 mld (1,5 mld di euro). Avvenire, un francobollo per i primi 50 anni. Il Ministero dello sviluppo economico (Mise) emetterà l’ 11 ottobre un francobollo della serie tematica «le Eccellenze del sistema produttivo ed economico» dedicato al quotidiano Avvenire, nel 50° anno dalla fondazione.

Copie, giugno senza progressi

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

I quotidiani italiani arrivano affaticati a metà anno: in media restano sempre tre le testate col segno più davanti su tutte quelle (63) rilevate mensilmente da Ads (diffusioni totali carta+digitale). Non sono sempre gli stessi giornali a crescere, cambiano a seconda del periodo e, a giugno scorso rispetto allo stesso mese del 2017, avanzano per esempio Libero a +10,2%, Verità a +4% e Fatto Quotidiano a +2,3%. Sempre a giugno, però, si segnalano ulteriori piccoli miglioramenti col Sole 24 Ore stabile (+0,02%), il Corriere della Sera che resta in negativo ma sotto il punto percentuale (-0,8%) e Repubblica di poco sopra il punto percentuale (-1,1%). A proposito dei due quotidiani, i risultati risentono dei trend in edicola, per il Corsera nuovamente al rialzo (da aprile 2012) con un +0,9%, per Repubblica a -11% scontando un giorno di sciopero de,0i giornali del gruppo Gedi, a metà giugno 2017. Nel resto del segmento editoriale prevale il segno meno col Messaggero (-10,9%), la Stampa (-10,5%), Quotidiano nazionale-Qn Giorno (-7,1%), il Giornale (-6,5%), Quotidiano nazionale-Qn Nazione (-5,7%), Quotidiano nazionale-Qn Resto del Carlino (-5,4%) e Avvenire (-4%). Ai quotidiani sportivi, poi, non sono serviti molto i campionati mondiali di calcio in Russia, sul campo da metà giugno a metà luglio 2018: riducono solo in parte le perdite Gazzetta dello Sport (-5,8% e -8,9% il lunedì) e Corriere dello Sport (-21% e -16,2% al lunedì). Non ne beneficia invece TuttoSport, rispettivamente a -19,3% e -14,8%. Riordinando in ordine decrescente i primi 10 classificati, il Corriere della Sera è sempre primo, Repubblica seconda aumentando la distanza questo mese di oltre 17 mila copie da Quotidiano nazionale Qn (dorso sinergico di Giorno, Nazione, Resto del Carlino e da luglio 2017 anche del livornese Telegrafo). Sale al quarto posto il Sole 24 Ore (rispetto al ranking di maggio 2018), al quinto arriva la Gazzetta dello Sport in settimana mentre l’ edizione del lunedì retrocede di due posizioni al sesto. Stabile Stampa, Avvenire e (nono) il Messaggero. Entra in extremis il Corriere Sport-Stadio (decimo), facendo però uscire dalla classifica la sua edizione del lunedì. In edicola le vendite sostengono un po’ i dati diffusionali complessivi (come sempre più spesso accade). Così il Fatto Quotidiano rafforza il rialzo a +4,9% e, di mezzo punto percentuale, anche Libero (+10,7%). Il Sole 24 Ore gira in positivo (+5%) così come il Corsera (+0,9%). Non perde ma nemmeno guadagna Avvenire (stabile a -0,1%) mentre la Verità consolida un più contenuto +3%. Arginano la fuoriuscita di copie Corriere Sport-Stadio (-16,1% e -15% al lunedì), TuttoSport (che migliora a -14,2% in settimana ma non con l’ edizione del lunedì, fermo sul -14,8%) e infine il Messaggero (che riduce a -7,5%). Non recuperano Stampa in contrazione del 12,4%, Repubblica (-11%), Qn-Giorno a -7,9%, Giornale sempre in calo del 6,5%, Gazzetta dello Sport giù del 6,2% e del 10,1% il lunedì, Qn-Resto del Carlino a -5,7%, Qn-Nazione in contrazione del 5,6%. Nella top ten si rimescola un po’ tutta la griglia di arrivi: il Corriere della Sera torna primo e distacca di 6.400 copie Quotidiano nazionale-Qn, secondo prima di Repubblica che però, a sua volta, da questo mese riesce a risalire sul podio. Infatti scende di due gradini il lunedì della Gazzetta dello Sport, a maggio terza e ora quinta, lasciando campo libero anche alla Gazzetta stessa ma nel resto della settimana (quarta). Saldamente sesta la Stampa, settimo diventa il Messaggero e ottavo Corriere Sport-Stadio. A retrocedere di due posizioni il lunedì di Corriere Sport-Stadio. Decimo e ultimo il Giornale che a giugno segna il suo rientro in classifica (a discapito di TuttoSport). Sul digitale, infine, fioccano i segni positivi: Repubblica +63,2%, ItaliaOggi +46,8%, Verità +36,6%, Libero +33,3%, Qn-Giorno +27,6%, Avvenire +25%, Giornale +10,2%, Qn-Resto del Carlino +9,2%, Messaggero +7,2%, Qn-Nazione +4,1% e Sole 24 Ore +1,9%. Ricordando che su questi incrementi può influire il progressivo inserimento delle nuove voci di rilevazione (a cui ogni editore si è adeguato con tempi differenti), a partire da maggio 2017, hanno invece il segno negativo davanti TuttoSport -20,3% e -20% al lunedì, Corriere Sport-Stadio -15,7% e -16% il lunedì, Gazzetta dello Sport -9,9% in settimana e anche il lunedì, Fatto Quotidiano -6%, Corriere della Sera -3,5% e infine Stampa -3,3%. In classifica lo zoccolo duro e inamovibile è quello dei primi 4, nell’ ordine, Sole 24 Ore, Corsera, Repubblica e Stampa. Al quinto posto sale di tre posizioni Avvenire, al sesto scende di una il Messaggero. Il lunedì della Gazzetta dello Sport balza di due gradini e si posiziona settimo così come le sue restanti edizioni che diventano ottave. Il Fatto Quotidiano arretra di due (ora nono), il Gazzettino arretra di 4 (da sesto a decimo). © Riproduzione riservata.

«Adesso salvate “Un posto al sole” per i nostri fan siamo una famiglia»

Il Messaggero
Ilaria Ravarino
link

Dal 2012 nel cast di Un Posto al Sole, Miriam Candurro nella serie Rai è Serena, la maggiore delle sorelle Cirillo, lavoratrice e studentessa con la testa sulle spalle. Riesce a immaginare una stagione senza Un posto al sole? «Credo che togliere Un Posto al Sole agli italiani sarebbe come togliergli una parte della famiglia. Chi ci segue si sente legato a noi quasi da un rapporto di parentela: quando ci incontrano per strada ci salutano direttamente col bacio. Sarebbe come lasciare una parte dell’ Italia orfana». Perché non si può fare a meno di voi? «La vera magia della serie è legata al fatto che raccontiamo storie molto attuali. Il nostro grande segreto è che siamo una finestra vera sull’ Italia, una finestra senza filtri: raccontiamo quello che succede davvero nel paese». Che succederebbe se saltassero Un posto al sole e Novantesimo minuto? «Oddio! Scenderebbero in strada uomini e donne, credo che per l’ Italia sarebbe una specie di rivoluzione». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Da Baudo ad Arbore, i timori delle star «Scontro di potere, si trascura il prodotto»

Il Messaggero
MARCO MOLENDINI
link

I PERSONAGGI ROMA Sotto coperta: in tempi di incertezza il silenzio è d’ oro. Non è cosa nuova, anzi come dice Piero Chiambretti, che alla Rai farebbe piacere tornare prima o poi, è la prassi: «Prima delle elezioni si sta zitti perché non si sa cosa succederà, dopo si è in attesa del cambiamento, poi arrivano i nuovi che dicono che fino a Natale non si muove nulla perché i palinsesti sono stati fatti dai predecessori. Sento questa frase dai tempi di Garibaldi». Già è proprio così. Basta guardare i giornali di questi giorni, il fronte degli artisti tace. Perplessità, preoccupazione, timori e cautela. Eppure argomenti ce ne sarebbero, ancora una volta a viale Mazzini ci si muove nell’ incertezza, anche se è vero che i palinsesti sono stati fatti da chi se ne è già andato via o sta svuotando le scrivanie. «Vedo succedere cose kafkiane», commenta Giancarlo Magalli, avvertendo che come artista Rai è sottoposto al codice etico, per cui ogni dichiarazione andrebbe autorizzata. E le cose kafkiane a suo dire sono, per esempio, «il fatto che si spari a zero contro Marcello Foa per un tweet, ma che nessuno sa se è bravo oppure no, mentre passa in cavalleria la candidatura di un ex direttore Rai che è stato come la peronospera, se non altro per aver cacciato Enzo Biagi». LA CAUTELA Ma la circospezione del campo artistico della tv di Stato non riguarda tanto i destini e le scelte politiche: «La preoccupazione mia ammette Renzo Arbore riguarda le sorti dell’ intrattenimento, di cui non ci si occupa e che rischia sempre di essere trascurato. E lo dico da anziano uomo Rai». Lo stato d’ animo di Arbore non è lontano da quello di un altro monumento della tv pubblica come Pippo Baudo, che guarda alle vicende con appassionata curiosità e partecipazione. Alla preoccupazione si aggiunge anche la diffidenza di chi è nato è cresciuto dalle parti di casa Rai, come Milena Gabanelli, più volte tirata in ballo per incarichi di prestigio e che si è defilata in modo netto: « La Rai è stata il luogo dei miei ideali, un pezzo di famiglia, ma ho voltato pagina e i miei pensieri oggi sono altrove». Decisamente pessimista è un nostalgico con moderazione («La nostalgia è sempre canaglia, come diceva il famoso cantante, e il passato è sempre meglio, ma la tv di Guglielmi è stata effettivamente un momento grande») come Chiambretti: «Il fatto stesso che ci sia baruffa sul fronte delle nomine, rivela come la priorità non sia mettere persone per migliorare il prodotto, ma trovare posto a chi vince». E Magalli conclude: «Aspetto di vedere chi arriverà, ma so già che si tratta di un film che vedo da 40 anni, mentre alla Rai si moltiplicano quelli che galleggiano, ovvero quelli che il giorno dopo sono pronti a dire abbiamo vinto. E so anche che non succederà nulla: siamo l’ unica azienda al mondo che non può fare programmazione triennale. Sai perché? Perché i dirigenti durano in media due anni». Marco Molendini © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Crimi: «Abolire l’ Ordine dei giornalisti? Lo valuteremo dopo l’ autoriforma»

Il Messaggero

link

Il governo valuterà a ottobre, dopo il processo di autoriforma in corso, se «si deciderà di abolire l’ Ordine dei giornalisti». Ad affermarlo, nel corso della sua audizione in commissione Cultura della Camera, è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’ informazione e all’ editoria, Vito Crimi. «Ha senso ancora che l’ Ordine dei giornalisti esista? Ha svolto la funzione che dovrebbe avere? Anziché fare subito un decreto di abolizione dell’ Odg – sottolinea il sottosegretario – ho avuto l’ accortezza di incontrare i nuovi vertici dell’ Ordine. La mia prima preoccupazione è stata quella di attendere questo processo di autoriforma generale che stanno cercando di mettere in atto. Una proposta ad ampio raggio che non riguarda solo la governance ma anche l’ accesso alla professione. Mi dicono che a ottobre questi interventi dovrebbero essere proposti, a seguito di ciò faremo le nostre valutazioni. Se ancora ci sono i presupposti per abolire l’ Ordine del giornalisti sarò qui a proporvelo», annuncia Crimi. Sottolineando che «quando si decide di fare una scelta, poi la si governa. E quindi se si deciderà la cancellazione, ovviamente andrà rivisto tutto il sistema perché l’ iscrizione all’ Ordine comporta automatismi oggi legati all’ iscrizione e domani no. Dobbiamo parlare delle nuove professioni, di un nuovo modo di fare informazione: c’ è l’ insieme dei comunicatori, dei social media manager, tutto un nuovo tema: non è solo l’ informazione condivisa, ma un’ informazione nuova e diversa con strumenti diversi». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L'articolo Rassegna Stampa del 08/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 09/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Presidenza della Rai, rinvio a settembre Parere dell’ Avvocatura sul bando Ilva

Cairo Communication, utili a 29 milioni (+48,7%) Ascolti boom per «La7»

Rai, ok dal Cda a calcio e soap nomine rinviate a settembre

Caso Rai

Spada, la testata è uno spot Ostia scivola sulla pubblicità

La nuova Rai rimandata a settembre

Cresce l’ utile di Cairo Communication Rcs e La7 trainano l’ intero gruppo

Gruppo Cairo, utile su a 29,6 mln

Rcs MediaGroup, gli eventi di ciclismo e running sono miniere d’ oro

Chessidice in viale dell’ Editoria

Cda Rai, Laganà presidente non passa Via libera ai diritti della Serie A

“Tangenti in Rai sedici dirigenti siano processati”

STELLA E STRISCE

Aiutano il figlio con un po’ di soldi Si ritrovano con 30 miliardi in tasca

Presidenza della Rai, rinvio a settembre Parere dell’ Avvocatura sul bando Ilva

Corriere della Sera

link

Tutto rimandato a settembre per l’ elezione del presidente della Rai. Niente da fare nemmeno per Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti, che ha ricevuto un solo voto a favore, quello di Rita Borioni, che aveva lanciato la sua candidatura. L’ interessato si è astenuto, contrari gli altri cinque consiglieri presenti, compreso l’ ad Fabrizio Salini e il consigliere anziano Marcello Foa – la prima scelta del governo, bocciata però dalla commissione di Vigilanza – che spiega: «Il tema della presidenza verrà discusso dopo la pausa estiva del Parlamento. Ci auguriamo che si possa trovare una soluzione rapida». Indignati Federazione della Stampa e sindacato Usigrai: «Il Cda della Rai è ostaggio del governo. Ancora una volta i consiglieri si sono piegati al diktat. Il no a Laganà è la prova che l’ obiettivo non è mettere l’ azienda in condizione di operare, ma solo occuparla». Il senatore pd Francesco Verducci: «Sta andando in scena uno spettacolo penoso e indegno». E slitta a dopo le vacanze anche la decisione sul caso Ilva. Di Maio, prima di decidere se la gara per la cessione delle acciaierie ad ArcelorMittal sia da annullare d’ ufficio o no, dopo i rilievi dell’ Anac, ha chiesto infatti un parere all’ Avvocatura dello Stato prima di valutare la revoca.

Cairo Communication, utili a 29 milioni (+48,7%) Ascolti boom per «La7»

Corriere della Sera
Paola Pica
link

Dopo il quasi raddoppio degli utili semestrali di Rcs, il balzo del risultato Cairo Communication. Al 30 giugno, il gruppo multimediale che fa capo all’ editore e numero uno di Rcs Urbano Cairo mostra un utile netto consolidato di 29,6 milioni, in crescita del 48,7% sullo stesso semestre 2017. E, tra le altre cose, il forte aumento degli ascolti del network «La7». La rete che, anche grazie ai nuovi investimenti sul palinsesto, ha fatto dell’ informazione di qualità la sua cifra segna un progresso del 33% degli ascolti sul totale giorno e del 46% nel prime time, arrivando a essere la quinta rete nazionale sul totale giorno e la terza nel prime time nel mese di maggio. Le elezioni del 4 marzo e la domanda di informazione sul nuovo quadro politico hanno spinto su programmi di approfondimento già in ascesa e con un modello giornalistico che Cairo definisce «eccellente». Otto e mezzo con uno share del 6,9% medio segna un più 19%; di Martedì con il 7,9% di share cresce del 64%. A gonfie vele anche Propaganda Live (4,4% di share), L’ Aria che tira (7% di share, +32%), Piazzpulita (6% di share, +49%), Non è l’ Arena (7,2% di share), Tagadà (3,7% di share, +50%), Omnibus dibattito (4,7%, +26%), Coffee break (5,1%, +27%). Nella nota diffusa al termine del consiglio, la società rinnova l’ impegno nello sviluppo del settore televisivo «per il quale si prevede il conseguimento anche nell’ anno 2018 di un margine operativo lordo positivo». Nei sei mesi, l’ ebitda è stato di 2,2 milioni, dopo l’ incremento di circa 3 milioni dei costi di palinsesto sostenuti al fine «di rafforzare la qualità della programmazione e di conseguire la forte crescita dello share». Sulla base del portafoglio ordini alla data dell’ 8 agosto, la raccolta pubblicitaria sui canali «La7» e «La7d» nei mesi di luglio e agosto 2018 pari a 11,4 milioni di euro è in aumento di oltre l’ 8% rispetto al 2017. «L’ obiettivo di crescita della raccolta pubblicitaria – è scritto nella nota – dei due canali nell’ ultimo quadrimestre 2018 è del 10%». Quanto ai periodici(Cairo Editore), il margine operativo lordo e il risultato operativo sono stati pari rispettivamente a 4,2 milioni e 3,7 milioni. Cairo è il primo editore nel settore per vendite in edicola con circa 1,5 milioni di copie medie vendute nel semestre gennaio-giugno 2018 (dati Ads). La quota di mercato è di circa il 30%. Considerando anche il venduto medio delle testate non rilevate da Ads, ossia le vendite di «Enigmistica Più», le copie medie vendute sono circa 1,6 milioni. A fine semestre, è stata ripresa l’ attività di sviluppo di nuovi prodotti con il lancio nel mese di giugno, in abbinamento opzionale con «Diva e Donna», del quindicinale di cucina «Diva e Donna Cucina» (circa 178 mila copie medie vendute stimate nelle prime quattro uscite) e nel mese di luglio di «Enigmistica Mia», un nuovo settimanale di giochi e passatempi (circa 111 mila copie medie vendute stimate nelle prime due uscite al prezzo lancio di 50 centesimi). Tornando al consolidato, nel primo semestre 2018 i ricavi lordi sono stati pari a circa 678,1 milioni, in crescita sui 633,3 milioni del 30 giugno 2017. Il margine operativo lordo e il risultato operativo sono stati pari rispettivamente a 96,5 milioni e a 67,4 milioni, in netta crescita sul primo semestre 2017 (rispettivamente 85,2 milioni e 53,2 milioni).

Rai, ok dal Cda a calcio e soap nomine rinviate a settembre

Il Messaggero

link

IL CASO ROMA Due decisioni, di quelle che non si possono non prendere. Dettate dall’ urgenza. Sul calcio, e il campionato comincia il 19 agosto, cioè subito, e sulla soap opera Un posto al sole. Due decisioni tecniche, e praticamente atti dovuti. Non iniziative su nomine nei telegiornali o in altri gangli della tivvù pubblica. E così il Cda della Rai, nella sua ultima riunione prima delle ferie, è andato sul liscio. Rimandando a settembre le cose sostanziose, tra cui la scelta del nuovo presidente di Viale Mazzini o la permanenza di Foa come consigliere anziano che guida il Cda. Però nello stallo e nell’ attesa di settembre – «Siamo tutti d’ accordo di rinviare a dopo l’ estate la discussione sul tema della presidenza», dice Marcello Foa – per iniziativa del Pd, ieri si è cercato di portare il consigliere, di area grillina, Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti della Rai, sulla poltrona che doveva essere di Foa. Il voto su Laganà, proposto da Rita Borioni, in quota dem, si è infranto contro il «no» degli altri cinque membri, compreso l’ ad Fabrizio Salini. LA MISSIVA Intanto sono arrivati i complimenti del premier Conte a Foa: «Persona di grande valore, con un curriculum di tutto rispetto». E Foa ringrazia: «Sono parole importanti, un riconoscimento che mi fa piacere». Intanto il Cda, con l’ esclusione di Borioni e Laganà che sono usciti al momento del voto, ha approvato l’ acquisizione del pacchetto d’ immagini per tre stagioni del campionato di serie A e il rinnovo del contratto per la produzione della fiction Un posto al sole, in onda su Rai3 dal 1996. E facendo questo, il Cda ha rispettato scrupolosamente le indicazioni contenute nella lettera che il presidente della Vigilanza, Alberto Barachini, ha inviato a Viale Mazzini. La Rai si è attenuta ai margini di manovra indicati dalla Vigilanza, avviando non le nomine ma solo gli atti urgenti e non prorogabili. Come sono quei due che sono stati approvati ieri. La Vigilanza ha apprezzato il comportamento del Settimo Piano. Ma la polemica politica continua come sempre. LE PROTESTE Il Pd protesta ancora per lo stallo in Cda Rai. «La fumata nera di oggi è allarmante – ha detto ieri il senatore Francesco Verducci – e serve subito un presidente di garanzia. Condiviso tra maggioranza e opposizioni e nel pieno delle funzioni». E Michele Anzaldi: «Se il calcio della domenica di Novantesimo Minuto e la produzione di Un posto al sole sono salvi è soltanto grazie all’ intervento della commissione di Vigilanza. Il dannoso blocco della completa operatività della Rai, invece, è colpa e responsabilità esclusiva della maggioranza di governo, di Salvini, Di Maio, Conte e Tria che tengono il servizio pubblico radiotelevisivo prigioniero della loro arroganza». «Quando interverranno, la Corte dei Conti e la magistratura – incalza Anzaldi – sapranno a chi chiedere conto del danno che il governo sta causando ad un bene pubblico». «Speriamo che la pausa faccia riflettere governo e Cda Rai per evitare di ripetere gli errori fatti. Noi siamo pronti a rientrare anche a ferragosto per consentire alla Rai di essere in condizione di essere guidata», fa eco il forzista Giorgio Mulè. Da parte grillina, la battaglia per un presidente che non sia Foa la guida Roberto Fico, e anche per la sua presenza e insistenza su questo dossier Di Maio non può seguire la linea di Salvini a favore di Foa. Mentre Conte fa da mediatore con l’ altra parte del governo, parlando bene di Foa però. «Non si può costringere qualcuno alle dimissioni», sostiene il premier: «È una situazione delicata, valuteremo nel modo migliore, senza forzature». «Finché non ci sarà accordo non ci sarà un presidente della Rai», taglia corto il leader M5S Luigi Di Maio. TEMPI LUNGHI L’ auspicio è che queste settimane prima della ripresa servano a limare le distanze tra Salvini e Berlusconi e a trovare la convergenza anche con M5S su un nome che potrà essere quello di Foa ma anche no. «La legge sulla Rai ha un vulnus», osserva Di Maio: «nessuno può obbligare un membro del Cda a dimettersi. Io non sto auspicando le dimissioni di qualcuno ma dico che finché non c’ è intesa non ci può essere un presidente». M.A. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Caso Rai

Il Messaggero

link

Si profila un maxi processo sul presunto giro di corruzione all’ interno della Rai, che sarebbe stato messo in piedi dagli imprenditori delle luci David e Danilo Biancifiori. Il pm Giorgio Orano e il procuratore aggiunto Paolo Ielo hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio per 16 indagati, a partire dai fratelli Biancifiori ritenuti dispensatori di bustarelle per decine di migliaia di euro, ma anche di buoni benzina, regalie distribuite per accaparrarsi appalti a dirigenti e vicedirettori Rai, pure loro ora a rischio processo. Tutto per ottenere l’ esclusiva del service luci e audio sul palcoscenico dell’ Ariston, per il Sanremo 2013. (ade. pie.) © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Spada, la testata è uno spot Ostia scivola sulla pubblicità

Il Messaggero

link

IL CASO ROMA «Ma questa è ironia sottile! Non capisco perché la gente non se ne accorga», si cruccia la minisindaca di Ostia, la grillina Giuliana Di Pillo, quando lo spot per decantare la stagione estiva sul lungomare romano ha già fatto il giro della rete, con strascico di polemiche annesso. «Vieni a Ostia, mo te do na capocciata», si sente nella pubblicità, costata 700 euro e trasmessa centinaia di volte via radio e nelle stazioni della metro. Chiosa finale, anzi claim come dicono gli esperti del settore: «Un’ estate senza testate», con motivetto allegro di sottofondo. «Divertente, no? A me ha fatto ridere», dice convinta la presidente del X Municipio della Capitale, eletta a novembre, pochi giorni dopo la violenta testata che il boss Roberto Spada affibbiò all’ inviato della Rai, Daniele Piervincenzi, con tanto di bastonate a lui e al cameraman della trasmissione Nemo. Virginia Raggi non ci ha trovato nulla da ridere, anzi, è piuttosto seccata per l’ ennesima grana balneare, dopo la storiaccia della spiaggia sul Tevere e del «patto» con i rom su cui ora indaga la polizia. FINE DELLE TRASMISSIONI Lo spot con la capocciata, pare di capire, non si sentirà più. «Del resto avevamo ormai finito le trasmissioni, praticamente, va già in onda da un mese…», spiega Di Pillo, che ci tiene a sottolineare come non ci fosse da parte del municipio «alcuna intenzione di sminuire un episodio gravissimo», semmai l’ intento, dice, «era l’ opposto, volevamo sdrammatizzare e allo stesso tempo promuovere le tante iniziative che abbiamo approntato per l’ estate, tutto qui, penso che le persone oneste e intelligenti sappiano cogliere il vero spirito di questa iniziativa». Raggi non lo ha colto o se lo ha fatto, lo ha trovato di cattivo gusto. «Non mi è piaciuto – ha detto la sindaca, che non era stata informata dell’ audio – Non credo che sia questo il modo giusto per dire che i cittadini del litorale di Roma sono per la stragrande maggioranza persone oneste. Noi ad Ostia non abbiamo abbassato lo sguardo davanti ai mafiosi e non lo faremo mai». La prima cittadina, dopo la girandola di polemiche nate attorno alla vicenda, ha voluto rimarcare che non accetta «strumentalizzazioni da parte di chi per una vita non ha fatto nulla contro la malavita». Ma lo scivolone era da evitare, come ha detto anche alla presidente del Municipio, sentita via telefono mentre la burrasca degli attacchi politici infuriava. ROCCAFORTE GRILLINA Anche nel M5S il caso ha creato imbarazzo. Ostia è una delle roccaforti grilline, Raggi qui superò il 75% alle comunali del 2016 e i pentastellati dieci mesi fa hanno trionfato alle elezioni municipali dopo i due anni di commissariamento per infiltrazioni criminali. Il presidente dell’ Osservatorio regionale antimafia, Gianpiero Cioffredi, sostiene che lo spot sia «pessimo perché la banalizzazione dei fenomeni mafiosi non può far parte della cassetta degli attrezzi per combattere le mafie e rilanciare lo sviluppo di Ostia». Daniele Piervincenzi, il reporter della Rai aggredito l’ inverno scorso, si è detto convinto che «Ostia e i suoi cittadini non meritino di essere rappresentati da un episodio mafioso. Siccome essere pestati e minacciati ed estorti fa male al fisico e alla dignità, credo che questa sia una di quelle materie dove l’ ironia non funzioni tantissimo». A sua difesa sono intervenuti in batteria anche Fnsi, Ordine dei giornalisti e il sindacato Usigrai: «È stata una scelta sbagliata, di pessimo gusto, offensiva per chi ha subito la violenza e per chi contrasta il tentativo di inquinare e condizionare la civile convivenza». La capocciata del boss Spada, dicono, «è diventata il simbolo della violenza mafiosa e dell’ ostilità contro la libera informazione». Lorenzo De Cicco © RIPRODUZIONE RISERVATA.

