Indice Articoli
Svolta europea, i giganti web pagheranno
Google e Facebook coinvolti Ma non Wikipedia
La rimozione di video e testi e il ricavo equo
Lettori e autori Cosa cambia
Per gli editori più potere negoziale con i big
L’ iPhone cresce (per i video)
Balzo della raccolta pubblicitariaper La7, La7d e Rcs MediaGroup
«Retequattro polifonica, il pilastro è l’ informazione»
Il Parlamento Ue approva la legge sul copyright: ecco cosa cambia
M5S su Tim cambia cavallo: flirta con Vivendi e B. trema
Pier Silvio dà una speranza a Renzi: “Ci faccia vedere il documentario”
“La tv non può trattare i tifosi come fossero bancomat”
Ok alla tutela del copyright Ma i grillini stanno coi pirati
Dal diritto d’ autore alle libertà Così Bruxelles spacca il governo
Mauri presidente di Audipress
Verso la cessione di Premium a Sky
Copyright, l’ Europa dice sì Stretta sui giganti del web
I big della Rete responsabili equo compenso per gli editori
Retequattro riparte dai talk «ma restiamo generalisti»
Pragmatica o ideologica i due volti dell’ Europa
Copyright, l’ Europa dice sì Stretta sui giganti del web
Da Fb a Youtube, più controlli ed equo compenso agli editori
I link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente dalle grandi …
Informazione e star: la ricetta di Retequattro
Mediaset ha deciso la sorte di Premium: finirà in dote a Sky
Cairo, il ritorno alla cedola è «una ipotesi che può diventare realtà»
LA BUONA INFORMAZIONE CHE GARANTISCE I DIRITTI
Sì Ue alla nuova legge sul copyright Ma Lega e M5S votano contro
Puntare sulla crescita con più notizie e inchieste
C’ è Rete 4 con l’ antiberlusconiano Greco
orsi & tori
L’ Europa difende il copyright
Di Battista asfalta su La7 Lilli Gruber dicendo delle cose ma il giorno dopo tutti i media gliene fanno dire delle altre
Copyright, ok dal Parlamento Ue
Audipress, Ernesto Mauri nominato presidente
Mediaset, nasce la nuova Rete4
Io Donna sarà un femminile al 100%: più moda in formato extra dal 29 settembre
Rcs, la pubblicità cresce del 2%
Chessidice in viale dell’ Editoria
Copyright, l’ Europa vota la riforma un freno ai giganti di Internet
Le nuove regole che disciplinano il diritto d’ autore
Da Mediaset a Sky tutte le tecnologie e 130 dipendenti della pay Premium
Se parli male di me ti taglio i fondi
SE LA STAMPA È IL NEMICO
“Questa direttiva garantisce l’ indipendenza dei giornali”
Copyright, sì di Strasburgo alla riforma Il diritto d’ autore va pagato anche online
Di Maio promette battaglia all’ Europa “Vergogna, questa è censura preventiva”
Link tax, snippet e Wikipedia Cosa cambierà su Internet?
Mediaset: i nostri canali andranno su Sky “Cederemo la piattaforma di Premium”
LA VOGLIA DI FERMARE I GIORNALI
“Le mie sfide, fare un Tg non urlato e raccontare la realtà dal di dentro”
Tv, il via alla stagione
Sventato il piano M5S per rubare ai giornali
Più vicino il via libera per Foa alla presidenza Rai
RETEQUATTRO SI FA IN 5
Indigestione di pallone
Svolta europea, i giganti web pagheranno
Corriere della Sera
Ivo Caizzi
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DAL NOSTRO INVIATO STRASBURGO Il martellante e costosissimo lobbying delle multinazionali Usa del digitale, che vorrebbero continuare a pagare poco o nulla articoli di informazione, foto, video, libri e altre opere dell’ ingegno utilizzati su Internet, non ce l’ ha fatta. L’ Europarlamento di Strasburgo ha votato a larga maggioranza la riforma del diritto d’ autore in Rete, che impone ai vari Google e Facebook di compensare in modo «equo» gli editori dei giornali, i produttori cinematografici e di musica, artisti, giornalisti, scrittori, sceneggiatori e creatori vari. Il voto del luglio scorso, che aveva bocciato la direttiva e rinviato al 12 settembre per inserire emendamenti, è stato capovolto con 438 favorevoli, 226 contrari e 39 astensioni. Il presidente francese Emmanuel Macron, che ha appoggiato le nuove regole insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, ha definito l’ approvazione un «grande progresso per l’ Europa». Il relatore del testo sul copyright in Rete, l’ eurodeputato tedesco Axel Voss, è riuscito a far passare vari emendamenti di compromesso, che hanno consolidato il consenso del suo gruppo europopolare, a cui aderisce Forza Italia. Al tempo stesso hanno rassicurato numerosi eurodeputati socialisti (tra cui quelli del Pd) e liberali, preoccupati dall’ introduzione di restrizioni della «libertà della Rete» con censure preventive e costi aggiuntivi come una «link tax». Voss non ha però convinto verdi, sinistre e i cosiddetti sovranisti, tra cui il M5S e la Lega, che hanno votato contro convinti della necessità di eliminare del tutto alcuni articoli controversi. L’ eurodeputata tedesca Julia Reda dei Pirati informatici europei ha definito gli emendamenti passati esclusivamente «cosmetici». Il vicepremier Luigi Di Maio ha rafforzato il «no» degli eurodeputati pentastellati definendo l’ approvazione a Strasburgo «una vergogna tutta Europea» perché «il Parlamento europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet» e «con la scusa di questa riforma del copyright ha di fatto legalizzato la censura preventiva» creando uno scenario da «Grande Fratello». Il presidente della Camera Ue Antonio Tajani di Forza Italia ha replicato esortando il premier Giuseppe Conte a prendere le distanze dalle parole «infamanti di Di Maio contro il Parlamento europeo» perché «minacciare l’ unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia». Nel prossimo passaggio della procedura, il negoziato della Camera Ue con il Consiglio dei governi e la Commissione europea, l’ esecutivo di Di Maio e Salvini intenderebbe contrastare Germania, Francia e gli altri principali Paesi favorevoli per ottenere concessioni più ampie – per i cittadini e le piccole imprese – rispetto agli emendamenti negoziati dal tedesco Voss. Di Maio ha pronosticato un «esito ben diverso» al voto finale a Strasburgo. Le lobby delle multinazionali Usa del web hanno chiesto un testo più «equilibrato» e di fatto meno costoso per loro. Il presidente della Fieg Andrea Riffeser Monti ha applaudito l’ esito del voto e ha esortato a procedere «in tempi rapidi» nel negoziato con i governi. Urbano Cairo, presidente di Rcs, che controlla il Corriere della Sera, ha parlato di «battaglia giusta» per evitare che i giornali siano «saccheggiati» dai giganti Usa del web senza pagare diritti di copyright. L’ accordo tra Camera Ue e governi dovrebbe essere trovato entro marzo perché l’ ultima sessione a Strasburgo per l’ approvazione finale è in aprile, prima delle elezioni europee del maggio 2019.
Google e Facebook coinvolti Ma non Wikipedia
Corriere della Sera
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Innanzitutto, si parla di «prestatori di servizi di condivisione di contenuti online» che agiscono a fini commerciali. Quindi: realtà come Google, Facebook o YouTube attraverso le quali accediamo a «quantità rilevanti» di contenuti protetti dal diritto d’ autore e che guadagnano grazie ai nostri clic. Wikipedia è esclusa, perché è gratis e non ha pubblicità. In quanto servizio open source lo è anche GitHub (quasi) di Microsoft, che temeva di finire nel calderone con il suo archivio di codici. Fuori, inoltre, startup e piccole imprese, così da non appesantirle in fase di sviluppo. I colossi coinvolti dovranno accordarsi con editori ed etichette e i creatori di video, canzoni o notizie e pagare loro i diritti delle opere. L’ obbligo vale anche per le anteprime degli articoli mostrate da aggregatori come Google News: l’ uso di titolo e descrizione andrà pagato. Nel caso dei contenuti caricati dagli utenti e in cui non ci sia un accordo, invece, le piattaforme devono adottare misure «adeguate e proporzionate» per bloccare la diffusione del materiale protetto senza impattare sul resto. Meno netto il riferimento a filtri automatizzati ma, spiega l’ avvocato Ernesto Belisario, YouTube e simili «dovranno controllare quanto viene caricato. Rimane la responsabilità di chi mette online il contenuto, ma viene introdotto un onere di collaborazione per la piattaforma, anche attraverso meccanismi di reclamo».
La rimozione di video e testi e il ricavo equo
Corriere della Sera
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Sarà la reazione degli attori in gioco a modificare – eventualmente – le abitudini di navigazione delle persone. Nel 2014, ad esempio, in seguito all’ introduzione di un provvedimento sul rispetto del diritto d’ autore, Google ha deciso di chiudere in Spagna il suo aggregatore di notizie Google News. Difficile immaginare una reazione del genere a livello europeo. Di sicuro c’ è, invece, che una equa distribuzione dei ricavi generati in Rete può aiutare gli editori e i creatori di contenuti a monetizzare il loro lavoro adeguatamente e a innescare un circolo virtuoso che aumenti la qualità e l’ affidabilità anche di quanto circola su social network e motori di ricerca. Per quello che riguarda l’ eventuale rimozione di un contenuto caricato da un utente, se la norma dovesse venire approvata e così recepita anche nel nostro Paese – dove il vice premier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha manifestato la sua nette contrarietà al risultato del voto di ieri: «Il Parlamento Europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet. Per me è inammissibile» – si prevedono meccanismi di reclamo efficaci e rapidi. In realtà, ci si scontra così con l’ annoso problema della gestione immediata delle controversie, quando magari la decisione iniziale è automatica.
Lettori e autori Cosa cambia
Corriere della Sera
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Dopo lo stop di luglio, è arrivato il via libera di settembre: nel corso dell’ assemblea plenaria di Strasburgo, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva per il copyright. Dopo l’ introduzione del regolamento per la privacy, in vigore da maggio, un nuovo ruggito Ue nell’ arena digitale. Ieri hanno votato a favore 438 parlamentari. In 226 si sono detti contrari e 39 si sono astenuti. Sul tavolo c’ erano gli emendamenti agli articoli più discussi e controversi: l’ 11, che interviene sul rapporto fra gli editori e le piattaforme che diffondono i loro contenuti o parte dei loro contenuti online. E il 13, relativo al riconoscimento automatico del materiale che viola il diritto d’ autore. Adesso la norma passa nelle stanze dei negoziati con Consiglio.
Per gli editori più potere negoziale con i big
Corriere della Sera
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Come ricorda il testo, in Europa le industrie culturali e creative impiegano a tempo pieno oltre 12 milioni di lavoratori e generano circa 509 miliardi di euro di valore aggiunto per il Pil. E la maggior parte di queste cifre ha nella tutela del diritto d’ autore il suo elemento centrale. Con la nuova direttiva, messa sul tavolo per aggiornare quella del 2001, gli editori di contenuti acquisiscono un potere di negoziazione maggiore con le piattaforme; quantomeno quelli più grandi, mentre i piccoli sono preoccupati. Questo non risolve, comunque, i problemi legati all’ individuazione di modelli di business sostenibili e remunerativi per la diffusione dei contenuti online. Nel caso dell’ industria musicale le intese sembrano dare i primi frutti: realtà come Spotify o Apple Music, che si basano sull’ acquisizione dei diritti per consentire l’ ascolto gratuito e supportato dalla pubblicità o su abbonamento, hanno contribuito alla crescita del 17,5 per cento dei ricavi digitali – derivanti nel 70 per cento dei casi dallo streaming – generati in Europa dal mercato discografico (fonte: Ifpi). La direttiva guarda soprattutto alla distribuzione gratis con messaggi pubblicitari, e ancora l’ industria musicale con il dialogo con Facebook per coprire anche i contenuti generati dagli utenti come le storie di Instagram è un esempio interessante in prospettiva.
L’ iPhone cresce (per i video)
Corriere della Sera
Paolo Ottolina
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DAL NOSTRO INVIATO Cupertino (Stati Uniti) Le dimensioni contano. Almeno quando si parla di gadget elettronici. Il primo iPhone, nato 11 anni fa, aveva uno schermo da 3,5 pollici. Sembrava gigantesco, rispetto ai minuscoli display dei classici cellulari. L’ iPhone Xs Max, che Apple ha appena lanciato, ha uno schermo da 6,5 pollici. Il più grande mai visto su un telefono della Mela e uno dei più grandi in assoluto di sempre. Per dare un metro di paragone: l’ iPad mini ha uno schermo da 7,9 pollici. Non molti di più. Questo non vuol dire che andremo in giro con un tablet in tasca. Negli ultimi 2 anni tutti i produttori hanno aumentato man mano il calibro degli schermi. Con qualche trucco, per contenere le dimensioni dei dispositivi, che devono restare (più o meno) tascabili. Sono sparite le cornici e il frontale degli smartphone recenti è, all’ incirca, tutto display con un sottile bordo in metallo. I telefoni si sono allungati. La dimensione in pollici di uno schermo si calcola sulla diagonale ma il primo iPhone aveva un rapporto tra altezza e larghezza di 3:2. Era alto una volta e mezza quanto era largo. Poi si sono allungati, diventando 16:9, come i televisori. I nuovi iPhone, tre modelli lanciati da Tim Cook e soci all’ interno dello Steve Jobs Theater di Cupertino, hanno un rapporto di 19,5:9. Ovvero l’ altezza è più del doppio della larghezza. Una forma un po’ da telecomando, un trucco per offrire una diagonale maggiore di schermo. Perché? Perché gli smartphone sono diventati il mezzo privilegiato per consumare video. Con YouTube, Facebook, Instagram, WhatsApp ma anche, sempre più, con serie tv e film su Netflix e sui vari servizi di streaming video. E ora anche con lo sport in diretta, grazie allo sbarco nel mondo del calcio (e non solo) di realtà quali Dazn o Now Tv di Sky. Nel 2017 il 57% degli americani ha usato ogni mese una di queste app, che impattano per quasi l’ 80% del consumo di dati in mobilità. Nel nostro Paese i numeri non sono molto diversi. Lo smartphone come nuovo piccolo-grande schermo, sempre più spesso non solo alleato ma anche sostituto del televisore. Un matrimonio perfetto con i nuovi piani degli operatori mobili, che non a caso hanno tirato fuori offerte da 30, 40 o anche 50 Gigabyte al mese. Apple ha lanciato tre nuovi telefoni, che riprendono l’ iPhone X del decennale e tagliano i ponti con i primi modelli, quelli dell’ era Steve Jobs. Sparisce definitivamente il tasto fisico frontale e per muoversi nelle schermate del sistema iOS si usano una serie di gesti con il pollice. I tre iPhone del 2018 hanno tutti lo stesso look frontale: display «fullscreen» con cornici al minimo e in alto una «tacca» che ritaglia lo schermo. Un modello aggiorna l’ iPhone X con un nuovo processore più potente A12 Bionic, fotocamera e batteria migliorate. Si chiama iPhone Xs e ha un fratello maggiore, il Max con schermo da 6,5 pollici. I prezzi sono in stile Apple: molto alti (sopra i mille euro, si parte da 1.089 per il piccolo e 1.189 per il grande) ma molti degli acquirenti sfrutteranno le offerte a rate degli operatori telefonici. Stesso design ma una scocca colorata (6 differenti tonalità, tra cui giallo, azzurro e corallo) e qualche dettaglio tecnico meno pregiato per il terzo modello, non economico ma più abbordabile: si chiama iPhone Xr e partirà da 889 euro. Arriverà a ottobre, mentre i due modelli più costosi sono in vendita dal 21 settembre. Se la vedranno con una squadra agguerrita di concorrenti, dal Samsung Galaxy Note 9 appena uscito ai prossimi telefoni di Google (Pixel 3) e Huawei (Mate 20), in arrivo a ottobre. Apple ha anche presentato il suo orologio Watch Series 4, che per la prima volta è riconosciuto (negli Usa) come dispositivo medico: sarà in grado di effettuare elettrocardiogrammi e di far partire una chiamata di emergenza se il proprietario è caduto. La popolazione invecchia e anche Apple lavora per andare oltre i puri gadget.
Balzo della raccolta pubblicitariaper La7, La7d e Rcs MediaGroup
Corriere della Sera
Paola Pica
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Cresce la raccolta pubblicitaria dei canali tv di Cairo Communication e della controllata Rcs, la società che pubblica il «Corriere della Sera». Spinta dall’ aumento degli ascolti, la raccolta complessiva di La7 e La7d nei mesi di luglio e agosto 2018 è cresciuta rispettivamente del 4% e del 18% rispetto agli stessi mesi dello scorso anno, quando risultava pari rispettivamente a 6,7 milioni e a 3,8 milioni di euro. D’ altronde gli ultimi dati sugli ascolti, diffusi l’ 8 agosto scorso, mostravano per La7 un progresso del 33% sul totale giorno e del 46% nel prime time del mese di maggio. Un balzo alimentato dalla domanda di informazione di qualità e di trasmissioni di approfondimento che ha portato, sempre in maggio, la rete di Urbano Cairo alla quinta posizione nazionale e alla terza nel prime time. Alla data di ieri, il portafoglio ordini per la pubblicità trasmessa e da trasmettere sui due canali in settembre, informa una nota di Cairo Communication, risulta pari a circa 12 milioni, in aumento di oltre il 10% rispetto alla stessa data del 2017. Nel primo semestre di quest’ anno, la raccolta pubblicitaria dei due canali è cresciuta di circa l’ 1,5%: «L’ accelerazione nei risultati – viene confermato – è legata al buon andamento degli ascolti». Quanto a Rcs,negli otto mesi gennaio-agosto 2018 ha registrato una crescita del 2% della raccolta pubblicitaria, rispetto ai primi otto mesi dell’ anno scorso. Il gruppo del «Corriere» che ha chiuso il primo semestre con un risultato netto di 45,4 milioni, quasi raddoppiato rispetto ai primi sei mesi del 2017, punta alla distribuzione del dividendo agli azionisti.«È un’ ipotesi che potrebbe diventare realtà», ha commentato ieri l’ editore, presidente e amministratore delegato Urbano Cairo, a margine della presentazione del Festival dello Sport. «La decisione sul dividendo – ha aggiunto – sarà proposta dal consiglio per poi essere approvata dall’ assemblea, se i numeri continueranno a essere positivi come lo sono stati nei primi sei mesi dell’ anno».
«Retequattro polifonica, il pilastro è l’ informazione»
Corriere della Sera
Antonella Baccaro
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ROMA Una rete «generalista» e «polifonica», con un «pilastro portante»: l’ informazione. Pier Silvio Berlusconi, ad di Mediaset, battezza così la nuova Retequattro, presentandone i volti di punta nel centro Palatino di Roma che la ospiterà, storicamente sede del Tg5. Ai conduttori più rappresentativi, schierati per l’ occasione, Gerardo Greco, Roberto Giacobbo, Barbara Palombelli, Piero Chiambretti, Nicola Porro, Gianluigi Nuzzi, il manager ha affidato la missione di una tv di «buon gusto», chiarendo che si tratta di «una sfida bellissima» da fronteggiare «con serenità», sapendo di «essere un’ azienda quotata» dove «gli ascolti contano», ma con tempi di verifica lunghi. «Noi avremo pazienza – ha detto l’ ad -. Non siamo contro nessuno: la gara la facciamo su noi stessi. La partenza è stata buona ma è una partita lunghissima. Ci saranno prodotti da mettere a posto in corso d’ opera». Tutto sarà all’ insegna dell’ autoproduzione, ha precisato il direttore di rete, Sebastiano Lombardi. E per chiarire che non c’ è nessun pentimento per quello che «è stata finora la rete», Berlusconi annuncia il rientro in pista di un volto storico: Mario Giordano con una trasmissione dopo il tg delle 19.30, dal titolo «Fuori dal coro». Anche Paolo Del Debbio tornerà su Retequattro o altrove. Mentre per ora non è previsto un programma per Vittorio Sgarbi e Maurizio Belpietro. «Abbiamo una squadra di campioni del ragionamento» ha chiosato il direttore dell’ informazione Mediaset, Mauro Crippa. Interrogato sull’ eventuale messa in onda del documentario dell’ ex segretario del Pd, Matteo Renzi, l’ ad si è detto interessato «perché stimo Renzi» ma che aspetta di vederlo finito per giudicarlo. Poche parole invece sullo stallo della presidenza Rai, «una questione totalmente politica e che attiene ai rapporti di forza tra i partiti». In ogni caso, ha chiarito, «una Rai senza presidente non rappresenta un vantaggio per noi». Quanto all’ approvazione da parte del Parlamento europeo delle norme sul copyright, «da editore», la considera «una prima vittoria», «un passo di civiltà» mentre sono «fuori luogo le polemiche» che ne sono seguite. Intanto a pagare i diritti comincia Sky che, per il ritorno da ottobre delle reti in chiaro di Mediaset, verserà una fee. «Abbiamo ristabilito il principio che per avere visibilità occorre pagare» ha concluso Pier Silvio Berlusconi.
Il Parlamento Ue approva la legge sul copyright: ecco cosa cambia
Il Fatto Quotidiano
Virginia Della Sala
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Il Parlamento europeo ha approvato ieri un testo che rispetto a quello respinto in luglio aveva solo degli aggiustamenti cosmetici, i punti critici sono rimasti tutti”: a spiegare al Fatto cosa implichi l’ approvazione della direttiva sul diritto d’ autore, su cui nelle prossime settimane inizieranno i negoziati, è Julia Reda, politica tedesca, europarlamentare del Partito Pirata e vicepresidente del gruppo dei Verdi. Nonché sostenitrice della libertà del Web. Dai filtri sull’ upload per prevenire automaticamente le violazioni del diritto d’ autore all’ introduzione della link tax che riconosce remunerazioni agli editori per la pubblicazione dei link agli articoli: “Una misura, quest’ ultima, molto problematica soprattutto per i progetti civici di chi pubblica i link e i titoli degli articoli per informare le persone e fornire le fonti”. Per gli editori. Autori ed editori sono stati tra i maggiori sostenitori dell’ approvazione. La Fieg, la federazione italiana degli editori, nei giorni scorsi ha acquistato paginate sui quotidiani nazionali per chiedere agli europarlamentari italiani di votare a favore. Se il testo dovesse essere approvato così com’ è, infatti, le grandi piattaforme come Facebook o Google dovranno pagare agli editori i diritti sui cosiddetti snippet, foto e breve testo di presentazione di articoli. Parte della remunerazione, poi, dovrà andare direttamente ai giornalisti che hanno scritto i contenuti. La direttiva esclude però dalle regole i link accompagnati da singole parole. Una definizione ritenuta non molto chiara, così come non è davvero chiara la definizione di snippet applicata ai social network. Per le piattaforme. Se le piccole e micro piattaforme sono escluse dall’ applicazione della direttiva (ma non si specifica quale sia l’ unità di misura), le grandi – che si sono schierate contro la direttiva dal primo momento – dovranno effettuare un monitoraggio costante sui contenuti per evitare che violino il copyright. E come faranno? Il controllo preventivo resta dietro l’ angolo come conseguenza così come il ricorso all’ automazione e ad algoritmi che setaccino da soli i contenuti caricati dagli utenti, che potrebbero censurare anche quelli senza scopo di lucro o con diritti di cronaca (la pubblicazione dovrà però comunque avvenire con l’ autorizzazione degli interessati). “Il caricamento di contenuti su enciclopedie online che non hanno fini commerciali come Wikipedia o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub, è escluso dall’ obbligo di rispettare le nuove regole sul copyright. – si legge sul comunicato del Parlamento Ue -. Anche i meme come le parodie sono esclusi”. Resta il fatto che bisognerà trovare il modo di setacciarli e riconoscerli, perché la responsabilità sarà delle piattaforme. Per gli autori. Va meglio per autori e artisti che potranno esigere una remunerazione supplementare da chi sfrutta le loro opere, nel caso il compenso corrisposto originariamente fosse considerato basso rispetto ai benefici che ne derivano. Tali benefici dovrebbero includere le cosiddette “entrate indirette”. Le misure approvate consentirebbero inoltre agli autori e agli artisti di revocare o porre fine all’ esclusività di una licenza di sfruttamento dell’ opera, se si dovesse ritenere che la parte titolare dei diritti di sfruttamento non stia esercitando tale diritto. Per gli utenti. Non dovrebbe cambiare molto per gli utenti passivi, che si limitano a leggere le notizie. A meno che le piattaforme non decidano di cambiare il loro modello di condivisione e diffusione delle notizie e dei contenuti, eliminando quindi snippet e anteprime e – questo è un rischio – riducendo il flusso di lettori che arriva ad esempio dai social network. Per chi invece ricorre a contenuti protetti da copyright, il rischio è che anche nei casi di esclusione dall’ applicazione della direttiva l’ automazione dei sistemi di filtraggio non riesca a distinguere e quindi ci si ritrovi ad essere oscurati e a dover presentare proteste e ricorsi. È infatti previsto che le piattaforme istituiscano meccanismi rapidi di reclamo, gestiti da persone e non da algoritmi, per presentare ricorso contro un’ ingiusta eliminazione di un contenuto. Immaginare un esercito di controllori del Web in carne e ossa è però difficile e, soprattutto, non è nei piani dei big tech che mirano ad automatizzare il più possibile. Non solo copyright. “In Europa, la libertà di Internet è sotto pressione – spiega la Reda -, capisco che gli autori vogliano essere pagati per il loro lavoro ma le proposte fatte si concentrano solo sul bloccare i contenuti. Al tempo stesso si stanno introducendo filtri anche su altri tipi di misure, dal terrorismo all’ hate speech alle fake news”. Nel nuovo regolamento contro il terrorismo proposto dalla Commissione europea in questi giorni, infatti, si prevede che ogni hosting provider debba cancellare i contenuti di propaganda terroristica entro un’ ora. Sono poi previste “misure proattive”. “I filtri preventivi infrangono la Carta dei diritti fondamentali – spiega Reda – la Corte di Giustizia Ue ha già detto che non si può monitorare ciò che fanno le persone online. Non credo sia una coincidenza che la proposta arrivi nello stesso momento dei filtri dell’ approvazione copyright: prima si iniziano a usare questo tipo di tecnologie, prima ci sarà qualcun altro che vorrà usarle”.
