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Crisi edicole, torna “la moda” delle riviste gratis al supermercato…

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Dopo la riforma dell’editoria qualcosa sembrava cambiato, mi sembrava un miraggio poter vedere edicolanti, editori, giornalisti e Governo tutti insieme appassionatamente a riscrivere le regole. Ma finita la “scuola” iniziano le feste e con queste tornano i soliti “vizietti”, come regalare abbonamenti di riviste cartacee a chiunque (o quasi) si rechi al supermercato a fare la spesa. Potenza degli inserzionisti pubblicitari, che, spinti dal credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari (in pratica pubblicità a costo zero) azzannano il mercato editoriale affondando le vendite in edicola. Ma veniamo al punto. Due delle marche più note e vendute nel campo degli yogurt e dei saponi/detergenti regalano in pompa magna abbonamenti trimestrali ed annuali a tutti coloro che acquistano i loro prodotti.
Prima che sia troppo tardi, avrei un suggerimento per il legislatore. Perché non permettere anche agli edicolanti di vendere yogurt e similari? Le chiamavano liberalizzazioni…in realtà sono “vessazioni”…

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Queste invece le riviste in regalo:
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Circolare n. 39 del 30/10/2017 – Nuovo Regolamento – Contributi per l’emittenza radiotelevisiva locale

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La disciplina dei contributi annuali di sostegno alle emittenti televisive e radiofoniche locali è stata riformata con il Decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146  (“Regolamento per il riparto delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione”) in attuazione delle disposizioni contenute al comma 163 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e dalla legge 26 ottobre 2016, n. 198.

La dotazione finanziaria proviene dal fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, istituito dall’articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198.

Il nuovo Regolamento stabilisce che le risorse complessive della quota di fondo destinata alle emittenti venga ripartita in ragione dell’85% riservato alle emittenti televisive operanti in ambito locale, di cui il 5% riservato alle emittenti a carattere comunitario e la restante quota del 15% alle emittenti radiofoniche operanti in ambito locale, di cui il 25% riservato alle emittenti a carattere comunitario.

I soggetti beneficiari sono le emittenti tv titolari di autorizzazioni per fornitura di media audiovisivi in ambito locale, le emittenti radiofoniche locali operanti in tecnica analogica e titolari di autorizzazioni per la fornitura di servizi radiofonici non operanti in tecnica analogica e,.come detto, le emittenti a carattere comunitario in ambito locale. Il nuovo Regolamento ripartisce i contributi alle emittenti locali sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all’occupazione, dell’innovazione tecnologica e della qualità dei programmi e dell’informazione anche sulla base dei dati di ascolto. Sono definiti requisiti di ammissione e criteri di valutazione delle domande per le emittenti che intendono accedere all’assegnazione delle risorse. I requisiti di ammissione tengono conto di un numero minimo di dipendenti e giornalisti in regola con i versamenti dei contributi previdenziali che l’emittente deve avere per il marchio e la regione per i quali presenta la domanda di accesso ai contributi.

I requisiti richiesti per le emittenti locali sono:

  1. avere assunto almeno 14 dipendenti (di cui 4 giornalisti) assunti con contratto a tempo pieno dedicati alla fornitura di servizi media audiovisivi se il territorio in cui sono diffuse le trasmissioni nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda ha più di 5 mln abitanti. Il numero dei dipendenti è ridotto a 11 (di cui 3 giornalisti) se il territorio nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda ha tra 1,5 e 5 mln abitanti e ad 8 (di cui 2 giornalisti) se il territorio nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda ha fino a 1,5 mln abitanti; nell’ipotesi di contratti part time o di contratti di solidarietà si tiene conto della percentuale di ore effettivamente lavorate; dal 2020 il numero verrà determinato sulla base della media degli occupati nel biennio precedente, nel 2019 sulla base degli assunti nel 2018, mentre per le domande relative al triennio 2016 – 2018 si prenderà in considerazione il numero dei dipendenti alla data della domanda;
  2. aver assunto l’impegno impegno a non trasmettere (per i soli marchi/palinsesti per i quali si è presentata domanda) programmi di televendita nelle fasce tra le 7 e le 24 superiori al 40% relativamente alla domanda per il 2018. Percentuale che scenderà al 30% relativamente alla domanda per il 2019 e 20% a partire dalla data di presentazione della domanda per l’anno 2020;
  3. adesione ai codici di autoregolamentazione su televendite, tutela dei minori e avvenimenti sportivi;
  4. aver trasmesso nei marchi e palinsesti per cui presentano domanda, nell’anno solare precedente a quello della presentazione della domanda, almeno due edizioni giornaliere di telegiornali con valenza locale nella fascia oraria 7 -23 (con decorrenza dalla domanda per l’anno 2019, quindi con riferimento all’esercizio 2018).