La nuova Rai rimandata a settembre

Il Tempo

link

Tutto rinviato a settembre. Come previsto, nessuna decisione è stata presa sulla presidenza della Rai: se ne parlerà dopo la pausa estiva. Nella speranza che, dopo qualche giorno di riposo, la politica trovi a mente lucida una soluzione per uscire dall’ impasse Foa, bocciato dalla commissione di Vigilanza parlamentare. Nel frattempo viale Mazzini rimane senza presidente. Nella riunione di mercoledì, ma anche questo era ampiamente prevedibile, è stata bocciata subito la proposta della consigliera in quota Pd, Rita Borioni, di eleggere al posto di Marcello Foa il consigliere eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà. «A questo punto il tema della presidenza viene rinviato a un consiglio dopo la pausa estiva, anche se la data non è stata fissata – ha spiegato Foa – Il sentimento all’ interno del cda, da parte di tutti, è quello di risolvere in tempi rapidi questa questione nell’ interesse dell’ azienda».

Cresce l’ utile di Cairo Communication Rcs e La7 trainano l’ intero gruppo

Il Tempo

link

Cairo Communication chiude il primo semestre dell’ anno con un utile di 29,6 milioni di euro rispetto a 19,9 milioni dei primi sei mesi del 2017. I ricavi lordi si attestano a 678,1 milioni, sostanzialmente stabili rispetto ai 633,3 del primo semestre 2017. Rcs ha realizzato un utile di 45,4 milioni, quasi raddoppiando i 24 dello stesso periodo del 2017. Per quanto riguarda La7, forte l’ incremento degli ascolti nei primi sei mesi dell’ anno: +33% sul totale giorno e +46% in prime time. La raccolta pubblicitaria all’ 8 agosto sui canali La7 e La7d nei mesi di luglio e agosto 2018 è stata di 11,4 milioni, in crescita di oltre l’ 8% rispetto al 2017.

Gruppo Cairo, utile su a 29,6 mln

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

Il polo editoriale di Urbano Cairo che comprende ormai periodici, La7 e il gruppo Rcs-Corriere della Sera archivia il primo semestre di quest’ anno con un utile salito sui 29,6 milioni di euro dai precedenti 19,9 milioni, registrando un incremento del 48,7%. All’ ebitda consolidato da 96,5 milioni (+13,3%), contribuiscono l’ ebitda di Rcs per 87,3 milioni di euro (su da 73,6 milioni), quello dei magazine, come DiPiù, F e Diva e Donna, per 4,2 milioni (erano 6,1 mln), per altri 2,2 milioni La7 (in calo da 3,7 milioni) e ancora per 1,9 milioni l’ attività come concessionaria pubblicitaria (erano 1,7 milioni). Ma a livello di ebit, così come riportano i conti al 30 giugno scorso approvati ieri, l’ ebit di Rcs scende sui 64,8 milioni, quello dei magazine a 3,7 milioni, quello della concessionaria a 1,8 milioni mentre l’ ebit di La7 gira in negativo dopo ammortamenti e svalutazioni per 4,8 milioni. Dato finale: -2,7 milioni con un rosso di 1,3 milioni (0,1 mln nel 2017), anche se Cairo ha annunciato lo scorso marzo di essere «vicino all’ utile netto» (vedere ItaliaOggi del 28/3/2018). Al 30 giugno scorso, intanto, la raccolta pubblicitaria di La7+La7d è cresciuta dell’ 1,5% sui 75,1 milioni e le previsioni a fine anno sono pure al rialzo (vedere box in pagina). Considerando a monte i ricavi consolidati, il dato sale a quota 678,1 milioni, segnando un +7,1%, ma senza calcolare gli effetti dei nuovi principi contabili Ifrs 15 l’ andamento è sostanzialmente stabile. In particolare, il fatturato di Rcs ha sostenuto i ricavi ampliando l’ offerta soprattutto dei suoi quotidiani Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport (sulla soglia dei 513,6 milioni da 479,1 milioni). Segue la concessionaria con 79,5 milioni dai precedenti 78,2 milioni mentre La7 ha registrato un giro d’ affari complessivo da 56,8 milioni (erano 53,4 l’ anno scorso). Di poco inferiore il business dei magazine che quest’ anno hanno mosso 55,2 milioni di euro, nel 2017 45,3 milioni. Su quest’ ultimo fronte, Cairo dichiara al termine dei 6 mesi «circa 1,5 milioni di copie medie vendute (dati Ads)» confermandosi «il primo editore per copie di settimanali vendute in edicola, con una quota di mercato di circa il 30%. Considerando anche il venduto medio delle testate non rilevate da Ads, ossia Enigmistica Più, le copie medie vendute sono circa 1,6 milioni». Enigmistica Più insieme a Diva e Donna Cucina, in abbinamento opzionale con Diva e Donna, sono nel dettaglio i nuovi prodotti più recenti. Parallelamente, per quel che riguarda l’ audience dei principali format La7 (ascolti a +33% nelle 24 ore e +46% in prima serata), DiMartedì di Giovanni Floris è la trasmissione più vista (7,9% di share medio), seguita da Massimo Giletti e Non è l’ arena (7,2%). L’ aria che tira di Myrta Merlino è terza al 7%. Otto e mezzo condotto da Lilli Gruber segue al 6,9%, Piazzapulita di Corrado Formigli al 6% e il Tg diretto da Enrico Mentana al 5,8% (alle 20, dal lunedì al venerdì). Più ravvicinati Coffee Break con il 5,1%, Omnibus Dibattito col 4,7% e Propaganda Live con il 4,4%. Tagadà si ferma al 3,7%. Nota a margine: come operatore di rete, attraverso il proprio mux, l’ imprenditore piemontese registra ricavi per 6,1 milioni di euro, cui discendono un ebitda positivo per 0,8 milioni e un ebit negativo per 0,3 milioni. Nel primo semestre 2017, rispettivamente, gli stessi risultati erano pari a 4 milioni, +0,3 milioni e -0,8 milioni. Per quanto riguarda infine gli obiettivi per la seconda parte dell’ anno in corso, vengono confermati per Rcs i trend positivi raggiunti al 30 giugno scorso e l’ intenzione di ridurre l’ indebitamento finanziario sotto i 200 milioni. Per i magazine, allo stesso modo, vengono attesi ulteriori risultati gestionali positivi nonostante il contesto difficile di mercato e per la La7 un ebitda positivo. L’ indebitamento finanziario netto consolidato al 30 giugno è di 243,2 milioni (263,1 milioni a fine 2017) con una riduzione di 19,9 milioni rispetto al 31 dicembre 2017 e di 102,4 milioni rispetto al 30 giugno scorso. L’ indebitamento finanziario netto da riferire a Rcs, in particolare, è pari a Euro 245,9 milioni. Ieri il titolo di Cairo Communication ha chiuso in Borsa a -1,8% a 3,28 euro.

Rcs MediaGroup, gli eventi di ciclismo e running sono miniere d’ oro

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

La divisione Pubblicità e Sport di Rcs MediaGroup è quella che ha dato il contributo maggiore alla redditività del gruppo editoriale di Urbano Cairo, così come emerge dalla relazione finanziaria semestrale 2018 appena pubblicata. Insomma, da un lato c’ è la concessionaria Rcs pubblicità, efficiente soprattutto grazie a una riduzione di costi, dall’ altro la Rcs sport, che ha margini sempre più alti in sé. E insieme le due strutture hanno chiuso i primi sei mesi del 2018 con ricavi pari a 172,5 milioni di euro, con un ebitda di 33,6 milioni, e un risultato operativo analogo di 33,6 mln, che significa un rapporto ebit/ricavi pari al 19,5%. Redditività di altri tempi, insomma. Peraltro non stiamo parlando di business in particolare crescita: l’ area pubblicità ed eventi, nel primo semestre 2018, ha portato nelle casse di Rcs 111,1 milioni di euro, in calo del 3% sullo stesso periodo 2017. Quella eventi sportivi è scesa a 61,4 milioni, con un -9,4% sul 2017. Ma, come detto, la marginalità è salita tantissimo. Per Rcs MediaGroup, insomma, il ciclismo con il Giro d’ Italia, Milano-Sanremo, Tirreno-Adriatico, Il Lombardia, Dubai tour e Abu Dhabi tour, e il running con la Milano Marathon e The color run, significano grandi utili. E non c’ è gara rispetto alle altre divisioni di Rcs: quella Quotidiani Italia vale 220,5 milioni di euro di ricavi nel primo semestre 2018, con ebit (risultato operativo) di 26,2 milioni e rapporto ebit/ricavi all’ 11,9%; Unidad editorial (i quotidiani spagnoli El Mundo, Marca ed Expansion, la radio sportiva nazionale Radio marca, il mux televisivo) incassa 155,2 milioni di euro tra gennaio e giugno, con ebit di 18,7 milioni e redditività al 12%. Peggio di tutti la divisione Periodici Italia, con 45,4 milioni di euro di ricavi, un ebit di appena 2,7 milioni, pari a una reddività del 5,9%. Tornando ad Rcs sport, lo scorso 28 maggio il Tribunale di Milano, in appello, ha condannato Rcs a pagare 282 mila euro a titolo di fissa, e 21 mila euro come tfr a Giacomo Catano, ex amministratore delegato di Rcs sport che aveva impugnato, ritenendolo immotivato, il suo licenziamento a fine 2013. Quanto al business del digitale, cresce ma non si può certo parlare di boom: i ricavi pubblicitari complessivi del sistema Quotidiani Italia di Rcs nei primi sei mesi del 2018 sono arrivati a quota 74 milioni di euro (come nel 2017), all’ interno dei quali i ricavi derivanti dalle edizioni web sono pari a 20 milioni di euro, in aumento dell’ 8,1% rispetto al primo semestre 2017. Avviato, infine, il processo di fusione per incorporazione di Rcs international newspapers srl in Rcs MediaGroup spa. La Rcs international newspapers è una holding con un capitale sociale di 6,25 milioni di euro che ha in pancia il 73,75% di Unidad editorial sa, una quota iscritta a bilancio a un valore di 246.635.488 euro. È già controllata al 100% da Rcs. Con la fusione, spiegano da Rcs, ci sarà una razionalizzazione, «per perseguire maggiore efficienza e flessibilità nell’ utilizzo delle risorse. Si eliminano le duplicazioni organizzative, con una significativa riduzione dei costi gestionali e amministrativi».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

La Serie A rinnova i loghi e sbarca negli Stati Uniti con Espn. La Lega Serie A ha rinnovato i suoi loghi e svelato il nuovo marchio per la stagione 2018-2019. Ma c’ è anche una novità che riguarda l’ estero: Espn ha siglato un accordo pluriennale per l’ acquisizione dei diritti esclusivi di trasmissione negli Stati Uniti. A partire dal 2018, più di 340 partite a stagione saranno trasmesse su Espn+, la nuova piattaforma streaming a pagamento dedicata allo sport. L’ abbonamento a Espn+ è disponibile a 4,99 dollari al mese (o 49,99 dollari l’ anno, rispettivamente 4,3 e 43,1 euro) e l’ iscrizione è annullabile in ogni momento. Espn+ distribuirà una media di nove partite in diretta a settimana da agosto a maggio, mentre le reti Espn trasmetteranno il «Match of the Week» della Serie A Tim, per un totale di circa 40 partite a stagione. È prevista inoltre la trasmissione sulle piattaforme Espn di contenuti addizionali, quali highlights e news, durante l’ intera stagione sportiva. Stefano De Alessandri a.d. dell’ Ansa. Il cda dell’ agenzia Ansa ha formalizzato la nomina ad amministratore delegato di Stefano De Alessandri che prende il posto di Giuseppe Cerbone passato al Gruppo 24 Ore (come anticipato da ItaliaOggi dell’ 1/8/2018). De Alessandri ritorna nel gruppo dove ha già lavorato per molto tempo dopo la parentesi in Ernst & Young. Snapchat, Al-Waleed crede in Snap nonostante il primo calo degli utenti. Snap, il gruppo che controlla la app Snapchat, ha incassato il primo calo assoluto del numero di utenti attivi quotidianamente. Nel secondo trimestre del 2018 le persone che nell’ arco di 24 ore hanno usato almeno una volta la app sono state 188 milioni, al ribasso del 2% rispetto ai tre mesi precedenti e meno delle stime degli analisti per 192 milioni di unità. Il fondatore nonché ceo Evan Spiegel ha attribuito la flessione al nuovo design della app. A suo giudizio, le «principali frustrazioni» espresse dagli iscritti sono state risolte e ora la performance non può che crescere. Ne sembra convinto il principe saudita al-Waleed bin Talal, che ha annunciato di avere nel portafoglio della sua Kingdom Holding Company una quota in Snap del 2,3% (che ha un valore di 250 milioni di dollari, 215,5 mln di euro). L’ investitore crede che l’ azienda debba ancora esprimere il suo «vero potenziale» e si è detto «benedetto di esserne parte». Nei tre mesi chiusi il 30 giugno scorso, Snap ha subito una perdita di 353 milioni di dollari (304,3 mln di euro) contro quella da 443 milioni dello stesso periodo dell’ esercizio 2017 (381,9 mln di euro). I ricavi trimestrali sono cresciuti in un anno del 44% a 262,3 milioni (226,1 mln di euro). Disney, la trimestrale delude, con asset Fox prepara sfida a Netflix. Il successo dei film Avengers: Infinity War e Gli incredibili 2 e il buon andamento dei suoi parchi a tema e resort, specialmente a Hong Kong e Shanghai, non è bastato a Walt Disney per chiudere un trimestre migliore delle previsioni degli analisti. Il gruppo impegnato a rilevare gli asset dell’ intrattenimento di 21st Century Fox ha dovuto fare i conti con spese in aumento, anche per finanziare il lancio (avvenuto ad aprile) del servizio di video in streaming del suo canale sportivo Espn (Espn+) e quello principale a marchio proprio che per il ceo Bob Iger rappresenta «la priorità dell’ azienda». D’ altra parte, forte degli asset di Fox alla cui acquisizione mancano gli ok delle autorità straniere (incluse quelle cinesi), Disney prepara la sfida a Netflix e Amazon. Non solo. Il colosso dell’ intrattenimento spera di portare a casa, via Fox, anche la britannica Sky su cui però il ceo non ha voluto rilasciare commenti vista la «situazione fluida» e la battaglia in corso con Comcast. Nei tre mesi chiusi il 30 giugno scorso, Disney ha registrato utili netti per 2,9 miliardi di dollari (2,5 mld di euro), in aumento del 23% sullo stesso periodo dell’ esercizio 2017. Al netto di voci straordinarie, i profitti per azione sono stati di 1,87 dollari (+18%, 1,6 euro), contro attese degli analisti di 1,95 dollari (1,7 euro). Nel suo terzo trimestre fiscale, i ricavi sono cresciuti su base annua del 7% a 15,23 miliardi (13,1 mld di euro), sotto le previsioni del mercato per 15,34 miliardi (13,22 mld di euro). Cbs vuole capire se i Redstone hanno bloccato la fusione con AT&T. Cbs ha chiesto ad AT&T informazioni sulle conversazioni intrattenute nel 2016 con National Amusements, azionista di controllo della stessa Cbs, sulla potenziale acquisizione di quest’ ultima. È quanto emerso dai documenti della Delaware Chancery Court. Cbs è impegnata in una battaglia legale con National Amusements e il presidente di quest’ ultima Shari Redstone, sul tema del controllo della media company. Cbs sta cercando di dimostrare che Shari Redstone ha provato a costringerla a fondersi con Viacom (anch’ essa controllata da National Amusements) trascurando altre occasioni di deal che sarebbero state più adeguate da cogliere. I documenti che Cbs ha richiesto sono relativi alle conversazioni tra AT&T e Shari Redstone su «un potenziale merger, un’ unione o un’ operazione strategica», che avrebbe coinvolto Cbs stessa, Viacom o ambedue. Nasce Ping-Ram, nuovo social network mobile made in Italy. Un nuovo social tutto italiano che sostituisce i like con i «ping» mettendo insieme tutti gli account degli utenti in un’ unica piattaforma. Il cuore dell’ app è il radar che mostra le 10 persone più popolari in un raggio approssimativo prestabilito intorno alla propria posizione. Con un click si può accedere al profilo di tutti gli utenti registrati a Ping-Ram che ci sono nei pressi e così visualizzare i loro account social raggruppati, per provare a stabilire un contatto.

Cda Rai, Laganà presidente non passa Via libera ai diritti della Serie A

Italia Oggi

link

Niente di fatto per la presidenza della Rai. Il consiglio di amministrazione di viale Mazzini che si è riunito ieri ha discusso nuovamente la situazione venutasi a creare dopo il voto della Commissione parlamentare di Vigilanza contro la proposta di nominare presidente Marcello Foa, ma non è passata nemmeno la proposta della consigliera Rita Borioni in quota centrosinistra di nominare presidente Riccardo Laganà, il consigliere eletto dai dipendenti Rai. Laganà di fatto è stato votato soltanto dalla Borioni, mentre hanno votato contro gli altri consiglieri, compreso l’ amministratore delegato Fabrizio Salini. La questione sarà perciò affrontata con il prossimo consiglio a settembre. I consiglieri hanno così deliberato alcune questioni urgenti ma di ordinaria amministrazione, ovvero l’ acquisizione del pacchetto di immagini per tre stagioni del campionato di calcio di serie A, al via il prossimo 18 agosto, e il rinnovo del contratto per la produzione della fiction Un posto al sole, in onda su Rai3 dal 1996. Alla votazione non hanno partecipato Borioni e Laganà, che sono usciti dall’ aula. Un comunicato dell’ azienda ha spiegato che si tratta di due decisioni urgenti e indifferibili per la Rai: sul versante diritti della Serie A, il contratto consentirà di mantenere e rafforzare la programmazione di trasmissioni storiche come 90° Minuto, Quelli che, Domenica Sportiva e Tutto il calcio minuto per minuto. L’ approvazione del contratto di produzione di Un posto al sole, inoltre «consentirà alla Rai di assicurarsi la prosecuzione della fiction storica di Rai3 – capace di raccontare con semplicità e genuinità il quotidiano con particolare attenzione alle tematiche sociali – che viene interamente realizzata all’ interno del Centro di produzione Rai di Napoli». «In consiglio il clima è buono e siamo tutti tranquilli», ha affermato Foa. «A questo punto il tema della presidenza viene rinviato a un consiglio dopo la pausa estiva, anche se la data non è stata fissata. Il sentimento all’ interno del cda, da parte di tutti, è quello di risolvere in tempi rapidi questa questione nell’ interesse dell’ azienda. Io, come consigliere anziano, continuo a coordinare i lavori del cda, la situazione su questo punto è molto chiara». Per il Movimento 5Stelle «Foa è un professionista serio ma fino a quando non verrà trovata un’ intesa non ci sarà presidente». © Riproduzione riservata.

“Tangenti in Rai sedici dirigenti siano processati”

La Repubblica

link

Bustarelle, denaro in contanti e buoni benzina. Andava bene tutto in Rai per chiudere un occhio e assegnare le forniture più importanti all’ imprenditore delle luci David Biancifiori. Ora, però, per lui e per i dirigenti di viale Mazzini coinvolti nel giro di mazzette all’ interno della tv pubblica, la procura ha appena chiesto il rinvio a giudizio. Diversi i conferimenti individuati dal pm Giorgio Orano. Quello maggiormente evocativo è quello relativo al Festival di Sanremo del 2013. Stando alla procura, Biancifiori, per ottenere la fornitura per la gara canora, avrebbe corrotto l’ allora responsabile del centro di produzione tv Rai Gabriele Olivieri, per 100mila euro, il responsabile dell’ unità organizzativa Grandi eventi Maurizio Ciarnò, per 40mila, il responsabile della struttura riprese esterne Stefano Montesi, per 120mila, e il dipendente della struttura Acquisti e appalti Cesare Quattrociocche, per 40mila. Rischiano il processo anche i direttori della fotografia Marco Lucarelli, Massimo Castrichella e Fausto Carboni: avrebbero favorito l’ imprenditore comunicandogli i capitolati tecnici delle gara prima dell’ indizione delle stesse. Fra i 16 indagati totali ci sono anche altri 5 imprenditori: insieme a Biancifiori si sarebbero messi d’ accordo per spartirsi le forniture per le luci nel palinsesto Rai dal 2010 al 2015. – fr. sal. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

STELLA E STRISCE

La Stampa
GUGLIELMO BUCCHERI
link

Effetto Ronaldo. È quello che ha incuriosito l’ America a tal punto da far scendere in campo il gigante Espn, la tv dell’ Nba e del baseball. Come? Chiudendo un accordo per i prossimi tre anni che offrirà a più di 90 milioni di famiglie americane la possibilità di sbirciare dentro al calcio italiano. L’ effetto Ronaldo, evocato un po’ da tutti nelle ore in cui la Juve trasformava una suggestione in realtà, oggi, comincia a tradursi in numeri e novità. E dà l’ idea di un cerchio che si chiude ora che l’ America ha deciso di legare al nostro pallone la tv dello sport a stelle e strisce: quarant’ anni fa, il tema si incrociava nei dialoghi fra l’ allora segretario di stato Usa Kissinger e l’ avvocato Agnelli, adesso la nuova strada è segnata . Svolta epocale In America, come detto, qualcosa si è mosso e, oltreoceano, hanno deciso di investire sul brand italiano come si pensava di fare all’ inizio degli anni ’90: Espn offrirà, agli abbonati, più di 300 partite di serie A via streaming e una, la migliore della giornata, sui canali tradizionali dove, di solito, abita l’ Nba (il battesimo sarà per Chievo-Juve di sabato 18). La svolta è epocale se si pensa che, negli ultimi sei anni, in Usa la titolarità a trasmettere il calcio tricolore è stata nelle facoltà di BeIN, un mondo televisivo (poco più di 20 milioni di case raggiunte) lontano anni luce dall’ impatto garantito da Espn. Effetto Ronaldo, dunque. Effetto che ha contribuito alla chiusura di una trattativa per la serie A su Espn cominciata quando l’ affare del secolo non era nato, ma chiusa con i contorni attuali non appena il colpo mondiale si è materializzato. L’ arrivo dell’ asso portoghese permetterà, adesso, ad Img, titolare per la commercializzazione dei diritti tv per l’ estero, di affacciarsi con più forza anche in mercati come quello indiano e africano o di battere strade nuove come quella della Mongolia o delle isole del Pacifico. Nuova immagine L’ imagine del nostro pallone è diversa, più brillante e attraente. E i conti per la serie A ne escono rafforzati. La Tim si era convinta a scendere dalla giostra: niente più sponsorizzazione della Lega e ritirata strategica. Così fino al grande ripensamento una volta sbarcato a Torino il cinque volte Pallone d’ Oro: 15 i milioni garantiti a stagione fino al 2021 per mantenere il nome sul campionato e senza Coppa Italia e Supercoppa Italiana, in attesa di brindare ad uno sponsor nuovo nelle prossime ore. Per la prima volta, la serie A verrà accompagnata anche da uno sponsor per l’ estero, con un ritorno di circa 25 milioni di euro da dividere fra i venti club del massimo campionato. E, sullo sfondo, ecco la concreta possibilità che il bonus fino a 150 milioni di euro che impegna Sky e Perform nel caso venga raggiunto un certo tetto di abbonati diventi un ulteriore fonte di guadagno per le società. Ronaldo e la Juve sono al lavoro, al gran completo da ieri pomeriggio, nella nuova casa bianconera della Continassa (all’ appello manca solo il campione del mondo Matuidi, in arrivo domani). Fuori, lontano dal campo, la serie A è impegnata in un giro del pianeta che mancava dagli Anni 90: Espn, fra le cinque leghe più importanti d’ Europa, ha scelto noi e, in Inghilterra, Eleven Sports si prepara a lanciare due canali dedicati per offrire ai propri abbonati gli incontri in esclusiva del campionato italiano e della Liga. L’ effetto Ronaldo si fa toccare con mano. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Aiutano il figlio con un po’ di soldi Si ritrovano con 30 miliardi in tasca

