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Garante privacy: Maggior tutela alla riservatezza per le richieste di preventivi su finanziamenti

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Chiariti dal Garante per la privacy i maggiori dubbi interpretativi relativi ad alcuni istituti del “Codice di deontologia e buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti” (Sic).

Con un provvedimento pubblicato oggi nella Gazzetta Ufficiale [doc. web n. 7221677], il Garante, recependo gli orientamenti più recenti della Corte di Cassazione, ha affermato che gli istituti di credito e gli operatori finanziari non bancari hanno l’obbligo di inviare il preavviso di imminente registrazione nei SIC ai soggetti che siano in ritardo nei pagamenti delle rate di un contratto di finanziamento o di un mutuo. Banche e finanziarie dovranno usare modalità idonee a provare non solo l’invio del preavviso, ma anche l’avvenuta ricezione da parte degli interessati medesimi (ad esempio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, telegramma o posta elettronica certificata).

Riguardo ai tempi di conservazione nei SIC dei dati relativi a inadempimenti non regolarizzati, l’Autorità ha precisato che, fermo restando il termine per così dire “ordinario” di 36 mesi dalla scadenza contrattuale o dalla cessazione del contratto, negli altri specifici casi previsti dal Codice, il tempo di conservazione non può comunque mai superare i 5 anni dalla data di scadenza del rapporto. Si tratta, ad esempio, di circostanze in cui intervengono la cessione del rapporto a società di recupero crediti, o la cessione in blocco e cartolarizzazione dei crediti.

Un terzo ed ultimo chiarimento ha riguardato la cosiddetta “informativa personalizzata SECCI”, prevista dall’art. 124 del Testo Unico Bancario. Si tratta di uno strumento mediante il quale il finanziatore informa l’interessato – non solo prima che questi sia vincolato da un contratto, ma addirittura prima che abbia formulato una richiesta di finanziamento – sulle condizioni del finanziamento. Il Garante ha chiarito che, a tutela della riservatezza del consumatore, nella fase antecedente alla presentazione di una richiesta di finanziamento – che di norma coincide con il momento in cui l’interessato si rivolge ad un istituto di credito o ad un operatore finanziario non bancario per ottenere un preventivo al fine di valutare la convenienza a formalizzare una richiesta di finanziamento – banche e finanziarie devono tener conto solo ed esclusivamente delle informazioni rese, direttamente e spontaneamente, dal consumatore, senza possibilità di accedere ai sistemi di informazione creditizia. Il codice deontologico si applica infatti solo in presenza di un rapporto di credito già instaurato, o quanto meno di una richiesta volta alla conclusione del medesimo.


Contributi radiotv, Cassazione:”Niente sgravi contributivi per neo assunti senza nomina del Responsabile del RSPP”

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La Cassazione, con la recentissima sentenza n. 21053 del 11 settembre 2017, ha stabilito che debbano essere restituiti i contributi ottenuti in base agli sgravi previsti dalla legge 448/1998 se, al momento della richiesta, non era stato nominato il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione. Gli sgravi cui ci si riferisce sono quelli di cui all’art. 3, comma 5, L. n. 448/1998 per i nuovi assunti negli anni 1999, 2000 e 2001 ad incremento delle unità effettivamente occupate al 31 dicembre 1998. Si è trattato, come si ricorderà, di una misura di grande impatto, in quanto ha previsto lo sgravio in misura totale dei contributi dovuti all’INPS a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni dalla data di assunzione del singolo lavoratore. Il comma 6 dell’articolo citato stabilisce che dette agevolazioni si applicano a condizione del rispetto, tra l’altro, delle prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal d.lgs n. 626/1994 e successive modificazioni ed integrazioni (lett. H). Nel caso esaminato dalla Corte, l’INPS aveva richiesto ad un’impresa già beneficiaria degli sgravi, il pagamento di tutti i contributi non riscossi, accusandola di non aver nominato il RSPP, e quindi di aver violato le norme sulla salute e la sicurezza sul lavoro. L’impresa si è difesa affermando che si trattava comunque di una violazione meramente formale. In contrario, la Corte ha rilevato che la comunicazione alla ASL e all’Ispettorato del lavoro della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) è oggetto di una specifica obbligazione a carico del datore di lavoro, ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994 articolo 8, comma 11, la cui inosservanza è punita con una contravvenzione, per la quale datore di lavoro e dirigente sono puniti con sanzione amministrativa pecuniaria. Si tratterebbe quindi non di un adempimento formale, ma di un sostanziale obbligo a carico del datore di lavoro, sanzionato amministrativamente, idoneo a far venir meno il beneficio concesso dalla legge in relazione agli sgravi di cui alla legge 488/1998. L’impresa è stata quindi costretta a pagare tutti i contributi oggetto di sgravio. La sentenza offre l’occasione per ribadire ancora una volta la necessità di essere in regola con tutte le minute prescrizioni della normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Si ricorda in proposito che attualmente la nomina del RSPP è disciplinata dall’art. 17 del d.lgs. 81/2008. Tale norma prevede che in molti casi il servizio di prevenzione possa essere affidato allo stesso datore di lavoro, ma sembra opportuno suggerire in ogni caso la nomina di un RSPP che possa dedicarsi interamente ai compiti di sicurezza e assuma le relative responsabilità. Tra le prescrizioni contenute nel d.lgs n. 626 sopra citato, l’art. 8, comma 11, stabilisce che “il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda”. (frt)

In Gazzetta Ufficiale Europea pubblicata la legge con l’attuazione delle Direttive su diritto d’autore

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E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 27 novembre, n. 277 la legge Europea 2017 (l. 167/2017); il termine per l’entrata in vigore è il 12 dicembre prossimo.
In particolare, la legge contiene una norma, l’articolo 2, finalizzata alla completa attuazione delle Direttive 2021/29/CE e 2004/48/CE, relative rispettivamente “all’armonizzazione di alcuni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione” e al “rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”. Tale articolo prevede che, in attuazione di tali Direttive, l’AGCOM, su istanza dei titolari dei diritti, possa ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi della società dell’informazione di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, qualora tali violazioni risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti sussista la minaccia di un pregiudizio imminente, e irreparabile per i titolari dei diritti.
L’Autorità dovrà poi individuare con proprio regolamento le misure idonee a impedire la reiterazione delle violazioni già accertate dalla Autorità medesima, nonché, stabilire le modalità con le quali il provvedimento cautelare dovrà essere comunicato ai soggetti interessati.

Gazzetta Ufficiale Unione Europea

Rassegna Stampa del 01/12/2017

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Indice Articoli

Calcio, Mediaset in pole per i diritti tv del mondiale

Credito d’ imposta a sostegno della pubblicità

Tasso sul credito agevolato ancora in fase discendente

L’ aumento del Sole 24 Ore sottoscritto integralmente

Antitrust, influencer salvi

Gli studenti e le notizie, via al progetto Ultima Ora

Walt Disney, la tv sportiva Espn taglia 150 posti. In futuro più streaming

Chessidice in viale dell’ Editoria

Sky e Ceccherini: diamo ai giovani vera informazione

Antonio Di Rosa direttore de «La Nuova Sardegna»

Futuro dell’ informazione, Lotti incontra la Fieg: «Confronto importante»

Tra Rai e Mediaset sfida a sette note

«I tg dicano la verità sulle crisi del credito»

Giornalista aggredito Secondo arresto a Ostia

Fake news il governo chiede trasparenza ai colossi del web

«Battaglia serrata alle fake news» Arriva la task force nelle scuole

Calcio, Mediaset in pole per i diritti tv del mondiale

Il Sole 24 Ore

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Si terrà oggi, a partire dalle 16, il primo appuntamento “ufficiale” verso Russia 2018, con il sorteggio per la composizione dei gironi eliminatori (nella foto, un momento delle prove generali, con Fabio Cannavaro e Diego Forlan insieme a uno dei “superfan” selezionati dall’ organizzazione). Saranno le 18, ora di Mosca, quando nella Sala Concerti del Palazzo di Stato del Cremlino l’ ex capitano dell’ Inghilterra Gary Lineker, oggi commentatore televisivo, e la giornalista russa Maria Komandnaya, comporranno gli otto gironi da quattro squadre ciascuna che daranno vita alla prima fase del Mondiale. Il sorteggio sarà trasmesso in diretta su RaiSport + HD a partire dalle 15,45, con la possibilità di seguirlo anche in streaming sul sito raisport.rai.it. Sorteggio trasmesso in diretta anche da Mediaset su Italia 1, per quanto riguarda il chiaro, e su Premium Sport HD per quanto riguarda la piattaforma pay. Diretta anche per Sky con i sorteggi che saranno seguiti in diretta su SkySport24 e su SkySport.it. Rai, Mediaset e Sky sono i player che da fine agosto, cioè da quando la Fifa assistita da Mp&Silva nel ruolo di advisor commerciale aveva invitato i potenziali acquirebti a farsi avanti, hanno mostrato interesse per i diritti tv dei prossimi Mondiali che si svolgeranno in Russia dal 14 giugno al 15 luglio. Secondo indiscrezioni di mercato in questo momento in pole per l’ acquisizione dei diritti ci sarebbe il Gruppo di Cologno. La comunicazione dovrebbe avvenire a giorni o comunque in tempi molto rapidi. Se questi rumors dovessero essere confermati la strategia di Mediaset sarebbe quella di valorizzare i Mondiali (senza l’ Italia) sulle sue reti in chiaro. (A. Bio.)

Credito d’ imposta a sostegno della pubblicità

Il Sole 24 Ore
Paolo Stella Monfredini
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L’ articolo 57 bis della legge 21 giugno 2017, modificato dal collegato fiscale, ha introdotto un credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali programmati ed effettuati sulla stampa (quotidiani e periodici, locali e nazionali, anche on line) e sulle emittenti radio-televisive locali, analogiche o digitali. Il contributo è concesso alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali, e consiste in un credito di imposta pari al 75% del valore incrementale degli investimenti pubblicitari effettuati (rispetto al periodo di imposta precedente), elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative, nel limite massimo complessivo di spesa stabilito. Per fruire del credito serve anche che il valore degli investimenti pubblicitari superi almeno dell’ 1% gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione l’ anno prima. Il credito di imposta liquidato potrà essere inferiore a quello richiesto nel caso in cui l’ ammontare complessivo dei crediti richiesti con le domande superi l’ ammontare delle risorse stanziate. In tal caso si provvede a una ripartizione percentuale delle risorse tra tutti i richiedenti aventi diritto. I limiti di spesa sono distinti per gli investimenti sulla stampa, anche on line, e per quelli sulle emittenti radio – televisive locali. Pertanto, in caso di investimenti su entrambi i media, il richiedente può vedersi riconosciuti due diversi crediti di imposta in percentuale diversa a seconda delle condizioni della ripartizione su ognuna delle due categorie di beneficiari. L’ articolo 4 del Collegato fiscale (Dl 148/17), ha autorizzato la spesa di 62,5 milioni per il 2018 (che costituisce tetto di spesa): 12,5 milioni sono stati destinati agli investimenti nel 2018 sulle emittenti radio – televisive locali; 50 milioni sono stati destinati agli investimenti sulla stampa, anche online (di cui 20 per gli investimenti pubblicitari incrementali, effettuati dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017 rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente, e i restanti 30 per gli investimenti pubblicitari da effettuare nel 2018). La legge ha demandato a un regolamento di attuazione, in corso di adozione, il compito di disciplinare tutti gli aspetti operativi, comprese le procedure. Sono ammissibili gli investimenti relativi all’ acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali su giornali quotidiani e periodici, nazionali e locali, anche on line, o nell’ ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali. Sono escluse le spese sostenute per l’ acquisto di spazi destinati a servizi particolari come le televendite, i servizi pronostici, i giochi o scommesse con vincite in denaro, di messaggeria vocale o chat – line con servizi a sovraprezzo. Le spese per l’ acquisto di pubblicità sono ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’ acquisto dello spazio pubblicitario. Le spese per investimenti si considerano sostenute secondo quanto indicato dall’ articolo 109 del Tuir. I costi sostenuti devono risultare da attestazione prodotta dai soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti. Nel caso il credito d’ imposta richiesto sia superiore a 150mila euro si applica il meccanismo delle “white list”. L’ incentivo, che potrà essere utilizzato solo in compensazione in base dall’ articolo 17 del Dlgs 241/97, non è automatico: gli interessati dovranno presentare la domanda di fruizione con comunicazione telematica su piattaforma delle Entrate, usufruendo di una finestra temporale che dovrebbe essere compresa tra il 1° e il 31 marzo di ciascun anno. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tasso sul credito agevolato ancora in fase discendente

Il Sole 24 Ore
Alessandro Spinelli
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Riprende a dicembre la discesa nei valori del tasso di riferimento per il credito agevolato ad industria, commercio, artigianato, editoria, industria tessile e zone sinistrate del Vajont (settore industriale), la cui misura in vigore dal primo del mese si porta sul valore di 2,18%, lo 0,05% in meno rispetto al 2,23 % del precedente bimestre ottobre-novembre A seguito del presente andamento il valore dell’ indicatore si riporta sugli stessi livelli dello scorso mese di marzo, annullando tutti gli effetti delle, peraltro scarse, variazioni intervenute in questo arco di tempo. Stabili anche i valori del tasso di riferimento comunitario da applicare per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione per la concessione di incentivi a favore delle imprese. Il livello di questo indicatore resta stabile sul valore dello 0,85%, (-0,15 tasso base maggiorato di 100 punti) con decorrenza dal 1° ottobre 2017, con una flessione dello 0,02% rispetto allo 0,87% in vigore per il bimestre agosto-settembre. Sempre fermo anche il tasso di sconto comunitario dopo l’ ultima modifica decisa dalla Banca centrale europea, che ha azzerato il livello del tasso minimo di offerta sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’ Eurosistema, con validità a partire dall’ operazione con regolamento 16 marzo 2016. La diminuzione del valore del parametro rispetto alla precedente misura dello 0,05% è stata dello 0,05 per cento. Un andamento analogo nella sostanza a quello già riscontrato per il parametro di riferimento si ritrova anche nell’ evoluzione dei rendimenti effettivi lordi dei titoli pubblici, che presentano un decremento di intensità minima; il dato per ottobre del Rendistato si fissa all’ 1,254%, lo 0,027% in meno rispetto all’ 1,266% di settembre. Per quanto concerne gli indicatori finanziari nazionali siamo in presenza di un prolungarsi del periodo di stabilità sino a novembre anche nell’ evoluzione dei valori dell’ Euribor; le misure medie mensili relative all’ Euribor tre mesi, che rappresenta il tasso di riferimento per il mercato interbancario, si mantengono infatti stabili sul valore negativo di 0,329% per l’ indicatore a base 360 e 0,334% per l’ indicatore a base 365, in entrambi i casi nuovamente senza alcuna variazione rispetto ai precedenti dati di settembre. I valori puntuali con valuta 1° dicembre 2017 si fissano al 0,329% per il 360 e 0,334% per il 365. Di intensità minima è anche la variazione che si segnala per la media mensile dell’ Euribor ad un anno, i cui valori, sempre negativi, si attestano rispettivamente allo 0,189% per l’ indicatore a base 360 e 0,192% per l’ indicatore a base 365, con una diminuzione rispettivamente dello 0,010 % e 0,011 % rispetto ai dati di ottobre. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L’ aumento del Sole 24 Ore sottoscritto integralmente

Il Sole 24 Ore
R.Fi.
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Il Sole 24 ORE ha comunicato che ieri le banche del consorzio di garanzia (Banca IMI S.p.A. e Banca Akros S.p.A.) hanno sottoscritto, ai sensi dell’ accordo di garanzia stipulato in data 27 ottobre 2017, 4.234.144 azioni speciali per un controvalore complessivo di 4.069.012,38 di euro, pari all’ 8,14% delle azioni oggetto dell’ aumento di capitale. Pertanto l’ aumento di capitale in opzione risulta integralmente sottoscritto per un controvalore complessivo di 49.983.989,44 euro, di cui 520.124,76 a titolo di capitale sociale e 49.463.864,68 a titolo di sovraprezzo. Il nuovo capitale sociale della Società risulta pari a 570.124,76 euro suddiviso in 9.000.000 azioni ordinarie e 56.345.797 azioni speciali prive del valore nominale. In conformità a quanto previsto dall’ articolo 2444 del Codice Civile la relativa attestazione sarà depositata presso il Registro delle Imprese di Milano nei termini di legge. Il Documento di Registrazione, la Nota Informativa e la Nota di Sintesi sono pubblicati ai sensi di legge e quindi resi disponibili presso la sede sociale del Sole in Milano, Via Monte Rosa 91, nonché sul sito internet www.gruppo24ore.ilsole24ore.com . «Siamo molto soddisfatti per aver ottenuto un’ adesione così alta all’ aumento di capitale. La fiducia che ci hanno dato gli investitori, anche sulla base dell’ interesse riscontrato sul piano di sviluppo del gruppo, conferma la forza e l’ autorevolezza del brand Sole 24 Ore. Si tratta di un risultato molto positivo e di un segnale importante anche per il settore editoriale più in generale, considerando il contesto difficile del mercato» commenta l’ amministratore delegato del Gruppo 24 ORE Franco Moscetti, che prosegue: «È passato un anno da quando si è insediato il nuovo cda che in questi mesi ha lavorato compatto con il nuovo management per risanare l’ azienda. Oggi abbiamo portato a compimento una manovra finanziaria da circa 90 milioni che ci consente l’ integrale copertura delle perdite della Società, il suo rafforzamento patrimoniale e il ripristino del patrimonio netto ad un congruo valore positivo, tutte misure necessarie a rilanciare il gruppo. Siamo quindi pronti a scrivere una nuova pagina nella storia del quotidiano economico finanziario leader nel Paese». Sempre ieri sono stati sottoscritti con le banche finanziatrici del Gruppo (Banca IMI S.p.A., Intesa San Paolo S.p.A., BPM S.p.A., Banca Popolare di Sondrio S.p.A., Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., Credito Valtellinese S.p.A. e Banca Centropadana Credito Cooperativo) i contratti di finanziamento relativi a linee di credito revolving e per cassa per un importo complessivo pari a 30 milioni di euro e scadenti il 31 dicembre 2020. L’ ad Franco Moscetti «esprime soddisfazione per aver definito anche l’ ultimo elemento per il completamento della manovra finanziaria». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Antitrust, influencer salvi

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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L’ Antitrust annuncerà nei prossimi giorni le sue conclusioni sul caso degli influencer e il rischio pubblicità occulta. L’ Autorità garante della concorrenza e del mercato non comminerà nessuna multa, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ma darà alle sue parole un valore di avvertimento generale per tutti i volti noti della rete con tanti follower (o fan) sui social network: nessuno può far passare una comunicazione pubblicitaria come un consiglio personale ai suoi utenti, se si tratta invece di promozione commerciale. Non ci dev’ essere, quindi, opacità agli occhi né del pubblico dei vip online che lo scorso luglio hanno ricevuto una lettera di moral suasion da parte della stessa Antitrust né del pubblico di altre web star che non hanno ricevuto alcuna comunicazione. Il messaggio dell’ Authority presieduta da Giovanni Pitruzzella sembra essere di conseguenza che il monitoraggio sul settore continuerà, anche perché la materia delle sponsorizzazioni travestite da consigli amichevoli per gli acquisti è ancora lontana da un’ organica regolamentazione. Un esempio? Le comunicazioni commerciali devono essere accompagnate da tag (messa in evidenza di parole chiavi) come #pubblicità #advertising #sponsorship #inserzioniapagamento #prodottofornitoda. Ma capita talvolta che queste indicazioni da inserire per esteso vengano sì pubblicate online ma in forma abbreviata (quindi #adv per # advertising), con il risultato finale di non rappresentare un’ indicazione utile e chiara per l’ utente-consumatore. Insomma, dev’ essere chiaro se il messaggio è o meno pubblicitario con un accordo pregresso tra influencer e marchio commerciale. Comunque, dopo che l’ Antitrust ha mandato lettere di dissuasione da pratiche giudicate non corrette (vedere ItaliaOggi del 25/7/2017) a vari vip telematici tra cui Fedez, Chiara Ferragni, Alessia Marcuzzi, Belen Rodriguez e Federica Pellegrini, secondo quanto riportato da più giornali, c’ è stato un progressivo adeguamento ai consigli del Garante. Il suggerimento dell’ Antitrust è stato, in particolare, quello di adeguarsi al Codice del consumo, ma altre raccomandazioni non sono mancate visto che anche l’ Istituto di autodisciplina (Iap) e l’ Upa con la Fieg (rispettivamente l’ associazione delle aziende italiane che investono in pubblicità e quella degli editori di giornali) hanno reso noto le loro. Basteranno? Al momento di sicuro c’ è che i nodi da sciogliere sono ancora molti, per esempio capire come agire quando l’ influencer esibisce sui social un prodotto (come un vestito o un accessorio chiaramente riconducibile a un marchio) ma non c’ è nessun avvertimento pubblicitario, perché il capo è stato regolarmente comprato o ricevuto in regalo. Non solo, una volta fissate le regole, si proporrà la questione di farle rispettare da tutti, anche e soprattutto dai cosiddetti «mini-influencer», ossia vip della rete con un loro seguito di fan, anche se non così numeroso come quello di un famoso contante o di una nota presentatrice tv.

Gli studenti e le notizie, via al progetto Ultima Ora

Il Messaggero

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GIOVANI EDITORI FIRENZE Si chiama Ultima Ora il progetto nato dalla partnership tra Sky Academy e Osservatorio Permanente Giovani-Editori. L’ iniziativa, nata per incoraggiare i ragazzi ad analizzare le notizie con spirito critico e indipendente, si rivolge agli studenti delle scuole secondarie superiori con l’ obiettivo di promuovere la media literacy e aiutare le nuove generazioni ad approcciarsi in modo critico all’ informazione. In un’ epoca in cui è sempre più rilevante la verifica delle fonti e dei contenuti diffusi dai media e dai social network, Ultima Ora fornisce agli studenti gli strumenti necessari per rivolgersi al mondo con uno sguardo consapevole. Riconoscere le fake news, capire il loro funzionamento, sono elementi fondamentali per permettere ai giovani di costruire le proprie opinioni in modo autonomo e libero. Alla presentazione del progetto è intervenuto Martin Baron, direttore del The Washington Post, mentre ad aprire i lavori del convegno è stato il presidente dell’ Osservatorio Andrea Ceccherini che ha detto di «essere orgoglioso di poter dare il benvenuto a bordo dell’ Osservatorio anche a Sky, cui ci lega la passione verso i giovani, la fiducia nel futuro e il sogno di poter essere protagonisti dell’ innovazione, del cambiamento, in un’ ottica sempre più connotata da una forte e indiscussa apertura internazionale».

Walt Disney, la tv sportiva Espn taglia 150 posti. In futuro più streaming

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Espn pronta a tagliare 150 posti di lavoro perché ha deciso di cambiare strategia e concentrare le forze su streaming e servizi per editori terzi. Così John Skipper, presidente dell’ emittente dedicata allo sport che fa parte del gruppo Walt Disney, ha inviato nei giorni scorsi una lettera ai circa 8 mila dipendenti per formalizzare la scelta di ridurre la forza lavoro. Una decisione attesa ma che, comunque, arriva dopo il precedente intervento di aprile quando, a perdere il posto di lavoro, erano stati in 100. Produzioni televisive, divisione hi-tech e redazione per la produzione di contenuti digitali sono gli uffici che saranno maggiormente interessati dalla decisione. Alla base del cambiamento c’ è la situazione generalizzata per molte tv via cavo statunitensi (e quindi non solo per Espn) che porta a diminuzioni sia degli abbonati sia dei profitti data la concorrenza crescente delle piattaforme on demand. Skipper ha quindi optato per un cambio di rotta, anche perché da tempo indiscrezioni di mercato danno Espn sul mercato con Walt Disney desiderosa di dismettere al più presto. Il presidente si vuole concentrare sui servizi in streaming in modo da essere in grado di intercettare nuovamente gli interessi degli appassionati sportivi. Tra le novità ci sono sia il servizio in streaming Espn+, in rampa di lancio per la prossima primavera, sia il servizio SportsCenter per Snapchat, al momento ancora in fase di gestazione. Restano infine gli accordi come quello decennale con la Nfl-National football league (valore 15,2 miliardi di dollari, ossia 12,8 miliardi di euro), quello da 7,3 miliardi di dollari (pari a 6,2 miliardi di euro) con playoff del campionato di football dei college e un accordo avviato lo scorso autunno di nove anni da 12 miliardi (oltre 10 miliardi di euro) con la Nba-National basketball association.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Iab, un contest per la qualità degli indici di audience online. «Organizzeremo a breve un contest che ha l’ obiettivo di definire e monitorare Kpi univoci (gli indicatori chiave, ndr) per certificare la qualità delle audience italiane». Lo ha detto il direttore generale di Iab Italia (Interactive advertising bureau), Daniele Sesini in chiusura dello Iab Forum ieri a Milano. Cairo: bene l’ attività di Rcs, ma prima di acquisizioni c’ è molto da fare. «L’ attività è migliorata molto, i numeri sono molto positivi ma c’ è ancora molto da fare, prima di studiare ulteriori acquisizioni ci pensiamo bene». Ad affermarlo è stato ieri il presidente e amministratore delegato di Rcs, Urbano Cairo. Per quanto riguarda la pubblicità, Cairo ha sottolineato che «il mese di novembre è andato benissimo». Radio, la raccolta di ottobre a +14,6%. Secondo l’ Osservatorio Fcp-Assoradio il fatturato pubblicitario totale del mese è stato di 37.030.000 euro. «A ottobre il fatturato del mezzo Radio cresce nuovamente a due cifre: +14,6% sul 2016», ha commentato il presidente Fcp-Assoradio Fausto Amorese. «Ottobre è a oggi il mese col fatturato maggiore dell’ anno, per cui l’ incremento assume ancora più rilevanza. Il dato progressivo gennaio-ottobre sale a +5,4%, sensibilmente superiore alla media del mercato. Per fare un consuntivo definitivo occorre aspettare la chiusura dell’ anno, ma anche l’ inizio dell’ ultimo quarter conferma la tendenza alla crescita del triennio. Uno stimolo in più per valutare, come stiamo già facendo, ulteriori iniziative che valorizzino il mezzo agli occhi degli investitori». Italiaonline, Gianluca Pancaccini chief technology officer. Italiaonline ha annunciato l’ ingresso di Gianluca Pancaccini nella sua squadra di top management in qualità di chief technology officer. Pancaccini proviene da Tim dove ha ricoperto il ruolo di chief information officer, nonché di presidente e amministratore delegato di Telecom Italia Information Technology (TI.IT), azienda interamente controllata da Tim. Mille lire a colonna, un libro che raccoglie 30 anni di giornalismo. Ventiquattro articoli che raccontano trent’ anni di giornalismo attento alle persone e ai fatti. Sono quelli che Paolo Boldrini, direttore della Gazzetta di Mantova, ha raccolto nel libro Mille lire a colonna, edito da Tre Lune, in uscita venerdì con il quotidiano mantovano, il più antico d’ Italia. In quegli articoli c’ è tutta la carriera del giornalista mantovano iniziata da corrispondente del paese di Poggio Rusco, quando il compenso per un giovane che voleva fare il giornalista era di mille lire a colonna, e sviluppatasi prima alla direzione della Nuova Ferrara e ora alla Gazzetta di Mantova. Boldrini parte da una vicenda tragica del dopoguerra, l’ assassinio di un esponente cattolico da parte dei partigiani e il cui corpo non fu più ritrovato, fino ad arrivare alle giornate drammatiche dei terremoti dell’ Emilia, della Lombardia e dell’ Aquila che raccontò da cronista sensibile ai drammi umani. Il libro, non a caso, è dedicato al collega del Centro di Pescara, Giustino Parisse, che nel terremoto di Onna perse i familiari. Nasce Grazia Factory per dare voce alle influencer emergenti. Grazia, il brand del Gruppo Mondadori dedicato alla moda allo dello stile italiano, lancia Grazia Factory, il nuovo progetto che racconta e dà voce alle influencer emergenti più interessanti in ambito fashion, beauty e lifestyle. Con Grazia Factory il marchio amplia il proprio pool di creatori di contenuti con oltre 20 influencer. Sole 24 Ore, l’ aumento di capitale sottoscritto integralmente. L’ aumento di capitale del Sole 24 Ore è stato sottoscritto integralmente dopo che le banche del consorzio di garanzia (Banca Imi e Banca Akros) hanno sottoscritto 4.234.144 azioni speciali per un controvalore complessivo di poco più di 4 milioni di euro, pari all’ 8,14% delle azioni oggetto dell’ aumento. Il gruppo editoriale ha inoltre siglato i contratti di finanziamento relativi ad alcune linee di credito revolving e per cassa, per un importo complessivo di 30 milioni di euro con scadenza al 31 dicembre 2020 con Banca Imi, Intesa Sanpaolo, Bpm, Banca Popolare di Sondrio, Banca Mps, Creval, e Bcc Centropadana. Sky, progetto con l’ Osservatorio Giovani-Editori. Si chiama «Ultima ora» il progetto nato dalla partnership tra Sky Academy e Osservatorio Permanente Giovani-Editori. L’ iniziativa, nata per incoraggiare i ragazzi ad analizzare le notizie con spirito critico e indipendente, si rivolge agli studenti delle scuole secondarie superiori con l’ obiettivo di promuovere la media literacy e aiutare le nuove generazioni a maturare un approccio critico all’ informazione. Il progetto «Ultima ora» nasce dall’ esperienza di Sky TG24 per le scuole e «Il Quotidiano in classe», che uniscono le proprie forze con l’ intento di offrire agli studenti la possibilità di sperimentare in prima persona sia il linguaggio del video sia quello della carta stampata.

Sky e Ceccherini: diamo ai giovani vera informazione

Corriere della Sera
Alessio Ribaudo
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DAL NOSTRO INVIATO Firenze «Non mi piace la parola fake news perché si indicano così quelle bufale che non sono notizie ma solo menzogne o superstizioni divulgate per confondere i lettori. Noi giornalisti invece dobbiamo scovare la verità lavorando a fondo». A parlare è il premio Pulitzer Martin Baron, oggi direttore del Washington Post , che da numero uno del Boston Globe aveva sollecitato e incoraggiato l’ inchiesta «Spotlight» sugli abusi sessuali da parte del clero negli Usa. Una storia che poi è stata trasposta e resa celebre in tutto il mondo dal film del 2015 diretto da Tom McCarthy. Ieri Baron, ha spiegato il suo modello di giornalismo, collegandosi in videoconferenza con Firenze e parlando a 250 studenti delle Superiori che partecipavano alla presentazione della seconda edizione di «Ultima ora», moderata dal giornalista Luigi Casillo di SkyTg24 . Un progetto promosso da Sky Academy e dall’ Osservatorio permanente giovani-editori, guidato da Andrea Ceccherini, che ha come obiettivo quello di fornire gli strumenti teorici e pratici – elaborati anche dai giornalisti del Corriere della Sera e di Qn – per aiutare i ragazzi ad analizzare le notizie con spirito critico e indipendente mettendoli al riparo dalle bufale. «Siamo orgogliosi di poter dare il benvenuto a bordo dell’ Opge anche a Sky – ha detto Ceccherini – a cui ci lega la passione verso i giovani, la fiducia nel futuro e il sogno di poter essere protago-nisti dell’ innovazione, del cambiamento, in un’ ottica sempre più connotata da una forte e indiscussa apertura internazionale. Sono grato a Sky per aver voluto accettare la scommessa di lanciare insieme una grande sfida a favore della media literacy dei più giovani: non la lanciamo nella prospettiva di partecipare ma di contri-buire a vincere». Per Frederic Michel, Sky Group Director, «l’ Opge è il partner ideale per l’ iniziativa perché riunisce due progetti di successo, SkyTg24 per le Scuole e Il Quotidiano in classe, e fonde video e carta stampata». Gli studenti hanno posto tante domande agli ospiti d’ eccezione fra cui Sarah Varetto, direttrice di SkyTg24 e Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera che ha sottolineato come «il dovere dei giornalisti è verificare le notizie, indagare e capire e per questo occorre il tempo necessario alla ricerca della verità».

Antonio Di Rosa direttore de «La Nuova Sardegna»

Corriere della Sera

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Da oggi il quotidiano di Sassari La Nuova Sardegna è affidato ad Antonio Di Rosa. Il direttore, nato a Messina, 66 anni, lascia la vice presidenza di La Presse , incarico che aveva assunto nel febbraio del 2017 dopo averne retto per anni la direzione giornalistica, e prende il posto a Sassari di Andrea Filippi, che era alla guida della Nuova dal marzo del 2013. Nella sua lunga carriera giornalistica Di Rosa ha lavorato tra gli altri per la Gazzetta del Popolo di Torino, per poi passare alla Stampa , e ancora nel ’96 alla vice direzione del Corriere della Sera con Paolo Mieli. Nel 2000 il trasferimento a Genova per dirigere il Secolo XIX , cui segue il ritorno alla Rcs e l’ esperienza alla direzione della Gazzetta dello Sport ( giornale per cui rimane editorialista anche dopo la fine del mandato). Una vita tra carta stampata e digitale, fino alla chiamata degli editori di DBInformation in Sardegna.

Futuro dell’ informazione, Lotti incontra la Fieg: «Confronto importante»

Corriere della Sera

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Il ministro con delega per l’ informazione Luca Lotti – accompagnato dal capo del Dipartimento per l’ informazione e l’ editoria, Ferruccio Sepe – ha incontrato i vertici della Federazione italiana editori giornali (Fieg) in rappresentanza delle principali aziende editrici di quotidiani, periodici e agenzie di stampa. «È stata un’ occasione, importante, sia di confronto sia per fare un bilancio sui provvedimenti concreti messi in campo dal governo in questi ultimi 4 anni – ha commentato Lotti -. Al contempo, abbiamo colto l’ occasione per analizzare le sfide dei prossimi anni per un settore strategico per il nostro Paese e fondamentale per la nostra democrazia». Il presidente degli Editori, Maurizio Costa, nel ringraziare «il ministro per la sensibilità dimostrata», ha sottolineato che «la crisi che ha investito l’ editoria giornalistica ha avuto dal governo un livello di attenzione assolutamente apprezzabile». «Restano aperti – ha aggiunto – i nodi della tutela dei contenuti, della trasparenza del mercato pubblicitario, della funzionalità della rete delle edicole».

Tra Rai e Mediaset sfida a sette note

Il Tempo
LORENZO TOZZI
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Marida Caterini È la musica il filo conduttore dei prossimi appuntamenti in tv. Tra musica leggera, sacra, colta, impegnata e da intrattenimento, tra pop, rock e generi graditi ad un pubblico trasversale, stanno per arrivare appuntamenti all’ insegna delle sette note. Canale 5 propone da mercoledì 6 dicembre, per tre settimane consecutive, lo show Music condotto da Paolo Bonolis. La rete leader Media set ha in palinsesto una serata con Gianni Morandi dal Teatro Gerolamo di Milano e il tradizionale Concerto di Natale a cui partecipano artisti da tutto il mondo. Rai 1 risponde con l’ appuntamento del prossimo venerdì 15 dicembre Sarà Sanremo in cui verranno selezionati gli otto giovani artisti che parteciperanno, nella sezione Nuove Proposte, alla prossima edizione del Festival di Sanremo. Inoltre, da oggi, nasce ufficialmente il nuovo talent SanremoYoung dedicato ai cosiddetti millennials. I giovanissimi cantanti nati negli anni 2000 e che abbiano compiuto 14 anni, possono iscriversi fino al 31 dicembre per partecipare al casting della prima edizione di SanremoYoung. I selezionati saranno 12 e si sfideranno sul prestigioso palcoscenico del teatro Ariston di Sanremo per cinque sere, dal 16 febbraio sino al 16 marzo 2018. Inoltre Rai 5 dedica, nel mese di dicembre, uno spazio particolare alla musica colta: da domenica 3, tutti gli appuntamenti del mese di dicembre hanno come protagoniste le opere rappresentate in uno dei teatri più amati e noti nel mondo, il Teatro La Fenice. Dunque Paolo Bonolis torna su Canale 5 con la seconda edizione di Music dopo il gradimento conquistato lo scorso gennaio con le prime tre puntate che hanno fatto registrare il 19,54% di share. I nuovi appuntamenti, ai quali partecipa anche la spalla storica Luca Laurenti, vanno in onda il 6, il 13 e il 20 dicem bre con un cast che comprende, tra i super ospiti internazionali Marilyn Manson e Noel Gallagher, Luis Fonsi, Mickey Rourke e John McEnroe. Gli ospiti italiani sono: Checco Zalone, Riccardo Cocciante, i Negramaro, Riki, Max Pezzali, Gianni Morandi, Giorgio Moro der, Massimo Ranieri, Levante e gli attori Luca Zingaretti e Claudio Santamaria. Lo spirito dello show è di far raccontare agli intervenuti la musica che prediligono. Lo show va in onda dal Teatro 5 di Cinecittà, studio di posa di Federico Fellini. E’ prevista la presenza di 2.000 persone di pubblico e l’ utilizzo delle più moderne tecnologie. Con Bonolis ci saranno alcuni “street dancers” mentre Luca Laurenti interpreterà i brani che hanno segnato i momenti salienti della sua vita. Un’ orchestra di 64 musicisti, diretti dal Maestro Diego Basso, accompagna tutte le esibizioni degli artisti. In palinsesto, per Canale 5 il tradizionale Concerto di Natale che va in onda la sera del 24 dicembre in prime time e verrà registrato il 16 dicembre. Nel cast degli artisti, tra gli altri interpreti, i telespettatori troveranno: Patti Smith, Noa, Lola Ponce, Joaquin Cortes, Al Bano, Gigi D’ Alessio, Enrico Ruggeri, Alex Britti, Suor Cristina, Andrea Griminelli, Fabio Armiliato, Giò Di Tonno, Syria, il Piccolo Coro di Piazza Vittorio e l’ Orchestra Sinfonica Universale Italiana diretta dal Maestro Renato Serio. La novità è che il concerto torna in Vaticano dall’ Aula Paolo VI. Da segnalare, infine Ghiaccio bollente, in onda su Rai 5 che, ogni lunedì celebra un grande musicista. Il 4 dicembre si ricorda Jimi Hendrix nei giorni in cui cade il 75° anniversario della nascita. Viene raccontata tutta la verità sull’ artista scomparso nel 1970 a Londra a soli 27 anni, dando origine alla cosiddetta maledizione del “Club 27”.