M5S su Tim cambia cavallo: flirta con Vivendi e B. trema
Il Fatto Quotidiano
Marco Palombi
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Silvio Berlusconi da qualche giorno spera che la parola di Matteo Salvini sia salda come l’ interessato promette: il leader della Lega dovrà infatti garantire, oltre all’ unità del centrodestra alle prossime Regionali, pure la tenuta del pericolante accordone su cui è nata la cosiddetta Terza Repubblica, cioè il favore fatto al fu Caimano grazie all’ ingresso di Cassa Depositi e Prestiti in Telecom e l’ alleanza della società del Tesoro col fondo Elliott in funzione anti-francese. A Palazzo Chigi regnava ancora, si era ad aprile, Paolo Gentiloni (col dante causa Matteo Renzi), ma Carroccio e Cinque Stelle diedero la loro interessata benedizione a un’ operazione che, in sostanza, garantiva il mantenimento dello status quo televisivo fondamentale per Berlusconi: bloccata Vivendi – che al momento non controlla più la società telefonica e non sa che farsene del suo 20% in Mediaset – va però ancora garantito che le quote pubblicitarie che fanno ricca Cologno Monzese non siano toccate per qualche tempo né per via legislativa, né con una politica aggressiva della Rai. Solo così Berlusconi potrà fare quel che deve per salvare l’ impero di famiglia: cedere l’ azienda o, meglio, fonderla in una media company ad ampio spettro (cinema, tv, musica, società di comunicazione, internet, telefonia), ma al prezzo che deciderà lui. A suo tempo fu proprio il prezzo, com’ è noto, a bloccare l’ accordo tra l’ ex premier e la Vivendi di Vincent Bolloré. Per salvare questo equilibrio così delicato, l’ uomo di Arcore s’ era prima acconciato a dare il placet al governo gialloverde e ora il via libera a Marcello Foa a presidente della Rai dopo averlo bocciato (oggi in Vigilanza dovrebbe ripartire il processo di nomina). Adesso, però, ha un problema grosso: i 5 Stelle stanno pensando di cambiare cavallo, un po’ perché hanno capito che così finiscono per fare il reggimoccolo al duo Matteo&Silvio, un po’ per avere uno strumento di pressione sulla Lega che trionfa nei sondaggi. Le preoccupazioni di Berlusconi hanno iniziato a prendere corpo in un momento preciso e in un luogo preciso: sabato scorso, infatti, il premier Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio e l’ amministratore delegato di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, si sono incontrati a Bisceglie, vicino Bari, per il convegno DigithOn. Organizzatore dell’ evento, peraltro, è Francesco Boccia, deputato della minoranza Pd, particolare anch’ esso assai preoccupante per la casa di Arcore: i dem di Matteo Renzi – che Pier Silvio Berlusconi vorrebbe tanto vedere in onda su Mediaset – sono stati parte dell’ accordone, ma la presa di Renzi sul partito è tutta da verificare al congresso. Che cosa si sono detti, dunque, de Puyfontaine e i suoi nuovi amici a Cinque Stelle (il manager ha avuto uno scambio a quattr’ occhi con Conte)? Il manager ha tentato di convincere il premier e Di Maio che Vivendi è in Italia per restare e su basi di parità: “Crediamo nell’ Italia che per noi resta un investimento di lungo termine.” In pratica significherà creare un’ articolazione societaria italiana (Vivendi Italia) e probabilmente investire maggiormente nella Universal Music a Milano. E poi c’ è Sparkle, la società dei cavi sottomarini di proprietà di Tim, l’ amo che de Puyfontaine ha lanciato dal palco delle Vecchie Segherie di Bisceglie in direzione dei grillini: “Sono d’ accordo con Di Maio: non credo che vada venduta, è strategica per l’ Italia”. E invece Elliott, portata al comando con lo spericolato ingresso nel capitale di Cdp, la vuole vendere, come ha recentemente ribadito il presidente Fulvio Conti: d’ altronde Elliott è un fondo speculativo che vede calare da settimane il prezzo delle azioni Tim (da inizio 2018 hanno perso il 25%, da aprile il 40%) e pretende di migliorare i conti subito, magari in attesa di uscire e dare l’ assalto a un pezzo di Mediobanca, come ha scritto Il Fatto. Il lato grillino del governo ha preso atto in Puglia delle intenzioni di Vivendi: pur non promettendo nulla, Conte e Di Maio hanno garantito che studieranno il dossier, tanto più che il tema della proprietà pubblica delle reti per i 5 Stelle è come una calamita e l’ alleanza di lungo periodo con un fondo speculativo nella gestione di una società resta un fatto innaturale. La richiesta dei francesi, d’ altra parte, è poco impegnativa: Cassa depositi in Tim assuma un ruolo terzo e lasci fare al mercato. E qui torniamo allo zio Silvio. Se Vivendi riesce a integrare Tim torna pericolosa pure nella partita Mediaset. Berlusconi è a capo di un impero tv ancora profittevole, ma sostanzialmente obsoleto, che ha l’ unico vero punto di forza nell’ avere incassi pubblicitari assolutamente fuori scala rispetto agli ascolti: grazie ad antiche alleanze commerciali e ad un sistema bloccato, infatti, con uno share medio stimabile nella fascia 30-35%, le tv del Biscione incamerano spot per il 55-60% del totale destinato alle televisioni (in soldi fa circa 2,5 miliardi l’ anno). Un’ apertura del mercato – che prima o poi arriverà comunque – rischia di costare a Cologno Monzese fino a un miliardo l’ anno e far calare drasticamente il valore dell’ azienda: a quel punto sarebbe il compratore (o il mercato) a fare il prezzo. Insomma, è la politica che farà la differenza in questa partita e ora i Cinque Stelle (e il Pd al congresso) devono decidere se garantire la tranquilla navigazione dell’ intesa tra Berlusconi e Salvini o sparigliare. Il problema di Di Maio e soci, a questo punto, è uno solo: la Lega non accetterà di mettere sotto schiaffo il leader di Forza Italia e su questa partita può persino saltare il governo.
Pier Silvio dà una speranza a Renzi: “Ci faccia vedere il documentario”
Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Si riapre la trattativa tra Matteo Renzi e Mediaset per la messa in onda dell’ ormai famoso documentario su Firenze prodotto da Lucio Presta. A dirlo è stato, ieri, lo stesso Pier Silvio Berlusconi durante la presentazione della nuova Rete 4, negli studi del Palatino a Roma. “Il documentario di Renzi? Mi piacerebbe trasmetterlo, perché ho stima nei suoi confronti e il prodotto mi sembra curioso e interessante. Ma prima aspettiamo di vederlo, non possiamo acquistare un prodotto che non conosciamo per intero”, ha detto Berlusconi jr. Il tema era già stato dibattuto in estate. Alla presentazione dei nuovi palinsesti a giugno, infatti, il vicepresidente di Mediaset aveva mostrato interesse ma poi, qualche settimana dopo, dal Biscione si era chiusa la porta: “Non ci interessa”. Così Renzi era rimasto senza acquirente. Ma Presta non ha mollato l’ osso e ora l’ ipotesi Mediaset rispunta. E lo stesso Renzi, che ha finito le riprese due settimane fa, negli ultimi giorni si è mostrato fiducioso sul buon andamento della trattativa. Ieri, proprio al Palatino, erano presenti tutti i protagonisti della vicenda. C’ erano Berlusconi jr e Mauro Crippa. C’ era Presta, lì come manager di Barbara Palombelli, conduttrice del nuovo programma Stasera Italia. E c’ era pure Marco Agnoletti, portavoce di Renzi. Ne avranno parlato? “Di questo non so nulla, non me ne sono mai occupato, sono stato invitato da Gerardo Greco e mi ha fatto piacere essere qui”, dice Agnoletti. Berlusconi jr, poi, ha fatto un accenno anche alla situazione in Rai e allo stallo sulla candidatura di Marcello Foa: “Quello che sta accadendo è surreale, ma è una questione totalmente politica che attiene ai rapporti di forza e alle trattative tra i partiti. Per noi comunque non è un vantagio: in Rai ci sono ottimi professionisti che sanno lavorare bene anche in questa situazione”. Sul caso Foa, questa mattina si riunirà la commissione di Vigilanza, dove sembra tramontata l’ ipotesi di presentare, una risoluzione della maggioranza per chiedere al Cda Rai di esprimere un nome. Segno che l’ accordo tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini ormai è vicino e le forzature non servono. I due dovrebbero vedersi nelle prossime ore per chiudere un patto che riguarda pure Regionali, Csm e, si dice, qualche posto nell’ organigramma di Viale Mazzini (il Tg2?). “Decideranno Berlusconi e Salvini, anche perché la vicenda s’ inserisce in un discorso più ampio”, osserva Antonio Tajani. Altro segnale che l’ intesa è a un passo.
“La tv non può trattare i tifosi come fossero bancomat”
Il Fatto Quotidiano
Luca Cardinalini
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Valvole, manopole e passione. Tanta. Di Riccardo Cucchi gli sportivi italiani conoscono la voce e non il viso, come è giusto. “Radiogol” è il riassunto di trenta anni vissuti, minuto per minuto, davanti a un microfono. “Un atto di amore verso la radio e il calcio”, dice. Cosa salva di queste due partite della Nazionale? I ‘vecchi’, Bonucci e Chiellini intendo, e Donnarumma. Un livello tecnico modesto, forse più di quanto pensavamo. E l’ esclusione con la Svezia, ora possiamo dirlo, non è stata casuale. Cosa e quando abbiamo sbagliato? La crisi è un’ adolescente, ha 12 anni, inizia la famosa sera con il cielo azzurro sopra Berlino. Ci siamo cullati su quell’ alloro. I segnali inequivocabili, come le eliminazioni precoci in Sudafrica e Brasile, non siamo stati capaci di leggerli. Ed eccoci qui. Fa tenerezza Mancini sovranista, che invoca “prima gli italiani”, inascoltato. In teoria ha ragione, dovendo pescare in un bacino pari solo al 34% dei titolari in campionato. Non deve dimenticare però che, quando era all’ Inter, giocava spesso con 11 stranieri. Ma prima gli italiani è un messaggio sciocco e antistorico, anche nel calcio. Ventura: capo espiatorio o riabilitato eccellente? Per come l’ ho conosciuto, allenatore di Cagliari, Sampdoria, Torino, era ed è un tecnico di grandi conoscenze calcistiche e personalità. Ha mostrato limiti nella gestione della Nazionale, che è altra cosa. Gli auguro di rialzarsi, ha vissuto una parabola umana pazzesca. Opti Tavecchio Pobà. Buon dirigente dei Dilettanti. Forse non preparato culturalmente per fare il presidente federale. Ma non razzista né sessista, garantisco. L’ Italia pallonara è nel pallone. Da un lato un’ estate di fallimenti, serie B e C stravolte, federazione acefala. Dall’ altro l’ arrivo di CR7 . Qual è il vero volto? Entrambi. Ma negli anni 80-90, da noi, c’ era gente come Maradona, Zico, Platini, Rummenigge. Forse abbiamo una memoria corta. Sacchi dice che le società vogliono solo vincere e per farlo venderebbero l’ anima al diavolo. Impossibile dargli torto. Manca del tutto l’ aspetto del gioco, la cultura della sconfitta. Soprattutto non si insegna più il calcio, con dominio assoluto di fisicità e tattica. Un bambino che prova a dribblare un compagno, si becca i rimproveri del mister. Maradona portava a letto il pallone, in senso letterale, oggi il pallone i ragazzi lo vedono solo alla scuola calcio. Così non si allena, né si aiuta il talento a emergere. Totti, Baggio, Del Piero, anche se ci fossero, chi li vede più? La Juventus vincerà anche quest’ anno? È la società più attrezzata. Stadio di proprietà, squadra femminile, seconda squadra (l’ unica che l’ ha iscritta). Le altre inseguono. Intanto Berlusconi e Galliani, forse, ripartono dal Monza. Meraviglioso. Pura passione, l’ essenza di questo sport. Il calcio è un’ industria potente e particolare, che non produce cioccolatini, ma qualcosa di immateriale: la passione. Attenzione a non dilapidarla. A cosa allude? La troppa televisione, soprattutto a pagamento, ha stravolto tutto. Ma non puoi trattare il tifoso o l’ appassionato come un bancomat, magari vendendogli un servizio che non sei in grado di garantire. Siamo vicini al punto di rottura. Le reti generaliste hanno scoperto che una partita trasmessa in chiaro fa ascolti. Auspico che la Rai acquisti anche una sola partita in diretta del campionato Anche il solo secondo tempo, come 50 anni fa. Anche solo quello. Intanto il video trabocca di opinionisti, ex calciatori ed ex allenatori. Il limite della radio è anche la sua forza: l’ assenza di immagini, hai solo parole. La tv è soprattutto immagini, le parole hanno un altro effetto. Puoi essere stato un grande calciatore, ma se non studi e ti prepari, lo spettatore se ne accorge. La tv come ha cambiato il calcio? In tutti i sensi. È quasi un altro sport. Di sicuro la partita che vedi alla tv non è la stessa di quella che vedi allo stadio. Il rischio è ‘generazionale’: un nativo televisivo, diciamo un bambino che viene educato a guardare il calcio in tv, quando va allo stadio ha uno choc. Chiede: cos’ è questa roba? Esperienza alla Domenica Sportiva . Bilancio? Interessante, ma ho toccato con mano due mondi diversi. Ieri, chi mi fermava mi diceva: ‘Ti ho ascoltato ieri’. Dopo la Ds, chi mi fermava mi diceva: ‘Ti ho visto ieri’, e io allora replicavo: ‘Ma mi hai anche ascoltato?’. I più se ne andavano, senza rispondere.
Ok alla tutela del copyright Ma i grillini stanno coi pirati
Il Giornale
Andrea Canginidi; di
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La contrarietà M5s alla normativa europea che intende tutelare il diritto d’ autore su internet. L’ ostilità dichiarata nei confronti dell’ editoria cartacea. L’ annunciata chiusura domenicale dei negozi e il conseguente vantaggio per i colossi del commercio on line. Se è vero che tre indizi fanno (…) (…) una prova, è dunque provato che il Movimento 5 Stelle svolge opera lobbistica in favore dei colossi del web. Cioè del vero «potere forte» contemporaneo. Quante volte abbiamo sentito Grillo, Casaleggio, Di Maio e Di Battista strepitare contro i «poteri forti», o «le multinazionali», o «la finanza», o il «pensiero unico»? Quasi ogni giorno. Eppure non si ricordano intemerate analoghe contro i colossi del web. Il fatto che Facebook nel 2017 abbia pagato tasse in Italia per appena 120mila euro non li indigna. Né li scandalizza sapere che, tanto per fare un esempio, Airbnb degli 80 milioni dovuti al fisco ne abbia versati solo 19. Un privilegio assurdo a fronte di un potere economico colossale. Ma anche un inedito potere di condizionamento delle coscienze. La carta è infatti passata di moda, oggi la conoscenza passa dal web e chi controlla il web controlla le coscienze. Mai vista prima una simile concentrazione del sapere (e del gusto) in così poche mani. Chi vuole conoscere, oggi, consulta Google e i primi cinque risultati di ogni ricerca sono quelli che danno forma al mondo. Ma chi decide quali sono i primi cinque risultati di una ricerca? Un algoritmo. E chi programma l’ algoritmo? Gli analisti di Google. Possibile che lo facciano in maniera disinteressata? Possibile. Più probabile che lo facciano perseguendo interessi materiali e propagandando una certa visione del mondo. Una visione globale volta a massificare i consumatori. Altro che Gramsci, la vera egemonia culturale è questa. Ed è al servizio non della politica ma dell’ economia. Un’ economia di pochi che condiziona la vita di molti. Ora, posto che quella del web è ormai anche un’ ideologia e che a quell’ ideologia sembra sinceramente aderire buona parte degli eletti grillini, risulta difficile trascurare il fatto che gli eletti grillini dipendono dalla Casaleggio e associati e che per la Casaleggio e associati il web non è solo un’ ideologia ma anche e soprattutto un business. C’ entra qualcosa la proposta di chiusura domenicale dei negozi avanzata da Di Maio col fatto che nel 2016 Davide Casaleggio ha acquistato un dominio che si chiama E-commerce Factor? Diciamo che il dubbio sorge spontaneo: il dubbio di un conflitto di interessi 2.0. Andrea Cangini.
Dal diritto d’ autore alle libertà Così Bruxelles spacca il governo
Il Giornale
Anna Maria Greco
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Anna Maria Greco Roma Gli strali dell’ Europa sul governo gialloverde sono equamente divisi tra i due vicepremier: Antonio Tajani critica il grillino Luigi Di Maio per le parole «infamanti» sul voto sul copyright dell’ Europarlamento che lui presiede, mentre il numero uno della Commissione Ue Jean Claude Juncker si dice «allibito» per i continui attacchi a Bruxelles del leghista Matteo Salvini. Tutto avviene a Strasburgo, dove ieri sono state approvate a larga maggioranza le nuove regole sul diritto d’ autore nell’ era del web, contrari M5S e Lega. «Una vergogna tutta europea» per Di Maio, che su Facebook accusa il Parlamento europeo di aver «legalizzato di fatto la censura preventiva dei contenuti degli utenti su internet con la scusa di questa riforma del copyright». Per il capo del movimento nato dalla rete «stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell». È lo stesso Di Maio che il giorno prima minacciava il taglio dei contributi pubblici ai giornali critici con il governo, sostenendo che devono esserci solo «editori puri». Il nemico numero uno dell’ informazione cerca di trasformarsi in alfiere della libertà del web. Ma Tajani reagisce duramente e chiede al premier Giuseppe Conte di prendere «immediatamente» le distanze dalle parole «infamanti» del vice contro il Parlamento europeo. «Minacciare l’ unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia», ha detto il numero uno di Strasburgo, secondo cui il voto di ieri è «una vittoria per tutti i cittadini dell’ Unione» e «difende la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al Far West digitale», oltre a proteggere i 12 milioni di lavoratori del settore. La battaglia contro i giganti della Rete è «l’ unico modo per assicurare una effettiva libertà di stampa e un contrasto serio alle fake news». Forse, è proprio di questo che il M5S si preoccupa, dopo aver appoggiato tante campagne menzognere, come quella sui vaccini. Poi c’ è Juncker, che sbotta su Salvini, precisando di non aver problemi con l’«amico» premier Conte. «Ma ogni tanto – dice – rimango allibito da questa retorica a cui gioca parte della coalizione di maggioranza e almeno uno dei due vicepremier, con i loro continui attacchi a Bruxelles. Questo non aiuta l’ Italia». Che parli del leader della Lega è chiaro e infatti precisa: «Salvini ha detto che in campagna elettorale, ogni volta che apro bocca, lui guadagna voti. Ecco, io non voglio essere utile a lui, voglio essere utile all’ Italia». Quanto alle manovre leghiste per un fronte popolare-populista-sovranista, è netto: «Non vedo una sola ragione per cui il Ppe possa sviluppare una relazione con Salvini. Abbiamo già Orbán ed è abbastanza». Juncker, che ha tenuto a Strasburgo il suo quarto discorso sullo stato dell’ Unione, racconta di una telefonata con Conte martedì sera. «Parte del governo temeva che l’ attaccassi fortemente. Credevano che volessi reagire nello stesso modo in cui l’ Ue e la Commissione vengono attaccate dal governo». Invece, gli ha ricordato «ciò che l’ Ue e la Commissione hanno fatto per l’ Italia», dagli 882 milioni dal 2015 per l’ immigrazione alla flessibilità per 18 miliardi di spesa in più. «Non è colpa nostra se un ponte è crollato a Genova – ha aggiunto il politico lussemburghese -. Nel bilancio europeo ci sono i soldi per le infrastrutture e bisogna usarli tutti, fino all’ ultimo centesimo».
Mauri presidente di Audipress
Il Giornale
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L’ assemblea dei soci di Audipress ha eletto ieri Ernesto Mauri (ad del gruppo Mondadori) nuovo presidente di Audipress Srl, nominando il consiglio di amministrazione della società per il biennio 2018-2019. Audipress è l’ indagine l’ indagine ufficiale di riferimento per la lettura della stampa quotidiana e periodica in Italia e fornisce i dati di lettura di quotidiani, supplementi di quotidiani, settimanali e mensili e le informazioni sociodemografiche sui lettori per 120 testate attualmente rilevate.
Verso la cessione di Premium a Sky
Il Giornale
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«Penso che eserciteremo l’ opzione» per cedere Premium a Sky. Lo ha detto ieri l’ ad di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi. A fine marzo il gruppo del Biscione si è accordato con Sky per lo scambio di contenuti tra le loro pay tv. L’ intesa comprendeva anche un’ opzione per vendere Premium a Sky.