Libero

link

Chi è il più bravo e fortunato investitore del mondo? Tradizionalmente negli Usa la palma del migliore spetta a Warren Buffett, l'”oracolo di Omaha”, gestore del fondo Berkshire. Ma il sito americano quartz.com, insieme a Bloomberg, ne ha scovati due, che hanno ottenuto un rendimento pari a 12 milioni percento (12.000.000%) dal loro investimento iniziale. Si tratta dei genitori del fondatore di Amazon Jeff Bezos. Sono Jackie (la madre naturale) e Mike, l’ uomo che ha adottato Jeff (nato Jorgensen) e gli ha dato il nome. Nel 1995 credettero nell’ attività del ragazzo (che allora era un semplice sito che si occupava di commercio di libri attraverso internet) e vi investirono 245.573 dollari. Una quota che dopo le diverse operazioni che hanno trasformato l’ azienda è pari a 16,6 milioni di azioni ( 3,4% del capitale). Oggi vale trenta miliardi di dollari, ammesso che Mr e Mrs Bezos non abbiano venduto ingolositi dalla cavalcata che ha portato il titolo a sfiorare i mille miliardi. Se non hanno ancora le azioni in banca (ed è difficile saperlo perché non c’ è obbligo di comunicazione sotto il 5%) il papà e la mamma di Jeff sarebbero, in base alle classifiche di Fortune e di Forbes, fra le cento persone più ricche del mondo con un patrimonio paragonabile a quello di Rupert Murdoch, fondatore dell’ impero Sky o del co-fondatore di Facebook, Dustin Moskovitz. AZIENDA DI FAMIGLIA Anche i fratelli di Jeff hanno investito in Amazon. Diecimila dollari nel 1996. Oggi sono diventati 640 milioni. Per capire quello che è successo basta fare un confronto con alcune delle operazioni più celebrate nel mondo della tecnologia. I 20 milioni di dollari scommessi da Softbank nel 2000 su Alibaba hanno reso il 720.000%. Sequoia Capital, uno dei primi investitori di WhatsApp, ha ottenuto il 36.000% quando l’ app di messaggistica è stata acquisita da Facebook nel 2014. Il primo a capire le potenzialità del ragazzo era stato il padre Mike, che nel febbraio 1995 acquistò 582.528 azioni . Cinque mesi dopo, Jackie ne acquistò altre 847.716. Jeff era stato chiaro con i genitori, dicendo loro che le probabilità di rivedere il loro investimento non superava il 30%. INVESTIMENTO RISCHIOSO Lo ha ricordato il fondatore del gruppo in un evento del 2015, quando invitò il padre su un palco di Filadelfia: «Voglio che tu sappia quanto sia rischioso – avrebbe detto nel 1995 quello che oggi è l’ uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 130 miliardi – perché voglio tornare a casa a cena per il Ringraziamento e non voglio che tu sia arrabbiato con me». Amazon ha già rivoluzionato il settore dei supermercati comprando, nell’ estate 2017, Whole Foods per 13,7 miliardi di dollari. Ha messo piede nel settore della sanità acquisendo, lo scorso giugno, la farmacia online PillPack per una cifra stimata in un miliardo di dollari. Continua a potenziare i suoi contenuti video sfidando Netflix, Hulu e i media tradizionali. Le prossime avventure di Amazon dovrebbero essere nei viaggi e nei distributori di benzina. Ne sono convinti gli analisti di Davidson, che consigliano di comprare ancora. L’ azione è vista arrivare tra 12-18 mesi a 2.200 dollari circa il 23% in più di oggi (1.886,81 l’ ultima chiusura ). Da gennaio ha guadagnato il 61,2% e negli ultimi 12 mesi quasi il 90%. La capitalizzazione è pari a 919 miliardi di dollari. Si è fatta soffiare da Apple il palmares come prima società al mondo a superare i mille miliardi di dollari. Per Mr e Mrs Bezos, comunque, va bene anche cosi. riproduzione riservata

L'articolo Rassegna Stampa del 09/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 10/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

La ripresa? Spinta dai big Nel 2017 la svolta dei conti, fatturato in crescita del 5,8%

Stop di Tribune alla fusione con Sinclair

Gerardo Greco è il nuovo direttore del Tg4

Maria Latella: «In radio per smascherare le fake news»

La divisione cinema spinge i profitti di Fox

Greco alla guida del Tg4

Sky, Murdoch si sente più forte

Chessidice in viale dell’ Editoria

Condé Nast studia nuovo rilancio

Restyling in quattro anni per televisori e decoder

Per frenare Matteo il Cav mette Greco al TG4

La ripresa? Spinta dai big Nel 2017 la svolta dei conti, fatturato in crescita del 5,8%

Corriere della Sera
SERGIO BOCCONI
link

Per le imprese industriali italiane la ripresa non solo è arrivata, ma è anche più robusta rispetto a quella dell’ economia e quindi del Pil. Un’ occasione che non va trascurata: già due volte dalla crisi del 2008 l’ industria ha provato a consolidare un rilancio ma i tentativi non sono riusciti. Questa è l’ indicazione principale che proviene dal rapporto «Dati cumulativi di 2.075 imprese italiane» realizzato dall’ Area studi Mediobanca. Le nostre imprese dunque nel 2017 hanno aumentato il fatturato del 5,8%, prima crescita dopo quattro anni di flessione continuativa dal 2013. Hanno contribuito l’ aumento del 7,1% registrato dall’ export ma anche il mercato domestico, che con uno scatto del 5,2% si e mosso a una velocità che non si vedeva dal 2010-2011, dopo cinque anni di cali ininterrotti. Il fatturato aggregato e ormai tornato sui livelli del 2008 (manca in pratica solo lo 0,6%), e qui pesa ancora molto la «dieta» registrata sul mercato interno, calato del 10,4% mentre l’ export ha trainato con un aumento del 25,2%. Il «risveglio» del 2017 ha interessato sia le imprese pubbliche (in crescita del 6,7%, dopo quattro anni di flessione) sia le private (con il quarto incremento consecutivo del fatturato pari al 5,6%). Tutto si è comunque mosso in direzione positiva, dall’ industria grande a quella media con ritmi abbastanza simili e quasi tutti i settori hanno guadagnato in ricavi nel 2017, con poche eccezioni: emittenza ed editoria hanno registrato cali rispettivi dell’ 1,9%, del 3,3%, ma soprattutto una riduzione significativa del 3,5% l’ hanno accusata le costruzioni che, per il secondo anno consecutivo, hanno sofferto l’ esaurimento delle grandi commesse in Italia e all’ estero. Nel 2016 il quadro era decisamente peggiore: i settori in regresso erano 11. La strada da percorrere è ancora parecchia invece per margini industriali e occupazione, inferiori dell’ 11,6% e del 3,7% sul 2008. A sostenere la redditività è soprattutto la manifattura e qui le grandi imprese hanno registrato una crescita pari all’ 80,8%. Nel periodo 2008-2013 l’ industria ha poi visto migliorare la solidità finanziaria e ridurre il peso del fisco: il tax rate e sceso in cinque anni dal 28,3% del 2013 al 20,8% del 2017. Sono cresciuti gli investimenti del 27,5% e la competitività ha recuperato il 12,7%. «Arbitro della manifattura» del nostro Paese resta, secondo il rapporto Mediobanca, Fca. Le attività italiane di Fca e Cnh, quindi di tutto l’ automotive del gruppo, sono determinanti per la nostra economia: nel 2008-2013 la grande manifattura ha segnato un aumento del fatturato del 15,1% che si dimezzerebbe senza Fca-Cnh; così come si ridurrebbe la redditività al 48,6%; il calo dei dipendenti della manifattura è stato del 6,7% ma senza l’ ex Lingotto, che oggi conta 81 mila occupati come nel 2013, la caduta sarebbe dell’ 11,6%. Per quanto riguarda infine le imprese straniere, le maggiori sono 557 con un fatturato pari a un terzo del totale nazionale. Guidano le presenze Francia Usa, Germania e Gran Bretagna (21). Nel 2017 hanno investito in Italia 10,9 miliardi. Pagano stipendi più alti del 10% e hanno una produttività superiore del 12,5%.

Stop di Tribune alla fusione con Sinclair

Corriere della Sera

link

Il gruppo Tribune, proprietario di 39 tv locali e dieci quotidiani, rinuncia all’ unione con Sinclair Broadcast Group, network di 193 stazioni radio e tv, nel giorno in cui ritorna all’ utile. Il conglomerato, proprietario di testate storiche come il Chicago Tribune, ha fatto causa a Sinclair per non aver fatto uno sforzo sufficiente per aver e carte in regola per l’ unione.

Gerardo Greco è il nuovo direttore del Tg4

Corriere della Sera

link

Gerardo Greco è da oggi il nuovo direttore responsabile del Tg4. Nato a Roma nel 1966, laureato in Scienze Politiche, ha svolto in Rai gran parte della sua esperienza professionale: corrispondente da New York per il Tg2 e il Tg1 (2001-2013), poi conduttore di «Uno Mattina Estate» e «Agorà» su Rai3, è stato anche direttore del Giornale Radio Rai e di Radio1. L’ ingresso di Gerardo Greco alla guida del «Tg4», ha spiegato il direttore generale Informazione Mediaset, Mauro Crippa, «anticipa l’ importante rinnovamento di tutta Retequattro».

Maria Latella: «In radio per smascherare le fake news»

Corriere della Sera
Renato Franco
link

La notizia del giorno, la rassegna stampa, le interviste ai leader politici e ai rappresentanti istituzionali del nostro Paese: «24 Mattino sarà la bussola della giornata che sta per iniziare». È la sintesi di Maria Latella che da settembre, da lunedì a venerdì, avrà il compito di «svegliare» gli ascoltatori di Radio24 con il programma che si accende alle 6.30 e prosegue fino alle 9. «L’ idea – spiega la giornalista – è quella di cominciare con i temi forti presenti sui quotidiani, senza dimenticare quello che è successo la sera prima nei talk show politici. Daremo conto di quello che c’ è sulle prime pagine dei giornali, la rassegna stampa del resto è sempre il primo termometro per capire quello che sta succedendo. Poi andremo oltre, vedendo quali sono gli appuntamenti che scandiscono l’ agenda di giornata». Alle 8.15 si aggiunge Oscar Giannino, in un dialogo vivace, con accordi e disaccordi; lui del resto è uno fuori dagli schemi… Definizione che però Maria Latella fa subito sua: «Se essere fuori dagli schemi significa non avere punti di riferimento né politici né di potere, è un’ etichetta che vale anche per me», rivendica orgogliosa. L’ obiettivo è raccontare l’ Italia con polifonia di voci e pareri difformi. «Coinvolgerò anche molti colleghi, a partire da tutta la squadra di Radio24». Ci sarà anche Detector, uno spazio per stanare le fake news: «Io continuo a chiamarle bufale, non fake news. Le bufale ci sono sempre state, ora sono più sofisticate, ma anche più facili da smontare». Che fase politica vede ora? «Direi che l’ aggettivo che si cuce meglio addosso al momento è imprevedibile, anche se la politica italiana da tempo ci ha abituato all’ inaspettato. Andando a guardare indietro nel tempo abbiamo costantemente assistito a evoluzioni che un attimo prima di verificarsi sembravano impensabili». Per Maria Latella (confermato anche lo spazio in tv con L’ intervista su SkyTg24) non c’ è solo 24 Mattino, ma anche Nessuna è perfetta (domenica alle 10). Non solo l’ attualità, ma anche la famiglia, nella declinazione al femminile: «Cerchiamo di raccontare le donne di oggi che si dividono tra vita privata e professionale. Abbiamo due mantra. Il primo è che bisogna credere nel ricominciare. Chi si sente tradita dal lavoro non deve aver paura: rimettersi in discussione fa anche bene. L’ altro mantra è che il multitasking è una fregatura per le donne: è soltanto un carico di stress che fa male al nostro cervello».

La divisione cinema spinge i profitti di Fox

Il Sole 24 Ore
Marco Valsania
link

NEW YORK L’ impero di Rupert Murdoch solleva il sipario su un bilancio trimestrale cresciuto più delle attese, trainato dalla divisione cinematografica. Una performance che Fox porterà in dote al merger da 71 miliardi approvato il mese scorso dagli azionisti, con cui Disney si impadronirà dei pregiati Studios oltre che di asset internazionali del calibro di partecipazioni in Sky e Star India accelerando la rivoluzione globale nel settore media. Fox ha riportato un fatturato cresciuto del 18% a 7,94 miliardi, battendo i 7,55 miliardi attesi. I profitti sono stati di 920 milioni, quasi raddoppiati e aiutati dalla riforma delle tasse aziendali. La casa cinematografica 20th Century Fox ha generato utili per 289 milioni contro le perdite dell’ anno precedente. E la divisione di canali via cavo ha guadagnato 1,61 miliardi, in rialzo del 12 per cento. Se la fusione con Disney sarà adesso completata nella prima metà del 2019, non tutte le battaglie sono concluse. In gioco rimane il futuro del 61% di Sky che Fox non possiede e vorrebbe rilevare, ma dove si scontra con un’ offerta più generosa della rivale Comcast. La famiglia Murdoch ha invece già illustrato con chiarezza la nuova società che erediterà gli asset non Disney: la “New Fox” punterà su popolari canali Tv, da Fox News a Fox Business e Fox Sports, e su un cash flow di almeno due miliardi l’ anno. Ma con un grande merger e riassetto che procedono, un’ altra fusione multimiliardaria nei media statunitensi invece fallisce. Tribune ha rescisso una combinazione da 3,9 miliardi con Sinclair, leader nelle stazioni Tv locali. Il deal, nonostante Sinclair sia nota per legami con il mondo ultra-conservatore e l’ amministrazione Trump, era finito nel mirino delle authority. Sinclair è stata accusata di finte dismissioni – a favore cioé di persone e entità vicine all’ azienda – in risposta a richieste di cedere asset. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Greco alla guida del Tg4

Italia Oggi
GERARDO GRECO
link

Gerardo Greco è da oggi il nuovo direttore responsabile del Tg4. Il giornalista ha trascorso la gran parte della sua esperienza professionale in Rai: corrispondente da New York per il Tg2 e il Tg1, conduttore di Uno Mattina Estate e dal 2013 di Agorà su Rai3, è stato anche direttore del Giornale Radio Rai e di Radio1. Al nuovo Tg4 sarà affiancato dal condirettore Rosanna Ragusa che già da maggio dirigeva il telegiornale di Retequattro e un passato ha guidato diverse testate. «L’ ingresso di Gerardo Greco alla guida del Tg4 anticipa un altro importante rinnovamento, quello di tutta Retequattro», ha detto Mauro Crippa, direttore generale Informazione Mediaset.

Sky, Murdoch si sente più forte

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

La 21st Century Fox archivia il quarto trimestre in crescita, sopra le previsioni del mercato, dando così slancio ai conti dell’ intero anno fiscale chiuso il 30 giugno scorso. Ma soprattutto il fieno messo in cascina permette a Rupert Murdoch e al figlio Lachlan Murdoch, co-presidenti del colosso americano dell’ intrattenimento, di studiare bene la prossima mossa per conquistare il 61% di controllo di Sky, superando l’ offerta della rivale Comcast. Al momento, infatti, la tv Usa guidata dall’ a.d. Brian L. Roberts ha messo sul tavolo 26 miliardi di sterline (pari a 28,9 miliardi di euro); i Murdoch si sono fermati per ora a 24,5 miliardi di sterline (27,3 miliardi di euro). Se però Fox si presenta adesso più solida per conquistare la pay tv britannica (di cui detiene il restante 39%), ci sono ancora due punti fermi a cui attenersi. Il primo è che qualsiasi rilancio va concordato prima con la Disney dell’ a.d. Bob Iger, visto che con quest’ ultima Fox ha già un accordo di vendita dei propri asset tra cui Star India, studi cinematografici e televisivi, reti via cavo dedicate all’ intrattenimento e la quota nel servizio di video in streaming Hulu, e appunto Sky. Il secondo punto è invece dettato dal calendario: Fox ha formalizzato la propria offerta ai soci Sky, che hanno fatto sapere di poter dare un responso entro il prossimo 21 agosto ma già per il giorno successivo, il 22 agosto, è atteso il via libera o meno all’ offerta più alta di Comcast. Formalmente i Murdoch hanno tempo fino al prossimo 22 settembre per rivedere la propria offerta ma, ora, bisogna vedere come giocheranno di tattica e tempismo. Già ieri, comunque, in occasione della presentazione dei risultati dell’ ultimo trimestre da aprile a giugno, Murdoch senior ha dichiarato che l’ andamento dei conti dimostra che sia l’ impostazione del business sia la prospettiva dell’ accordo con Disney vanno nella giusta direzione per avere «successo durante questo periodo di grande cambiamento». A conferma quello concluso «è stato uno dei migliori semestri di sempre». Peraltro della nuova Fox sotto l’ egida Disney Murdoch junior sarà l’ a.d. Nei dettagli dei conti, 21st Century Fox porta a casa un utile netto complessivo di fine anno da 4,48 miliardi di dollari (3,9 miliardi di euro), al rialzo rispetto ai 3 miliardi di fine 2017 (2,6 miliardi di euro). I ricavi sono stati pari a 30,4 miliardi (26,3 mld di euro), su dai precedenti 28,5 miliardi (24,7 mld di euro). A sostenere i conti sono state trasversalmente la divisione tv via cavo, cui fanno capo Fox News e la rete di Fox Sports 1, che ha visto i ricavi aumentare dell’ 11%, la divisione degli studi di Twentieth Century Fox con vendite su del 27% e ancora la divisione di tv broadcast dai ricavi in crescita del 14%, in scia soprattutto alle trasmissioni della Fifa World Cup (anche se, come per l’ Italia, la nazionale Usa è rimasta fuori dal campionato). Bene infine Fox Nation, piattaforma digitale dell’ omonimo network tv. Inoltre, ha specificato Lachlan Murdoch, anche le prospettive sul fronte dei ricavi pubblicitari sono buone, aspettando al varco le elezioni presidenziali di midterm nell’ era di Donald Trump. Dopo la pubblicazione dei conti, il titolo Fox ha chiuso in Borsa in leggero calo (-0,09% a 45,46 dollari, 39,3 euro) Nel frattempo a festeggiare subito, non in casa Fox ma in quella di Topolino, è l’ a.d. Iger che ha venduto tutte le azioni accumulate durante il suo attuale mandato. Cavalcando i risultati del trimestre Disney (vedere ItaliaOggi del 9/8/2018) e l’ attesa per l’ operazione coi Murdoch, il manager incassa (prima delle tasse) 33 milioni di dollari (28,6 milioni di euro). Lo scorso dicembre, però, il bottino era stato di 47 milioni di dollari (40,7 milioni di euro). © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Su Dazn parte la Ligue 1. Al via oggi la trasmissione delle partite della Ligue 1 sul servizio streaming Dazn con il match inaugurale tra Marsiglia e Tolosa. Tutte le 380 partite della stagione del massimo campionato francese saranno disponibili sia in diretta che on demand, compresi gli highlights. Il commento in italiano per le partite principali sarà a cura di una squadra di commentatori composta tra gli altri da Riccardo Mancini, Ricky Buscaglia, Edoardo Testoni, Dario Marcolin e altri nomi che saranno annunciati prossimamente. Il Paris Saint-Germain, guidato dal nuovo allenatore Thomas Tuchel, è pronto a difendere il titolo, forte dell’ acquisto di Gianluigi Buffon, che si va ad aggiungere a una rosa già ricca di stelle internazionali, tra cui Kylian Mbappé e Neymar. Monaco, Lione, Marsiglia e Nizza sfideranno i campioni in carica, che l’ anno scorso hanno trionfato con un distacco di 13 punti sulla seconda. Mise, istituito il tavolo TV 4.0 per il rilascio della banda 700. È stato istituito il tavolo TV 4.0 tra il ministero per lo Sviluppo economico, l’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i principali operatori del settore televisivo con un duplice obiettivo: «Da un lato consentire un’ attuazione ordinata della liberazione della banda 700 MHz assicurando il massimo coinvolgimento dell’ autorità indipendente di settore e degli operatori coinvolti e dall’ altro quello di favorire la trasformazione digitale del settore televisivo attraverso il dialogo costante con gli operatori», ha spiegato il Mise. Viacom, conti in calo. Viacom ha archiviato il terzo trimestre fiscale con un utile netto pari a 511 milioni di dollari (440,1 milioni di euro), in calo rispetto ai 680 milioni di dollari (586 milioni di euro) dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi hanno registrato una flessione del 4% a 3,237 miliardi di dollari (2,8 milioni di euro). L’ aumento del 20% iscritto a bilancio per il mercato domestico è stato controbilanciato dalla flessione del 33% registrata dai ricavi internazionali. Gannett, torna all’ utile ma scendono i ricavi. Gannett è ritornata all’ utile nel secondo trimestre, mentre i ricavi sono calati più del previsto. La compagnia ha riportato un utile netto di 16,3 milioni di dollari (14 milioni di euro), dopo una perdita di 487 mila dollari (420 mila euro) dell’ anno precedente. I ricavi sono calati del 5,6% a 730,8 milioni di dollari (630,4 milioni di euro) mentre i ricavi dalle pubblicazioni sono calati del 6,9% a 644,6 milioni di dollari (556 milioni di euro). Su Rai1 il Festival di Castrocaro. Oggi dalle 23,15 va in onda su Rai1 la sfida tra i dieci giovani talenti che concorrono nella manifestazione canora per le voci nuove più famosa e più longeva d’ Italia: il Festival di Castrocaro «Voci Nuove Volti Nuovi». La 61esima edizione, dai giardini del Padiglione delle Feste di Castrocaro Terme e Terra del Sole, sarà condotta da Massimiliano Ossini e Daniela Ferolla, in compagnia di Marco Marzocca e Stefano Sarcinelli. Francesco Facchinetti e Diletta Leotta i conduttori di Miss Italia. Saranno Francesco Facchinetti e Diletta Leotta i conduttori della prossima edizione di Miss Italia che andrà in onda su La7 in due appuntamenti: il 16 settembre alle 20,30 (Le Selezioni) e il 17 settembre (La Finale) alle 21,10. Il programma, alla sua sesta edizione su La7, si svolgerà a Milano, negli studi di Infront Italia, società in partnership con il concorso Miss Italia. Tv2000, in diretta l’ incontro del Papa con i giovani al Circo Massimo e Piazza San Pietro. Tv2000, in collaborazione con Vatican Media, trasmetterà in diretta l’ incontro di Papa Francesco con i giovani in vista del Sinodo di ottobre al Circo Massimo, lo spettacolo serale di musica e la messa in Piazza San Pietro. Le dirette dell’ emittente della Cei iniziano domani alle 15,45.

Condé Nast studia nuovo rilancio

Italia Oggi
MARCO LIVI
link

Nuovo piano per recuperare redditività in casa Condé Nast: in rampa di lancio verranno messi più progetti video e di marketing per esempio, assieme a tagli del personale e alla messa in vendita di alcune testate per contenere i costi. Lo ha annunciato ieri dalla stampa americana l’ a.d. del gruppo editoriale internazionale (presente anche in Italia) Bob Sauerberg, spiegando che l’ azienda vuole tornare a produrre utili entro il 2020. In parallelo è intervenuto Steve Newhouse, della famiglia azionista di controllo, secondo cui il cda di Condé Nast ha già esaminato il piano per poi dare la sua approvazione. Per concretizzare la nuova strategia bisogna diversificare i ricavi e dipendere meno dalla pubblicità, a giudizio di Sauerberg, anche se lo stesso a.d. ha sottolineato di essere consapevole che sviluppare nuove fonti di fatturato (diverse dagli inserti pubblicitari) non è facile. Il motivo è che a monopolizzare il mercato delle inserzioni sono le grandi piattaforme hi-tech. Comunque allo studio ci sono operazioni su video, dati, marketing business-to-business e consulenze aziendali, così come i servizi business-to-consumer tra cui Go Reccomends, rivista che offre spunti per la moda maschile e genera affiliati e commissioni. Nello specifico dei video, l’ intenzione è lanciare nuovi servizi in streaming supportati da inserti pubblicitari, per pubblicazioni come Bon Appetit e Gq, il tutto entro il 2019. Condé Nast si è inoltre impegnata per la fornitura a lungo termine di video a Netflix e altri grandi distributori. L’ obiettivo finale a questo punto è che, entro la fine dell’ anno fiscale 2022, la metà dei ricavi totali dell’ azienda arrivi proprio dalle inserzioni pubblicitarie, che ora ammontano al 70%. L’ editore di magazine come Vogue, Vanity Fair e The New Yorker mira a potenziare i ricavi di 600 milioni di dollari entro la fine del 2022 (519,1 milioni di euro). Intanto per il 2018 le previsioni vedono il fatturato in calo. Quindi, sul versante dei costi, Sauerberg ha specificato che probabilmente sarà necessario ricorrere a dolorosi tagli del personale. Condé Nast ha già messo sul mercato alcune testate come Brides, W e Golf Digest, che peraltro spera, ma non è sicuro, di vendere entro la fine dell’ anno in corso. Infine, come se non bastasse il clamore delle dichiarazioni dell’ a.d., sempre in questi giorni, l’ editrice americana è finita al centro del dibattito anche per una copertina di Vanity Fair. In particolare quella di settembre, che non solo ha distratto l’ attenzione da quella con Beyoncé di Vogue (sempre edita da Condé Nast) ma soprattutto ha scelto di mettere in primo piano l’ attrice Michelle Williams. E fin qui nulla di male. Peccato, però, che Williams indossi nello scatto abiti Louis Vuitton, ripresi da Collier Schorr, fotografo della maison Vuitton. E che la stessa attrice sia stata protagonista di una campagna pubblicitaria sempre di Louis Vuitton. Di conseguenza, le critiche verso Vanity Fair sono state di pubblicità occulta, avendo inserito spunti promozionali (tra l’ altro la griffe è un’ inserzionista ricorrente di Condé Nast) all’ interno di contenuti giornalisti. Dall’ editrice hanno precisato che abiti e scelta del fotografo sono stati casuali mentre solo successivamente Williams ha posato per il brand del lusso. © Riproduzione riservata.