«I tg dicano la verità sulle crisi del credito»

La Stampa

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«Le parole del procuratore di Arezzo Roberto Rossi durante l’ audizione in commissione Banche capovolgono completamente il racconto che fino ad oggi è stato fatto ai cittadini del caso Etruria e smentiscono la versione data a reti unificate: emergono chiaramente i deficit di controllo e gli errori degli organi di vigilanza, a partire dalla Banca d’ Italia. Ora i telegiornali e gli spazi di informazione, a partire dal servizio pubblico Rai, hanno il dovere di informare correttamente i cittadini e dare l’ opportuno risalto alle dichiarazioni di Rossi», scrive su Facebook il deputato Pd e segretario della Vigilanza Rai, Michele Anzaldi.

Giornalista aggredito Secondo arresto a Ostia

La Stampa
FABIO POLETTI, MICHELE SASSO
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Una seconda persona è stata arrestata per l’ aggressione al giornalista Rai Daniele Piervincenzi avvenuta il 7 novembre scorso a Ostia. Si tratta di Ruben Alvez Nelson Del Puerto, uruguaiano, 28 anni. Secondo quanto accertato da carabinieri ha partecipato all’ aggressione e per questo è accusato degli stessi reati dei Roberto Spada, cioè lesioni e violenza privata con l’ aggravante del metodo mafioso.

Fake news il governo chiede trasparenza ai colossi del web

La Repubblica
ANDREA IANNUZZI,
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ROMA Il governo ritiene che non siano necessarie ulteriori leggi per contrastare la disinformazione in rete e non appoggerà iniziative parlamentari in tal senso. Lo si apprende da fonti di Palazzo Chigi. La strategia, in vista delle prossime elezioni politiche, sarà quella della collaborazione con le società che gestiscono le piattaforme digitali – i cosiddetti Over the Top, come Google e Facebook – per ottenere due obiettivi: la certificazione di qualità delle fonti che rispettano determinati protocolli e garantiscono attendibilità delle proprie informazioni; e la trasparenza della propaganda politica online: risalire ai committenti delle campagne, impedire i messaggi selettivi solo per alcuni gruppi di persone, sapere se diverse campagne su diverse pagine fanno riferimento allo stesso committente. Nei giorni scorsi, il dibattito politico sulle cosiddette fake news si è alimentato con scambi di accuse reciproche tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle. In sottofondo, diverse forze politiche stanno lavorando in Parlamento per arrivare a proposte di legge: in particolare i senatori del Pd Zanda e Filippin hanno elaborato – ma non ancora depositato – un disegno di legge che ricalca la legge entrata in vigore in Germania la scorsa estate. Il governo però boccia questa ipotesi, ritenendo che abbia il difetto di demandare alle aziende private le funzioni proprie della magistratura. L’ approccio sarà opposto: invece di inseguire le fake news, si aiuteranno gli utenti a individuare le fonti qualificate. In questo senso sia Google che Facebook si sono già mossi con il progetto Trust – al quale aderiscono diverse testate internazionali, fra le quali Repubblica – che garantisce la certificazione di qualità ai contenuti, marchiandoli e premiandoli negli algoritmi di ricerca e visibilità. Inoltre, gli editori possono caricare i propri loghi in evidenza accanto a ciascuno dei contenuti pubblicati su Facebook. Sul fronte della trasparenza, la richiesta sarà quella di rendere sempre più tracciabile la propaganda elettorale. Una strada che Facebook ha già imboccato ma che difficilmente sarà disponibile in tempo per il voto italiano: Mark Zuckerberg ha infatti annunciato nelle scorse settimane la creazione di uno strumento grazie al quale tutti potranno vedere i post sponsorizzati di una pagina, non solo quelle nicchie di utenti a cui il messaggio viene indirizzato. Inoltre, sarà disponibile un archivio dei soldi spesi per le campagne sponsorizzate, i dati sulle persone raggiunte e chi ha pagato l’ inserzione. Ma le novità verranno introdotte per ora solo negli Stati Uniti, a partire dalle elezioni di metà mandato del 2018. La buona notizia riguarda invece l’ efficacia dei sistemi di notifica e rimozione dei contenuti inappropriati, in particolare per quanto riguarda il cosiddetto hate speech, cioè l’ odio verbale: secondo il rapporto della Commissione Europea del giugno 2017, in un anno in Italia le rimozioni di contenuti segnalati sono aumentate dal 3 all’ 81 per cento.

«Battaglia serrata alle fake news» Arriva la task force nelle scuole

Il Giorno
ILARIA ULIVELLI
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Ilaria Ulivelli FIRENZE CITA Il caso Spotlight per celebrare l’ importanza del giornalismo d’ inchiesta. La centralità della verità per combattere le bufale, il mondo delle fake news trainato dalla Rete. Il premio Pulitzer Martin Baron, direttore del Washington Post parla della sua inchiesta quando era alla guida del Boston Globe – che portata sul grande schermo ha vinto l’ Oscar – e delle false verità. «Non mi piace il termine fake news, perché se è una bufala non è una notizia, semplicemente sono menzogne», dice partecipando in collegamento video alla presentazione del progetto Ultima Ora, dedicato ai ragazzi delle scuole superiori, promosso da Sky Academy e Osservatorio permanente Giovani-Editori, presieduto da Andrea Ceccherini. «C’ È uno sforzo di alcuni governi – spiega Baron – incluso quello russo, di divulgare falsità e teorie di complotto, in modo che il pubblico non abbia idea di cosa è vero e cosa non lo è». Secondo il direttore del Washington Post anche il presidente Trump è il re delle fake. «Da quando è entrato in carica ha fatto 1.600 dichiarazioni false, se non siamo d’ accordo sui fatti di base, è difficile far funzionare una democrazia». Un dialogo serrato con una platea gremita al Conventino del Four Seasons, con oltre 250 studenti da tutta Italia al battesimo del progetto Ultima ora, nato dalla partnership tra Sky Academy e Osservatorio permanente Giovani-Editori. Ultima ora, come quella più attesa dagli studenti prima della libertà; ultim’ ora, come la notizia su cui i giornalisti si buttano per cercare la verità. L’ iniziativa nasce dall’ esperienza di Sky Tg24 per le Scuole e Il Quotidiano in classe che uniscono le forze con l’ obiettivo di incoraggiare i ragazzi ad analizzare le notizie con spirito critico e indipendente, sperimentando sia il linguaggio video sia quello della carta stampata, realizzando un articolo e un servizio tv. Entrare nelle notizie per capire il senso della ricerca della verità: riconoscere le bufale, comprenderne il funzionamento, le ragioni. Elementi cruciali per costruire le proprie opinioni liberamente. AD APRIRE il convegno il presidente dell’ Osservatorio permanente Giovani-Editori Andrea Ceccherini, orgoglioso «di poter dare il benvenuto a bordo dell’ Osservatorio anche a Sky, cui ci lega la passione verso i giovani, la fiducia nel futuro e il sogno di poter essere protagonisti dell’ innovazione, del cambiamento, in un’ ottica sempre più connotata da una forte apertura internazionale». «Sono grato a Sky – dice Ceccherini – per aver voluto accettare la scommessa di sferrare insieme una grande sfida a favore della media literacy dei più giovani. Una sfida, che non lanciamo nella prospettiva di partecipare, ma di contribuire a vincere». Poi è toccato a Frederic Michel, Sky Group director: «Ultima Ora riunisce due progetti di successo – Sky Tg24 per le Scuole e Il Quotidiano in classe – per offrire agli studenti la possibilità di cimentarsi in prima persona, convinti che, comprendendo i meccanismi, i giovani diventino fruitori consapevoli».

Sentenze. Assicurazione Inpgi obbligatoria per gli addetti stampa

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Il Tribunale di Roma ha rigettato le motivazioni avanzate da una societa’ veneta che gestisce servizi pubblici di fornitura di energia e gas, in merito ai contributi di un dipendente titolare di status giornalistico che di fatto svolgeva attivita’ di addetto stampa. L’Inpgi, a seguito di un accertamento ispettivo, aveva infatti rilevato l’erroneo versamento ad altro ente previdenziale (Inps) della contribuzione relativa al giornalista.

La controversia, risalente al 2016, aveva evidenziato l’omissione contributiva di oltre 50 mila euro dovuta all’erroneo versamento all’INPS, anziche’ all’INPGI, della contribuzione previdenziale per una giornalista dipendente che aveva svolto attivita’ tipica di addetto stampa in maniera prevalente e maggiormente significativa, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, rispetto alle altre attivita’ di comunicazione e di segreteria svolte in favore del datore di lavoro.

Perche’ sorga l’obbligo di iscrizione all’INPGI e’ infatti sufficiente la instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato avente ad oggetto attivita’ giornalistica con un soggetto che sia giornalista professionista, pubblicista o praticante giornalista, mentre la natura del datore di lavoro e’ indifferente. La Suprema Corte ha inoltre chiarito che ‘‘puo’ essere definito giornalista chi, ai fini dell’informazione, esprime fatti e idee, cioe’ realizza con mezzi adeguati il cosiddetto messaggio informativo”.

L’azienda veneta, dopo essersi opposta alle valutazioni espresse dagli ispettori dell’Inpgi, aveva contestato il fatto che la giornalista, sebbene titolare di un rapporto di lavoro subordinato, non aveva svolto attivita’ di natura giornalistica.

L’organo giudicante e’ stato di diverso avviso, confermando l’infondatezza delle ragioni dell’azienda e ribadendo il principio secondo cui, indipendentemente dalla contrattazione collettiva applicata alla singola fattispecie, i giornalisti devono essere obbligatoriamente assicurati all’INPGI qualora svolgano attivita’ giornalistica subordinata in maniera prevalente e/o esclusiva e ribadendo ancora una volta che l’attivita’ svolta dagli uffici stampa prefigura “una funzione prettamente giornalistica in quanto tesa a diffondere notizie per conto di aziende, organismi ed enti privati o pubblici ”. (Inpgi)

Dal 4 dicembre novità in materia di brevetti internazionali

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A partire dal prossimo 4 dicembre gli utenti italiani che desiderano depositare una domanda internazionale di brevetto (secondo il Trattato di Cooperazione in materia di brevetti), avvalendosi dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) come Ufficio Ricevente, potranno utilizzare il sistema di deposito telematico ePCT.

Istituito con il Decreto Direttoriale del 16 novembre 2017, tale sistema, messo a disposizione dall’OMPI (l’Organizzazione Mondiale della Proprietà intellettuale), sulla sua piattaforma online, consentirà di gestire in modalità paperless un’altra delle tipologie di domande relative a titoli di proprietà industriale.

Il nuovo sistema telematico consentirà all’utenza italiana di:

  • depositare la domanda di brevetto da casa o ufficio, in qualsiasi momento (il sistema è attivo h24)
  • vedersi attribuire immediatamente la data internazionale di deposito
  • risparmiare € 183 di tassa di deposito
  • richiedere all’UIBM, quale Ufficio Ricevente, di preparare e trasmettere i documenti di priorità, previo assolvimento dell’imposta di bollo
  • comunicare con l’Ufficio in maniera più rapida ed efficiente
  • accedere a tutti i servizi post-filing del portale ePCT

Dettagli sulle modalità di accreditamento al sistema ePCT e di utilizzo sono pubblicati sul sito web dell’UIBM a partire dal 1° dicembre.

 Sito web dell’UIBM

 Proprietà intellettuale e industriale

Professione influencer. L’Antitrust continua a vigilare sul fenomeno social

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha concluso positivamente una prima iniziativa in uno dei settori maggiormente innovativi, quello dell’influencer marketing, che è diventato una potente forma di pubblicità. Scopo dell’intervento è contrastare la diffusione attraverso i social media di messaggi che non rappresentano in modo trasparente il loro carattere promozionale: gli influencer, infatti, sono personaggi di rifermento del mondo on line, in grado di influenzare i gusti del pubblico mostrando sostegno o approvazione per determinati marchi e generando così un effetto pubblicitario, senza palesare, tuttavia, in alcuni casi la finalità pubblicitaria della comunicazione in modo chiaro e inequivocabile ai consumatori. Nel luglio 2017, l’Autorità Antitrust, con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha inviato lettere di moral suasion a sette influencer e undici società titolari di marchi di grande notorietà, con riferimento a specifici contenuti diffusi tramite post su Instagram, al fine di sollecitare la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario dei post pubblicati. L’attività è stata svolta su iniziale segnalazione dell’Unione Nazionale Consumatori e poi del Codacons.
In tali lettere di moral suasion l’Autorità, dopo aver ricordato che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, ha evidenziato come il divieto di pubblicità occulta abbia portata generale e debba, dunque, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand.
L’Autorità ha quindi invitato formalmente i destinatari delle moral suasion a rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, di tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di apposite avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #PUBBLICITA’ BRAND, #SPONSORIZZATO DA BRAND, #ADVERTISING BRAND, INSERZIONE A PAGAMENTO BRAND, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #PRODOTTO FORNITO DA BRAND.
Gli influencer destinatari delle comunicazioni hanno recepito le indicazioni dell’Autorità non solo per i post oggetto di moral suasion, ma anche per i propri post relativi ad altri marchi. Inoltre, i titolari di marchi si sono impegnati a richiedere, anche per il futuro, ai propri testimonial l’inserimento di chiare avvertenze sulla finalità promozionale dei contenuti diffusi tramite social media secondo i principi delineati dall’Autorità.
Questo primo intervento dell’Autorità ha assunto un valore segnaletico per gli operatori interessati dal fenomeno dell’influencer marketing: anche personaggi e titolari di marchi che non erano stati destinatari delle lettere di moral suasion, infatti, stanno opportunamente inserendo le avvertenze richieste.
In ragione dell’ampiezza e del proliferare dei contenuti sui social network, l’Autorità continuerà a monitorare il fenomeno adottando, di volta in volta, le misure che riterrà più opportune per contrastarlo.

Rassegna Stampa del 02/12/2017

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Indice Articoli

Audiolibri, arriva Storytel Accordo con Giunti per i titoli da ascoltare

Legge sull’ editoria, gli ‘azzurri’ attaccano l’ amministrazione

Da Afragola con furore

La Scampia che legge

Ansaldo, quello scoop sull’ ultima regina

Con la Rai l’ immigrato ha il posto in prima fila

Mondiali in tv, attesa dei rilanci

Chessidice in viale dell’ Editoria

Radio Italia, è ora di rap

Stampa, raccolta a -8,2%

Il rebus Serie A

La pubblicità sulla stampa in calo dell’ 8,2% a ottobre. I dati Fcp: quotidiani -9,1%, settimanali -5,5%, mensili -7,8% (TABELLA)

Tariffe su misura, non è la fine del web

Audiolibri, arriva Storytel Accordo con Giunti per i titoli da ascoltare

Corriere della Sera

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Nuove storie da ascoltare. Entro la metà dell’ anno prossimo arriverà in Italia Storytel, gruppo svedese nato nel 2005, specializzato nella produzione, distribuzione e vendita di audiolibri. Presente in 11 Paesi e quotato in Borsa, con un fatturato di 100 milioni di euro e 2.500 novità all’ anno, Storytel si prepara a lanciare la sfida al gigante Amazon e alla sua Audible, la società di audiobook per smartphone e tablet nel nostro Paese da un anno e mezzo. Ad aiutare lo sbarco in Italia del nuovo player è stata BookRepublic, libreria e distributore di titoli digitali, il cui amministratore delegato, Marco Ferrario, sarà anche il country manager di Storytel Italia. «La diffusione degli smartphone, la banda larga, il modello dello streaming su abbonamento stanno favorendo la diffusione degli audiolibri», osserva. Storytel, come Audible, offrirà proprio un servizio su abbonamento attivabile con un’ app per Android e iOS. La società svedese ha già sottoscritto un accordo per la produzione e la commercializzazione di una selezione del catalogo del Gruppo editoriale Giunti. «In altri Paesi – commenta Martino Montanarini, amministratore delegato di Giunti Editore – gli audiolibri crescono nelle quote di mercato, in Italia potrebbero avvicinare i non lettori e arricchire l’ esperienza di fruizione per i lettori abituali».

Legge sull’ editoria, gli ‘azzurri’ attaccano l’ amministrazione

Cronache di Napoli

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NAPOLI – “Il disegno di legge regionale sui finti finanziamenti per circa tre milioni di euro a giornali e tv è la peggiore fake news che De Luca potesse inventarsi: è una legge superflua che ristanzia fondi già disponibili e che ad altro non servirà se non a consentirgli di sperperare qualche milione di euro in maxi manifesti”,è il duro attacco del gruppo regionale di Fi al governatore.

Da Afragola con furore

Il Fatto Quotidiano
Marco Travaglio
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Siccome ogni giorno ha la sua banca (e la sua balla), non ve ne sarete accorti. Ma l’ accorata denuncia del noto apostolo della verità Matteo Renzi contro la centrale mondiale delle fake news putinian-grillin-leghiste che da Mosca rimbalza a Milano nella sede della Casaleggio Associati e contemporaneamente nella sede della Lega Nord in via Bellerio, per fare il lavaggio del cervello agli elettori italiani e trascinarli obtorto collo a votare Di Maio o Salvini, trova conferme ogni giorno più inquietanti. Sulle prime, lo confessiamo, avevamo preso la cosa un po’ sottogamba. Renzi citava il New York Times e il sito americano Buzzfeed, ma il presunto scoop made in Usa era opera dell'”analista indipendente” Andrea Stroppa, ex hacker di Torpignattara, così indipendente da essere consulente di Renzi. L’ impressione era che i Matteo Boys se la cantassero e se la suonassero in famiglia, usando gli States per nobilitare i loro lavoretti domestici. Tantopiù che non si capiva che diavolo c’ entrassero la Lega e il M5S con la miriade di pagine e gruppi social che ne scimmiottano i loghi per rilanciare bufale usando gli stessi codici Google per la pubblicità, ma non sono canali ufficiali né autorizzati; che i rubli e le prove dei legami col Cremlino tardavano a vedersi; e che le stesse notizie le avevamo già lette mesi fa su Affaritaliani.it. Il che rendeva un po’ comica la fake news anti-fake news di Renzi: “Cari 5Stelle e leghisti, vi abbiamo sgamati!”. Poi però, siccome siamo appassionati di gialli, abbiamo divorato tutte le notizie sul tema. E ci siamo convinti, non senza un brivido di terrore nella schiena, che è tutto vero. Merito dei migliori segugi di Stampa, Messaggero e Mattino, che hanno scoperto l’ assassino. La prima folgorazione ci ha colti martedì dalla prima del Mattino: “Fake news, l’ alleanza populista. Una pista napoletana svela gli intrecci tra i siti di ispirazione grillina e quelli leghisti”. Perbacco, ci siamo detti, l’ affare s’ ingrossa: Mosca, Milano e ora Napoli. Anzi, per la precisione, Afragola. Lì è stata scoperta la prima cellula italiana delle fake news, capitanata addirittura da “Marco Mignogna, esperto di marketing coche “, “webmaster freelance” e “titolare di Infoa5Stelle, sito che ha un gruppo Facebook da 95 mila followers”. Me cojoni. Il putribondo figuro si presenta nientemeno che come “attivista del M5S ” e ha la stessa email “usata per creare il dominio Iostoconputin.org”. Mossa astuta per nascondere la “possibile regia russa”. Ma sentite che fa il sagace Mignogna per occultare meglio il suo ruolo di agente di collegamento fra i 5Stelle e la Lega. “È amico su Facebook della Raggi, di Di Maio, del senatore M5S Lello Ciampolillo e del guru della comunicazione di Salvini”. Ammazza che volpe. Poi dice che Renzi lo sgama: per forza. Anche Jacopo Iacoboni della Stampa l’ ha sgamato subito: “L’ abbiamo contattato e non ci ha risposto. Dice, ovviamente, di lavorare in modo non ufficiale” (però: non gli ha risposto, però dice). Ma al detective Jacopo non la si fa: “Il suo logo evoca il giallo”, il che già la dice lunga, e persino “le 5 stelle”, dunque, anche se non parla, non la racconta giusta. E non basta. Il Mattino scopre che il tenebroso Mignogna è pure amico su Fb di un altro capo-cellula, stavolta dormiente, del putinismo: Armando Manocchia da Imola, ex leghista e “dominus del sito anti-islamico e anti-immigrati ImolaOggi”. La Lega l’ ha più volte diffidato dall’ uso del marchio, ma è chiaro che è un emissario di Grillo&Salvini. Già che c’ è, il Mattino infila pure “l’ imprenditore edile Vincenzo Todaro”, siciliano di Sciacca che “vive a Parma” perché “si è reinventato ‘editore'”: è “patron del sito La Catena Umana e gestisce una ventina di siti di notizie poco attendibili”. Non ai livelli del Mattino (Todaro non ha intervistato il giudice Esposito aggiungendo a sua insaputa una domanda sulla condanna di B.), ma è appena agli inizi: si farà. Voi direte: e Lega, M5S e Putin che c’ entrano? Ingenui che non siete altro. Il Mattino li sgama così: “Todaro dichiara di non essersi ispirato al modello Grillo, ma forte di più di 500 mila accessi a settimana ha confessato: ‘Non escludo che Catena Umana possa evolvere in un movimento'”. E, se non lo esclude, vedrete che evolve. Ricapitolando: Mosca, Milano, Afragola, Imola. E non è tutto: c’ è pure Frascati, dove ci conduce un reportage esclusivo del Messaggero: “Sul campanello di una palazzina in centro c’ è scritto Web365. Sì, è proprio la società indicata da Buzzfeed e NYT come capofila di una centrale di fake news”. Roba grossa, roba che scotta: “Entri nel piccolo appartamento a piano terra e trovi crocefissi e immagini della Madonna”. Tipico depistaggio per nascondere le icone russo-ortodosse. “No, non ci sono decine di pc in fila, anzi non ce n’ è neppure uno”. Furbi, loro. “Stefano, l’ unico presente, gentile spiega: ‘Ma questa è la sede di un’ associazione di volontariato che aiuta i poveri, Luce di Maria”. La classica copertura: dietro c’ è un altro agente del Cremlino, “l’ imprenditore romano Gian Carlo Colono che per Buzzfeed produce come in una catena di montaggio notizie gonfiate”. Parla per lui il fratello Davide (come Casaleggio, non a caso): “Siamo tutti cristiani, per questo abbiamo concesso a Luce di Maria la sede di Frascati”. Il segugio, forse fiutando quell’ odorino di cavoli tipico di Mosca, non ha dubbi: “Il tema fake news è colossale c’ è il timore che con questo strumento anche dalla Russia si influenzino gli equilibri politici internazionali”. Del resto, sono mesi che Putin passa le giornate al telefono con Frascati, Imola e Afragola, facendo l’ accento svedese e tentando invano di pronunciare “Mignogna”. Ma Renzi ci ha messo poco a sgamarlo: “Vladimir, è lei?”.

La Scampia che legge

Il Manifesto

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RosarioEspositoLaRossa,nato aNapoli 29 anni fa, ama circondarsi di ragazzi. E non solo. Ama stare in mezzo alla gente e raccontare del suo «vizietto», quello di «spacciare» libri, cultura e progettiparticolarmenteoriginali. Non a casolo fain un territorio segnato da criminalità e disagio che tuttavia non ha intenzione di lasciare perché, dice, «è casa mia». Della sua Scugnizzeria, la libreria che ha appena aperto a Scampia,edellesue tanteiniziativehaparlatoanchedi recente durante la cerimonia di consegna del Premio Bottari Lattes Grinzane (assegnatoa IanMcEwan,nellasezione La Quercia e a Laurent Mauvignier nella sezione Il Germoglio) dove era ospite d’onore e ha tenuto la sua lezione di fronte a tanti piccoli lettori. Rosario, perché hai deciso di aprire una libreria a Scampia? SononatoecresciutoaScampia.Perquarant’anninoiresidentisiamostatisenzaunalibreria. Non se ne trovava una fino all’area Nord di Napoli, per questomotivo riuscire ad aprire uno spazio del genere per noi abitanti è sempre stata una priorità. È una cosa che abbiamo sempre sognato e in cui abbiamo sempre creduto.LavogliadifareèarrivatasoprattuttodopolamortediAntonioLandieri,disabile di 25 anni ucciso dalla camorra.Ci siamo battuti per la suadignità.CisonovolutidieciannieduemesiaffinchéAntoniovenissericonosciutocomevittimainnocentedellacamorra, ed è andata anche bene,perchécisonovittimeche ancoraaspettanoquestoriconoscimento. Chericordohaidiquel giorno in cui èmortoLandieri, a cuihaianchededicatoun libro, «Al di là della neve», scritto quando avevi solo 18 anni e pubblicato da Marotta & Cafiero nel 2007? Io vengo da una famiglia di calciatori. Fino al momento incui fuuccisoLandieriilmio destino era quello… diventarecalciatore.Diquelquelgiorno ricordo soprattutto questo:la decisione di voler troncare un sogno per iniziare una battaglia. Una battaglia che passa, evidentemente, anche attraverso la cultura e i libri. A Landieri, tu e tua moglie Maddalena Stornaiuolo, avetededicatoancheunpremioperilteatrocivile,ilPremio Landieri, e nel 2007 è nata l’associazione Vo.di.Sca. (acronimo di «Voci di Scampia») che oggi gestisce la libreria Scugnizzeria.Ma comeènata lavostra passione per i libri? Io e mia moglie avevamo fatto esperienza con lo storico marchio editoriale campano Marotta&Cafiero,che abbiamo rilevato nel 2010. Poi abbiamo fondato, in collaborazionecolTeatroBellinidiNapoli, il caffè letterario equo e solidale Sottopalco. Nel 2016 è rinataaScampialacasaeditrice della legalità Coppola, fondatanel 1984 da Salvatore Coppola a Trapani, nota per l’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e per aver inventato i «Pizzini della Legalità». E insomma… ne parlavamo da tempo di aprireunalibreriainperiferia.Così abbiamo acquistato la sede.Pernoièstatoungrossissimo sacrificio che però ci permette di avere a disposizione un luogo che durerà nel tempo, senza dover ricorrere a finanziamenti.Per far frontealle spese abbiamo venduto per5annidellescatolenatalizie al costo di 10 euro contenentilibri, stelle dinatale ecc. Con i soldi ricavati abbiamo acquistato lo spazio. Che tipo di volumi si trovano nella vostra libreria? Io la chiamo «editoria terrona», cioè case editrici prevalentemente del Sud, o case editrici indipendenti. Poi ovviamente ci sono ancheilibri di Saviano o di Carofiglio, e un’attenzione particolare è dedicata ai ragazzi. Attorno all’attivitàdellalibreriaruotano poi tante altre iniziative per invogliare la lettura. Per esempio? Per esempio «il libro sospeso» (anziché il «caffè sospeso»…):decinedipersonehanno lasciato in libreria un romanzo,un saggio,un volume dipoesieperchinonpuòpermetterselo. A volte ci sono famiglie che frequentano i nostrilocali, girano tragliscaffali, guardano incuriositi, vorrebbero acquistare libri ma non possono… proprio pensandoaloroènato«illibrosospeso». Sono soprattutto loro, le famiglie, a frequentare la libreria? Sì, sono soprattutto le famiglie del quartiere. All’inizio non è stato facile attirare l’attenzione.Peravvicinarleèstata fondamentale anche l’attività teatrale che svolgiamo nei nostri 140mq. Nel 2010, tra l’altro, insieme con Maddalena Stornaiuolo abbiamo costituito Vodisca Teatro, compagnia di teatro civile in scena in tutta Italia. E nel 2011 abbiamo fondato a Napoliilwebmagazinededicato al mondo teatrale campano Quarta Parete. Il teatro è un mezzodiaggregazionepotentissimo. Poi nei locali della libreria facciamo anche tanti laboratori, come «l’ospedale deilibri»,chenonèunlaboratorio in cui semplicemente si restauranolibrimaunlaboratorio in cui si prendono i libri rotti e si fanno riparare dai bambini ex detenuti che in questo modo aggiustano ancheloro stessi. È bello perché iragazzisiavvicinoallibrocome oggetto, e se manca una pagina devono inventare la pagina che manca. Non hai mai desiderato lasciare Scampia? Scampia è casa mia. Ho un sensomolto forte di appartenenza.Ho scelto di vivere qui perché credo di lasciare un mondo migliore rispetto a quello che vedevoio da bambino.Forse fratantianniigiovani avranno qualche opportunità in più e allora vorrà dire che ne è valsa la pena. E lasquadraScampiaRugby Football Club come va? L’ho fondata nel 2013 perché era un altro dei tanti progetti incuicredevo.Maoranonriesco più a seguirlo personalmente. Pensi che il fenomeno Gomorra abbia fatto bene a Scampia? Cinematograficamenteiosono un grande appassionato della fiction Gomorra. Ma la realtà è diversa da quella che viene raccontata. Oggi a Scampia ci sono 120 associazionichelavorano sul territorio. Se poi pensiamo allalotta fra camorristi a cui fa riferimento Saviano, beh, la realtà era molto peggio… E comunque resto un grande appassionato della fiction

Ansaldo, quello scoop sull’ ultima regina

Il Mattino (ed. Napoli)
Massimo Novelli
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A leggere gli articoli sulla Germania di Weimar, ma anche su quella di Hitler, che Giovanni Ansaldo (Genova, 1895 – Napoli, 1969) scrisse tra gli anni Venti e Trenta, non si può provare che ammirazione. È ammirazione, e riconoscimento di un grande giornalismo di fatti e di idee, caratterizzato da un notevole talento narrativo e dalla capacità di interpretare e di comprendere, sul piano storico e politico, le vicende che andava raccontando. Basterebbe menzionare quanto affermava nel novembre del 1921, dando conto del fallito putsch nazista di Monaco ai lettori de «La Stampa» e de «Il Lavoro» di Genova. Il golpe era naufragato, ma si era ben sicuri di chi avesse davvero vinto? Nella «cartolibreria di fronte alla sede (chiusa) del movimento hitleriano», scriveva, profetizzando l’ avvento al potere dei nazisti, «si possono acquistare le fotografie di Hitler esposte in vetrina, la scelta è ampia». Come ricordava Marcello Staglieno nella ricca introduzione al diario di Ansaldo, L’ antifascista riluttante, il giornalista ligure fu un maestro nella sua professione: un «giornalista princeps». Gli scritti sulla Germania di Ansaldo, che fu direttore de «Il Mattino» dal 1950 al 1965, sono ora riproposti dall’ editore Nino Aragno con il titolo Il fascino di Sigfrido (pagine 249, euro 15), in una elegante edizione curata dallo storico Francesco Perfetti. Già in queste corrispondenze, tra cui spicca una intervista-scoop a Maria Sofia di Baviera, vedova di Francesco II e ultima regina di Napoli, si possono cogliere le diverse anime di Ansaldo, le sue (apparenti) contraddizioni, che lo portarono dalla collaborazione con Piero Gobetti e con Gaetamo Salvemini, dal confino inflittogli dal fascismo, all’ adesione al regime mussoliniano, all’ amicizia con Galeazzo Ciano e alla direzione de «Il Telegrafo» di Livorno; fino alla prigionia in un campo tedesco nel 1943, all’ emarginazione del primo dopoguerra nell’ Italia repubblicana e alla ripresa del suo lavoro, culminata con la guida de «Il Mattino». Ansaldo, notava Staglieno, era sostanzialmente un «uomo dell’ Ottocento», monarchico e risorgimentale, «pessimista per natura e per cultura», che «di fronte alle novità difese sempre la tradizione». Il suo antifascismo, fino al 1926-27, fu aristocratico-elitario. Così, nel dicembre del 1923, incontrando la vecchia regina Maria Sofia in esilio a Monaco di Baviera, scriveva: «Amo in lei la bellezza e la dignità della tragedia. I re ci saranno sempre, trionferanno delle teorie e delle rivoluzioni perché la tragedia è necessaria, ed essi solo ne sono i personaggi». E poco dopo, concludendo l’ articolo: «Mentre tentavo il mio primo inchino cortigiano, Maria Sofia accennava ancora, tristemente, col capo, alle avventure del mondo che essa non vedrà più. Ma forse osservava la mia goffaggine plebea nell’ ossequio alla maestà e l’ impiccio in cui ero per uscire dalla stanza, senza voltare le spalle, come ho letto nei libri di pratica coi re; e compiangeva questi miseri tempi, in cui non si insegna neppure l’ inchino dinanzi alle regine». La scelta fascista, maturata essenzialmente al tempo della guerra di Etiopia, lo costrinse, come d’ altronde capitò a molti intellettuali dell’ epoca, a dovere conciliare gli opposti. È il caso del razzismo. Ansaldo si era distinto per le posizioni contrarie a Hitler e all’ antisemitismo; quando, nel 1938, furono varate in Italia le leggi razziali, cercò di scriverne sul «Telegrafo», e di farne parlare, il meno possibile. La descrizione del plebiscito nella Saar, cioè l’ adesione della regione alla Germania nazista, in uno scritto del 1935 pubblicato nella raccolta di Aragno, è eloquente per l’ avversione al nazismo. Il giornalista genovese aveva compreso, nota Perfetti nell’ introduzione a Il fascino di Sigfrido, che quel plebiscito non sarebbe stato «per decidere se essere francesi o tedeschi, ma piuttosto un plebiscito in cui tutti i votanti – tedeschissimi dal primo all’ ultimo – si sarebbero espressi per Hitler o contro Hitler». Nelle parole pronunciate dal rabbino di Saarbrücken, poi, c’ è tutta la tragedia degli ebrei che condurrà all’ Olocausto: «Ma la situazione è tragica per gli ebrei di scarse risorse (…). Cosa potranno fare? Essi hanno qui il loro piccolo lavoro, il loro tetto… Sarà la povertà e la fame. Ma, lo ripeto, chi potrà fuggirà. Il terrore è grande». La pubblicazione degli articoli sulla Germania, che sono stati selezionati da Giovanni Battista Ansaldo, figlio di Giovanni, morto nel 2016, dà la misura esatta della maestria dell’ ex collaboratore delle riviste di Piero Gobetti, che, come d’ altro canto accadde per altri, passò armi e bagagli a quel fascismo che il giovane intellettuale torinese definiva l’ autobiografia della nazione. Caduto il fascismo, finita la guerra, scontata la «quarantena» che gli fu destinata, Ansaldo visse a Napoli, e a «Il Mattino», l’ ultima parte della sua vita. Fu, come scrisse Staglieno, «il tramonto dorato del vecchio borghese genovese, che s’ era creato un vicereame giornalistico nel Sud». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Con la Rai l’ immigrato ha il posto in prima fila

Il Tempo
MANUEL FONDATO
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Manuel Fondato Dopo la crociata contro «Rocco Schiavone», il poliziotto spinellato interpretato da Marco Giallini, il senatore Carlo Giovanardi si scaglia nuovamente contro la Rai, per lui evidentemente indigesta. Questa volta lo fa attraverso un’ interpellanza di cui è primo firmatario, sottoscritta da tutti i gruppi di centrodestra. Si rivolge al presidente del Consiglio e al ministro della Difesa chiedendo di conoscere «se il Governo italiano non intenda astenersi dal promuovere e avvallare fiction cinematografiche senza doverosamente attendere che su quanto accaduto si pronunci la magistratura». Il casus belli, come si legge nell’ interpellanza, è la presentazione di un film realizzato dalla Tv di Stato insieme a Sky e al Gruppo Espresso -Repubblica: «Un unico destino» di Fabrizio Gatti, relativo al naufragio dei bambini dell’ 11 ottobre 2013 nel Mediterraneo. Ospite d’ onore era il ministro della Difesa Roberta Pinotti che, rivolgendosi ai familiari delle vittime, dichiarava: «Da persona e da cittadina italiana io mi sento in dovere di chiedere a loro scusa». Giovanardi chiama in causa anche il presidente del Consiglio all’ epoca della tragedia, Enrico Letta, che aveva dichiarato a Repubblica: «Dall’ inchiesta giornalistica emergono responsabilità evidenti. Uno Stato non può archiviare una tragedia del genere senza garantire piena giustizia. Un lavoro giornalistico di denuncia, che dovrebbe essere presentato in tutte le scuole». Giovanardi cita poi un articolo di Panorama firmato da Fausto Biloslavo, dove appare evidente «un montaggio ad arte per colpevolizzare gli ufficiali italiani impegnati quell’ 11 ottobre 2013. Le registrazioni di ordini e comunicazioni fornite alla Procura dalla stessa Marina, vengono abilmente estrapolate dal contesto per dimo strare che gli ufficiali coinvolti sono colpevoli prima di una sentenza definitiva. Immagini di altri naufragi sono mescolati ad hoc con gli audio degli ordini italiani». I pubblici ministeri che indagano sul naufragio – precisa l’ interpellanza – «avevano chiesto l’ archiviazione per la Comandante del Pattuglia tore Libra Catia Pellegrino e gli altri indagati mentre il Gip Giovanni Giorgianni dopo la denuncia mediatica e le dichiarazioni del Ministro della Difesa e dell’ ex premier Enrico Letta ha ammesso il 13 novembre l’ archiviazione per quattro ufficiali su sette e per gli altri ha chiesto un supplemento di indagine di sei mesi». Non sarebbe la prima volta che la Rai cucina i suoi prodotti, soprattutto fiction, con ingredienti buonisti, aggiungendo una spruzzata di politically correct e anche di politically e basta. Era già pronta alla messa in onda la beatificazione di Mimmo Lucano, sindaco di Riace famoso per le sue politiche di accoglienza nei confronti dei migranti. L’ inchiesta che lo ha coinvolto per presunti illeciti proprio nella loro gestione ha costretto però a sospendere la fiction «Tutto il mondo è paese» interpretata da Beppe Fiorello. Il fratello di Rosario è un habituè di questo genere, avendo già lavorato nella miniserie «I fantasmi di Portopalo» ispirata al naufragio, nel 1996, della F174, una vecchia nave di legno, gravemente sovraccarica dal trasporto di clandestini provenienti da India, Pakistan e Sri Lanka, nel cui naufragio perirono 283 persone. I palinsesti del primo canale hanno spremuto fino all’ ultima goccia il tema dell’ immigrazione, riproponendolo anche in: «Anna e Yusef, Lampedusa» con Claudio Amendola, «Il coraggio di vincere», «Con il sole negli occhi». A Viale Mazzini evidentemente preferiscono l’«usato sicuro».