Copyright, l’ Europa dice sì Stretta sui giganti del web
Il Mattino
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IL CASO BRUXELLES Ha vinto chi ritiene un fatto di civiltà remunerare un’ opera artistica o un articolo di giornale quando circola su Internet. Hanno perso i colossi digitali come Google e Facebook che accumulano profitti anche aggirando il copyright, il diritto d’ autore. E anche chi, trincerandosi dietro la difesa libertà della Rete, in fondo li favorisce. Dopo mesi di contrapposizioni e tensioni, di campagne capillari condotte da Google e compagnia, con una mobilitazione eccezionale sui social pure a suon di fake news, il Parlamento europeo ha sdoganato la sua riforma del diritto d’ autore, 438 sì contro 226 no e 39 astensioni. PRIMO PASSO È solo un primo passo: la partita ora si sposta nel negoziato con i governi e la strada è tutta in salita. Si è dimostrato sostanzialmente compatto il gruppo del Partito popolare; divisioni si sono registrate tra i socialisti e i liberali; verdi contrari; divisi anche i gruppi euroscettici ed eurofobici. Compatto i deputati di Forza Italia, la stragrande maggioranza di quelli del Pd ha votato a favore della tutela del diritto d’ autore, affinchè le piattaforme digitali come YouTube o gli aggregatori di notizie retribuiscano artisti, creatori e produttori di contenuti anche giornalistici. I parlamentari di Lega e M5S hanno votato contro. È già chiaro che il negoziato sarà complicato dalla posizione espressa dal vicepresidente del Consiglio Di Maio, che ha annunciato subito l’ opposizione dell’ Italia al testo della direttiva. ORWELL «Una vergogna tutta europea: il Parlamento Ue ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell. Con la scusa di questa riforma del copyright, il Parlamento europeo ha legalizzato la censura preventiva. È inammissibile. La rete deve essere mantenuta libera e indipendente. Ci batteremo nei negoziati per eliminare questi due provvedimenti orwelliani. Un messaggio per le lobby: questi sono gli ultimi vostri colpi di coda, nel 2019 i cittadini vi spazzeranno via». Felpata la reazione al voto di Google, come è noto attivissima nell’ azione di lobbying a sostegno del no ai principi cardine della nuova legislazione: «Le persone vogliono avere accesso a informazioni di qualità e contenuti creativi online. Abbiamo sempre detto che più innovazione e più collaborazione sono il modo migliore perché si possa raggiungere un futuro sostenibile per l’ informazione e il settore creativo in Europa e siamo impegnati a mantenere una stretta collaborazione con questi settori», ha commentato un portavoce del gruppo. «La direttiva sul copyright è una vittoria per tutti i cittadini, sono state difese la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al Far West digitale, il diritto d’ autore deve essere tutelato fuori e dentro il Web, che non può rappresentare una zona franca dove tutto è permesso ha indicato il presidente del Parlamento Antonio Tajani -. I giganti della Rete, che pagano nell’ Unione tasse irrisorie trasferendo ingenti guadagni negli Usa o in Cina, non possono arricchirsi a spese del lavoro e degli altri. Indipendenza e qualità dei media devono essere salvaguardati». Quanto alla restrizione della libertà di espressione Tajani ha aggiunto: «Non c’ è alcuna restrizione, Wikipedia e tutti gli utilizzi di contenuti a fini educativi sono esplicitamente esclusi dalla direttiva. Così come l’ uso privato dei contenuti via Tinder, eBay o Dropbox. E sono esclusi anche gli utilizzi per parodie (meme), critiche, hyperlinks e i servizi di cloud individuali, start up e pmi». Per l’ europarlamentare del Pd Silvia Costa, «ha vinto l’ Europa della cultura e della creatività contro l’ oligopolio dei giganti del web, la libertà nella responsabilità contro la massiccia campagna di intimidazione nei nostri confronti fatta dai colossi digitali». Il presidente della Fieg (editori italiani) Andrea Riffeser Monti parla di «passaggio importante»: «Continueremo a collaborare con le istituzioni europee nella delicata fase dei negoziati per realizzare in tempi rapidi una riforma equilibrata». Il segretario Fns Raffaele Lorusso dice che «viene sancito il valore del lavoro giornalistico e dell’ informazione professionale, essenziali per la tenuta della democrazia». Per l’ ad Mediaset Pier Silvio Berlusconi il voto di ieri «è una prima vittoria di un percorso fondamentale». Antonio Pollio Salimbeni © RIPRODUZIONE RISERVATA.
I big della Rete responsabili equo compenso per gli editori
Il Mattino
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IL FOCUS ROMA Il mandato negoziale approvato nell’ emiciclo di Strasburgo è molto più di un primo passo cruciale. Peraltro per nulla scontato. Ma la strada è ancora lunga per il via libera definitivo alla tassa sui link e sui video da far pagare a Big Ge i suoi compagni del web, da Youtube a Facebook, per la distribuzioni di contenuti altrui che fruttano nei bilanci di casa miliardi di fatturati pubblicitari. E la difficoltà maggiore del percorso non sarà tanto negli ostacoli, ma nei tempi davvero stretti per superarli. Con il rischio di azzerare tutto con le elezioni europee di maggio 2019. Ecco perchè gli editori e l’ industria discografica alzano i calici alla «democrazia» e alla «civiltà» ma guardano già oltre. Perchè chiedere il via libera definitivo in tempi stretti delle nuove norme Ue sul copyright, è ora la loro principale preoccupazione. L’ ITER IN SSALITA Proprio così, aver strappato il via libera del Parlamento Ue alla proposta della Commissione dopo il rinvio di luglio, vuol dire aver guadagnato il biglietto d’ ingresso alla fase due, quella dei negoziati con i governi. Ma rischia di essere proprio questo il tratto più impervio da percorrere. Il testo della riforma finirà sul tavolo dei negoziati tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue che dovranno concordare un testo comune. Nel frattempo, infatti, i governi hanno già approvato un loro testo e sarà dunque necessario trovare un nuovo compromesso per poter arrivare al via libera definitivo del Parlamento Ue entro la scadenza di maggio 2019. La battaglia, si sa, è tra chi reclama la remunerazione del diritto d’ autore e chi difende invece la libertà di comunicazione elettronica. E chiudere il gap in meno di nove mesi superando il fronte del no alla riforma guidato in prima linea da Luigi di Maio e i Cinquestelle in Italia non sarà facile. Il rischio è quello di andare oltre le elezioni europee di maggio e gettare nel cestino la riforma. Se invece si riuscirà nell’ impresa dell’ ok definitivo, ci vorrà molto tempo prima che i governi recepiscano le nuove norme. E in ogni caso, i nuovi paletti, non saranno legge nei singoli Paesi prima del 2021. LA SVOLTA Il primo dettaglio da non dimenticare è,infatti, che oggi non cambia nulla rispetto a ieri. Ma se si andrà in fondo alla strada, cambierà molto per la macchina dell’ editoria, della musica e della creatività che finora hanno nutrito praticamente gratis le piattaforme on-line. I giganti del web come Google, Youtube e Facebook, dovranno remunerare con un «equo e proporzionato compenso» i contenuti prodotti da artisti e giornalisti, che diventano nello stesso tempo responsabili, con tanto di sanzioni, per le violazioni sul diritto d’ autore dei contenuti da loro ospitati. In realtà la direttiva sul copyright è stata emendata in profondità rispetto al testo originario, ma ha sostanzialmente conservato, seppure con dei correttivi, i due articoli più controversi:l’ 11 e il 13. L’ articolo 11, diventato noto come «link tax», è stato corretto in questo modo: i link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente, mentre gli snippet (foto e breve testo di presentazione di articoli) dovranno essere remunerate dalle piattaforme online che le utilizzano. Il compenso è quanto i servizi online dovrebbero pagare agli editori giornalistici per sfruttare a fini commerciali quest’ anteprima. La grande domanda è se Google chiuderà Google News in Europa (come fatto in Spagna, con conseguenze soprattutto per gli editori minori) e come Facebook tratterà in modo diverso i link di notizie, oppure se si troverà un accordo con gli editori. Dall’ articolo 13, invece, scompare il filtro «automatico». Non ci sono filtri sui contenuti ma una cooperazione tra piattaforme e detentori dei diritti «concepita in modo da evitare che colpisca anche le opere che non violano il copyright». Le piattaforme dovranno quindi istituire dei meccanismi rapidi di reclamo, gestiti da persone e non da algoritmi, per presentare ricorso contro un’ ingiusta eliminazione di contenuti. Le nuove regole tutelano infine, musicisti, artisti, interpreti e sceneggiatori. Sono escluse invece, le enciclopedie online senza fini commerciali, come Wikipedia, ma anche repertori didattici o scientifici. Roberta Amoruso © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Retequattro riparte dai talk «ma restiamo generalisti»
Il Mattino
Fabrizio Corallo
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Il restyling di Rete 4 passa dalla ribadita centralità romana e dal già in onda «Stasera Italia» condotto dal lunedì al venerdì alle 20.30 da Barbara Palombelli, a cui sarà accompagnato da stasera, ogni giovedì, «Viva l’ Italia- Oggi e domani», con Gerardo Greco, in onda anche col Tg 4 di cui è il neo direttore ogni giorno alle 12 e alle 18.55. Tanti i talk: da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero con «Quarto grado» a Nicola Porro con «Quarta repubblica», da Mario Giordano con «Fuori dal coro» a Maurizio Belpietro che ha firmato un contratto per un progetto ancora da definire, e Paolo De Debbio, che però potrebbe finire anche su un’ altra rete Mediaset. Ma non solo: i martedì, dal 30 ottobre, c’ è Roberto Giacobbo con «Freedom – Oltre il confine», divulgazione in 4K, la sera dopo Piero Chiambretti protagonista dal 17 ottobre di «CR4 – La Repubblica delle donne». «Il nostro non diventerà un canale all news ma resterà generalista», promette però il direttore Sebastiano Lombardi, confermando spazi per i film e le soap («Il segreto» arriva in prima serata). Il direttore dell’ informazione Mediaset, Mauro Crippa, chiede pazienza sugli ascolti perché «nessuno crede che si possano registrare impennate clamorose in pochi giorni». Pier Silvio Berlusconi, come amministratore delegato del gruppo, conferma: «Siamo un’ azienda quotata in Borsa, lo share conta. Ma è una sfida che affrontiamo con serenità e che affrontiamo con il gusto di fare gli editori. Noi abbiamo pazienza, la gara la facciamo su noi stessi, in termini di obiettivi che vogliamo raggiungere e di risultati ottenuti. La nuova Retequattro è una rete generalista con l’ informazione come pilastro: la garanzia sta nella qualità dei protagonisti, della squadra. Sarà una rete polifonica, dobbiamo garantire buon gusto e rispetto». In ballo c’ è, intanto, la cessione della piattaforma di Premium a Sky: «Tutto procede in quella direzione, abbiamo comunque tempo per esercitare l’ opzione. Premium rimarrà un nostro marchio di cinema e serie». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Pragmatica o ideologica i due volti dell’ Europa
Il Messaggero
Alessandro Campi
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Ieri si sono viste all’ opera le due facce dell’ Europa: quella pragmatica, che prova ad affrontare i problemi che attraversano le società contemporanee e toccano direttamente la vita dei cittadini; e quella moralistico-pedagogica, che dietro le grandi battaglie sui diritti e i valori nasconde spesso un dogmatismo a sfondo religioso che è il contrario delle libertà che si vorrebbero difendere. Il voto del Parlamento europeo sul diritto d’ autore, arrivato dopo molte polemiche, ha sancito l’ idea che anche in Rete la creatività intellettuale debba essere difesa e adeguatamente compensata. Sinora, con la scusa del libero e incondizionato accesso di tutti a tutto, si era nella sostanza favorito lo sfruttamento commerciale da parte dei giganti del web dei contenuti informativi e giornalistici prodotti dal sistema dei media tradizionale. Nell’ immediato futuro piattaforme di condivisione e aggregatori di notizie dovranno invece spartire equamente i loro guadagni con artisti, giornalisti ed editori. Davvero non si capisce dove stia lo scandalo o l’ attentato alla libertà d’ espressione, tenuto anche conto del fatto che le enciclopedie online senza fini commerciali (come Wikipedia) e le piattaforme per la condivisione di software open source saranno esentate dal rispetto delle nuove regole sul copyright. A meno che non si ritenga normale e democratico, come è avvenuto sino ad oggi, che qualcuno possa arricchirsi col lavoro intellettuale altrui. I diritti d’ autore, ampiamente tutelati nel mondo reale, perché non dovrebbero esserlo in quello virtuale? Quanto ai cittadini e agli utenti, il loro problema come ormai si è capito non è avere informazioni d’ ogni tipo purché gratuite e facilmente accessibili, ma averne di attendibili e serie. La falsità di molta della merce che attualmente circola in Rete non è forse l’ attentato peggiore che si possa fare alla vita democratica e all’ autonomia di giudizio dei singoli? Ma ieri l’ assemblea di Strasburgo mostrando in questo caso la sua faccia al tempo stesso ideologicamente settaria e politicamente poco lungimirante ha anche approvato la risoluzione con cui si chiede al Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’ Ue di attivare contro l’ Ungheria (colpevole d’ aver gravemente derogato ai valori di pluralismo e tolleranza su cui l’ Europa s’ è costruita) la procedura prevista dall’ articolo 7 del Trattato dell’ Unione Europea e che come sanzione estrema prevede la sospensione del diritto di voto in seno al Consiglio. Accusata d’ essere debole e passiva contro l’ avanzata dei populismi che minacciano i regimi liberali, ieri l’ Europa (la sua parte più civile e democratica) avrebbe in realtà trasmesso un segnale di vitalità e autorevolezza. Orbán, considerato il nemico interno capofila dei sovranisti che vorrebbero distruggere l’ Europa per conto di Trump e Putin, è stato pubblicamente isolato. Ma davvero la votazione di ieri è stata un segnale di forza politica e una decisione capace di mettere in difficoltà il fronte cosiddetto populista? D’ altro canto, il bando contro Orbán basterà a risolvere la crisi di fiducia e credibilità che da anni attanaglia le istituzioni europee o a ricomporre la frattura geopolitica e culturale che ormai esiste fra il blocco europeo occidentale e quello orientale e che non può essere considerata solo il frutto delle differenze visioni che essi hanno in materia di immigrazione? Basta convincersi (e convincere l’ opinione pubblica) che Orbán sia uno xenofobo e un potenziale dittatore per rimuovere o neutralizzare il malessere psicologico e le inquietudini politiche che alimentano i movimenti populisti ormai ovunque in Europa? Sul piano pratico, bisognerebbe innanzitutto chiedersi quanto realmente funzionino specie dopo quel che è successo in Italia con la vittoria alle elezioni di leghisti e grillini gli appelli a coalizzare i buoni democratici (d’ ogni colore politico) contro i cattivi populisti. Se il problema contingente è arginare questi ultimi in vista delle prossime elezioni europee forse bisognerà inventarsi qualcosa di diverso rispetto a campagne allarmistiche e a grandi coalizioni repubblicane alle quali gli elettori per primi risultano ormai insensibili. Anche le strategie di demonizzazione sembrano lasciare il tempo che trovano. Le sanzioni decise già nel 2000 contro il governo austriaco guidato da Wolfang Schussel e appoggiato da Joerg Haider a distanza di anni hanno tutt’ altro che fermato i populisti in quel Paese. Gli ungheresi cederanno questa volta alla pedagogia di Bruxelles e smetteranno di credere in Orbán dopo averlo eletto già quattro volte o si convinceranno definitivamente che, come ha detto ieri intervenendo in aula, il suo unico scopo è difendere la nazione ungherese contro coloro che vogliono distruggerla? Un’ ossessione identitaria che per molti osservatori sa di razzismo e di fascismo, ma che in realtà nasconde una frattura politico-culturale che spiega molti dei contrasti e dei risentimenti che attualmente attraversano l’ Europa. Bisognerebbe infatti stare attenti all’ imbroglio intellettuale o alle semplificazioni di chi, per eccesso di zelo politico, vorrebbe buttare l’ acqua sporca del nazionalismo col bambino (si fa per dire, visti i secoli che ha alle spalle) dello Stato-nazione. O convincere l’ opinione pubblica che nel Vecchio continente ormai ci si divide come ha sostenuto di recente Nadia Urbinati tra difensori del tribalismo e partigiani dell’ umanità, come se in mezzo a queste due forme estreme d’ aggregazione politica (il clan etnico e il mondo globale) non ci sia ormai nient’ altro. Ci sono in realtà le nazioni e gli Stati che dell’ Europa sono il fondamento storico-spirituale ma che un certo europeismo messianico tende invece a considerare un ostacolo sulla via di una compiuta integrazione continentale: una forma di sentimento o appartenenza collettiva da rimuovere come realtà vitale o da ridurre ad una dimensione puramente formalistica (il patriottismo costituzionale) o folcloristica. La democrazia illiberale d’ ispirazione cristiana di cui parla Orbán nei suoi comizi è chiaramente un tema propagandistico. Ma il fatto che egli si erga a difensore del diritto dei popoli a salvaguardare la loro identità culturale e la loro sovranità politica aggrava paradossalmente le colpe di coloro socialisti, popolari, liberali che hanno lasciato ai leader populisti (e a dottrinari alla Steve Bannon) l’ esclusiva su simili temi. Storicamente lo Stato-nazione ha rappresentato, in particolare nell’ esperienza dei Paesi occidentali, il baluardo delle libertà personali e della democrazia. Averne fatto un sinonimo di razzismo e una forma di particolarismo intollerante è il capolavoro ideologico perverso di un’ Europa che evidentemente non si riconosce più nella sua stessa storia e che forse proprio per questo ha smesso di suscitare passioni autentiche e speranze nel futuro. Un’ Europa che appunto ieri ci ha mostrato quanto essa possa essere utile ai suoi cittadini, allorché opera con spirito pratico, e quanto invece rischi di essere dannosa alla sua stessa causa, allorché si erge a modello astratto di civiltà. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Copyright, l’ Europa dice sì Stretta sui giganti del web
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LA GIORNATA BRUXELLES Ha vinto chi ritiene un fatto di civiltà remunerare un’ opera artistica o un articolo di giornale quando circola su Internet. Hanno perso i colossi digitali come Google e Facebook che accumulano profitti anche aggirando il copyright, il diritto d’ autore. E anche chi, trincerandosi dietro la difesa libertà della Rete, in fondo li favorisce. Dopo mesi di contrapposizioni e tensioni, di campagne capillari condotte da Google e compagnia, con una mobilitazione eccezionale sui social pure a suon di fake news, il Parlamento europeo ha sdoganato la sua riforma del diritto d’ autore, 438 sì contro 226 no e 39 astensioni. PRIMO PASSO È solo un primo passo: la partita ora si sposta nel negoziato con i governi e la strada è tutta in salita. Si è dimostrato sostanzialmente compatto il gruppo del Partito popolare; divisioni si sono registrate tra i socialisti e i liberali; verdi contrari; divisi anche i gruppi euroscettici ed eurofobici. Compatto i deputati di Forza Italia, la stragrande maggioranza di quelli del Pd ha votato a favore della tutela del diritto d’ autore, affinchè le piattaforme digitali come YouTube o gli aggregatori di notizie retribuiscano artisti, creatori e produttori di contenuti anche giornalistici. I parlamentari di Lega e M5S hanno votato contro. È già chiaro che il negoziato sarà complicato dalla posizione espressa dal vicepresidente del Consiglio Di Maio, che ha annunciato subito l’ opposizione dell’ Italia al testo della direttiva. ORWELL «Una vergogna tutta europea: il Parlamento Ue ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell. Con la scusa di questa riforma del copyright, il Parlamento europeo ha legalizzato la censura preventiva. È inammissibile. La rete deve essere mantenuta libera e indipendente. Ci batteremo nei negoziati per eliminare questi due provvedimenti orwelliani. Un messaggio per le lobby: questi sono gli ultimi vostri colpi di coda, nel 2019 i cittadini vi spazzeranno via». Felpata la reazione al voto di Google, come è noto attivissima nell’ azione di lobbying a sostegno del no ai principi cardine della nuova legislazione: «Le persone vogliono avere accesso a informazioni di qualità e contenuti creativi online. Abbiamo sempre detto che più innovazione e più collaborazione sono il modo migliore perché si possa raggiungere un futuro sostenibile per l’ informazione e il settore creativo in Europa e siamo impegnati a mantenere una stretta collaborazione con questi settori», ha commentato un portavoce del gruppo. «La direttiva sul copyright è una vittoria per tutti i cittadini, sono state difese la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al Far West digitale, il diritto d’ autore deve essere tutelato fuori e dentro il Web, che non può rappresentare una zona franca dove tutto è permesso ha indicato il presidente del Parlamento Antonio Tajani -. I giganti della Rete, che pagano nell’ Unione tasse irrisorie trasferendo ingenti guadagni negli Usa o in Cina, non possono arricchirsi a spese del lavoro e degli altri. Indipendenza e qualità dei media devono essere salvaguardati». Quanto alla restrizione della libertà di espressione Tajani ha aggiunto: «Non c’ è alcuna restrizione, Wikipedia e tutti gli utilizzi di contenuti a fini educativi sono esplicitamente esclusi dalla direttiva. Così come l’ uso privato dei contenuti via Tinder, eBay o Dropbox. E sono esclusi anche gli utilizzi per parodie (meme), critiche, hyperlinks e i servizi di cloud individuali, start up e pmi». Per l’ europarlamentare del Pd Silvia Costa, «ha vinto l’ Europa della cultura e della creatività contro l’ oligopolio dei giganti del web, la libertà nella responsabilità contro la massiccia campagna di intimidazione nei nostri confronti fatta dai colossi digitali». Il presidente della Fieg (editori italiani) Andrea Riffeser Monti parla di «passaggio importante»: «Continueremo a collaborare con le istituzioni europee nella delicata fase dei negoziati per realizzare in tempi rapidi una riforma equilibrata». Il segretario Fns Raffaele Lorusso dice che «viene sancito il valore del lavoro giornalistico e dell’ informazione professionale, essenziali per la tenuta della democrazia». Per l’ ad Mediaset Pier Silvio Berlusconi il voto di ieri «è una prima vittoria di un percorso fondamentale». Antonio Pollio Salimbeni © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Da Fb a Youtube, più controlli ed equo compenso agli editori
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IL FOCUS ROMA Il mandato negoziale approvato nell’ emiciclo di Strasburgo è molto più di un primo passo cruciale. Peraltro per nulla scontato. Ma la strada è ancora lunga per il via libera definitivo alla tassa sui link e sui video da far pagare a Big Ge i suoi compagni del web, da Youtube a Facebook, per la distribuzioni di contenuti altrui che fruttano nei bilanci di casa miliardi di fatturati pubblicitari. E la difficoltà maggiore del percorso non sarà tanto negli ostacoli, ma nei tempi davvero stretti per superarli. Con il rischio di azzerare tutto con le elezioni europee di maggio 2019. Ecco perchè gli editori e l’ industria discografica alzano i calici alla «democrazia» e alla «civiltà» ma guardano già oltre. Perchè chiedere il via libera definitivo in tempi stretti delle nuove norme Ue sul copyright, è ora la loro principale preoccupazione. L’ ITER IN SALITA Proprio così, aver strappato il via libera del Parlamento Ue alla proposta della Commissione dopo il rinvio di luglio, vuol dire aver guadagnato il biglietto d’ ingresso alla fase due, quella dei negoziati con i governi. Ma rischia di essere proprio questo il tratto più impervio da percorrere. Il testo della riforma finirà sul tavolo dei negoziati tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue che dovranno concordare un testo comune. Nel frattempo, infatti, i governi hanno già approvato un loro testo e sarà dunque necessario trovare un nuovo compromesso per poter arrivare al via libera definitivo del Parlamento Ue entro la scadenza di maggio 2019. La battaglia, si sa, è tra chi reclama la giusta remunerazione del diritto d’ autore e chi difende invece la libertà di comunicazione elettronica. E chiudere il gap in meno di nove mesi superando il fronte del no alla riforma guidato in prima linea da Luigi di Maio e i Cinquestelle in Italia, non sarà certo facile. Il rischio è quello di andare oltre le elezioni europee di maggio e gettare nel cestino la riforma. Se invece si riuscirà nell’ impresa dell’ ok definitivo, ci vorrà molto tempo prima che i governi recepiscano le nuove norme. E in ogni caso, i nuovi paletti, non saranno legge nei singoli Paesi prima del 2021. LA SVOLTA Il primo dettaglio da non dimenticare è, infatti, che oggi non cambia nulla rispetto a ieri. Ma se si andrà in fondo alla strada, cambierà molto per la macchina dell’ editoria, della musica e della creatività che finora hanno nutrito praticamente gratis le piattaforme on-line. I giganti del web come Google, Youtube e Facebook, dovranno remunerare con un «equo e proporzionato compenso», secondo precisi accordi di licenza, i contenuti prodotti da artisti e giornalisti. Gli stessi giganti diventano anche responsabili, con tanto di sanzioni, per le violazioni sul diritto d’ autore dei contenuti ospitati. In realtà la direttiva sul copyright è stata puntualmente emendata rispetto al testo originario, ma ha conservato, seppure con dei correttivi, i due articoli più controversi. L’ articolo 11, meglio noto come «link tax», è stato corretto in questo modo: i link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente, mentre gli snippet (breve testo di presentazione di articoli) dovranno essere remunerate dalle piattaforme online che le utilizzano. Il compenso è quanto i servizi online dovrebbero pagare agli editori giornalistici per sfruttare a fini commerciali quest’ anteprima. Le grandi domanda su questo fronte sono due. Google chiuderà Google News in Europa (come fatto in Spagna, con conseguenze soprattutto per gli editori minori) E Facebook tratterà in modo diverso i link di notizie, oppure se si troverà un accordo con gli editori? Dall’ articolo 13, invece, scompare il filtro «automatico». Non ci sono filtri sui contenuti ma una cooperazione tra piattaforme e detentori dei diritti, in modo da evitare che colpisca opere che non violano il copyright. Le piattaforme dovranno quindi istituire dei meccanismi rapidi di reclamo, gestiti da persone e non da algoritmi, per presentare ricorso contro un’ ingiusta eliminazione di contenuti. Per il resto, le nuove regole tutelano anche musicisti, interpreti e sceneggiatori. Escluse invece, le enciclopedie online senza fini commerciali, come Wikipedia, così come i repertori didattici o scientifici. Roberta Amoruso © RIPRODUZIONE RISERVATA.
I link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente dalle grandi …
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I link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente dalle grandi piattaforme on-line, mentre gli snippet (foto e breve testo di presentazione di articoli) saranno coperti da copyright. Anche ai giornalisti potrà andare una quota della remunerazione ottenuta dagli editori.