Restyling in quattro anni per televisori e decoder

Italia Oggi
CINZIA DE STEFANIS
link

Entro quattro anni le attuali tv digitali dovranno essere sostituite con quelle di nuova generazione DVBT2 . Ciò sta a significare che abbiamo quattro anni per acquistare nuovi televisori oppure dotarli di un decoder esterno. Secondo quanto richiesto dalla decisione europea del 2017/n. 899, la previsione di fissare al 1° luglio 2022 il termine per la disponibilità delle frequenze in banda 700 agli operatori di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, è motivata con la necessità e la complessità di assicurare la migrazione tecnica di un’ ampia parte della popolazione verso standard di trasmissione avanzata. È con lo schema di decreto che il ministero dello sviluppo economico ha definito la roadmap per la liberazione della banda 700 Mhz fissando, come richiesto dalla decisione UE 2017/899, le scadenze intermedie e finali del processo (che andranno dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2022) le quali porteranno all’ adozione del 5G, tecnologia abilitante della quarta rivoluzione industriale. Il territorio nazionale sarà suddiviso in quattro aree geografiche per il rilascio delle frequenze, anche con lo scopo di evitare o ridurre problemi interferenziali verso i paesi radioelettricamente confinanti che utilizzino la banda 700 MHz: – Area 1: Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sardegna; – Area 2: Valle d’ Aosta, Piemonte, Lombardia, province di: Trento, Bolzano, Parma e Piacenza: ; – Area 3: Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna tranne le province di Parma e Piacenza, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Province di Cosenza e Crotone; – Area : 4 Sicilia, province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro. Lo switch off con la liberazione della banda 700Mhz avverrà con transizione di due anni, 2020-2022, anche se il governo ha iniziato il percorso già quando ha previsto che dal primo gennaio del 2017 fosse obbligatoria la commercializzazione esclusivamente di televisori con tecnologia T2-Hevc al fine di avviare con largo anticipo il naturale ricambio degli apparecchi. Solo a partire dal 2020 è previsto lo spegnimento delle frequenze in uso alle emittenti locali e la costruzione del Mux1 della Rai per aree geografiche. Questa fase di transizione, che durerà fino al 2022, non prevede in alcun modo l’ introduzione di tecnologia T2-HEVC ma l’ uso di tecnologia MPEG-4 già diffusa da qualche anno nei televisori e che nel 2020 sarà disponibile per tutta la popolazione.

Per frenare Matteo il Cav mette Greco al TG4

Libero

link

FRANCESCO SPECCHIA E ora, qualcosa di completamente diverso, direbbero i Monty Python. Dal 10 agosto Gerardo Greco sarà il nuovo direttore del Tg4. Avrà al suo fianco il condirettore Rosanna Ragusa. La sua mission sarà, senza troppi giri di parole, quella di modificare il volto dell’ informazione di Rete4 rendendola meno urlata e «più autorevole, dato che gli anni scorsi la politica antigovernativa e molto filoleghista e M5S non ci ha favorito, anzi…», come ci ripetono alti papaveri Mediaset. «L’ ingresso di Gerardo Greco alla guida del Tg4 anticipa un altro importante rinnovamento, quello di tutta Retequattro. Dalle prossime settimane metteremo in atto una vera e propria rivoluzione» commenta Mauro Crippa, il Mike Pompeo dell’ Informazione Mediaset. Greco, romano, classe ’66, laureato in Scienze Politiche, è stato un pilastro della Rai. Corrispondente da New York per il Tg2 e il Tg1 (2001-2013), conduttore di UnoMattina Estate e dal 2013 al 2017 di Agorà su Raitre, è stato anche direttore del Giornale Radio Rai e di Radio1, dove aveva compito l’ ardito – e riuscito – esperimento di “televisionizzare” le onde medie. Da quando, nel giugno scorso, è stato tambureggiato il suo arrivo, nei corridoi del Biscione la parola «rivoluzione», appunto, è stata usata e abusata. Crippa spiega che la rivoluzione passerà per «un nuovo access prime time, quattro nuovi programmi di informazione, attualità e divulgazione in prima serata. E questo nuovo Tg4. Sfide che potremo affrontare solo così, riorganizzando le nostre news per essere sempre più efficienti e più efficaci». E il chiaro riferimento è, oltre a Greco, al rilancio giornalistico di Barbara Pallombelli, in funzione anti-Lilli Gruber. Insomma la Rete4 di Sebastiano Lombardi si butta sullo stesso terreno della diretta concorrente La7. E cerca di scrollarsi di dosso il marchio antico di Emilio Fede e quello, più recente, di Mario Giordano, quest’ ultimo molto più filoleghista e populista di quanto oggi, per Forza Italia, gli equilibri politici non consentano. Greco prima con la gestione quotidiana di Agorà su Raitre e poi con quella totalizzante di RaiRadio1, ha dimostrato di ottenere alti ascolti e di essere il metronomo perfetto delle tematiche politiche, specie con sfondo migranti e diritti civili. E questa sarebbe una ventata d’ entusiasmo e – come abbiamo già scritto – di aria fresca nella un po’ stantia informazione Mediaset. È casuale, eppure così straordinariamente simbolico che Greco scenda in campo proprio mentre Silvio Berlusconi prefigura la nascita di un nuovo soggetto politico che entri completamente nell’ orbita del Partito Popolare europeo, scostandosi completamente dallo scomodo alleato Salvini. Per una svolta al centro serve un uomo di centro. E Greco, esempio perfetto di baricentro politico, è il giornalista più centrista che conosca. L’ operazione, quindi, oltre che televisiva, ha un sapore altamente strategico tout court. Un tentativo di smarcarsi dalle notizie in stile Lega, concentrate sulle viscere dell’ uomo della strada; e di recuperare un pubblico più “alto” di moderati. L’ idea ci sta tutta. Anche se io confermo i miei dubbi sull’ operazione ma è un problema mio. Per due motivi. La difficoltà storica di cambiare il pubblico di Rete 4; e le strategie editoriali a medio raggio di Mediaset legate inevitabilmente agli ascolti. Sarà dura, caro Gerry. La rivoluzione non è un pranzo di gala (e, in questo caso, neanche Il pranzo è servito…) riproduzione riservata Dal giugno 2017 al 2018 Gerardo Greco ha diretto il Giornale Radio Rai e Rai Radio 1

L'articolo Rassegna Stampa del 10/08/2018 proviene da Editoria.tv.


Rassegna Stampa del 11/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Al sapere servono merito e autonomia: non soldi pubblici

Il Garante sfrattato: addio Montecitorio. La Privacy trasloca in uffici più costosi

La Consob accusa il “Sole”: mercato imbrogliato sui dati

Prove tecniche di una tv non populista. Già, ma come si fa? Una chiacchierata con Gerardo Greco, al suo primo giorno da direttore del Tg4

L’ allarme commissario per il Cda Rai bloccato

Allarme commissario per il Cda Rai bloccato

Cesare De Michelis addio al geniale doge dell’ editoria

Marsilio, deceduto l’editore Cesare De Michelis

News Corp, ricavi su dell’ 11%

Nuove norme europee sulla Privacy, ancora non accessibili 100 quotidiani Usa

Rischio commissario per il Cda della Rai

Addio a Cesare De Michelis l’ editore che scoprì il nord est

Al sapere servono merito e autonomia: non soldi pubblici

Corriere della Sera
CESARE DE MICHELIS
link

Eh no! Una tassa per la cultura sarebbe davvero il colpo di grazia per ogni speranza di cambiamento nei criteri e nei modi di gestione delle istituzioni culturali, il definitivo abbandono di qualsiasi progetto di riforma e trasformazione, condannando la cultura italiana a rimanere ancella di un potere governativo che ha dato sinora bastanti prove di considerarla con disattenzione e disinteresse. La questione non è tanto che le risorse destinate alle attività culturali sono «poche» in Italia, quanto invece che esse vengono distribuite a pioggia, secondo criteri e parametri troppe volte oscuri o incomprensibili, come attestano i contributi alle produzioni cinematografiche o la distribuzione degli addetti sul territorio o ancora la divisione delle quote del fondo unico dello spettacolo, e che, per altro verso, nonostante che da oltre trent’ anni si discuta di «economia della cultura», manca qualsiasi valutazione gestionale sull’ utilizzazione delle risorse, le quali troppo spesso vengono spese molto lentamente e solo in parte. Bisogna forse ricordare le desolanti vicende dell’ area archeologica di Pompei, i molti interventi incompiuti per difetto di programmazione, o le cattedrali nel deserto costruite senza una sufficiente valutazione dei costi necessari alla loro gestione: gli esempi sono talmente numerosi che non vale la pena tentarne un elenco esauriente. La progressiva riduzione dei contributi alle fondazioni dei teatri musicali, peraltro nel frattempo diventate persino più numerose per qualche clientela ministeriale, non hanno affatto ridotto la loro programmazione, anzi, costringendole a una razionalizzazione della gestione, paradossalmente hanno consentito di incrementare l’ attività, migliorandone in più di qualche caso anche la qualità. A me sembra che per la cultura in Italia, prima di qualsiasi incremento delle risorse, sia urgente e necessario mettere mano a una riforma radicale del sistema esistente, che a partire dalla struttura e dai compiti del Ministero dei Beni Culturali investa teatri, musei, biblioteche e archivi, attribuendo a ciascuno un’ autonomia gestionale che li obblighi a misurare costi e benefici, a tener conto della domanda degli utenti e a coinvolgere nell’ attività il territorio, le scuole, le imprese; che sia indispensabile, insomma, più attenzione al mercato e alle sue regole e un maggior coinvolgimento di operatori privati. In fondo la storia anche recente dell’ editoria libraria o discografica potrebbe suggerire criteri meritocratici fondati sull’ autosufficienza economica e sull’ autonomia culturale, lasciando perdere, invece, quegli antichi modelli «giacobini», che da sempre pretendono di sapere meglio degli utenti quello di cui loro avrebbero bisogno: la disaffezione del pubblico verso la cultura di Stato conferma ogni giorno la distanza che resiste tra la domanda e l’ offerta e l’ inadeguatezza della seconda rispetto alla prima. Non so se l’ antica e nobile tradizione della burocrazia francese e l’ altrettanto antico accentramento della cultura francese nella capitale giustifichino l’ iniziativa presidenziale d’ Oltralpe, ma sono certo che affidare al sistema italiano attuale ulteriori risorse in assenza di una profonda riforma strutturale non potrà che moltiplicare le occasioni di spreco e di malgoverno e perciò mi auguro che si cerchino strade tutt’ affatto diverse per avviare quel cambiamento che tutti invece ci auguriamo.

Il Garante sfrattato: addio Montecitorio. La Privacy trasloca in uffici più costosi

Il Fatto Quotidiano
l.vend.
link

Anche un Garante può essere sfrattato: in autunno l’ Autorità che tutela la privacy sarà costretta a lasciare la sua storica sede in piazza Montecitorio 121, proprio accanto alla Camera dei Deputati. Per carità, non finirà certo in periferia ma sempre nel pieno centro di Roma, a Piazza Venezia. E pagherà pure di più che in passato. Negli uffici stanno approfittando della pausa estiva per chiudere gli scatoloni: il presidente Antonello Soro, i componenti dell’ Authority (tra cui figurano anche la vicepresidente Augusta Iannini, alto magistrato e moglie di Bruno Vespa, e Giovanna Bianchi Clerici, fino a pochi giorni fa in lizza per la presidenza Rai) e tutti i dipendenti ne avrebbero fatto volentieri a meno. Alla vecchia sede erano affezionati: e poi dove lo trovi un altro posto così, un raffinato palazzo del Settecento, proprio nel cuore della Capitale e a un prezzo di favore (circa un milione di euro, in virtù di un accordo molto datato). Praticamente impagabile. Infatti i proprietari di recente sono tornati a battere cassa: quando l’ anno scorso il vecchio contratto è scaduto, la società che gestisce l’ immobile ha chiesto di adeguare il canone di locazione ai valori di mercato. E ne è venuta fuori una cifra “astronomica”, dicono dall’ Autorità. La trattativa per conservare il vecchio affitto, o quantomeno spuntare uno sconto, è stata lunga e si è conclusa male: alla fine il Garante ha ricevuto una bella lettera di sfratto. A quel punto è stata avviata la procedura per individuare la prossima sede: a ottobre 2017 è stato pubblicato un avviso, a inizio 2018 sono state aperte le buste. Anche in questo caso nessuna soluzione pubblica (e quindi gratuita) era disponibile: il Demanio, infatti, ha già dato il parere di congruità per il trasferimento nei nuovi uffici di Piazza Venezia. “Pagheremo di meno della cifra che ci avevano chiesto gli attuali proprietari”, garantiscono dall’ Autorità. Ma comunque di più del vecchio contratto, che allo Stato già costava 1,35 milioni l’ anno.

La Consob accusa il “Sole”: mercato imbrogliato sui dati

Il Fatto Quotidiano
Lorenzo Bagnoli*
link

Il principale quotidiano finanziario italiano sarebbe corresponsabile di manipolazione del mercato per sostenere il corso delle sue azioni in Borsa tra 2013 e 2016. È l’ esito della verifica sul Sole 24 Ore che la Consob ha cominciato il 19 ottobre 2016. Insieme alla società, ne devono rispondere anche Roberto Napoletano, ex direttore del quotidiano ed ex direttore editoriale dell’ azienda; Donatella Treu, ex amministratrice delegata; Massimo Arioli, Alberto Biella e Anna Matteo, rispettivamente ex Chief financial officer (direttore finanziario), ex capo della diffusione ed ex responsabile delle attività digitali del Sole 24 Ore. Sono indicati come responsabili delle strategie di marketing mirate a diffondere una falsa immagine di crescita delle copie diffuse, sia cartacee che digitali, sia singole che in abbonamento o in abbinamento con banche dati. Le verifiche dell’ autorità sono scattate dopo che a ottobre 2016 Nicola Borzi, all’ epoca giornalista e azionista del Sole 24 Ore, ha inviato alla Consob un esposto sui legami tra la galassia intorno a Di Source e l’ azienda. Agli ignari investitori e lettori sembrava che il Sole 24 Ore fosse in continua crescita, ma così non era. L’ autorità contesta le false sottoscrizioni di copie digitali vendute all’ estero dalla Di Source Ltd, con sede a Londra, della quale sia Arioli sia Biella erano soci e amministratori occulti. Insieme a loro, c’ era un’ altra decina di soggetti, tutti indagati da marzo 2017 dalla Procura di Milano per appropriazione indebita. A marzo, il Sole 24 Ore “ha accettato dalla società Di Source l’ offerta risarcitoria di euro 2.961.079,90, corrispondente al danno patrimoniale come ipotizzato nel procedimento penale pendente presso la Procura di Milano”, scriveva in una nota il quotidiano di Confindustria, in cui si riservava “di esperire nei confronti di altri soggetti, siano essi già individuati o ancora da individuare in relazione all’ intero credito risarcitorio”. La cifra è pari al danno causato alla società italiana calcolato in base alla differenza tra i flussi finanziari che negli anni la società londinese aveva ricevuto per “consulenze” dal Sole 24 Ore (circa 18 milioni) e i “pagamenti” che aveva retrocesso al Sole per le vendite fittizie di copie digitali (circa 15 milioni). Al management del Sole vengono contestate anche strategie anche per gonfiare le copie cartacee, grazie ai contratti con le società italiane Johnsons ed Edifreepress e con l’ Osservatorio Giovani-Editori. Nei documenti di cui il Fatto ha preso visione, si citano i comunicati con cui l’ azienda tra la primavera del 2013 e la fine dell’ estate del 2016 ha trasmesso al mercato i dati (falsi) sulla diffusione del quotidiano di Confindustria messi a confronto con quelli (veri, fino a prova contraria) dei principali giornali italiani. Gli stessi dati uscivano anche in articoli sul Sole 24 Ore in edicola. Queste informazioni hanno circolato anche dopo che a maggio 2016, dopo una burrascosa riunione in cui Accertamenti diffusione stampa (Ads), il consorzio che registra i dati autoprodotti dagli editori sulla diffusione, decise di azzerare dal suo computo le copie multiple digitali. Gabriele Del Torchio, ad succeduto a Donatella Treu, ha poi fatto emergere i dati reali sulla diffusione del giornale, attraverso il rapporto della società Protiviti su richiesta del cda del Sole 24 Ore nell’ autunno del 2016. La documentazione è sostenuta da numerose testimonianze di dirigenti e dipendenti del Sole, oltre che dai calcoli di analisti finanziari che negli anni hanno pubblicato rapporti sulle azioni della società di Confindustria. Tra i manager, quella che ha ricoperto il ruolo più importante è Valentina Montanari, ex Chief financial officer del Sole 24 Ore succeduta proprio ad Arioli. Le sue parole, come quelle degli altri manager, si riferiscono ai ruoli avuti in questa manipolazione dagli ex dirigenti del Sole 24 Ore per i quali la Consob propone le sanzioni, incluso Napoletano che, secondo la relazione, non si limitava a dirigere il giornale economico ma orientava la gestione della società soprattutto sulle politiche diffusionali. Napoletano dice al Fatto che “in un gruppo complesso e quotato come il Sole esiste la ripartizione dei ruoli e dei compiti” e che lui, direttore responsabile e direttore editoriale, non faceva “parte né della catena decisionale né di quella di controllo e, tanto meno, ho interferito su conti, strategie e decisioni aziendali”. L’ indagine Consob è parallela a quella penale nella quale, oltre a Napoletano e Treu, è indagato anche l’ ex presidente Benito Benedini, che però secondo la Consob non ha avuto responsabilità nella manipolazione del mercato. Fabio De Pasquale, coordinatore del dipartimento reati economici della Procura di Milano, e il pubblico ministero Gaetano Ruta potrebbero a breve chiudere le indagini. Oltre alle false comunicazioni sociali, gli inquirenti hanno messo sotto la lente la gestione della divisione Cultura del Sole 24 Ore e la cessione a terzi della divisione Business Media. *Investigative reporting project Italy.

Prove tecniche di una tv non populista. Già, ma come si fa? Una chiacchierata con Gerardo Greco, al suo primo giorno da direttore del Tg4

Il Foglio

link

Roma. “Può darsi che alcune trasmissioni abbiano esagerato con i livori e i malumori, ma non puoi nemmeno negarli facendo dell’ ot timismo di maniera. Perché dopo dieci anni di crisi l’ Italia è diventata il paese del malumore. Questo è un fatto. E allora l’ equilibrio sta nel non fermarsi alla rappresentazione del malumore. La televisione dovrebbe offrire una spiegazione, e forse anche una via d’ uscita”. E Gerardo Greco, l’ ex conduttore di ‘Agorà’, ex corrispondente dagli Stati Uniti, ex direttore del Gr1, una vita in Rai, – “entrai nel 1992 dopo la scuola di Perugia assieme a Monica Maggioni e Giovanni Floris” – è al suo primo giorno di scuola da nuovo direttore del Tg4, il telegiornale che fu per quasi vent’ anni del mitologico Emilio Fede, poi di Giovanni Toti (oggi presidente della Liguria), e infine di Mario Giordano, un giornalista di cui Matteo Salvini dice di avere la massima considerazione. “Dal 13 settembre condurrò anche una trasmissione”, dice Greco. “S’ intitolerà ‘Viva l’ Italia’. Non immagino un talk -show. Ma un reality”. E spiega: “Vorrei costringere la politica a parlare dei fatti, a stare sui fatti, anche quelli più nudi. E vorrei evitare le piazze, ma raccontare di singoli uomini e donne. Per questo dico reality”. E certo deve ancora prendere le misure a ogni cosa, il neo direttore Greco: stanze, corridoi, facce, redazione, segretarie, persino gli uomini della sicurezza che per poco non gli chiedono i documenti prima di farlo entrare: “Scusi lei…?”. Negli studi romani di Mediaset, al Palatino, nel bellissimo compound televisivo, proprio accanto a Villa Celimontana, un paradiso, lui ancora non ha nemmeno un ufficio suo, ma si muove con l’ aria indaffarata e compresa, carica e incerta, di uno che è stato chiamato in qualche modo a compiere una rivoluzione editoriale. E infatti, ogni tanto, di fronte a certe domande, mette su uno sguardo ironico che invita alla comprensione, come dire: lo so che non è una cosa facile. Ecco, appunto, ma cosa sarà Rete4? Col suo primo direttore non berlusconiano, defamiliarizzato, uno che non viene dalla nidiata, un giornalista probabilmente di sinistra – “io mi definisco moderato”, dice lui, “ho votato anche a destra” – che ha costruito la sua cifra televisiva con una trasmissione, Agorà, che non aveva pubblico in studio, quindi niente applausi da incontro di boxe, e che tentava, non sempre riuscendoci, di sfuggire alle urla da pollaio, “una cosa che trovo inutile e insopportabile”. A marzo dell’ anno scorso, ancora prima delle elezioni che avrebbero consegnato Luigi Di Maio e Matteo Salvini al governo, su queste stesse pagine del Foglio, il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che ha il pregio della franchezza anche quando parla di casa sua e delle cose sue, diceva che “in effetti stiamo esagerando”. E si riferiva, il più vecchio tra gli amici del Cavaliere, alla sensazione che lo zapping sulle reti Mediaset si ricomponesse in un formicolante palcoscenico horror: il giornalista che parla sempre e comunque a nome della gente, quello che caccia il microfono tra i denti del disgraziato che gli è capitato sotto tiro, il collegamento con la piazza vociante, gli strepiti, la bava alla bocca, la casta… “Stiamo portando i vasi a Samo”, cioè stiamo facendo una cosa inutile, diceva Confalonieri. Poi sono arrivate anche le elezioni. E le hanno vinte quelli che urlavano più forte. Così, adesso, atterra a Mediaset Gerardo Greco. Come un marziano. Ed è impossibile non pensare che ci sia una logica di causa ed effetto. “Sono due anni che ne parliamo, che incontro Mauro Crippa e Andrea Delogu”, i vertici dell’ informazione Mediaset. “Ma tutto è diventato vero solo quattro mesi fa”. E adesso?

L’ allarme commissario per il Cda Rai bloccato

Il Mattino
E.P.
link

IL RETROSCENA ROMA Primo scenario: Salvini e Berlusconi si incontrano a fine mese, il primo chiede formalmente al leader azzurro di fare pressioni su FI affinché modifichi la linea sulla presidenza della Rai, il Cavaliere si convince in cambio di una ritrovata unità della coalizione sul territorio e a medio termine sulla politica nazionale. Secondo scenario: Salvini cambia cavallo, spinge Foa ad accettare la direzione di una rete e vira su un altro nome, magari l’ ex consigliera Bianchi Clerici, che Forza Italia voterebbe senza problemi. A settembre in qualche modo si dovrà sciogliere il nodo. Ma siccome la situazione è di stallo totale anche ai vertici di viale Mazzini è scattato l’ allarme. C’ è una norma del diritto civile che prevede che in caso di impossibilità di un cda ad eleggere un presidente si possa passare alla sollevazione dell’ intero consiglio. E dunque, nel caso specifico, al commissariamento della Rai. Al momento i sette consiglieri di viale Mazzini non hanno trovato alcun accordo. E’ un’ arma sul tavolo che la maggioranza giallo-verde e soprattutto la Lega tiene ben presente. Un’ arma che Salvini può utilizzare per dare la colpa a Forza Italia di aver portato l’ azienda sull’ orlo del collasso. Al momento nessuno tra Salvini e Berlusconi è intenzionato a tornare sui suoi passi. E il leader del partito di via Bellerio avrebbe avuto rassicurazioni sul fatto che né Tria né il premier né Di Maio interverranno per cercare di convincerlo a fare marcia indietro. Salvini, assicura un big della Lega, è fermo sulla sua idea: Foa è la figura giusta per svolgere il ruolo di presidente della Rai. Nei piani leghisti quindi deve essere Berlusconi a motivare il no del suo partito. ORDINARIA AMMINISTRAZIONE Al momento la Commissione di Vigilanza ha indicato la direzione: l’ attuale Cda può gestire solo l’ ordinaria amministrazione, nulla di più. Dunque niente nomine dei tg, nessun governo del cambiamento nell’ informazione. M5S, in realtà, è sempre più irritato con l’ intransigenza dell’ alleato di governo, ma al momento Di Maio ha chiesto ai suoi di evitare qualsiasi prova di forza. FI tace, non fa più polemiche, «la palla questa la linea è nel campo loro, deve essere Salvini a sbrogliare la matassa». Tre giorni fa nella riunione del Cda la consigliera Burioni, espressione del Pd, ha riproposto invano la questione della presidenza. «Non ho ricevuto alcuna indicazione dall’ azionista», ha ribadito Foa. «La situazione è complicata, sto aspettando di sapere come intendono muoversi. Dovranno riconvocarci prima o poi», dice Burioni. Dietro le quinte si sostiene che Foa stia aspettando di conoscere una exit strategy. Potrebbe essere appunto quella della direzione di una rete. Ma Salvini con i suoi è categorico: «Se FI vuole fare il Pd vada avanti, noi non arretriamo». Ed ecco quindi lo spauracchio del commissariamento che si è appalesato anche in Vigilanza e nel Cda, preoccupando non poco gli stessi vertici istituzionali.