Mondiali in tv, attesa dei rilanci

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Adesso si tratta di capire su quale canale tv vedremo Russia-Arabia Saudita, prima partita dei Mondiali di calcio in Russia, in programma il 14 di giugno 2018 a Mosca. Dopo il primo giro di offerte per i diritti tv, con un’ asta curata dall’ advisor MP & Silva per conto della Fifa, la busta più pesante è quella di Mediaset, con una cifra vicina ai 40 milioni di euro. Ma, come accade in questi casi, l’ asta non si chiude e si attendono eventuali rilanci. Difficile arrivino dalla Rai, il cui direttore generale Mario Orfeo ha già detto di non voler fare pazzie, anche perché, senza la partecipazione della nazionale italiana, la kermesse russa è svincolata da obblighi di servizio pubblico e va considerata solo con logiche commerciali. Potrebbero invece arrivare rilanci da Sky, un broadcaster che non ama perdere appuntamenti del genere, pur senza l’ Italia. Rilanci magari in partnership proprio con la Rai, come avvenuto nel 2014. Per i Mondiali in Brasile, Rai aveva comprato i diritti per le 25 più importanti partite in chiaro, versando 85 milioni di euro. Ovvio che i diritti tv di un Mondiale di calcio senza l’ Italia valgono tra la metà e un terzo. E che anche a questo livello bisogna comunque fare un calcolo di convenienza, calcolatrice alla mano. Per esempio, la Rai nel 2014, spendendo 85 milioni di euro per i diritti più 5-6 milioni di euro per la spedizione di tecnici e giornalisti in Brasile, aveva incassato, durante il Mondiale, circa 70 milioni di euro di pubblicità. Di questi, però, solo circa 25 milioni di euro erano incrementali rispetto allo stesso periodo del 2013. Quindi un Mondiale di calcio con l’ Italia in competizione vale circa 25 milioni di raccolta pubblicitaria incrementale, a fronte di costi molto elevati per diritti tv e spedizione, e di una parziale riduzione dei costi di palinsesto (poiché se si trasmettono le partite non c’ è necessità di realizzare altri programmi). È in base a questi ragionamenti che, quindi, Mediaset deve fare i suoi calcoli per eventuali rilanci: pagare 40 milioni di diritti tv per i match in chiaro, e, poniamo, 5 milioni di euro di spese di spedizione per tecnici e giornalisti, a fronte di ascolti tv che non saranno di sicuro a livello di Brasile 2014, e quindi a fronte di incassi pubblicitari incrementali che potrebbero essere di 10 milioni di euro (il calcio è una brutta bestia dal punto di vista pubblicitario, perché non ci sono i break), con una diminuzione però dei costi di palinsesto per i motivi spiegati prima. Solo se la somma algebrica di queste voci dovesse risultare positiva, o negativa ma per un importo accettabile, potrebbe valere la pena di gettarsi nell’ avventura Mondiale per la prima volta senza l’ Italia nei tempi della tv moderna. In attesa degli sviluppi sul fronte Mondiale di Russia, a Cologno Monzese si tolgono però una soddisfazione: dal 10 settembre al 30 novembre 2017 il canale Mediaset Extra ha triplicato gli ascolti ed è entrato nella top ten assoluta, con una share media dell’ 1,62%, davanti a Nove di Discovery e in linea con Tv8 di Sky. Il boom è arrivato grazie al live h24 del Grande Fratello Vip. Una operazione che non ha inciso neppure per un euro sui costi complessivi del Biscione. E proprio in vista dei prossimi reality di Canale 5 (L’ Isola dei famosi, o Il Grande Fratello nella sua versione normale), il canale Mediaset Extra, all’ lcn 34 del digitale terrestre, potrebbe nuovamente essere utilizzato in questa veste. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Ancora ascolti positivi per La7 e La7d. Giovedì scorso, la share della giornata è stata pari al 4,28% con 11.962.796 telespettatori contattati nelle 24 ore e al 5,63% in prime time. La sola La7 con il 5,21% in prime time è quinta rete e supera Italia1 e Rete4 ferme al 5,18 e al 3,71%. Otto e Mezzo di Lilli Gruber conquista il 6,69% di share con 1.737.887 telespettatori medi e picchi del 7,56% e 2.014.324. Il Tg delle 20,00 di Enrico Mentana fa registrare il 5,59% di share e 1.322.345 telespettatori medi, con picchi del 6,26% e 1.520.686. Piazzapulita di Corrado Formigli realizza il 4,82% di share con 5.484.573 contatti, e picchi del 6,98% con 1.605.739. L’ Aria che tira di Myrta Merlino realizza il 5,35% e un picco del 5,81%. Gazzetta Sports Awards, rush finale. Al via le nuove votazioni (su sportsawards.gazzetta.it fino alle 23.59 dell’ 11 dicembre) per eleggere gli 8 campioni 2017 di altrettante categorie. Già assegnati a Francesco Totti e Alberto Contador i premi Legend 2017.

Radio Italia, è ora di rap

Italia Oggi
GIOVANNI GALLI
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Il futuro della musica in fm è rap. Almeno secondo Radio Italia che lancia il primo progetto promosso da una realtà radiofonica interamente dedicato al rap tricolore: Radio Italia Rap. A partire da oggi una web radio e un programma radiofonico sulle frequenze dell’ emittente «solomusicaitaliana» diffonderanno non solo rap nelle sue versioni più pure ma anche trap (sottogenere del rap) e hip hop, sempre in chiave tricolore. «Radio Italia, da sempre attenta ai nuovi fenomeni musicali, ha deciso di dedicare al rap, alla trap e all’ hip hop italiano una web radio che potrà diventare punto di incontro dei giovanissimi che amano questo genere, a completamento di quella che è l’ offerta editoriale che è parte integrante della nostra mission da oltre 35 anni», ha spiegato Mario Volanti, editore e presidente Radio Italia. «Oltre alla web radio ci sarà un programma settimanale, in onda il venerdì dalle 23 a mezzanotte, che si occuperà esclusivamente della musica rap italiana. Partirà nei primissimi mesi del 2018 anche Radio Italia Rap Tv, che completerà per il momento l’ offerta su questo genere. Siamo certi che anche questo progetto avrà un grande riscontro, soprattutto sui giovanissimi». La web radio, in particolare, è disponibile all’ indirizzo online www.radioitalia.it/webradio/radioitaliarap.php e, da Natale, tramite l’ app iRadioItalia. Invece il primo appuntamento col programma Radio Italia Rap è per venerdì prossimo, proseguendo poi con cadenza settimanale ogni ultimo giorno lavorativo prima del weekend. La conduzione è affidata a Mirko Mengozzi e Manola Moslehi. Il profilo radioitaliarap, dedicato a tutte le novità e iniziative, è attivo su Instagram. Intanto oggi, alle ore 15, «abbiamo deciso di lanciare il progetto Radio Italia Rap con un evento al The Space Cinema Odeon di Milano», ha concluso Alessandro Volanti, responsabile marketing Radio Italia. «Saranno presenti Achille Lauro, Cromo, Ensi, Ernia, Gionny Scandal, low low e Tedua. Sarà l’ occasione per regalare agli amanti del genere la visione del film Patty Cake$, distribuito da 20th Century Fox, pellicola che racconta la storia di una ragazza della periferia di New York mentre cerca di farsi strada nel mondo del rap. Con Radio Italia Rap contiamo anche di sviluppare il progetto sul territorio, affiancando i tour di alcune degli artisti più importanti del rap italiano». © Riproduzione riservata.

Stampa, raccolta a -8,2%

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Continua a rimanere in terreno negativo l’ andamento degli investimenti in comunicazione sulla carta stampata. Secondo i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp relativi al periodo gennaio-ottobre 2017, la raccolta pubblicitaria del mezzo stampa in generale ha registrato un calo dell’ 8,2% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente raggiungendo quota 751,9 milioni di euro. Una diminuzione meno marcata se confrontata con il periodo gennaio-settembre, chiuso con un fatturato pubblicitario in flessione dell’ 8,4%. In particolare, nei primi dieci mesi dell’ anno i quotidiani nel loro complesso hanno segnato un andamento negativo sia a fatturato (-9,1% , a quota 467,1 milioni di euro) che a spazio (-3,6%). Per quanto riguarda le tipologie, la pubblicità commerciale nazionale ha evidenziato un -11,6% a fatturato e un -8,3% a spazio, la commerciale locale un -5% a fatturato e un -1,7% a spazio. La tipologia legale ha ottenuto un -12,1% a fatturato e un -13% a spazio, la finanziaria un -14% a fatturato e un -12,4% a spazio, la classified un -4,9% a fatturato e un -3,9% a spazio. I periodici hanno visto diminuire il fatturato del 6,7% (pari a 284,8 milioni di euro) e lo spazio del 4,2%. I settimanali hanno registrato un andamento negativo a fatturato del -5,5% (raggiungendo quota 152,1 milioni di euro) e a spazio del 4,3%, i mensili hanno avuto una flessione del 7,8% a fatturato (pari a 122,4 milioni di euro) e del 4,1% a spazio. Le altre periodicità hanno chiuso il periodo con un -12,1% a fatturato (pari a 10,3 milioni di euro) e un -4,1% a spazio.

Il rebus Serie A

Milano Finanza
ANDREA MONTANARI
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A ciascun network televisivo il suo evento sportivo. Perché se la Rai, in ritardo sull’ offerta calcistica anche per ragioni di budget, sta per definire l’ accordo con Discovery per ottenere le immagini delle Olimpiadi invernali (dal 9 al 25 febbraio 2018 in Corea del Sud) e Sky Italia ha già messo sul piatto 270 milioni su base annua per l’ esclusiva della Champions League 2018-2021, soffiandola a Mediaset, che a sua volta vuole tentare il colpaccio coi Mondiali di calcio (si disputeranno in Russia dal 14 giugno al 15 luglio del prossimo anno) sparigliando le carte con un’ offerta vicina ai 70 milioni e decisamente superiore a quella della tv di Stato. Una novità assoluta per il network guidato da Pier Silvio Berlusconi la cui branch spagnola nella giornata di venerdì 1 ha ufficializzato l’ acquisto dei diritti per il mercato locale della più importante competizione calcistica internazionale. E mentre la stessa Discovery del country manager per l’ Italia Alessandro Araimo sta lavorando al potenziamento dell’ offerta della controllata Eurosport (sono arrivate le immagini del basket italiano e dell’ Eurolega), ora i fari sono tutti puntati sulla gara più ricca e decisiva per il futuro del business del pallone: l’ asta per le immagini 2018-2021 della Serie A. Dopo il flop del primo bando dello scorso giugno (Sky Italia mise sul piatto complessivamente 440 milioni per i pacchetti relativi all’ offerta satellitare e digitale, mentre Perform offrì 50 milioni per quelli online e Mediaset non si presentò), da mesi la Lega, nel frattempo commissariata e affidata a Carlo Tavecchio, non riesce a fare fronte comune per definire il nuovo bando. Atteso, o in qualche modo annunciato dall’ advisor Infront, il processo non è ancora partito. La commissione interna alla Lega Serie A è al lavoro e probabilmente si arriverà a metà gennaio prima di avere una proposta definitiva. Anche perché nel frattempo, i proprietari dei club del massimo campionato devono trovare la quadratura del cerchio sui nuovi vertici a partire dalla presidenza con la candidatura di Giuseppe Vegas che potrebbe essere già bruciata. Il vero scoglio da superare è l’ introito atteso dall’ asta. L’ ad di Infront, Luigi De Siervo (in corsa anche per la poltrona di top manager della Lega), nei mesi scorsi aveva parlato di un incasso totale di 1,2, se non 1,4 miliardi. Una cifra elevata rispetto al passato: l’ ultimo bando aveva portato nelle casse poco più di 1 miliardo. Ma Infront nel 2014, per ottenere il rinnovo del contratto, si era impegnata a garantire ai club del massimo campionato la soglia miliardaria. Un traguardo non facile da raggiungere in virtù di alcuni fattori. Innanzitutto, la mancata qualificazione dell’ Italia ai Mondiali ha fatto calare l’ appeal per il campionato. Inoltre non va trascurato il fatto che di player realmente interessati è difficile trovarne se si eccettuano Sky e Mediaset e, forse, eventualmente la Tim targata Vivendi e Vincent Bolloré. Ed è per questo che bisognerà capire quale sarà il futuro di Premium, in bilico tra un ripensamento complessivo e la cessione ai francesi. Anche perché se il Biscione si aggiudicherà i Mondiali li trasmetterà sui canali generalisti free a discapito della pay. Che a questo punto potrebbe essere sacrificata in vista dell’ accordo con la controparte, Vivendi, per dare vita al polo multimediale con Tim. In questo senso, la prossima settimana potrebbe essere decisiva. Ma se a Cologno Monzese si sostiene che il gruppo parteciperà all’ asta, va detto che la Sky di Andrea Zappia può giocare la carta del potenziale unico bidder e quindi abbassare la soglia d’ incasso. Per tali ragioni, diversi presidenti della Serie A, a partire da Aurelio De Laurentiis (Napoli) e Urbano Cairo (Torino), sostenuti si dice da Marco Fassone (ad del Milan), stanno facendo pressioni affinché diventi realtà il progetto della tv, o meglio della piattaforma distributiva, della Lega. Il progetto esiste e vede un percorso che partendo da Infront (produzione video) passi da Discovery (ideazione e definizione del canale) e venga poi distribuito da un veicolo di nuova costituzione che vedrebbe la Lega affiancata da un partner finanziario con un manager ad hoc: circola il nome di Marco Bogarelli, a lungo capo indiscusso di Infront Italy, rientrato in pista assieme a Giuseppe Ciocchetti con la newco 2MG Media. In questo senso, come appreso da MF-Milano Finanza, una banca internazionale avrebbe comunicato ai vertici del calcio italiano di essere pronta a garantire la cifra di 1,25 miliardi su base annua, per dieci anni, per sostenere la piattaforma il cui percorso da mesi procede di pari passo a quello della definizione del bando. La cifra ancora non messa nero su bianco sarebbe elevata anche per gestire i costi di start-up del processo e le possibili perdite dei primi anni. Ma i tempi per la scelta sono sempre più stretti. Perché poi nei primi mesi del 2018 i club sono chiamati a presentare la documentazione alle banche per potere ottenere quel sostegno necessario alla stabilità di bilancio. E se si considera che in media i diritti tv garantiscono il 65-70% dei ricavi complessivi di una società calcistica è evidente che non si può più aspettare. (riproduzione riservata)

La pubblicità sulla stampa in calo dell’ 8,2% a ottobre. I dati Fcp: quotidiani -9,1%, settimanali -5,5%, mensili -7,8% (TABELLA)

Prima Comunicazione

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I dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp relativi al periodo gennaio-ottobre 2017 raffrontati con i corrispettivi 2016. Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa in generale registra un calo del -8,2% . In particolare, segnalano i dati (.xls) , i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo sia a fatturato -9,1% che a spazio -3,6%. Le singole tipologie segnano rispettivamente: La tipologia Commerciale nazionale ha evidenziato -11,6% a fatturato e -8,3% a spazio. La pubblicità Commerciale locale -5,0% a fatturato e -1,7% a spazio. La tipologia Legale ha segnato -12,1% a fatturato e -13,0% a spazio. La tipologia Finanziaria ha segnato -14,0% a fatturato e -12,4% a spazio La tipologia Classified ha segnato -4,9% a fatturato e -3,9% a spazio. I periodici segnano un calo sia a fatturato del -6,7% che a spazio del -4,2%. I settimanali registrano un andamento negativo sia a fatturato del -5,5% che a spazio del -4,3%. I mensili segnano un calo a fatturato -7,8% e a spazio -4,1%. Le altre periodicità registrano -12,1% a fatturato e -4,1% a spazio. – Leggi o scarica la tabella con i dati di ottobre 2017 (.xls)

Tariffe su misura, non è la fine del web

Italia Oggi

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Sulla volontà dell’amministrazione Trump di modificare le regole fissate dalla presidenza Obama sulla cosiddetta «net neutrality» si sta dicendo e scrivendo molto in tutto il mondo, non soltanto negli Stati Uniti; il che è normale visto quanto pesano le decisioni prese dagli Usa in questo settore. Nella buona sostanza, il presidente trumpiano della Federal communications commission (Fcc) ha reso noto che il 14 dicembre sarà adottata una delibera per cui gli Internet service providers (Isp) potranno creare tariffari ad hoc per i servizi internet anche favorendo chi paga di più; al momento sono obbligati a riservare a tutti gli utenti uguali tariffe. I grandi d’internet (Google, Facebook, Amazon, Twitter, Netflix) con molte associazioni di consumatori talune coordinate dalla fondazione Open society di George Soros hanno protestato con vigore gridando «alla fine della libertà sulla rete» e a uno «schiaffo alla democrazia». È proprio così? Per semplificare molto, si può dire che la Fcc deve decidere se l’accesso a Internet (che deve essere per tutti e questo non è in discussione) è qualcosa di simile all’accesso alla corrente elettrica o è qualcosa di simile all’accesso di una pay tv. Nel 2015 è stato deciso che dovesse essere simile all’accesso della corrente elettrica dove chi accede paga una semplice quota in base all’utilizzo, fa quello che vuole dell’elettricità che usa e su tale utilizzo nulla può l’azienda che produce e distribuisce elettricità. Ora, se le nuove regole saranno approvate come sembra, l’accesso alla rete diverrà simile a quello di una pay tv dove la società che gestisce la pay ha un ruolo molto più attivo: opera la selezione dei contenuti fissando canoni diversi e offrendo diversi «pacchetti» ai propri clienti. Insomma, sempre semplificando, il pendolo del potere sulla rete si sposterebbe dagli over-the-top (i già citati Google, Facebook, Amazon, Twitter, ossia i grandi gestori delle piattaforme e diffusori dei contenuti) alle telco (come Comcast, Verizon, At&t). Di per sé non si può dire se sia un bene o un male; ad esempio non si può escludere che lasciare libertà di fissazione del prezzo anche in relazione a diverse velocità non possa portare a una discesa dei prezzi medi di utilizzo della rete. Quello che appare davvero sproporzionato è considerare questo ipotizzato cambiamento di scenario come la fine della democrazia sulla rete (democrazia che, come peraltro tutti possono constatare ogni giorno, è oggi molto più apparente che reale). Poi non bisogna dimenticare che il concetto di «net neutrality» prevede anche e soprattutto l’irresponsabilità giuridica (sia soggettiva sia oggettiva) degli Isp qualunque siano i contenuti che transitano sulle loro piattaforme; anche in caso di palese illegalità. Ma su questa parte di «net neutrality» (e questa sì davvero inconciliabile con la democrazia) sia telco sia over-the-top sono pienamente d’accordo. * delegato italiano alla Proprietà intellettuale CONTATTI: mauro.masi@consap.it


Rassegna Stampa del 03/12/2017

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Indice Articoli

Così si finanzia la fabbrica delle fake news

“Obbligheremo Netflix a dare più visibilità a serie e film italiani”

Walt Disney torna alla carica su Twenty-First Century Fox

Così si finanzia la fabbrica delle fake news

La Repubblica
CARLO BONINI GIULIANO FOSCHINI,
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Di che cosa stiamo parlando L’ inchiesta pubblicata dal New York Times sullla fabbrica delle bufale che distorce il confronto politico in Italia ha generato uno scontro tra i partiti fatto di accuse reciproche e tentativi di risolvere la questione a suon di leggi. Ma quanto è profonda la tana delle fake news? Dove conducono le ramificazioni delle bugie che rendono tossico il confronto in rete e il dibattito pubblico? Dove si arriva seguendo l’ intreccio tra post virali, banner online e agenzie di broker pubblicitari? ROMA È un algoritmo antico quanto l’ uomo quello che muove la fabbrica delle “fake news”, la centrale dalle migliaia di IP che, da almeno due anni, pompa on-line il veleno che intossica la Rete, i social e, con loro, il dibattito pubblico, preparandosi a condizionare una campagna elettorale che già parte con le peggiori premesse. Quell’ algoritmo si chiama denaro. Un fiume. Che si muove attraverso i banner della pubblicità on-line e i broker – tra loro, lo vedremo, anche una società russa – che la negoziano. C’ è chi ha cominciato a offrirne a prezzi sin qui mai visti. E il banco è di chi ha più traffico, più visualizzazioni. Di chi “viralizza” con il sangue agli occhi su temi capaci di dividere. Fino a diecimila euro al giorno di guadagno per chi impasta odio, piuttosto che alzare fumo, su migranti, sicurezza, omosessualità, sanità, e, naturalmente, Politica. Non quella dei fatti, ma della “character assassination”, dell’ assassinio della reputazione dell’ avversario. È una storia la cui coda in chiaro è nella violenta polemica di quest’ ultima settimana tra Pd, Lega, Movimento Cinque Stelle su chi sarebbero le vittime e chi i carnefici del sistema. Chi gli artigiani del falso e chi i committenti. Ma è una storia che, a monte, ha altri indirizzi e protagonisti. Che porta a Londra, a Mosca, in Albania, ai domicili virtuali di sedicenti e improbabili “publisher”, imprenditori editoriali della Rete, spesso nascosti dietro Troll, e che Repubblica ha ricostruito cominciando da una fabbrica di manufatti in alluminio a Terni. Dove, in una sera gelida di novembre, durante la pausa di cambio turno, Leonardo, un metalmeccanico di 34 anni, ex punk, la terza media in tasca e i soldi per comprare il primo modem non più di sei anni fa, apre le porte del Sistema. *** Leonardo di cognome fa Piastrella. E in Rete, fino al giorno in cui ha deciso di sfilarsi la maschera e cominciare a girare le scuole con il suo vero nome per illuminare i cavalieri neri dell’ intossicazione online, era conosciuto come Ermes Maiolica, il più noto “bufalaro” italiano. Ne ride da solo Leonardo di quella trovata, non esattamente originale, che lo aveva trasformato da uomo in Troll «Piastrella Maiolica» – e che lo ha protetto per anni. Trasformare il falso in verosimile e quindi in vero, viralizzandolo, è stato per lui un altro modo per portare avanti la sua personalissima “rivoluzione punk”. Per dimostrare che “il Re era nudo”. Finché il gioco si è fatto sgradevole e troppo gravido di conseguenze. «Il mercato delle bufale è molto più semplice di quello che uno può pensare esordisce Leonardo – C’ è chi ha i soldi, i broker pubblicitari. E chi ne prende una percentuale, i gestori dei siti. Più traffico hai, più soldi prendi dalla pubblicità. Si è sempre detto che lo stratagemma per avere molto traffico, fosse disporre di un buon algoritmo in grado di adattare i contenuti agli umori e alle preferenze del pubblico». Nelle parole di Maiolica, l’ algoritmo ha un significato fulminante nella sua semplicità. «Ho la terza media e gli algoritmi non li ho studiati. Mi è bastato capire che l’ algoritmo è la formula che risolve un problema. Mi sono detto: se esiste un algoritmo che risolve un problema, deve esistere un contro-algoritmo che il problema lo crea e che ne moltiplica l’ effetto in termini di viralizzazione. Ecco, i bufalari creano dei contro-algoritmi. Lavorano sui nervi scoperti dei gruppi di discussione sui social. Comprendono quali temi sono potenzialmente in grado di incendiarli e il gioco è fatto. Basta dare fuoco. Nei giorni del diesel gate, misi in piedi un falso concorso ai cui partecipanti la Volkswagen regalava auto. L’ azienda ebbe i call center intasati per ore e fu costretta a fare un comunicato stampa». Un giorno, alla porta di Leonardo, come a quella di alcuni suoi amici hacker e ingegneri sociali, cominciano a bussare i broker pubblicitari. Cercano gente che faccia traffico e i bufalari sono i re del traffico. Le società lavorano in un mercato dove la parte del leone l’ ha sempre fatta Google Ads ma da quando è cominciata la storia delle fake news, e Google ha stretto le maglie, tagliando fuori dai dividendi pubblicitari i bufalari, si è liberato spazio per una nuova forma di concorrenza. Le società, tra le altre, si chiamano Criteo, Chamaleon, Adnow. E, un anno e mezzo fa, sul mercato italiano, si aggiunge una startup che brilla per aggressività e redditività: Clickio. * * * Più che una startup Clickio è un satellite. La casa madre è la russa AdLabs, la più importante azienda pubblicitaria del paese. Uffici a Mosca, Praga, Cipro e ora anche a Londra dove ha sede la direzione commerciale che sovrintende il mercato italiano. Un ingegnere sociale, che chiede a Repubblica l’ anonimato consapevole di violare un segreto che può costargli caro, racconta che Clickio non solo offre tariffe fino a cinque-sei volte superiori alla media di mercato. Ma, in alcuni casi, arriva a suggerire ai “publisher”, direttamente o indirettamente, i temi su cui costruire contenuti. Dove per “indirettamente” si intende individuare come cliente privilegiato chi, in Italia, scrive di migranti, terrorismo islamico, reati commessi da stranieri. O chi celebra la Russia di Putin. Al 32-38 di Leman Street, a Londra, ha l’ ufficio Jacopo Gerini, direttore commerciale di Clickio. Ascolta le domande di Repubblica, sorride quando comprende dove si vada a parare e con garbo dice: «Capisco che il fatto che il proprietario sia russo e possa far pensare a chissà cosa, ma l’ azienda ha sede in Gran Bretagna e qui non c’ è niente da nascondere. Siamo una piattaforma di ottimizzazione che consente ai nostri clienti di poter raggiungere un incremento medio tra 20 e 40 per cento dei ricavi pubblicitari. Abbiamo un policy team dedicato che controlla la qualità dei siti, collaboriamo con Google Ads e abbiamo criteri molto rigidi nella scelta dei partner. Evitiamo di lavorare con publisher e siti che hanno una visione di parte o che, ad esempio, violano le regole di “brand and family safety” (un esempio, la speculazione sulla morte di qualcuno). Non abbiamo mai imposto ai publisher i loro temi di discussione in quanto la nostra esperienza e’ esclusivamente nell’ ottimizzazione e non nell’ editoria. Vogliamo semplificare la vita ai publisher che faticano a comprendere il mercato pubblicitario». *** Conviene tenere conto di quello che dice Gerini. E verificarlo. Un’ altra volta. A Udine. Dove lavora David Puente. Ex consulente della Casaleggio Associati, è uno dei più capaci, affidabili e profondi conoscitori della comunicazione on line. In gergo, è un debunker, uno svelatore di mistificazioni. Un cavaliere bianco. Con lui, si fa un’ interessante scoperta. Il banner di Clickio è associato (e dunque fa inserzioni pubblicitarie) ad almeno tre siti tra quelli che i formidabili tools informatici di Puente monitorano costantemente a caccia di bufale. In un pezzo del sito scenarieconomici. it, si legge: “Isis, parte la campagna del terrore per le festività natalizie. Sul web le minacce e le immagini al limite dello splatter”. In un altro, che polemizza con Renzi e Marchionne, si finisce su direttanews. it , la testata on-line con sede legale a Velletri (in provincia di Roma), citato dalle inchieste di BuzzFeed e del New York Times e oggetto delle denunce dal palco della Leopolda di Matteo Renzi. Un terzo, documenta come cliente di Clickio lantidpomatico. it, sito il cui gestore è un consulente dell’ ufficio legislativo dei 5 Stelle alla Camera. «Bene arrivati al cuore del problema – dice sorridendo Puente – È il denaro della pubblicità che alimenta il mercato delle bufale. Se poi aggiungiamo che molti dei bufalari si muovono spinti anche da una propria ideologia politica, ecco spiegata la ragione di un mercato così in ebollizione. C’ è chi si mette in vendita per soldi. Chi per soldi e convinzione politica, diciamo così. Il che, dal suo punto di vista, elimina anche qualsiasi residuo scrupolo etico». È una corsa al nuovo oro dove c’ è posto per tutti. Per Paesi – la Russia di Putin – impegnati in operazioni di influenza. Per avventurieri sull’ altra sponda dell’ Adriatico. «Qualche settimana fa, ho scoperto siti di bufale in lingua italiana con proprietari due ragazzi albanesi di Lezhe. Il che conferma come, alla vigilia della campagna elettorale, l’ offerta di bufale sia destinata a crescere. Diciamola così: l’ Italia che si prepara alle elezioni è una bufala da mungere». Anche perché, la Politica, anche stavolta, sembra non voler capire. «Anziché ragionare sulla necessità di accordi tra autorità, aziende e paesi stranieri che rendano pienamente trasparente e veloce l’ individuazione delle proprietà dei domini cui si appoggiano i siti di bufale – prosegue Puente – mi sembra che la discussione sia più interessata a utilizzare la questione delle fake news come strumento di attacco all’ avversario politico. Con l’ effetto paradossale di depotenziare il problema e di non capire che tutte le forze politiche sono potenzialmente vittime del Sistema. Che i nemici sono i Troll senza nome e il denaro che li alimenta». E a proposito di bufale e troll, da qualche giorno, in rete ha cominciato a fare capolino un certo Vincenzo Ceramica. Provate a indovinare chi sia. Dal metodo del re dei “bufalari” Ermes Maiolica ai legami dell’ agenzia italiana Clickio.

“Obbligheremo Netflix a dare più visibilità a serie e film italiani”

La Stampa
ILARIO LOMBARDO
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Nella selva frammentata del mondo della cultura e dello spettacolo, Dario Franceschini, ministro-scrittore di libri dai titoli che evocano il realismo magico sudamericano, si è mosso cercando di preservare il prodotto italiano contro quella che chiama «omologazione». Termine dal sapore pasoliniano che racconta di centri storici assediati da paccottiglie turistiche che scalzano piccole librerie, e film che cercano margini di ossigeno nella valanga di produzioni straniere. Ora tocca al credito d’ imposta salva-librerie. Prima è stata la riforma del cinema, con l’ obbligo per le tv di rispettare quote di investimenti e di programmazione di opere italiane. «Anche Netflix o altre piattaforme come Amazon Prime avranno gli stessi obblighi, compatibilmente a una programmazione senza fasce orarie», spiega il ministro che rivela: «Stiamo pensando a meccanismi per assicurare la visibilità di serie e film italiani». Amazon è un problema anche per i librai, che ora lei vuole aiutare con il tax credit inserito nella manovra. Tassare i giganti del web è davvero così difficile? «E’ un tema sacrosanto ma è difficile affrontarlo su base nazionale. Stiamo spingendo a intervenire a livello europeo. L’ anomalia nella concorrenza è nella distribuzione. Gli editori fanno diversi sconti, a seconda se sei piccola libreria o grande distribuzione. Amazon impone agli editori prezzi ancora più scontati. Non è molto semplice interferire in un mercato tra privati. La legge Levi, con il tetto del 15% agli sconti, ha fatto tanto. In Francia è al 5%. Ho in mente una cosa del genere». Che tipo di credito d’ imposta prevedete per i librai? «Ho letto che molti di loro si sono allarmati perché pensano riguardi solo il reddito. E purtroppo tanti, circa la metà, tengono aperte le librerie per passione, perché un reddito non ce l’ hanno più. Invece è una compensazione per tutti i tipi di imposta, non solo sul reddito, ma anche Imu, Irap, Iva, contributi previdenziali dei dipendenti e del titolare se è senza dipendenti. Una vera detassazione: fino a 20 mila euro per le librerie indipendenti e 10 mila per quelle delle grandi catene». Basterà a contrastare grande distribuzione e Amazon? «Innanzitutto è un intervento che aiuterà i piccoli librai che eroicamente resistono. La piccola libreria è un bene che va tutelato dallo Stato, perché è insieme identità e bellezza immateriale. Il tax credit eviterà altre chiusure e darà la possibilità a qualche ragazzo di aprirne di nuove. Così aiuteremo i nostri centri storici a non perdere la loro identità come purtroppo è avvenuto in questi anni di boom turistico e di incontrollata liberalizzazione delle licenze. Il risultato è stato che gli affitti in centro sono schizzati, le botteghe storiche non ce la fanno, e al loro posto aprono negozi tutti uguali, che vendono magliette o che fanno pasta veloce. Basta andare a Venezia o in via dei Coronari a Roma. Cominciamo dalle librerie, ma non è escluso che in futuro si possano salvaguardare in questo modo anche altri negozi storici». In Italia le librerie soffrono perché c’ è un problema cronico di lettura. Da anni si parla di una legge di sistema che non si vede. «Intanto abbiamo decuplicato e portato a 3 milioni di euro le risorse per la promozione della lettura. Poi, come avvenuto per il cinema e lo spettacolo dal vivo, penso a una legge che aiuti l’ intera filiera: editori, distributori, esercenti ma anche traduttori e illustratori. Il bonus per i diciottenni ha portato a una spesa di 163 milioni di euro, di cui circa l’ 80%, in libri. Oltre a un aiuto per i ragazzi si è rivelato essere un contributo indiretto per il sistema dell’ editoria». Lei parla rivolgendosi al futuro, ma se poi finite al governo con quelli del centrodestra che tagliavano fondi perché dicevano “con la cultura non si mangia”? «Confido che al governo andremo solo noi ma in generale mi sento di lanciare un appello per continuare sulla strada delle riforme condivise. Ho registrato con piacere che in questa legislatura così rissosa l’ art bonus e la legge sul cinema hanno avuto una maggioranza più ampia di quella di governo». Le tv , compresa la Rai, non hanno però gradito l’ obbligo di trasmettere e investire di più su film, cartoon e serie italiane? «Il modello è quello che ha permesso di risollevare il cinema francese. Il sistema delle quote esisteva già ma non venivano applicate le sanzioni. Era prevedibile che le tv protestassero. Ma adesso dovranno rispettare i nuovi obblighi, soprattutto nel prime time, la fascia oraria più importante. Non se la possono cavare mandando un film italiano alle due di notte». I network si lamentano che solo nel 2019 l’ intervento costerebbe loro 1,2 miliardi. Sono convinti di restare meno competitivi a favore di piattaforme tipo Netflix. «Netflix avrà quote di programmazione e obblighi di investimento come le tv tradizionali. Stiamo lavorando su diverse ipotesi per costringere anche tutte le piattaforme online a valorizzare prodotti italiani, su home page, menu, banner. Sono rimasto allibito nel leggere che avremmo danneggiato la raccolta pubblicitaria o anche che cinema e fiction italiani non sono in grado di reggere la concorrenza. Il tax credit al cinema e l’ obbligo di trasmissione e di investimento servono appunto a migliorare la qualità». Sul lungo periodo, però «Abbiamo creato una moratoria per il 2018. Così avranno il tempo di produrre film che possono reggere il prime time». Lei compra su Amazon? «I libri che non si trovano, sì. Per il resto subisco il fascino delle librerie. Dove i libri si scoprono ancora. Oggi sono andato in quella vicino casa mia e ho comprato un libro sui luoghi di Pasolini che non conoscevo». Dovesse scegliere, farebbe il premier o ancora il ministro della Cultura? «Il ministro dei Beni culturali, assieme all’ assessore alla Cultura di Ferrara è la cosa più bella che ho fatto». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Walt Disney torna alla carica su Twenty-First Century Fox

Corriere della Sera

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La Walt Disney è tornata alla carica con la Twenty-First Century Fox, la società Usa di Rupert Murdoch, rinnovando il suo interessamento. Lo rivela il «Wall Street Journal», secondo il quale Rupert Murdoch, che controlla il 39% dei diritti di voto di 21st Century Fox, deciderà entro la fine dell’ anno se proseguire la trattativa, la quale non include Fox News e le reti sportive del gruppo. Ai primi di novembre lo stesso WSJ aveva anticipato la notizia che ha la 21st Century Fox aveva negoziato con Disney la vendita di gran parte della società, precisando che la Disney sarebbe interessata a rafforzarsi nello streaming per competere con Netflix. Walt Disney ha una capitalizzazione di mercato che è circa il doppio di quella di Netflix, la quale però è leader mondiale dell’ intrattenimento in streaming, con 104 milioni di abbonati. Secondo il Wsj l’ obiettivo prioritario di Disney in questa fase è quello di riposizionare il suo business televisivo nello streaming online. I colloqui tra Disney e Twenty-First Century Fox di alcune settimane fa non hanno portato a niente di concreto.