Informazione e star: la ricetta di Retequattro
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ILARIA RAVARINO
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LA SVOLTA Retequattro è morta, viva Retequattro. Prende il via ufficialmente stasera, con il varo del talk W L’ Italia di Gerardo Greco, la nuova era della ex rete Cenerentola di Mediaset, annunciata a luglio dall’ amministratore delegato Mediaset Piersilvio Berlusconi. Rottamate le soap, i film bellissimi e i tg sbilanciatissimi, i talk urlati e i melodrammi a puntate, il tasto quattro del telecomando si libera di qualche centimetro di polvere e si rifa il look: nuovo logo, rosso e arrotondato, jingle motivazionale (il tormentone Whatever it takes degli Imagine Dragons) e un palinsesto che sbircia La7 senza perdere per strada il pubblico di riferimento, cresciuto tra Emilio Fede e Topazio. «Non sfidiamo nessuno – ha chiarito ieri in apertura della conferenza stampa Berlusconi – la prima competizione è quella con noi stessi». RIFONDAZIONE Il mantra, ripetuto fino allo sfinimento dal direttore di rete Sebastiano Lombardi, è: «Rifondiamo il brand, ma non tradiamo gli spettatori». Ovvero «non stiamo costruendo una rete all news popolare, ma una rete generalista, che racconti la realtà anche attraverso le news». L’ informazione, insomma, sarebbe solo il primo mattone di una ricostruzione «che prenderà del tempo, chiediamo a tutti di avere pazienza sugli ascolti – ha messo le mani avanti il direttore generale per l’ informazione Mauro Crippa – nessuno punta a ottenere ascolti fantasmagorici in poche settimane. Iniziamo una storia lunga: avremo alti, bassi e dispiaceri. Ma la nostra sensazione è che oggi ci sia un gran bisogno di informazione. Sembra un paradosso, ma più informazione circola, e più bisogna stare attenti, perché aumentano le notizie fake». Come quella, circolata ieri in rete, di Silvio Berlusconi colpito da un ictus: «Un fake, il dottor Berlusconi sta benissimo». Avanguardia del nuovo corso, e unica donna sul palco della conferenza stampa (Ci sono così tante donne su Canale 5 – ha scherzato Berlusconi – che su Retequattro abbiamo dovuto tutelare le quote azzurre), Barbara Palombelli condurrà Stasera Italia, talk serale quotidiano di attualità che per la conduttrice «recupera il dna impegnato di Retequattro, la rete che fu di anche di Montanelli, una rete nata nel 1982 grazie all’ impegno di editori della carta stampata e della famiglia Berlusconi». In onda prima di Palombelli, alle 12 e alle 18,55, è però il nuovo Tg4 di Gerardo Greco a dettare la linea delle news: «I toni? A garanzia dell’ equilibrio c’ è la professionalità della squadra. Sarà una rete polifonica con diversi colori, conduzioni rispettose e di buon gusto». BATTESIMO DEL FUOCO Il battesimo del fuoco stasera, con la prima puntata di W L’ Italia, che Greco definisce un «reality emotivo molto ancorato alle storie, che prova a raccontare le realtà che non vediamo». Primo tema: l’ immigrazione. Primo ospite, il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Dal 14 sarà invece la volta di Gianluigi Nuzzi, confermato alla guida di Quarto Grado («Ripartiremo da quanto accaduto a Genova, proveremo a capire la natura del crollo del ponte Morandi»), e poi gli ex Rai Nicola Porro, con il talk Quarta Repubblica, e Roberto Giacobbo con Freedom: se per Giacobbo la sfida sarà migliorare i risultati già ottenuti altrove con Voyager, puntando sulla divulgazione patinata con immagini in alta definizione, per Porro il problema sarà sdoppiarsi tra la conduzione di Matrix e Quarta Repubblica. Che, a sorpresa, vedrà anche il contributo di Paolo Hendel nei panni di un ospite «sovranista e iperpopulista». Promosso in prima serata Piero Chiambretti, alla guida del varietà CR4 La Repubblica delle Donne, Berlusconi promette uno spazio anche a Mario Giordano, già prenotato dopo il Tg della sera con Fuori dal coro, e a Del Debbio, per il quale «lavoriamo ad alcuni progetti su Retequattro o altra rete». Apertura massima a Vittorio Sgarbi, orfano degli Sgarbi Quotidiani ma «nostro grande amico e presente sicuramente come ospite e opinionista», freddezza al limite del gelo per Maurizio Belpietro, epurato eccellente della nuova Retequattro. «Non escludo che lavoreremo ancora con lui, ma non subito», ha detto Berlusconi. Il futuro è segnato, pensando anche al satellite. Un annuncio: «Da ottobre tutte le reti in chiaro di Mediaset saranno sulla piattaforma satellitare di Sky»; mentre continua ad avanzare il progetto di cedere alla tv di Murdoch la piattaforma Premium. Con la raccolta pubblicitaria che Berlusconi definisce «ottima durante i mondiali, buona anche dopo», e la Rai in stallo («Ma questa dinamica non ci avvantaggia») la rete già pensa al futuro. Coltivando progetti alternativi di intrattenimento, come il programma tarato sulla coppia Blasi-Totti («Rivendico di essere stato il primo ad avere l’ idea. Quando la proposi non era il momento per via degli impegni di entrambi, Adesso chissà») o l’ ingresso di un eccellente nella squadra della rete: Matteo Renzi, cui l’ ad Mediaset aprirebbe volentieri le porte. «Prima di decidere se vogliamo il suo documentario su Firenze dobbiamo vederlo. Lo aspettiamo, una volta che sarà finito lo prenderemo in visione. Detto, ciò a me piacerebbe averlo sulle nostre reti, perché stimo Renzi, sono curioso e sono sicuro che si tratterà di un prodotto di qualità». Ilaria Ravarino © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Mediaset ha deciso la sorte di Premium: finirà in dote a Sky
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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roma L’ accordo del venerdì di Pasqua fra i due (ex) eterni duellanti della tv italiana, Mediaset e Sky, sta per arrivare a uno step spartiacque. Ieri da Roma dove ha presentato la nuova Retequattro, fresca di restyling, il numero uno di Mediaset Pier Silvio Berlusconi ha fatto capire che si pensa di procedere alla vendita della “piattaforma” Premium a Sky. «Penso – ha detto Pier Silvio Berlusconi- che andremo in quella direzione ed eserciteremo l’ opzione». Una vendita che rappresenta la seconda gamba dell’ intesa di fine marzo, accanto allo sbarco di Sky sul digitale terrestre e all’ aumento della library per la pay tv di Murdoch con i canali di cinema e serie Premium. C’ è tempo fino a fine anno (l’ accordo parlava di finestra temporale qualsiasi fra novembre e dicembre) e se Mediaset decide di vendere ciò che ha già inserito nel veicolo societario R2, controllato al 100%, Sky deve comprare. Nell’ eventualità servirà il placet di Agcom e Antitrust. Una precisazione diventa però d’ obbligo: non è Premium che sarebbe venduta a Sky, ma l’ infrastruttura su cui si poggia il tutto. Insomma, la parte “operation” comprensiva di gestione del billing, del customer care, del marketing, della parte tecnologica. La conseguenza, inevitabile, è il depotenziamento di Premium come pay tv pur rimanendo (almeno questo è il mood del momento) editore dei canali con il proprio marchio. «Poi vedremo se integrare questa proposta con Infinity», la “on demand” del gruppo” che da qualche giorno ha stretto un bundle commerciale con Dazn per permettere ai clienti di avere a prezzo scontato i contenuti di entrambi. Altra conseguenza è la definitiva rifocalizzazione nel core business della tv free. Una delle maggiori scommesse in questo senso è la nuova Retequattro: «Una rete “polifonica”», oltre che «una scommessa editoriale importante e bellissima». Più informazione e attualità, ma «rimarremo una rete generalista». Il pensiero corre inevitabilmente a La7, ma da Mediaset respingono il parallelo con la tv di Urbano Cairo, peraltro reduce da una stagione brillante in cui ha aumentato del 14% l’ audience e del 10,5% la share (dati Auditel elaborati dallo studio Frasi). «Abbiamo messo un punto di inizio e non c’ è stato nessun pentimento sul passato, anzi» ha invece replicato Pier Silvio Berlusconi alla domanda su quanto il riposizionamento sia stato dettato dalla volontà di mettersi alle spalle di quei talk show del “tutti contro tutti” che si pensa possano aver dato una mano a M5S e Lega alle ultime elezioni. Una prova, fa capire, ne è il programma di approfondimento di Mario Giordano. L’ offerta di Retequattro comprende così Gianluigi Nuzzi, Gerardo Greco, Barbara Palombelli, Piero Chiambretti, Roberto Giacobbo, Nicola Porro. Il parterre è nutrito con l’ obiettivo primo «di non perdere ascoltatori» e con l’ idea di «avere pazienza. Tireremo le somme fra due anni». Ascolti in più arriveranno ora con il ritorno su Sky di Retequattro, come di tutti gli altri canali in chiaro del gruppo, «entro ottobre», dopo tre anni di assenza per una tenzone sui fee di ritrasmissione. Ieri peraltro la Rai ha comunicato che da oggi Rai 4 non sarà più alla posizione 104 di Sky. «Come non abbiamo avuto particolari problemi allora, così non abbiamo particolari aspettative oggi» dice comunque un Pier Silvio Berlusconi che guarda con fiducia alla raccolta pubblicitaria («stiamo andando meglio del mercato in un momento difficilissimo») spinta dai Mondiali, che non chiude la porta al documentario di Matteo Renzi – aspettando «di vedere il prodotto fatto e finito» prima di decidere – e saluta con favore l’ accordo sul copyright al Parlamento europeo. «È una prima vittoria in un percorso fondamentale. Trovo fuori luogo le polemiche», ha detto facendo correre il pensiero alla posizione del vicepremier Luigi Di Maio. Di sicuro saranno state accolte con favore dai giornalisti le parole sulla scelta di Roma come “centro” della nuova Retequattro, mettendo da parte il progetto di riassetto delle testate e il trasferimento a Milano. «L’ attaccamento di Mediaset» per Roma ha prevalso «sulle ragioni economiche». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Cairo, il ritorno alla cedola è «una ipotesi che può diventare realtà»
Il Sole 24 Ore
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Il titolo Rcs corre in Borsa sull’ ipotesi di un ritorno alla cedola. Ieri le azioni del gruppo editoriale hanno archiviato le contrattazioni in rialzo del 2,02% a 0,96 euro. Il dividendo per gli azionisti di Rcs «è un’ ipotesi che potrebbe diventare realtà», ha dichiarato ieri il presidente e amministratore delegato di Rcs, Urbano Cairo. «La decisione sul dividendo – ha spiegato Cairo, a margine della presentazione del Festival dello Sport – la proporrà il consiglio per poi essere approvata dall’ assemblea. È un’ ipotesi che se le cose continueranno andare bene come sono andati nei primi sei mesi dell’ anno, sicuramente potrà essere una cosa che diventa realtà». Alla base della scelta «gli ottimi numeri» ottenuti sulla raccolta pubblicitaria. «Le cose – ha aggiunto Cairo – vanno bene. L’ andamento è sempre positivo, c’ è una buona tendenza dal punto di vista della pubblicità. Il periodo gennaio-agosto per quanto riguarda Rcs ci ha portato ad un incremento della raccolta pubblicitaria rispetto allo scorso anno del 2%. Sta andando molto bene anche La7, che ha avuto un luglio da +4,5% e un agosto eccellente, con un incremento della raccolta del 18%. Sono numeri molto belli».
LA BUONA INFORMAZIONE CHE GARANTISCE I DIRITTI
Il Sole 24 Ore
Carlo Melzi d’ Eril e Giulio Enea Vigevani
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In un sol giorno il Parlamento europeo ha battuto due colpi, entrambi significativi per la garanzia dei diritti in Europa. Con ampie maggioranze, ha dato il via libera alla procedura che può condurre a sanzionare l’ Ungheria per la violazione dei valori fondamentali dell’ Unione (si vedano gli articoli a pagina 17) e ha approvato la proposta di direttiva sul diritto d’ autore nel mercato unico digitale. Sono solo due tappe di processi lunghi, i cui esiti sono ancora incerti. Mostrano, però, che l’ Europa non è solo mercato o finanza ma anche l’ arena ove si combatte la battaglia sui diritti dell’ uomo. Concentriamoci sull’ approvazione della direttiva sul copyright: essa non implica una rivoluzione copernicana nel rapporto tra editori e giganti della rete. Tale esito, per nulla scontato, costituisce però un’ inversione di tendenza, rispetto a un processo che si credeva inarrestabile e che aveva stretto autori ed editori in una tenaglia tra gli interessi delle multinazionali del web e quelli di chi pensa di poter avere subito e senza un costo ogni contenuto presente in rete. In altri termini, il voto di Strasburgo sembra aprire nuove prospettive nei rapporti tra creatori di contenuti e grandi aggregatori e, più in generale, nel riconoscimento anche in rete di principi e diritti patrimonio della nostra civiltà europea. In una prima prospettiva, si coglie la consapevolezza di un necessario riequilibrio economico rispetto a oggi, attraverso la «giusta e proporzionata remunerazione» per l’ uso digitale delle opere dell’ ingegno, anche per conferire una concreta dignità al lavoro intellettuale. Una seconda prospettiva riguarda il rapporto fra il diritto d’ autore e la rete. In altre parole, sul terreno della direttiva si gioca una battaglia tra chi vorrebbe adattare il diritto d’ autore alla rete, mantenendo il principio secondo cui l’ opera intellettuale è nella disponibilità del suo autore, e chi ritiene che tale diritto sia destinato a dissolversi nella rete, con il corollario per cui l’ opera una volta inserita nel circuito deve godere della libera fruibilità urbi et orbi. Come se la facilità tecnica nella diffusione dovesse condizionare i principi, per cui non resterebbe altro che prendere atto dell’ ineluttabilità di una libera (e gratuita) circolazione. L’ impressione, dunque, è che la conclusione positiva o negativa dell’ iter della direttiva possa contribuire a spostare di qualche grado i comportamenti collettivi e così anche a modificare il mondo del futuro, in un’ ottica di continuità con il passato o di netta rottura. E questo ci porta alla terza prospettiva, che riguarda, senza voler esagerare con le parole, la vita democratica, perché incide sulla salute del principale contropotere, l’ informazione professionale. Facciamo un passo indietro: la libertà di manifestazione del pensiero non è solo un diritto ma anche una condizione indispensabile affinché sia realizzabile il controllo del potere. Consentire ai giornali di essere economicamente indipendenti, in ragione del successo e quindi della qualità del loro lavoro, contribuisce a mantenerli liberi e a creare un contesto nel quale è più facile che nasca e prosperi una informazione autorevole. Insomma, pur senza estremizzare, l’ impressione è che intorno alla discussione sulla direttiva, in sede istituzionale ma anche nei dibattiti pubblici, non vi sia solo un confronto dettato da interessi economici tra due soggetti, giganti della rete ed editori, incomparabili quanto a forza. Vi è in corso un contraddittorio più generale fra due modelli di società. E, in quest’ ottica, se si vuole arginare l’ attuale crisi dello stato liberal-democratico, non si può essere passivi davanti alla crisi di uno degli elementi essenziali che ha sostenuto questo sistema: una stampa forte e libera. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Sì Ue alla nuova legge sul copyright Ma Lega e M5S votano contro
Il Sole 24 Ore
Roberto Da Rin
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strasburgo Internet potrebbe non esser più lo stesso. I giganti del Web dovranno remunerare i contenuti prodotti da giornalisti e artisti. Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla proposta di direttiva sui diritti d’ autore nel mercato unico digitale. La proposta sul Copyright è stata adottata con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni. Un risultato che va al di là delle aspettative delle vigilia, anche se l’ iter non è terminato. La normativa approvata ieri regola i rapporti tra detentori di diritti e grandi piattaforme. Gli utenti dovrebbero essere più tutelati. Gli eurodeputati hanno approvato alcune modifiche proposte dal relatore Axel Voss agli articoli 11 e 13, quelli contestati. L’ articolo 11 introduce l’ obbligo di pagamento per l’ utilizzo delle notizie da parte di Google, Facebook (ma non Wikipedia). La nuova direttiva sul copyright vorrebbe ribilanciare il rapporto tra le piattaforme online e gli editori, che subiscono uno “sfruttamento” dei loro contenuti senza incassare un adeguato compenso. Mentre l’ articolo 13 prevede che le piattaforme online esercitino un controllo, molto stretto, su tutto ciò che viene caricato dai loro utenti, così da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal diritto d’ autore. Il dibattito, aspro e serrato, ha contrapposto “regolatori” e “ultraliberisti”, con riferimento al web. Il voto della plenaria di ieri conduce verso il Consiglio europeo che dovrà varare un accordo comune. Lo scontro politico ed economico si riassume così: da una parte le posizioni dei produttori di contenuti (favorevoli alla riforma) e dall’ altra quelle delle piattaforme che agevolano la diffusione dei testi (contrari alla regolamentazione). La gratuità e la totale deregolamentazione producono distorsioni gravi e fake news, è la posizione di chi auspica da tempo una riforma. Frenare o limitare l’ accesso al web genera una limitazione delle libertà, è la replica di chi osteggia le nuove regole. Il relatore Voss, del Partito popolare europeo, ha dichiarato: «Una volta che le acque si saranno calmate, Internet sarà libero come lo è oggi, i creatori e i giornalisti guadagneranno una parte più equa degli introiti generati dalle loro opere, e ci chiederemo per quale motivo c’ è stato tutto questo clamore». Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha dichiarato: «Il voto di oggi sul diritto d’ autore è una vittoria per tutti i nostri cittadini. Abbiamo scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine all’ attuale far-west digitale. Non esiste vera libertà senza buone regole», E poi ancora: «Con il voto di oggi il Parlamento europeo ha dimostrato la sua determinazione a proteggere l’ inestimabile patrimonio di cultura e creatività che rappresenta la nostra stessa identità. Autori, artisti, designer, stilisti, giornalisti, scrittori, e tutto l’ indotto e i posti di lavoro generati grazie al loro genio e investimenti, devono essere difesi da diffusioni e riproduzione non autorizzata. Ogni anno la violazione di diritti d’ autore online costa migliaia di posti lavoro e miliardi di Pil all’ Europa». Di segno opposto la reazione del M5S, che ha votato contro, come del resto la Lega: «Questa è una pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini. Con la scusa della riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Il testo approvato ieri dall’ aula di Strasburgo contiene l’ odiosa link tax e filtri ai contenuti pubblicati dagli utenti. È vergognoso! Ha vinto il partito del bavaglio», dichiara l’ europarlamentare del Movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi, in linea con quanto detto dal vicepremier Luigi Di Maio. In attesa che il Consiglio d’ Europa approvi e dia seguito al provvedimento è opinione condivisa che le piattaforme digitali come YouTube, Facebook e altri aggregatori di notizie come Google News debbano comunque rimodulare le loro strategie. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Puntare sulla crescita con più notizie e inchieste
Il Sole 24 Ore
Fabio Tamburini
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Gli anni, purtroppo, passano in fretta e pochi ricordano un giornalista vero: Franco Serra, precursore dell’ informazione economica in Italia. Diceva Serra, mio primo maestro di giornalismo: «Vedi caro, la ricetta per un prodotto editoriale di successo, qualunque sia, è di pubblicare in ogni numero delle informazioni che non siano già conosciute». Può sembrare la scoperta dell’ acqua calda, ma non lo è. L’ impegno che prendo come direttore è di non dimenticare l’ insegnamento di Serra. Ogni giorno il quotidiano cartaceo e il sito on line in diretta daranno conto di notizie esclusive, inchieste, interviste, analisi. Possono farlo con una efficacia informativa straordinaria insieme alle altre testate editoriali del gruppo: dall’ agenzia di stampa Radiocor Plus a Radio 24. Tutte, fino a martedì scorso, hanno avuto come direttore Guido Gentili, un collega che stimo, che ringrazio e che resterà come direttore editoriale. Punto di forza sono le capacità professionali della redazione, che darà la spinta decisiva perché una squadra motivata, compatta e determinata fa la differenza. Inutile nascondere che negli anni le vendite hanno perso terreno e che l’ on line non è servito a parare il colpo. Tuttavia le condizioni per recuperare ci sono tutte anche se per l’ editoria non sono momenti facili. Un passaggio fondamentale, ampiamente condiviso con l’ azienda, dev’ essere chiaro: la sfida sono le iniziative di sviluppo, che significa puntare su prodotti editoriali eccellenti investendo sulla qualità. La volontà è giocare la partita come quotidiano libero e indipendente, presupposto fondamentale per guadagnare credibilità. I fatti sono veri o falsi. E quelli veri si pubblicano, senza reticenze o censure di schieramento. Poi, ben separate dai fatti, vengono le opinioni, meglio se contrapposte, in modo che il lettore possa metterle a confronto maturando convinzioni più fondate. Tutto questo tenendo conto sempre della necessità d’ inquadrare quanto accade in Italia nella dimensione internazionale. Qui c’ è molto da lavorare. Troppo spesso il giornalismo economico non dedica attenzione e spazi adeguati all’ informazione sui mercati esteri, che invece è cruciale. Solo la conoscenza di quanto accade nel mondo permette di fare scelte giuste e tempestive in Italia, condizione importante per un Paese le cui imprese hanno tenuto le posizioni e sono cresciute proprio grazie alle esportazioni. Roccaforte del Sole 24 Ore è l’ informazione su norme e tributi. È un settore che in passato ha dato al gruppo grandi soddisfazioni, ma i tempi cambiano. Quindi occorre studiare nuove formule editoriali per non essere spiazzati dalle trasformazioni che ci sono state e che hanno tolto al gruppo l’ esclusiva delle informazioni e dei commenti. Occorre percorrere strade diverse che confermino il giornale come punto di riferimento naturale dei liberi professionisti, che siano commercialisti, ragionieri, avvocati, consulenti del lavoro e così via. Uguale attenzione è necessaria per la finanza e l’ economia reale, che merita molto più spazio di quanto le venga dato dall’ informazione economica. Le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale dell’ economia. Nonostante ciò troppo spesso mancano la volontà e la voglia di raccontare, nel bene e nel male, le storie aziendali, i personaggi, gli ostacoli e le contraddizioni che devono superare ogni giorno. Le realtà imprenditoriali diventate famose nel mondo sono un numero davvero elevato ma, incredibilmente, vivono in una sorta di limbo informativo. La dichiarazione d’ intenti è di porvi rimedio. L’ Italia è un grande Paese e merita un grande quotidiano economico. Viviamo in una realtà dove l’ informazione è diventata merce abbondante. Ma, troppo spesso, è un’ informazione superficiale se non, in tutto o in parte, inattendibile. Non dev’ essere così: l’ informazione dev’ essere certificata e il marchio del Sole 24 Ore è garanzia di qualità. Ma è anche necessario che si trasformi in conoscenza. Per questo le notizie devono essere selezionate, ragionate, collocate nel contesto giusto. Non può essere un’ informazione gratuita, perché la qualità va pagata. Un fronte d’ impegno è il risparmio gestito. Dopo la crisi epocale del 2007-2008 è stato uno dei pochi settori che è cresciuto a ritmi record. È necessario aumentare l’ informazione dalla parte dei risparmiatori, che frequentemente vedono sfumare i risparmi di una vita. Viene dedicata grande attenzione all’ acquisto dell’ automobile raccogliendo informazioni, verificandole, confrontandole. Molto meno tempo e molte meno energie, inspiegabilmente, sono dedicate agli investimenti dei risparmi. C’ è spazio per contributi informativi importanti. Vanno messi al primo posto rispetto della legalità, correttezza dei comportamenti, contrasto della corruzione. Un Paese avanzato non può avere una doppia contabilità, non può avere numeri ufficiali diversi da quelli reali. Occorre trasparenza, la cui premessa è che ci sia giustizia fiscale. Le tasse vanno pagate da tutti, ma non può essere considerato normale lavorare oltre metà dell’ anno per pagare imposte e balzelli vari. In un Paese avanzato, infine, non è accettabile che esistano territori fuori dal controllo dello Stato in cui il rispetto delle leggi risulta facoltativo. Mafia, camorra, ‘ndrangheta vivono perché hanno radici capillari nel tessuto economico. Non solo nel Mezzogiorno. Il modo migliore per contrastarle è non dimenticarsene facendo vivere ogni giorno la lezione di magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le piste del denaro sono quelle che risultano sempre rivelatrici ed è proprio il terreno su cui i giornalisti del Sole 24 Ore hanno competenze adeguate. Le stesse che permettono di avere certezze positive sul futuro del gruppo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli anni, purtroppo, passano in fretta e pochi ricordano un giornalista vero: Franco Serra, precursore dell’ informazione economica in Italia. Diceva Serra, mio primo maestro di giornalismo: «Vedi caro, la ricetta per un prodotto editoriale di successo, qualunque sia, è di pubblicare in ogni numero delle informazioni che non siano già conosciute». Può sembrare la scoperta dell’ acqua calda, ma non lo è. L’ impegno che prendo come direttore è di non dimenticare l’ insegnamento di Serra. Ogni giorno il quotidiano cartaceo e il sito on line in diretta daranno conto di notizie esclusive, inchieste, interviste, analisi. Possono farlo con una efficacia informativa straordinaria insieme alle altre testate editoriali del gruppo: dall’ agenzia di stampa Radiocor Plus a Radio 24. Tutte, fino a martedì scorso, hanno avuto come direttore Guido Gentili, un collega che stimo, che ringrazio e che resterà come direttore editoriale. Punto di forza sono le capacità professionali della redazione, che darà la spinta decisiva perché una squadra motivata, compatta e determinata fa la differenza. Inutile nascondere che negli anni le vendite hanno perso terreno e che l’ on line non è servito a parare il colpo. Tuttavia le condizioni per recuperare ci sono tutte anche se per l’ editoria non sono momenti facili. Un passaggio fondamentale, ampiamente condiviso con l’ azienda, dev’ essere chiaro: la sfida sono le iniziative di sviluppo, che significa puntare su prodotti editoriali eccellenti investendo sulla qualità. La volontà è giocare la partita come quotidiano libero e indipendente, presupposto fondamentale per guadagnare credibilità. I fatti sono veri o falsi. E quelli veri si pubblicano, senza reticenze o censure di schieramento. Poi, ben separate dai fatti, vengono le opinioni, meglio se contrapposte, in modo che il lettore possa metterle a confronto maturando convinzioni più fondate. Tutto questo tenendo conto sempre della necessità d’ inquadrare quanto accade in Italia nella dimensione internazionale. Qui c’ è molto da lavorare. Troppo spesso il giornalismo economico non dedica attenzione e spazi adeguati all’ informazione sui mercati esteri, che invece è cruciale. Solo la conoscenza di quanto accade nel mondo permette di fare scelte giuste e tempestive in Italia, condizione importante per un Paese le cui imprese hanno tenuto le posizioni e sono cresciute proprio grazie alle esportazioni. Roccaforte del Sole 24 Ore è l’ informazione su norme e tributi. È un settore che in passato ha dato al gruppo grandi soddisfazioni, ma i tempi cambiano. Quindi occorre studiare nuove formule editoriali per non essere spiazzati dalle trasformazioni che ci sono state e che hanno tolto al gruppo l’ esclusiva delle informazioni e dei commenti. Occorre percorrere strade diverse che confermino il giornale come punto di riferimento naturale dei liberi professionisti, che siano commercialisti, ragionieri, avvocati, consulenti del lavoro e così via. Uguale attenzione è necessaria per la finanza e l’ economia reale, che merita molto più spazio di quanto le venga dato dall’ informazione economica. Le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale dell’ economia. Nonostante ciò troppo spesso mancano la volontà e la voglia di raccontare, nel bene e nel male, le storie aziendali, i personaggi, gli ostacoli e le contraddizioni che devono superare ogni giorno. Le realtà imprenditoriali diventate famose nel mondo sono un numero davvero elevato ma, incredibilmente, vivono in una sorta di limbo informativo. La dichiarazione d’ intenti è di porvi rimedio. L’ Italia è un grande Paese e merita un grande quotidiano economico.