Allarme commissario per il Cda Rai bloccato

Il Messaggero
Emilio Pucci
link

IL RETROSCENA ROMA Primo scenario: Salvini e Berlusconi si incontrano a fine mese, il primo chiede formalmente al leader azzurro di fare pressioni su FI affinché modifichi la linea sulla presidenza della Rai, il Cavaliere si convince in cambio di una ritrovata unità della coalizione sul territorio e a medio termine sulla politica nazionale. Secondo scenario: Salvini cambia cavallo, spinge Foa ad accettare la direzione di una rete e vira su un altro nome, magari l’ ex consigliera Bianchi Clerici, che Forza Italia voterebbe senza problemi. A settembre in qualche modo si dovrà sciogliere il caos sancito con lo strappo azzurro sulla posizione del giornalista italo-svizzero indicato dalla maggioranza a succedere alla Maggioni. Ma siccome la situazione è di stallo totale anche ai vertici di viale Mazzini è scattato l’ allarme. C’ è una norma del diritto civile che prevede che in caso di impossibilità di un cda ad eleggere un presidente si possa passare alla sollevazione dell’ intero consiglio. E dunque, nel caso specifico, al commissariamento della Rai. Al momento i sette consiglieri di viale Mazzini non hanno trovato alcun accordo. E’ un’ arma sul tavolo che la maggioranza giallo-verde e soprattutto la Lega tiene ben presente. Un’ arma che Salvini può utilizzare per dare la colpa a Forza Italia di aver portato l’ azienda sull’ orlo del collasso. Al momento nessuno tra Salvini e Berlusconi è intenzionato a tornare sui suoi passi. E il leader del partito di via Bellerio avrebbe avuto rassicurazioni sul fatto che né Tria né il premier né Di Maio interverranno per cercare di convincerlo a fare marcia indietro. Salvini, assicura un big della Lega, è fermo sulla sua idea: Foa è la figura giusta per svolgere il ruolo di presidente della Rai. Nei piani leghisti quindi deve essere Berlusconi a motivare il no del suo partito. Nel frattempo Foa continuerà a vestire i panni del consigliere anziano, consapevole però che un braccio di ferro non potrà andare oltre settembre. ORDINARIA AMMINISTRAZIONE Al momento la Commissione di Vigilanza ha indicato la direzione: l’ attuale Cda può gestire solo l’ ordinaria amministrazione, nulla di più. Dunque niente nomine dei tg, nessun governo del cambiamento nell’ informazione. M5S, in realtà, è sempre più irritato con l’ intransigenza dell’ alleato di governo, ma al momento Di Maio ha chiesto ai suoi di evitare qualsiasi prova di forza. FI tace, non fa più polemiche, «la palla questa la linea è nel campo loro, deve essere Salvini a sbrogliare la matassa». Tre giorni fa nella riunione del Cda la consigliera Burioni, espressione del Pd, ha riproposto invano la questione della presidenza. «Non ho ricevuto alcuna indicazione dall’ azionista», ha ribadito Foa. «La situazione è complicata, sto aspettando di sapere come intendono muoversi. Dovranno riconvocarci prima o poi», dice Burioni. Dietro le quinte si sostiene che Foa stia aspettando di conoscere una exit strategy. Potrebbe essere appunto quella della direzione di una rete. Ma Salvini con i suoi è categorico: «Se FI vuole fare il Pd vada avanti, noi non arretriamo». Ed ecco quindi lo spauracchio del commissariamento che si è appalesato anche in Vigilanza e nel Cda, preoccupando non poco gli stessi vertici istituzionali. La Lega è convinta che alla fine Salvini persuaderà Berlusconi. Se lo facesse però scoppierebbe un incendio in FI: Tajani, Letta, Ghedini e i capigruppo hanno sposato la linea della barricata a Foa e non vogliono ripensamenti. Ed ecco che lo spettro del commissariamento si leva a guastare le ferie di viale Mazzini.

Cesare De Michelis addio al geniale doge dell’ editoria

Il Messaggero
Marco Gervasoni
link

IL RITRATTO Quante vite conteneva quella di Cesare De Michelis! Che ieri si è interrotta, frenando un attivismo della curiosità sempre suo, fino alla fine: solo un quarto di quello che De Michelis ha realizzato basterebbe infatti a riempire la biografia di un uomo. Il De Michelis più noto è il fondatore della casa editrice, Marsilio che, con i grandi romanzi, e gli autori italiani e stranieri da lui scoperti, ha regalato momenti di gioia anche a chi non ne conoscesse il nome. Cesare, nato settantacinque anni fa a Dolo, in provincia di Venezia, da una famiglia protestante (e vedremo quanto questo abbia contato), aveva contribuito a fondare nel 1961 Marsilio, ispirandosi al nome del grande giurista patavino, uno dei grandi classici del pensiero politico di tutti i tempi. LA POLITICA La scelta non è casuale perché, per i primi tempi (De Michelis vi diventa direttore nel 1969) quelle Marsilio furono edizioni prevalentemente di politica. Che era quella socialista, in rapporto con l’ attività del fratello Gianni, uno dei migliori ministri del nostro paese. Allora in Italia socialismo voleva dire modernità, svecchiamento, dinamismo: così almeno lo intendeva Cesare, prima nell’ area della sinistra socialista di Claudio Signorile, poi in rapporto con tutto il Psi di Craxi. Ma mai De Michelis intese mettere la sua casa editrice, e lui stesso, al rimorchio della politica, secondo una prassi da intellettuale organico che egli disprezzava al massimo grado. Infatti l’ etichetta di casa editrice di «area» gli andava stretta: e a partire dagli anni Ottanta la saggistica Marsilio, oltre alla politica, si aprì alla storia, anche quella della letteratura e dell’ arte, e alle scienze sociali. Per approdare poi ai romanzi, che fecero la fortuna anche editoriale della casa editrice. Perché De Michelis non è stato solo un geniale intellettuale: fu anche (etica protestante oblige) un grande imprenditore, dallo scorso anno Cavaliere del Lavoro. Allorché decise nel 2000 di vendere Marsilio a Rcs, pur restando sulla plancia di comando e mantenendo un’ autonomia di bilancio alla sua creatura, fece infatti guadagnare il colosso editoriale. Tanto che, quando nel 2016 l’ antitrust ha costretto Rcs acquisita da Mondadori a vendere Marsilio, Cesare e suo figlio Luca riacquistarono un’ azienda florida. Dobbiamo ricordare tutto ciò perché in Italia spesso si confonde l’ editoria di qualità con quella perennemente in perdita: non era questa la concezione di De Michelis, che infatti aborriva l’ idea stessa di «piccola casa editrice». IL FIUTO Marsilio non lo fu mai e, soprattutto per la sua centralità, non ha mai occupato un posto di nicchia. Imprenditore, ma di cultura, molti dei libri di Marsilio nacquero dalle idee di Cesare, che sapeva individuare un tema e poi gli autori, già «suoi» o nuovi, capaci di sviscerarlo con verve e rigore. Lo stesso metodo che lo portava alla scoperta dei romanzieri lo applicava alla saggistica: tra i più importanti volumi di storia e di scienze sociali pubblicati negli ultimi trent’ anni videro la luce nelle collane Marsilio; che erano pure stupendamente eleganti. La seconda vita di De Michelis fu quella del critico e dello storico della letteratura, disciplina che insegnò nell’ ateneo padovano. Non poteva che cominciare con l’ Illuminismo veneziano, ma poi i suoi studi toccarono Goldoni, Boccaccio, il Novecento e soprattutto il suo amato Ippolito Nievo: per scoprire sempre i nessi tra Moderno e antimoderno, titolo di una sua raccolta di saggi del 2010, cosi come quelli tra il locale (la cultura veneta) e il nazionale, che infatti è sempre stato un cruccio per De Michelis. Che cosa è la nazione italiana? Un interrogativo presente non solo nelle sue opere ma in tanti testi pubblicati da Marsilio. E che lo ha condotto, negli ultimi anni, a presiedere un progetto grandioso, il Museo del Novecento italiano (M9), la prima esposizione permanente italiana completamente multimediale, che aprirà tra pochi mesi a Mestre. Chi ha avuto la fortuna di partecipare alle riunioni del comitato dei consulenti non dimenticherà mai il guizzo problematico, la pulce nell’ orecchio che De Michelis metteva in ogni intervento. Egli fu quindi (terza vita) anche un intellettuale pubblico, benché forse il termine non gli sarebbe piaciuto: assessore del Comune di Venezia, vicepresidente della Biennale, consigliere del Teatro La Fenice. Per tutto questo, ma non solo, ci mancherà il suo elegante italiano accentato di veneziano, in cui dietro a ogni frase non mancava mai di balenare un’ idea.

Marsilio, deceduto l’editore Cesare De Michelis

Italia Oggi

link

È morto ieri a Cortina d’Ampezzo il presidente della casa libraria, all’età di 75 anni. Ha cofondato Marsilio e l’ha traghettata durante il periodo Rcs e poi, ancora, verso un nuovo corso autonomo (quando Rcs Libri è passata sotto Mondadori). Fratello dell’ex ministro socialista Gianni, nel 2017 ha ceduto una quota a Feltrinelli. Ha lanciato in Italia autori tra cui per esempio Susanna Tamaro, lo svedese Stieg Larsson e Margaret Mazzantini. Oggi Marsilio è guidata dal fi glio, l’amministratore delegato Luca De Michelis.

News Corp, ricavi su dell’ 11%

Italia Oggi
MARCO LIVI
link

News Corp chiude l’ ultimo trimestre del suo anno fiscale cavalcando la fusione di aprile tra le televisioni Foxtel e Fox Sports Australia. Così, l’ esercizio concluso al 30 giugno scorso è stato archiviato con ricavi in crescita dell’ 11% a 9,02 miliardi di dollari (pari a 7,9 miliardi di euro), seppur con un rosso più che raddoppiato a 1,4 miliardi di dollari (1,2 miliardi di euro) e dovuto in parte a una svalutazione della tv australiana Foxtel e in parte agli effetti della riforma fiscale americana. Comunque, gli analisti sono soddisfatti e il ceo Robert Thomson ha commentato ieri, in occasione della presentazione dei conti, che «dopo l’ operazione Foxtel, News Corp è una compagnia con una più alta percentuale di ricavi ricorrenti e basati su abbonamenti, aspetto che dovrebbe contribuire a controbilanciare un contesto pubblicitario volatile. C’ è stata una performance robusta in tutti i nostri business». In particolare, sempre a giudizio di Thomson, i giornali del gruppo The Times, The Sunday Times e The Wall Street Journal e l’ agenzia Dow Jones hanno aumentato nell’ ultimo trimestre i ricavi dell’ 1% per 1,3 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro) e soprattutto «hanno raggiunto nuovi massimi nella loro trasformazione digitale con abbonati digitali che ora superano quelli della versione cartacea», ha precisato il ceo. Il fatturato della divisione è stato generato per il 30% dal digitale, segnando un incremento del 4% in più rispetto al precedente esercizio. Il Wall Street Journal-Wsj, per esempio, ha aggiunto 100 mila abbonati al digitale nel trimestre, per un totale di 1,59 milioni utenti (come termine di confronto il New York Times, con cui il Wsj aveva iniziato la gara sul digitale, è ora a quota 2,9 milioni, +109 mila nuovi da aprile a giugno). Anche gli abbonati alle informazioni made in Dow Jones hanno contribuito a sostenere i ricavi da sottoscrizioni e vendite in edicola, su del 5%. Sempre nella divisione news, i ricavi pubblicitari sono scesi del 2%. Da ricordare che News Corp ha chiuso le edizioni internazionali del Wall Street Journal, decisione che ha impattato sulla raccolta delle inserzioni. Il gruppo editoriale (così com’ è oggi) è nato nel giugno del 2013 dallo scorporo delle attività editoriali della vecchia News Corporation che comprendeva anche le attività di intrattenimento e cinema dell’ attuale 21st Century Fox. Quest’ ultima, a livello formale, è l’ erede di tutto l’ impero originario di Rupert Murdoch (adesso impegnato infatti nella conquista di Sky tramite Fox). Invece la nuova News Corp ha tra i suoi business anche quello digitale dedicato all’ immobiliare (come i tedeschi di Axel Springer) e l’ editoria libraria. Al termine dell’ ultimo trimestre, le attività sul real estate digitale hanno riportato un aumento dei ricavi del 19% a 299 milioni (261,7 milioni di euro) mentre il fatturato dell’ editoria libraria è salito del 20% a 490 milioni (428,9 milioni di euro). Harper Collins è uno dei suoi marchi librari più conosciuti nel mondo (presente anche in Italia). E, ha concluso Thomson, il buon andamento della divisione conferma «l’ importanza di editori intelligenti e di grandi scrittori che creano contenuti premium. Gli algoritmi non sono ancora capaci di scrivere bei libri». L’ altro ieri, aspettando la pubblicazione dei conti, il titolo ha chiuso in rialzo a Wall Street. Ieri invece, a seduta ancora in corso quando questo giornale è andato in stampa, il titolo contraeva intorno al -1,6% sui 13,7 dollari (12 euro).

Nuove norme europee sulla Privacy, ancora non accessibili 100 quotidiani Usa

Italia Oggi
JAMES HANSEN
link

Non doveva succedere. Il Gdpr, il Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’ Unione Europea, è entrato in vigore il 25 maggio scorso (11 settimane fa a oggi) e, sempre a oggi, i siti di un centinaio tra i più importanti quotidiani Usa non sono più accessibili in Europa. In molti casi, non lo diventeranno mai, in quanto gli editori hanno poco interesse economico a investire nell’ adeguarsi al nuovo regolamento per raggiungere una manciata di lettori europei. L’ elenco è lungo, troppo per essere riportato qui, ma le testate in cima per ordine d’ importanza comprendono giornali del calibro di Chicago Tribune, Los Angeles Times, New York Daily News, Baltimore Sun. L’ Europa «legge» tuttora gli Usa attraverso i filtri di New York e Washington e considera pertanto che basti dare un’ occhiata al New York Times e al Washington Post, in verità non molto rappresentativi degli States nel loro insieme, e poi tende a stupirsi quando il paese elegge, per esempio, un presidente come Donald Trump. I quotidiani più raffinati usano schermate come quella in pagina (del Los Angeles Times) per scusarsi del disservizio. I giornali minori, meno abituati alle finezze del marketing, vanno per il sintetico «Sorry, this content is not available in your region», oppure il più tecnico: «HTTP 451: Unavailable due to legal reasons We recognize you are attempting to access this website from a country belonging to the European Economic Area (Eea) including the EU which enforces the General Data Protection Regulation (Gdpr) and therefore access cannot be granted at this time». Il messaggio d’ errore «HTTP 451», utilizzato in Internet per indicare i contenuti irraggiungibili per interferenze statali, deriva il suo numero dal gusto scherzoso dei programmatori che hanno inventato il web. Il riferimento è a un famoso romanzo distopico, Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, il cui protagonista è una sorta di pompiere al rovescio, incaricato di bruciare i libri contenenti idee pericolose. Il titolo del romanzo si riferisce alla temperatura a cui i volumi bruciano (451 °F = 233 °C). Nei fatti, la temperatura d’ accensione della carta dipende dal suo spessore: quella di giornale si accende a 185 °C.

Rischio commissario per il Cda della Rai

Libero

link

C’ è una norma che prevede, in caso di impossibilità di nominare il presidente della Rai, anche lo scioglimento del Cda e il commissariamento dell’ azienda di viale Mazzini. Uno scenario apocalittico che, spiegano fonti ben informate sul “dossier”, al momento rientra solo come una ipotesi remota sul tavolo. Ma la norma è prevista e ne sono a conoscenza anche i componenti del Consiglio d’ amministrazione e la Commissione di vigilanza Rai. L’ allarme è scattato da tempo anche tra i vertici istituzionali.

Addio a Cesare De Michelis l’ editore che scoprì il nord est

Libero
FRANCESCO SPECCHIA
link

Al professor Cesare De Michelis, decano inarrivabile degli editori italiani, gli epicedi sapevano di fiandra medievale, gli facevano girare le balle. Sicchè per l’ amico Cesare, presidente della casa editrice Marsilio – veneziano, classe ’43, storico di pregio, bibliomane invincibile, vene sature d’ inchiostro e d’ epica della Serenissima- eviterò commozioni ed elogi funebre e mi atterrò strettamente ai fatti. Era un genio sussurrato. De Michelis era un mix fra Leo Longanesi, l’ editore delle grandi intuizioni e Cesarino Branduani, il bibliofilo che concepiva la scelta del libro come merce-idea affinata da anni di sensibilità ed esperienza. Nei suoi scaffali lunghi mezzo chilometro (quasi 70mila volumi) si posava lo scibile: secoli di storia, narrativa e militanza intellettuale, specie legata alla rivoluzione culturale del nord est. Il libro, per lui, non era solo l’ oggetto perfetto, ma una forma di sana ossessione. Scriveva: «La biblioteca di una persona si forma nel tempo a specchio di chi la raccoglie; dapprima lentamente, un volume per volta, scelto, letto e spesso almeno un po’ amato; quindi più in fretta, mentre il desiderio si accende a qualsiasi offerta e la collezione cresce sempre più smisurata, invadendo ogni spazio e al tempo stesso smarrendo ogni ordine». L’ ordine e il rigore Cesare li preservava, invece, nel suo lavoro manageriale e di scouting. Che l’ aveva portato, negli ultimi anni, a cedere al figlio Luca le redini di un’ azienza oggi saggiamente internazionalizzata: «Luca ha la vocazione, ha girato il mondo ed è tornato in casa editrice a 40 anni. Noi De Michelis siamo più della Comunità di Olivetti. Gli elementi essenziali sono due. Il primo è che, per me, la famiglia è una cosa seria. Il secondo è che anche le case editrici che hanno dietro multinazionali come Penguin o Amazon, funzionano se mantieni l’ amore nella scelta dei titoli, nella cura delle bozze, nel rapporto con gli autori che non deve cambiare con gli anni. Non c’ è nessuna differenza tra noi e Aldo Manuzio». COME MANUZIO Figlio di genitori protestanti in una regione, il Veneto, cattolicissima nonché fratello di Gianni, noto ex ministro socialista, De Michelis aveva fondato la Marsilio Editori nel ’61 -di cui possedeva inizialmente l’ 1%- con un gruppo di colleghi studenti universitari (tra cui Negri, Ceccarelli, Tinazzi) e l’ aveva scalata fino ad acquisirne la maggioranza. Un percorso culturale che, con gli anni, aveva trasformato questo docente di letteratura moderna e contemporanea a Padova da incendiario politico a sognatore disilluso. Nella sua Venezia, tra le fila del Psi era stato consigliere comunale e vicepresidente della Biennale, e consigliere del teatro La Fenice. Aveva scritto libri sul conformismo degli intellettuali, sul neorealismo (da appassionato di cinema), sui grandi autori dell’ Ottocento. A sentirlo parlare ti saliva sempre una puntina di soggezione, che lui smorzava spesso con un «ma và in mona…» liberatorio per l’ interlocutore. Lo affaticava parlare di politica, soprattutto se gli ricordavi la militanza. «Militante? Io non sono militante. Eppoi, militanza… Qui, oggi non la cerchi e non c’ è più neppure la milizia. Ci sono le guerre e la gente non le vede. E l’ deologia è davvero sparita. Tu credi davvero che ci sia differenza tra Renzi o Salvini? E anche se ce ne fosse, credi che importi ai veri padroni? Credi che le multinazionali chiedano loro permesso?», mi disse una volta, un po’ irritato, constatando che l’ editoria non avesse più certezze. Tantomeno le certezze dei Premi letterari e dei Saloni: «Dei Saloni non m’ importa un fico secco. Io farei un Salone anche a Bologna, a Bari. Sono per quest’ assurdo federalismo all’ italiana; anzi, mettiamo una Fiera del libro in ogni provincia, visto che le Province le abbiamo abolite. Nessuno ha mai venduto un libro in più ai Saloni, ci si va per ciacolare, rivedersi con gli amici». Ricordo, da studente, i suoi elzeviri su L’ Arena di Verona: erano sciabolate da ussaro al sistema. Cesare fingeva di rifugiarsi nel passato per poter criticare il presente. Ma portava lo sguardo sempre oltre il futuro. Era un classicista invincibile; ad ogni Natale, animato dallo spirito dello stampatore Aldo Manuzio appunto, regalava agli amici, la stampa privata di un saggio sulle tipografie, o sulle fake news nelle Venezia del ‘700, o sulla figura dell’ editore illuminista. Eppure il progresso l’ affascinava: studiava il print on demand, l’ ebook, la vendita in Internet. Aveva, inoltre, aveva lanciato scrittrici come Margaret Mazzantini (vincitrice del Campiello con Il catino di zinco) Susanna Tamaro, Chiara Gamberale. Aveva inaugurato la moda del giallo scandinavo con la saga Millennium, di Stieg Larsson, cogliendo uno straordinario successo di vendite. L’ EREDITÀ AL FIGLIO Portata la Marsilio in borsa nel 2000 Cesare conscio che «piccoli sono solo i bambini, ma se i bimbi non crescono vuol dire che sono malati», entrò nel grande gruppo editoriale Rizzoli-Rcs. Dopo la cessione di Rcs alla Mondadori, De Michelis riacquistò le quote della sua casa editrice e, nel 2017, ne lasciò parte a Feltrinelli. Oggi Marsilio è guidata dal figlio Luca, amministratore delegato, ottimo nocchiere. Rimangono, del grande veneto, l’ insegnamento e la visione. E i libri di cui «non sperate di potervi mai liberare». Ciao, prof…

L'articolo Rassegna Stampa del 11/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 12/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

La mossa di Anzaldi: “Propongo Santoro presidente della Rai”

L’ esordio «social» Il video di Conte: le sfide a settembre

Piattaforma con canale dedicato al portoghese

I predoni del brand Salgari

La serie piace ma chiude scoppia la rivolta dei fan

L’ autunno caldo delle librerie

La mossa di Anzaldi: “Propongo Santoro presidente della Rai”

Il Fatto Quotidiano

link

Un nome al giorno per la presidenza della Rai. È la provocazione del renziano Michele Anzaldi, segretario della commissione di vigilanza della tv pubblica, in un intervento sull’ Huffington Post. E il primo è quello di Michele Santoro. “A Salvini e Di Maio, ma anche a Conte e Tria che hanno la responsabilità amministrativa di aver indicato Marcello Foa, chiedo: perché non può essere presidente di garanzia del Cda Rai una figura come Michele Santoro?”. Uno, prosegue Anzaldi, “che rappresenta la storia della tv e della Rai, ma anche la storia dell’ informazione con la schiena dritta?”. Prosegue il deputato renziano: “Con l’ appoggio di M5s, Fi, Pd e Leu Santoro avrebbe i numeri per fare il presidente della Rai, garantire il pluralismo e presiedere il Cda con una professionalità e competenza che pochi in Italia possono vantare”. L’ ultimo affondo è nei confronti di Matteo Salvini: “Non si capisce per quale motivo abbia deciso con questa testardaggine di andare contro le regole e tentare di imporre un presidente che non può essere neanche lontanamente di garanzia (come richiede la legge), sia per le sue posizioni pubbliche sia per l’ enorme conflitto di interessi di avere il figlio che lavora proprio con Salvini”.

L’ esordio «social» Il video di Conte: le sfide a settembre

Corriere della Sera
Monica Guerzoni
link

In piedi, con le spalle alla scrivania presidenziale piena di cartelline di lavoro, dalla manovra alla pace fiscale, Giuseppe Conte ha letto il suo primo messaggio a uso e consumo dei social. Sei minuti di video propagandistico su Facebook, con la regia di Rocco Casalino e i sottotitoli in italiano, per rassicurare i cittadini sulle cose fatte nei primi due mesi di «governo del cambiamento» e rinsaldare le promesse elettorali in vista della ripresa autunnale, quando il governo dovrà affrontare «da settembre sfide cruciali per rilanciare il Paese». Istituzionale e un filo impacciato, il presidente del Consiglio conclude con un «buone e meritate vacanze» ed esordisce con una premessa zeppa di considerazioni generali, in un linguaggio che intona gli accordi di base del populismo italico. «Questo non è un governo distante che vi guarda dall’ alto verso il basso», è un governo che «ascolta i bisogni dei cittadini e mette al centro i loro interessi». E ancora: «Stiamo iniziando a cambiare il Paese», o «L’ Italia ha riacquistato credibilità internazionale». Dopo lo spot sulle buone intenzioni della maggioranza, il riepilogo delle prime mosse. Politica estera: «L’ Italia si è presentata a testa alta senza chiedere favori o concessioni». Migranti: «Per la prima volta anche altri Paesi europei hanno aperto i loro porti» e «gli sbarchi sono diminuiti di oltre l’ 85%, un fatto storico». E poi il decreto per il terremoto, il provvedimento per le spiagge, lo stop al «bavaglio» delle intercettazioni, la correzione del Codice del Terzo settore. Conte rivendica l’ immissione in ruolo di quasi 58 mila tra docenti e personale amministrativo della scuola e la decisione di lasciare a terra l’ Airbus di Stato («uno spreco») voluto da Matteo Renzi. Dimentica Tav, Tap, legge Fornero e polemiche sui vaccini, però annuncia «riforme fondamentali per la crescita e lo sviluppo sociale». Si parte dal Codice degli appalti e si arriva all’ accelerazione del sistema della giustizia, passando per la lotta contro la povertà assoluta e una manovra economica «seria, rigorosa, coraggiosa». Flat tax e reddito di cittadinanza? Le due «rivoluzioni» annunciate che stanno più a cuore agli elettori gialloverdi rientrano nella serie di «riforme strutturali fondamentali», anche se Conte definisce genericamente riforma fiscale il cavallo di battaglia di Salvini. E chissà se il vicepremier avrà gradito anche che nel video il presidente abbia dedicato uno spazio privilegiato all’ approvazione del decreto Di Maio sul lavoro, scegliendo «dignità» come una parola chiave. Nell’ asettico messaggio, registrato con due giorni di anticipo e seguito in diretta da appena diecimila internauti, corrono le immagini delle missioni che hanno scandito i primi sessanta giorni di Conte premier. E intanto, i social media editor reclutati da Casalino lanciano sul web solo i messaggi dei simpatizzanti. Evidente lo sforzo del premier e del suo staff nel dosare le parole e le immagini senza favorire uno dei due partiti, ma l’ impressione è che il risultato del video governativo sia più in sintonia con l’ elettorato M5S che con quello della Lega. Lo confermano indirettamente le critiche furenti di Forza Italia, che ironizza sull’ impegno del premier a riportare la parola dignità al centro dell’ azione di governo. «Arroganza e inutili spot rimangono la cifra di un governo incapace in cui la Lega faticherà a rimanere a lungo», avverte il portavoce azzurro Giorgio Mulé. Altrettanto sferzanti i commenti che i renziani del Pd affidano alla Rete. «Un’ imbarazzante comparsata da bravo presentatore» è il giudizio del capogruppo al Senato Andrea Marcucci, che nel video non ha trovato «una parola sull’ avanzata dello spread, sul blocco della Tav, sulle farneticanti decisioni sui vaccini, sulle incongruenze del decreto disoccupazione». A Palazzo Chigi, però, sono soddisfatti, anche perché ieri sera alle nove le visualizzazioni erano quasi 300 mila.