Alla Corte Costituzionale il vaglio sulla legittimità dei tagli all’editoria

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I contributi all’editoria negli ultimi anni si erano trasformati in una sorta di eventualità: quasi un’elargizione del Governo; avallando le teorie di chi, come i cinque stelle, si sono sempre dichiarati contrari al sostegno pubblico all’editoria in quanto limita l’autonomia dei giornali rispetto alla politica. Dimenticandosi che i contributi all’editoria sono previsti esplicitamente dalla Costituzione e che vengono erogati sulla base di una legge dello Stato. Il problema, rilevato dal Giudice della prima sezione civile di Catania nella sentenza, è che il diritto ai contributi ha tale rilevanza pubblica da non poter subordinato a decisioni, spesso postume, dell’esecutivo. E la decisione del giudice civile va nella stessa direzione tracciata, come motivazione di principio dal Tar della Sicilia che con la precedente sentenza n. 2447 del 22 ottobre 2015, dichiarando al contempo la propria incompetenza giurisdizionale, che poteva sollevarsi in questione di legittimità costituzionale rispetto all’intero sistema prefigurato dal comma 62 dell’articolo 2 della legge 191/2009, quella che ha eliminato il diritto soggettivo, laddove sottopone il sostegno all’editoria ad un atto politico presupposto e, pertanto, irragionevole. Come detto, proprio in questa direzione il Giudice civile nella sentenza ritiene che il Governo non poteva, in relazione ai contributi relativi al 2013, decidere, tra l’altro per due volte, sullo stanziamento, nonostante la valutazione “politica” fosse stata allo stesso delegata da una legge. E, allora, il profilo rilevato dal Giudice è quello della legittimità costituzionale della norma che rimandando all’esecutivo le determinazioni relative al quantum del contributo, anche con decisioni postume rispetto ai tempi di maturazione del diritto ai contributi, lede, da un lato, il legittimo affidamento delle imprese e, dall’altro, il principio di autonomia dell’informazione rispetto all’esecutivo, premessa del sostegno pubblico.
Si tratta di una sentenza che rimanda, chiaramente, al Giudice costituzionale un approfondimento circa l’effettiva legittimità della norma, ma che apre da subito lo spunto ad una seria riflessione circa la sciatteria con cui la politica ha tratto un tema, quello del rapporto tra informazione e Stato, che meritava ben altro respiro.

(Enzo Ghionni)

Rassegna Stampa del 04/12/2017

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Indice Articoli

Prenotazione a marzo in via telematica

Pubblicità, bonus rimodulato

Apple e Alibaba incontrano l’ AdnKronos a Wuzhen

Il parricidio dell’ Ingegnere «Scalfari ci ha danneggiato»

“Attenti agli eccessi dei giganti di Internet”

IO, FIGLIA D’ ARTE RIMASTA QUI PER FARE L’ EDITORE

Fortezza Mediaset: Berlusconi la blinda ma il mercato vuole la pace con Bolloré

Prenotazione a marzo in via telematica

Italia Oggi Sette

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I soggetti interessati dovranno presentare la domanda di fruizione del beneficio nella forma di una comunicazione telematica, su apposita piattaforma dell’ Agenzia delle entrate, secondo il modello definito dalla medesima Agenzia, usufruendo di una «finestra temporale» ampia. Il Dipartimento informazione editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha anticipato come periodo di prenotazione, dal 1° marzo al 31 marzo di ogni anno. La comunicazione dovrà contenere, oltre ai dati identificativi dell’ azienda o del lavoratore autonomo, il costo complessivo degli investimenti pubblicitari effettuati, o da effettuare, nel corso dell’ anno. Nel caso in cui gli investimenti riguardano sia la stampa che le emittenti radiotelevisive i costi andranno esposti distintamente per le due tipologie di media. Dovrà essere indicato il valore dell’ incremento degli investimenti su ognuno dei due, in percentuale e in valore assoluto. Il richiedente dovrà indicare il relativo ammontare di credito d’ imposta richiesto. Nel caso in cui il credito d’ imposta spettante sia superiore alla soglia di 150 mila euro, e richieda pertanto, ai fini della liquidazione, l’ accertamento preventivo di regolarità presso la banca dati nazionale Antimafia del Ministero dell’ interno, il richiedente potrà beneficiare del credito richiesto a condizione che sia iscritto, o abbia inoltrato alla prefettura competente la richiesta di iscrizione, agli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. L’ effettività del sostenimento delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, oppure dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti. L’ Agenzia delle entrate e l’ Amministrazione effettueranno i controlli di rispettiva competenza, in ordine all’ effettivo possesso dei requisiti che condizionano l’ ammissione al beneficio fiscale. Nel caso in cui venga accertata la carenza di taluno dei requisiti, e quindi l’ indebita fruizione, totale o parziale, del beneficio, l’ Amministrazione provvederà al recupero delle somme. Credito d’ imposta ridotto se le richieste superano i fondi disponibili. Trascorso il termine finale per la presentazione delle istanze di agevolazione, a seguito della verifica dei requisiti soggettivi di ammissibilità dell’ impresa richiedente, l’ Agenzia delle entrate determinerà l’ importo dell’ agevolazione. Il credito d’ imposta liquidato potrà essere inferiore a quello richiesto nel caso in cui l’ ammontare complessivo dei crediti richiesti con le domande superi l’ ammontare delle risorse stanziate. In questo caso verrà effettuata una ripartizione percentuale delle risorse tra tutti i richiedenti aventi diritto. Nel caso contrario, in cui accerti che l’ ammortare complessivo del credito richiesto non esaurisca le risorse stanziate, tali risorse, andranno a incrementare la dotazione finanziaria dell’ anno successivo. © Riproduzione riservata.

Pubblicità, bonus rimodulato

Italia Oggi Sette
PAGINA A CURA DI ROBERTO LENZI
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Tutte le imprese che presenteranno domanda beneficeranno del credito d’ imposta per la pubblicità, ma la percentuale di aiuto sarà ridotta in base alle disponibilità. Il Dipartimento informazione editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato le anticipazioni ufficiali del regolamento di prossima adozione in merito al bonus pubblicità indicando le informazioni essenziali, adesso è attesa solo la pubblicazione. Non manca quindi molto all’ operatività del decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 21 giugno 2017. Questa concede un credito d’ imposta del 90% (ridotto al 75% per le grandi imprese) per gli investimenti pubblicitari effettuati sulla stampa nazionale e locale e sulle emittenti radio-televisive a diffusione locale, il cui valore superi di almeno l’ 1% degli analoghi investimenti effettuati nell’ anno precedenti sugli stessi mezzi di informazione. Con il decreto fiscale, la cui legge di conversione è stata approvata giovedì scorso dalla camera, è stato stanziato un fondo di 62,5 milioni di euro per il 2018. Sostegno degli investimenti pubblicitari incrementali. Il credito d’ imposta per gli investimenti pubblicitari è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e startup innovative. Per microimprese, piccole e medie imprese si intendono quelle definite dalla raccomandazione n. 2003/361/Ce della Commissione, del 6 maggio 2003, e dal decreto del Ministero delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005. Per startup innovative si intendono quelle definite dall’ articolo 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Acquisto spazi pubblicitari e inserzioni commerciali su giornali quotidiani e periodici, nazionali e locali, oppure nell’ ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche e digitali, sono gli investimenti ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’ acquisto dello spazio pubblicitario, anche se a esso funzionale o connesso. Il beneficio è applicabile anche agli investimenti effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017 il cui valore superi di almeno l’ 1% gli analoghi investimenti effettuati nell’ anno precedente sugli stessi mezzi di informazione. L’ anticipazione al secondo semestre del 2017 riguarda tuttavia i soli investimenti effettuati sulla stampa, e in questo caso sono ammessi anche gli investimenti effettuati sui giornali on-line. Importante, che le spese in pubblicità, siano effettuate su giornali ed emittenti editi da imprese titolari di testata giornalistica, iscritta presso il competente tribunale oppure presso il registro degli operatori di comunicazione, e dotate in ogni caso della figura del direttore responsabile. I limiti di spesa sono distinti per gli investimenti sulla stampa e per quelli sulle emittenti radio-televisive, in presenza di investimenti su entrambi i media, il soggetto richiedente può vedersi riconosciute due diversi crediti d’ imposta, in percentuali differenziate a seconda delle condizioni della ripartizione su ognuna delle due platee di beneficiari. Il credito d’ imposta è utilizzabile solo in compensazione tramite il modello F24, non è cumulabile in relazione a medesime voci di spesa. Rientrano tra le spese escluse dal credito d’ imposta quelle sostenute per l’ acquisto di spazi destinati a servizi particolari, come le televendite, servizi di pronostici, giochi o scommesse con vincite di denaro, di messaggeria vocale o chat-line con servizi a sovrapprezzo. Le spese per gli investimenti si considerano sostenute secondo le regole generali in materia fiscale previste dal testo unico delle imposte sui redditi. Fondi per 62,5 milioni di euro. L’ ultimo atto relativo allo stanziamento dei fondi è stato pubblicato con il decreto legge n. 148 del 16 ottobre 2017 dove vengono disposti 62,5 milioni di euro per il 2018 a beneficio del credito d’ imposta sugli investimenti pubblicitari dedicato alle microimprese, piccole e medie imprese e grandi imprese, oltre che start up innovative ed enti non commerciali, su tutto il territorio italiano. Le risorse finanziarie sono state ripartite in 50 milioni per gli investimenti sulla stampa di cui 20 milioni sono per gli investimenti effettuati nel secondo semestre del 2017 e 30 milioni per gli investimenti da effettuare nel 2018, mentre 12,5 milioni sono per gli investimenti da effettuare nel 2018 sulle emittenti radio-televisive. © Riproduzione riservata.

Apple e Alibaba incontrano l’ AdnKronos a Wuzhen

Il Messaggero

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Tim Cook, Jack Ma, Chuck Robbins. Si è aperta con gli interventi dei giganti dell’ innovazione e della tecnologia la quarta edizione della World Internet Conference, congresso mondiale sulla rete a Wuzhen, nella provincia cinese di Zhejiang. Economia digitale, tecnologia di frontiera, internet e società, governance per il cyberspazio, scambi e cooperazione,i cinque temi al centro del forum dal titolo Sviluppare l’ economia digitale per l’ apertura e benefici condivisi – costruire una comunità di futuro comune nel cyberspazio, che vede tra i suoi relatori esponenti del governo cinese e vertici di società come Apple, Alibaba e Cisco, ma anche il padre di Internet Robert Elliot Kahn. Presente anche l’ AdnKronos e il Cavaliere del lavoro Giuseppe Marra, editore e direttore del gruppo, che si è congratulato con il Ceo di Apple, Tim Cook, al termine del suo intervento.

Il parricidio dell’ Ingegnere «Scalfari ci ha danneggiato»

Il Giornale
PAOLO BRACALINI
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Niente, Scalfari pagherà a lungo la colpa di aver detto «tra Berlusconi e Di Maio sceglierei Berlusconi». Un’ eresia che non può passare liscia in certi ambienti, per altro gli stessi ambienti di Scalfari. Di più, casa sua, il quotidiano Repubblica e il club della sinistra illuminata Libertà e Giustizia (due espressioni dello stesso mondo, più o meno sovrapponibili) che hanno preso le distanze dal Fondatore per quel giudizio inopportuno sul nemico storico del Gruppo, il Cavaliere di Arcore. Il ripudio di Scalfari culmina con la condanna finale dell’ editore, Carlo De Benedetti, rivale di Berlusconi da un ventennio e custode della linea politica del quotidiano-partito fondato da Scalfari ma da lui tradito con l’ intollerabile preferenza espressa per il leader di Forza Italia (poi ritrattata, ma ormai era troppo tardi). In una intervista al Corriere della Sera, l’ Ingegnere dà voce al gelo artico che spira da Repubblica verso Scalfari per via di quell’ uscita imperdonabile. Il giudizio che ne emerge è devastante, e sintetizza la diagnosi che l’ elite repubblichina (nel senso del giornale) ha fatto rapidamente circa Scalfari: qualcosa vicina alla demenza senile. O forse peggio: «Penso l’ abbia fatto per vanità, per riconquistare la scena – lo stronca De Benedetti – Ma è stato un pugno nello stomaco per gran parte dei lettori di Repubblica, me compreso. Berlusconi è un condannato in via definitiva per evasione fiscale e corruzione della giustizia. Se non fosse per l’ età, sarebbe un endorsement sorprendente per uno come Scalfari che ha predicato, sia pure in modo politicamente assai cangiante, la morale». Il consiglio dell’ editore al giornalista novantenne suona come una minaccia, visto che Scalfari ha una mezza pagina in appalto ogni domenica su Repubblica: «Farebbe meglio a preservare il suo passato». Poi De Benedetti, da uomo d’ affari, dà anche un prezzo all’ infausta dichiarazione del fondatore: «Penso che la risposta di Scalfari abbia gravemente nuociuto al giornale». Bisogna tenere conto, come ricorda Formiche.net, che Repubblica è proprio in questi giorni impegnata in un importante restyling grafico, e che a sostenerne i costi è la famiglia De Benedetti, principale azionista del gruppo. Insomma proprio mentre il quotidiano si rilancia, arriva Scalfari a scompaginarlo pronunciandosi più favorevolmente sull’ odiato (dai lettori di Repubblica) Berlusconi che su Luigino Di Maio, trattato dal quotidiano in modo molto più generoso. Del resto Scalfari era sta giò bacchettato su Repubblica da Michele Serra nella sua rubrica («A differenza del padre fondatore, tra Berlusconi e Di Maio sceglierei Di Maio. La terza opzione, tra i due, è la cicuta, ma non so dove si compera»), e quindi dall’ ex vicedirettore Massimo Giannini in radio («Se ricordiamo cosa è stato il Cavaliere nella lunghissima avventura di Repubblica, sarei più prudente prima di dire scelgo Berlusconi»). Poi, dopo essere stato insultato da Micromega («indecente», «reazionario»), è arrivata la presa di distanza, pure questa quasi schifata, degli ex amici di Scalfari, i cervelli fini di «Libertà e Giustizia», di cui Carlo De Benedetti è stato tra i soci fondatori, quindi tutto torna. «Caro Eugenio, siamo rimasti sbalorditi. Non riusciamo ad accettare come una figura con la tua storia possa dimenticare cosa ha rappresentato Berlusconi per il nostro paese» gli hanno scritto i consiglieri di LeG, da Settis a Zagrebelsky, tutte firme di Repubblica. Il vecchio Scalfari è avvisato, che non ci provi più.

“Attenti agli eccessi dei giganti di Internet”

La Stampa
LUCA UBALDESCHI
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«I nternet e il digitale stanno cambiando la nostra vita come forse mai era avvenuto prima. Ma non è così scontato che sarà tutta un’ avventura meravigliosa. Da imprenditore dell’ editoria, dico che con le Big Five dobbiamo poter competere ad armi pari. Da madre, mi chiedo quali prezzi dovremo pagare per le nuove opportunità offerte ai nostri figli. Da cittadina, qualche domanda sul futuro della democrazia me la faccio». L’ attacco di Marina Berlusconi ai giganti del web è diretto. Resta in secondo piano la sfida elettorale del padre e non c’ è spazio per la guerra Mediaset-Vivendi: qui l’ attenzione è tutta per Internet e le sue 5 grandi aziende – Apple, Microsoft, Google, Amazon, Facebook -, per le quali la presidente di Fininvest e Mondadori evoca una sorta di dittatura digitale. Da che cosa nasce l’ allarme? «Con l’ aiuto della Casa Bianca di Obama, il mondo delle Big Five era riuscito ad accreditarsi come sinonimo di libertà e modernità. Chi osava suggerire qualche limite veniva tacciato di oscurantismo. Non discuto capacità imprenditoriali, lungimiranza e coraggio di coloro che questi giganti hanno fondato e sviluppato, personaggi che segneranno la storia. Ma se oggi i Cinque Grandi del web sono le maggiori società mondiali per valore di Borsa è anche perché hanno potuto operare in un contesto del tutto privo di regole». Non crede però che l’ atteggiamento stia cambiando? «Mi pare si continuino a sottovalutare le implicazioni economiche, politiche e sociali, di cui fatico perfino a immaginare la portata. E’ un mondo che va governato, prima che tanta potenza ci sfugga di mano». Governare vuol dire introdurre la discussa web tax? La figlia di Silvio Berlusconi chiede una nuova tassa? «Non parlo solo di questo. Ma le pare accettabile che l’ anno scorso Amazon abbia versato al fisco italiano 2,5 milioni di euro e Facebook neppure 300 mila? E poi ci sono i comportamenti “disinvolti” delle multinazionali del web, sanzionati da multe miliardarie, ci sono le decine di cause – in Italia Mediaset ha fatto da apripista – sull’ utilizzo di contenuti e copyright. Senza dimenticare che di questi campioni di modernità e trasparenza si sa ben poco: in Italia Amazon non fornisce dati di vendita, idem Google e compagnia». Ma non pensa che anche Mondadori, nel suo ruolo di leader, avrebbe potuto essere più intraprendente prima, invece di invocare barriere oggi? «Innanzitutto, considero il digitale importante, ma sempre strettamente connesso all’ attività editoriale. Non vedo una Mondadori che fa e-commerce di viaggi. Per il resto, mi pareva ci accusassero di essere fin troppo intraprendenti. Dopo l’ acquisto dei libri Rizzoli, l’ Antitrust ci ha imposto di cedere due case editrici, Marsilio e Bompiani». Sta cercando una rivalsa? Mettere limiti perché li hanno messi a voi? «Ma no, è che qui siamo su un altro pianeta: Google controlla nel mondo quasi il 90% dei motori di ricerca, Facebook il 66% del traffico social. Ma nessuno invoca barriere. Oltre che inutile sarebbe ridicolo. Chiediamo solo che le regole valgano per tutti. E magari anche uno sforzo di immaginazione, non si possono affrontare con norme vecchie di decenni fenomeni senza precedenti». Uno stop al libero mercato chiesto dal primo editore italiano? Non è un po’ troppo? «Pensi agli Stati Uniti, che sul libero mercato danno lezioni a tutti. Fra gli artefici della potenza economica americana decisivi sono stati i cosiddetti “robber barons”, personaggi leggendari e spregiudicati come Vanderbilt, J.P. Morgan, Rockefeller. Ma negli Usa, poco dopo, è nato anche l’ Antitrust e ha avuto il coraggio di attaccare concentrazioni in apparenza invincibili, dal petrolio alle ferrovie». Le Big Five sono i nuovi robber barons digitali da fermare? «Sono infinitamente più potenti. Seguono un modello, a partire da Amazon, non così innovativo: distruggere ogni mediazione, ogni passaggio fra loro e il consumatore finale, mettere fuori mercato tutti gli operatori della catena produttiva-distributiva praticando prezzi insostenibili, grazie alle economie di scala che la globalizzazione consente, alla tecnologia e ai comportamenti cui accennavo. Una volta padroni del mercato, saranno liberi di imporre a tutti le loro condizioni». Anche Mondadori lavora con Amazon. Non è un’ ipocrisia? «E’ un operatore da cui non si può più prescindere, e poi oggi la legge italiana sugli sconti per i libri limita fortunatamente la sua strategia. Che però a livello globale resta chiara: “cambiare il mondo”, o meglio conquistarlo. Ma siamo così sicuri che una volta eliminati editori, librai, agenti letterari, Amazon non deciderebbe che cosa farci leggere, quando, a che prezzo? Che fine farebbero tutti i sacrosanti discorsi su autonomia editoriale, pluralismo delle voci, libertà degli autori?». Come risponde Mondadori? «Cercando di far sempre meglio il mestiere di editore: produrre buoni contenuti, trovare buoni libri, proporli ai lettori. Potrai essere formidabile nella logistica e nella politica commerciale, ma fare l’ editore è un’ altra cosa». La rivoluzione digitale ha portato tanti vantaggi ai consumatori: servizi efficienti, sempre disponibili, gratuiti o scontati. A questo non pensa? «Certo. Li utilizzo anch’ io, come tutti. Eppure dobbiamo sapere che un prezzo lo paghiamo. Altissimo. Mettiamo la nostra identità, i nostri gusti, le nostre amicizie a disposizione di chissà chi e per chissà quali scopi. Miliardi di persone che accettano di essere schedate. Per questo non mi paiono molto credibili gli impegni a combattere le fake news: ai social non interessa informare correttamente, ma attrarre, e spesso il falso attrae più del vero. Gli utili non li fanno con l’ autorevolezza, ma rivendendo i nostri profili. C’ è poi un altro prezzo occulto. Perché il modello delle multinazionali del web non può creare benessere per l’ intera comunità, anzi. Il consumatore che apprezza il tutto gratis è magari lo stesso che, nella guerra dei giganti per eliminare ogni concorrenza, è rimasto senza un lavoro o diventato un precario. E parla una che non può certo essere sospettata di demonizzare il profitto». Quali sono invece le perplessità come madre? «Ho due figli adolescenti. La generazione del “Google in your pocket” probabilmente è più reattiva, più capace di trovare risposte rapide a ogni domanda. Potendo disporre di qualunque informazione in qualunque momento, i ragazzi rischiano però di considerare superfluo approfondire e apprendere, anche nel senso di ricordare. Rischiano di essere meno capaci di stupirsi, meno liberi di annoiarsi e di trasformare la noia in fantasia. E il mestiere di noi genitori è più complicato: i figli non hanno più solo un loro mondo interiore, spesso ermetico, ma galleggiano anche in un mondo online molte volte opaco». Allora che cosa deve fare un genitore? «Non avrebbe senso tentare di tenere il mondo digitale fuori dalla loro vita: fa parte della realtà cui appartengono e del loro tempo. Credo si debba cercare di dar loro quella capacità critica che consenta di utilizzare al meglio la tecnologia senza diventarne strumento, spiegando bene che la vita on line non si può sostituire a quella reale». Secondo lei è insomma una battaglia culturale. E’ anche un appello alla politica? «Per l’ Europa e la sua politica sempre più incerta e contestata potrebbe essere un’ occasione per dimostrare che non è condannata a subire i processi, ma riesce a guidarli. Questo è un tema che non possono affrontare i singoli Stati e credo che stavolta non ci sia da contare sugli Usa: le Big Five sono tutte americane». Internet e social stanno cambiando la stessa politica. È un bene o un male? «Ogni strumento che migliori il rapporto elettori-eletti è positivo, ma la democrazia digitale è un’ utopia pericolosa. I 5 Stelle sono la dimostrazione che non funziona, quando non è addirittura un inganno. C’ è peraltro una contraddizione insanabile. Se l’ obiettivo della democrazia digitale è eliminare ogni mediazione, la politica è o dovrebbe essere l’ esatto opposto: in nome dell’ interesse generale, la mediazione tra interessi particolari». In questa politica 2.0, il ritorno in campo di suo padre da protagonista dopo 20 anni non è anacronistico? «Non è questione di 2.0. o 5.0, un tweet può aiutare a far politica, ma abbiamo visto che succede se la politica diventa un tweet. La politica, la buona politica, sarà sempre fatta di progetti, idee, esperienza, equilibrio. Questa è la grande forza di mio padre. E mi stupisco ancora di più di chi si stupisce: lui il campo non l’ ha mai lasciato. E’ da vent’ anni che provano a buttarlo fuori e a far fallire il suo progetto per l’ Italia. E in questo l’ antiberlusconismo ha messo in mostra i mali peggiori del Paese: l’ invidia per chi ha successo, il pregiudizio per chi non la pensa come te, il giustizialismo. Il modo in cui mio padre ha saputo reagire mi pare abbia fatto capire a molti la vera posta in gioco: non il destino di Silvio Berlusconi, ma di quanti non ne possono più di una certa Italia vecchia e immobile, quella sì, rancorosa e intossicata». Chiudiamo tornando al digitale. Non crede che la sua posizione sia troppo critica? «Guardi, mi torna spesso in mente uno dei libri che più amo, “Vita e Destino”, la formidabile denuncia di Vasilij Grossman sugli orrori di comunismo e nazismo. Nessun paragone senza senso, ma sa perché mi torna in mente? Perché i colossi del web, cavalcando la globalizzazione, tendono a creare un mondo omologato, stessi gusti, stesse abitudini, stessi consumi. Grossman dice invece che proprio nell’ unicità e nella diversità di ciascuno sta l’ essenza stessa dell’ uomo. E dove si cerca di cancellare varietà e differenze, “la vita si spegne”. Una frase che mi ha molto colpito. In fondo, è proprio vero che nei libri è già scritto tutto». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

IO, FIGLIA D’ ARTE RIMASTA QUI PER FARE L’ EDITORE

L’Economia del Corriere della Sera (ed. Mezzogiorno)

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«d opo l’ università, quando rientrai in Italia dalla Germania mio padre mi disse: hai due settimane per decidere se lavorare in casa editrice o meno, e io non mi feci scappare questa possibilità». Bianca Laterza è una bellissima e dolce ragazza di 28 anni che da quattro lavora a fianco dello zio Pepe nella sede romana dell’ azienda fondata nel 1901, pietra miliare per la cultura italiana. Appartiene alla quinta generazione di librai storici, con un nome «pesante» da gestire, ma Bianca ci riesce con semplicità e consapevolezza. Lavora a testa bassa, senza sgarrare nel rispetto degli orari, degli impegni, pur divertendosi nel fare uno dei mestieri più belli, cioè progettare un libro, una collana, una iniziativa culturale. «Dentro la casa editrice mi dimentico del mio nome, perché per me è fondamentale imparare accanto alle persone più esperte, senza dimenticare che sono in primo luogo una dipendente dell’ azienda, altrimenti non potrei capire cosa pensano i colleghi, cosa va fatto e cosa no». Laterza è, come spiega Bianca, una casa editrice familiare, dove il processo produttivo è collettivo, ma dove non mancano nemmeno i controlli incrociati e le gerarchie. Per esempio la giovane editrice un giorno ebbe l’ idea di un libro di cui parlò a suo padre che conosceva e stimava l’ autore; tuttavia avere l’ approvazione di Alessandro non può significare evitare di confrontarsi col direttore editoriale, «altrimenti sarebbe l’ anarchia, invece è assolutamente giusto seguire la trafila corretta che porta dall’ idea alla pubblicazione di un testo». Ma perché parlare di Bianca Laterza, quando della casa editrice si sa tutto? Perché è interessante capire come aziende storiche si preparano al domani, come si forma sul campo la classe dirigente del futuro, per riflettere se c’ è ancora spazio per una modalità, quella del capitalismo familiare, in un’ economia sempre più globalizzata e tecnologica. Qualche anno fa, in seguito a complesse vicende di successione di una delle più grandi imprese italiane, si discusse a lungo se era più produttivo «lasciare» le redini a membri della famiglia oppure affidarsi a manager più esperti e lungimiranti. Bianca affronta il tema laicamente, senza timore: «Se sarà necessario per l’ azienda utilizzare una figura esterna non ci saranno problemi, perché ciò che conta è mantenere il profilo della casa editrice. Ma potrà accadere che un mio figlio, se ne dovessi avere, possa desiderare un giorno di fare questo mestiere bello e complesso che, però, va affrontato sempre facendo un bagno di umiltà, ricordandosi che le aziende sono fatte da persone che ci lavorano a prescindere dal cognome che si porta». Liceo classico a Bari, e poi Roma, all’ università Luiss dove Bianca si laurea in scienze politiche, quindi Friburgo per un master di sociologia che la porterà per sei mesi in India, a Nuova Delhi e per sei mesi in Argentina, a Buenos Aires. Esperienze di studio, impegno, ma anche di «libertà, senza una data certa per il ritorno. È stato il periodo più bello della mia vita, ho girato in treno due Paesi straordinari, mentre mio padre pensava che fossi una pazza, lui che da anni parla di un viaggio a Lisbona e non si decide mai». Finita l’ università il futuro è stato subito chiaro per questa ragazza che non si fa mancare un bagno di pugliesità almeno d’ estate: entra così nella casa editrice di via di Villa Sacchetti, un palazzetto storico da dove sono passati tutti per una chiacchierata con gli editori o per la presentazione di un libro: da Ciampi a Napolitano, da Amato a Tullio De Mauro. È il 2013 quando Bianca comincia ad occuparsi di comunicazione con i librai, delle schede di presentazione dei testi, di copertine, un incarico che ancora oggi svolge per metà del suo tempo, destinato per l’ altra metà nell’ attività dell’ ufficio editoriale che si occupa dell’ individuazione e sviluppo di nuovi progetti di libro. Nel frattempo ha partecipato al progetto collettivo «Celacanto», una collana destinata ai ragazzi per parlare di storia attraverso il racconto, l’ avventura, l’ immaginazione, grazie a straordinari affabulatori, i migliori storici e scrittori italiani e internazionali. Lavorare accanto allo zio Pepe, e non distante dal padre Alessandro che fa base a Bari, è importante per Bianca che però non sente «il fiato sul collo», anzi. «Mi piace lavorare con mio padre quando le sue cose si intersecano con le mie: è preciso, studia ogni cosa. Direi che la mia famiglia non è opprimente, semmai stimolante». Così da subito, sin dal 2013, la si è vista tra gli stands del Salone del libro di Torino, «un luogo di socialità straordinario, sempre interessante, una vera festa»; o tra quelli della Fiera di Francoforte, dedicata soprattutto agli addetti ai lavori, un’ occasione «molto importante per capire che non sei solo, che puoi confrontarti sull’ idea di libro». E, dunque, è frutto di tutte queste esperienze, il primo libro di Bianca Laterza, il progetto tutto suo realizzato due mesi fa: «Come usare il tablet in famiglia. Piccola guida per genitori 3.0», di Elena Pasquinelli, ricercatrice impegnata presso il dipartimento di studi cognitivi della Ecole normale supérieure di Parigi. Ed è stato naturale affiancare Pepe nel nuovo progetto «Buon senso», realizzato in collaborazione con il Miur e che consiste nell’ affrontare un tema controverso come l’ immigrazione con gli studenti, perché riescano ad argomentare liberamente il proprio pensiero. Il lavoro si sviluppa attraverso tre incontri – due dei quali si sono già tenuti – con scrittori e giornalisti a Torino, Roma e Bari (in Puglia il prossimo è fissato per il 14 dicembre) e continua con laboratori video, teatrali e di scrittura . I prossimi impegni? «Ho avviato progetti per me importanti sul fronte della divulgazione scientifica e della rete, ma per ora di più non posso dire», conclude Bianca Laterza.

Fortezza Mediaset: Berlusconi la blinda ma il mercato vuole la pace con Bolloré

Affari & Finanza

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Sara Bennewitz segue dalla prima F ininvest, in vista dell’ assemblea del 15 dicembre, ha infatti proposto delle modifiche allo statuto di Mediaset con le quali si passa dal sistema proporzionale puro al voto di lista, e dalla lista dell’ azionista a quella del management. E proprio la lista del management potrebbe essere la mossa decisiva dei Berlusconi per arginare l’ avanzata francese nel consiglio di Mediaset e, di fatto, blindarlo: in questo modo, del resto, Fininvest (primo azionista del Biscione con il 39,5%, senza tenere conto del 3,8% di azioni proprie) e Doris (terzo azionista con il 2,87%) potrebbero sempre votare una lista proposta dal management, cioè dall’ ad Pier Silvio Berlusconi, senza sollevare problemi di “concerto”. Questa mossa però è osteggiata dai soci di minoranza, perché, dicono, pregiudica tutti gli azionisti al di fuori di Fininvest e si traduce in un “disvalore” per un gruppo ritenuto in teoria un modello di buon governo societario. È però difficile quantificare il danno che i Berlusconi potrebbero arrecare ai soci di minoranza se l’ assemblea approvasse le modifiche dello statuto promosse da Fininvest: la governance, del resto, è importante ma anche difficile da ridurre in cifre tangibili, un po’ come il valore di un marchio che dipende anche dall’ effetto scarsità. E Mediaset finora, nonostante le critiche di alcuni fondi attivisti come Amber, aveva lo statuto più “moderno” e rispettoso delle minoranze che c’ è in Piazza Affari per un’ azienda a controllo familiare. Ciò non toglie che l’ età e la permanenza media dei consiglieri del Biscione in cda, è di quelle che fanno pensare più a un club di tifosi, che a un organo eletto a suffragio universale. In questi giorni, peraltro, i proxy advisor ingaggiati da Fininvest stanno facendo proseliti per votare a favore delle modifiche statutarie. E sommando queste azioni con la quota dei Berlusconi (39,5%), con quella di Doris (che il 28 giugno in assemblea aveva il 2,87%) e con le altre azioni dei fondi Mediolanum (0,3%), di alcune fiduciarie e di altri amici, all’ assise del 15 dicembre si arriverà sopra il 50,1%. Cifra importante anche se lontana dal quorum dei due terzi necessario per le assemblee straordinarie, ma comunque in questo caso sufficiente a varare la riforma. L’ unica che potrebbe opporsi al nuovo statuto sarebbe infatti Vivendi, padrona del 28,8% ma con i diritti di voto limitati al 10%: i francesi però dopo il blitz con cui hanno rastrellato i titoli Mediaset e le denunce dei Berlusconi non possono votare nelle straordinarie per decisione dell’ AgCom. E quindi Bolloré non riuscirà a bloccare la novità. E gli azionisti di minoranza sono contrariati. Oggi lo statuto di Mediaset prevede che il cda possa essere composto da 5 a 21 membri. Fininvest chiede di votare la riforma e passare da 7 a 15 membri (contro i 17 del cda attuale), ma così facendo limita a 2 (nel caso di un cda fino a 11 membri) od a 3 (nel caso di un cda tra 12 e 15 membri) il numero di ammini-stratori riservati alle minoranze. In proposito gli advisor di Fininvest ricordano «che Mediaset è una delle poche società che prevede un puro sistema proporzionale senza un bonus di maggioranza» e quindi la riforma della governance «è coerente con il quanto adottato dalle altre aziende quotate a Milano». Tuttavia per Iss, questa è un argomentazione insufficiente a convincere i soci a fare un passo indietro in virtù di una maggiore stabilita del cda eletto con il nuovo sistema, che riserva alle minoranza solo 2-3 seggi. E forti critiche ci sono anche sull’ altro tema spinoso della riforma (e che forse interessa di più a Fininvest), quello che consentirà al management di presentare una propria lista. Solo 13 aziende di Piazza Affari prevedono questa opzione nello statuto, e sono tutte società ad azionariato diffuso come Prysmian, quindi senza un socio forte come Fininvest. «La proposta della lista del management – scrivono gli esperti di Iss – non è allineata con le pratiche di mercato; la maggior parte delle società che l’ ha introdotta è ad azionariato diffuso». Sempre secondo Iss «la lista del management rischia di ridurre il numero dei rappresentanti del board» appannaggio delle minoranze. Anche perché, dicono i più maliziosi, così facendo si blinda di fatto il cda Mediaset, dato che Fininvest e Doris potrebbero sempre votare una lista proposta dal management, senza insinuare dubbi (che invece secondo alcuni soci di minoraza ci sarebbero) nel caso in cui Doris votasse troppo spesso a favore della lista Fininvest, regalandogli di fatto la maggioranza dell’ assemblea. Se poi Doris, che è il terzo azionista del gruppo dopo Berlusconi e Bollorè, volesse presentare una sua lista di minoranza, non potrebbe perché sarebbe collegata a quella di Fininvest. Quando nel 2008, i Benetton, soci di Generali all’ 1%, proposero una loro lista per l’ elezione del collegio sindacale del gruppo di Trieste, la Consob la bocciò in quanto fu collegata a quella di Mediobanca (che allora aveva il 15% del Leone), di cui la famiglia veneta possedeva il 2,1%, e partecipava al sindacato di blocco. Va detto pero, che da un anno a questa parte, nessuna valutazione sul Biscione ha più senso. Infatti, per quanto gli analisti si affannino a registrare che la pubblicità cresce più del settore e che l’ azienda guidata da Pier Silvio Berlusconi ha fatto meglio sul fronte del taglio dei costi, rispetto al piano annunciato a gennaio, l’ unica cosa che gli investitori vogliono sapere è come e quando verrà sancita la pace con Vivendi. Che Mediaset dal punto di vista legale abbia ragione, è assodato. Tanto che Sergio Erede, che con il gruppo di Cologno non aveva mai lavorato, pare sia sceso in campo al fianco dei Berlusconi perché la possibilità di chiudere con perdite la trattativa coi francesi sarebbe stavolta inesistente. Ma il primo accordo quadro che lo scorso ottobre Erede ha mandato allo studio Clearly Gottlieb, che assiste Vivendi, è stato stracciato e si è tornati al punto di partenza. La strategia legale di Mediaset è quella di chiedere l’ esecuzione del contratto, ovvero obbligare Vivendi a prendersi Premium. I francesi invece provano ad ammansire il gruppo delle tv paventando futuri accordi con Telecom. Morale, la soluzione più praticabile pare quella di un maxi risarcimento per il mancato acquisto della pay tv, che potrebbe avere delle ricadute sull’ azionariato di Cologno, che si è fatto troppo affollato. Del resto anche Mediaset, che a fine giugno ha chiesto e ottenuto dall’ assemblea di aumentare il buy back fino al 10% del capitale, poi non ha dato seguito alla delibera per non assottigliare oltre il flottante. Detto questo, tutti restano convinti che si vada verso una prossima soluzione stragiudiziale. E lo spostamento a gennaio dell’ asta per i diritti tv del calcio pare fatto apposta per dare più tempo a Bolloré e Berlusconi di trovare un accordo. Con la pace Fininvest-Vivendi, la possibilità di una lista del management di Mediaset aprirebbe anche i giochi a una governance condivisa. Il maxi assegno dei francesi invece, darà a Premium più risorse per il calcio, un contenuto che potrebbe essere rivenduto anche agli utenti di Timvision. Tuttavia sul quantum del risarcimento che Mediaset riuscirà a incassare, gli analisti hanno varie stime: si va da un minimo di 350 milioni di Mediobanca a un massimo di 760 milioni di Equita, che poi corrispone al valore attribuito a Premium dal vecchio contratto del marzo 2016. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20% AZIONI È la quota di azioni Mediaset detenute da Vincent Bolloré che l’ AgCom ha imposto al finanziere francese di congelare Nella foto qui sopra, uno studio di TgCom24 il canale all news delle reti Mediaset.