C’ è Rete 4 con l’ antiberlusconiano Greco
Il Tempo
CARLO CONTI
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Sarà una nuova Retequattro nella quale dovranno convivere varie anime: dall’ informazione, nuovo trend sul quale si vuole specializzare la rete, alla divulgazione scientifica, fino alla telenovela. Molte sono le connotazioni di sinistra. E stata realizzata una campagna acquisti, nel corso degli ultimi mesi, che ha pescato anche nell’ ampio bacino Rai portando via all’ azienda di viale Mazzini personaggi come Gerardo Greco e Roberto Giacobbo. Piero Chiambretti è stato riposizionato da Canale 5 alla nuova Retequattro dove è arrivato anche Nicola Porro. Barbara Palombelli sta già conducendo, dallo scorso 3 settembre la nuova versione di Stasera Italia in access prime time, dal lunedì al venerdì. E poi c’ è la riconferma di Quarto grado che, nella prima serata del venerdì, si occupa di cronaca nera. Viene recuperato anche Mario Giordano al quale sarà affidato, dopo il Tg4 un programma dal titolo Fuori dal coro. Una rete generalista e polifonica è stata definita, nel corso della presentazione dei palinsesti, dai vertici dell’ azienda Mediaset e dallo stesso Piersilvio Berlusconi. Una rete per il cui restyling è stato realizzato un consistente investimento economico. I vertici Mediaset hanno ampiamente sottolineato che i risultati si vedranno soltanto a lunga scadenza: bisogna dare ai telespettatori il tempo di abituarsi. Una maniera per non incorrere subito in critiche e polemiche ovemai il nuovo riassetto, come è prevedibile, non rispondesse subito alle aspettative di ascolti della vigilia. Viene così distribuita la nuova squadra di conduttori: Nicola Porro esordisce il prossimo lunedì 17 settembre in prima serata alle 21.25 con Quarta repubblica. Sarà un talk show politico- economico che, giura il conduttore, avrà atmosfere differenti da Matrix perché la collocazione è in prima serata. E si avva le della presenza di Paolo Hendel nel ruolo di un personaggio sovranista e super populista. Gerardo Greco è stato uno dei personaggi Rai più noti nel settore dell’ informazione. Adesso è il direttore del Tg4 e questa sera esordisce con un programma dal titolo Viva L’ Italia. Contenuti e trend non sono ancora molto chiari: Greco ha annunciato che nella prima puntata ci sarà il ministro Bonafede. Viene anticipato che sarà un grande racconto dell’ Italia. I telespettatori hanno già visto Greco negli speciali da lui condotti in occasione della caduta del ponte Morandi a Genova. C’ èra ancora molto da migliorare. Ed eccoci a Roberto Giacobbo, altro personaggio Rai che ha cambiato casacca. Dopo aver assunto la carica di responsabile dei contenuti e autori del canale Focus, dal 30 ottobre propone Free dom- oltre il confine, in prima serata. Da quanto ha spiegato il conduttore in conferenza stampa, sarà una evoluzione dei suoi programmi precedenti. Ma sarà difficile per Giacobbo liberarsi dal marchio di Voyager che su Rai 2 lo ha accompagnato per anni. Molta curiosità anche sull’ appuntamento condotto da Piero Chiambretti a partire dal 17 ottobre in prime time: CR4- La Repubblica delle donne. Viene definito «un intrattenimento originale». Ma la sua dissacrante comicità “sinistrorsa” appare distante dal pubblico di Retequattro. Un pubblico che, nel corso degli anni, ha assistito a vari mutamenti della rete e che adesso, dovrà assorbirne un altro, forse il più difficile. Gli restano la telenovela Tempesta d’ amore e la soap opera spagnola Il segreto in onda il mercoledì in prima serata. Inoltre Berlusconi junior non esclude che i documentari sulla città di Firenze realizzati da Matteo Renzi, possano avere un futuro sulle reti Mediaset. Annuncia che, a partire da ottobre Retequattro, come tutti gli altri canali free dell’ azienda, sarà di nuovo visibile su Sky. Infine: «Una Rai senza presidente non rappresenta un vantaggio per noi», dice, ribadendo che questa è una questione totalmente politica, sulla quale non dà nessuna previsione né opinione.
orsi & tori
Italia Oggi
PAOLO PANERAI
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Solo l’ Europa, il Vecchio continente ma anche il più civile e democratico, poteva surrogare gli Stati Uniti, una volta patria dell’ antitrust e dei diritti, oggi assolutamente inqualificabile nell’ aver permesso che colossi come Google e Facebook potessero crescere a dismisura senza regole e anzi con licenza di rubare. L’ approvazione della direttiva sull’ introduzione del copyright per qualsiasi opera del cervello è un segno che l’ Europa, smarrita fra immigrazione, egoismi tedeschi, nazionalismi, unità economica incompiuta, può avere un ruolo fondamentale per la democrazia nel mondo. Non l’ assurdo tentativo americano di esportare la democrazia, come fosse Coca-Cola, via internet in Africa del Nord. La democrazia è maturità, rispetto del bene intellettuale, del prossimo e delle regole. Aver messo le premesse, primo continente al mondo, per impedire che il furto dei contenuti creati da centinaia di migliaia di giornalisti, artisti, intellettuali non possa più essere perpetrato, o se perpetrato punito, ricrea la speranza in un’ Europa unita. Ridà motivazione a tutti coloro che credono nella proprietà intellettuale, nelle regole, nel ruolo fondamentale per la democrazia dei giornali che producono il 95% dell’ informazione. Un bene come quello che il Parlamento europeo, con maggioranza bulgara, ha consegnato al mondo, alle Americhe e all’ Asia, e un bene prezioso per il futuro dell’ Europa stessa ma di tutto il mondo. Se molti, anche se non tutti, sapranno coglierlo. Class Editori, che è arrivato a uscire con la prima pagina bianca dei due quotidiani che gestisce, ringrazia tutti i lettori che hanno sostenuto le nostre idee. Grazie anche al presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, e a tutto lo staff della Federazione degli editori per la passione che hanno messo in questa fondamentale battaglia di democrazia e per quanto faranno per il recepimento della direttiva nella legislazione italiana. (riproduzione riservata) Paolo Panerai.
L’ Europa difende il copyright
Italia Oggi
FRANCO ADRIANO
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All’ Europarlamento è passata la direttiva sul copyright. La partita era aperta. Alla fine i big del web sono stati battuti. Il diritto d’ autore su internet sarà garantito. Il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani ha alzato il calice: «La direttiva sul diritto d’ autore è una vittoria per tutti i cittadini. Oggi il Parlamento europeo ha scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al Far west digitale». Gli eurodeputati italiani della Lega e del M5s hanno votato compatti contro la proposta di riforma. Il vicepremier Luigi Di Maio è insorto: «Una vergogna tutta europea: è stata introdotta la censura dei contenuti degli utenti su internet. Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell». Un attacco giudicato «infamante» da Tajani. Di Maio ha aggiunto che M5s si batterà «nei negoziati tra i governi, in Parlamento europeo e nella Commissione europea» contro il provvedimento. L’ europarlamento ha approvato la direttiva copyright a Strasburgo con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astenuti. Apprezzamento dal presidente della Fieg (la federazione italiana degli editori) Andrea Riffeser Monti. «È un passaggio importante, che consente a questa legge di proseguire il suo iter di approvazione verso una più efficace difesa del diritto d’ autore nello spazio digitale contemporaneo». «È la vittoria della ragione, del buonsenso e della dignità del lavoro su chi punta a disarticolare la democrazia e le sue istituzioni attraverso l’ attacco all’ informazione e ai corpi intermedi. È un risultato che premia la battaglia comune dei sindacati dei giornalisti dei principali Paesi europei, a cominciare dalla Fnsi, e delle associazioni di editori, scrittori, autori cinematografici, attori, registi, film-maker», ha affermato in una nota, Raffaele Lorusso, segretario generale della federazione nazionale della stampa. Il Parlamento europeo ha approvato la relazione sullo stato di diritto in Ungheria che può condurre a sanzioni contro il Paese. Ora il dossier passa al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dell’ Unione europea. Gli europarlamentari del M5s hanno votato contro Orbàn, gli alleati nel governo italiano della Lega, invece, hanno difeso il presidente ungherese. A margine del suo ultimo discorso sullo stato dell’ Unione europea, il presidente della Commissione Jean Claude Junker si è dichiarato allibito dai continui attacchi del viepremier Matteo Salvini all’ Unione europea, mentre ha dichiarato di non avere nessun problema di collaborazione con il premier Giuseppe Conte. Bisogna costruire «un’ Europa più unita e più forte», ha sottolineato Junker, «che sia un continente di apertura e tolleranza» e non diventi invece «una fortezza in un mondo che soffre». Dunque, «no alle frontiere interne» e «no al nazionalismo malsano». «Sì», invece, «al patriottismo illuminato». Juncker ha infine annunciato un rafforzamento della guardia costiera e di frontiera europea fino a 10 mila unità. Inversione dei ruoli alla Camera. La maggioranza M5s-Lega ha posto la fiducia sul decreto Milleproroghe e il Pd è salito sulle barricate. Secondo i democratici è illegittima la richiesta del voto di fiducia approvata dal Consiglio dei ministri prima della firma sul decreto del presidente Sergio Mattarella. Inoltre la Camera ha respinto la richiesta del Pd di sospendere l’ esame del decreto per permettere al governo di recepire il ripristino dei fondi per le periferie, frutto della recente intesa con l’ Anci. Un folto numero di deputati pd ha occupato l’ Aula di Montecitorio sedendosi anche sui banchi del governo. Il presidente Sergio Mattarella è sceso in difesa dei magistrati. «Non sono chiamati a seguire gli orientamenti elettorali, ma devono applicare la legge e le sue regole il cui rispetto è indispensabile, sempre, quale che sia l’ intenzione di chi si propone di violarle», ha affermato. «Nessuno è al di sopra della legge, neanche i politici», ha aggiunto. La replica del vicepremier Matteo Salvini, che si è sentito chiamare in causa è stata: «Il presidente ha ragione. Per questo io, rispettando la legge, la Costituzione e l’ impegno preso con gli italiani, ho chiuso e chiuderò i porti a scafisti e trafficanti di esseri umani. Indagatemi e processatemi, io vado avanti». Una lettera, con minacce di morte e con un proiettile da guerra, è stata recapitata al procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio. Nella missiva si fa riferimento al caso della nave Diciotti bloccata con migranti a bordo per 5 giorni. Sulla busta il simbolo dell’ organizzazione Gladio. Ieri, si è verificato un duro scambio di accuse tra i governi italiano e maltese sulla vicenda della Diciotti. «Ci sono bande di nigeriani che hanno occupato militarmente i territori. Sul litorale domizio fanno spaccio di droga e gestiscono la prostituzione». Così il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dal palco della Festa dell’ Unità di Ravenna. Il presidente ha poi ribadito a margine di una conferenza stampa a Salerno: «Questa parte del problema il Pd la conosce o no e che cosa dice?» È stata presentata ieri dal presidente della Camera Roberto Fico la prima edizione del rapporto, a cura dell’ associazione indipendente Riparte il futuro e di I-Com (Istituto per la Competitività), sul peso della corruzione nella crescita economica. Il report, oltre a fornire una panoramica dei fenomeni corruttivi in Italia, approfondisce tre aspetti: la relazione tra corruzione e investimenti diretti esteri; la relazione tra corruzione e occupazione, in particolare giovanile, e, infine, l’ esistenza di una relazione tra corruzione e lo sviluppo digitale. La regione più colpita è il Lazio: una famiglia su cinque dichiara di aver avuto a che fare con la corruzione. Primi sì dei lavoratori all’ accordo con Arcelor Mittal per L’ Ilva. I lavoratori dello stabilimento di Cornigliano (Genova) del gruppo Ilva hanno approvato l’ accordo con più del 90%. Dei 1.474 aventi diritto, hanno votato in 1123. I voti favorevoli sono stati 1012 (90,1%), i contrari 99 (8,8%), le schede nulle 12. Anche i lavoratori dello stabilimento di Novi Ligure del gruppo Ilva hanno approvato l’ accordo: dei 730 aventi diritto, hanno votato in 510. I voti favorevoli sono stati 456 (89,4%), i contrari 52 (10,2%). Ora la parola passa a Taranto.
Di Battista asfalta su La7 Lilli Gruber dicendo delle cose ma il giorno dopo tutti i media gliene fanno dire delle altre
Italia Oggi
ALESSANDRA NUCCI
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Chi lunedì sera ha visto per intero Ottoemezzo è andato a letto pensando che l’ ex onorevole grillino Alessandro Di Battista aveva schivato brillantemente tutte le prevedibili provocazioni di Lilli Gruber per indurlo a mettere un cuneo fra M5s e Lega. Ma martedì mattina i titoli dei giornali formavano un coro. Ansa: Di Battista contro la Lega «Restituisca il maltolto». Repubblica: Fondi Lega, Di Battista attacca «Restituiscano il maltolto». Il Giornale: Di Battista attacca Salvini. Tg.com: Di Battista: «La Lega rispetti la sentenza». Libero: «Di Battista contro Salvini, ridacci i soldi che ti sei pappato». E online, Il sussidiario: Di Battista vs Salvini «Lega restituisca il maltolto». Eppure basta riascoltare la trasmissione: nessun attacco a Salvini, ma molti attacchi al Pd, e poi a Renzi, Berlusconi, De Benedetti, Caltagirone Esordisce la Gruber: l’ Onu manda gli ispettori, l’ Italia giudicata razzista per colpa di Salvini. Di Battista non abbocca «L’ Onu dovrebbe mandare gli ispettori in tanti paesi perché il razzismo dilaga. Negli Usa il muro l’ hanno tirato su per primi i democratici. Invito tutti a informarsi». La conduttrice si riposiziona: «Ma in questa collaborazione voi ci rimettete. Salvini occupa tutti gli spazi». Di Battista la spiazza con un attacco a Repubblica perché sostiene Salvini. «Salvini è pompato dal sistema mediatico, vergognosa in maniera particolare Repubblica, perché per gli editori impuri siamo pericolosi noi del M5s, non la Lega». La Gruber cala l’ asso: «Restiamo sulla Lega. La sentenza del riesame obbliga la Lega di Salvini a restituire i 49 milioni di rimborsi elettorali “illeciti o usati in modo illecito”… Salvini ha reagito dicendo che è un processo politico. Condivide? In altri tempi avreste fatto un putiferio per molto meno denaro…». È qui che Di Battista si dilunga, ma sui giornali non compare la conclusione: «Li deve restituire fino all’ ultimo centesimo. Se fossi un militante della Lega sarei il primo a chiedere alla Lega di restituire i quattrini, perché sarebbero quattrini miei e degli altri militanti. Iniziassero magari i deputati trombati della Lega a restituire gli assegni di fine mandato [] Ma queste cose le posso dire io, che mi sono sempre comportato così. Trovo ridicolo che Renzi e il Pd, che si sono intascati centinaia di milioni di euro di rimborsi elettorali purtroppo legali, ma illegali politicamente perché ci fu un referendum, diano la morale alla Lega…». «Ma perché Di Maio è così timido e non altrettanto perentorio come lei?», insiste ancora la giornalista italiana preferita dai Bilderberger, che inserisce velocemente un «non c’ entrano i rimborsi elettorali di altri partiti, la magistratura ha indagato». Di Battista imperterrito di rimando: «No, quei quattrini li c’ entrano politicamente, dicevo, non è una questione legale: ricordo che ci fu un referendum per abolire il finanziamento pubblico ai partiti, poi l’ hanno trasformato in rimborsi elettorali. Credo che il Pd si sia intascato più di un miliardo di euro! (il tono è esclamativo) Questo per dire che è una questione politica». Dopo di che rientra disciplinato nel tema: «Ho sentito più volte Luigi e Bonafede dire che la Lega li deve restituire. Mi sembra una cosa normalissima. Siamo in piena sintonia con Luigi». Gruber riparte, critica Conte che vorrebbe fare il concorso a cattedra. Ma anche qui Di Battista la delude. «Mi sembra una cosa bella, una cosa normale, ha fatto domanda prima. Mi sembra risibile che tutti i giornaloni diano tutto questo spazio a questa vicenda». Gruber piccata: «Quali giornaloni?!». Dibba: «Viene schiaffata questa roba in prima pagina perché c’ è un tentativo incredibile di delegittimare questo governo legato alla nazionalizzazione di Autostrade, perché con Autostrade e con la pubblicità ci hanno mangiato un sacco di giornali». Gruber: «Ma quanto potete andare avanti a dare la colpa a chi vi ha preceduto?» (non nomina il Pd) e «lei è sempre stato fra quelli che hanno chiesto ai giornalisti di fare il loro mestiere». Di Battista: «L’ opposizione sta dalla parte del capitale. È sbagliato che fra gli editori ci siano Caltagirone o De Benedetti che usano i loro giornali per fare politica». Gruber ancora sulla Lega: «Vi supera, i consensi sembrano premiare più la Lega che voi. Lo dice anche lo scrittore Andrea Camilleri». E Dibba, «Certe ideologie che sostiene Camilleri per noi sono obsolete». Arrivati al tema della Diciotti il boomerang è clamoroso: «Io non credo più che l’ accoglienza sia la risposta! Tra l’ altro mi ha indignato vedere quella passerella dei politici sulla nave! E adesso che nessuno sa dove sono finiti quei disgraziati, i politici non si vedono più! Allora gli interessava come agli attori di Hollywood, per avere i riflettori, non gli interessava seguirne la vita. Io all’ accoglienza come risposta non ci credo più, credo che bisogna intervenire sulle cause, da dove partono i migranti! Per questo mi sporco le mani, come faccio qui [Di Battista era in collegamento dal Guatemala, ndr] con reportage, oppure zappando la terra L’ accoglienza oggi è assistenzialismo, e l’ Africa, l’ America Latina, il Centro America hanno bisogno di sovranità, autonomia e indipendenza, non di assistenzialismo!». Ma Gruber non raccoglie e cambia angolatura: «Quindi quando Salvini si iscrive al movimento di Steve Bannon, l’ ex ideologo di Trump, molto a favore della distruzione dell’ Unione europea questo non vi crea imbarazzo? Lei c’ è stato, ha visto cos’ è l’ America di oggi». Ma Dibba: «Sì, ho visto pure, parlando qui con le persone al confine, quanto sia stato il paladino del Partito democratico Obama a finanziare con quattrini pubblici il muro, o l’ ex paladino di Veltroni, Bill Clinton, a promuovere l’ operazione Gatekeeper, che ha purtroppo causato morte ai confini con gli Stati Uniti d’ America. Se certe persone che votavano Obama hanno votato Trump, più che criminalizzarli io mi domanderei il perché». Ma Bannon? lo richiama la Gruber. «Chiaramente è uno che c’ ha cervello perché ha fatto vincere Trump», è la risposta. «E penso che se l’ Europa si dovesse disgregare è colpa di chi sta distruggendo i diritti economici e sociali degli europei, non dell’ ideologo che ha fatto vincere Trump». Orban? «Anche Macron si comporta come Orban: chiudono le frontiere. Orban non può essere mio alleato ma l’ Europa non ha messo bocca quando la Francia ha bombardato la Libia, ci sono stati morti, rifugiati… Poi Orban è legittimato perché è stato votato democraticamente, ma siccome ha una politica contro l’ Europa gli si vota contro. L’ Europa se continua su questa strada morirà di ipocrisia». Ribatte Gruber: «L’ Ue non ha competenza primaria sulla politica nazionale L’ Italia allora è stata alleata della Francia», ma sventola la mano come per togliere l’ argomento dal tavolo. Conclusione di Dibba: «Il Movimento continui così: intransigenza, barra dritta, rinuncia ai quattrini. Se tornassi, sarei sempre in sintonia con Luigi, gli voglio bene, la pensiamo esattamente nello stessissimo modo». Per chi non credesse alla mistificazione dei media del giorno dopo può sempre rivedere la trasmissione al link qui sotto: http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/di-battista-ritorno-alle-origini-10-09-2018-249636.