Piattaforma con canale dedicato al portoghese

Corriere della Sera

link

Juventus Tv cambia «canale» e dalla piattaforma Sky finisce su Internet. La nuova offerta digitale on demand permette un accesso senza precedenti al mondo bianconero: nuovi acquisti, allenamenti, interviste esclusive a fine partita, gare storiche, oltre a un canale interamente dedicato a Cristiano Ronaldo. La piattaforma è ottimizzata per i dispositivi mobili ed è utilizzabile su smartphone attraverso l’ app dedicata.

I predoni del brand Salgari

Il Sole 24 Ore
Ernesto Ferrero
link

Che brutta commedia all’ italiana, la storia della fortuna di Emilio Salgari nel ventennio che coincide con quello del Fascismo. La ricostruisce in ogni minimo dettaglio, con pazienza amorevole, l’ italianista inglese Ann Lawson Lucas, già docente universitaria e traduttrice di Pinocchio, nel secondo dei quattro volumi di volumi di un’ opera poderosa, che mette a frutto ricerche capillari avviate sin dagli anni ’60. Indagini rese particolarmente ardue dalle colorite bugie autobiografiche dispensate dallo stesso autore (si spacciava per capitano di lungo corso e vantava avventurose navigazioni nei mari d’ Oriente, pur non essendosi spinto più in là di Brindisi), da una produzione torrenziale, da un ginepraio di edizioni presso editori diversi, ivi comprese quelle apparse sotto pseudonimo per sfuggire alle clausole di esclusiva. Senza contare la difficoltà di avere dati certi su tirature e vendite. Il volume ora in libreria copre gli anni dal 1916 al 1943, si muove a tutto campo tra cultura, editoria e politica, e getta getta una luce pressoché definitiva su un malcostume editoriale e una strumentalizzazione di regime che oscillano tra il grottesco, il cinismo e la più sfacciata impudenza («ridevole», la definì Gramsci). Una storia nemmeno sorprendente, come tante altre: perfettamente italiana. Già allora la politica era diventata un teatrino fatto di affermazioni assurde e schiamazzi scomposti e applauditissimi. Accade che, morto tragicamente Salgari nel 1911, dopo la pausa degli anni di guerra, quando c’ era altro cui pensare, le ristampe dei titoli più fortunati ricominciano a correre, e i figli, Nadir prima, Omar poi, arrivati alla maggiore età mettono a frutto l’ eredità paterna creando una piccola industria del falso con la complicità degli editori (escluso il solo Vallardi) e l’ aiuto di ghost-writers: in parte amici di famiglia, come il professor Renzo Chiosso, in parte estimatori ed epigoni, come Luigi Motta e più tardi Giovanni Bertinetti (per ben quindici titoli). Troppo forte è il brand Salgari per non approfittarne. Non saranno certo i giovani lettori a sottilizzare. Chiedono soltanto di continuare a “farsi” con il loro amatissimo autore, sordi alle deprecazioni di genitori e insegnanti. L’ escamotage iniziale è semplice: gli eredi offrono all’ ultimo e più autorevole degli editori del padre, Bemporad, ben 36 “trame” che dicono di aver ritrovato tra le carte dello scrittore. Basta affidarle a dei bravi compilatori affinché le sviluppino. La florida contraffazione prosegue indisturbata negli anni: dal 1921 al 1960 saranno ben quaranta i romanzi attribuiti in tutto o in parte al defunto, ma nessuno se ne stupisce. A lui si può far tutto, in vita e in morte. Le opere “postume” escono con la firma del solo Salgari, o al massimo firmate a quattro mani con Luigi Motta, «che gli fu intimo». Non solo: Chiosso confeziona un volume autobiografico, Le mie memorie, su cui Bemporad esita, ma non Mondadori, che lo pubblica nel 1928. Lì sono riprese e amplificate le frottole già propalate dall’ Emilio e dai figli: le avventure nei mari malesi, l’ incontro con il vero Sandokan, l’ idillio con miss Eva Stevenson che poi spira tra le sue braccia… La leggenda del Salgari viaggiatore che raccontava esperienze vissute sopravviverà a lungo, e sarà raccolta persino da Luigi Russo (in un volume del 1923 dedicato ai narratori italiani) o dalla voce dell’ Enciclopedia italiana redatta da Guido Mazzoni nel 1936. L’ anno-chiave è il 1928, quando Antonio Beltramelli (1879-1930), romagnolo, già biografo di Mussolini e amico di Mondadori, poi accademico d’ Italia, segretario generale del sindacato autori, scrittori, musicisti, pittori, scultori, vara un “settimanale di battaglia”, Il Raduno, nel cui comitato di condirezione siede anche Bontempelli. Beltramelli, già autore Bemporad, per puri motivi di astio personale verso il suo editore scatena il periodico in una serie di denunce sempre più aggressive e deliranti, già tinte di antisemitismo. La premessa è che Salgari è «uno dei più importanti artisti italiani», perché nessuno, nemmeno D’ Annunzio, «ha lasciato un solco così profondo nell’ anima nazionale». Ha destato una gioventù che senza di lui sarebbe rimasta «schiava e tremebonda». Era lui il nostro «precettore vero, il nostro salvatore, il contravveleno». Salgari aveva addirittura preparato a combattere i soldati italiani nel segno di Sandokan e Yanez. Egli è dunque «il primo, il tacito e sicuro alleato di Benito Mussolini», «umile forgiatore di coscienze, precursore sepolto»: il prefascista per eccellenza. Eppure quel grande è morto «suicida per miseria», gli editori strozzini (leggi Bemporad, «vampiro dall’ avidità inumana» che ha guadagnato milioni a fronte di compensi irrisori) sono stati i suoi «effettivi assassini». Senza uno straccio di prova, si chiede a gran voce di espropriare gli editori e fare un’ edizione nazionale delle Opere a beneficio degli eredi e dell’ Opera Balilla. Aderiscono Bottai, ministro delle Corporazioni, e Fedele, della Pubblica Istruzione. Come spesso accade, chi desidera acquistare benemerenze con il regime si dimostra più realista del re. Il dibattito approda alla Camera, viene istituita una Commissione, che ristabilisce rapidamente la verità: Bemporad si è comportato correttamente dal punto di vista contrattuale, il suicidio non si deve al cattivo trattamento economico. E poi l’ onore dell’ edizione nazionale è un po’ troppo. Margherita Sarfatti, biografa e amante di Mussolini, scrive un po’ irritata che lo scrittore non è affatto un precursore: è anzi un antifascista, perché esalta la rivolta, l’ indisciplina, la disobbedienza alle autorità. Il caso si spegne, Il Raduno a luglio collassa miseramente, ma il clamore che il caso ha suscitato si rivela una straordinaria occasione promozionale. Gli editori , Sonzogno in testa, sono lesti a moltiplicare le ristampe e la pubblicazione di nuovi titoli rigorosamente falsi, ben quindici in tre anni. L’ annessione al fascismo continua imperterrita. Lucio d’ Ambra, potente accademico d’ Italia, definisce Salgari «il profeta di quella vita fascista degli Italiani nuovi che Mussolini doveva definire con un avverbio: “Vivere pericolosamente”Quindi Emilio Salgari è uomo d’ oggi». Propone lapidi e monumenti, gli vuole intitolare una nave da guerra e attribuire il titolo di Capitano di lungo corso alla memoria. L’ ultima fiammata propagandistica va dal 1938 al 1941. È tutta in chiave anti-inglese, e utilizza il cinema per incitare alle virtù guerriere. Mentre Omar continua a inventare allegramente in Mio padre Salgari (1938, ristampato ancora nel 1965), Massimo Girotti interpreta Tremal-Naik, Clara Calamai veste i panni di Ada, Luigi Pavese è un Sandokan un po’ anzianotto e corpulento, ma che importa. È il 1941, escono tre pellicole esagitate. Il vecchio “poeta dell’ ardimento” è costretto a ruggire a Cinecittà. Truffatori e truffati, complici felici, corrono insieme verso il baratro. © RIPRODUZIONE RISERVATA II. FASCISMO. 1916-1943. LO SFRUTTAMENTO PERSONALE E POLITICO Emilio Salgari Ann Lawson Lucas Olschki, Firenze, pagg. 504, 35.

La serie piace ma chiude scoppia la rivolta dei fan

Il Messaggero
VIVIANA MUSUMECI
link

IL CASO È la cronaca di una chiusura annunciata, quella di Tutto può succedere 3 che non vedrà, come ormai è noto, la quarta stagione. Ma al pubblico che l’ ha seguita per tre anni, vedendo crescere i personaggi che sono diventati, ormai, di casa, è rimasto l’ amaro in bocca perchè questa fiction è riuscita ad accalappiare, oltre alla classica audience nazional popolare che ama il genere del dramedy focalizzato sulla famiglia italiana, anche quello dei laureati professionisti, che spesso preferisce guardare altrove e intrattenersi con le fiction su canali a pagamento come Sky o piattaforme come Netflix. E riuscire ad arrivare a questo pubblico ha un che di eroico, soprattutto nel periodo estivo, quando, in generale, la gente preferisce stare fuori casa piuttosto che sprofondare in una appiccicosa poltrona davanti alla televisione. IL SALUTO Eppure la media dei 2.500.000/3.000.000 di utenti a puntata non è stata sufficiente alla Rai per pensare di produrre anche una quarta stagione. Tutto può succedere 3 ha salutato il pubblico di RaiUno lo scorso 6 agosto con un seguito di 2.716.000 telespettatori e il 15,7% di share. Questo ha fatto sì che i fan della serie prodotta da Cattleya, alla conferma di non dare seguito alla fiction, si siano fatti sentire: nell’ era della democrazia digitale, sul sito Change.org, la piattaforma internazionale on-line gratuita di campagne sociali, quasi 6000 firmatari della petizione (al momento in cui si scrive, ma il numero è destinato ad aumentare n.d.r.) hanno reclamato a gran voce il ritorno nella prossima stagione della serie con nuove storie e puntate perché ciò che appare eclatante è che non si possano paragonare i dati di una programmazione invernale con quelli estivi soprattutto quando la controprogrammazione si caratterizza per colossi come il fenomeno di Temptation Island o con il grande amore degli italiani, ovvero le partite di calcio che quest’ anno si sono disputate ai Mondiali di Russia. E se il regista Lucio Pellegrini, a La Verità aveva dichiarato che fin dall’ inizio erano state programmate tre stagioni, questo non implica che qualche speranza di riproporre una ulteriore stagione avesse acceso le fantasie di attori e della produzione stessa. LA NOTA Del resto la stessa direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta si è dichiarata entusiasta dei risultati conseguiti e in una nota per la stampa ha dichiarato il giorno dopo alla messa in onda: «Sono tanti i motivi di soddisfazione. La riuscita anzitutto della sfida estiva e cioè il fatto di aver proposto un prodotto di qualità e inedito per arricchire l’ offerta della televisione pubblica per tutti gli spettatori che non sono in ferie. Ha pagato anche la scelta di aver anticipato la messa in onda con la presentazione in anteprima su Rai Play, un esperimento che indica prospettive interessanti per tutta la nostra offerta. Significativa la percentuale di spettatori nella fascia alta socio-culturale e in quella dei giovani». Ma questo, a quanto pare, non è stato sufficiente. Ed è forse anche per questa ragione che i fan si sono mossi. Tra questi anche la presentatrice Rita Dalla Chiesa che su Twitter ha ribadito: «Gli attori, tutti, nessuno escluso, sono stati bravissimi. Non ho mai avuto la percezione del raccomandato/a di turno. Sbagliano a non riproporla. E’ chiaro che se la metti d’ estate gli ascolti calano un po’». Insomma, è assai probabile che la Rai non ritorni sui propri passi: se lo facesse, comunque, avrebbe uno zoccolo duro di aficionados della famiglia Ferraro su cui contare. Nella guerra degli ascolti con competitors forti come gli attori in gioco, tenerne conto, potrebbe essere una scelta strategica. Viviana Musumeci © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L’ autunno caldo delle librerie

La Repubblica
CLAUDIA MORGOGLIONE
link

Dall’ attesa per “The Game” di Baricco al nuovo Wilbur Smith: ecco gli altri titoli in uscita di Claudia Morgoglione Parole d’ ordine: un colpo al cerchio, uno alla botte. Scommettendo da un lato su talenti ancora da scoprire, spesso esordienti. E puntando dall’ altro su autori molto amati e molto premiati. L’ autunno caldo del romanzo, la pioggia di uscite di fine agosto, settembre e ottobre, si presenta così. Con un’ anima divisa in due. In una grande varietà di temi e stili: saghe familiari, memoir, affreschi sociali, non fiction, saggistica di tipo narrativo, in un contesto geografico che, al di là del solito asse Europa-America, punta verso Oriente. Cominciamo dall’ offerta internazionale, con la sfida tra cavalli di razza delle scuderie ” cugine” Mondadori ed Einaudi. L’ ammiraglia del gruppo schiera Dave Eggers con Il guru del caffè, viaggio di ritorno (vero) di uno yemenita nato in America; il Pulitzer Jeffrey Eugenides con Una cosa sull’ amore, racconti con personaggi emblematici dei nostri anni; la Pulitzer e vincitrice di National Book Award Annie Proulx con Pelle di corteccia, ambientato in un Seicento avventuroso; il francese Pierre Lemaitre, classico mix alta qualità e alte vendite, con la seconda parte della Trilogia del Novecento, I colori dell’ incendio. Lo Struzzo contrattacca con il grande Julian Barnes ( L’ unica storia, sulla relazione scandalosa tra un diciannovenne e una signora sposata dell’ età di sua madre); il Nobel Patrick Modiano ( Ricordi dormienti, in cui ritroviamo i temi della memoria a lui cari); Murakami con la prima parte del suo L’ assassinio del commendatore; e soprattutto con Perché scrivere, che raccoglie i saggi letterari (alcuni inediti) di Philip Roth. Ma i concorrenti non stanno a guardare. La nave di Teseo risponde, tra gli altri, con Tahar Ben Jelloun ( La punizione, testimonianza durissima di vita sotto i regimi); Bompiani col Booker prize Richard Flanagan ( Prima persona, il curioso caso di un ghostwriter alle prese con un truffatore); Feltrinelli con l’ egiziano Ala al Aswani ( Sono corso verso il Nilo, ambientato il primo giorno della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011). Tante le storie dalla parte di lei: come Donne che parlano di Miriam Toews (Marcos y Marcos); il caso editoriale Asimmetria di Lisa Halliday (Feltrinelli), diventato simbolo del # MeToo; il made in Japan de La ragazza del convenience store di Murata Sayaka (e/o). Da scoprire le americane Jennifer Haigh, con un titolo che è già un programma ( L’ America sottosopra, Bollati Boringhieri); Elizabeth McKenzie con L’ amore al tempo degli scoiattoli (Marsilio), tra qualità e divertimento; Paula McLain sulle passioni di Ernest Hemingway ( Amore e rovina, Neri Pozza). In ambito maschile, escono Philippe Besson per Guanda ( Non mentirmi, un travagliato legame gay anni Ottanta) e Jan Brokken con la biofiction dell’ avventuriero Jungle Rudy (Iperborea). Dal resto del mondo all’ Italia, grande attesa per The Game (Einaudi), la rivoluzione tecnologica esplorata, a modo suo, da Alessandro Baricco; per il ritorno di Raffaele La Capria, novantacinque anni, con i suoi incontri letterari novecenteschi ( Il fallimento della consapevolezza, Mondadori); per il Walter Siti di Bontà (Einaudi Stile Libero), su un uomo ormai anziano diviso tra editoria e ossessioni private; per l’ Antonio Scurati di M. Il figlio del secolo (Bompiani, un viaggio nel fascismo); per il nuovo Wu Ming (Einaudi Stile Libero) sulla rivoluzione russa, Proletkult. E poi gli eterni bestselleristi: Maurizio De Giovanni con due uscite, per Einaudi Sinfonia per i bastardi di Pizzofalcone, per Sellerio Dodici rose a settembre, con protagonista femminile; Francesco Recami che riprende i suoi gialli “condominiali” ne Il diario segreto del cuore (ancora Sellerio); Andrea Vitali con Gli ultimi passi del sindacone (Garzanti). Tra le conferme Nadia Terranova, che in Addio fantasmi (Einaudi Stile Libero) si confronta con la memoria del padre; e Paola Mastrocola, che con Leone (Einaudi) non tradisce le aspettative. Tra le scommesse di Mondadori c’ è Benedetta Cibrario con il romanzo storico ottocentesco Il rumore del mondo; Rizzoli punta invece sull’ intimista La distanza tra me e il ciliegio di Paola Peretti, già venduto bene all’ estero. Però i veri dominatori, anche a ombrelloni chiusi, sono thriller e noir. In ogni salsa. Francese dark: Guillaume Musso, La ragazza e la notte (La nave di Teseo). Storica-action: Jeffrey Archer, I peccati del padre (HarperCollins). Storico- spionistica: gli spagnoli Arturo Pérez-Reverte ( L’ ultima carta è la morte, Rizzoli) e Edoardo Mendoza ( Città sospesa, DeA Planeta), il sudafricano Wilbur Smith ( Grido di guerra, Longanesi). Adrenalinica: Jeffery Deaver, Il taglio di Dio (Rizzoli). Poliziesca losangelina: L’ ultimo giro della notte (Piemme), in cui Michael Connelly ci fa conoscere una nuova detective. Brit-poliziesca: Angela Marsons, Una morte perfetta (Newton Compton). Dai delitti all’ eros, Lisa Hilton chiude la sua trilogia hot con Ultima (Longanesi). Nel fantasy, invece, Mondadori lancia Il fantasma di Eymerich di Valerio Evangelisti e Miti del Nord di Neil Gaiman, un tuffo nel mondo di Thor. Da tenere d’ occhio la distopia attualissima di Infomocracy dell’ americana Malka Older (Frassinelli). E per chiudere in bellezza, i classici. Quelli che non stancano mai. Molti gli Adelphi: ad esempio Georges Simenon (la raccolta Il morto piovuto dal cielo) e Irène Némirovsky ( Il signore delle anime). Ma c’ è anche Fazi con Cambio di rotta di Elizabeth Jane Howard: imperdibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L'articolo Rassegna Stampa del 12/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 13/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

C’ E’ VITA OLTRE LA RAI

DIAMO I NUMERI

“Dalla Rai al Tg4 la mia tv antipopulista nell’ era dei tg gialloverdi”