Agcom: Martusciello, rafforzare competenze digitali, sostenere sviluppo tecnologico e riqualificare forza lavoro

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“È necessario un intervento educativo sull’uso del web che parta dai più giovani per
estendersi, poi, agli adulti. Essere cittadini, infatti, implica si un impegno da parte
dell’individuo ma richiede, a livello di communitas, un progetto formativo ed
educativo per la convivenza civile”. Ad affermarlo è il Commissario Agcom, Antonio
Martusciello, intervenuto oggi a Milano durante l’ultima tappa dell’iniziativa “Digitali
e Responsabili”, promossa da Google. Secondo Martusciello, se nel periodo postunitario
il compito di formare cittadini capaci di orientarsi nella società e in grado di
farla progredire era principalmente realizzato attraverso un’azione di contrasto
all’analfabetismo, oggi per la Post Generation – quella generazione che si racconta in
un post – l’impegno dei formatori è inevitabilmente volto ad arginare quei fenomeni
di illetteratismo digitale.
Del resto – ha sottolineato il Commissario – il digitale costituisce il “nastro
trasportatore” dell’innovazione del Paese, dei grandi cambiamenti sociali, economici
e comportamentali, di economia e diritto dell’informazione che lega la propria forza
alle competenze di ogni singolo cittadino. Per Martusciello è urgente quindi ripensare
a un sistema educativo in grado di formare le professionalità richieste e colmare il
basso livello di competenze digitali della popolazione italiana: solo il 44% degli italiani
infatti ha competenze digitali almeno di base, contro una media europea del 56%. “È
necessario – ha proseguito Martusciello – rafforzare queste competenze, ma anche
sostenere la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie per l’innovazione digitale, nonché
riqualificare la forza lavoro”.
Entro il 2030 – ha concluso il Commissario Agcom – metà dei posti di lavoro
riguarderà infatti attività oggi inesistenti e anche i lavori più tradizionali cambieranno.
Ecco che quindi, per sfruttare le nuove opportunità, è necessario tornare a quel ruolo
primario dell’istruzione chiamata oggi a formare cittadini consapevoli e sempre più
digitali. Senza questi (e senza un’adeguata formazione) è difficile immaginare una
comunità e, ancor più complesso è realizzare la sua crescita.

Privacy, no al social spam, per il marketing serve il consenso

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No al social spam. Se un indirizzo email è presente su un social network non significa che possa essere utilizzato liberamente per qualsiasi scopo. Per inviare proposte commerciali, ad esempio, è sempre necessario il consenso dei destinatari. Per questi motivi il Garante per la privacy ha vietato a una società l’ulteriore trattamento di indirizzi email senza consenso per attività di marketing [doc. web n. 7221917].

L’intervento del Garante ha preso l’avvio dalla segnalazione di una società di consulenza finanziaria che lamentava l’invio di numerose email promozionali indirizzate alle caselle di posta elettronica di alcuni suoi promotori senza che questi ne avessero autorizzato la ricezione.

Dagli accertamenti, svolti presso la società dall’Autorità in collaborazione con il  Nucleo Speciale Privacy della GdF, è emerso che la raccolta degli indirizzi di posta elettronica avveniva, oltre che con altre modalità, anche attraverso l’instaurazione di rapporti su Linkedin e Facebook o “pescando” contatti sui social. La società solo negli ultimi due anni ha inviato circa 100.000 email pubblicitarie.

Il Garante, anche sulla base delle Linee guida del 4 luglio 2013  che hanno disciplinato peraltro proprio il fenomeno del “social spam”, ha quindi ritenuto illecito il trattamento degli indirizzi di posta elettronica.

I dati reperiti sui social network e, più in generale, presenti on line, non possono essere utilizzati liberamente ha spiegato il Garante. Non ha infatti alcun fondamento normativo  la tesi sostenuta dalla società secondo la quale l’iscrizione a un social network implica un consenso all’utilizzo dei dati personali per l’attività di marketing. Tale finalità  non è compatibile con le funzioni dei social network che sono preordinate alla condivisione di informazioni e allo sviluppo di contatti professionali, e non alla commercializzazione di prodotti e servizi. Opinione sostenuta anche dalle Autorità per la privacy europee, le quali hanno espressamente escluso che l’iscrizione a un servizio presente sul web  comporti la legittimità del trattamento dei dati personali da parte di altri partecipanti alla medesima piattaforma ai fini dell’invio di informazioni commerciali.

Oltre alla contestazione amministativa già effettuata dal Nucleo Speciale per il trattamento senza il necessario consenso, l’Autorità si è riservata di contestare alla società anche la violazione dell’obbligo di rilascio dell’informativa. Alla società è stato  prescritto infine di modificare il modello di richiesta di consenso presente sul sito, in modo che risulti chiara la finalità di marketing.

Rassegna Stampa del 05/12/2017

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Indice Articoli

News, web e video: intesa Nuova Cina-AdnKronos

Marina fa la guerra ai giganti del Web

Bri, alleanza tra media europei

BRI-Via della Seta, alleanza media

Ius primae Netflix

PANORAMA

Walt Disney riapre le trattative per rilevare asset di Fox

Tim-Canal+ nel mirino Consob

Chessidice in viale dell’ Editoria

LA PACE SULLE TV PASSA DA TIM

Su Facebook il giornale che nasce

La (sana) dipendenza social degli editori

News, web e video: intesa Nuova Cina-AdnKronos

Il Tempo

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Notizie, video, contenuti multimedia li. Nuova Cina (Xinhua) e AdnKronos firmano un’ intesa di collaborazione per arricchire l’ offerta informativa e rinnovare ed intensificare i rapporti dei due gruppi editoriali. Scambio di news in tempo reale, che spaziano dalla moda al settore economico -finanziario, coperture per eventi in Italia e Cina. E ancora: interconnessione dei reciproci siti web, produzione congiunta di programmi video. Sono solo alcune delle novità introdotte dall’ intesa siglata a Wuzhen, in Cina, fra Cai Mingzhao, presidente di Nuova Cina, e Giuseppe Marra, editore e direttore di AdnKronos e presi dentedel Gruppo GMC. Al “World Internet Conference”, che ha visto frai suoi partecipanti il CEO di Apple Inc. Tim Cook e il “padre di Internet” Robert Elliot Kahn -, anche Jack Ma, CEO di Alibaba e fondatore del colosso cinese dell’ e -commerce. Il direttore di AdnKronos, cavalier Marra, ha scambiato opinioni e idee conTim Cook e con il fondatore di Alibaba sui temi toccati dal forum dedicato alla Rete -quest’ anno incentrato su economia digitale, tecnologia di frontiera, internet e società, governance per il cyberspazio, scambi e cooperazione -, e ha parlato di innovazione e stato di Internet in Italia, del mondo, del giornalismo italiano e del lavoro di AdnKronos sul web.

Marina fa la guerra ai giganti del Web

Il Tempo
GAETANO MINEO
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Gaetano Mineo La macchina delle fake news è inarrestabile. Il mondo intero, continua a prendere coscienza che proseguendo su questa strada saranno in pochi a condizionare la vita degli esseri umani. Nel mirino, Apple, Microsoft, Google, Amazon, Facebook, sempre pronti a sfornare tutto ciò che possa portare loro tornaconto. E non solo economico, nel pensare come una fake news possa condizionare anche la vita di un governo, quindi di un Paese. Per Marina Berlusconi, siamo vicini a una dittatura digita le. D’ altronde, è ben nota la guerra in corso da anni tra i colossi del web e gli editori internazionali. «Se oggi i Cinque Grandi del web sono le maggiori società mondiali per valore di Borsa è anche perché hanno potuto operare in un contesto del tutto privo di regole», ha detto la presidente di Fininvest. Il problema è più complesso di quanto si possa pensare. Oramai ha coinvolto anche l’ opinione pubblica. A più della metà degli utenti di internet italiani, come riportava alcuni giorni fa il Censis, è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete. Tradotto: per il 77,8% degli italiani, quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. I Grandi del web fatturano fiumi di miliardi, pagando gocce di tasse. D’ altronde, i Paese ospitanti i loro servizi non hanno adeguate normative per poter mettere rigidi paletti ai gruppi. Un dato tra tutti, l’ ha dato la stessa Marina Berlusconi. «L’ anno scorso Amazon ha versato al fisco italiano 2,5 milioni di euro e Facebook neppure 300 mila”, ha evidenziato la presidente di Fininvest, sottolineando che «ci sono i compor tamenti “disinvolti” delle multinazionali del web, sanzionati da multe miliardarie, ci sono le decine di cause – in Italia Mediaset ha fatto da apripista sull’ utilizzo di contenuti e copyright». Il problema è internazionale, come detto. Apple e il governo dell’ Irlanda – per dirne una – hanno trovato un accordo sulle tasse non pagate per ben 13 miliardi di euro. In pratica, questa montagna di soldi verrà trasferita in un conto di garanzia, in attesa della sentenza della Corte Europea, alla quale hanno fatto ricorso Apple e l’ Irlanda contro la decisione della Commissione europea. E qui emerge il problema dei problemi. L’ incapacità dell’ Europa di produrre serie norme (fiscali e amministrative) affinché questi gruppi non continuino a eludere le norme che le imprese europee sono obbligate a rispettare. La macchina delle fake news arriva anche in Australia. L’ autorità di vigilanza e controllo su consumatori e concorrenza (Accc) di Canberra, infatti, ha annunciato che avvierà un’ inchiesta per capire se e in che modo social network e motori di ricerca web stiano influenzando il giornalismo e il settore pubblicitario nel Paese, con eventuali ripercussioni negative per mercato e consumatori. Non solo. La valutazione, riguarderà anche le loro ripercussioni sulla scelta e sulla qualità delle notizie e dei contenuti prodotti dai giornalisti australiani. Inutile ricordare la guerra ancora in corso tra il presidente degli Usa, Donald Trump, e i grandi gruppi social accusati, tra l’ altro, di avere condizionato la sua campagna elettorale. Anche gli editori statunitensi sono preoccupati, definendo le normative antitrust nel caso dei media edel giornalismo come «antiquate» e con troproducenti. Per rimanere negli States, un recente caso di fake news, ha scatenato un putiferio che ha anche investito l’ Italia. Due influenti testate americane hanno parlato di una presunta centrale italiana di fake news che potrebbe, addirittura, falsare le prossime elezioni. Prima a pubblicare è BuzzFeed. Pure l’ autorevole New York Times riprende la notizia. Va da sé che gli articoli vengono ripresi anche dalla stampa italiana, con questo si mile ragionamento: «Se lo dicono gli americani, deve essere vero». Il Pd, a questo punto, prende la palla al balzo: «La centrale delle fake news», dicono, sarebbe al servizio di Lega e M5S, in funzione anti -dem. Un caos. Ed è proprio così che ci si inabissa nel mondo delle fake news. In sostanza, dire che questi grandi gruppi controllano il mondo dell’ informazione non è esagerato. I dati sono impressionanti: sotto la lente di Google passa il 90% dei motori di ricerca, su quelle di Facebook il 66% del traffico social. Nessun altro al mondo possiede queste fonti di notizie. Il problema è soprattutto sociale, quindi molto pericoloso. E così le istituzioni di Stoccolma, hanno fatto questo ragionamento: insegniamo cosa sono le fake news a chi può imparare e fare la differenza: i bambini delle elementari. E, a quanto pare, anche in Italia si segnalano timide iniziative in.

Bri, alleanza tra media europei

MF

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La Belt and Road Economic and Financial Information Partnership, piattaforma informativa economico-finanziaria diretta a promuovere gli scambi economici e culturali tra Cina e Paesi interessati dalla Belt and Road Initiative (Bri, la Via della Seta), è stata inaugurata il 1° dicembre a Francoforte. La cerimonia inaugurale è stata ospitata dal Xinhua Silk Road Information Service, sotto la guida del China Economic Information Service (Ceis) e dell’ ufficio regionale europeo di Xinhua News Agency. Per l’ Italia, a firmare il memorandum d’ intesa con il Ceis è stato Paolo Panerai in rappresentanza di Class Editori, che ha l’ esclusiva per l’ Italia, inclusi i flussi informativi e le banche dati costituite per fornire tutte le informazioni chiave e un costante aggiornamento sui progetti e le opere relative alla Bri, iniziativa promossa dal presidente della Cina, Xi Jinping, e che prevede opere infrastrutturali per 5 mila miliardi di dollari. Significativo è quindi l’ impatto economico per le aziende italiane che vogliono cogliere le opportunità offerte dalla più importante operazione di sviluppo concepita da 60 Paesi che rappresentano il 55% della popolazione mondiale e oltre il 40% del pil. Assieme a Class, faranno parte della piattaforma colossi media come Deutsche Presse-Agentur e istituzioni come l’ Università di Cambridge, oltre ad altri 17 media economici e finanziari e centri di ricerca e think tank provenienti da nove Paesi europei. Xinhua News Agency, il primo gruppo multimediale cinese controllato dallo Stato (che comprende oltre all’ agenzia Nuova Cina numerosi quotidiani, periodici e la tv in lingua inglese Cnc), ha definito la partnership come una piattaforma innovativa e una soluzione win-win per rafforzare il grado di connessione tra media e think tank legati alla Bri, confermando il suo diretto impegno per approfondire ulteriormente la cooperazione in tutti i campi, compreso quello della pubblicità e della consulenza sugli investimenti e il business credit. Quindi un formidabile strumento di sviluppo per le pmi e i grandi gruppi italiani.

BRI-Via della Seta, alleanza media

Italia Oggi

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La Belt and Road Economic and Financial Information Partnership, piattaforma informativa economico-finanziaria diretta a promuovere gli scambi economici e culturali tra la Cina e i paesi interessati dalla Belt and Road Initiative (BRI, la Via della Seta), è stata inaugurata il 1° dicembre a Francoforte. La cerimonia inaugurale è stata ospitata dal Xinhua Silk Road Information Service, sotto la guida del China Economic Information Service (Ceis) e dell’ ufficio regionale europeo di Xinhua News Agency. Per l’ Italia a firmare il memorandum d’ intesa con il Ceis è stato Paolo Panerai in rappresentanza di Class Editori, che ha l’ esclusiva per l’ Italia, inclusi i flussi informativi e le banche dati costituite per fornire tutte le informazioni chiave e un costante aggiornamento sui progetti e le opere relative alla BRI, iniziativa promossa dal presidente della Cina, Xi Jinping, e che prevede opere infrastrutturali per 5 mila miliardi di dollari. Significativo è quindi l’ impatto economico per le aziende italiane che vogliono cogliere le opportunità offerte dalla più importante operazione di sviluppo concepita da 60 paesi che rappresentano il 55% della popolazione mondiale e oltre il 40% del pil. Assieme a Class Editori faranno parte della piattaforma colossi media come Deutsche Presse-Agentur e istituzioni come l’ Università di Cambridge, oltre ad altri 17 media economici e finanziari e centri di ricerca e think tank provenienti da nove paesi europei. Xinhua News Agency, il primo gruppo multimediale cinese controllato dallo Stato (che comprende oltre all’ agenzia Nuova Cina numerosi quotidiani, periodici e la tv in lingua inglese Cnc), ha definito la partnership come una piattaforma innovativa e una soluzione win-win per rafforzare il grado di connessione tra media e think tank legati alla BRI, confermando il suo diretto impegno per approfondire ulteriormente la cooperazione in tutti i campi, compreso quello della pubblicità e della consulenza sugli investimenti e il business credit. Quindi un formidabile strumento di sviluppo per le pmi e i grandi gruppi italiani.

Ius primae Netflix

Il Foglio

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Gli operatori tradizionali si trovano, e da tempo, spiazzati dalle iniziative dei protagonisti del consumo digitale. Negli Stati Uniti la più grande catena di distribuzione di farmaci, la Cvs Healt, ha annunciato l’ intenzione di acquistare Aetna, terza compagnia di assicurazione sanitaria americana, per 69 miliardi di dollari. Il matrimonio è una mossa per contrastare l’ arrembaggio di Amazon all’ industria farmaceutica dopo aver ottenuto licenze per la vendita all’ ingrosso di farmaci in alcuni stati americani. Nel settore dell’ intratte nimento, dopo un mese di stallo, la 21st Century Fox di Rupert Murdoch ha ripreso le trattative con Disney per cedere studi televisivi, canali via cavo, e parte del business internazionale come una quota di Sky in Europa. La combinazione Fox -Disney deriva dalla volontà di raggiungere un’ of ferta di contenuti in grado di competere con società come Amazon e Netflix che hanno costruito popolari piattaforme globali per servizi di trasmissione in streaming. Se in America la risposta alle trasformazioni dei big digitali in vari settori è in chiave concorrenziale, in Italia invece è assistenziale per sostenere l’ industria cinematografica nazionale, o parte di essa. In una recente intervista il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha proposto di “obbligare” un operatore privato come Netflix a dare più visibilità alle produzioni italiane e “costringere anche tutte le piattaforme online a valorizzare prodotti italiani, su home page, menu, banner”. Bisogna pensare che così Netflix dovrà obbedire alla Cinecittà “sovrana”, a prescindere dalle preferenze dei suoi utenti? Una prerogativa che ricorda l’ obbligo per la sposa novella di un servo di giacere col signore feudale la prima notte di nozze.

PANORAMA

Il Sole 24 Ore

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malta Omicidio Galizia: dieci arresti Dieci persone sono state arrestate ieri dalla polizia di Malta per l’ omicidio di Daphne Caruana Galizia. La giornalista, 53 anni, nota per le inchieste sulla corruzione di politici e uomini d’ affari, rimase uccisa il 16 ottobre scorso quando la sua auto fu fatta saltare in aria. A dare notizia degli arresti è stato il premier maltese, Joseph Muscat. «La polizia – ha spiegato – ha adesso 48 ore per interrogare i sospetti e decidere se procedere legalmente contro di loro». Il premier ha poi sottolineato di essere «impegnato più che mai» a risolvere questo caso. Galizia stava seguendo tra l’ altro i Panama Papers e aveva accusato esponenti del governo di corruzione e riciclaggio. I sospetti arrestati ieri sono tutti di nazionalità maltese, alcuni erano già noti alle forze dell’ ordine, altri avevano precedenti penali e sarebbero esponenti di spicco della criminalità locale. Editoria Intesa tra Xinhua e Adnkronos Le agenzie di stampa Nuova Cina (Xinhua) e AdnKronos hanno firmato un’ intesa di collaborazione per arricchire l’ offerta informativa. L’ accordo prevede lo scambio di notizie in tempo reale e l’ interconnessione dei due siti web con la produzione congiunta di programmi video.

Walt Disney riapre le trattative per rilevare asset di Fox

Il Sole 24 Ore

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Manovre in corso nel mondo dei media e dell’ intrattenimento statunitense. Walt Disney Co ha riaperto le trattative per rilevare una parte significativa degli asset della 21st Century Fox Inc. Lo rivelano a Bloomberg persone vicine alla trattativa. Le discussioni sembra riguardino la 20th Century Fox film studio e la quota di Fox nel provider satellitare Sky Plc. Non sono invece oggetto di trattative Fox News né Fox Sports 1 channel. La volontà di Walt Disney è di decidere se procedere con l’ operazione entro la fine dell’ anno. La famiglia Murdoch, cioè Rupert di 86 anni e i figli James e Lachlan, dal canto suo sta pensando di vendere dato che il mercato valuta il gruppo meno di alcuni concorrenti a crescita più lenta. Un eventuale accordo ridisegnerebbe il panorama dell’ intrattenimento, portando nelle mani del gruppo Walt Disney canali come FX e i diritti di personaggi come X-Men. James Murdoch, amministratore delegato di 21st Century Fox si trova in questo periodo a fronteggiare varie sfide, a partire da alcuni scandali di natura sessuale che hanno riguardato esponenti del gruppo.

Tim-Canal+ nel mirino Consob

Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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Telecom stringe sull’ accordo per acquistare i contenuti di Mediaset, che porterà oggi in consiglio, mentre la joint con Canal Plus torna nel mirino dei sindaci che hanno chiesto di ridiscuterne la «costituzione» secondo la procedura idonea alle operazioni con parti correlate di maggior rilevanza. Questione, quest’ ultima, che risulta essere all’ attenzione della Consob. Si prospetta dunque un consiglio denso e complicato quello che si riunirà oggi a partire da mezzogiorno per tracciare le linee guida delle strategie aziendali . La joint Tim-Canal Plus è tornata a dividere gli organi sociali di Telecom. Il collegio sindacale ha infatti chiesto l’ integrazione all’ ordine del giorno per ridiscutere l’ operazione di «costituzione» della società che fa capo per il 60% a Tim e per il 40% alla pay-tv di Vivendi. Secondo i sindaci, l’ operazione deve essere qualificata come “operazione con parti correlate” di maggiore rilevanza, mentre invece la joint era stata derubricata a “minor rilevanza”. La differenza non è di poco conto, perchè nel primo caso tutti i consiglieri indipendenti – cinque sono stati tratti dalla lista Vivendi, cinque da quella di Assogestioni – dovrebbero votare a favore e i precedenti non vanno in questa direzione. Nella riunione del 20 ottobre infatti – assente solo il lead independent director Franco Bernabè – la delibera era passata a maggioranza, essendo mancati i sì di Lucia Calvosa e Francesca Cornelli in coerenza con le posizioni espresse nel comitato controllo e rischi di cui entrambe (in quota fondi) fanno parte e di cui la prima è anche presidente. Ora, è evidente che Vivendi non ha nessuna intenzione di mandare tutto all’ aria proprio quando la joint ha iniziato a muovere i primi passi. Tant’ è che oggi il management porterà in consiglio il term-sheet per l’ acquisto di contenuti da Mediaset che dovrebbe chiudere il focolaio di contenzioso per il mancato rispetto dei minimi garantiti sul contratto in essere, già messo in mora dai legali del Biscione. Nella fattispecie si tratta questa volta di canali free e Premium, film e sport, che vuole dire anche Champions league e serie A almeno per un anno (si veda «Il Sole-24Ore» del 22 novembre che anticipava l’ avvio dei contatti). Una tipologia di contratto che l’ ad Amos Genish vuole replicare anche con gli altri fornitori di contenuti su piazza, vale a dire Sky e Rai. Con Sky tra l’ altro è aperto un contenzioso per il contratto che prevedeva minimi garantiti molto alti a favore della pay-tv del gruppo Murdoch, che non sono stati rispettati: un segnale che la causa non stia andando nella direzione sperata da Tim è l’ adeguamento di 100 milioni del fondo rischi, relativo alla questione, nell’ ultima trimestrale. Il tentativo perciò, per quanto riguarda la joint con Canal Plus, sarà quello di trovare una ricomposizione modificando le condizioni del contratto di fornitura con i francesi, dimezzandone la durata da sei a tre anni. Rimane aperta, infine, l’ ambiguità sullo scorporo della rete. Oggi sarà portata una relazione sulle esperienze all’ estero e sul modello adottato da Telecom, ma sarebbero già state allertate due banche d’ affari per approfondire il tema, per ora senza mandato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Michele Arnese lascia Formiche.net. Michele Arnese ha annunciato sul web: «Non sono più direttore responsabile di Formiche.net. Mi prendo un po’ di ferie e mi assento dai social per ricaricare le batterie. Salutoni a tutti». Grandissimo stile e aplomb nel congedo di un grande e giovane direttore amico di ItaliaOggi. Agcom, al via il tavolo sulla disinformazione online. Una sede istituzionale di confronto per favorire forme di autoregolamentazione delle piattaforme digitali e lo scambio di buone prassi per l’ individuazione e il contrasto dei fenomeni di disinformazione online nonché a misurarne e valutarne gli effetti. È l’ obiettivo del tavolo tecnico promosso dall’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la cui riunione di insediamento si è tenuta ieri presso la sede di Roma dell’ Agcom. All’ incontro erano presenti Google, Facebook e Wikipedia e rappresentanti dei principali gruppi editoriali di stampa e radiotelevisivi e delle rispettive associazioni di categoria. Il tavolo avvierà la prima fase operativa nel periodo che precede l’ avvio della campagna elettorale per le elezioni politiche. Apprezzamento per l’ iniziativa da parte della Fieg. «L’ informazione di qualità, basata sull’ attività professionale dei giornalisti e degli editori, costituisce il primo argine contro la falsa informazione», ha commentato la Federazione degli editori. «La raccolta, la verifica, la contestualizzazione e la diffusione delle notizie secondo le regole del giornalismo, con standard qualitativi elevati e certificati, rappresentano armi formidabili contro bufale e fake news». Afp e LaPresse, accordo di partnership pluriennale. Con l’ anno nuovo LaPresse di Marco Durante potrà distribuire su tutto il territorio italiano gran parte dei contenuti dell’ Agence France-Presse. Tra questi, diversi notiziari tradotti in italiano, tra cui quello focalizzato sull’ informazione economico-finanziaria e uno dedicato alla copertura dell’ attualità dell’ Unione europea. LaPresse distribuirà inoltre, su diversi mercati, la produzione fotografica Afp d’ attualità e d’ archivio, così come i video editati in lingua italiana scegliendo dalla fornitura quotidiana in continua crescita di Afptv, con particolare attenzione all’ Europa, al Mediterraneo, all’ Africa del Nord e al Medio oriente. LaPresse infine potrà ridistribuire il servizio di video Live streaming di Afptv a copertura globale. Nel contempo, LaPresse potrà fornire il proprio supporto per la copertura multimedia di quanto accade in Italia. Zenith: il ritorno sugli investimenti nel digitale cresce allo stesso ritmo della spesa sul mezzo. Una nuova ricerca realizzata da Zenith dimostra che l’ efficacia della pubblicità su internet ha ormai raggiunto la spesa sul mezzo. Nel 2016 la pubblicità su internet è arrivata a rappresentare il 34% dei budget pubblicitari globali, producendo il 35% di brand experience. Secondo Zenith la quota della spesa pubblicitaria su Internet continuerà a crescere, raggiungendo il 40% nel 2018 e il 44% nel 2020. Il valore crescerà dai 203 miliardi di dollari nel 2017 ai 225 miliardi di dollari nel 2020. In Italia nel 2017 la spesa pubblicitaria su internet vale il 28,9% del mercato, al di sotto della media globale, ma Zenith prevede che il prossimo anno il mercato italiano crescerà del 5,8%, a fronte di una crescita globale dell’ 1,1%. Internet sta guidando la stragrande maggioranza della crescita globale della pubblicità: rappresenterà infatti il 94% della crescita della spesa pubblicitaria tra il 2017 e il 2020. Gran parte di questa crescita è dovuta solo a cinque grandi piattaforme: Google, Facebook, e le piattaforme cinesi Baidu, Alibaba e Tencent. Nel dettaglio Baidu, Alibaba e Tencent hanno contribuito al 54% della crescita della spesa pubblicitaria su internet in Cina, mentre Google e Facebook hanno contribuito con il 96% nel resto del mondo. Nel 2016 Google e Facebook hanno inoltre rappresentato il 76% della spesa pubblicitaria su internet fuori dalla Cina. Il Sole 24 Ore ridisegna la sua organizzazione. Massimo Colombo, direttore generale commerciale del Gruppo 24 Ore, ha ridisegnato insieme all’ a.d. Franco Moscetti l’ organizzazione dell’ azienda. In particolare le tre direzioni che presiedono le attività di quotidiano (Michele Filippini), radio (Fausto Amorese), digital (Luca Paglicci) sono state ripensate nella logica di accorciare la filiera tra editore e concessionaria, per cui il responsabile del business editoriale è responsabile anche sotto il profilo pubblicitario. Accanto alle tre direzioni editoriali nasce la Direzione Business & Media Development, affidata a Pierfrancesco Caria, con il compito da un lato di sviluppare nuovi business dall’ altro, di presiedere alla gestione e allo sviluppo del customer care, del «business data management», delle ricerche e analisi di mercato, della comunicazione di prodotto e degli eventi speciali. Sul fronte delle reti di vendita, la concessionaria System24, gestita in prima persona da Massimo Colombo, vede l’ ingresso del nuovo direttore vendite Italia Vittorio de Majo e del nuovo responsabile operations Alessandro Lo Campo. A questi si aggiungerà un nuovo responsabile Centri Media. Accanto a System24 è stata rafforzata la Direzione aziende, sotto la guida di Romeo Gnoni. La7, Giletti al 5,93%. Non è l’ arena di Massimo Giletti domenica ha conquistato il 5,93% di share, 1.248.415 telespettatori medi e 7.067.696 contatti. Il programma ha ottenuto picchi del 6,98% con 1.877.937 spettatori. La7 con il 5,95% di share in prime time (20.30-22.30) è stata la quinta rete, superando Rai3 e Retequattro ferme rispettivamente al 3,53 e al 3,10%. Usa: Facebook, lancia una versione di Messenger per bambini. Facebook lancia negli Usa una versione per bambini di Messenger. L’ obiettivo è favorire lo scambio di messaggini e di video chat tra gli under 12, sotto il controllo dei genitori. Messenger Kids verrà installato in prova sui cellulari dotati di Apple iOS negli Usa, come app di messaggini e di videochat. La canzone di Natale di Radio Deejay. È stata presentata ieri a Deejay Chiama Italia da Linus e Nicola Savino Happy Christmas John, la nuova canzone di Natale di Radio Deejay scritta da Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti e cantata assieme ai Deejay All Stars, le voci che animano l’ emittente. Il brano è disponibile su tutte le piattaforme streaming e di download italiane e i proventi degli acquisti digitali e i download saranno interamente devoluti ai progetti di Dynamo Camp, la struttura italiana di terapia ricreativa pensata per ospitare minori le cui vite sono compromesse dalla malattia.

LA PACE SULLE TV PASSA DA TIM

La Repubblica
Sara Bennewitz
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La pace tra Vivendi e Mediaset inizia da oggi se, come pare, il cda di Telecom Italia darà mandato al management di studiare l’ acquisto di un importante pacchetto di contenuti di Cologno, compreso quello che resta della stagione primaverile della Champions League e della Serie A. Certo, poi Telecom negozierà l’ acquisto di contenuti anche con Sky e la Rai, ma la torta non sarà uguale per tutti. Finora il gruppo, di cui Vivendi ha il 23,9%, aveva un accordo per vendere gli abbonamenti di Premium, che sarà trasformato nella possibilità di vendere tramite Timvision – jv con la francese Canal+ al 40%- i contenuti della pay tv di Cologno. La cifra è tutta da stabilire ma sarà rotonda, e probabilmente l’ accordo definito tra i vertici di Telecom e quelli di Mediaset sarà firmato solo quando tra il gruppo che fa capo alla famiglia Berlusconi e quello presieduto da Vincent Bolloré, avranno definito i contorni della pace. L’ udienza di fronte al tribunale di Milano è fissata al 19 dicembre, prima di allora è probabile che Vivendi trovi un accordo con Mediaset per il mancato acquisto di Premium, accordo che dovrebbe comportare una componente in denaro e forse anche in azioni di Cologno per diluire Vivendi dall’ attuale 29%.

Su Facebook il giornale che nasce

La Stampa
ANNA MASERA
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C h i consulta La Stampa su Facebook dalla scorsa estate tutti i giorni trova l’ appuntamento: «Il giornale che nasce», un’ idea nata a fine estate durante una riunione con il direttore per essere più vicini ai lettori sui social media. «Volevamo sperimentare una comunicazione nuova, genuina e diretta capace di far entrare i lettori ogni giorno in redazione, coinvolgendoli nella “cucina” del giornale. Così è nata l’ idea di raccontare il primo timone, quello che si chiude dopo la riunione del mattino e destinato a cambiare più e più volte durante la giornata» racconta Nadia Ferrigo. Come raccontare il giornale che nasce senza limitarsi a ripetere il notiziario del mattino, ma nemmeno «bruciando» le notizie? La ricerca del giusto equilibrio è stata affidata ai protagonisti della diretta video, i caporedattori centrali Flavio Corazza e Gianni Armand Pilon, che anticipano i servizi, sapendo quanto e che cosa si può rivelare, e riassumono in modo semplice le questioni di più stretta attualità, spiegando su quale aspetto il giornale ha deciso di lavorare. Inoltre la diretta video dal vivo è uno spazio aperto alle domande sul lavoro dei giornalisti che arrivano su Facebook, come la scelta di pubblicare o meno una foto o un video sul web oppure il racconto di che succede quando c’ è la partita dell’ Italia e la redazione del giornale si prepara non per un giornale, ma per due. Ecco un esempio recente. Un lettore ha commentato la diretta di giovedì scorso su Facebook rivolgendo a La Stampa la seguente domanda: «Grazie è un momento importante dove si cucina e si fabbrica un giornale che sarà un mezzo di comunicazione, ma come si concilia l’ indipendenza della testata con la politica di un editore?». Il giornalista di turno a moderare Facebook quel giorno ha avvertito il caporedattore centrale chiedendogli di rispondere e lo ha fatto in tempo reale: «L’ indipendenza del giornale è garantita dal direttore, dal corpo redazionale e dal giornale che comprate in edicola. L’ editore nomina il direttore che è responsabile della linea politico-editoriale del giornale». Questo dialogo aperto con il pubblico si sta rendendo sempre più necessario nell’ era dell’ informazione digitale in cui le persone possono essere sempre connesse, e la cultura giornalistica italiana si sta adeguando. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

La (sana) dipendenza social degli editori

La Repubblica
RAFFAELLA DE SANTIS
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Blog, scuole, community, alla vigilia di ” Più libri più liberi” i marchi indipendenti inseguono nuove strategie. E puntano sul fattore umano Dobbiamo arrenderci o credere che il libro possa tornare al centro della conversazione?». Eugenia Dubini, publisher delle edizioni NN, è l’ appassionata sostenitrice di un marketing empatico, che scende dalla torre d’ avorio. «Al centro mettiamo la comunità dei lettori, reale e virtuale. Dalla nostra nascita, due anni e mezzo fa, siamo arrivati a contare su Facebook tredicimila amici», dice. Ci vogliono passione e rispetto: «Una volta abbiamo anticipato su consiglio dei librai l’ uscita del [/CAPL52-N] Canto della pianura di Kent Haruf». Da qui si può ripartire. Da un sapere artigiano: meno algoritmi e più umanità. Non è un caso che Haruf, Annie Ernaux (L’ Orma), William Finnegan (66thand2nd) o Jan Brokken (Iperborea) siano stati lanciati in Italia da editori indipendenti. Editori che rappresentano il 35% del fatturato globale del mercato librario. L’ officina dei piccoli editori, che da domani a domenica animeranno la Nuvola dell’ Eur, a Roma, lavora a ciclo continuo. C’ è chi legge e compila schede di valutazione, chi sale su un treno e percorre l’ Italia per far conoscere il proprio lavoro, chi si dedica ai social. Ogni editore ha un account Facebook, Twitter o Instagram che gli dà visibilità online. «Il fatto che la pagina Facebook Billy il vizio di leggere abbia parlato di Annie Ernaux ha fatto lievitare le vendite», spiega Lorenzo Flabbi, critico letterario diventato editore dell’ Orma, la casa editrice che ha inventato I pacchetti, libri da chiudere, affrancare e spedire. «Postare uno scatolone aperto con le prime copie di un libro è una pubblicità spontanea», ammette Martina Testa, editor della squadra Sur, ora in libreria con uno dei romanzi più belli della stagione La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead, vincitore del Pulitzer, del quale Testa è la traduttrice. Sì, perché i ruoli nelle sedi dei piccoli editori sono elastici. Così può accadere che uno scrittore curi l’ ufficio stampa, come fa Vins Gallico per L’ orma, o che un ex libraio, Alessandro Bandiera, diventi il responsabile commerciale di Sur. O che un traduttore, Fabio Cremonesi, vada in giro a presentare Haruf nei Gruppi di lettura. Alcuni editori, tra i più intraprendenti, hanno creato festival. Iperborea organizza a Milano I boreali, un’ immersione nella cultura nordica. La casa editrice milanese ha lanciato bestselleristi come il finlandese Arto Paasilinna, lo svedese Björn Larsson o l’ olandese Jan Brokken, il cui ultimo libro è il bellissimo Bagliori a San Pietroburgo. Sui social Iperborea ha più di 100 mila follower: «Cerchiamo l’ interazione diretta con i lettori», dice l’ editore Pietro Biancardi. Ma l’ impegno è anche offline: «Organizziamo seminari all’ università e corsi di lingue nordiche». Quest’ anno sono finiti tre volte in classifica: con Brokken, con l’ Atlante leggendario delle strade d’ Islanda e con Il libro del mare del norvegese Morten A. Stroksnes. «Ci abbiamo creduto mandando copie ai librai, insistendo anche quando sembravano freddi». I più corteggiati sono i gruppi di lettura. In Italia ce ne sono più di mille, molti nei paesini più sperduti. Per un piccolo editore sono vitali, tanto che le edizioni NN hanno pensato un catalogo “scomposto” per temi da far circolare tra loro. «Costituiscono un osservatorio di comportamenti di lettura, ma non bisogna strumentalizzarli usandoli come anello della catena promozionale», fa notare Luca Ferrieri, bibliotecario a Cologno Monzese, autore di saggi, tra cui il recente Fra l’ ultimo libro letto e il primo nuovo da aprire (Olschki). È d’ accordo Dubini:«Cerchiamo di fornire ai gruppi informazioni sui nostri libri rispettandone però le libere scelte». Infine, ultimo importante anello della catena: i librai indipendenti. Gran parte del successo che sta avendo La ferrovia sotterranea di Whitehead si deve a loro: diecimila copie vendute da fine settembre. Un libraio di Catania ha copiato con il pennarello le prime righe del libro sulla vetrina del negozio. Un altro, a Milano, ha organizzato un reading lungo i binari, postando poi il video su Facebook. «Noi librai indipendenti sosteniamo molto i piccoli editori», racconta Fabio Masi, appassionato gestore di tre librerie a Genova, Camogli e Ventotene. Fabio ha un eccezionale rapporto di fiducia con i lettori: «Se un libro che ho consigliato non è piaciuto, lo prendo indietro e ne suggerisco un altro». L’ altra trovata targata NN sono i libri con colonna sonora, i songbook. «Abbiamo chiesto ai lettori di inviarci i brani evocati dalla Trilogia della pianura di Haruf», racconta Dubini. Una scarna nostalgia western che potete ascoltare online su Spotify. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Agcom, al via il tavolo sulla disinformazione online