Copyright, ok dal Parlamento Ue
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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«Abbiamo trovato una strada che consenta agli editori di guardare direttamente in faccia le grandi piattaforme online». Così Axel Voss, l’ eurodeputato relatore del progetto di riforma del diritto d’ autore online ha commentato l’ approvazione da parte del parlamento Ue della proposta di direttiva. Nel testo si prevede che i giganti del web dovranno remunerare i contenuti prodotti da artisti e giornalisti, mentre rimarranno escluse da quest’ obbligo le start-up e le piccole piattaforme, così come non ci sarà alcuna tassa sui link accompagnati da singole parole (anziché da estratti del testo) che si potranno condividere liberamente. Un passo importante quello di ieri, anche se non definitivo. Il Parlamento, con una maggioranza netta che in molti non si aspettavano (438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni), ha infatti adottato la propria proposta che dovrà negoziare ora con il Consiglio, ovvero i ministri dei paesi membri. A luglio, dopo il via libera della Commissione giuridica del Parlamento, la plenaria si era spaccata su due articoli e per questo il testo era stato rimandato a settembre. I due articoli, l’ 11 e il 13, riguardavano il primo l’ introduzione di un’ equa remunerazione per lo sfruttamento dei contenuti online (o delle loro anteprime) da parte delle piattaforme digitali, il secondo l’ obbligo per le piattaforme di condivisione dell’ introduzione di una funzione di controllo sui contenuti (in particolare video) per evitare la pubblicazione di materiale protetto dal diritto d’ autore. Ebbene il Parlamento ha mantenuto queste norme apportando alcune modifiche. Intanto si conferma la responsabilità delle piattaforme e degli aggregatori riguardo alle violazioni del diritto d’ autore e si ribadisce la necessità di un pagamento ai titolari dei diritti anche per gli estratti degli articoli, i cosiddetti snippet che per esempio utilizza Google News. Il testo prevede che i giornalisti stessi, e non solo gli editori, beneficino di questa remunerazione. Per incoraggiare l’ innovazione e garantire la libertà di espressione, però, nel testo si specifica che le piccole e micro imprese sono esonerate da questi pagamenti (pur dovendo rispettare il diritto d’ autore) e la semplice condivisione di link agli articoli insieme a «parole individuali» sarà libera. Una cosa è insomma pubblicare un riassunto anche in poche righe degli articoli, altro un semplice link. Inoltre, le piattaforme dovranno istituire meccanismi di reclamo rapidi gestiti da personale in carne ed ossa a cui si possa fare ricorso contro l’ eliminazione di un contenuto. Da queste norme sono inoltre escluse enciclopedie online come Wikipedia e siti di software open source. Infine sono stati rafforzati i diritti di negoziazione di autori e artisti (remunerazione supplementare da chi sfrutta le loro opere ecc.). Durante la conferenza stampa Voss ha ricordato le pressioni arrivate nei mesi precedenti dalla lobby online, «ma questa riforma», ha detto, «non deve essere vista come un contrasto fra piattaforme e titolari del diritto d’ autore. Abbiamo fatto in modo che si possa riscuotere ciò che semplicemente è già sancito dalle normative in vigore», rivolgendo poi un «invito alle piattaforme a partecipare alla discussione. Finora hanno fatto molto poco. Si sono date a una campagna che constava anche di affermazioni false. Noi non vogliamo una battaglia, mettere i bastoni fra le ruote a nessuno, abbiamo semplicemente voluto dare ai titolari la possibilità di far valere i propri diritti su internet». Il relatore ha inoltre spiegato che la direttiva potrà essere applicata in maniera differente fra i paesi ma che nella sostanza si tratterà di trovare modalità di negoziazione fra editori-proprietari di contenuti e grandi player online. Il presidente della Fieg, la Federazione italiana degli editori, Andrea Riffeser Monti, ha parlato di «un passaggio importante, che consente a questa legge di proseguire il suo iter di approvazione verso una più efficace difesa del diritto d’ autore nello spazio digitale contemporaneo» sollecitando un’ approvazione in tempi rapidi, mentre da Strasburgo, il presidente dell’ Enpa (European newspaper publishers’ association), Carlo Perrone, ha evidenziato come la riforma «preserverà l’ indipendenza dei giornali per le generazioni future». Reazioni positive da tutte le associazioni che raggruppano i creatori di contenuti, dalla Fimi all’ Aie a Univideo e Confindustria Radio Televisioni. Critico il vice premier Luigi Di Maio che parla di «una vergogna tutta europea: il Parlamento europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su internet». Dichiarazioni, queste, che il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, ha definito «infamanti». © Riproduzione riservata.
Audipress, Ernesto Mauri nominato presidente
Italia Oggi
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Ernesto Mauri è il nuovo presidente di Audipress, la società che monitora l’ andamento e le abitudini del lettorato di quotidiani e periodici in Italia. L’ a.d. del gruppo Mondadori è stato eletto ieri dall’ assemblea dei soci, in sostituzione di Maurizio Costa. Per il prossimo biennio 2018-2019, assieme a Mauri, fanno parte del consiglio di amministrazione i consiglieri in quota Fieg (Federazione editori giornali) Marco Arduini, Alessandro Bompieri, Francesco Dini, Uberto Fornara, Domenico Galasso, Massimo Ghedini, Carlo Mandelli, Davide Mondo, Domenico Nocco, Debora Peroni, Luigi Vanetti, e Raimondo Zanaboni. Nel cda siedono anche i membri espressione di Upa (che riunisce le aziende investitrici in pubblicità): Filippo De Caterina, Valerio Di Natale, Leonardo Lambertini, Giuseppe Lavazza, Giovanna Maggioni, Raffaele Pastore e Carlotta Ventura. Così come quelli di Assap Eugenio Bona, Stefano Del Frate, Sandra Grifoni, Graziana Pasqualotto e infine quelli Unicom Davide Arduini e Gianluca Bovoli.
Mediaset, nasce la nuova Rete4
Italia Oggi
GIANFRANCO FERRONI
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«Se tutto va come deve andare, da ottobre tutte le reti Mediaset saranno fruibili su Sky»: parole del vicepresidente esecutivo e amministratore delegato di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, che ieri a Roma ha presentato il nuovo palinsesto di Rete4. Inoltre, «stiamo lavorando a un progetto paneuropeo che faccia crescere ulteriormente Mediaset oltre che broadcaster in Italia e Spagna. Ci stiamo lavorando e ci crediamo». Per quanto riguarda l’ andamento della pubblicità nel terzo trimestre «il mercato è difficilissimo, tanto per cambiare; però noi andiamo meglio del mercato». È andato «benissimo il periodo del mondiale, agosto bene rispetto all’ anno scorso», si è limitato ad aggiungere l’ a.d. Intanto, procede l’ iter per la cessione della piattaforma Premium a Sky: «Penso che eserciteremo l’ opzione» di cessione della piattaforma della pay tv Premium a Sky, grazie all’ accordo di fine marzo che comprendeva anche l’ esercizio di una opzione put a favore di Mediaset entro fine anno. «Tutto procede in quella direzione, ma abbiamo tempo», ha continuato Pier Silvio Berlusconi. «Il marchio Premium rimarrà» per il momento poi «in futuro si vedrà. È un mondo molto in evoluzione». Stimolato dalla presenza negli studi televisivi Palatino di Lucio Presta, il produttore dei documentari dedicati alla città di Firenze con protagonista l’ ex presidente del consiglio Matteo Renzi, Berlusconi jr ha detto: «A me piacerebbe avere il documentario di Renzi, perché lo stimo e perché è un fatto curioso. Appena avremo l’ opportunità di vedere il prodotto capiremo se verrà trasmesso sulle nostre reti, io spero di sì», ha aggiunto. Per Rete4 adesso è il momento del rilancio, anche grazie a un restyling dello storico logo: per Berlusconi jr, sarà una «rete polifonica» con una sfida «editorialmente importante e bellissima». Nei dettagli è entrato il direttore Sebastiano Lombardi: «Tutto nasce dal progetto di rimettere in piedi una rete di piena identità, per abbracciare tutte le declinazioni della realtà: dalla cronaca alla fiction. Hanno ironizzato sul fatto che trasmetteremo Il segreto ma in una rete generalista ci sta e ci deve essere l’ intrattenimento. Non vogliamo tradire il pubblico che ci apparteneva ma lo abbiamo abituato nel corso degli ultimi anni a un nuovo linguaggio e a temi complessi. Questo pubblico ce lo teniamo stretto e da lì andiamo avanti». Gerardo Greco crede molto nel suo impegno televisivo sotto le insegne di Mediaset nei panni del direttore del Tg4, e non teme la scelta del titolo W l’ Italia per il suo programma serale del giovedì, contestato da Rtl 102,5 che ne rivendica la primogenitura, spingendo l’ editore dell’ emittente radiofonica Lorenzo Suraci a inviare una diffida: su questo tema, il direttore generale dell’ informazione Mediaset Mauro Crippa ha risposto dicendo che la questione è in mano ai legali. E il nome, per ora, rimane quello. Nella redazione del serale di Greco, tra l’ altro, approda da Panorama la giornalista Lucia Scajola, come inviata. L’ arrivo di Roberto Giacobbo porta grandi novità: «Sarà la versione 3.0 dei miei programmi. Punteremo sulla qualità delle immagini, sarà girato tutto in 4k. Abbiamo curato tutto nei minimi particolari anche il lettering che è il più adatto per i dislessici. Nella divulgazione questo è importante». Piero Chiambretti non perde l’ occasione per scherzare, anche annunciando la sua nuova trasmissione, in onda dal 17 ottobre, tutti i mercoledì in prima serata, con il titolo CR4 – La Repubblica delle donne: «Sì, proprio loro, le donne, saranno protagoniste assolute, volevamo avere per la prima puntata un uomo che piace molto alle donne, Luigi Di Maio, mentre è in volo con l’ aereo di Matteo Renzi verso Matera». La rete scommette sui talk di attualità, a cominciare da Stasera Italia: dal lunedi al venerdi la conduzione è affidata a Barbara Palombelli, sabato e domenica tutto sarà nelle mani di una coppia inedita formata da Giuseppe Brindisi e Veronica Gentili, quest’ ultima strappata alla concorrenza con un contratto in esclusiva. A portare l’ economia e la politica in prima serata, dal 17 settembre, ci penserà invece Nicola Porro, con Quarta Repubblica, un talk show ideato per approfondire i temi caldi della settimana. E proprio da Porro nei panni dell’ opinionista fisso sarà presente il critico d’ arte e sindaco di Sutri Vittorio Sgarbi, per il quale al momento non è prevista nessuna trasmissione, a cominciare da quella che lui stesso aveva annunciato, Sgarbi quotidiani. E poi con la cronaca torneranno volti storici del canale, come Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero con Quarto grado, appuntamento ormai tradizionale che riprende le trasmissioni da domani, ogni venerdì: «È meraviglioso lavorare con un editore che continua a investire su news, informazione e intrattenimento», ha detto Nuzzi. Crippa ha voluto definire la nuova Rete4 come una «scatola delle meraviglie, un miracolo tecnico e produttivo portato a compimento da una grandissima squadra». Sottolineando che per contare i primi successi negli ascolti «ci vorrà pazienza, tanta pazienza». E qualche mese a disposizione. Una squadra, quella della rete guidata da Lombardi, formata in gran parte dall’ agenzia Visverbi, sotto gli occhi vigili di Barbara Castorina e Valentina Fontana.
Io Donna sarà un femminile al 100%: più moda in formato extra dal 29 settembre
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Orgoglio rosa per il nuovo Io Donna targato Danda Santini: il settimanale in edicola il sabato col Corriere della Sera vuole essere un settimanale femminile a tutti gli effetti, senza quell’ ansia da prestazione che porta spesso gli allegati femminili dei quotidiani d’ attualità a essere un po’ troppo newsmagazine. Seguendo questo filo rosa, poi, le prossime novità tra i periodici Rcs sono attese da Amica. Dopo la direzione di Diamante D’ Alessio e l’ arrivo dallo scorso marzo dell’ ex direttore di Elle (Hearst), secondo quanto risulta a ItaliaOggi, per il nuovo corso di Io Donna al debutto il 29 settembre la ricetta editoriale punta sulla moda (settore da cui arriva Santini), che non solo viene portata avanti nel giornale, nella prima parte della foliazione, ma è sempre alla moda che verrà riservata la gran parte delle copertine. A conferma le parole del direttore che in redazione ripete spesso: «Se gli uomini parlano sempre del campionato di calcio, le donne possono parlare più spesso di moda senza timore di apparire frivole». Moda ma non solo, però, perché avrà più spazio anche la bellezza, la cura del corpo femminile e verrà introdotta una rubrica delle lettere (la foliazione totale del primo numero è sulle 450 pagine). Insomma, Santini e l’ editore Urbano Cairo vogliono meno personaggi, che fa tanto newsmagazine, preferendo mantenere la parte centrale del giornale sull’ attualità ma ampliando i temi legati alla cucina (con meno ricette e più spunti sulla cosiddetta arte creativa della tavola), alle case (poche quelle di design, di più quelle con un’ impronta femminile), senza dimenticare il binomio lavoro&carriera. Comunque, se tanta moda sarà, vanno di pari passo le parole di Urbano Cairo, ieri a Milano durante la presentazione del Festival dello sport, sull’ adozione di un formato più grande per il femminile del Corsera. Il formato diventerà infatti uguale, sempre secondo quanto risulta a ItaliaOggi, a quello degli altri magazine Rcs come Amica, Living e Style. In aggiunta migliora la qualità della carta e soprattutto viene adottato un sistema di stampa che colga maggiormente le gradazioni delle fotografie. Oltre che delle campagne pubblicitarie, visto che il focus sulla moda può stimolare maggiormente la raccolta, proprio in un periodo in cui il settore dei settimanali è in movimento, tra l’ altro, per l’ arrivo di Elle. In casa Rcs, infine, il nuovo corso di Io Donna (295,2 mila copie complessive carta+digitali, secondo gli ultimi dati Ads di luglio) è solo un tassello nel percorso di rinnovo dei vari periodici. Amica sarà verosimilmente la prossima testata a presentare novità (Santini ne è il direttore editoriale, Emanuela Testori quello operativo). Non sono esclusi nemmeno nuovi magazine nel medio-termine. Precedenti tappe sono stati invece (lo scorso weekend) il debutto di Dresscode, filiazione del maschile Style, e la definizione del progetto di Cook (vedere ItaliaOggi del 20/7/2018), mensile sul cibo al battesimo dell’ edicola mercoledì.
Rcs, la pubblicità cresce del 2%
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Tra gennaio e agosto la raccolta pubblicitaria del gruppo Rcs è cresciuta del 2% rispetto allo stesso periodo del 2017, mentre su La7 iniziano a sentirsi i benefici effetti del boom di ascolti: il primo semestre si era chiuso con un +1,5%, ma in luglio la raccolta è salita del 4% e in agosto c’ è un balzo addirittura del +18% rispetto allo stesso mese 2017. Certo, il periodo estivo non è quello più carico di pubblicità, a livello assoluto vale pochi milioni, però la tendenza è molto buona. Peraltro, in casa Corriere della Sera, sono in arrivo due novità che contribuiranno ad allargare il numero di potenziali investitori commerciali. Poiché, come spiega Urbano Cairo, presidente di Rcs MediaGroup, a margine della presentazione del Festival dello sport (organizzato da Gazzetta dello Sport a Trento dall’ 11 al 14 ottobre), il 19 settembre esce Cook, il nuovo periodico di cucina allegato al Corriere della Sera e diretto da Angela Freda, mentre il 29 settembre arriva il nuovo Io Donna targato Danda Santini. «E se le cose in Rcs andranno bene come nei primi sei mesi dell’ anno», aggiunge Cairo, «la distribuzione del dividendo potrebbe essere una realtà. Ma è questione che spetta al consiglio di amministrazione e che deve poi essere ratificata dalla assemblea dei soci». L’ editore di Rcs e di La7 affronta pure la questione del copyright in discussione a Bruxelles: «Una battaglia sacrosanta, condivisa anche dalle testate di Rcs. È giusto che gruppi con tanti dipendenti e tanti giornalisti non vedano i propri contenuti saccheggiati da questi over the top che non pagano il diritto di copyright. E ricordiamo che il settore dei media è pure garante della libertà e della democrazia». Essendo stato tra i pochi presidenti di società di calcio (il Torino) favorevole al progetto, poi bocciato, degli spagnoli di Mediapro sui diritti tv della Serie A, Cairo commenta anche il debutto dei match di campionato sulla piattaforma in streaming Dazn: «Dazn ha avuto un inizio difficile, ma può accadere. Stanno lavorando alacremente per risolvere i problemi, ma è nel loro interesse che è anche quello dei loro abbonati. Credo siano già stati fatti passi avanti su numeri molto importanti. Sono fiducioso che le cose possano essere sistemate tutte quante nel modo migliore». Il calcio italiano, in generale, non sta vivendo un grande momento, tra i risultati deludenti della Nazionale e una Figc che non riesce a darsi un presidente: «Non ho mai fatto nomi, ma il calcio italiano ha di sicuro bisogno di innestare una marcia diversa», risponde Cairo a chi ipotizza Giuseppe Marotta come possibile prossimo presidente della Figc. «Non mi sono occupato di nomi, ho letto dai giornali varie ipotesi. Io credo che il calcio italiano abbia bisogno di una rinascita, di una progettualità a breve-medio periodo. Se la Croazia, con 4 milioni di abitanti, arriva in una finale del Mondiale, noi dobbiamo innestare una marcia diversa. Senza timore di copiare i paesi che invece hanno fatto le cose per bene. Mi chiedo: la Gran Bretagna vinse una sola medaglia d’ oro alle Olimpiadi del 1996, e 20 anni dopo, a Rio, nel 2016, ne ha vinte 67, arrivando seconda nel medagliere. Come hanno fatto?». La risposta arriva a stretto giro da Giovanni Malagò, presidente del Coni, e ospite alla presentazione del Festival dello sport: «La Gran Bretagna, semplicemente, ha deciso di non finanziare più tutti gli sport. Hanno scelto quelli dove c’ erano prospettive, per esempio il ciclismo su pista, hanno preso l’ intero budget pubblico affidandolo a un manager che ha dirottato le risorse solo su alcune discipline. È semplicemente un modello diverso. Ma se una ragazza che vive a Londra vuole giocare a volley, semplicemente non può. Così come il basket, è sparito in Gran Bretagna. In Italia, invece, il Coni deve finanziare 387 discipline, non esiste nessun paese al mondo che ne finanzia tante. Il Coni ha 12 milioni di tesserati, è il più grande partito italiano. Come dicevo, è questione di modello: si vuole privilegiare il medagliere oppure la diffusione di tutti gli sport in maniera la più capillare possibile? Col modello attuale, lo ribadisco, l’ Italia fa miracoli nello sport mondiale». © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Verizon nomina K. Guru Gowrappan ceo di Oath. Verizon Communications ha annunciato che dal 1° ottobre K. Guru Gowrappan, da aprile chief operating officer di Oath, diventerà nuovo ceo di quest’ ultima riportando al ceo di Verizon Hans Vestberg. L’ attuale ceo Tim Armstrong aiuterà l’ azienda nella transizione come consulente strategico prima di lasciare l’ azienda alla fine del 2018. Oath è la società che ha riunito le attività di Aol e Yahoo e controlla anche HuffPost, mentre Gowrappan è un ex manager di Alibaba. Nei giorni scorsi si era parlato di divergenze fra Armstrong e il vertice di Verizon sulla gestione della società. Rai4, non rinnovato il contratto con Sky per il canale 104. A partire da oggi Rai4 non sarà più visibile su Sky. Il contratto triennale per la collocazione del canale sul numero 104 della piattaforma satellitare è infatti in scadenza e non sarà rinnovato. Lo ha annunciato viale Mazzini aggiungendo che Rai4 resta visibile sul canale 21 del digitale terrestre, su Rai Play e Tivùsat ai canali 10 e 110. Al numero 104 dovrebbe andare Rete 4, dopo che già Canale 5 è tornato al numero 105 della piattaforma satellitare. Comcast modifica l’ offerta per Sky e ottiene lo 0,29% del capitale. Comcast ha esteso per la seconda volta il periodo di accettazione della sua proposta da 25,9 miliardi di sterline (29 miliardi di euro) in contanti per Sky al 6 ottobre. Il gruppo, che si sta contendendo il controllo di Sky con 21st Century Fox da aprile, ha dichiarato di aver ottenuto l’ approvazione per 5,2 miliardi di azioni di Sky, pari allo 0,29% del capitale dell’ azienda. At&t prevede una maggiore redditività dopo l’ acquisizione Time Warner. L’ amministratore delegato di At&t, Randall Stephenson, ha dichiarato che si aspetta per l’ anno prossimo un aumento della redditività di alcune divisioni, a seguito dell’ acquisizione della compagnia di media, Time Warner. L’ acquisizione di Time Warner ha dato alla compagnia il controllo di Warner Bros film, i canali televisivi di Turner e il servizio premium di Hbo, ma ha anche lasciato un debito netto di 180 miliardi di dollari (155,37 mld di euro). Frequenze tv, in Gazzetta le aree geografiche per il rilascio della banda 700. È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento con cui si suddivide il territorio nazionale in quattro aree geografiche «allo scopo di definire un calendario nazionale che individua le scadenze della tabella di marcia ai fini dell’ attuazione degli obiettivi della decisione (Ue) 2017/899, del 17 maggio 2017», ovvero il passaggio della banda 700 dalle televisioni alla telefonia per la realizzazione delle reti 5G. Rocco Siffredi per il debutto degli Xbiz Europa Awards 2018 i premi cinematografici dell’ intrattenimento per adulti. Rocco Siffredi ha condotto martedì la serata di premiazione della prima edizione degli Xbiz Europa Awards: i riconoscimenti internazionali che vengono assegnati, durante tre distinti festival annuali, dal settore mondiale della cinematografia per adulti. La premiazione delle eccellenze europee si è tenuta a Berlino e il pornodivo è stato l’ uomo scelto per timonare il debutto della prima edizione nel Vecchio continente della kermesse. La grande boxe su Dazn. La grande boxe arriva su Dazn. La piattaforma sportiva di streaming live e on demand trasmetterà infatti, in esclusiva per l’ Italia, alcuni degli incontri di boxe più importanti dei prossimi mesi, grazie agli accordi con Matchroom Boxing e Showtime Boxing. Il primo grande appuntamento è il rematch tra Saúl «Canelo» Alvarez e Gennady Golovkin, in programma nella notte tra sabato 15 e domenica 16 settembre.
Copyright, l’ Europa vota la riforma un freno ai giganti di Internet
La Repubblica
ALBERTO D’ ARGENIO
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Dal nostro inviato strasburgo Scesa la pressione delle multinazionali, il Parlamento europeo si è espresso in favore della direttiva sul copyright. Il testo dopo mesi di violenti scontri politici, segnati da una pressione senza precedenti della Silicon Valley anche con diversi casi di minacce agli eurodeputati, ieri è passato nell’ aula di Strasburgo con 438 voti contro 226. Ribaltando il risultato di luglio, quando i parlamentari Ue avevano rimandato il testo. Da allora molte cose sono cambiate. Innanzitutto, racconta chi ha seguito da vicino la direttiva, i big della Rete si sono resi conto del danno di immagine provocato da una lobby aggressiva, mollando leggermente la presa. E così – non senza significative battaglie sotterranee – gli equilibri in aula sono cambiati. Ora il testo passa al negoziato finale tra Parlamento, Consiglio (governi) e Commissione Ue. Portarlo a casa definitivamente resta comunque una corsa contro il tempo visto che decadrà con le elezioni europee del 26 maggio. Gli articoli chiave della direttiva sul diritto d’ autore sono l’ 11 e il 13. Il primo riconosce un giusto compenso a editori e giornalisti per l’ utilizzo da parte dei motori di ricerca come Google delle loro notizie e la sottoscrizione di una licenza da parte delle piattaforme come Youtube per caricare contenuti audio e video. Il secondo dà alle piattaforme la responsabilità del controllo sui contenuti pubblicati. Per gli utenti non cambierà nulla, non dovranno pagare per i servizi. A luglio il Parlamento aveva respinto il mandato a negoziare la versione finale della direttiva al relatore Axel Voss (Cdu-Ppe) con 318 voti. Ieri gli equilibri sono cambiati. Prima i deputati hanno approvato una serie di emendamenti facendo passare quelli chiave, ovvero le modifiche degli articoli 11 e 13 firmati dallo stesso Voss. Poi l’ insieme del testo. Decisivo il fatto che al contrario di due mesi fa ieri la plenaria fosse piena per il discorso sullo stato dell’ Unione di Juncker e del voto su Orbán. E poi c’ è stato lo spostamento di diversi settori dell’ aula. In massa hanno cambiato voto i conservatori (Ecr), ma anche nel Ppe il voto a favore del testo è stato molto più compatto su spinta del governo tedesco e grazie agli emendamenti di Voss: se a luglio i “sì” erano stati 129 su 219, ieri sono stati più di 200. In generale tutti i gruppi, anche quelli che erano compatti contro la direttiva, si sono spaccati. Tra l’ altro a Strasburgo si racconta di un intervento di Silvio Berlusconi, che avrebbe convinto Orbán a girare in favore della direttiva gli 11 voti di Fidesz in cambio del sostegno azzurro contro il rapporto Sargentini sullo stato della democrazia in Ungheria. Ma a cambiare idea sono stati anche molti deputati socialisti (Pse) e della sinistra unitaria (Gue). Lega e M5S sono rimasti compatti sul no. Gli editori europei hanno salutato il voto parlando di «grande giorno per la stampa indipendente e per la democrazia». Commenti positivi anche dall’ industria musicale, dagli autori e da tutto il panorama della cultura. Deluse le multinazionali del web. Il violento scontro politico delle ultime settimane dopo il voto non si è placato. Da Roma Luigi Di Maio (gli emendamenti M5S sono stati ignorati dai colleghi) si è scagliato contro l’ Europarlamento: «È una vergogna, stiamo entrando in uno scenario da Grande Fratello di Orwell ». Il vicepremier ha insistito sulla creazione della (inesistente) “link tax” a carico degli utenti e ha accusato Strasburgo di avere introdotto «la censura preventiva». Il presidente del Parlamento, Antonio Tajani, ha risposto: «Minacciare l’ unica istituzione Ue direttamente eletta dai cittadini è da analfabeti della democrazia». © RIPRODUZIONE RISERVATA VINCENT KESSLER/ REUTERS.