C’ E’ VITA OLTRE LA RAI

Il Foglio
STEFANO CINGOLANI
link

pronuncia perfetta. “Ecco, poi vedremo come recita”. Il confronto è davvero arduo, con mostri sacri del calibro di Dustin Hoffman. La società di produzione è nata da un uomo che ha in gran parte costruito la Rai così come la conosciamo, Ettore Bernabei il quale, arrivato alla pensione, nel 1992 fece una scommessa: tradurre in immagini il libro più letto al mondo, cioè la Bibbia; tutta, il Vecchio e il Nuovo Testamento, non singole parti come aveva fatto John Huston. Un’ idea semplice e di grande successo: 21 film venduti in 140 paesi. La Lux Vide è presieduta da Matilde Bernabei e gestita da suo fratello Luca. Dal 2000 produce per Rai1 una serie come “Don Matteo” che si rigenera a ogni stagione (ne è stata annunciata già una dodicesima). “Lavo riamo in base ai target. Conquistiamo pubblico nuovo con nuove linee narrative, per esempio abbiamo attratto molta audience anche tra giovani”, spiega l’ am ministratore delegato. “I Medici”, lanciata due anni fa, ha fatto compiere il salto dalla coproduzione vecchio stile a una vera integrazione internazionale. Netflix la distribuisce nel mondo americano e in India, anche se nasce e rivive, puntata dopo puntata, in via Settembrini nel quartiere Prati, a duecento metri dalla direzione Rai. Non c’ era bisogno di Netflix per introdurre i serial di gran successo (pensiamo solo ai “Sopra nos” di Hbo), ma l’ azienda californiana ha cam biato il paradigma, facendo compiere un salto all’ intero mondo dell’ intrattenimento. E’ qui, dunque, il futuro della televisione? Calma, non arriviamo a facili conclusioni. Il cammino è lungo, molte e diverse sono le caselle da riempire. Una sola cosa appare chiara: è in corso una metamorfosi profonda e dal bozzolo uscirà un essere ibrido, oggi come oggi difficile definire. Tante volte hanno intonato il de profundis per quel decodificatore di impulsi che ha cambiato l’ esistenza di almeno due generazioni. La televisione, però, ha molte vite, forse ancor più di sette; adesso sta attraversando soltanto la sua sesta esistenza: dalla macchina dello scozzese John Logie Baird nel 1928 siamo passati al tubo catodico, la diretta dalla Luna ha segnato una svolta davvero spaziale, poi il colore, il satellite, la rivoluzione digitale e internet. Ogni nuova tecnologia ha spiazzato quella precedente, ma non l’ ha seppellita. La tv doveva cancellare il cinema e il teatro, non parliamo delle videocassette; i cd avrebbero dovuto far sparire i concerti, non parliamo del personal computer o dello smartphone. Poi è arrivata la centralità della rete internet, cresciuta quasi in sordina nei primi anni 90, esplosa a cavallo del nuovo secolo e, dopo aver attraversato una crisi come sempre accade nelle innovazioni distruttive, è diventata così centrale da segnare l’ epoca in cui ci è dato di vivere. Gli effetti dirompenti sono evidenti, tuttavia le due grandi I, Informazione e Intrattenimento, rappresentano ancor oggi i pilastri che reggono l’ intero tempio televisivo. Film, canzoni, concerti, opere liriche, partite di calcio allo stadio, stanno ancora tutte lì. Nulla ha sostituito l’ in formazione in diretta, comunque e dovunque la si riceva, su un orologio da polso come su un maxi schermo al Circo Massimo. Sembra un elogio del tempo perduto, il ragionamento di una generazione ormai passata. Invece, è esattamente il contrario: mentre il boom dei social media comincia a stancare anche gli investitori di Wall Street, la più grande “guerra di mercato” si combatte per controllare proprio il magico mondo delle due I. Stiamo assistendo a una contaminazione tra tv e internet che si svolge in forme parzialmente inattese. Il primo movimento, cioè come la rete ha trasformato il modo di usufruire la televisione è già molto evidente; il secondo movimento, ovvero lo sbarco della tv nella rete, sta già nelle cronache, ma quel che appare più nuovo e forse dirompente è il terzo passaggio, cioè la forza di attrazione della tv che sta già cambiando la stessa internet. “Tutti possono farsi un video, comporre una canzone, lanciare messaggi che possono essere visti da milioni e milioni di persone – dice Darren Childs – YouTube è una piattaforma aperta sulla quale chiunque può piazzare il suo canale tv, ma, siamo chiari, nessuno nella sua camera da letto può filmare nemmeno un episodio di ‘Do wnton Abbey'” (prodotta dalla Itv, rete privata britannica, e dalla Pbs, l’ unica televisione pubblica americana). Yahoo, Google, Amazon, Apple, YouTube dopo aver spacciato l’ illusione che tutti possano essere Steven Spielberg o Walter Lippman, spendono miliardi per cercare e assumere i nuovi Spielberg e Lippman. Dopo aver venduto a un pubblico in parte ignaro in parte credulone un’ utopia, adesso diventano più realisti del re.Netflix è una bolla finanziaria? Se lo chiede anchel’Economist che pure gli ha dedicato una simpateticastoria di copertina. Con un abbonamento medio di 10dollari, quest’anno, aggiungendo i nuovi abbonati, potràincassare al massimo 14 miliardi, ma deve spendere,secondo le stime di Goldman Sachs che si basa suiprogetti messi in cantiere, almeno 22 miliardi l’anno diqui al 2022. Oggi come oggi i debiti ammontano a 8,5miliardi di dollari. E sono destinati a impennarsi.Jon Thoday, fondatore di Avalon Entertainment, èmolto netto: Il problema di Netflix è che il suo modellocompra-subito paghi-dopo dipende da una crescitasempre più veloce dei suoi debiti, che salgono in modoesponenziale. Il rischio, dunque, è diventare vittimadel proprio successo. Gli studios si sono svegliati e legrandi catene generaliste hanno cominciato a sfornareprodotti competitivi e non vedo come Netflix possacontinuare a crescere se non fa sempre di più o non siassicura la maggior parte dei prodotti sul mercato. Larelativa tranquillità di Mediaset si basa anche sullaconvinzione che Netflix, avvicinandosi al culmine dellapropria parabola, sarà costretta a entrare in unarete di relazioni più ampia. Il secondo trimestre dell’annoè stato deludente: la compagnia americana haaggiunto 4,47 milioni di clienti in tutto il mondo invecedei 5 milioni previsti. Il valore delle azioni, che eraraddoppiato lo scorso anno, è sceso del 14 per cento.Un crollo forse eccessivo, tuttavia riflette la debolezzadei fondamentali e la sensazione che il pallone si stiasgonfiando.Se è così, il progetto di Vivendi per una alleanza europeaanti Netflix è già invecchiato. Sono passati dueanni da quando Bolloré ha lanciato la sua scalata aMediaset. L’attacco è stato respinto da Silvio Berlusconi,dalla famiglia e dai fedelissimi di sempre, come FedeleConfalonieri, Gianni Letta e in particolare EnnioDoris, con il suo decisivo pacchetto di quasi il 3 percento. Quel matrimonio forse si poteva fare, ma certonon in quei modi. Le cose non vanno granché bene perCanalplus, la pay tv di Vivendi. E Bolloré sta contandole perdite dell’intera sua campagna italiana: per esempioha svalutato per circa mezzo miliardo di euro il suoinvestimento in Tim.Il vero campione europeo sarà probabilmenteSky. Rupert Murdoch con la Fox ha il 39 per cento evorrebbe anche il resto, ma la piattaforma televisivaeuropea fa gola anche a Comcast. D’altro canto, la stessaFox si è accordata con Disney per cedere gran partedelle attività legate all’intrattenimento, oltre che lastessa Sky News onde evitare problemi con l’antitrust.Su questi asset ha messo gli occhi anche Comcast, cheha provato a inserirsi nella trattativa tra lo Squalo eTopolino. Sky è il veicolo per conquistare il mercatoeuropeo, incrociando i ferri anche con Amazon chepreoccupa forse più di Netflix. Jeff Bezos ha una lineatradizionalista sul cinema e la distribuzione deisuoi film: la sala continua a giocare un ruolo importante;Amazon è persino più tradizionalista delle major,come Warner e Universal che cercano nel futuroun’abbreviazione della finestra distributiva, dal cinemaall’home video, sostiene Gianmaria Tammaro sullaStampa. Sky ha speso qualcosa come 9 miliardi didollari nella produzione di serie tv in Europa, ma preferisceil modello distributivo lineare, con un giornodi messa in onda precisa, pubblicità, una (o al massimodue) puntate a settimana. Il binge watching vedereuna serie per intero senza interruzioni, un episodiodopo l’altro è un fenomeno nato quasi in concomitanzacon Netflix che ne ha fatto la fortuna, almeno all’ini -zio. I canali via cavo di nicchia, come Hbo, Fx e le inglesiChannel4 e Itv, continuano a produrre serie semprepiù particolari e originali, che spesso trovano undistributore internazionale.La Lux Vide gestisce in autonomia i propri progetti,dall’ideazione alla post-produzione, seguendo il modellointrodotto dagli americani; ha sempre scelto tecnologieinnovative (è stata la prima a lavorare in digitale)e ha messo in cantiere produzioni orientate al pubblicointernazionale coltivando al tempo stesso le proprieradici. Luca Bernabei lo chiama ilMediterranean Drama, storie forti che ruotano attornoal nostro spazio storico e geopolitico, a partire daiMedici per arrivare a Devils, i diavoli, la serie sui latioscuri del mondo della finanza, prodotta per Sky, cheparte da Milano e si dirama a Londra e Francoforte;oppure a Costiera, lo spy-thriller in lavorazione traSorrento, Positano e Amalfi. La competizione sui contenutimette in gioco anche l’egemonia culturale, sostieneBernabei. Disney compra tutto, dai Marvel a Pixare ora Fox perché vuole recuperare quella egemoniasull’immaginario esercitata nel Dopoguerra. Appleoccuperà una fascia alta, più sofisticata, fa parte dellasua business culture. Amazon sarà il re della distribuzione,Jeff Bezos è il più grande mercante della nuovaèra. YouTube parte dal basso, ma salirà sempre più inalto. Il mondo internet, quello di cui si è nutrito il populismo,viene spinto in un’altra dimensione, quella dellaqualità, del prodotto sofisticato, costruito da talenticompetenti, finanziato in modo professionale. L’etàdell’innocenza, insomma, sta per finire.Stimolare il cinema italiano è l’obiettivo dichiaratodella Vision Distribution guidata da Nicola Maccanico,frutto dell’accordo tra il Gruppo Sky e cinque tra leprincipali società di produzione indipendenti: Cattleya,Indiana, Lucisano Media Group, Palomar, Wildside.Maccanico viene dalla Warner Bros e conosce benele sfide alle quali le major debbono rispondere. Occupareuna nicchia è un passaggio necessario, ma nonsufficiente. Per competere occorre ben altro potere difuoco e, soprattutto, bisogna avere alle spalle un sistema.Il cinema nazionale, spinto e finanziato dalla televisione,ha compiuto passi avanti in questi anni, e laquantità alla fine ha generato qualità. Tuttavia, l’uni -co modo di difendere il made in Italy, nel cinema comein ogni altra attività intellettuale o manuale, è fare cosebelle che piacciano al mondo, per citare lo storicoCarlo Maria Cipolla. Dunque, bisogna presidiare grandigruppi con disponibilità finanziarie e vaste capacitàoperative.Il settore radiotelevisivo italiano è piccolo fuori daiconfini. Nel complesso esprime ricavi di oltre 10 miliardidi euro (un decimo rispetto al totale europeo) eimpiega circa 90.000 addetti, di cui 27.500 diretti (elaborazioniCrtv su dati del 2016). Nonostante la crisi economica,ha mantenuto livelli occupazionali sostanzialmentestabili. Il rapporto R&S Mediobanca sottolineache il mercato è ancora estremamente concentrato: iprimi tre gruppi, Mediaset, Rai e Sky detengono, secondoi dati Agcom, il 90 per cento dei ricavi televisivi. Ilquinquennio 2012-2016 è stato terribile: nell’insieme ilsettore ha perso 1,3 miliardi di euro: 545 milioni Mediaset,454 la Rai, 325 La7 che ha sempre chiuso in rosso,sottolinea Mediobanca, 33 milioni Sky. Fa eccezioneDiscovery con più 23 milioni. Anche in Italia le retigeneraliste hanno perso ascolti (da 33,6 a 29,8 per Rai eda 28,6 a 24,9 per Mediaset) a favore di canali tematici,ma meno che in altri paesi e le quote di ascolto medierestano molto alte (ben oltre il 30 per cento sia per Raisia per Mediaset) che surclassano tutti gli altri (Sky 7,9,Discovery 6,7 e La7 3,7).L’Italia è un mercato meno chiuso di un tempo perchésono arrivati operatori stranieri come Sky, Discovery,Paramount e Netflix, la quale, però, opera da Amsterdamcon appena cinque addetti. I due principaligruppi europei, la Bbc con 5,8 miliardi di euro e la tedescaArd con 5,6 miliardi, hanno un giro d’affari doppiorispetto a Rai (2,8 miliardi) e Sky (2,7) mentre Mediasetraggiunge i 3,6 miliardi insieme alla consociataspagnola (il fatturato italiano è 2 miliardi e 636 milioni),superando France Télévisions (che incassa 3 miliardidi euro). Bbc e Rai sono finanziariamente le menosolide (con debiti pari rispettivamente al 288,6 percento e al 134,8 per cento del capitale netto ), la spagnolaRtve e France Télévisions invece sono in buona salute.La Rai investe meno della metà di France Télévisionse Bbc, ma più di Rtve. Il canone ha una funzionefondamentale. Quello italiano ha il valore unitario piùbasso e la Rai è la tv pubblica che vanta il primato degliindici d’ascolto: nel 2017 abbiamo pagato 90 euro a testae 74 sono rimasti alla Rai. In Francia il canone è di136 euro, nel Regno Unito di 169,9 e in Germania di215,8. Il basso canone unitario italiano è parzialmentecompensato dalla pubblicità, non presente sulle retiBbc e Rtve, e limitata per quantità e fasce orarie inFrancia e Germania.Nel mondo occidentale c’è una overdose di serie tv edi prodotti in genere, una vera e propria sovrapproduzioneche, se le leggi della economia valgono anche qui,produrrà un crollo e un ulteriore processo di concentrazione.L’Italia ha il vantaggio dello sviluppo tardivocome lo chiamava nel secolo scorso lo storico AlexanderGerschenkron, quindi può imparare dagli errorialtrui. Mediaset ha deciso di focalizzarsi sulla tv inchiaro e il successone della coppa del mondo di calcioha confermato la bontà della scelta. Ora lancerà la sfidaa La7 sull’informazione, cambiando in parte il palinsestodi Rete4 dove saranno concentrate anche molteproduzioni in proprio. Canale5 continua a investiresui reality show, su Italia1 ci sarà molta comicità. Firmatol’accordo con Mediapro sulla serie A, il Biscioneha lanciato una offerta pubblica di acquisto sul 60 percento di Ei towers che ancora non controlla, per toglieredal listino la società che possiede 3.300 ripetitoriassociando Fqi, il fondo strategico che fa capo alla Cassadepositi e prestiti. Quel che le manca, tuttavia, è unpartner estero. Vivendi aveva molto da offrire, ma comesi è visto voleva comandare lei. Mediaset guardaalla Francia, a Tf1 di Bouygues? O ai tedeschi di ProSiebenSat.1?O magari tornerà d’attualità l’alleanzacon Sky?La Rai resta un centauro enigmatico e mutevole, metàpubblico (pagato dai contribuenti) metà privato (pagatodalla pubblicità), ma non si capisce mai se pubblicaè la testa e privato il corpo o viceversa. Intanto, avvienela solita spartizione, più pasticciata che mai. Ivincitori prendono tutto, si dividono le spoglie, e il governogialloverde andato al potere contro la vecchiaclasse dirigente scopre anche qui di non avere unaclasse dirigente di ricambio. La scelta di Marcello Foacome presidente è un’altra provocazione politica inventatada Matteo Salvini che indebolisce la Rai rispettoai concorrenti. Il nuovo amministratore delegato inquota cinque stelle, Fabrizio Salini, è un professionistapreparato nel suo campo, viene dal mondo privato equesto di per sé è un bene: dietro le spalle ha la direzionede La7 di Urbano Cairo e questo solleva alcuniinterrogativi. Beppe Grillo, con il suo cinico tempismo,ha spiazzato anche i suoi fidi, intenti a occupare le poltrone,rilanciando il progetto di spacchettare la Rai eriportando in auge la legge Maccanico del 1997. Dunque,una rete generalista competitiva, una rete pubblicasenza pubblicità, e una terza rete in vendita? Secondol’allora ministro Antonio Maccanico doveva toccarea Rai2 mentre Mediaset avrebbe dovuto liberarsi diRetequattro. La legge Gasparri, con il passaggio al digitaleterrestre, ha rimescolato tutte le carte. Adessoqualcosa può cambiare di nuovo. In molti si candidanoal public service (e di conseguenza anche al canone).Non nasconde la sua ambizione La7, piccola, ma sostenuta dal primo quotidiano d’Italia, il Corriere della Sera, e soprattutto con molte benemerenze da vantare nei confronti dei pentastellati che ha contribuito a sdoganare come una forza di lotta e di governo. E perché solo Urbano Cairo? E’ in corsa Mediaset, come abbiamo visto; c’è Sky con le sue news H24 e le sue dirette istituzionali, altri sono pronti ad arrivare dall’esterno o a nascere in casa. Anche in Italia, dunque, il futuro è legato all’esito dello scontro di potere sulle due i, l’informazione e l’in – trattenimento. Aldo Grasso sottolinea che tra tecnologia e contenuto c’è una sfasatura, la tecnologia è corsa avanti, i contenuti inseguono, ma non c’è dubbio che la tv generalista resta più forte sulla fiction e il prodotto di qualità non si può fare su YouTube. La tecnologia consente alla gente di trovare i contenuti che vuole insiste Childs ma non può creare da se stessa i contenuti. C’è bisogno di grandi team creati attorno a una pietra miliare: il talento di scrivere e quello di recitare. Secondo un vecchio adagio di Hollywood, bisogna mettere i quattrini nelle parole e nella gente in grado di pronunciarle, il resto viene da sé. La gente richiede ancora alti standard e per questo la tv generalista continuerà ad avere un grande vantaggio. La televisione, dunque, vive la sua sesta vita. Ma come la trascorre? Oggi non esiste un solo percorso. Alla diversificazione della domanda corrisponde una offerta plurale. C’è la dimensione solipsistica di chi si fa il proprio video e se lo manda a un gruppo di amici, per lui è perfetto YouTube; c’è chi sceglie la sera di guardare un programma in intimità o con un piccolo gruppo di persone e per lui è perfetta la pay tv; ci sono poi i grandi eventi, le celebrazioni collettive e per questi nulla può sostituire la tv generalista. La natura dello sviluppo tecnologico attuale favorisce questa compresenza; il problema non è tanto prevedere quale sarà il paradigma dominante, ma come scegliere tra molti strumenti e modelli spesso in competizione tra loro. Questa fluidità disorienta spesso gli esperti. Julian Aquilina e Andrew McIntosh in un loro rapporto per Endersanalysis sul mercato britannico, uno dei più aperti alla concorrenza e alle innovazioni, notano la relativa stabilità nei trend delle piattaforme televisive; al contrario di quel che comunemente si pensa e non prevedono cambiamenti radicali a breve termine. La maggior parte delle famiglie britanniche, per esempio, si dichiara soddisfatto dell’assetto attuale. Dave Evans, futurologo e stratega di Cisco, è convinto, invece, che non abbiamo ancora visto niente. In dieci anni la tv sarà dappertutto: sul muro, in tasca, sul nostro polso, persino nella nostra testa. Le reti televisive dovranno creare prodotti sempre più personalizzati, ritagliati su preferenze individuali. La pubblicità stessa sarà spinta verso espedienti nuovi e sempre più vari. Lo spot diventerà parte integrante dello show, se un’at – trice indossa un certo abito, se un attore usa un certo gadget, o quant’altro, chi guarda potrà comprare quel prodotto via internet in tempo reale. Il tentativo di attrarre audience attraverso una gran varietà di scelte al margine, provocherà reazioni estreme spostando il confine di che cosa mostrare e rompendo remore o limiti morali. Si pensi solo alla possibilità di utilizzare attori virtuali, attraverso una ricomposizione di immagini di veri attori. Ciò rende dirompente la questione del copyright. La qualità costa, ci vuole lavoro, competenza, l’esperienza di una vita. La televisione ha certamente un futuro, ma deve vivere ancor più in simbiosi con internet, dice Dawn Ayrey che è passato dalla tv a Yahoo. Per Bruce Daisley, top manager di Twitter a Londra, proprio la natura aperta, pubblica e viva di Twitter ne fa il complemento perfetto della televisione. Consente di sapere facilmente cosa stanno vedendo i nostri amici, ma anche quel che guardano gli altri e diventa possibile discutere attorno a un evento, a uno show, a un film. Il Nielsen Twitter Tv rating è la fonte definitiva per capire l’impatto sociale di una trasmissione televisiva. In Europa ha scelto l’Italia per debuttare 4 anni fa perché, secondo l’amministratore delegato italiano Giovanni Fantasia, gli italiani amano la tv, ma sono anche grandi utilizzatori di social network. Basti pensare che al piccolo schermo ogni giorno dedicano una media di 4 ore di visione e che è pari al 94 per cento la penetrazione dei social network sugli utilizzatori di internet via mobile. Tra i due mezzi c’è una corrispondenza biunivoca, più tweets più ratings, insiste Daisley. I gruppi televisivi hanno investito in contenuti, le aziende online hanno investito nelle tecnologie più potenti e stanno cambiando pelle. Yahoo prima era un catalogo e un motore di ricerca, adesso è diventato il maggiore editore sul web. Google ha il più ampio parco dati del mondo e sta provando a fare una televisione. La sfida è destinata a cambiare sfidati e sfidanti. E viene in primo piano la questione di fondo: che uso fare di quei dati; sono senza dubbio uno strumento per monetizzare i contenuti, ma la peculiare capacità umana di connetterli sarà mai rimpiazzata da un algoritmo? La domanda è destinata a restare in sospeso, forse la risposta verrà trovata nella prossima vita della tv. Stefano Cingolani dopo tanto girovagare per giornali (l’ Unità, Il Mondo, Corriere della Sera, Il Riformista) e città (Milano, New York, Parigi), ha trovato al Foglio il rifugio agognato. Ha scritto “Le grandi famiglie del capitalismo italiano” e “Guerre di mercato”.

DIAMO I NUMERI

Il Foglio

link

9,5 miliardi In euro, i ricavi aggregati nel 2016 dei cinque principali gruppi televisivi italiani, comprese le attività oltre confine (in aumento del 6,8 per cento sul 2015). Nel complesso, il settore radiotelevisivo italiano esprime ricavi per oltre 10 miliardi di euro, pari allo 0,5 per cento del pil nazionale (fonte rapporto R&S Mediobanca). 1,3 miliardi Il valore delle perdite nei ricavi televisivi in Italia nel quinquennio 2012-16. 3,6 miliardi Il fatturato di Mediaset nel 2016 considerata anche la consociata spagnola (il gruppo di Cologno Monzese realizza quasi un terzo dei suoi ricavi all’ estero). Con questa cifra Mediaset risulta primo gruppo italiano per fatturato totale. Al secondo posto la Rai, al terzo Sky Italia (2,77 miliardi). 2,78 miliardi Il giro d’ affari della Rai nel 2016 secondo il rapporto di R&S Mediobanca. Tra le tv pubbliche, la Rai è al quarto posto dopo Bbc (5,8 miliardi), Ard (5,6), France Télévisions (3). 2.443,9 I ricavi della Rai nel 2017, in calo di oltre 183 milioni rispetto all’ anno precedente. Ricavi pubblicitari pari a 647 milioni di euro (in calo rispetto al 2016). Ricavi da canone di circa 1,8 miliardi, con un decremento di 133 milioni sul 2016, dovuto alla riduzione dell’ importo unitario rispetto all’ esercizio precedente (da 100 a 90 euro). 400 euro Il canone tv in Svizzera, il più caro d’ Europa. In Francia il canone è di 136 euro, nel Regno Unito di 169,9, in Germania di 215,8. Il canone italiano è quello con il valore unitario più basso. 164 milioni Di tanto sono calati i costi per la Rai nel 2017. In diminuzione anche il costo del personale: da 928,2 a 888,7 milioni di euro. 14,3 milioni L’ utile con cui il bilancio consolidato del gruppo Rai 134,8 per cento L’ indebitamento della Rai rispetto al capitale netto. L’ indebitamento netto è comunque migliorato di circa 112 milioni di euro nel 2017 sul 2016. I debiti della Bbc sono pari al 288,6 per cento del capitale netto. 99,4 miliardi In euro, il giro d’ affari della televisione in Europa nel 2016 (fonte ItMedia Consulting, dall’ ultimo rapporto di R&S Mediobanca). 126 I prodotti originali di Netflix nel 2016. L’ azienda, nata in California nel 1997, fino al 2008 ha distribuito dvd e videogiochi via internet, poi ha avviato l’ attività di streaming on demand. Nel 2016 è arrivata a produrre in 21 paesi in lingua originale. 177 miliardi In dollari, la capitalizzazione complessiva che è arrivata a toccare Netflix all’ i n izio di luglio, superando la Disney di 20 miliardi, per diventare la società media con più valore al mondo. Il titolo è arrivato a crescere del 65 per cento quest’ anno. E’ c alato vistosamente a metà luglio (perdendo in una sola seduta, il 17, il 13 per cento) dopo che il gruppo ha diffuso i dati sul secondo trimestre, con 670.000 nuovi iscritti alla piattaforma negli Stati Uniti e 4,47 milioni nel resto del mondo. Gli analisti se ne aspettavano 1,23 milioni negli Stati Uniti e 5,11 milioni nel resto del mondo. 13 Gli anni, dal gennaio 1961 al settembre 1974, di Ettore Bernabei (1921-2016) alla direzione generale della Rai. Tra i programmi di quel periodo, “Tv7”, “Odissea”, la serie “Atti degli apostoli” con la regia di Roberto Rossellini, “Gesù di Nazaret” d iretto da Franco Zeffirelli. 1992 L’ anno in cui Bernabei, lasciata la Rai e dopo diciassette anni alla dirigenza di Italstat, fonda la Lux Vide, società di produzione televisiva. Dopo poco tempo la fama e il successo internazionali grazie al progetto “Bibbia”: 21 prime serate tv prodotte fra il 1994 e il 2002 per Rai Uno, vendute in 140 paesi.

“Dalla Rai al Tg4 la mia tv antipopulista nell’ era dei tg gialloverdi”

La Repubblica
CONCETTO VECCHIO
link

ROMA Gerardo Greco, nel momento in cui la Rai diventa sovranista e il centrodestra si spacca, lei va a dirigere il Tg4 per farne una rete antipopulista. È un caso? «L’ idea è di tornare al racconto, facendone una rete narrativa. Raccontare la politica attraverso la società, e non più attraverso le piazze. È quello che un tempo faceva la Rai, prima di cedere questo spazio a La7». Come cambierà la rete? «La rivoluzione sarà avere ogni sera una trasmissione diversa in prima serata, con un grande sforzo di autoproduzione: Nicola Porro il lunedì, Roberto Giacobbo il martedì, Piero Chiambretti il mercoledì, io il giovedì, Gianluigi Nuzzi venerdì. E dalle 20,30 alle 21,25 ci sarà la striscia quotidiana di Barbara Palombelli». Per fare concorrenza alla Gruber? «Il nostro bersaglio grosso sono La 7 e Rai3, anche se io il giovedì temo molto la concorrenza di Don Matteo su Rai1. Barbara è molto amata dal pubblico Mediaset, ha grande empatia, racconterà il fatto o il personaggio politico del giorno con uno o due ospiti in uno snodo orario diventato sempre più decisivo». Da Emilio Fede a Del Debbio ha un pubblico di destra, conservatore. Può funzionare il suo riposizionamento? «Bisogna puntare su un pubblico nuovo, mantenendo quello vecchio. Dopodiché anche io, facendo Agorà in maniera non ideologica, ho probabilmente ingrassato il populismo. Bisogna tornare alla realtà oggettiva dei fatti, non lasciarsi risucchiare dallo scontro élite-popolo». Anni fa lasciare la Rai sarebbe stato impensabile? «Infatti vengo visto come un marziano. Erano due anni che parlavo con Mediaset, e adesso sono maturate le condizioni per fare qualcosa di totalmente nuovo». Non teme la famiglia Berlusconi come “padrone”? «Per niente. Berlusconi è il mio editore, mi tranquillizza avere come riferimento figure come Confalonieri e Piersilvio Berlusconi». Che Rai lascia? «In crisi di identità. Molto indebolita dai continui cambiamenti dei direttori generali: ben quattro, Gubitosi, Dall’ Orto, Orfeo, Salini, da quando sono tornato dall’ America nel marzo 2013. Tony Hall è al comando della Bbc dall’ aprile 2013. Resta debole sul web, dove a fronte di una fortissima credibilità informativa dei suoi tg o gr, non riesce a diffondere questa forza sui social, che oggi determinano le fortune di una notizia». La Rai diventerà il megafono dei populisti? «La Rai ha una lunga tradizione governativa, è evidente che ora ci sarà anche una Rai salviniana. Bisogna vedere se manterranno gli equilibri decisi negli anni Ottanta: vedremo che fine farà il Tg3». Foa rimarrà presidente? «La mia impressione è che lo cambieranno». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è In Rai 26 anni Gerardo Greco, 52 anni, dal 10 agosto è il nuovo direttore del Tg4. Lascia la Rai dopo 26 anni, tredici dei quali trascorsi negli Usa come corrispondente. Ha condotto Agorà su Rai 3 dal marzo 2013, ed ha diretto il Giornale Radio Rai dal giugno 2017.

L'articolo Rassegna Stampa del 13/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 14/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

«Puntiamo sulle reti, dal gas ai telefoni Ecco i piani di F2i per le infrastrutture»

IN BREVE

Chessidice in viale dell’ Editoria

«Puntiamo sulle reti, dal gas ai telefoni Ecco i piani di F2i per le infrastrutture»

Corriere della Sera
FRANCESCA BASSO
link

Se un settore legato alle infrastrutture ha bisogno di consolidamento, lì troviamo in azione F2i, la società di gestione del risparmio guidata dall’ amministratore delegato Renato Ravanelli: «Un team italiano che investe in Italia risorse provenienti da investitori istituzionali, molti dei quali stranieri», spiega. L’ ultimo ambito è quello delle telecomunicazioni, dopo gli aeroporti, la rete gas, le infrastrutture tecnologiche, le autostrade, il servizio idrico, la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, solare e biomasse) e le infrastrutture sociali (assistenza socio-sanitaria). A metà luglio F2i, attraverso la controllata 2i Towers, ha annunciato un’ Opa da 1,6 miliardi di euro su Ei Towers, che partirà il 27 agosto per chiudersi il 5 ottobre. «Vogliamo creare il primo operatore italiano indipendente e leader nelle infrastrutture per il digitale terrestre e le telecomunicazioni, un settore strategico per l’ Italia». Riparte così il risiko sulle torri. Sempre a luglio Edizione (la holding della famiglia Benetton) ha preso il controllo del 29,9% della spagnola Cellnex e negli stessi giorni hanno visto un’ impennata le azioni di Rai Way, la società delle torri broadcast della Rai oggetto di un tentativo fallito di Opa da parte di Ei Tower nel 2015. Perché entrate anche nelle telecomunicazioni? «In realtà nelle telecomunicazioni ci siamo già con la piattaforma Irideos, attiva nei servizi a banda larga e di data center alle imprese. L’ operazione Ei Towers è diversa. Se l’ Opa andrà a buon fine, Mediaset cederà il controllo delle torri Ei Towers a F2i che gestirà l’ infrastruttura con criteri di mercato e indipendenza: in Ei Towers noi avremo il 60% mentre Mediaset il 40%, passando da azionista di controllo a secondo azionista. Sul tavolo ci sono 2.300 torri broadcasting e oltre mille per telefonia mobile distribuite su tutto il territorio nazionale. Anche in questa operazione F2i, che agisce con il Terzo Fondo, è stato catalizzatore di capitali nazionali ed esteri su piattaforme infrastrutturali a guida italiana». Qual è il vostro obiettivo? «Il settore si sta già muovendo, c’ è grande interesse per la telefonia mobile. Nascerà una rete di trasmissione neutrale, aperta, non verticalmente integrata, pronta a valutare in futuro aggregazioni. La nostra è una proposta significativa, il prezzo è 57 euro per azione, il 19% in più rispetto al valore degli ultimi sei mesi. Il nostro obiettivo è il delisting di Ei Towers, che permetterà la semplificazione degli assetti proprietari e una gestione più flessibile». Cosa succede se non raggiungerete la soglia del 90% che vi siete prefissati? «Potremo rinunciarvi e acquistare un quantitativo inferiore di azioni ma sufficiente per fondere Ei Towers in 2i Towers e raggiungere comunque il delisting». Quali sono i vantaggi di questa operazione? «Si separano le attività che erano verticalmente integrate perché i rilevanti investimenti in tecnologia chiamano attenzione sul core business. Nelle infrastrutture mettersi insieme, fare rete e realizzare economie di scala è fondamentale per essere competitivi. Questo vale per tutti i settori». Anche nell’ energia e nelle reti gas? «La frammentazione non favorisce mai efficienza e qualità del servizio. L’ obiettivo di F2i è mettere a rete le infrastrutture esistenti e svilupparle. I nostri investitori sono prevalentemente fondi pensione, assicurazioni, fondazioni bancarie, investitori di lungo termine che si fidano del team italiano e del sistema Paese». Dunque negli ultimi mesi, in coincidenza del nuovo governo, gli investitori esteri non hanno dato segni di preoccupazione? «Abbiamo ricevuto molte domande da parte degli investitori, vogliono capire cosa sta succedendo. Li abbiamo tranquillizzati spiegando che i fondamentali dell’ Italia sono solidi e che il debito elevato si contrappone alla ricchezza diffusa di famiglie e imprese. Certo, chi investe in infrastrutture ha bisogno di sapere che il Paese è stabile e soprattutto che non accadrà più quanto successo in passato quando per correggere gli incentivi troppo generosi concessi alle rinnovabili sono state fatte leggi retroattive. Confidiamo invece in nuove norme chiare che favoriscano gli investimenti a supporto dello sviluppo tecnologico». Vi state muovendo anche sull’ utility Ascopiave ma i Comuni non sembra l’ abbiano presa bene. «Non vogliamo fare alcuna forzatura e saremo rispettosi delle decisioni che si prenderanno a livello locale. È tuttavia anacronistico pensare che in un settore infrastrutturale ed energetico si possa ancora operare con una prospettiva solida se si è di piccole dimensioni. In tutti i principali Paesi europei le utility sono dei colossi. Il Veneto ha bisogno di un operatore regionale forte sia per dimensione degli asset gestiti che per che solidità finanziaria. F2i vuol favorire un processo di aggregazione a livello locale. L’ alternativa è che arrivino concorrenti esterni e sfruttino la debolezza altrui. Il rapporto di F2i con le amministrazioni locali è stato sempre di grande positività, come dimostra la nostra storia negli aeroporti di Milano, Torino, Napoli e Alghero. Siamo partner affidabili».