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Una sede istituzionale di confronto per favorire forme di autoregolamentazione delle piattaforme digitali e lo scambio di buone prassi per l’ individuazione e il contrasto dei fenomeni di disinformazione online nonché a misurarne e valutarne gli effetti. È l’ obiettivo del tavolo tecnico promosso dall’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la cui riunione di insediamento si è tenuta ieri presso la sede di Roma dell’ Agcom. All’incontro erano presenti Google, Facebook e Wikipedia e rappresentanti dei principali gruppi editoriali di stampa e radiotelevisivi e delle rispettive associazioni di categoria. Il tavolo avvierà la prima fase operativa nel periodo che precede l’ avvio della campagna elettorale per le elezioni politiche. Apprezzamento per l’ iniziativa da parte della Fieg. «L’ informazione di qualità, basata sull’attività professionale dei giornalisti e degli editori, costituisce il primo argine contro la falsa informazione», ha commentato la Federazione degli editori. «La raccolta, la verifica, la contestualizzazione e la diffusione delle notizie secondo le regole del giornalismo, con standard qualitativi elevati e certificati, rappresentano armi formidabili contro bufale e fake news».(ansa)


Rassegna Stampa del 06/12/2017

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Indice Articoli

Legge editoria scatta il pressing «Più attenzione ai lavoratori»

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Ora Timvision pregusta il grande calcio

Tim «prenota» a Mediaset contenuti per 400 milioni

Fox, vicina vendita di asset a Disney

La rivincita di La7

Chessidice in viale dell’ Editoria

Mainetti, una strana idea della libertà di stampa

Il costosissimo albero di Sky e i licenziati

Tim stringe sui diritti con Mediaset È bufera su Canal Plus

Tim, sì all’ intesa con Mediaset Avanti sulla rete

L’ ultimo affondo di Disney più vicino l’ acquisto di Fox

Tim accelera sull’ accordo con Mediaset In Cda le linee di piano e il dossier sulla rete

Il magistrati spengono la tv: «Gomorra fiction pericolosa»

LIBRI, IL LAVORO DALLE IDEE

La Nave di Teseo a caccia di 20 mln

Legge editoria scatta il pressing «Più attenzione ai lavoratori»

Il Mattino

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In commissione Affari generali del consiglio regionale la legge di sistema dell’ editoria locale. Il testo disciplina gli uffici stampa della giunta e del consiglio regionale attraverso l’ applicazione della legge 150 e di sostenere le televisioni e la carta stampata (più le prime che la seconda) ma tiene del tutto fuori il mondo dell’ informazione on line. Mancano anche precisi riferimenti che favoriscano l’ occupazione di giornalisti e la stabilizzazione dei precari. Ieri in commissione c’ è stata l’ audizione dell’ Ordine e del Sindacato dei giornalisti. «È un giorno importante perché si avvia a conclusione l’ iter per l’ approvazione di una legge regionale, che stiamo attendendo da ben 17 anni, per l’ attuazione della legge 150», ha detto il presidente dell’ Ordine Ottavio Lucarelli. Più critico il sindacato: «Positiva la legge sull’ editoria, tuttavia è necessario integrare il testo con alcune modifiche perché la legge possa incidere davvero sui giornalisti che lavorano presso gli uffici stampa regionali, prevedendo l’ applicazione del contratto nazionale e di meccanismi di controllo. Per quanto riguarda i fondi, il testo individua come beneficiari esclusivamente le tv private. È necessario l’ accesso ai fondi anche alla carta stampata, alle testate online e ai lavoratori autonomi», ha spiegato il segretario del Sugc Claudio Silvestri. La commissione è stata convocata per domani. «L’ obiettivo è approvare in tempi rapidi la legge», ha chiarito il presidente Alfonso Piscitelli. Critici Forza Italia e grillini, più cauti Verdi e Pd. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Legge sull’ editoria, confronto in commissione

Il Roma

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NAPOLI. Si è tenuta in Commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale della Campania l’ audizione dei rappresentanti di Ordine dei Giornalisti, Corecom e Sindacato unitario giornalisti della Campania sul tema del disegno di legge “Norme in materia di informazione e comunicazione istituzionale e di sostegno all’ editoria locale”. Il presidente della commissione Alfonso Piscitelli, al termine dell’ audizione, ha spiegato di essere «ancora più convinto dell’ importanza del disegno di legge a iniziativa del presidente De Luca in materia di informazione e comunicazione istituzionale e di sostegno all’ editoria locale e della necessità di approvarlo al più presto». Il ddl, ha aggiunto Piscicelli, «è molto atteso dal mondo giornalistico e delle imprese operanti nel settore dell’ informazione locale e rappresenta, come definito da alcuni addetti ai lavori, una vera “rivoluzione” colma un grave gap regionale in quanto, dopo 17 anni, dà attuazione in Regione Campania all’ importan te legge 150/2000». Dal canto proprio, il presidente dell’ Ordine dei giornalisti, Ottavio Lucarelli, ha spiegato che «si avvia a conclusione l’ iter per l’ approvazione di una legge regionale, che stiamo attendendo da ben 17 anni, per l’ attuazione in Campania della legge 150/2000, che disciplina le attività di informazione e comunicazione nelle Pubbliche amministrazioni, e dalla quale ci aspettiamo un positivo effetto a cascata, e che prevede un fondo regionale destinato a sostenere le imprese operanti nel mondo dell’ informazione locale e, quindi, la professione giornalistica, un settore che è alle prese con una grave crisi della quale sono i giornalisti a pagare il prezzo più alto in termini di precarietà e di mancata applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico». Dal canto proprio, il segretario del Sugc, Claudio Silvestri, è stato chiaro: «Accogliamo positivamente l’ intenzione di approvare una legge sulla comunicazione istituzionale della Regione Campania e sull’ editoria, tuttavia è necessario integrare il testo con alcune modifiche perché la legge possa incidere davvero sui giornalisti che lavorano presso gli Uffici Stampa regionali». E il presidente del Corecom, Mimmo Falco, ha sottolineato che «questo disegno di legge è una vera e propria svolta per il mondo dell’ informazione locale che consente alla Campania di recuperare ben 17 anni di ritardo rispetto alle altre Regioni nella attuazione della legge 150 del 2000».

Ora Timvision pregusta il grande calcio

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Una prima breccia per lo sport “premium” su Timvision. In fondo quel che dovrebbe accadere con l’ accordo Tim-Mediaset sui contenuti – per il quale il Cda Telecom ha autorizzato il management alla stretta finale – è per la piattaforma Ott di casa Tim la creazione di un’ offerta dedicata al contenuto pregiato per definizione: lo sport e quindi, secondo le italiche abitudini, il calcio: Champions league, Serie A e «altri eventi calcistici internazionali offerti da Premium». Cosa non da poco in un momento come quello attuale in cui si sta ridisegnando la geografia dei diritti tv del calcio, peraltro con i colossi del web alle porte. Fra gli addetti ai lavori si dà per acquisita la vittoria di Mediaset per i diritti (free e pay) del Mondiale in Russia. Allo stesso tempo, a quanto risulta al Sole 24 Ore, Sky Italia è in pole per le qualificazioni di Euro 2020: i primi campionati europei “itineranti” con annessa la Uefa Nations League. Sky si è poi già aggiudicata Champions ed Europa League per il prossimo triennio. La Rai per ora avrebbe ipotecato il free delle Olimpiadi invernali già in mano a Discovery-Eurosport. L’ incognita resta il bando per la serie A di cui si discuterà a gennaio (si veda a pagina 19). Come anticipato sul Sole 24 Ore del 28 novembre, i pacchetti saranno cinque: tre per piattaforma (Dtt, satellitare e Ott) e due per prodotto. Quel che di certo sembra discendere da un accordo Tim-Mediaset è l’ inizio di un percorso a suo modo nuovo. Finora su Timvision si poteva vedere Mediaset Premium con i suoi contenuti (la Champions). Ora però quei contenuti, spacchettati, dovrebbero andare sulla piattaforma Tim. Può essere la chiave di volta? Tutto da vedere, anche perché i titolari di contenuti terranno ben stretti (leggi anche valorizzeranno bene) i diritti a disposizione. Dall’ altra parte, sulla partecipazione diretta al bando l’ ad di Tim Amos Genish ha fatto capire che ora il tavolo da gioco è ritenuto inaccessibile quanto a prezzi. La strada si fa quindi stretta . Con Serie A e Champions per questo fine stagione si crea un precedente importante. Vero è che si parla di quello che resta delle due competizioni. Altri diritti avrebbero una visibilità (e una valorizzazione) diversa. Si vedrà. Va comunque detto che all’ attenzione di Tim non c’ è solo lo sport e discussioni sono in corso con Sky (soprattutto, vista la diatriba sui minimi garantiti che ha portato all’ accordo con Mediaset) come con Rai. In quest’ ultimo caso si parla anche di possibile ritrasmissione di canali. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tim «prenota» a Mediaset contenuti per 400 milioni

Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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È durato più di sei ore il consiglio di amministrazione Telecom che, convocato per la disamina delle linee guida del piano strategico e il budget preliminare 2018, si è arricchito poi di tematiche extra in un clima che non è stato dei più distesi. Il management ha ottenuto l’ autorizzazione a proseguire e chiudere il negoziato in corso per l’ acquisto di contenuti da Mediaset. Il consiglio ha riaffermato che la joint Tim-Canal Plus, pur essendo un’ operazione chiaramente con parti correlate (la pay-tv francese è parte integrante di Vivendi), è da considerare di minore rilevanza. Temi spinosi e in qualche modo intrecciati che sono passati, come ormai di consueto, a colpi di maggioranza. Il negoziato con Mediaset (di cui ha dato conto «Il Sole-24Ore» del 22 novembre) riguarda l’ acquisto di contenuti a tutto tondo: canali free (che il Biscione ha tolto a Sky), film e sport che potranno essere trasmessi, in esclusiva per quanto riguarda la banda larga, da Tim vision. Si parla di cifre superiori ai 400 milioni, spalmate in un arco temporale di 5-6 anni. Dato che si tratta probabilmente di importi superiori alle deleghe precedenti, il management ha chiesto l’ autorizzazione del board per chiudere su queste basi. A Cologno prevale però la linea della cautela. Così, non solo vengono smentite decisamente le voci che vedrebbero Mediaset interessata a entrare con una quota nella joint Tim-Canal Plus, ma si frena sulla tempistica. Mediaset non vuole impelagarsi in altre questioni controverse e dunque non può firmare accordi commerciali con la “controllata” telefonica di Vivendi prima di aver chiuso il contenzioso con i “controllori” di Parigi, che non hanno onorato il contratto su Premium. A questo punto l’ accordo Mediaset-Vivendi dovrebbe essere comunque più vicino e la transazione dovrebbe arrivare prima dell’ udienza in Tribunale fissata per il 19 dicembre. Solo dopo, a pace fatta, si firmerà l’ accordo commerciale con Tim. Telecom, da parte sua, punta a rendere operativo l’ accordo con Mediaset «a partire dal 2018 sui canali lineari e on demand», arricchendo l’ offerta sulla piattaforma Tim vision. I clienti Tim, spiega una nota, potranno accedere ai contenuti da decoder, smart tv, web e app mobile. Il consiglio «a maggioranza» ha autorizzato il management a «proseguire le trattative e chiudere un nuovo e completo accordo pluriennale» su questi contenuti, sostituendo il contratto in essere con il Biscione che si basava su minimi garantiti, che non sono stati rispettati. A margine di questo accordo, il consiglio ha autorizzato altresì il management a negoziare «l’ acquisto dei diritti di Premium» relativi alle partite del girone di ritorno del campionato di serie A, le partite di Champions League 2018 e altri eventi calcistici internazionali offerti dalla pay-tv di Mediaset. Il contratto dovrebbe essere firmato da Tim e non dalla joint con Canal Plus, sulla quale pende l’ incognita della posizione dei sindaci e della Consob. Il collegio sindacale ritiene infatti che l’ operazione sia da considerare con parti corrrelate di maggiore rilevanza e che pertanto debba essere rispettata la procedura che prevede il passaggio vincolante al comitato degli indipendenti che devono approvare l’ operazione con il sì di almeno sei consiglieri su dieci (se non passa, non c’ è appello in assemblea). In questo senso i sindaci avevano chiesto e ottenuto l’ integrazione all’ ordine del giorno del cda di ieri, proprio per ridiscutere la «costituzione» della joint. È stata però respinta dal board, sempre «a maggioranza», la posizione dei sindaci che, a questo punto, si riservano di presentare un esposto alla Consob sulla delibera consiliare. La delibera di ieri è stata presa «sulla scorta di una modifica agli accordi raggiunti volta ad accertare la durata degli impegni (che passa da sei a tre anni, ndr), dunque a confermare la qualificazione dell’ iniziativa come operazione con parte correlata di minore rilevanza alla stregua dei parametri stabiliti da Consob», circostanza che – conferma il comunicato – «il collegio sindacale ha contestato». La maggioranza del board ha riconfermato «interesse, convenienza e congruità delle condizioni dell’ iniziativa». La questione sollevata dai sindaci è comunque all’ attenzione degli uffici Consob, che sono stati tenuti continuamente informati, dal momento che oltretutto la procedura di ispezione avviata questa estate è ancora in corso. Quanto alla rete, niente di deciso e nessun mandato è stato conferito, ma «nei prossimi mesi il management continuerà a vagliare le diverse ipotesi per stabilire se la separazione della rete sia necessaria per rispondere agli input delle istituzioni e per creare valore». Di fatto si butta la palla più in là. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fox, vicina vendita di asset a Disney

Italia Oggi

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Sembra ormai a portata di mano l’ accordo con cui Walt Disney acquisirebbe alcuni asset di 21st Century Fox. Secondo indiscrezioni riportate dall’ emittente televisiva Cnbc, l’ intesa potrebbe essere annunciata già la settimana prossima. Il valore degli asset che la Fox di Rupert Murdoch è pronta a vendere potrebbe essere superiore a 60 miliardi di dollari. Murdoch e la sua famiglia controllano il 39% delle azioni con diritto di voto del gruppo. Al centro delle trattative ci sarebbero asset internazionali, come la partecipazione del 39% di Fox nel gruppo televisivo Sky, di cui fa parte anche Sky Italia, e la quota nell’ indiana Star Tv, ma anche alcune emittenti via cavo americane. Fox News, il network broadcast Fox e quello sportivo Fs1 non sono invece in vendita. Disney si era fatta avanti per la prima volta varie settimane fa, ma le discussioni si erano raffreddate perché le parti non erano riuscite a trovare un punto di incontro sul prezzo. Lo scorso fine settimana erano circolate indiscrezioni su una ripresa delle trattative e, secondo le fonti, ci sarebbe stata un’ accelerata. Per Disney, che si prepara a lanciare una propria offerta in streaming, significherebbe incrementare ulteriormente il catalogo e avere uno sbocco nella distribuzione europea. © Riproduzione riservata.

La rivincita di La7

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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L’ inversione di tendenza e il sorpasso su Rete 4 erano già stati raccontati da ItaliaOggi del 17 novembre scorso. Adesso c’ è la conferma ufficiale a consuntivo dell’ intero mese di novembre: gli ascolti tornano a sorridere per La7, che dall’ 1 al 30 novembre si è attestata al 4,40% di share in prime time (20.30-22.30), sesta rete nazionale, superando Rete 4 ferma al 3,88%. Sul target AA, ovvero quello con maggiori livelli economici, professionali e di dimensione sociale, il canale edito da Urbano Cairo sale addirittura al terzo posto nazionale, con il 7,7% di share in prima serata, dietro solo a Rai 1 e a Canale 5. Adesso, come sempre, si tratterà di convincere i centri media della bontà di questa performance, realizzata su segmenti di pubblico molto abbiente e anziano. In novembre sono andati bene i programmi storici di La7. Ma la spinta decisiva l’ ha data l’ entusiasmo ritrovato dopo la bella novità domenicale di Non è l’ arena di Massimo Giletti, al 7,22% di share medio in novembre, e che ha quadruplicato il dato di ascolto medio del prime time domenicale di La7, portando il canale, in quella serata, al terzo posto nazionale assoluto. diMartedì di Giovanni Floris chiude invece novembre al 6,7% medio (+7% sul novembre 2016), doppiando Cartabianca su Rai 3, ferma al 3,5%. E pure Corrado Formigli e Piazzapulita vanno bene, con un 4,9% medio al giovedì sera. I programmi di prime time di La7, peraltro, devono tutti ringraziare il forte traino che mette sempre a disposizione Lilli Gruber con Otto e mezzo, al 5,9% di share medio in novembre. Quanto alle altre novità, fa il suo Atlantide di Andrea Purgatori, con performance del 3% medio al mercoledì sera, mentre ci si attendeva decisamente di più da Propaganda live di Diego Bianchi «Zoro», strappato a Rai 3, e che invece vivacchia al 3% con una trasmissione troppo lunga e che ha perso brio, ritmo e vivacità. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Il 26% degli italiani naviga solo da smartphone o tablet. Il mobile ha conquistato una posizione di primo piano in tutto il mondo: conta per oltre la meta dei minuti complessivi spesi online in 13 Paesi, con quote che superano il 75% in Messico, India e Indonesia. In Italia questa percentuale si ferma al 62%, in linea con i dati di Usa e Regno Unito. Tuttavia, una percentuale significativa della popolazione internet italiana è fortemente dipendente dai dispositivi mobili. Le persone che accedono al web esclusivamente da mobile sono il 26% della popolazione italiana, una percentuale molto più alta di paesi come Germania, Regno Unito e Stati Uniti (rispettivamente 4%, 8% e 12%), mercati in cui la maggioranza accede da più piattaforme. Sono alcune delle evidenze provenienti dalla relazione internazionale sull’ uso dei dispositivi mobili per il 2017 di comScore, intitolata Global Mobile Report. L’ Italia risulta anche il mercato più polarizzato in assoluto per quanto riguarda l’ utilizzo di app: oltre l’ 87% del tempo trascorso via mobile è infatti speso all’ interno di un’ app, ma in termini di reach in Italia solo 11 app riescono a raggiungere un livello di audience abbastanza consistente attorno al 20% di penetrazione (contro le 20 degli USA o le 17 del Regno Unito). ProSiebenSat.1 acquisisce una quota di maggioranza in Esome. Il gruppo radio-televisivo tedesco acquisirà una quota di maggioranza in Esome Advertising Technologies. Esome, società con sede ad Amburgo e operante in Austria, Svizzera e Germania, si occupa della gestione, anche a livello tecnico, delle campagne mediatiche sui social network come Facebook. In futuro, secondo ProSiebenSat.1, la stessa tecnologia sarà impiegata per ottimizzare la pubblicità per display, video e per la televisione, con la possibilità di mostrare spot televisivi diversi in case diverse. Più libri più liberi apre oggi. Si inaugura oggi la sedicesima edizione della Fiera nazionale della piccola e media editoria Più libri più liberi, l’ evento editoriale più importante di Roma dedicato esclusivamente all’ editoria indipendente, organizzata dall’ Associazione italiana editori (Aie), nella nuova sede del Roma Convention Center La Nuvola, il centro congressuale progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas e gestito da Roma Convention Group. Nei cinque giorni della Fiera, che cresce negli spazi, quasi raddoppiati e nei numeri, con più di 550 appuntamenti e di 500 editori, si moltiplicheranno le occasioni per incontrare gli autori, assistere a convegni o performance musicali. Will Smith e il mistero del pianeta azzurro su National Geographic. Sarà Will Smith il volto della serie evento di National Geographic firmata dal regista Darren Aronofsky. A Will Smith il compito di accompagnare lo spettatore in un viaggio che lo condurrà attraverso il globo, in 45 paesi del mondo per arrivare fino allo spazio cosmico. La serie andrà in onda in primavera sui canali National Geographic di 172 paesi in 43 lingue diverse. La serie è la storia del pianeta Terra, a raccontarla un gruppo di astronauti che mostreranno il mondo da una prospettiva unica, quella della Terra vista dallo spazio. AD, Lapo Elkann racconta Garage Italia Customs. Nella storia di copertina del mensile AD Lapo Elkann racconta il sogno che ha portato alla recente apertura di Garage Italia Customs, la nuova veste della rivoluzionaria e iconica stazione di servizio Agip in piazzale Accursio a Milano progettata nel 1952 da Mario Bacciocchi su mandato di Enrico Mattei. Garage Italia Customs, nelle intenzioni di Elkann, non deve essere solo un’ officina di lusso ma anche un luogo di relax e «dolce vita 4.0» di cui Carlo Cracco firma il ristorante.

Mainetti, una strana idea della libertà di stampa

Il Fatto Quotidiano
G. Me.
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Per essere un editore Valter Mainetti ha una strana idea della libertà di stampa e del lavoro giornalistico. Ma i lettori del Fatto stiano tranquilli: le sue minacce non ci intimidiscono. Dopo l’ articolo del Fatto pubblicato domenica scorsa, e intitolato “Guai Enasarco: Bankitalia pressa per salvare Mainetti”, l’ editore del Foglio ha scatenato un’ offensiva a cui risponde il comunicato dell’ Editoriale Il Fatto pubblicato qui sotto. I nostri lettori stiano tranquilli: le notizie che diamo sono verificate, e Mainetti cerca di screditare Il Fatto non potendo smentire niente. 1) Il gruppo Sorgente, dice, “non ha bisogno di alcun salvataggio, né delle altrettanto inesistenti pressioni di Bankitalia a favore del gruppo stesso”. Può darsi. Ma il direttore generale di Enasarco Carlo Bravi – a proposito dell’ incontro con i vertici della Banca d’ Italia del 14 settembre scorso sull’ esposto dell’ ente previdenziale degli agenti di commercio contro Sorgente che gestisce buona parte dei suoi immobili – scrive: “La Banca d’ Italia, infine, ha evidenziato verbalmente, nell’ interesse del sistema economico-finanziario complessivo, la preferibilità di una rapida soluzione concordata in luogo di un lungo conflitto giudiziario”. 2) Il Fatto, secondo Mainetti, omette “di riferire che il rapporto fra Sorgente ed Enasarco è entrato in crisi non per un’ inesistente insoddisfazione per i risultati gestionali”. La Covip, che vigila sui fondi pensione, nel marzo scorso ha scritto a Enasarco di valutare “i rapporti contrattuali con un gestore che ha operato con modalità problematiche e con risultati reddituali negli anni insoddisfacenti”. 3) Secondo Mainetti è falso che gli immobili del Fondo Megas “abbiano fruttato canoni di locazione per 11 milioni”. Controlli meglio: l’ ha scritto lui nella “Relazione di gestione al 31 dicembre 2016” del fondo Megas. A pagina 85: sono 11.469.333 euro. 4) Dice Mainetti: “In tutto il periodo di gestione del fondo Megas, Sorgente Sgr ha incassato una commissione pari a 32 milioni, comprese le commissioni corrisposte da Fondo Donatello, comparto David (precedente denominazione del Fondo Megas), rispetto ai 55 indicati nell’ articolo”. All’ Enasarco i 55 milioni risultano dalle schede di monitoraggio di MangustaRisk. 5) Falsa anche “l’ immissione di capitale fresco per evitare il fallimento del Foglio”? Anche qui l’ ha scritto lui, nella nota integrativa al bilancio 2016 della Musa, società che controlla Il Foglio, a pagina 8, dove si specifica che, a fronte delle perdite “si è reso necessario adottare i provvedimenti previsti dall’ art. 2482 ter c.c.”. Costo: 1 milione di euro. 6) Poco più avanti, nella stessa pagina 8, si legge che “Tempi è un settimanale diretto da Alessandro Giuli e diffuso a livello nazionale (ogni giovedì in edicola), espressione di una comunità umana e ideale radicata nei valori della vita e della bellezza come manifestazione del sacro”. Poi Mainetti chiude Tempi, Giuli su Twitter gli dà del bugiardo e lo accusa di aver chiuso la manifestazione del sacro “senza aver pagato stipendi e contributi”. E Mainetti scatena la sua offensiva mediatica e giudiziaria contro il Fatto che riporta la notizia. Aiuto!

Il costosissimo albero di Sky e i licenziati

Il Manifesto

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È morto Franco Azara È stato tra i fondatori del collettivo del Manifesto a Rimini, trasferitosi a Mestre, ha seguito le lotte operaie in Veneto e in Friuli, per il Manifesto prima, per il Pdup poi, infine a Roma per il quotidiano, fino ai primi anni ’90. Nei primi anni ’70, Franco è stato – insieme a pochi altri e con i pochi soldi de Il Manifesto – un autentico «funzionario politico», animato da una forte passione e da una speciale intelligenza politica. Impegnato e impegnativo, carismatico, tenace. Franco Azara ha attraversato e condiviso con noi anni irripetibili e tumultuosi, che hanno costruito il nostro modo di stare al mondo, il nostro linguaggio comune. Anni che hanno visto rompersi schemi e steccati politici, sindacali, religiosi. Il Veneto e il Friuli – Porto Marghera, la Zoppas, i tessili, i calzaturieri – sono stati un’ officina formidabile per il lavoro politico a cui Franco ha dedicato impegno e lucida visione. L’ impetuosa industrializzazione aveva generato una catena di crisi aziendali, chiusure, occupazioni di fabbrica. Fallivano – o ristrutturavano – aziende importanti come la San Remo, noto marchio di capi eleganti. Franco era presente nel vivo di queste storie. In certe situazioni forse allora, come oggi, non c’ erano risposte, ma quel dire: «compagni, nelle vertenze si arriva fino alla fine», l’ idea del blocco comune con la classe operaia, il calarsi di persona dentro alle singole vicende non solo trasmetteva un messaggio politico, ma era un segnale di autentica solidarietà nella lotta. E in questo condividere e partecipare davvero Franco non si risparmiava: cuciva incontri, arrivava, sdrammatizzava, aveva la battuta sorniona pronta, riusciva sempre a dare ragioni ulteriori per continuare. Instancabile nell’ azione e nella motivazione. Ancora oggi, dopo le inevitabili trasformazioni e le differenze dei nostri percorsi, il ricordo di quei tempi così intensi, fecondi e appassionati è una traccia sottile ma forte che ci unisce. E ci restituisce il senso di una vita viva. Stefano Adami, Adone Birdignon, Edo Bordignon, Sergio Bordin, Bruno Borghini, Eliana Bouchard, Wanda Buso, Lidia Campagnano, Loris Campetti, Arnaldo Bibo Cecchini, Giuseppe Chicchi, Mario Damini, Diego De Podestà, Viviana De Podestà, Felice Doria, Daniela Dutto, Paolo Fabris, Paola Florian, Diego Fragiacomo, Adolfo Furlanetto, Paola Gaggia, Giancarlo Giorgi, Mannig Gurekian, Daniele Leardini, Siamo un gruppo di dipendenti ed ex dipendenti che Sky Italia ha recentemente licenziato. Nel grande giorno organizzato dall’ azienda di Murdoch in piazza del Duomo a Milano ci siamo posti l’ annosa domanda: ma a Natale non erano tutti più buoni? No, è una grande bufala. Un’ altra palla. Come le 700 palline che l’ azienda ha appeso all’ albero di natale più alto Simonetta Luciani, Marino Marini, Pino Ottaviani, Riccardo Parolin, Eugenio Pasini, Giampiero Piscaglia, Maria Teresa Roda, Marina Scalori, Sergio Simeoni, Maria pupa Zaghini De Luca tra parole e verità Lo scorso 29 novembre Vincenzo De Luca ha organizzato una convention del suo movimento politico Campania Libera presso l’ Hotel Ramada di Napoli, l’ albergo dove prima del referendum costituzionale, incontrando i sindaci campani del Pd, fece la famosa battuta della «frittura di pesce». E ancora una volta non si è smentito dicendo delle cose molto gravi. Innanzitutto ha detto che la sala in cui si trovava è quella dove fece una battuta che rivela come l’ Italia sia un di sempre (30 metri), assieme alle «teste» delle centinaia di lavoratori della sede di Roma: trasferiti col ricatto, in sprezzo di ogni regola, auto -licenziati pur di non spaccare la famiglia, o licenziati in tronco. Chi prima, chi dopo. Il magnifico abete allestito da Sky a Milano, che sfoggia ben 100.000 luci led, è costato un prezzo scandaloso. Sky Italia infatti è in attivo e sem Paese di dementi, poi ha affermato che in Campania lui è la vera espressione della destra europea ed infine che la Regione era narcotizzata e che lui l’ ha risvegliata dal sonno profondo. La verità è che: 1) la battuta della «frittura di pesce» arrivò alla fine di un lungo ragionamento sull’ opportunità che i sindaci attivassero un meccanismo clientelare che portasse a votare si un gran numero di persone; 2) il richiamo alla destra europea è ridicolo perché la vera destra europea (quella della dei fondatori dell’ Europa come Angela Merkel ed Helmut Kohl) si richiama a valori che sono opposti a quelli ai quali si ispira lui (intolleranza, autoritarismo, disprezzo degli avversari politici, familismo, clientelismo, ecc. ecc.); 3) può darsi pure che abbia cambiato alcuni pre più florida, grazie al duro lavoro delle persone che ha buttato in mezzo alla strada. Ma non le basta, perché vuole guadagnare di più, di più, ancora di più. E così: dentro i nuovi schiavi, fuori dipendenti storici, quelli con qualche straccio di diritto, comprese lavoratrici e lavoratori tutelati per gravi disabilità. E dopo aver suscitato l’ ira meccanismi di funzionamento dell’ istituzione regionale ma l’ istituzione non è tutto. Egli avrebbe dovuto spiegare come mai, dopo due anni e mezzo dal suo insediamento, le province della Campania stanno facendo registrare (come dimostra un’ indagine del Sole 24 Ore) un netto calo della qualità della vita. Franco Pelella Pagani (SA) Armi, bombe, militarismo La lettera dell’ on. Tatiana Basilio in risposta a Manlio Dinucci, su questo giornale, mi dà l’ occasione per ricordare ai parlamentari e a quanti cominciano ad aprire gli occhi, alcuni semplici dati che dovrebbero far riflettere e decidersi una buona volta a prendere di petto la questione. Ci sta bene che l’ Italia bruci 70 milioni di euro al giorno per le del Papa che da subito aveva ammonito «chi toglie lavoro commette un peccato gravissimo», Sky ignora perfino le disposizioni del Tribunale, che le impone di azzerare tutto e realizzare il suo piano rispettando la Legge. Questa è la vera Sky. Buon Natale. I lavoratori e i licenziati Sky in lotta spese militari e la nostra appartenenza alla Nato? Perché non ci si pone il problema vero di dire basta a questo scandalo e si impiegano questi denari per i mille problemi che il nostro Paese deve affrontare: sicurezza delle scuole, amianto di cui siamo sommersi, cure sanitarie, pensioni, messa in sicurezza del territorio, e cosi via? Perché non si dice chiaro e tondo che è urgente e indispensabile uscire dalla Nato per disinnescare il pessimo clima internazionale e tappare la voragine che inghiotte oltre 1.600 miliardi di dollari di spese militari nel mondo mentre manca l’ acqua potabile, milioni di persone sono senza lavoro e a migliaia i giovani italiani sono costretti ad abbandonare il nostro Paese? Questi 70 milioni di euro al giorno potrebbero essere usati per riconvertire la produzione bellica (produzione di morte, come dice il papa) a fini civili, allargando così le opportunità di lavoro in vari settori. Per convertire l’ impegno delle tre armi (marina, aviazione, fanteria) a funzioni importanti come il controllo del territorio su vasta scala: prevenzioni degli incendi dei boschi che ogni anno devastano il nostro paese nell’ impotenza più indolente di governo e istituzioni, contrasto alle ecomafie che interrano rifiuti tossici, avvelenano fiumi e laghi e stanno mettendo a repentaglio le stesse falde di approvvigionamento idrico. Nessuna paura, per carità, per gli amici americani, vogliamo uscire dalla Nato, non interrompere i rapporti culturali e commerciali. Tanto più che nessuna difesa è possibile, e in un conflitto atomico saremo cancellati tutti dalla faccia della terra. Onorevoli e capi di Stato compresi. Ci pensino anche i Cinquestelle (per inciso: li ho anche votati e fatti votare). Angelo Gaccione scrittore e direttore di «Odissea»

Tim stringe sui diritti con Mediaset È bufera su Canal Plus

Il Giornale
Maddalena Camera
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Maddalena Camera Consiglio fiume ieri a Roma per Telecom Italia. L’ accordo tra Tim e Canal Plus ha diviso gli organi sociali della società con il collegio sindacale che potrebbe far ricorso alla Consob, dato che il consiglio non ha ridiscusso l’ operazione di «costituzione» della società per la produzione di contenuti che fa capo per il 60% a Tim e per il 40% alla pay-tv di Vivendi. Secondo i sindaci, l’ operazione deve essere qualificata come «operazione con parti correlate» di maggiore rilevanza, mentre la joint è oggi derubricata a «minor rilevanza». E dunque non necessita, come invece sarebbe nel primo caso, dell’ approvazione all’ unanimità da parte dei consiglieri indipendenti, cinque della lista Vivendi, cinque di Assogestioni. L’ accordo con Canal Plus era passato con delibera «a maggioranza», essendo mancati i «sì» di Lucia Calvosa e Francesca Cornelli, in coerenza con le posizioni espresse nel comitato controllo e rischi di cui entrambe (in quota ai fondi) fanno parte e di cui la prima è presidente. Per i sindaci dunque i dubbi restano. Da qui la decisione di valutare l’ intervento Consob visto che i loro rilievi non sono stati presi in considerazione dal cda che ha confermato l’ accordo come operazione «a minor rilevanza». Non stupisce dunque che anche il possibile accordo con Mediaset sui contenuti sia stato approvato ieri ancora «a maggioranza», vedendo contrari, anche questa volta, i consiglieri indipendenti dei fondi. Il cda potrà però continuare le trattative con Mediaset che ha chiuso in Piazza Affari con un progresso del 2,46%. Il «bottino» per il gruppo del Biscione potrebbe infatti essere ricco, così da aiutare anche a smussare i toni della causa intrapresa da Mediaset contro Vivendi (socio di maggioranza di Telecom) per il mancato acquisto della Pay tv Premium, anche perchè tra i contenuti, oltre a quelli della tv generalista ci potrebbero essere le partite di calcio della serie A, Uefa Champion League e altri eventi calcistici. Tim comunque sta trattando anche con altri fornitori di contenuti come Sky (con cui ha aperto anche un contenzioso sui minimi garantiti da un precedente contratto) e Rai. Il cda ha anche discusso del prossimo piano con l’ approvazione del budget preliminare per il 2018 che sarà approvato in anticipo di tre mesi «per, ha detto l’ ad Amos Genish, indicare piani e obbiettivi chiari fin dall’ inizio del 2018». Quanto alla separazione della rete fissa sono stati presentati al cda diversi modelli quello dei diverse soluzioni confrontandole con esperienze di ex-monopolisti di altri paesi. «Nei prossimi mesi – ha spiegato la società – il management continuerà a vagliare le diverse ipotesi per stabilire se la separazione della rete sia necessaria per rispondere agli input del governo e per creare valore».

Tim, sì all’ intesa con Mediaset Avanti sulla rete

Corriere della Sera
di Federico De Rosa
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Tim riprende il filo delle trattative con Mediaset e affida al ceo Amos Genish il mandato per chiudere un accordo pluriennale sui contenuti con il Biscione e accelerare lo sviluppo di TimVision e della joint-venture tra il gruppo telefonico e Canal+, il broadcaster dell’ azionista di controllo Vivendi. Il mandato è stato conferito a maggioranza dal consiglio di Tim, riunito ieri per l’ esame del budget e l’ analisi delle linee guida del piano strategico, che tornerà formalmente sul tavolo del consiglio il prossimo 6 marzo per l’ approvazione. «Approvando un budget preliminare con tre mesi di anticipo indichiamo piani e obbiettivi chiari fin dall’ inizio del 2018 permettendo, dunque, alla società di avviare la propria ambiziosa strategia con l’ obiettivo di raggiungere un modello di business migliorato e sostenibile» ha commentato Genish. Non è stato un consiglio di routine, in particolare per quello che riguarda la costituenda joint venture tra Tim e Canal+. Per blindare l’ operazione la durata dell’ accordo è stata ridotta a tre anni (con la possibilità di rinnovo per altri tre) in modo da qualificarla come operazione con parti correlate di minore rilevanza e farla così passare in consiglio, anche senza il voto dei consiglieri indipendenti, il cui benestare è invece obbligatorio per le operazioni di maggior rilevanza. La delibera, assunta a maggioranza, è stata contestata dai sindaci per i quali l’ accordo con Vivendi si configura come un’ operazione con parte correlata di maggior rilevanza. A maggioranza è passata anche la delibera che ha dato a Genish mandato per trattare con Mediaset un nuovo accordo e chiudere i negoziati con Sky e Rai. La trattativa con il Biscione, che secondo molti osservatori è propedeutica alla «pace» tra Mediaset e Vivendi su cui gli avvocati sono ancora al lavoro, riguarda contenuti free e pay, tra cui i film di Medusa, le serie tv e lo sport, incluso il girone di ritorno della Serie A e le partite di Champions League, a fronte di minimi garantiti piuttosto rilevanti. L’ accordo interessa al momento solo TimVision ma l’ intenzione è di estenderlo alla jv Tim-Canal+. Sul tavolo del board Genish ha portato anche l’ analisi sulla rete in vista di una possibile societarizzazione di cui lo stesso manager ha parlato con il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda. Genish, ha spiegato una nota di Tim «ha presentato una panoramica dello scenario regolatorio, tenendo conto dei punti di vista del governo e delle autorità di settore. La presentazione ha trattato, tra gli altri temi, i diversi modelli di separazione della rete fissa di accesso». La società non ha ancora conferito un mendato formale ma ci sarebbero già alcune banche d’ affari al lavoro sulla societarizzazione della rete. L’ obiettivo è «stabilire se la separazione della rete sia necessaria per rispondere agli input delle Istituzioni e per creare valore».