Le nuove regole che disciplinano il diritto d’ autore
La Repubblica
GABRIELLA COLARUSSO
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Risponde Come è nata la legge? Le regole sul diritto d’ autore in Europa risalgono al 2001, quando l’ accesso a Internet e l’ uso delle piattaforme digitali non erano così diffusi. Il modo in cui condividiamo, vendiamo e utilizziamo le informazioni e i contenuti online è radicalmente cambiato. Per questo nel 2016 la Commissione europea ha proposto una direttiva per aggiornare le norme sul copyright. Ieri è stata approvata dal Parlamento europeo, con alcune modifiche rispetto al testo che era stato bocciato a luglio. Cosa prevede? La direttiva introduce due principi nuovi: «i fornitori di servizi di condivisione dei contenuti online», cioè gli aggregatori e le grandi piattaforme come Google e Facebook, che fanno profitti anche grazie a contenuti alla cui produzione non contribuiscono economicamente, devono pagare gli editori per i prodotti giornalistici e audiovisivi che utilizzano, stipulando «accordi di licenza equi e appropriati». Le piattaforme hanno la responsabilità di controllare che non vengano violate le norme. I link agli articoli si potranno condividere se accompagnati da poche parole per riassumerne il contenuto, mentre saranno protetti da copyright gli “snippet”, cioè le anteprime degli articoli con immagini e testi brevi. Anche i creativi, dai musicisti agli sceneggiatori, hanno diritto ad essere «remunerati» per i loro contenuti utilizzati da Facebook, Youtube e gli altri. Quali sono i punti controversi? L’ articolo 11 che disciplina l’ equo compenso. I critici sostengono che potrebbe spingere le società a chiudere servizi come Google News, penalizzando soprattutto i piccoli editori, e che potrebbe pesare sulle piccole piattaforme. Per evitare questo secondo rischio il testo specifica che i fornitori di servizi fino a 250 dipendenti e le piattaforme senza scopo di lucro come Wikipedia sono escluse dai nuovi obblighi così come gli utenti che utilizzeranno in maniera «privata», «non commerciale» i contenuti protetti da copyright. L’ articolo 13 è il più controverso perché obbliga le grandi aziende a esercitare un controllo stretto sui contenuti che vengono pubblicati e questo potrebbe finire per dare a Google, Facebook e alle altre piattaforme un potere di censura e selezione delle informazioni maggiore di quello che già hanno, incentivando l’ uso di filtri automatici, preventivi. La prima bozza della proposta Ue richiedeva specificamente l’ utilizzo di «tecnologie di riconoscimento dei contenuti». Nel testo approvato però questo riferimento è stato eliminato, si parla solo di responsabilità dei fornitori di servizi e di «accordi di licenza e cooperazione» con i titolari dei diritti. Potrà essere modificata? Sì, durante la discussione del Trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione). Il testo dovrà essere poi votato di nuovo dall’ assemblea di Strasburgo. Il suo impatto reale dipenderà anche dagli accordi tra editori e piattaforme e dalle decisioni dei giudici in caso di dispute legali.
Da Mediaset a Sky tutte le tecnologie e 130 dipendenti della pay Premium
La Repubblica
ALDO FONTANAROSA
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Pier Silvio Berlusconi: le attività a pagamento in futuro potrebbero fare capo alla sola Infinity “Il ministro Di Maio non penalizzi l’ editoria” ROMA Mediaset Premium perde un altro pezzo importante, l’ ennesimo suo pilastro, a vantaggio del concorrente Sky. L’ ad di Mediaset Pier Silvio Berlusconi rivela che, tra novembre e dicembre, il Biscione cederà a Sky il cuore tecnologico della sua Premium. Gli esperti lo chiamano Operation Pay. Sono quei servizi di assistenza ai clienti e manutenzione tecnica che oggi permettono il funzionamento di Premium. Poco alla volta, già a partire da marzo, Mediaset Premium dimagrisce sotto i nostri occhi mentre Sky ingrassa. Con il supporto di legali molto esperti – attenti a non irritare le autorità della concorrenza – Sky sta consolidando dunque il suo primato nel settore della pay-tv italiana, dove Premium conserverà un ruolo marginale. Se pure lo conserverà. La pace televisiva scoppia il 30 marzo. Quel giorno, Mediaset autorizza Sky a trasmettere i canali di serie tv e cinema di Premium, peraltro ” ricchi” perché alimentati da colossi come Warner Bros e Nbc Universal. Questi canali di serie tv e cinema continuano ad essere disponibili su Premium, che però rinuncia all’ esclusiva e li condivide con Sky. Nell’ estate, intanto, il gruppo Berlusconi si ritira dal calcio. Niente più Champions ( ora è su Sky). Niente Europa League (è su Sky). Per la Serie A e la Serie B, Mediaset Premium deve accontentarsi dell’ accordo con Dazn. Quest’ intesa porterà agli abbonati di Premium le tre sole partite della Serie A che Dazn ha in mano, oltre alla malandata Serie B. E adesso arriva l’ annuncio di Pier Silvio Berlusconi, che spiega: «Tutto ormai va in quella direzione ». In base ai patti già firmati a marzo scorso, ora Sky conquista « manutenzione tecnica, accesso condizionato, assistenza ai clienti e attività commerciali» di Mediaset Premium. Come dire: i freni e il cambio delle Ford, li farà la Fiat. In cambio delle chiavi del suo motore, Mediaset dovrebbe incassare 14,18 milioni di euro. Questa, almeno, è la valutazione che il Biscione ha fatto del suo cuore tecnologico. Non solo. Premium trasferirebbe a Sky anche 130 dipendenti tra tecnici, quadri e dirigenti su un totale di 240. Pier Silvio Berlusconi – che è ad e vice presidente esecutivo di Mediaset – dice anche che ” premium” resterà un marchio del suo gruppo. Servirà a firmare serie tv e film. In prospettiva, Premiun potrebbe essere fusa con Infinity, la pay- tv via Internet che il Biscione ha lanciato nel 2013. La pace tra Sky e Mediaset si arricchisce, poi, di un nuovo capitolo. A tre anni dall’ oscuramento del settembre 2015, ora Canale 5 è tornato visibile sul decoder di Sky. Da fine ottobre, stesso lieto fine per Rete 4 e Italia 1, che pure faranno ritorno sul decoder della emittente a pagamento. Il gruppo Berlusconi si aggiudica un round, in questo ambito. A ottobre del 2014, con particolare forza, il Biscione aveva chiesto a Sky un compenso in cambio della presenza di reti come Canale 5 sul decoder di Sky, che però si era sempre rifiutata di pagare. Canale 5 , Rete 4 o Italia 1 non erano forse qualcosa di gratuito? Ora Sky riconoscerà dei soldi. « Non abbiamo aspettative di chissà quali guadagni » , ammette Berlusconi. Ma la battaglia di principio, quella almeno è vinta. Sempre Berlusconi – a Roma per presentare la nuova Rete 4 – dice la sua sul ministro Di Maio, che minaccia di togliere ossigeno e risorse al settore editoriale: « Certe dichiarazioni mi sembrano più dovute a propaganda che a necessità reali. Il mondo dell’ editoria è già sotto pressione. E in Italia ancora di più, perché il mercato è in difficoltà più che altrove e molto, molto concorrenziale. Non mi sembra che ci sia la necessità di mettere limiti che complichino la già difficile vita di coloro che operano nel settore. Con tutto il rispetto, faccio fatica a capire dove si stia mirando. Le nuove tecnologie hanno portato una rivoluzione che ha cambiato totalmente l’ editoria, togliendo tante certezze agli imprenditori. Non parlo di Mediaset, ma di tutti, a partire dai piccoli editori della carta stampata e delle radio». © RIPRODUZIONE RISERVATA Sky più forte, Premium più debole sul mercato della pay-tv.
Se parli male di me ti taglio i fondi
La Repubblica
Gianfranco Bossi
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Il vicepremier Di Maio annuncia che vieterà alle aziende statali di fare pubblicità sui giornali. Il sottosegretario Crimi giustifica il provvedimento, perché i giornali « parlano male del governo » . Questo sottosegretario ( all’ Editoria!) sa che l’ articolo 21 della Costituzione tutela la libertà di stampa e, quindi, anche la libertà di critica? Un governo che non vuole la Tav, il Tap, la Gronda, che voleva chiudere l’ Ilva, che vuole nazionalizzare invece di liberalizzare, che sui vaccini ha emanato tre provvedimenti diversi in tre giorni ( il ” governo del cambiamento”), che vuole chiudere i negozi la domenica, che ha ministri e sottosegretari di manifesta incompetenza, non merita qualche critica? O Di Maio e Crimi vogliono solo elogi? Li leggano sui social quelli.
SE LA STAMPA È IL NEMICO
La Repubblica
VITTORIO ZUCCONI
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Nel tempo della Rete padrona, nelle ore della sofisticata e capillare manipolazione del consenso organizzata dai pastori dell’ algoritmo, questi « giornali morenti capaci solo di attaccare il governo » , secondo il M5S al governo, questi «giornali falliti e bugiardi», secondo Trump, continuano, inspiegabilmente, a fare paura ai potenti e a rivelare il sintomo delle loro pulsioni repressive. Perché questi maledetti giornali, questi maledetti giornalisti al servizio di loschi editori, questi piccoli numeri, che dovrebbero far sorridere i signori dei Social, smascherano non la forza, ma la insicurezza del potere. In queste ore di ansia negli Stati Uniti, sui quali sta per schiantarsi un uragano feroce, il presidente Trump ne dà una dimostrazione esemplare. Si fionda in diretta televisiva per vantare « l’ incredibile successo » segnato un anno fa soccorrendo Puerto Rico investita dall’ uragano Maria, una sbruffonata che deve avere fatto rabbrividire gli abitanti della costa atlantica in attesa di “Florence”, visto che il “successo” fu un colossale fiasco del soccorso governativo, con quasi tremila vittime. Un flop che proprio i media hanno smascherato e che la Protezione civile americana, la Fema, ha ammesso. Il nemico da sconfiggere, l’ avversario da abbattere non è il problema in sé, è chi osa mettere in dubbio la capacità dei potenti di risolverlo. E quanto più incapaci si mostrano nell’ affrontarlo, tanto più insopportabile è chi osi farglielo notare. L’ equazione è semplice e confortante. Se qualcuno non mi riconosce il merito, non è certo perché io abbia sbagliato o perché sia inetto: è perche lui o lei è un venduto, pagato per attaccarmi e disconoscere la mia grandezza. Dunque, eliminando i critici, saranno risolti i problemi. Nessun governo, nella storia delle democrazie moderne, è immune dalla paranoia dell’ insicurezza e l’ elenco dei leader politici che hanno consumato, in privato o in pubblico, la loro idiosincrasia per ogni forma di critica giornalistica è universale. Dai ” gufi” di Renzi ai giornalisti ” criminosi” che Berlusconi volle esiliare, dalla “lista di nemici” di Nixon a Clinton esasperato dal tormento del suo ” Sexgate”, ogni governo si sente bersaglio di oscure forze che vogliono minarlo e disconoscerne i luminosi successi. Anche quando il potere acquista il controllo totale dell’ informazione, come avveniva nella Russia sovietica, la paranoia dell’ insicurezza non si placa, si allarga. I boss del Cremlino si arrovellavano leggendo – soltanto loro – la stampa estera che si ostinava a non accettare il trionfo del “Socialismo Reale”. La spiegazione per loro, la sola possibile, era dunque vedere dietro ogni critica la mano di qualche impuro manipolatore e “nemico del popolo”. Noi inviati e corrispodenti esteri a Mosca eravamo invariabilmente agenti della Cia o servi di mostruosi complotti che ci inducevano a raccontare i sintomi del naufragio. Soffocare o ammutolire i critici e la stampa avversa, sempre descritta dalla paranoia del potere come “tutti contro di me”, è la soluzione più naturale ed efficace per pavoneggiarsi e insieme quella che più garantisce che i problemi non saranno risolti. Se il bambino va male a scuola, basterà cambiare i voti sulla pagella o trovare un’ insegnante compiacente perché si trasformi in un genio, ma resterà ignorante. Se i giornalisti criticano, basterà trovare l’ editore che accetterà di accompagnare alla tastiera il potere. E così, giorno dopo giorno, giornale dopo giornale, boccheggia e finalmente muore non la libertà di stampa, ma la libertà di tutti, garantita meglio dal più scalcagnato e fazioso dei critici che dal più brillante degli adulatori. Se qualche migliaio in meno di americani moriranno domani, il merito andrà a quei maledetti giornalisti che hanno rivelato il disastro di Puerto Rico e scosso il governo. Faziosamente salvando vite.
“Questa direttiva garantisce l’ indipendenza dei giornali”
La Stampa
M . SOD.
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«L a tecnologia cambia i mezzi con cui si diffondono i contenuti editoriali, non si vede perché non dovrebbero cambiare anche le regole sulla protezione del copyright». Carlo Perrone, consigliere di Gedi (il gruppo che edita, tra gli altri, anche La Stampa) e presidente dell’ associazione degli editori di giornali europei Enpa è molto soddisfatto per l’ esito del voto di Strasburgo. Dice: «Questa direttiva preserverà l’ indipendenza dei giornali per le generazioni future. Non riguarda solo la modernizzazione del diritto d’ autore ma la sua funzione fondamentale nelle nostre democrazie». Imponendo un compenso per chi riutilizza contenuti nei quali gli editori investono i loro budget di produzione, continua Perrone «i parlamentari europei hanno dato prova di voler sostenere la stampa indipendente votando in favore dei diritti di autore che aiuteranno ad assicurare la sostenibilità del settore». Di tenore analogo il commento di Andrea Riffeser Monti, presidente della Federazione italiana editori di giornali: «Esprimo il mio apprezzamento per l’ esito del voto di Strasburgo sulla direttiva copyright e ringrazio gli europarlamentari per il senso di responsabilità dimostrato. È un passaggio importante, che consente a questa legge di proseguire il suo iter di approvazione verso una più efficace difesa del diritto d’ autore nello spazio digitale». Il nodo della vicenda resta il principio di remunerazione degli editori e dei giornalisti autori dei contenuti che poi vengono diffusi dalle grandi piattaforme. Anche Riffeser sottolinea che quella remunerazione è una garanzia per il pubblico. «Il principio che ispira la direttiva è la tutela dei valori democratici europei: una stampa libera e indipendente con un ruolo centrale nella società». Proteggere i prodotti editoriali significa rafforzare il valore delle imprese. «Tutelare le genialità di ciascuno – continua il presidente Fieg – potenziare la capacità di innovare, sperimentare nuove forme di comunicazione», tutte cose fondamentali per chi fa dell’ informazione il suo mestiere in un mondo bombardato dalla disinformazione. Riffeser: «L’ Europarlamento riconosce l’ informazione professionale come presidio di informazione affidabile e verificata, l’ argine ai rischi di una deriva della diffusione delle fake news. Continueremo a collaborare con le istituzioni europee nella delicata fase dei negoziati con l’ obiettivo di realizzare in tempi rapidi una riforma equilibrata e aderente al mutato contesto tecnologico e digitale. Una riforma che, ne siamo certi, incoraggerà forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e i fornitori di servizi innovativi che riproducono ed elaborano i contenuti protetti da tali diritti». m . sod. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Copyright, sì di Strasburgo alla riforma Il diritto d’ autore va pagato anche online
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EMANUELE BONINI – Le Siae di tutta Europa sono pronte a sbarcare su Internet. Il Parlamento europeo ritiene che il diritto d’ autore vada pagato sempre anche sulla Rete, per cui si preannunciano cambiamenti epocali. L’ Aula ha stabilito che giornalisti, editori, musicisti e creativi di ogni genere debbano essere retribuiti per l’ utilizzo delle proprie creazioni da piattaforme di condivisione come YouTube o Facebook e aggregatori di notizie come Google News. I giganti del web saranno inoltre responsabili per ciò che finisce sui propri spazi e l’ uso che ne viene fatto. Un risultato non scontato e neppure definitivo. Adesso sarà il Consiglio a doversi esprimere. I divieti Niente riproduzione, neppure parziale, dei contenuti. Vuol dire divieto di snippet, ma solo utilizzo di hyperlink con una sola parola. Dall’ emiciclo esce un testo utile nelle intenzioni del legislatore per gli autori e il mercato. Vengono pagati i primi, si regolamenta il secondo. Le start-up e le imprese fino a un massimo di 250 dipendenti sono escluse dalle nuove regole, che non si applicheranno neppure a servizi di cloud, portali di commercio elettronico per vendita di dettaglio di beni fisici, enciclopedie e biblioteche on-line. L’ opposizione Il negoziato inter-istituzionale che si apre potrebbe ridimensionare la portata dei cambiamenti proposti dal Parlamento. Dando uno sguardo alla lista dei voti contrari, si può intravedere un blocco pronto all’ imposizione del pagamento del copyright su Web formato dai Paesi dell’ Est, Italia e probabilmente Paesi Bassi. I deputati liberali di Vvd e D66 sono contrari a questa riforma del copyright, e rappresentano i partiti nella coalizione di governo olandese. Trovare una sintesi, per la presidenza austriaca del Consiglio, potrebbe non essere cosa facile. Il blocco dei no L’ Italia è quella che in questo momento promette più di altri battaglia. Lega e M5S si sono espressi insieme contro le nuove norme, con l’ ala del governo giallo-verde che ha già annunciato di voler bloccare quella che i 5 Stelle in Europa considerano un bavaglio. Il loro leader in Italia, Luigi Di Maio, parla di «vergogna» ed è scontro istituzionale. Via Twitter il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, esorta il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a «prendere le distanze» dal suo vicepremier, che definisce un «analfabeta della democrazia». Sfogo che riporta alla mente episodi di berlusconiana memoria (era il 2003 quando il cavaliere definì gli eurodeputati tutti «turisti della democrazia») e riaccende le tensioni su un tema molto delicato. I gruppi parlamentari hanno trovato una posizione comune solo all’ ultimo minuti, e senza neppure riuscirci fino in fondo. Non sono pochi quelli ad essere usciti dai ranghi tra socialdemocratici (26) e liberali (23) e votare contro la riforma del copyright. I conservatori (Ecr) si sono addirittura spaccati (29 «sì» e 38 «no»). Numeri che dimostrano la complessità di un tema più incline alle liti, anche interne, che al compromesso. Nonostante ciò l’ Aula ha trovato i numeri per andare avanti, e portare al tavolo l’ Europa degli Stati. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Di Maio promette battaglia all’ Europa “Vergogna, questa è censura preventiva”
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FEDERICO CAPURSO – Il Movimento 5 Stelle è furioso. La proposta approvata dal Parlamento europeo, che potrebbe applicare il diritto d’ autore ai contenuti del web, colpisce dritta al cuore il partito di Luigi Di Maio. Nel mirino dei grillini ci sono due articoli (l’ undicesimo e il tredicesimo) che – nei loro ragionamenti – sono una picconata al mito della Rete libera sul quale Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno costruito la loro creatura politica. E che per di più spuntano le loro armi nell’ infinita guerra contro i media e l’ informazione. La partita è talmente importante da far scendere in prima linea il leader, Di Maio, che affida a un post su Facebook il suo sfogo: «È una vergogna tutta europea: il Parlamento Ue ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet – scrive il vice premier – Stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell». Il riferimento è all’ articolo 13 della proposta di riforma del copyright, che impone una verifica preventiva, attraverso dei filtri automatici, dei contenuti caricati online. Un passaggio ritenuto necessario per impedire che possano essere pubblicati in Rete materiali protetti dal diritto d’ autore. Sostanzialmente – negli autoreferenziali timori del Movimento – il rischio è che la norma si trasformi in un freno alla propaganda online su social, blog e siti della costellazione targata Casaleggio Associati. L’ articolo 11, invece, introduce la «folle link tax», attacca Di Maio. Una norma che obbligherebbe i giganti del Web a pagare un contributo per ogni contenuto o notizia condivisa sulle loro piattaforme. Una norma che il Parlamento europeo approva, per di più, proprio nel giorno in cui dal Movimento viene annunciato il taglio ai finanziamenti pubblici ai giornali. Uno smacco. Insopportabile per Di Maio e per quel mito grillino della Rete «libera e indipendente». «Ci batteremo nei negoziati tra i governi, in Parlamento europeo e nella Commissione europea per eliminare questi due provvedimenti orwelliani», promette allora Di Maio. «E statene certi: alla prossima votazione d’ aula la direttiva verrà nuovamente bocciata». Il piano, tra le parole minacciose del capo politico del Movimento, è già abbozzato: «Sarà un piacere vedere, dopo le prossime elezioni europee, una classe dirigente comunitaria interamente rinnovata che non si sognerà nemmeno di far passare porcherie del genere». E lancia persino «un messaggio per le lobby: questi sono gli ultimi vostri colpi di coda. Nel 2019 i cittadini vi spazzeranno via». Nonostante le attività lobbistiche più insistenti, negli ultimi mesi, siano state proprio quelle esercitate dai giganti del Web che, come il Movimento 5 stelle, avversano la direttiva. Google, per esempio, avrebbe speso oltre 31 milioni di euro per esercitare pressioni sui membri dell’ Unione europea nei confronti dell’ articolo 13 della direttiva. La strategia d’ attacco del Movimento è nelle mani di Vito Crimi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’ Editoria. «Noi continueremo la nostra battaglia. Anche perché la direttiva non è stata ancora approvata», ribadisce Crimi a La Stampa . «Ora si apre un confronto in Europa tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio. Una trattativa che potrebbe durare più di un anno», mette in guardia. E «tra nove mesi», sottolinea Crimi, « si terranno le elezioni» per rinnovare il Parlamento europeo. «Noi puntiamo ad arrivare al voto finale su questa direttiva dopo la data delle urne», mette in chiaro il sottosegretario M5S. Con la scommessa di un «rinnovamento» in seno all’ Europa che renda più semplice affossare il provvedimento. Non solo. «Se anche dovesse passare il vaglio della prima trattativa con il Consiglio europeo e la Commissione, le norme rischierebbero comunque di entrare in vigore fra tre anni. Per il mondo della Rete è un periodo sufficiente a renderle già obsolete e quindi da modificare». La partita però non è semplice. Il Movimento dovrà trovare nuovi alleati a Bruxelles che abbiano i suoi stessi interessi a sposare questa battaglia. La Lega, ad esempio, che come i Cinque stelle muove gran parte della sua propaganda online, si è schierata contro la direttiva sul copyright, (anche se due dei suoi europarlamentari hanno votato in dissenso dal gruppo). Sempre che la trattativa non proceda a vele spiegate arrivando in porto, magari, prima delle elezioni. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Link tax, snippet e Wikipedia Cosa cambierà su Internet?