IN BREVE

Il Sole 24 Ore

link

Editoria Comunicazione Consob al Sole 24 Ore Ieri è stata notificata alla società Il Sole 24 Ore spa da parte di Consob la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’ adozione della misura di cui all’ art. 154-ter, comma 7 del D. Lgs. n. 58/98. Il predetto procedimento riguarda la rilevazione da parte di Consob di alcune criticità in relazione alle valutazioni effettuate in occasione del bilancio 2015 e, conseguentemente, nella successiva modalità di rilevazione di alcune correlate svalutazioni nel bilancio 2016 nonché, per effetto di quanto precede, nei dati comparativi del bilancio consolidato 2016 presentati nel bilancio consolidato al 31 dicembre 2017. In relazione a quanto sopra rappresentato la società si riserva di presentare alla Consob le proprie osservazioni. CARIGE Anselmi lasciò per Veneto Banca Il banchiere Beniamino Anselmi precisa che nel 2016 lasciò il cda di Banca Carige non per disaccordi con Vittorio Malacalza ma per assumere di li’ a poco la presidenza di Veneto Banca su indicazione del fondo Atlante.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Elliott, il fondo ha l’ 8% di Nielsen. L’ hedge fund guidato da Paul Singer detiene l’ 8% della società internazionale specializzata in ricerche di mercato nel settore televisivo. Il suo obiettivo è, secondo indiscrezioni di mercato, spingere la compagnia a mettersi in vendita, dopo che alcuni interessi sono stati già espressi. La partecipazione vale 640 milioni di dollari (561,6 mln di euro). Il titolo Nielsen è stato ritirato dalla borsa di New York nel 2006, poi reinserito nel 2011 e oggi ha una capitalizzazione di circa 8 miliardi di dollari (7 mld di euro). Elliot crede che Nielsen non sia in grado di tenere il passo delle sue dirette competitor, di fronte all’ evoluzione dei network di vendita e dei consumi di contenuti tv. Intanto, a fine anno, è stato già annunciato che l’ attuale ceo Mitch Barns rassegnerà le dimissioni. Le ricerche per il successore sono già state avviate. La Coppa di Lega inglese su Dazn. La Coppa di Lega inglese fa il suo debutto su Dazn, la piattaforma di sport in streaming live e on demand lanciata negli scorsi giorni in Italia. Dazn trasmetterà questa settimana in esclusiva tre partite, che saranno disponibili sia in modalità live che on demand. I primi due match, Leeds United-Bolton e Yeovil Town-Aston Villa, sono in programma oggi. Giovedì sarà invece la volta di Sunderland e Sheffield Wednesday. Conosciuta anche come Carabao Cup, la Coppa di Lega inglese è una delle tre competizioni principali del calcio d’ oltremanica, insieme alla Premier League e alla FA Cup, e vede al via tutte le 92 squadre che partecipano ai campionati professionistici inglesi. Dazn proporrà i migliori match della Coppa di Lega, così come la FA Cup. New York Post, tutto esaurito per la sovracopertina promozionale con Supreme. È il sogno di ogni editore: esaurire nelle prime ore del mattino tutte le copie disponibili in edicola del proprio quotidiano. Anche se i lettori non si sono precipitati a comprarle per le notizie stampate sopra. Così è successo ieri al quotidiano americano della News Corp, il 4° per importanza negli Stati Uniti, che per la prima volta ha fatto uscire la sua prima pagina avvolta in una sovracopertina pubblicitaria. L’ inserzionista era Supreme, marchio di abbigliamento giovanile che, graficamente, assomiglia pure alla testata del giornale. Sarà perché era la prima iniziativa del genere per il New York Post, sarà per l’ appealing di Supreme, alla fine le copie erano disponibili solo online al costo di 10-12 dollari (invece che l’ usuale 1 $ per l’ edizione del lunedì). Nove, la Supercoppa di Spagna al 4,63%. La finale di Supercoppa di Spagna, Barcellona-Siviglia (terminata 2-1), in onda su Nove domenica sera alle ore 22 ha totalizzato il 4,63% di share con 560 mila ascoltatori medi. Nove durante lo slot della partita è risultato sesto canale nazionale. Rai1, Viaggio nella Chiesa di Francesco. A Venezia, con la Biennale di Architettura, il dialogo tra fede, spiritualità ed arte. A Ginevra, in Svizzera, l’ affascinante storia di uno Stradivari del 1720 che diventerà «il violino della Pace». A Selinunte, tra i templi siciliani, le radici di religioni perdute. È dedicata al dialogo con la contemporaneità la puntata Speciale di Viaggio nella Chiesa di Francesco, il programma di Massimo Milone, regia di Nicola Vicenti, che Rai Vaticano propone, su Rai1, alle 00,30 di domani e, in replica su Rai Storia, il 19 agosto alle 12,30. Infinity celebra i 75 anni di Robert De Niro. L’ attore due volte premio Oscar spegne il 17 agosto 75 candeline, su Infinity una selezione di titoli con protagonista l’ attore: da Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese a L’ ombra del potere – The Good Shepard di cui De Niro è regista e protagonista insieme a Matt Damon e che ricostruisce la nascita della Cia. A settembre il primo ciak di Diavoli, la serie Sky Italia-Lux Vide. Sky Italia e Lux Vide hanno annunciato la serie originale Diavoli le cui riprese inizieranno a fine settembre con il primo ciak battuto a Londra. La serie in dieci episodi, basata sull’ omonimo best seller di Guido Maria Brera, è una storia di finanza, potere e disinganni e sarà co-finanziata e distribuita a livello internazionale da Sky Vision ed è realizzata in collaborazione con Orange Studio. Il cast avrà come protagonisti Patrick Dempsey (Grey’ s Anatomy), e Alessandro Borghi, apprezzato da pubblico e critica per le sue interpretazioni in Non essere cattivo, Suburra, Fortunata e The Place. Diavoli sarà ambientata nella sede londinese di una grande banca americana. Mondadori, acquistate 24.500 azioni proprie. Dal 6 al 10 agosto scorsi, tramite l’ intermediario Equita Sim, Mondadori ha acquistato sul mercato 24.500 azioni proprie a un prezzo medio unitario di 1,4326 euro, per un investimento complessivo di 35.098,5 euro. È quanto emerge da una nota della casa editrice di Segrate, che ricorda come gli acquisti siamo avvenuti nell’ ambito dell’ autorizzazione che il cda ha ottenuto nel corso dell’ ultima assemblea generale. Complessivamente, Mondadori detiene 1,071 milioni di azioni proprie, che corrispondono a una partecipazione dello 0,4096%.

L'articolo Rassegna Stampa del 14/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Rassegna Stampa del 15/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Calcio in tv. La triste sorte dei vecchi abbonati che non meritano gli sconti

Gli Angelucci fanno marcia indietro su Panorama

Tv8 cresce. Nove resta al palo

Chessidice in viale dell’ Editoria

Parigi, l’ edicola ora vende di più

Calcio in tv. La triste sorte dei vecchi abbonati che non meritano gli sconti

Il Fatto Quotidiano
PATRIZIA DE RUBERTIS
link

Da storica abbonata al cinema Sky ho deciso quest’ anno, in vista del Campionato di Serie A e della Champions League, di fare un regalo a mio marito e aggiungere alla mia offerta il Calcio dopo aver sentito della promozione sconti su Dazn. Ma quando ho provato a farlo, ho scoperto che questi sconti sono solo per i nuovi clienti e che a noi “veterane” toccherebbe disdire il nostro contratto e farne un altro per usufruire dei nuovi prezzi al ribasso. Di fronte a questa scelta di marketing mi sorge spontaneo chiedermi se Sky pur di avere nuovi clienti abbia deciso di fare a meno dei vecchi. Stefania Pirri Gentile Stefania, la “rivoluzione” che quest’ anno ha colpito il calcio italiano, non renderà né economicissimo né semplicissimo ai tifosi riuscire a destreggiarsi fra le varie piattaforme. Se fino alla scorso anno con un solo abbonamento si poteva vedere tutta la serie A su Sky e le 8 principali squadre su Mediaset Premium, il 18 agosto per assistere a Chievo – Juventus (ore 18) bisognerà sottoscrivere un doppio abbonamento alle due società che si sono spartite i diritti televisivi: Sky e Dazn. La prima trasmetterà 7 gare; la seconda – che appartiene alla Perform Group – le restanti tre. Nelle scorse settimane è stato già raggiunto un accordo che consente ai clienti del gruppo di Murdoch di non sottoscrivere un abbonamento separato, ma di acquistare a condizioni dedicate i ticket Dazn: 7,99 euro al mese contro 9,99 euro (ma ci sono anche offerte a 3 e 9 mesi). Peccato che, a tre giorni dall’ inizio del campionato, ancora non si sappia se i clienti Sky possano vedere la partita trasmessa da Dazn sulla tv, visto che l’ app di Dazn non è ancora disponibile su Sky Q (la piattaforma per usufruire dei contenuti Sky su più dispositivi). Va meglio agli abbonati Mediaset Premium che, rimasti orfani del calcio, possono vedere gratuitamente le tre partite a settimana di Dazn. A rimetterci sono i vecchi clienti Sky. Per loro non ci sono offerte promozionali nel caso si voglia aggiungere un nuovo pacchetto. Per ottenere lo sconto dovrebbero fare richiesta di disdetta ed essere così ricontattati dalla società. Che punta a ingraziarsi sono gli orfani di Mediaset, i fan di Cristiano Ronaldo e nuovi tifosi per rientrare dei milioni spesi per acquistare i diritti tv. L’ obiettivo di Sky è chiaro: raggiungere 7 milioni di abbonati dai 4,7 di fine 2017, che sborseranno per un anno 49,90 euro sottoscrivendo un abbonamento Calcio e Sport. Ma attenzione: salvo disdetta, dal tredicesimo mese si pagheranno 63,80 euro. Diventando ormai un vecchio abbonato non più da coccolare. Patrizia De Rubertis.

Gli Angelucci fanno marcia indietro su Panorama

Il Sole 24 Ore
Simone Filippetti
link

Sotto l’ ombrellone di un Ferragosto anomalo e piovoso, gli italiani continueranno a trovare in edicola un Panorama di proprietà della Mondadori. Tra fine luglio e inizi di agosto è sfumato l’ affare tra la famiglia Angelucci, noti editori romani a capo di un piccolo impero di giornali, e la casa editrice della famiglia Berlusconi: i proprietari del Tempo e di Libero erano in trattativa avanzata per rilevare il settimanale di punta del gruppo milanese. La scomparsa del compratore non cambia però di mezzo millimetro le cose a Segrate: l’ ad Ernesto Mauri ha deciso che lo storico settimanale, periodico più prestigioso del gruppo con 60 anni di vita alle spalle, va venduto. Ci sarebbero già stati altri contatti, molto preliminari e molto informali, con due potenziali candidati: Class Editori, fresco della recente fusione-alleanza con il Gambero Rosso, gruppo editoriale di gastronomia quotato all’ AIM. Dal canto suo il «re delle cliniche» Giampaolo Angelucci si consolerà con un’ altra pedina nel Risiko dell’ editoria: pare abbia messo nel mirino La Gazzetta del Mezzogiorno, il principale quotidiano del Sud Est del paese con 120 anni di storia, con l’ obiettivo di allargare il suo polo di quotidiani nazional-regionali (oggi molto forte sul Centro-Italia) e diventare un serio concorrente di Finegil-Gruppo Espresso. Nonostante le affinità politiche, Angelucci è un parlamentare di Forza Italia, e la mediazione di un personaggio del calibro di Denis Verdini, per anni braccio destro e oggi presidente della società editrice degli Angelucci, il matrimonio Libero-Panorama non è andato in porto. L’ operazione Libero-Panorama aveva molto senso industriale: Mondadori si sarebbe liberata di una testata in perdita e sarebbe uscita dai newsmagazine, settore molto difficile da gestire specie se proprietari di una sola testata, per focalizzarsi sui libri (visione immaginata dalla presidente Marina Berlusconi e concretizzatasi nel mega matrimonio con la Rizzoli Libri); e consolidare le testate verticali più di prodotto. Svanita l’ opzione Angelucci, a Segrate, secondo rumor di mercato, poco prima della chiusura estiva avrebbero siglato degli accordi di riservatezza con il gruppo editoriale che pubblica MF-Milano Finanza e Italia Oggi (più il canale tv Class-Cnbc) e con Maurizio Belpietro, il direttore-editore che ha lanciato il quotidiano La Verità. L’ idea rimane quella di far maritare Panorama con un gruppo editoriale a che pubblichi quotidiani per replicare il modello giornale-settimanale dell’ Espresso, il periodico che oggi viene venduto in abbinamento a Repubblica. Sul mercato ci sarebbe un equivalente di area conservatrice a far da contraltare a quello progressista. All’ eventuale compratore Mondadori darebbe anche una «dote», per invogliare l’ acquisto. Non dovesse trovare alcun editore interessato, in Mondadori non si escluderebbe la decisione estrema di una chiusura del settimanale. Negli ultimi anni, l’ ad Mauri ha completato un’ impegnativa ristrutturazione che ha riportato in utile la divisione Periodici nel suo complesso, ma Panorama continua a perdere soldi e ha costi decisamente fuori mercato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tv8 cresce. Nove resta al palo

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

Tv8 di Sky e Nove di Discovery Italia sono canali televisivi legati da una storia piuttosto simile. Entrambi, infatti, nascono sulle ceneri di altri due brand preesistenti (Mtv il primo, Deejay tv il secondo), subendo un deciso stravolgimento del palinsesto e un rebranding: Nove è passato al gruppo Discovery nella primavera del 2015, e dall’ ottobre 2016 ha assunto l’ attuale forma; Tv8, invece, è diventato un canale di Sky dal settembre 2015, e già dal febbraio 2016 si è proposto al mercato come Tv8. Sky è un gruppo televisivo che lavora principalmente nella pay tv, e che ha scelto di potenziare la sua presenza nella tv free, soprattutto con Tv8, in anni nei quali era ancora molto accesa la battaglia con Mediaset. L’ alleanza col Biscione della scorsa primavera e la fine dello scontro con Cologno Monzese nella pay tv potrebbero anche ridefinire le strategie future del canale in chiaro diretto da Antonella D’ Errico. Discovery ha scelto invece Nove per affermarsi nella grande tv generalista in chiaro, il suo business principale. E ha dirottato su di esso la gran parte dei suoi più recenti investimenti (si veda l’ ingaggio milionario di Maurizio Crozza) affidandone la direzione ad Aldo Romersa. Tv8 può godere di molti contenuti pregiati già andati in onda tempo prima in versione pay sui canali di Sky (dai programmi di intrattenimento tipo Masterchef, 4 Ristoranti, Il contadino cerca moglie, Hell’ s kitchen, fino agli eventi sportivi, tipo la MotoGp), di eventi in diretta, come le partite di Europa league di calcio, e di contenuti originali tipo Italia’ s got talent, Dance dance dance (Andrea Delogu) o Guess my age (Enrico Papi), o le selezioni e la finale di X-Factor, che vanno in contemporanea in chiaro e in pay. Più complicato il lavoro di Romersa, che deve predisporre il palinsesto di Nove non potendo attingere a una library così vasta e pregiata come quella di Sky, puntando invece su piccole produzioni originali tipo il quiz Boom! con Max Giusti, i tanti programmi di Antonino Cannavacciuolo, le interviste di Peter Gomez a La confessione o di Andrea Scanzi ad Accordi&disaccordi, i quiz di Gabriele Corsi (ormai, tuttavia, un talent in marcia verso la Rai), le malizie di trasmissioni di intrattenimento come Alta infedeltà o Undressed, e il suo unico brand di grande respiro nazionale in prima serata, ovvero lo show Fratelli di Crozza di Maurizo Crozza. Fatte queste doverose premesse, Tv8 ha un percorso di crescita molto nitido, con ascolti che aumentano stagione dopo stagione: tra marzo e giugno 2018 il canale è stabilmente al 2,3% di share in prima serata, e vicino al 2% sulle 24 ore. Nello stesso periodo del 2017 era all’ 1,75% in prima serata, più o meno la media che raggiungeva pure sulle 24 ore. Se dovessimo considerare dove era Tv8 nel gennaio 2017 e dove si trova ora, è sufficiente indicare il +44% di ascolti nelle 24 ore e il +48,6% in prima serata. Per Nove, invece, gli incrementi di audience non sono così evidenti: nel marzo 2017 aveva l’ 1,34% di share nelle 24 ore e l’ 1,78% in prime time, e nel marzo 2018 siamo all’ 1,41% sulle 24 ore e addirittura in arretramento all’ 1,56% in prima serata. Nei 16 mesi tra il marzo 2017 e il giugno 2018 il canale del gruppo Discovery mantiene più o meno inalterate le sue audience sulle 24 ore, attorno all’ 1,3-1,4% di share. E sempre nei 16 mesi le sue performance in prima serata parlano di un trend in lieve calo, con un aprile 2018 all’ 1,54% di share (1,72% nell’ aprile 2017), maggio all’ 1,34% (1,77% nel maggio 2017) e giugno all’ 1,21% (1,57% nel 2017). Sul canale, insomma, c’ è ancora un po’ di lavoro da fare. Come peraltro su tutto il portafoglio di brand televisivi di Discovery Italia, che negli ultimi mesi, quanto ad ascolti, non ha brillato nel suo complesso. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Mediaset, ecco l’ offerta sportiva in chiaro. Mediaset detta il calendario della sua nuova offerta sportiva «in chiaro, senza canone e senza abbonamento», hanno sottolineato ieri da Cologno Monzese con una nota. Inizia infatti il nuovo campionato di calcio di Serie A e si parte, in occasione della prima e della seconda giornata di campionato, domenica 19 e 26 agosto, con Aspettando Pressing, speciale in seconda serata su Canale 5 che anticipa il nuovo Pressing, programma in diretta al debutto domenica 2 settembre tra highlights, gol e commenti. Il giorno successivo sarà la volta, sempre in seconda serata ma su Italia1, di Tiki Taka, quest’ anno con Wanda Nara, moglie e procuratrice del capitano dell’ Inter Mauro Icardi, al suo esordio televisivo come opinionista. Infine, durante la settimana, Sport Mediaset coprirà gli aggiornamenti con 4 appuntamenti quotidiani: due edizioni su Italia 1 alle 13.00 e alle 19.00 più due edizioni, sempre in chiaro, sul canale all news TgCom24 alle 20.30 e alle 24.00. Rds Play On Tour, ultima tappa a Cefalù. Dopo le tappe di Cattolica, Bibione, Lido di Camaiore, Porto San Giorgio e Vieste, Sergio Friscia raggiungerà la sua compagna di conduzione Anna Pettinelli nella sua Sicilia per l’ ultima tappa del Rds Play On Tour 2018 a Cefalù il 18 e 19 agosto. Cinema, pochi incassi per le anteprime. L’ iniziativa Cinemadays 2018 propone per agosto una serie di anteprime di film molto attesi, da Ant-Man and the Wasp a Mamma Mia! Ci risiamo. Nel giorno della programmazione Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed ha incassato 279 mila euro (11/8); Mamma Mia! Ci risiamo di Ol Parker 225 mila euro (12/8) e Come ti divento bella di Abby Kohn e Marc Silverstein 73 mila euro (13/8). Incassi molto lontani da Shark – Il primo squalo di Jon Turteltaub che solo nella giornata di ieri 13 agosto ne ha incassati 321.026 per un totale (dal 9 al 13 agosto) di 1.974.754 euro. Rai: nuovo spot della 75esima Mostra del Cinema di Venezia. Il fascino della Laguna, il talento di grandi maestri e star internazionali per la 75esima Mostra internazionale d’ Arte Cinematografica di Venezia, tutto racchiuso nel promo ideato e realizzato dalla direzione creativa Rai in onda sui canali generalisti. Il video anche quest’ anno darà il via alla cerimonia di apertura della Mostra a Venezia il 29 agosto, trasmessa da Rai Movie in diretta web sul proprio sito (www.raimovie.it) e in differita, in seconda serata, sul canale 24 del digitale terrestre. State Street, premio giornalistico all’ 8ª edizione. Si apre l’ 8ª edizione del Premio giornalistico State Street, dedicato al giornalismo economico-finanziario in Italia. Le categorie sono Giornalista dell’ anno – autore del miglior scoop, Giornalista dell’ anno – autore del miglior articolo di approfondimento, Innovation per le forme innovative di giornalismo e Investment management per i media specializzati del settore e ancora Giovane talento. I contributi potranno riguardare un massimo di due categorie e dovranno includere due articoli per ogni categoria scelta, pubblicati negli ultimi 12 mesi (luglio 2017-giugno 2018). Tutte le candidature vanno inviate via email a premiostatestreet@communitygroup.it entro il 14 settembre.

Parigi, l’ edicola ora vende di più

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

Parigi val bene una copia di giornale: nella capitale francese aumentano del 10% le vendite nelle edicole di quotidiani e periodici. Rialzo in controtendenza che sorprende non solo perché l’ andamento generalizzato aveva prima il segno negativo davanti (intorno al -2,5%) ma soprattutto perché i risultati positivi arrivano dopo che molte edicole hanno provato a esporre meno testate ma in modo più ordinato, con la copertina frontale rispetto ai clienti e senza copie che si sovrappongono tra loro. In media, sugli espositori, i titoli sono scesi a quota 800 dai precedenti 1200, secondo il rapporto firmato da Marc Schwartz, cosigliere della Corte dei conti, e voluto dal ministro della cultura Françoise Nyssen e da quello dell’ economia Bruno Le Maire, che hanno preannunciato una riforma di tutta la distribuzione della stampa. Del resto, Oltralpe, i tempi stringono visto che uno dei maggiori distributori Presstalis è di nuovo sull’ orlo del fallimento dopo le crisi del 2012 e del 2013. Le insegne di alcune edicole (come Mediakiosk e Nap) si sono già mosse in modo autonomo rinnovando a Parigi, e anche nel resto del paese, i punti vendita. Per cambiare i format di vendita, si sono ispirate addirittura al Giappone e in particolare ai konbini, ossia i negozi che stanno aperti 24 ore su 24 e si caratterizzano per un’ ampia offerta di prodotti, dai giornali per l’ appunto fino alla cosmetica. Ma il senso, per i rivenditori francesi, è proprio quello di ottimizzare gli spazi per diversificare la funzione delle edicole trasformandole in luoghi dove comprare sigarette, fare una fotocopia o ricevere un pacco postale. Tutti servizi presenti anche in Italia ma non in modo omogeneo né sempre condotti con successo. In Francia, poi, sono stati rinnovati anche i chioschi veri e propri, a cui i parigini peraltro sono molto affezionati, almeno a quelli in stile primi del Novecento. Aria condizionata, servizi igienici e spazi per soffermarsi a decidere se comprare o meno un libro sono alcune delle novità. Mentre da un punto di vista tecnico sono stati ottimizzati gli spazi per il magazzino e le casse sono state informatizzare per essere collegate a un unico database che monitora vendite e rese. Anche di quest’ ultimo aspetto si parla, già da tempo, in Italia. Più in generale, comunque, andando al di là delle iniziative delle singole insegne, il rapporto Schwartz sembra propendere per una riforma che porti a una maggior libertà per gli edicolanti nella selezione di cosa e quanto esporre. Anche a rischio di ridurre in parte il pluralismo dell’ offerta, ma permettendo la specializzazione delle edicole (in economia, per esempio, per quelle vicino ai distretti finanziari). Come contraltare, per consentire ai piccoli editori di essere presenti in più edicole, il rapporto Schwartz suggerisce parametri standard nella definizione dei contratti di distribuzione. Da notare, infine, che in Francia si vogliono rinnovare le edicole, portare i giornali in vendita anche in negozi differenti come panifici e pasticcerie (diversificazione studiata anche in Italia) ma soprattutto si punta a regolamentare le edicole digitali. Queste ultime, non avendo i costi di gestione delle omologhe reali, devono mettere in vendita il maggior numero possibile di testate. Obiettivo: garantire il pluralismo, almeno in digitale. Società tlc e media, come Orange guidata dall’ a.d. Stéphane Richard e Sfr di Patrick Drahi, sono avvisate. © Riproduzione riservata.

L'articolo Rassegna Stampa del 15/08/2018 proviene da Editoria.tv.

Viewing all 8034 articles
Browse latest View live