L’ ultimo affondo di Disney più vicino l’ acquisto di Fox

La Repubblica
Alberto Flores d’ Arcais,
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NEW YORK La Disney è pronta all’ affondo finale, all’ inizio della settimana prossima l’ acquisto di molti asset della Fox diventeranno (salvo sorprese dell’ ultima ora) realtà. Il prossimo accordo ( preannunciato ieri mattina dalla rete CNbc) è destinato a rivoluzionare l’ industria di media e tv negli Stati Uniti, dove le società ” tradizionali”‘ sono sempre più in difficoltà per la crescente concorrenza di quelle della Silicon Valley e soprattutto di Netflix. Un affare da 60 miliardi di dollari grazie al quale il gigante dell’ industria d’ intrattenimento acquisirebbe il canale via cavo National Geographic, diversi canali sportivi regionali e le partecipazioni di Fox a Sky e Hulu. La Fox, a cui resterebbe il network televisivo, la tv all- news ( assai cara a Trump e ai repubblicani) e i due principali canali sportivi, sarebbe ancora in dubbio se inserire nell’ affare ( a costi ovviamente maggiorati) anche il canale via cavo FX che raggiunge ogni angolo d’ America (ha 94 milioni di abbonati) ed ha lanciato serial di grande successo come ” The Americans” e “Fargo”. Dell’ accordo tra Disney e Fox si parla da tempo, già un mese fa Variety, che è un po’ la bibbia del mondo dello spettacolo, l’ aveva data quasi per certa. La rivista aveva allora ricordato come Fox avesse però continuato a giocare su diversi tavoli, mantenendo aperte trattative sia con Comcast ( il più grande operatore via cavo degli Stati uniti) sia con altri potenziali acquirenti come Verizon e Sony. Se la settimana prossima si girerà il preannunciato finale questo accordo consentirà alla Disney di mettere le mani anche sui supereroi di Marvel. Per la “società di Topolino” l’ acquisizione sarebbe utile anche per delineare la successione all’ amministratore delegato Bob Iger e per rafforzarsi a livello internazionale. Uno dei punti di forza di Fox è infatti la sua esposizione sui mercati stranieri, grazie a cui Disney si troverebbe a poter competere maggiormente con Netflix. L’ altro grande vantaggio sarebbe l’ accesso a ulteriori contenuti per il servizio di streaming ( che Disney punta a lanciare nei prossimi due anni), uno dei capisaldi della nuova strategia del gigante dell’ intrattenimento. Alla società di Murdoch resterebbero le attività che in venti anni l’ hanno resa una potenza tra i media americani: informazione e sport.

Tim accelera sull’ accordo con Mediaset In Cda le linee di piano e il dossier sulla rete

La Stampa
FRANCESCO SPINI
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In quasi sette ore di riunione – tra toni spesso accesi – il consiglio di amministrazione di Tim fa una prima ricognizione sulle linee guida del piano industriale che sarà sottoposto al voto il 6 marzo e approva con tre mesi d’ anticipo il budget preliminare per l’ anno venturo. Come anticipato, l’ ad Amos Genish illustra al consiglio «i diversi modelli di separazione della rete fissa di accesso confrontandoli con altre esperienze internazionali», confermando l’ attenzione sul punto. Ma il piatto forte arriva quando sul tavolo irrompono il tema Mediaset e la joint venture tra Tim e Canal+. Sono argomenti su cui scatta il duello tra l’ ala dura dei consiglieri dei fondi, i sindaci e il resto del consiglio a trazione Vivendi, il gruppo francese che, di fatto, la controlla. Il cda, così, dà solo a maggioranza il semaforo verde al management per «proseguire le trattative e chiudere un nuovo e completo accordo pluriennale con il gruppo Mediaset per mettere a disposizione dei clienti Tim i migliori contenuti lineari, i film e le serie Tv, le notizie sportive» delle tv del Biscione. Verrà trattato pure l’ acquisto dei diritti per il campionato di Serie A 2017/2018, le partite di Champions 2018 e altri eventi calcistici di Premium. Tale intesa potrà così partire nel 2018, con un’ offerta convergente con fisso e mobile. Sarà dunque direttamente Tim a comprare i contenuti, se non altro perché la joint venture con Canal+ non è ancora operativa. La cifra sarebbe considerevole: indiscrezioni riportano di 4-500 milioni di euro per un’ intesa di 6 anni su canali lineari e on demand, ma le cifre sono ancora incerte, la trattativa è in corso. Genish ha sempre assicurato che tale accordo nulla ha a che fare con un possibile risarcimento di Vivendi a Mediaset, dopo che i francesi un anno e mezzo fa hanno mandato a carte quarantotto l’ accordo per rilevare la pay tv Premium. Il comunicato di ieri peraltro richiama il fatto che analoghe trattative sono in corso «con altri player di mercato», ovvero Sky e Rai. Il capitolo televisivo – essendoci di mezzo l’ ingombrante socio Vivendi – è caldissimo anche sul fronte dell’ alleanza tra Tim e Canal+: in un nuovo voto – richiesto per specificarne la durata di 3 anni – il cda, sempre solo a maggioranza, conferma che tale operazione è «con parte correlata di minore rilevanza». Una definizione che semplifica le modalità di approvazione (rispetto alla «maggior rilevanza») ma che scatena l’ ira del collegio sindacale che contesta tale decisione: si sarebbe rivolto alla Consob, che già segue da vicino la questione. Nel frattempo Genish compie un passo in avanti verso il piano incentrato su convergenza e digitalizzazione: «Approvando un budget preliminare con tre mesi di anticipo – dice l’ ad – indichiamo piani e obiettivi chiari fin dall’ inizio del 2018, permettendo alla società di avviare la propria ambiziosa strategia con l’ obiettivo di raggiungere un modello di business migliorato e sostenibile». A Bloomberg Genish conferma l’ obiettivo di arrivare a un rapporto debito/mol di 2,7 volte. Entro il 2018 conta di convincere le agenzie di rating «a riportare il giudizio su di noi al grado di investimento». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Il magistrati spengono la tv: «Gomorra fiction pericolosa»

Il Giornale
ANDREA CUOMO
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Q uindi mettiamoci d’ accordo una volta per tutte. Gomorra il libro di Roberto Saviano uscito nel 2006, sarebbe stato un bene per la lotta alla criminalità organizzata perché, come disse qualche tempo fa il magistrato Federico Cafiero de Raho, che una ventina di anni fa avviò l’ inchiesta Spartacus da cui prende le mosse la saga savianesca, «dopo non è stato più possibile fare finta di niente». Gomorra la serie televisiva di Sky, di cui è in onda in queste settimane la terza stagione, secondo lo stesso Cafiero e altri suoi colleghi sarebbe invece un male per la stessa lotta alla camorra, perché creerebbe un effetto emulazione originato da una sorta di epicizzazione dei personaggi, da Ciro Di Marzio a Genny Savastano. Se il dito indica l’ assassino è colpa del dito, insomma. Ieri sulla questione è arrivato il fondamentale contributo di Giuseppe Borrelli, uno dei coordinatori della Dda di Napoli, che rispondendo a Bologna alle domande degli studenti nel corso di un incontro all’ università, ha definito quella data da Gomorra una «rappresentazione del crimine organizzato folcloristica», che malgrado il successo all’ estero e l’ indubbio valore artistico del prodotto televisivo dà un’ immagine falsa e datata della criminalità organizzata. Gomorra, si chiede Borrelli, «è sufficiente a spiegare il fenomeno o è una rappresentazione tranquillizzante che limita la nostra percezione del fenomeno mafioso?». La risposta è che la serie televisiva diretta tra gli altri da Sergio Sollima rappresenta «azioni di una camorra passata che in realtà si evolve e che non vuole essere vista e nemmeno raccontata». «La camorra – aggiunge il capo dell’ antimafia napoletana – dovrebbe essere rappresentata per quello che è. Non è più solo omicidi, estorsioni e traffici illeciti, ma si rivolge a nuovi attori sociali. Ha fatto un salto profondo rispetto a dieci anni fa, non c’ è più un rapporto di contiguità con la parte politica dell’ amministrazione, oggi esprime propri rappresentanti in regioni, province e comuni. Fornire quel tipo di rappresentazione è pericoloso perché distoglie da questa nuova configurazione della camorra». Della stessa idea il procuratore capo di Milano già specialista in reati finanziari del pool di Mani Pulite Francesco Greco, anche lui al convegno bolognese, secondo cui «esiste una criminalità degli affari che sta impoverendo le nuove generazioni senza che loro se ne rendano conto». Nei giorni scorsi e più volte nel corso degli ultimi anni anche Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, si era preoccupato dell’ impatto che Gomorra possa avere sul suo pubblico, in particolare sui giovani che vivono nei territori infestati dalla camorra, dalla ‘ndrangheta, dalla mafia. «Il senso dei film, dei docufilm e dei libri – ha detto Gratteri – è quello di educare. Se davanti alle scuole vediamo dei ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo». Un anno fa lo stesso magistrato era stato ancora più esplicito: «Certe serie fanno male ai giovani». E il già citato Cafiero de Raho domenica scorsa a Lucia Annunziata aveva detto che «evidenziare i rapporti umani come se la camorra fosse un’ associazione come tante altre non corrisponde a quello che realmente è, la camorra è fatta soprattutto di violenza». Un vero scoop, non c’ è che dire.

LIBRI, IL LAVORO DALLE IDEE

La Repubblica (ed. Napoli)
Diego Guida
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Divenuta oramai un appuntamento fondamentale per i lettori e per gli operatori di tutto il Paese, la fiera ” Più libri più liberi” inaugurata a Roma, per la prima volta presso il convention center La Nuvola, l’ avveniristica struttura di Fuksas all’ Eur, accoglie quest’ anno oltre 435 espositori rappresentativi dei diversi campi di specializzazione della piccola e media editoria e con una provenienza diffusa su tutto il territorio nazionale. Gli editori del sud sono circa un centinaio. Il progetto di una fiera del libro al centro dell’ Italia denominata ” Più libri più liberi” nasce nel dicembre del 2002 da un’ idea del Gruppo Piccoli dell’ Associazione italiana editori. L’ obiettivo è quello di offrire al maggior numero possibile di piccole case editrici uno spazio per portare in primo piano la propria produzione, spesso ” oscurata” da quella delle imprese più grandi, garantendogli la vetrina che meritano. Una vetrina d’ eccezione, al centro di Roma e durante il periodo natalizio. Ma ” Più libri” non è solo questo. È anche un luogo di incontro per gli operatori professionali, dove discutere le problematiche del settore e dove individuare le strategie da sviluppare, arricchito poi da un validissimo programma culturale: incontri con gli autori, reading, dibattiti su temi di attualità, iniziative per la promozione della lettura, musica e performance live che scandiscono le cinque giornate della manifestazione in una successione continua di eventi. Innovazione e internazionalizzazione sono le parole chiave del programma professionale di questa edizione numero 16 di ” Più libri più liberi”, un programma con circa venti eventi per gli operatori che ho fortemente voluto in qualità di presidente nazionale del gruppo piccoli editori dell’ Aie di Confindustria. È partendo dall’ assunto che le piccole e medie case editrici raffigurano uno spazio imprenditoriale di innovazione editoriale e di sperimentazione di formule organizzative alternative rispetto a quelle tradizionali, spesso in anticipo rispetto ai tempi del mercato più generale, che si gioca la sfida a cui tanti imprenditori sono chiamati a rispondere nei prossimi anni, ed è da qui che prende corpo giorno dopo giorno, l’ idea di realizzare anche a Napoli una fiera di contenuti e qualità che ha già trovato spazio nei giorni tra il 24 ed il 27 di maggio 2018. Anche Napoli avrà il suo salone del libro, una quattro- giorni di intense attività culturali che nascono sotto gli auspici anche del Centro del libro e della lettura del ministero dei Beni culturali che da pochi giorni ha voluto contribuire con il suo patrocinio: un primo vero riconoscimento nazionale per il Comitato Liber@ Arte che ho creato con gli amici colleghi Rosario Bianco e Alessandro Polidoro. Le fiere vanno viste come straordinarie opportunità di aggiornamento professionale, di discussione, di incontro: a ” Più libri più liberi” è sempre stato così, lo sarà anche per Napoli Città Libro. Gli incontri professionali spaziano tra i tanti temi che i piccoli devono affrontare per tener testa ad un mercato sempre più concentrato nelle mani di pochi grandi editori, questi i temi che vorrei poi riprendere nella edizione del salone del libro di Napoli: essere piccoli in un mondo sempre più grande; quando le librerie cambiano volto; dalle condizioni commerciali alla ricerca dell’ efficienza distributiva; politiche culturali europee a confronto; vediamo libri e leggiamo film; proporre diritti ai produttori cinematografici o televisivi è un’ altra cosa; questione di genere; come sono cambiati i gusti dei lettori e i cataloghi editoriali; come scelgo dove comprare un libro; il libro, il mercato, la politica europea: una sfida per gli editori italiani; la risorsa piccolo lettore; le librerie che tengono assieme le città; portali di scambio; fiere del libro in America latina; investire sì, ma in biblioteche; dagli ebook agli audiolibri; cosa ci hanno insegnato questi cinque anni di crisi economica; cosa accende le fiere del libro: alla ricerca di format e servizi innovativi per fiere e festival, per poi concludere con una attenzione agli autori: a cosa serve l’ editore. Linee guida per essere autori. Problemi e domande comuni che attraversano tutta l’ editoria indipendente, per guardare con maggiore attenzione a ciò che avviene Oltralpe, ma al di là dell’ Atlantico: una fiera significa non solo vendere libri, ma anche delineare attraverso la geografia un quadro di ciò che avverrà nei prossimi anni allo stesso modo da noi. Significa trarre ispirazione da esperienze più mature: anche da Napoli siamo pronti a fare la nostra parte per rendere il comparto culturale un vero e proprio strumento di crescita per il nostro territorio.

La Nave di Teseo a caccia di 20 mln

MF
ANDREA MONTANARI
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Cresce il mercato editoriale italiano, almeno per quel che attiene ai libri: +1% nel 2016 e +2,3% nel 2017. Il settore è in fermento anche in seguito all’ acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori, ora leader indiscussa con una quota di mercato del 28,4%. Ma anche altri operatori quali Gems (Gruppo Editoriale Mauri Spagnol, secondo player con una quota del 10,4%), Giunti (8,2% dopo l’ acquisizione di Bompiani) e Feltrinelli (4,8%), che ha comprato il 40% di Marsilio, non stanno a guardare. Anche tra gli editori minori c’ è movimento. O meglio, c’ è chi cerca di posizionarsi per trovare spazio e fare breccia nel cuore dei lettori. Ma non è facile. Come certifica l’ operazione di rafforzamento patrimoniale che la piccola Nave di Teseo, newco promossa da Elisabetta Sgarbi (ex direttore generale di Bompiani) e dallo scomparso Umberto Eco sta portando avanti. La casa editrice è alla ricerca di 20 milioni di euro anche dopo l’ acquisto della Baldini&Castoldi. L’ operazione di rafforzamento patrimoniale è iniziata formalmente nel novembre di due anni fa con la richiesta di 5 milioni agli azionisti. Oggi invece l’ ammontare è salito appunto a 20 milioni e la chiusura della ricapitalizzazione è stata spostata da fine dicembre al 30 giugno 2018. Nel tempo, ad affiancare la Sgarbi (0,56%) e gli eredi Eco (Renate Elli Ramge ha il 4,24%, Carlotta Eco il 6,12% e Stefano Eco l’ 8,38%) sono arrivati l’ editore francese Jean Claude Fasquelle (9,28%), il banchiere Guido Maria Brera (2,82%), i giornalisti Furio Colombo (1,13%) e Natali Aspesi (0,53%), gli scrittori Edoardo Nesi (0,23%),Alessandro Veronesi (0,11%), oltre al notaio ed ex presidente di Rcs Mediagroup, Piergaetano Marchetti (2,82%), e il giurista Natalino Irti (4,24%). Un parterre de roi al quale poi si sono aggiunti altri azionisti più di natura finanziaria e industriale quali Isabella Seragnoli (primo azionista attraverso la holding Mais con l’ 11,3%), a capo del big mondiale del packaging Coesia (1,6 miliardi di ricavi), mister Ferrarelle, ossia Carlo Pontecorvo (ha il 5,65% attraverso Lgr Holding) e Jacaranda Caracciolo Falck (2,65% con Sia Blu) azionista al 5% del gruppo Gedi (Repubblica, Stampa e SecoloXIX). Tutti azionisti che periodicamente iniettano fondi nelle casse della Nave di Teseo, anche perché il business stenta a decollare: nel 2016, primo vero esercizio operativo, i ricavi sono ammontati a 6,18 milioni a fronte di una perdita di 332 mila euro. L’ allungamento dei tempi certifica la volontà di Sgarbi, Marchetti & C di cercare nuovi alleati e imbarcare altri soci. Ma non è facile. Per questo sul mercato sono circolate indiscrezioni circa un possibile interessamento di Feltrinelli, ma il gruppo non è affatto interessato a entrare nel capitale della Nave di Teseo o comprarla. Così come la nuova Rcs di Urbano Cairo, che è stata accostata all’ operazione anche per la vicinanza con alcuni dei promotori della casa editrice, gli stessi Sgarbi e Marchetti, che caldeggiano tale opzione. Ma in via Rizzoli il dossier non è sul tavolo del presidente e ad Cairo, che dal canto suo sta lavorando alla nascita della casa editrice libraria Solferino in seno al gruppo, senza passare per una ulteriore acquisizione. (riproduzione riservata)

Circolare n. 43 del 06/12/2017 – Comunicazione annuale all’AGCOM per le imprese richiedenti i contributi all’editoria

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Ricordiamo che entro il prossimo 31 gennaio, le imprese editrici di testate che accedono ai contributi di cui all’art. 3, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 250, nonché quelli di cui all’art. 153, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 effettuano la comunicazione annuale al R.O.C. relativa all’anno 2016 così come previsto all’allegato B della delibera AGCOM n. 666/08/CONS.

Oltre a trasmettere lo sviluppo della propria catena partecipativa, gli editori richiedenti i contributi di cui sopra per i quali la testata edita sia di proprietà di terzi, devono trasmettere, sulla base dei dati di loro diretta conoscenza, anche lo sviluppo degli assetti societari del proprietario della testata indicando il capitale sociale, l’elenco dei soci e la titolarità delle rispettive partecipazioni con diritto di voto pari o superiore al 5%, fino all’individuazione delle persone fisiche che partecipano direttamente o indirettamente al capitale sociale del proprietario della testata.

Le informazioni richieste devono essere aggiornate al 31 dicembre 2017 e trasmesse in formato elettronico (smart card).

Si evidenzia che gli adempimenti di cui sopra sono condizione sine qua non per il rilascio dell’attestazione di regolarità richiesta dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria per l’erogazione dei contributi.

Eventuali errori e/o ritardi nell’ottemperanza delle predette comunicazioni comporteranno il rilascio dell’attestazione di regolarità solo al termine di apposito procedimento sanzionatorio; inoltre, le dichiarazioni trasmesse rappresentano comunicazioni sociali e vengono trasmesse sotto forma di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, per cui eventuali errori o omissioni determinano anche responsabilità di carattere penale. Per tale ragione, è necessario effettuare tutti i riscontri interni al fine di evitare errori di qualsiasi genere.

Ricordiamo, infine, che i soggetti iscritti al ROC che non beneficiano dei contributi di cui sopra, devono trasmettere la comunicazione annuale entro 30 giorni dalla data di deposito del bilancio in caso di società di capitale e cooperative ed entro il 31 luglio tutti gli altri soggetti.

 

Agcom: servizi postali, diffidate le società del gruppo Amazon

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Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha diffidato le società
del Gruppo Amazon, Amazon Italia Logistica S.r.l., Amazon City Logistica S.r.l. a
regolarizzare la propria posizione, con riferimento al possesso dei titoli abilitativi
necessari per lo svolgimento di attività qualificabili come servizi postali.
In base alle informazioni e dagli elementi acquisiti, l’Autorità rileva che il servizio di
recapito ai destinatari dei prodotti acquistati sul c.d. marketplace, è offerto e gestito
sul territorio nazionale da società riconducibili ad Amazon EU S.R.L. A giudizio
dell’Autorità, il servizio svolto da queste società, al pari di quelli svolti dai principali
corrieri espresso utilizzati da Amazon, è qualificabile come servizio postale, in base
alla normativa di settore (nazionale e dell’Unione europea).
In particolare, secondo quanto rilevato da Agcom, è attività postale il servizio di
consegna che ha ad oggetto prodotti offerti direttamente dai venditori e recapitati ai
clienti finali attraverso società controllate da Amazon, nonché il servizio di recapito
presso gli armadietti automatizzati (c.d. locker) svolto da società del Gruppo Amazon.
Il possesso del titolo comporta, per le società che svolgono attività postale, il rispetto
di vari obblighi, tra i quali l’essere in regola con le disposizioni in materia di condizioni
di lavoro previste dalla legislazione nazionale e dalle contrattazioni collettive di lavoro
di riferimento vigenti nel settore postale, l’essere in regola con gli obblighi contributivi
per il personale dipendente impiegato e l’adozione della carta dei servizi nei confronti
degli utenti.
Il termine per l’ottemperanza alla diffida dell’Autorità è stato fissato in quindici giorni
dalla ricezione dell’atto.

Corte Ue, sì divieto vendita prodotti lusso su siti non ‘chic’

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E’ lecito vietare la vendita di prodotti di lusso su piattaforme online terze non ‘chic’ e riconoscibili come Amazon per salvaguardarne l’immagine di prestigio ed esclusività.E’ quanto ha stabilito la Corte di giustizia Ue che ha dato così ragione alla Coty Germany che vende prodotti cosmetici di lusso in Germania, la quale ha vietato a uno dei suoi distributori autorizzati, la Parfuemerie Akzente, di distribuire i suoi cosmetici di lusso su Amazon.de. La Coty, infatti, consente ai suoi distributori autorizzati di vendere su internet ma a condizione che utilizzino il proprio sito oppure piattaforme terze non autorizzate ma senza che l’intervento di queste ultime sia riconoscibile dal consumatore. Secondo i giudici Ue, infatti, “un sistema di distribuzione selettiva di prodotti di lusso finalizzato, primariamente, a salvaguardare l’immagine di lusso di tali prodotti non viola il divieto di intese” quando la scelta dei rivenditori avviene “secondo criteri oggettivi di indole qualitativa”, “applicati in modo non discriminatorio”, e che non vanno “oltre il limite del necessario”. Per la Corte, infatti, “la qualità di prodotti di lusso non risulta solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dallo stile e dall’immagine di prestigio che conferiscono loro un’aura di lusso”. E quest’aura “costituisce un elemento essenziale”, al punto che “un danno a tale aura di lusso può quindi compromettere la qualità stessa di tali prodotti”. Di conseguenza, conclude Lussemburgo, “il divieto imposto da un fornitore di prodotti di lusso ai suoi distributori autorizzati di avvalersi in modo riconoscibile di piattaforme terze per la vendita tramite internet di tali prodotti è adeguato a salvaguardare l’immagine di lusso dei prodotti interessati”.(ansa)

Rassegna Stampa del 07/12/2017

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Indice Articoli

Editori, copyright a rischio in Ue

Chessidice in viale dell’ Editoria

A Class Cnbc la pubblicità rivoluzionaria di Telesia

Blitz fascista a Repubblica I mesi delle intimidazioni

Tutte le battaglie per i diritti

Attacco all’ informazione Minacce da clan e fascisti

Blitz di Forza Nuova contro Repubblica

Blitz di Forza Nuova nella sede di Repubblica

Blitz di Forza Nuova alla sede di Repubblica: «Sarà guerra» Sabato di tensione a Como

Forza Nuova e vecchi metodi: assalto a Repubblica

“Mezze tacche trattate da eroi”, Carminati attacca i giornalisti

Sky accende l’ albero di Natale e i licenziati protestano a Milano

Tutti pazzi per l’ editoria al via Più libri più liberi

Copie e mercato Doppia crescita per i piccoli editori

Libri, in arrivo il fondo da 3 mln

Fermate i Whatsapp dei genitori a scuola

Editori, copyright a rischio in Ue

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Ancora nessun accordo in vista sulla riforma del diritto d’ autore europeo per il mercato unico digitale. In particolare le divergenze che più interessano i giornali riguardano l’ articolo 11 della proposta di direttiva che garantisce maggiori tutele ai contenuti online grazie all’ introduzione del diritto connesso al diritto d’ autore in favore degli editori. Da una parte nel Parlamento Europeo sarebbero ancora in corso riunioni ombra per elaborare emendamenti di compromesso che riescano a mettere d’ accordo anche i paesi che si oppongono alla formulazione originaria della Commissione Ue, dall’ altra nel Consiglio la presidenza estone ha adottato un testo della propria posizione che indebolirebbe di molto la proposta originaria. Come già spiegato su queste pagine (si veda ItaliaOggi del 3/10/2017), l’ introduzione in capo agli editori di un diritto connesso al diritto d’ autore sugli articoli garantirebbe loro piena tutela dei propri contenuti online. Il diritto connesso non è una novità nella legislazione europea: è già presente per operatori televisivi e radiofonici, le cui trasmissioni sono sempre protette sebbene essi a volte non siano titolari del diritto d’ autore (nel caso di film o serie tv). I broadcaster così possono agire contro terzi che ritrasmettano online i propri programmi in virtù del diritto connesso e non in virtù del diritto d’ autore che resta in capo a chi ha creato il contenuto. La proposta di direttiva presentata dalla Commissione a settembre dello scorso anno, che modifica l’ attuale copyright europeo per tenere conto delle innovazioni del digitale, riconosce un diritto connesso anche in capo agli editori per l’ utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, accanto al diritto d’ autore dei giornalisti. Sicuramente il diritto connesso per gli editori sarà esteso anche alla carta, non solo all’ online, grazie a emendamenti presentati sia in Parlamento che in Consiglio. A favore di questa introduzione, ovvero della formulazione originaria dell’ articolo 11 in cui la tutela del diritto connesso comprende anche gli snippet (gli estratti degli articoli come si trovano in Google News), sono Italia, Germania, Francia, Spagna e Portogallo. Fra gli oppositori più decisi ci sono invece Regno Unito, Ungheria, Danimarca, Romania e Bulgaria. C’ è da dire che in Italia gli editori già con le norme attuali sono titolari del diritto d’ autore su giornali e riviste quali opere collettive (in origine si parlava solo della carta, ovviamente), mentre non accade così in altri paesi e per questo servirebbe un’ armonizzazione. Secondo quanto detto dal relatore per il Parlamento della proposta Axel Voss alle associazioni europee degli editori (Enpa per i quotidiani presieduta da Carlo Perrone e Emma per i magazine, nelle quali è presente la Fieg), difficilmente i suoi colleghi eurodeputati arriveranno ad adottare una propria posizione entro gennaio prossimo, proprio perché si sta cercando un compromesso. La situazione non è meno chiara in Consiglio, con l’ aggravante che la presidenza estone ha adottato il testo che propone due alternative di modifica dell’ articolo 11. La prima propone di ridurre la portata del diritto connesso escludendo che possa essere applicato anche agli snippet, mentre la seconda propone di sostituire l’ introduzione del diritto connesso con una presunzione di rappresentanza dei diritti degli autori delle opere. Due opzioni, hanno sottolineato le associazioni degli editori, che indebolirebbero considerevolmente la loro posizione nei confronti di motori di ricerca e aggregatori di notizie. Nella seconda ipotesi, in realtà, l’ indebolimento sarebbe anche più generale perché l’ editore per agire correrebbe il rischio di dover dimostrare di volta in volta la rappresentanza dei propri giornalisti. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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I rappresentanti dei giornalisti ricevuti da Gentiloni. I vertici di Federazione nazionale della stampa italiana, Ordine dei giornalisti, Inpgi, Casagit e Fondo di previdenza complementare sono stati ricevuti ieri a palazzo Chigi dal presidente del consiglio, Paolo Gentiloni. I rappresentanti dei giornalisti, per la prima volta tutti insieme nella sede del capo del governo, hanno esposto una serie di problemi urgenti e irrisolti per la categoria, a cominciare dal dilagare del lavoro precario. Al presidente Gentiloni è stato fatto presente che il tema del lavoro è rimasto assente nei recenti decreti sull’ editoria. Si è anche parlato della mancata cancellazione del carcere per i cronisti, con il fallimento di tutte le iniziative parlamentari prodotte in questa legislatura, e delle querele bavaglio, diventate una forma di intimidazione ai cronisti sempre più diffusa. Il presidente Gentiloni ha riconosciuto la fondatezza delle questioni e si è impegnato a verificare la possibilità di dare le prime risposte già in quest’ ultimo scorcio della legislatura. Sia sulle querele bavaglio, sia sull’ emergenza lavoro e sulla necessità di combattere il precariato saranno valutate forme di intervento normativo da approvare prima dello scioglimento delle camere, mentre alle aziende editoriali riconducibili alla parte pubblica sarà chiesto di riconoscere il contratto nazionale di lavoro giornalistico anche ai giornalisti impiegati a tempo determinato o con rapporto di collaborazione. ProSiebenSat.1, ristrutturazione in tre aree di business. Il gruppo radio televisivo tedesco avvierà un piano di ristrutturazione per le sue operazioni in tre aeree di business. La società ha affermato che tra il 2019 e il 2020 ha intenzione di raggiungere risparmi sui costi da più di 50 mln di euro attraverso un processo di ristrutturazione che ripartirà il business in tre divisioni. I tre focus saranno sull’ entertainment, sulla produzione di contenuti e le vendite globali, e infine sul commercio. Jan Kemper, cfo di ProSieben, ha affermato che la società continuerà a perseguire proposte di fusioni e acquisizioni per migliorare la crescita dell’ utile, soprattutto nell’ area commerciale. Su Virgin Radio la prevendita dei biglietti di Roger Waters. A tre mesi dai sei concerti già sold out in programma ad aprile 2018 nei palasport di Milano e Bologna, Roger Waters tornerà sui palcoscenici italiani. Lo farà con una produzione imponente e spettacolare finora messa in scena solo a Città del Messico e al Desert Trip Festival lo scorso anno e che ora approderà anche in Europa: dopo Londra, lo spettacolo andrà in scena a Lucca (Mura storiche) l’ 11 luglio e a Roma (Circo Massimo) il 14 luglio. Virgin Radio, radio ufficiale dei due eventi prodotti da D’ Alessandro e Galli, dalle 9.00 di lunedì 11 dicembre fino alla mezzanotte di mercoledì 13 dicembre venderà in anteprima esclusiva i biglietti. L’ app di Amazon Prime Video ora disponibile per Apple TV. Amazon ha annunciato che l’ app di Prime Video è disponibile per Apple TV 4K e per la generazione precedente di Apple TV in più di 100 paesi. Fra i contenuti anche la libreria di Amazon in 4K Ultra High Definition (Uhd) High Dynamic Range (Hdr) per Apple TV 4K. La7 martedì quarta rete in prime time: 5,27%. Martedì 5 dicembre la La7 ha ottenuto il 5,27% di share ed è stata quarta Rete in prime time (20.30-22.30), superando Rai2, Rai3 e Rete4 ferme rispettivamente 5,15%, al 4,69% e al 3,79%. diMartedì con il 4,88% di share e 1.081.906 telespettatori medi supera sempre Cartabianca su Rai3, fermo al 3,84% e 844.033. Il programma di Giovanni Floris ha ottenuto picchi del 6,27% di share con 1.609.077 telespettatori. Il Tg delle 20.00 di Enrico Mentana ha ottenuto il 5,49% di share e 1.309.108 telespettatori medi, e un picco del 6,73%. Otto e Mezzo di Lilli Gruber ha conquistato il 5,74% di share con 1.531.482 telespettatori medi e un picco del 6,58%. Al mattino L’ aria che tira di Myrta Merlino ha realizzato il 5,03% di share con un picco del 5,56%. Il Network La7 (La7 e La7d) ha conquistato il 4,45% di share nella giornata (07.00-02.00) con 11.587.067 telespettatori contattati nelle 24 ore (02.00-02.00).

A Class Cnbc la pubblicità rivoluzionaria di Telesia

Italia Oggi
TWITTER: CLASSCNBCMMM
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Misurare in tempo reale e con precisione il numero di persone che guarda uno spot sui canali tv è l’ obiettivo che si pongono molti investitori e adesso la soluzione viene offerta da Telesia, società del gruppo Class. Martedì sera a Marketing Media and Money (canale 507 di Sky, in onda martedì alle 21.05 e in replica mercoledì e sabato alle 10.10 e venerdì alle 13.30) Angelo Sajeva, presidente di Class Pubblicità, ha infatti parlato della rivoluzionaria tecnologia We Counter, pensata per il mercato delle Go Tv e pronta a cambiare i metodi di raccolta dell’ Audience. Ma non c’ è stata solo tecnologia in trasmissione, c’ è stato spazio anche per il search marketing con Alessio Angiolillo, managing director di Performics Italia, società che è stata premiata da Forrester Research come leader del settore. Un’ occasione per raccontare una branca del marketing che mantiene una grande importanza nella comunicazione digitalizzata di oggi. In chiusura sono arrivati i giudizi e le classifiche dei promossi e dei rimandati che questa settimana hanno visto vincere due aziende di giochi: Fisher Price per i peggiori e Hot Wheels per i migliori.