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MARCO SODANO
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Leggi un articolo, lo condividi. Cerchi un’ informazione su un motore di ricerca. Vuoi dire la tua sulle decisioni del governo. La nuova direttiva europea sul copyright limiterà i nostri diritti? Ecco la risposta alle domande più frequenti. Cos’ è la link tax? Chi pubblica online contenuti coperti da diritti e prodotti da altri dovrà corrispondere ai titolari dei diritti un compenso, dovrà aver «stipulato accordi di licenza equi e appropriati con i titolari dei diritti». Il meccanismo è stato ribattezzato «tassa», ma si tratta di un compenso. Chi la dovrà pagare? Chi monetizza la sua attività online usando contenuti prodotti da altri. Per esempio, gli aggregatori di notizie, veri e propri giornali composti con una serie di link alle testate pubblicate da società editrici. Sono escluse le start-up, le microimprese digitali e gli operatori che hanno meno di 250 dipendenti. Perché devono pagare? Perché producono profitti: i link rimandano ai siti dei proprietari dei diritti, ma gli aggregatori traggono profitto dall’ analisi del traffico dei loro utenti, un big data gigantesco e preziosissimo che viene costruito grazie ai contenuti prodotti dagli editori. Cosa significa che saranno proibiti gli «snippet»? Senza un accordo con i titolari dei diritti gli aggregatori non potranno pubblicare le anteprime dei contenuti linkati: titoli, foto, prime righe degli articoli. Sono gli elementi che accreditano come un giornale gli aggregatori. Wikipedia, l’ enciclopedia online gratuita, ha lanciato l’ allarme: rischiamo di chiudere. È un timore fondato? Rispetto al primo testo la direttiva è stata modificata. Ora dice esplicitamente che le enciclopedie online, così come le piattaforme che sviluppano software open source – risorse messe a disposizione di tutti sono esclusi dagli obblighi della direttiva. No, Wikipedia non rischia la chiusura. Potrò continuare a postare gli articoli dei giornali che mi piacciono sul mio profilo Facebook? Molto dipende da come verrà affinata la direttiva nel dibattito che si apre ora con il Consiglio. Su Facebook, in molti casi, gli articoli sono pubblicati dagli stessi editori. I lettori, come soggetti privati, non ottengono ricavi dalle loro condivisioni. È possibile che Facebook debba cambiare l’ aspetto delle anteprime che pubblica sulle sue pagine. C’ è chi grida alla censura per via dei filtri preventivi, il meccanismo che analizzerà i post in anticipo per verificare se vengono violati i diritti di qualcuno. Qualunque azione di sorveglianza su una pubblicazione può diventare una censura, dipende da come la si usa. Anche la registrazione al Tribunale (prevista per le pubblicazioni cartacee) diventa censura, se il Tribunale decide di negare l’ autorizzazione per motivi ideologici. Un filtro del genere è già attivo su YouTube: la piattaforma è in grado di accorgersi, in alcuni casi, se un video viola un copyright. Senza la prova che l’ autore del video dispone dei diritti, YouTube non pubblica. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Mediaset: i nostri canali andranno su Sky “Cederemo la piattaforma di Premium”
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F. SP.
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Mediaset si prepara a vendere la piattaforma tecnologica di Mediaset Premium a Sky, esercitando l’ opzione concordata al momento dell’ accordo con l’ operatore satellitare, il fine marzo scorso. L’ operazione segue la decisione di portare sulla piattaforma Sky i canali generalisti di Mediaset. «Tutto procede in quella direzione», ha detto l’ ad del Biscione, Pier Silvio Berlusconi alla presentazione del palinsesto di Retequattro. «Abbiamo comunque tempo per esercitare l’ opzione», ha aggiunto. In ogni caso «il marchio Premium rimarrà un nostro marchio di cinema e serie. Poi vedremo se ci sarà una integrazione con Infinity», la piattaforma online di casa Mediaset. Nel gruppo, intanto si lavora all’ alleanza internazionale che, nei piani di Cologno Monzese, ha soppiantato l’ asse coi francesi di Vivendi, finita a carte quarantotto dopo il dietrofront di Bolloré proprio sulla pay tv Premium. Ora si punta su gruppi europei come ProsiebenSat. Al nuovo polo, ha detto Berlusconi jr ,«ci stiamo lavorando e ci crediamo». F. SP. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
LA VOGLIA DI FERMARE I GIORNALI
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Ieri il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva sul copyright. Fra le altre cose, essa prevede che ogni Stato-membro debba assicurarsi che i produttori di contenuti, gli editori, ricevano compensi «consoni ed equi» per l’ uso dei loro materiali da parte delle piattaforme on line. Semplificando, hanno vinto editori e partiti «tradizionali» e ha perso la strana coalizione formata dai cosiddetti «giganti del web» e dai partiti anti-establishment, fra cui Lega e Cinque Stelle. Questi ultimi, che solitamente hanno scarsa simpatia per il capitalismo, specie se americano, si erano allineati con le istanze della Silicon Valley. Intanto, in Italia il ministro Di Maio annuncia una lettera alle società partecipate per indurle a smettere di fare pubblicità sui quotidiani. Si discute poi di eliminare l’ obbligo di pubblicazione per la Pa (per esempio per gli avvisi di gara), con l’ obiettivo dichiarato di colpire le imprese editoriali. I cosiddetti populisti hanno per anni accusato i loro predecessori di voler asservire l’ informazione: pensate alle polemiche, spesso condivisibili, sull’«occupazione» della Rai. Pensavamo fossero critiche, invece era un programma. L’ attuale governo sta facendo esattamente ciò che rimproverava agli odiati Renzi e Berlusconi: prendere il controllo della Rai, usare la pubblicità delle partecipate a fini politici. Più in generale, se la Silicon Valley non ama né Donald Trump né i suoi epigoni europei, questi ultimi sono convinti che il loro successo dipenda dal superamento dei media tradizionali. Attraverso i social, essi costruiscono, giorno dopo giorno, quel rapporto diretto fra elettori e eletti che è un ingrediente essenziale della loro ideologia. L’ obiettivo è quello di mettere in scena una democrazia senza bardature, dove la rigidità delle regole non è più un ostacolo alla reazione immediata alle sollecitazioni del «popolo». Che poi del popolo considerino solo la frazione che li inonda di «like», non importa. E non importa neppure che «fare le leggi», pure quando le fa il governo, continui a richiedere un tempo incommensurabilmente diverso da quello del web. Ciò che conta è dare l’ impressione di un’ attenzione istantanea. Piaccia o non piaccia, la storia della democrazia è anche la storia dei giornali. Il dibattito politico ha bisogno di confrontarsi con un’ opinione pubblica informata e vivace. L’ opinione pubblica, sosteneva Walter Bagehot, è «l’ opinione di quel signore calvo seduto in fondo all’ autobus». Con questo, voleva dire che l’ opinione pubblica non coincide necessariamente con le idee delle classi dirigenti, e nemmeno con quelle delle persone più colte: coincide con il pensiero delle persone «comuni» che vogliono dire qualcosa sul modo in cui vengono condotti gli affari pubblici ma sentono anche il bisogno di farlo a ragion veduta. La libera stampa non è perfetta, come nulla è perfetto a questo mondo. Essa è però la precondizione di un’ opinione pubblica informata: che ha bisogno di una polifonia di opinioni ma anche di chi metta risorse e competenze per dare notizie, soprattutto se sgradite a chi governa. Più che le singole iniziative, colpisce quindi il disegno, la guerra ai giornali. Per alcuni è il sogno romantico della democrazia diretta, senza filtri. Quei «filtri» sono tuttavia indispensabili per avere una informazione non frammentaria, che consenta di conoscere davvero quel che viene deliberato ed eventualmente di reagire ad abusi e soprusi. C’ è un motivo se il potere vuole avere un rapporto diretto col singolo individuo. E’ che il singolo individuo, apparentemente emancipato da tutte quelle strutture che si interpongono fra lui e il governo, in realtà è disarmato. Inerme. Il suddito ideale. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
“Le mie sfide, fare un Tg non urlato e raccontare la realtà dal di dentro”
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M. TAMB.
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Gerardo Greco sposa la tesi di Pier Silvio Berlusconi, quella di tenere viva l’ attenzione sulla capitale, una scelta editoriale che lo vede in accordo perfetto dopo tutti i ragionamenti fatti, anche insieme. Oggi Greco si prepara a una nuova trasmissione che da stasera prende il via: W l’ Italia , un titolo che è ancora allo studio per un problema guarda caso proprio di copyright con un’ emittente radiofonica. «Intanto partiamo così ma non credo ci debbano essere problemi», dice il conduttore. Anche lui in doppia veste: alla guida del programma di dibattiti su temi d’ attualità in prima serata e come direttore del nuovo Tg4 che ha cambiato orari, (alle 12 e alle 18,55 con il suo editoriale) e ritmi. La sua mission è di quelle strutturali e non facili da realizzare: rendere il Tg 4 meno urlato e più autorevole. A questo si aggiunge appunto la nuova trasmissione rigorosamente in prima serata. Come sarà il suo programma? «Parliamo di un cambio di passo importante. Da tanto stavamo ragionando con Pier Silvio a proposito di una trasmissione fatta in certo modo, che avesse un taglio narrativo importante». Qualche esempio? «Abbiamo come inviata Karima Moual che si è messa a grave rischio, nascondendo la telecamerina e il microfono per andare a Ventimiglia e attraversare il confine assieme ai disperati che vogliono andare in Francia. Un modo per raccontare un mondo con il quale lei ha facilità di relazioni essendo di origini marocchine. Dunque dal di dentro e senza filtri. È stata molto coraggiosa e brava». Teme di avere nostalgia della Rai? Forse è l’ unico che se ne è andato senza sbattere la porta e con una trasmissione in tasca… «Non credo e non temo di avere nostalgia. Sono certo invece di avere nostalgia per l’ America, dove sono stato benissimo e dove tornerei molto volentieri». m. tamb. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Tv, il via alla stagione
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MICHELA TAMBURRINO
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I l più grande investimento su Roma mai fatto in tempi recenti da un grande broadcaster, una visione controcorrente che come succede a chi canta fuori dal coro, può rivelarsi una intuizione illuminata. Pier Silvio Berlusconi scende nella capitale per presentare la nuova Retequattro, figlia di un ragionamento nato due anni fa, un progetto dal principio editoriale che punta sulle competenze. Rimettere a fuoco una rete generalista senza perdere il pubblico fidelizzato restituendo identità piena, una definizione più calzante. Forte di un linguaggio produttivo specifico, si punta sulle news indagate in tutte le dimensioni della realtà, intrattenimento, cronaca nera, politica, spettacolo, approfondimento sociale. Rifondare il brand nella sua interezza e complessità grazie a un know-how tecnico e narrativo proprio di una rete contemporanea, vale a dire conservatrice, cioè che produce prodotto. Emozionato e felice Pier Silvio Berlusconi, è galvanizzato anche dal voto al Parlamento europeo che dice sì alla nuova legge sul copyright: «Da editore e da professionista ritengo sia un primo passo di civiltà in un percorso fondamentale di crescita. Non bisogna scambiare la difesa di un diritto con la libertà di espressione». Parla dei suoi programmi «griffati» da talenti che avranno lo studio personalizzato al Colle Oppio. «Per gli ascolti – mette le mani avanti l’ ad nonostante il buon esordio di Barbara Palombelli in prima serata, la stessa che ieri è stata chiamata ad accendere la nuova emittente – bisogna avere molta pazienza ma il Dna buono c’ è. Retequattro nacque con Bocca e Montanelli, l’ aristocrazia del giornalismo che oggi passa il testimone», Conduttori dai toni sfumati Una linea d’ intervento che guarda all’ informazione e che mette da parte la sensazione. Sparisce dai palinsesti Belpietro e arrivano conduttori dai toni sfumati. «Questa delle news è la parte più complicata e più bella, equivale a un rapporto più stretto con il Paese. La squadra è composta da campioni del ragionamento in grado di farsi capire». E allora eccola la squadra di eccellenze con un’ unica stella al femminile che brilla da sola, Barbara Palombelli: ci sono Nicola Porro che si bilocherà tra Matrix su Canale 5 e Quarta Repubblica su Retequattro; Paolo Del Debbio, Roberto Giacobbo che con Freedom punterà anche sulla qualità delle immagini in esclusiva da archiviare come reperti. Curatissima anche la lettering per arrivare a un pubblico di dislessici («Una sensibilità che mi viene da problemi familiari») e poi attenzione a una cultura non elitaria, comprensibile a chi non sa, non noiosa per chi sa». E Chiambretti che con La Repubblica delle donne si dedicherà al femminile, finalmente in prima serata e Gianluici Nuzzi con l’ immarcescibile Quarto Grado . Cinque produzioni originali in diretta e un futuro fatto di accordi con Sky per la fruibilità della piattaforma da ottobre per tutte le sue reti «e andremo a esercitare l’ opzione a proposito della cessione definitiva di Premium a Sky. Il marchio Premium rimarrà nostro per cinema e serie. Forse ci sarà un’ integrazione con Infinity». L’ ad di Mediaset ha confermato anche la volontà del gruppo di studiare una possibile aggregazione con altri broadcaster europei: «Ci stiamo lavorando e ci crediamo. Un progetto che possa far crescere ulteriormente Mediaset al di fuori di Italia e Spagna». E potrebbe coinvolgere tv francesi (Tf1), tedeschi (ProSieben) o inglesi (Itv). Tutto in positivo persino la risposta della Borsa, così il suo buon umore non viene scalfito neppure dalle dichiarazioni di Di Maio a proposito della pubblicità in parte negata. «Dichiarazioni di propaganda. Il mondo editoriale è già sotto pressione, non c’ è alcuna necessità di rendere ancora più difficile la vita a chi cerca di fare bene il proprio lavoro». Persino sull’ impasse Rai è magnanimo mentre si augura una rapida sistemazione della governance di viale Mazzini. E infine la presenza del man ager e produttore Lucio Presta ha fatto pensare che il documentario di Matteo Renzi su Firenze avesse trovato casa: «Prima di decidere voglio vedere il prodotto fatto e finito. Avere il documentario di Renzi sulle nostre reti mi piacerebbe, stimo la persona e penso che il suo sarà un ottimo prodotto. Ma solo vedendolo capirò se potrà avere un destino sulle nostre reti ». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI».
Sventato il piano M5S per rubare ai giornali
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RENATO BESANA Secondo un vecchio adagio popolare, neanche un cane muove la coda per niente. Figuriamoci Di Maio (che non intendiamo in modo alcuno paragonare a un cane, a scanso di querele e per rispetto verso il fedele amico dell’ uomo). Ieri i 5Stelle al parlamento di Strasburgo, imitati chissà perché dalla Lega, hanno votato contro la proposta di riforma in materia di copyright, pronunciandosi così a favore dei Gafa, cioè Google, Amazon, Facebook e Apple, che dominano la distribuzione di contenuti via Web, non pagano un euro di tasse in Europa e non retribuiscono gli autori grazie ai cui prodotti incassano cifre da capogiro. Non è la prima volta che il ministro al sottosviluppo economico tira la volata ai Fab Four, che non sono i Beatles. Anche la chiusura domenicale degli esercizi commerciali risponde all’ identica logica. Altro che tutela dei piccoli negozi, purtroppo e da anni in crisi irreversibile, e salvaguardia delle famiglie distrutte dallo shopping festivo: a trarre vantaggio dal provvedimento saranno in primo luogo le vendite via internet, nelle quali primeggia la solita banda arciplurimiliardaria. Non è finita, anzi è appena cominciata. Si sa che il caro leader si appresta a tagliare le provvidenze a favore dell’ editoria, ancora una volta misteriosamente seguito da Salvini. Non contento, la scorsa settimana ha minacciato una legge per impedire che non meglio identificati gruppi di potere possiedano giornali. In altre parole, gli imprenditori impegnati in attività diverse dovranno abbandonare la carta stampata. Fosse così, una buona metà dei quotidiani, compresi quelli locali, si troverebbe costretta a sospendere le pubblicazioni. Cui prodest, cioè chi ne trae vantaggio? Risposta ovvia: l’ informazione fornita dai siti internet, egemonizzata dai Gafa, che in questo modo aumenterebbero anche la raccolta pubblicitaria. Gli effetti secondari d’ una tale norma liberticida non sarebbero di sicuro sgraditi a Di Maio. Il suo modello è il turco Erdogan, che chiude i giornali d’ opposizione e incarcera i giornalisti sgraditi. A tanto, almeno per ora, non si può arrivare, ma senza quei rompiscatole recidivi che si ostinano a scrivere quel che pensano, il nostro sarebbe libero d’ indulgere nel proprio incoercibile narcisismo, diffondendo il verbo pentastellato in infinite dirette su Facebook. Gli italiani potrebbero finalmente abbeverarsi alla pura fonte della sua vasta cultura e nessuno avrebbe più a ridire se sposta Matera in Puglia o sostiene che il corpo umano è composto al novanta per cento d’ acqua. Questi, però, sono dettagli. Acquisti nei giorni festivi, copyright e mercato dell’ informazione: in ballo ci sono molti soldi cui i Gafa non sembrano disposti a rinunciare. Nonostante le arie da ducetto, Di Maio appare genuflesso ai loro interessi. Non è senz’ altro vero e per carità di Patria ci rifiutiamo di sospettarlo, tuttavia i malevoli potrebbero insinuare che i beneficiati non mancheranno di mostrare la loro commossa gratitudine: un osso con un po’ di polpa non si nega a nessuno. riproduzione riservata.
Più vicino il via libera per Foa alla presidenza Rai
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Il tormentone della presidenza Rai si starebbe per concludere. Lo stallo che da diverse settimane blocca le nomine a viale Mazzini, infatti, si starebbe per sbloccare. Oggi nuova seduta della Commissione di Vigilanza e anche se il via libera potrebbe non arrivare in queste ore, la maggioranza gialloverde è convinta di essere ad un passo dal via libera di Silvio Berlusconi a Marcello Foa per la presidenza della tv pubblica. «Ormai c’ è sintonia sulla strada da prendere, ma vanno evitate scorciatoie che potrebbero ritardare la nomina di Foa», dicono fonti interne. Allineati sul nome dell’ ex giornalista de Il Giornale, sarebbero, oltre alla Lega e M5S, anche Fdi e Forza Italia. Forze che avrebbero condiviso, dopo aver raccolto anche pareri legali autorevoli, la convinzione che si potrà votare per Foa presidente, «anche perché quella di una prima bocciatura di Foa, è una fake news, visto che piuttosto si è trattato di un non-voto di Fi». A questo punto è possibile che tutto trovi soluzione martedì prossimo, con la vigilanza che, a quanto si apprende, sarà riconvocata proprio in quella data.
RETEQUATTRO SI FA IN 5
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FRANCESCA D’ ANGELO Retequattro cambia pelle: lo annunciano ieri, a Roma, i pesi massimi di Mediaset ossia l’ ad Piersilvio Berlusconi, il direttore del canale Sebastiano Lombardi e il primo stock di nuovi volti, composto da Barbara Palombelli, Gerardo Greco, Nicola Porro, Roberto Giacobbo, Piero Chiambretti, Gianluigi Nuzzi. Bene. Cosa cambierà, esattamente? Per semplificare, si è preferito partire con dire quello che non sarà: Retequattro non si trasformerà in una all news, men che meno in una rete populista e/o popolare e, precisano gli interessati, il nuovo canale non nasce dal nulla. Il progetto è allo studio da un paio d’ anni. Dunque? «Sarà una rete generalista, con al centro l’ attualità e l’ approfondimento», spiega Berlusconi. Gli fa eco Lombardi: «L’ identità della nuova Retequattro si fonda non sulla contrapposizione con altre reti esistenti, bensì sull’ investimento nell’ autoproduzione». I DEBUTTI Sono infatti ben cinque i programmi, realizzati internamente, pronti per il prime time. Si incomincia stasera con W l’ Italia di Gerardo Greco, seguito domani da Quarto grado di Gianluigi Nuzzi. Il 17 settembre debutta Quarta Repubblica di Nicola Porro: «Sarà completamente diverso da Matrix: la nostra cifra sarà il rigore nell’ affrontare i temi di economia e politica», anticipa Porro. Poi il 17 ottobre sarà la volta di Piero Chiambretti, promosso in prime time con Cr4 – La repubblica delle donne: «Sarà un programma su, per e con le donne. Se non piacerà al pubblico femminile sono fregato e tornerò a condurre la presentazione dei palinsesti Mediaset», scherza Chiambretti. Dopodiché il 30 ottobre tocca a Roberto Giacobbo, strappato alla Rai per condurre la trasmissione di divulgazione Freedom – Oltre il confine. Al centro, la scienza e l’ archeologia. Morale: da novembre il pubblico di Retequattro avrà cinque prime time su sette autoprodotti. Altre informazioni sparse: la soap Il segreto passa da Canale 5 a Retequattro; Sgarbi quotidiani non si farà ma Sgarbi sarà ospite fisso di Porro; Mario Giordano avrà un programma tutto suo, intitolato Fuori dal coro, in onda alle 19.30, mentre per quanto riguarda Maurizio Belpietro le porte sono aperte: «Per ora non abbiamo alcun programma in lavorazione, ma non escludo di fare ancora un progetto con lui. Perché no? So però che è un uomo molto impegnato al momento», dichiara Berlusconi. A ottobre peraltro Retequattro sarà visibile, insieme a tutti gli altri canali Mediaset, sulla piattaforma Sky: «Non c’ è stato alcun ripensamento da parte nostra rispetto alla scelta passata: la nostra semmai è una vittoria», precisa l’ ad, «Sky ora paga un ritrasmission fee (una somma di denaro per la ritrasmissione di contenuti terzi, ndr) per avere i nostri canali sulla piattaforma, come è giusto che sia e come avviene già nel resto d’ Europa». I BELLISSIMI In tutto questo cambia anche il logo del canale: il numero quattro viene inglobato in un tondo arancione e, per un po’, nei promo della rete vedremo vari volti Mediaset sventolare il numero quattro con la mano.A chi osserva che Retequattro pecca di poche donne, Berlusconi replica: «Ci sono così tante donne su Canale 5 che su Rete 4 abbiamo deciso di difendere il vero sesso debole: gli uomini!». Retequattro, insomma, non sarà più la stessa. Però resta una grande, granitica, certezza: il ciclo cinematografico I bellissimi. Quello ci sarà. Può cambiare il mondo, ma i film che hanno fatto la storia di Mediaset non si toccano. Meno male. riproduzione riservata.
Indigestione di pallone
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FRANCESCO MORRONE Archiviata la sosta per le Nazionali, che tante amarezze e interrogativi ha regalato all’ Italia, è quasi una consolazione che ritorni il campionato accompagnato dalle coppe europee, una sorta di medicina per curare le ferite lasciate dall’ Italia targata Mancini. E allora cosa c’ è di meglio di un bel mese di pallone senza soste, con un’ ondata di partite che permetterá di riprendere il filo della lotta scudetto e inaugurare il battesimo europeo dei nostri club? A partire da sabato (con l’ anticipo tra Inter e Parma delle 15) e fino all’ amichevole tra Italia e Ucraina del 10 ottobre, contando anche la serie B, si scenderà in campo ogni giorno. Per la gioia delle tv, ovvero Sky e Dazn (e anche in parte della Rai), che si divideranno il ricco piatto. Dopo la quarta giornata di Serie A, aprirà infatti i battenti anche la nuova Champions League, con il ritorno da brividi dell’ Inter che ospiterà a San Siro il Tottenham mentre il Napoli farà visita al Maracanà di Belgrado per sfidare la Stella Rossa. Il giorno dopo toccherà alla Roma debuttare in Champions contro i campioni d’ Europa in carica del Real Madrid, mentre la Juventus inizierà la sua caccia alla coppa dalle grandi orecchie contro il Valencia. L’ Europa League che apre il sipario giovedì 20 settembre, vedrà invece coinvolte Lazio e Milan, con i primi che all’ Olimpico ospiteranno l’ Apollon, mentre i secondi se la vedranno contro il Dudelange, prima squadra lussemburghese a disputare una competizione Uefa. Dopo soltanto 48 ore, ecco che ritorna la Serie A con il quinto turno. Neanche il tempo di posare il telecomando lunedì 24 settembre, unico giorno del “mese” senza partite in programma, che due giorni dopo si riscende già in campo per il turno infrasettimanale di campionato spalmato tra il martedì e il giovedì. E a 48 ore di distanza, la Serie A offre subito due match niente male: sabato 29 va in scena alle 15 il derby di Roma, alle 18 c’ è lo scontro di fuoco tra Juventus e Napoli che darà le prime risposte sulla lotta al vertice. Zero recupero per i bianconeri, che tre giorni dopo Ancelotti dovranno fare i conti con la Champions: ma almeno ci sarà lo Young Boys, avversario comodo, mentre un paio d’ ore dopo la Roma giocherà in casa con il Viktoria Plzen. L’ impegno più difficile è senza dubbio quello del Napoli, atteso dal debutto casalingo europeo contro il Liverpool, alla stessa ora in cui l’ Inter farà visita al Psv Eindhoven. Nel giovedì di Europa League rischia anche la Lazio contro l’ Eintracht di Francoforte mentre il Milan ospiterà l’ Olympiakos. Proprio i rossoneri, subito dopo la sosta, saranno attesi dal derby. riproduzione riservata.
L'articolo Rassegna Stampa del 13/09/2018 proviene da Editoria.tv.