Blitz fascista a Repubblica I mesi delle intimidazioni

La Repubblica
Paolo Berizzi,
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roma « È il primo atto di guerra, non avrete tregua » . La rivendicazione arriva alle 16.22, venti minuti dopo il blitz, con un post delirante e minaccioso su Facebook. « Questo è solo il primo attacco contro chi diffonde il verbo immigrazionista. Da oggi inizia il boicottaggio sistematico contro chi diffonde la sostituzione etnica e l’ invasione. Roma e l’ Italia si difendono con l’ azione, spalla a spalla, se necessario a calci e pugni ». Forza Nuova contro Repubblica e L’ Espresso. Alle quattro di ieri pomeriggio con un’ azione squadrista e intimidatoria dodici militanti del partito neofascista hanno “assaltato” la sede del nostro giornale in via Cristoforo Colombo a Roma: vestiti di nero, due in giaccone mimetico, volti coperti da maschere bianche. Lo striscione con scritto ” Boicotta l’ Espresso la Repubblica” e tre bandiere di Forza Nuova. Dopo essere entrati nel cortile dell’ edificio i camerati hanno acceso cinque fumogeni e, mentre un portavoce leggeva al megafono un comunicato di accuse contro la redazione, gli altri hanno sfidato i giornalisti presenti all’ ingresso e i colleghi affacciati alle finestre. Insulti, provocazioni. Due torce luminose sono state lanciate contro il palazzo. Pochi istanti prima una militante si era staccata dal gruppo avvicinandosi minacciosamente a un giornalista che, mentre rientrava sul posto di lavoro, si era rivolto alla ” squadraccia” sfidandola a tirare giù la maschera. Ad accompagnare la spedizione fascista – condannata da quasi tutto il mondo politico e dai vertici dello Stato, in primis il presidente Sergio Mattarella; sull’ episodio la Procura ha aperto un’ inchiesta, indaga la Digos che ha identificato e denunciato due dei partecipanti e perquisito la sede di Forza Nuova – c’ è anche una ” dichiarazione di guerra”. « Torce accese per illuminare la verità contro le menzogne dei pennivendoli di regime e maschere sul volto. Ci siamo presentati così – ha ribadito FN in un post farneticante – perché oggi rappresentiamo ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzione etnica. Il Gruppo De Benedetti, agli ordini di Soros, Renzi e Boldrini, è la voce di chi sta attuando il genocidio del popolo italiano». A rincarare la dose, nel pomeriggio, arriva il commento di Roberto Fiore, segretario di FN. «È il primo atto di una guerra politica contro il Gruppo Espresso e contro il Pd. Stanno portando avanti un’ opera di mistificazione e di criminalizzazione che vuole mettere fuori gioco il nostro partito». È da mesi che Repubblica denuncia con servizi e inchieste i rigurgiti neofascisti e neonazisti nel nostro Paese, l’ avanzata della galassia nera, il suo nuovo volto, gli episodi di propaganda razzista e nostalgica: da FN a Casa-Pound alle formazioni neonaziste. Come il Veneto Fronte Skinhead, quelli dell’ irruzione di una settimana fa nella sede di Como Senza Frontiere. È da tempo, del resto, che va avanti l’ escalation dei movimenti neofascisti. Dalla parata dei mille saluti romani al cimitero maggiore di Milano ( 29 aprile) ai casi di questa estate nera. I cortei anti Ius Soli sotto il Senato. La spiaggia fascista di Chioggia. Le ronde anti immigrati di CasaPound a Ostia. Le provocazioni targate Forza Nuova, che è in forte crisi di voti e insegue CasaPound cercando di recuperare consensi: di qui la strategia di alzare il livello dell'” azione”. Ricordiamole. Il caso del manifesto anti- invasori con la donna bianca violentata da un soldato nero. La “marcia su Roma” del 28 ottobre ( vietata dal Viminale). Poi sono arrivati gli adesivi antisemiti con Anna Frank dei tifosi laziali. Fino al blitz del Veneto Fronte Skinhead a Como e la bandiera del Reich nazista esposta nella caserma Baldissera di Firenze. Ieri, subito dopo la spedizione fascista nella sede di Repubblica, è arrivata la solidarietà delle istituzioni e del mondo politico. Dal presidente Mattarella («un fatto grave») al premier Gentiloni, da Laura Boldrini al ministro dell’ Interno, Marco Minniti, in visita nella nostra redazione. «Un atto criminale e inaccettabile – ha detto il titolare del Viminale -. Non ci può essere un gruppo organizzato che dichiara guerra alle idee». Il primo a farsi sentire è stato il segretario del Pd Matteo Renzi su Twitter. Solidarietà anche da Beppe Grillo, dal centrodestra e da Matteo Salvini che dice: «Sono per la libertà di stampa. Alla faziosità dei giornalisti di Repubblica rispondo con idee e proposte, non con fumogeni e minacce». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tutte le battaglie per i diritti

La Repubblica
Gianluca di feo
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Comunicato del comitato di redazione di Repubblica La spedizione mascherata di Forza Nuova sotto la sede di Repubblica conferma, se ce ne fosse bisogno, che il dilagare di intolleranza, odio, xenofobia e fascismo che Repubblica sta puntualmente documentando con grande attenzione da settimane ha raggiunto una soglia di grande preoccupazione. Le maschere sui volti, i fumogeni, gli insulti, il linguaggio utilizzato da Forza Nuova con la sua “dichiarazione di guerra” ai giornalisti di Repubblica e de L’ Espresso minacciando nuovi “attacchi”, “calci e pugni” sono un gravissimo e inaccettabile atto nei confronti della libertà di stampa, diritto costituzionale che insieme agli altri diritti civili per i quali Repubblica si batte da tempo con le sua campagne, tutti i giornalisti del gruppo continueranno a salvaguardare senza lasciarsi minimamente intimorire da chi non ha neanche il coraggio di manifestare il proprio dissenso a volto scoperto. Il Cdr di Repubblica «La paziente fatica di portare alla luce i fatti, di mostrarli nella loro forza incoercibile e nella loro durezza». In queste parole di Giuseppe D’ Avanzo c’ è la sintesi del lavoro che Repubblica porta avanti da quasi quarantadue anni. Che si tratti di campagne o di inchieste, il carattere di questo giornale non è cambiato sin dall’ esordio. Lo testimoniano gli articoli, quelli che hanno spinto Forza Nuova con metodi squadristi a «dichiarare guerra» alle nostre idee. Da mesi abbiamo acceso un faro sulla rinascita del neofascismo, senza trascurare nessuna delle aggressioni che ormai vengono tollerate da settori sempre più larghi della società italiana e cavalcate anche da movimenti politici che non nascondono ambizioni di governo. Come il raid naziskin di Como, con l’ arrogante violenza del manipolo che ha imposto la lettura di un comunicato ai volontari che accolgono i migranti. Come la comunanza tra vecchi criminali e nuovi camerati che si è impadronita di Ostia, denunciata oltre due anni fa da una nostra giornalista che da allora vive sotto scorta. Abbiamo descritto in prima pagina le irruzioni nelle periferie romane delle squadracce, pronte a scatenare l’ odio contro gli immigrati. I protagonisti si spacciano per “patrioti” e gridano “prima gli italiani”. Ma poi – come abbiamo dimostrato utilizzando le intercettazioni dei carabinieri e le analisi finanziarie della magistratura – usano questa militanza politica per arricchirsi, imbastendo affari milionari, aprendo catene di negozi e nascondendo i profitti all’ estero. È il caso di Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova, un movimento che proclama la difesa degli “italiani ridotti in miseria” mentre i suoi esponenti fanno soldi con quei compro-oro che sfruttano proprio l’ impoverimento dei ceti più deboli. Queste persone hanno promesso di «non darci tregua» perché sosteniamo la necessità di approvare lo Ius soli. Sì, invochiamo una legge per porre fine all’ ingiustizia che nega la cittadinanza ai figli di immigrati nati nel nostro Paese: bambini e giovani che studiano nelle nostre scuole e continueranno a vivere nelle nostre città. Non vogliamo dimenticare la nostra storia di popolo di emigranti, dei nostri nonni costretti a cercare lavoro in altri continenti e di quanto abbiano faticato per vedere riconosciuti i diritti essenziali. E siamo convinti che senza quella legge intere comunità saranno escluse dalla vita democratica, condizionando il futuro di tutti. Perché solo l’ integrazione dei giovani cresciuti accettando la nostra cultura e i nostri valori ci permetterà di sconfiggere la paura e costruire un nuovo percorso di convivenza. Lo Ius soli è una soltanto delle sei leggi che da maggio chiediamo di varare entro la conclusione della legislatura: leggi – come ha scritto il direttore Mario Calabresi – «che riguardano i diritti dei cittadini, approvarle sarebbe un atto di sensibilità oltre che un segno di civiltà». Quella sul biotestamento sembra ormai in dirittura di arrivo, garantendo così la possibilità di decidere sulle terapie che condizionano la fine della vita. E’ stato votato il nuovo codice antimafia, che aggiorna gli strumenti per combattere le cosche e i loro emissari con il colletto bianco. Si è riusciti finalmente a introdurre il reato di tortura, colmando un vuoto che ha garantito la sostanziale impunità di barbarie gravissime come quelle che si verificarono durante il G8 di Genova. E continuiamo a credere nella legalizzazione nella cannabis, che troncherebbe un business dei clan senza aprire la strada a nuove dipendenze. Negli ultimi sei mesi abbiamo dedicato pagine e pagine a queste “sei leggi da non tradire”, come prima abbiamo fatto per anni a sostegno del pieno riconoscimento delle unioni civili: una conquista di civiltà, che adesso deve essere migliorata. È il nostro impegno per l’ affermazione dei diritti, in Italia e nel mondo. Lo portiamo avanti sul campo, denunciando l’ insostenibile lunghezza delle liste d’ attesa negli ospedali pubblici, ritardi che negano il diritto alla salute soprattutto ai cittadini più poveri, quelli che non possono ricorrere alla sanità privata. O mostrando l’ ostilità delle città verso i disabili, obbligati dalle barriere architettoniche e dalla maleducazione ad affrontare un’ odissea quotidiana: ogni settimana domandiamo risposte concrete alle istituzioni. Ma lo facciamo anche pretendendo la verità sulla morte di Giulio Regeni, indagando sulle responsabilità delle autorità egiziane per la crudele uccisione di questo giovane ricercatore. E insistiamo nelle inchieste sul potere, che abbiamo condotto nella stagione del governo Berlusconi e che realizziamo sugli scandali più recenti, dal caso Consip al crac delle banche. Da quasi quarantadue anni difendiamo ogni giorno questa idea di giornalismo, senza lasciarci intimorire dai terroristi che ferirono un nostro collega né dalle minacce che ci arrivano da gruppi antagonisti e consorterie mafiose. E continueremo a farlo, con una profonda fiducia nella coscienza civile dei nostri lettori e di tutti gli italiani, perché senza una stampa libera non c’ è democrazia. © RIPRODUZIONE RISERVATA LAPRESSE.

Attacco all’ informazione Minacce da clan e fascisti

Avvenire
NELLO SCAVO
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Volti occultati da maschere, fumogeni, urla. Un gruppo sparuto, ma che ha voluto lanciare una sfida. Il blitz dei neofascisti di Forza Nuova sotto la sede di Repubblica, a Roma, segna un salto di qualità della formazione di estrema destra che invita esplicitamente a boicottare la stampa. A rivendicarlo è il leader del movimento, Roberto Fiore, che annuncia «guerra» contro chi realizza inchieste sull’ estrema destra e in particolare sugli interessi economici dell’ estrama destra. «Atto criminale e inaccettabile», dice il ministro dell’ Interno Marco Minniti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella esprime «solidarietà» ai giornalisti per «i gravi fatti», mentre il premier Paolo Gentiloni ha contattato il direttore del quotidiano, Mario Calabresi. La spedizione della squadraccia finisce, al momento, con un denunciato per violenza privata e altri reati. «È il primo atto di una guerra politica contro il gruppo Espresso e contro il Pd – dice Fiore – . Stanno portando avanti un’ opera di mistificazione e di criminalizzazione che vuole mettere fuori gioco Forza Nuova». In un post su Facebook il movimento si rivendica «l’ assalto», «contro le menzogne dei pennivendoli di regime e maschere sul volto: ci siamo presentati così perché oggi rappresentiamo ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzione etnica. Roma e l’ Italia si difendono se necessario a calci e pugni. Questi infami sappiano che non gli daremo tregua». «La comunità civile deve dare un messaggio netto e forte: il Pd continuerà a lavorare contro atti di fascismo », risponde il leader Pd Matteo Renzi. Il presidente del Senato e neo leader di Liberi e Uguali, Pietro Grasso, parla di «gravissimo attacco fascista contro la libertà d’ informazione». «Quando si attacca un giornale si attacca la libertà di stampa», osserva la presidente della Camera Laura Boldrini. Per la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e l’ Ordine professionale é «un nuovo, intollerabile atto di squadrismo» e «servono risposte urgenti». «Risorge il neofascismo», dice la presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello. Condanna oltre che dal Pd da Forza Italia, Ap e M5S, tra gli altri, con Beppe Grillo che ritwitta sul «blitz squadrista». L’ azione contro Repubblica arriva in un periodo difficile per la stampa nei rapporti con estrema destra, mafie e criminalità. Dalla testata al cronista Rai Daniele Piervincenzi a Ostia da parte di Roberto Spada, che aveva appoggiato CasaPound alle elezioni municipali, all’ aggressione alla troupe di ‘Striscia la Notizia’ a San Basilio, a Roma, durante un servizio sulla droga. Ieri mattina si è insediato al Viminale il Centro di Coordinamento delle attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. A oggi sono 19 i dispositivi di protezione nei confronti di giornalisti e 167 le misure di vigilanza adottate, 90 gli episodi di intimidazione registrati quest’ anno. A preoccupare resta però i clima politico. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che nei giorni scorsi è stata attaccata e minacciata per aver condannato il gesto del carabiniere che in una caserma di Firenze teneva esposta una bandiera adottata dai neonazisti, ha ribadito che «lo squadrismo da tastiera di chi pensa di derubricare un fatto grave in una presunta gaffe storica o in una fake news non passerà sotto silenzio » e tutti quei commenti che hanno passato il segno di una critica civile «verranno sottoposti all’ autorità giudiziaria». RIPRODUZIONE RISERVATA Lanciati fumogeni contro la redazione del quotidiano. E dopo le intimidazioni mafiose il Viminale attiva coordinamento a protezione dei giornalisti. Mattarella: «Fatti gravi» ROMA Forza Nuova sotto “Repubblica”

Blitz di Forza Nuova contro Repubblica

Il Manifesto

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Roma II Un’ aggressione compiuta per intimidire un mezzo di informazione. E’ quanto ha fatto ieri pomeriggio una dozzina di militati di Forza Nuova che, mascherati e con in mano dei fumogeni, hanno inscenato un blitz sotto la redazione romana di Repubblica. Il gruppetto, che sventolava una bandiera di Forza Nuova, ha letto un volantino e intimidito giornalisti e dipendenti del quotidiano. Alcuni manifestanti hanno esposto uno striscione con scritto «Boicotta Repubblica e l’ Espresso». Un re dattore del giornale che stava entrando in redazione ha sfidato i fascisti a mostrare la faccia, invito raccolto solo da una ragazza subito richiamata all’ ordine dagli altri. «Oggi è stato solo il primo attacco contro chi diffonde il verbo immigrazionista, serve gli interessi delle Ong, coop e mafie varie. Roma e l’ Italia si difendono con l’ azione spalla a spalla, se necessario a calci e pugni», ha rivendicato più tardi Forza Nuova con un post sul suo sito. Parole confermate anche dal leader della formazione fascista Roberto Fiore, per il quale quello di ieri è «il primo atto di una guerra politica contro il gruppo Espresso e contro il Pd. Stanno portando avanti un’ opera di mistificazione e criminalizzazione che vuole mettere fuori gioco Forza Nuova». In un comunicato i Cdr di Repubblica e dell’ Espresso parlano di «un gravissimo e inaccettabile atto contro la libertà di stampa», mentre attestati di solidarietà al giornale sono arrivati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal ministro egli Interni Minniti. «Quel passato non tornerà», ha twittato invece il segretario del Pd Matteo Renzi, mentre condanna per quanto avvenuto è stata espressa anche da esponenti di Forza Italia. Solidarietà ai colleghi di Repubblica anche dal manifesto.

Blitz di Forza Nuova nella sede di Repubblica

Corriere della Sera
Fabrizio Caccia
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ROMA Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita ufficiale in Portogallo, ieri ha voluto esprimere la sua «solidarietà a tutti i giornalisti di Repubblica e dell’ Espresso per il grave fatto» accaduto. Un blitz, un «assalto» – così l’ hanno definito gli stessi autori – compiuto nel pomeriggio, intorno alle 16, quando un gruppetto di neofascisti con delle maschere bianche sul volto, in mano bandiere di Forza Nuova e un cartello con la scritta «Boicotta Repubblica e L’ Espresso», è penetrato nel cortile della sede romana del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e, dopo aver acceso dei fumogeni, ha letto un proclama di accuse, «una dichiarazione di guerra», contro la redazione. Un paio di candelotti sono stati anche lanciati all’ indirizzo di alcuni dipendenti che dalle finestre dell’ edificio protestavano contro la violenta forma d’ intimidazione. Poi il gruppetto, una dozzina di persone, s’ è dileguato. Qualche minuto dopo, però, è arrivata la rivendicazione su Facebook: «Oggi è stato solo il primo attacco contro chi diffonde il verbo immigrazionista… Sappiano che non gli daremo tregua, li contesteremo ovunque…». Il leader storico del movimento, Roberto Fiore, l’ uomo che il 28 ottobre scorso avrebbe voluto rifare la marcia su Roma, 95 anni dopo Benito Mussolini, lo ha ribadito all’ Ansa : «È il primo atto di una guerra politica contro il gruppo Espresso e contro il Pd». Ed è stato proprio questo cupo riferimento alla «guerra» a spingere il ministro dell’ Interno, Marco Minniti, a far subito visita ai giornalisti di Largo Fochetti, mentre il premier Paolo Gentiloni telefonava al direttore di Repubblica , Mario Calabresi, per manifestargli vicinanza e affetto: «È un atto criminale. Serve una risposta molto netta e chiara – le dure parole di Minniti – Non ci può essere un gruppo organizzato che dichiara guerra alle idee. L’ antifascismo e la libertà di stampa sono i capisaldi di una democrazia». «Il nostro lavoro dà fastidio», il commento a caldo del direttore Calabresi. Da mesi, il suo quotidiano porta avanti un’ opera attenta d’ informazione sul diffondersi di episodi di fascismo e intolleranza nel Paese. Il mese scorso, era stata sempre Repubblica a riportare una denuncia secondo cui in una sede romana di Forza Nuova i nuovi iscritti venivano spinti a raid contro gli immigrati. La Digos, intanto, grazie alle telecamere della zona, ha già identificato, fermato e denunciato per violenza privata uno dei militanti. E la Procura di Roma ha aperto un’ inchiesta. «Non ci faremo intimidire», dichiarano all’ unisono i comitati di redazione di Repubblica e L’ Espresso . Una condanna unanime è arrivata dalle forze politiche, dalla Federazione nazionale della stampa, dall’ Ordine dei giornalisti e dalla comunità ebraica romana. «Il Pd continuerà a lavorare contro atti di fascismo come questo», avverte il segretario dem, Matteo Renzi. Ed ecco, infine, il retweet a sorpresa di Beppe Grillo, il leader del M5S, in passato più che offensivo nei confronti della stampa: «Si può non essere d’ accordo con la linea editoriale di un giornale, ma blitz fascisti e squadristi come quello di Forza Nuova non hanno giustificazioni».

Blitz di Forza Nuova alla sede di Repubblica: «Sarà guerra» Sabato di tensione a Como

Il Sole 24 Ore
i.cimm.
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Blitz di Forza Nuova nella sede del quotidiano La Repubblica. «È il primo atto di una guerra contro il gruppo Espresso e contro il Partito democratico». La protesta, con fumogeni e uno striscione, è stata rivendicata dal leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, il quale ha aggiunto che il quotidiano diretto da Mario Calabresi e Tommaso Cerno «sta portando avanti un’ opera di mistificazione e criminalizzazione che vuole mettere fuori gioco Forza Nuova». Immediata la reazione dei giornalisti, che con una nota del Comitato di redazione hanno detto che «non ci faremo intimidire da queste minacce». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso «solidarietà» per «i gravi fatti di oggi». La stessa che è stata manifestata dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che ha chiamato il direttore Calabresi. Condanna, oltre che dal Pd , è stata espressa anche da Forza Italia, Ap e M5S. Sabato Fn fa sapere che scenderà in piazza a Como con una manifestazione in contrasto con quella organizzata dal Pd. Una sfida al questore che aveva negato l’ autorizzazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Forza Nuova e vecchi metodi: assalto a Repubblica

Libero

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CRISTIANA LODI Si calano in una dozzina con la maschera sulla faccia, lanciando fumogeni contro la sede del giornale. E addosso ai redattori che capitano loro sotto tiro o reagiscono alla provocazione. Danno del «pennivendolo terrorista infame» a chi ha scritto e indagato sulle formazioni neonaziste. Poi gridano al boicottaggio, minacciano e chiamano tutto questo «politica, militanza». Avvertendo che la loro guerra è soltanto al primo atto. Si arrogano, infine, il diritto di rappresentare gli italiani. Firmato: Forza Nuova. Gruppo neofascista guidato da Roberto Fiore, che preferisce definire lo stesso movimento «nazional popolare». Ieri, comunque il gruppo scelga di etichettarsi, ha mandato in scena una gravissima (seppur sgangherata) intimidazione squadrista sotto la sede di Repubblica e l’ Espresso. Con tanto di cartello e rivendicazione. Un manifestante di 34 anni (se così si può chiamare) è stato fermato dai poliziotti e denunciato per violenza privata e altri reati. Nessun ferito e niente danni, per fortuna. Ma poteva finire davvero male. Lo si è visto infinite volte e si è sempre cominciato col fumogeno e l’ insulto che parte da una faccia mascherata, proprio come ieri. Il blitz è appena scattato e (mentre sta arrivando la polizia) Forza Nuova ha già rivendicato l’ attacco via web. È un post farneticante confezionato dal leader Roberto Fiore: «Questa è una dichiarazione di guerra contro il Gruppo L’ Espresso» sono i tono, «le torce sono state accese per illuminare la verità contro le menzogne dei pennivendoli di regime». Frasi in libertà, frutto dello sbandamento, prima ancora dell’ esasperazione percepita dai cittadini di questo paese: «ci siamo presentati così, perché rappresentiamo ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzione etnica» si legge. «Il Gruppo De Bedenedetti, agli ordini di Soros, Renzi e Boldrini, è la voce di chi sta attuando il genocidio del popolo italiano». E via minacciando il giornale reo (secondo Fiore e i suoi) di «criminalizzare Fn» con inchieste sulla natura dei suoi fondi: «questo è stato solo il primo attacco… Da oggi inizia il boicottaggio sistematico e militante contro il veleno di questi terroristi mascherati da giornalisti. Questi infami sappiano che non gli daremo tregua, li contesteremo ovunque». «Atto criminale e inaccettabile» bolla il ministro dell’ Interno Marco Minniti, uscendo dalla redazione presa di mira. Il presidente Sergio Mattarella esprime «solidarietà ai giornalisti per i gravissimi fatti». Il premier Paolo Gentiloni chiama il direttore del quotidiano, Mario Calabresi. Per la Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti e l’ Ordine professionale, è «un intollerabile atto di squadrismo e servono risposte urgenti». Condanna da parte di ogni schieramento. Sabato sit-in del Pd e contro-presidio vietato dal questore. «Ci saremo lo stesso», fa sapere Fn. riproduzione riservata Il blitz dei militanti di Forza Nuova contro la sede di Repubblica.

“Mezze tacche trattate da eroi”, Carminati attacca i giornalisti

La Repubblica
Giuseppe Scarpa,
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roma Non lo nomina mai. Ma il riferimento al vicedirettore dell’ Espresso Lirio Abbate è chiaro. Si tratta dell’ appello alla sentenza di primo grado per Mafia capitale presentato dal legale di Massimo Carminati, Giosuè Naso. Allusioni, velate minacce, offese punteggiano il ricorso contro la condanna del “Nero” a vent’ anni per associazione a delinquere. Un repertorio del tutto simile, va detto, lo storico avvocato della destra romana lo aveva già esibito (sempre nei confronti del giornalista dell’ Espresso) durante la discussione del maxi-processo. Stavolta, nelle duecento pagine depositate lo scorso primo dicembre, si sofferma su Abbate in questi termini: « Abbiamo assistito alle premonitrici rivelazioni di giornalisti di mezza tacca spacciati per eroici paladini della verità in possesso di ghiotte anticipazioni ( il riferimento, velato ma non troppo, è all’ inchiesta del settimanale intitolata ” I quattro re di Roma”, ndr) su indagini in gestazione presso i vari organi di polizia giudiziaria, pubblicate con cronometrica puntualità » eppure « senza suscitare reazione alcuna in chi quelle indagini stava compiendo ». La teoria di Naso è che l’ indagine sul ” Mondo di mezzo”, ovvero sulla presenza di una cupola a Roma con al vertice Carminati ( come ritenuto dalla procura), sia sostanzialmente un bluff, costruito anche con l’ aiuto dei media: « Chi ha preso parte a questo processo – attacca il legale – potrà affermare di aver assistito alla colossale manipolazione di una realtà storica per trasformarla in realtà processuale » , per finalità « non tutte ostentate, e quindi rimaste sconosciute ». Un’ opera di manipolazione che, sostiene Naso, «nasce da lontano, attraverso un lavorio che coinvolge anche soggetti extraprocessuali, nella consapevolezza della necessità di un supporto mediatico e di opinione che renda legittimo e meritorio l’ intervento dell’ autorità giudiziaria » . Insomma: per l’ avvocato, l’ intera inchiesta giudiziaria ha avuto un «taglio stalinista » . Lo scopo? Non « la ricerca di una realtà obiettiva » , ma «la conferma di una realtà ideologicamente orientata», per confermare un teorema tagliato « su misura dei presunti responsabili». Gli articoli e i servizi televisivi di varie testate, conclude il legale, hanno prodotto un « debito di conoscenza verso la pubblica opinione ». Che è stata «abilmente e strumentalmente orientata grazie all’ opera di disinformazione che ha accompagnato le cronache di questo processo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il personaggio Massimo Carminati Il “guercio”, questo il suo soprannome negli ambienti della malavita, ha 59 anni. Ex esponente dei Nuclei armati rivoluzionari, poi membro della Banda della Magliana, viene arrestato nel 2014 nell’ inchiesta su “Mafia capitale”, della quale è ritenuto il capo: nel luglio 2017 è stato condannato a vent’ anni per associazione a delinquere.

Sky accende l’ albero di Natale e i licenziati protestano a Milano

Il Fatto Quotidiano

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Ieri alcuni dipendenti licenziati da Sky hanno tenuto una piccola manifestazione in piazza del Duomo a Milano nel giorno in cui l’ azienda di Murdoch accendeva le luci “dell’ albero di Natale più alto di sempre”. Non è mancata nemmeno una letterina di Natale: “Ma a Natale non erano tutti più buoni? No, è un’ altra palla. Come le 700 palline che un’ azienda senza scrupoli ha appeso all’ albero di Natale più alto di sempre (30 metri), assieme alle ‘teste’ delle centinaia di lavoratori della sede di Roma: trasferiti col ricatto, in sprezzo di ogni regola, auto-licenziati pur di non spaccare la famiglia, o licenziati in tronco. Chi prima, chi dopo. Il magnifico abete allestito da Sky a Milano, che sfoggia ben 100.000 luci led, è costato un prezzo scandaloso. Sky Italia infatti è in attivo e sempre più florida, grazie al duro lavoro delle persone che ha buttato in mezzo alla strada. Ma non le basta, perché vuole guadagnare di più, di più, ancora di più”.

Tutti pazzi per l’ editoria al via Più libri più liberi

Il Messaggero
GABRIELE SANTORO
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LA RASSEGNA Nel giorno del battesimo della sedicesima edizione di Più libri più liberi, la parola d’ ordine è stata internazionalizzazione. Il vice sindaco e assessore alla crescita culturale Luca Bergamo e il Ministro Dario Franceschini considerano il trasferimento nella nuova sede del Roma Convention Center La Nuvola un passo fondamentale per ridare slancio alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, rassegna ormai centrale nella proposta culturale della città e del Paese, proiettandola in una dimensione europea, come auspicato anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «La Nuvola non è rimasta l’ ennesima opera incompiuta e oggi sposa la bella storia di Più libri più liberi ha detto Franceschini . La Fiera ha attraversato come tutto il mondo dell’ editoria anni difficili, ma ora anche se ancora piccoli i segni di una ripartenza sono importanti. Abbiamo fatto degli interventi rilevanti come a sostegno delle librerie, però serve una legge per l’ editoria che aiuti l’ intera filiera». I TRADUTTORI Nei cinque giorni della manifestazione, che ha quasi raddoppiato lo spazio a disposizione, si terranno 550 appuntamenti con la possibilità di conoscere i cataloghi di circa 500 editori. La ricchezza maggiore della fiera è nella bibliodiversità, nell’ opportunità di trovare libri poco visibili in libreria, nonché il contatto diretto con chi lavora nel settore. Uno degli incontri significativi della prima giornata è stato dedicato ai traduttori troppo spesso dimenticati. Qual è la situazione del mercato librario? Ricardo Franco Levi, presidente dell’ Associazione Italiana Editori, ha ricordato come l’ editoria sia per fatturato la più grande industria culturale del paese. Il 39% terzo dei libri venduti in Italia sono pubblicati dai cosiddetti piccoli o medi editori. Secondo i dati di Nielsen per AIE, il 2017 ha segnato per il mercato del libro in Italia l’ uscita dalla crisi: +1,5% il fatturato, in recupero il dato, 1%, con la flessione in calo quello delle copie vendute. INFANZIA E FICTION Circa la metà del venduto appartiene al genere per infanzia e adolescenza, mentre una copia su quattro è di fiction straniera. Esclusa la grande distribuzione organizzata, in cui i piccoli e medi editori sono poco presenti, i dati cambiano molto e migliorano: +2,9% il valore complessivo del mercato del libro di carta e +0,5% il dato delle copie vendute. L’ incontro con Luis Sepúlveda e Giancarlo De Cataldo, che hanno parlato di ribellione, passione politica e civile, ha attirato la maggiore attenzione. Tanti gli appuntamenti dedicati alla questione mafie con l’ intervento del giornalista Francesco La Licata, vicino a Giovanni Falcone. Stamattina alle 12.30 presso la Sala La Nuvola il direttore de Il Messaggero Virman Cusenza aprirà la seconda giornata dialogando con Romano Prodi. Mentre a chiuderla, alle 19 presso la Sala Vega, sarà un omaggio al poeta Valentino Zeichen, scomparso poco più di un anno fa. Durante la serata l’ editore Fazi insieme fra gli altri a Marco Lodoli, Renato Minore e Aurelio Picca lo ricorderà leggendo le sue poesie. Gabriele Santoro © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Copie e mercato Doppia crescita per i piccoli editori

Corriere della Sera
di Laura Martellini
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Piccoli, ma tenaci. E «resistenti». La fiera Più libri più liberi s’ è aperta ieri a Roma, all’ Eur, con un segno più, atteso e avvolgente come la celebre «Nuvola» entro la quale la manifestazione è per la prima volta ospitata. I piccoli e medi editori continuano a crescere, secondo i dati Nielsen elaborati per l’ Associazione italiana editori. Ancor più del mercato generale. Il calcolo riguarda sia il fatturato nelle librerie tradizionali e online (senza Amazon) ad esclusione della grande distribuzione, sia il numero di copie di carta vendute nei primi dieci mesi dell’ anno. Un cauto ottimismo aleggia sugli oltre cinquecento editori della fiera, mai così numerosi. Il 2017 conferma l’ uscita del mercato editoriale italiano dalla crisi: più 1,5 per cento il fatturato, e meno uno per cento le copie vendute. Molto ci si aspetta dalle prossime festività. Se si estrapola però la grande distribuzione organizzata, in cui i piccoli e medi editori sono poco presenti, i dati cambiano notevolmente: più 2,9 per cento il valore complessivo del mercato del libro di carta, e più 0,5 per cento le copie vendute. A vincere è l’ editoria per ragazzi, insieme alla fiction italiana o proveniente da lontano: circa la metà del venduto. In cifre: una copia venduta su quattro nel 2017 appartiene al genere bambini e ragazzi (23,9 per cento, in crescita), una su quattro alla fiction straniera (23,7 per cento, in leggera diminuzione). A salire sono anche la fiction italiana (16,1 per cento delle copie vendute) e la «non fiction» specialistica (manualistica, 9,8 per cento delle copie vendute). Diminuiscono invece guide, libri di cucina, vademecum (12,9 per cento delle copie vendute) e la saggistica (13,7% delle copie vendute). Settori in cui invece i minori spadroneggiano. Se questo è il disegno generale, i piccoli continuano la buona performance: per il terzo anno consecutivo in crescita. Oggi pesano per il 39 per cento del mercato generale. Al netto della grande distribuzione organizzata, in cui è meno presente, emergono risultati della piccola editoria superiori alla media, anche rispetto ai grandi editori: più 3 per cento per valore, e più 0,6 per cento a copie. I big viaggiano a minor velocità: più 2,7 per valore e più 0,4 per cento le copie. A risalire la china danno una mano la curiosità, l’ amore per la sfida. L’ azzardo, anche. Diego Guida, presidente dei «piccoli» in seno all’ Aie, commenta: «Siamo uno dei settori più innovativi, con una grande volontà di esplorare nuovi generi, nuove letterature internazionali e nuovi autori. Tante le neonate realtà editoriali». Nielsen scorpora ulteriormente: la piccola e media editoria non è un settore omogeneo. Così anche i risultati sono diversi se si considerano i cinquanta al top del segmento (i cosiddetti medi editori, che registrano un più 5,2 per cento a fatturato e un più 3,2 per cento a copie). Dove crescono i piccoli editori nell’ anno agli sgoccioli? Soprattutto nella fiction straniera (più 4,7% a copie e più 9,2% il fatturato) e nel settore bambini e ragazzi (più 8,9 per cento a copie e più 12,8 per cento per fatturato). Variazioni significative (in positivo) si registrano anche per la manualistica: più 3,9% a copie e più 8,1% a fatturato. La linea è indicata: fiabe e filastrocche, manuali di pedagogia, illustrazioni manga. Sempre più fuori dal cono d’ ombra, ma al disegno manca la cornice, sottolinea Ricardo Franco Levi, presidente Aie: «L’ editoria italiana si conferma la prima industria culturale del Paese. Ci auguriamo di fare passi avanti perché si approvi quella legge sul libro e sulla lettura di cui l’ Italia ha da anni bisogno».

Libri, in arrivo il fondo da 3 mln

Italia Oggi

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«In questa legge di bilancio abbiamo introdotto un nuovo fondo per la lettura di 3 milioni di euro, ancora in fase di approvazione. Può sembrare una cifra non enorme, ma è circa dieci volte in più di quello che avevamo prima. E vogliamo discutere con tutta la filiera del libro su come investire, anche in maniera non tradizionale»: è l’ annuncio che ha fatto ieri il ministro dei beni culturali Dario Franceschini durante l’ inaugurazione di «Più libri più liberi», fiera della piccola e media editori organizzata da Aie (Associazione italiana editori), in calendario fino a domenica prossima al Roma Convention Center La Nuvola. A fine novembre, intanto, era stata la volta degli sgravi fiscali previsti a sostegno delle librerie (soprattutto indipendenti) su Imu, Tasi, Tari ed eventuale spesa per l’ affitto dei locali. E prima ancora era stata varata la riforma dell’ audiovisivo. «Un libro è importante almeno quanto un film? Se è così penso che lo Stato debba fare una legge per l’ editoria che aiuti tutta la filiera, dagli autori ai distributori alle traduzioni», ha concluso Franceschini. «E sono convinto che chiunque vincerà le prossime elezioni sentirà questo dovere morale di portarla avanti». Restando però tra i libri, ha fatto sapere sempre ieri l’ Aie presieduta da Ricardo Franco Levi, piccoli e medi editori si riprendono una rivincita segnando nei primi 10 mesi dell’ anno un +2,9% a valore del libro di carta e un +0,5% a volume, a fronte di un mercato complessivo che, rispettivamente, si ferma a +1,5% e -1%.

Fermate i Whatsapp dei genitori a scuola

Il Foglio

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Più che una legge anti fake news forse servirebbe una legge contro i genitori su Whatsapp. Se il ministro dell’ Istruzione Valeria Fedeli volesse lasciare un segno tangibile della sua presenza in questo governo, e volesse fare per una volta un buon servizio per l’ educazione dei nostri figli, dovrebbe andare velocemente su Twitter e recuperare un cinguettio di Andrea Scrosati, numero due di Sky Italia, che tre giorni fa ha scolpito in centoquaranta caratteri una verità assoluta sulla quale le istituzioni, e sopra tutto i genitori, dovrebbero riflettere. “I gruppi Whatsapp dei genitori hanno fatto più danni alla scuola italiana di venti riforme fallite”. Il tema lo conoscete tutti: più o meno ogni genitore con un figlio a scuola – asilo, elementari, medie, persino liceo, fa lo stesso – tra le chat del proprio telefonino ha uno spericolato gruppo all’ interno del quale con periodicità asfissiante si confronta con i genitori che hanno figli nella stessa classe del proprio. In un primo momento le chat hanno quasi sempre un tono cordiale, collaborativo, costruttivo, informativo. In un secondo momento, però, quando i genitori iniziano a prendere confidenza, le chat diventano spesso il motore isterico di una forma sofisticata di populismo familiare che porta molte mamme e molti papà a diventare in modo quasi istintivo i sindacalisti del proprio figlio. E che li porta a esprimere un sentimento non troppo diverso dalla teoria dell’ uno vale uno. Un graffio ricevuto dal proprio bimbo diventa la spia di una disciplina fuori controllo. Un pidocchio comparso sulla testa diventa il riflesso di una scuola irresponsabile. Un metodo di insegnamento non gradito o compreso diventa l’ occasione per organizzare moti di protesta contro l’ insegnante di turno. Una critica non gradita al proprio figlio diventa il pretesto per mettere in discussione il principio di autorità degli insegnanti. Una preside severa è immediatamente lo specchio di una inevitabile deriva autoritaria dell’ istituzione. E alla fine il principio è chiaro ed è evidente: i famigerati esperti non sono i depositari di una competenza superiore, e se siamo arrivati in una fase storica come quella in cui viviamo, in cui anche la scienza può essere considerata democratica, dobbiamo ac cettare l’ idea che anche l’ insegnamento possa essere soggetto ai giudizi del tribunale del popolo. Le decisioni dall’ alto non possono essere più accettate. Un genitore vale come un insegnante. Una madre vale un preside. Un padre vale come un medico. Uno vale uno. Negli ultimi mesi, in giro per l’ Italia, diverse scuole italiane hanno lanciato appelli ai genitori per disincentivare la proliferazione delle chat di classe. La preside di una scuola di un piccolo comune toscano, Rosignano Marittimo, ha inviato a maggio una circolare interna in cui ha denunciato il clima da caccia alle streghe generato dalle chat dei genitori e ha invitato con un filo di rassegnazione le mamme e i papà a ricordare un concetto semplice: insegnare ai figli il rispetto delle regole non dovrebbe essere il segno di un mondo autoritario da combattere, ma dovrebbe essere una missione prioritaria di un bravo genitore e non solo di un bravo insegnante. Qualche mese fa, con lo stesso tono sconfortato, due presidi di due istituti milanesi, il Maffucci e il Giovanni Pascoli, hanno lanciato appelli simili ai genitori, denunciando entrambe la pericolosità delle chat delle mamme e dei papà dove “questioni nate dal nulla possono trasformarsi in problemi enormi e dove in tanti scrivono con leggerezza, senza riflettere sulle conseguenze e senza preoccuparsi di trasformare piccole questioni in caccia alle streghe”. Un genitore che si disinteressa della scuola del figlio e dell’ insegnamento è ovviamente un genitore disattento. Un genitore che prova a impostare con le maestre dei propri figli lo stesso tipo di rapporto che tentano di impostare alla Casaleggio Associati con gli eletti grillini (io Tarzan, tu Cita) è un genitore che piuttosto che occuparsi di problemi diventa un problema. E da questo punto di vista gli insegnanti e i presidi che lottano ogni giorno contro quei genitori che tentano di applicare sui banchi di scuola la dottrina dell’ uno vale uno sono i nuovi e formidabili eroi della lotta contro un’ isteria che dovrebbe preoccupare più di una non candidatura di Giuliano Pisapia: il populismo scolastico. Più che una legge anti fake news, caro ministro Fedeli, forse servirebbe una legge contro i genitori su Whatsapp.

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