Per le emittenti radiofoniche locali il numero minimo di dipendenti è di 2 dipendenti con almeno un giornalista.

Anche per le emittenti radiofoniche è previsto un regime transitorio per le domande relative agli anni di contributo che vanno dal 2016 al 2018.

Una delle principali novità introdotte dalla riforma è che si passa dalle graduatorie regionali ad un’unica graduatoria nazionale che verrà predisposta dal Ministero per lo sviluppo economico sulla base dei seguenti criteri

  • il numero medio di dipendenti effettivamente impiegati nell’attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica; in via transitoria, per le domande relative agli anni 2016-2017 il punteggio si calcola sul numero medio dei dipendenti effettivamente dedicati ai servizi media audiovisivi o all’emittenza radiofonica per la regione e per il marchio/palinsesto oggetto di domanda nell’anno di competenza del contributo e nell’anno precedente;
  • numero medio di giornalisti effettivamente occupati nel biennio precedente e impiegati nell’attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica. In via transitoria per le domande relative agli anni 2016 e 2017 il punteggio si calcola sul numero medio dei giornalisti dipendenti effettivamente dedicati nell’anno di competenza del contributo e nell’anno precedente; 
  • per le sole emittenti televisive commerciali media ponderata all’indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti medi giornalieri mediati sui dati del biennio precedente; per le domande relative all’anno 2016 si calcola la media dei dati del biennio 2015-2016 mentre per le domande relative al 2017 si tiene conto della media dei dati del biennio 2016-2017;
  • per le emittenti radiofoniche commerciali, in attesa della piena operatività del sistema di rilevazione degli ascolti, totale dei ricavi maturati nell’anno precedente per vendita di spazi pubblicitari;
  • totale dei costi sostenuti nell’esercizio precedente per spese in tecnologie innovative.

Alle prime 100 emittenti televisive commerciali è destinato il 95% delle relative risorse disponibili. Il restante 5% delle risorse è destinato alle emittenti che si posizionano successivamente.

A partire dal 2019, viene riconosciuta una maggiorazione fino al 10% del punteggio, a partire dalla domanda relativa all’anno 2019, per l’incremento del numero complessivo dei dipendenti di almeno una unità rispetto all’anno precedente, mentre per le domande relative agli anni 2016, 2017 e 2018 la maggiorazione del 10% è riconosciuta alle sole emittenti televisive che gli ultimi 3 anni abbiano effettuato acquisizioni, tramite fusioni o incorporazioni, e che negli ultimi 5 anni abbiano usufruito di almeno due annualità di contributi.

Inoltre, viene riconosciuta una maggiorazione del 15% del punteggio individuale complessivo per le emittenti radiofoniche e televisive che operano esclusivamente nelle regioni del sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia).

Infine, per gli esercizi 2016, 2017 e 2018 nell’ipotesi di acquisizioni da parte di emittenti televisive, tramite fusioni o incorporazioni, di altre emittenti televisive nell’ultimo triennio è riconosciuta una maggiorazione del 10 per cento nell’ipotesi in cui l’emittente in questione non presenti domanda di contributi per il soggetto acquisito.

Per le emittenti comunitarie invece ci sarà un regime diverso, data la loro finalità. Il 50% sarà ripartito in parti uguali tra tutti i soggetti beneficiari ammessi, l’altro 50% sulla base dei criteri di merito riguardanti dipendenti e giornalisti. Usufruiranno dei contributi le emittenti televisive a carattere comunitario che si sono impegnate a trasmettere programmi di televendite per una durata giornaliera non superiore ai 90 minuti.

Procedure di erogazione

Con il Regolamento si modifica anche il processo di erogazione dei contributi. E’, infatti, stabilito che entro il 28 febbraio di ciascun anno i soggetti che intendono beneficiare dei contributi presentino con procedura telematica al ministero una singola domanda per ogni regione in cui operano e per ogni marchio/palinsesto per i quali richiedono il contributo. Conclusa l’istruttoria le graduatorie nazionali dei soggetti ammessi a contributo (emittenti televisive a carattere commerciale e comunitario e emittenti radiofoniche a carattere commerciale e comunitario) saranno pubblicate sul sito web del ministero.

Revoca dei contributi

Se da un controllo ministeriale dovesse emerge la non veridicità delle dichiarazioni o la mancanza dei requisiti, il contributo verrà revocato e scatta l’obbligo per il beneficiario di riversare al ministero l’intero ammontare percepito e rivalutato secondo gli indici Istat di inflazione. In caso contrario si effettuerà il recupero coattivo.

Le modalità di presentazione, con procedura esclusivamente telematica, delle domande di contributo saranno definite con un decreto ministeriale in corso di emanazione che stabilirà anche i termini per la presentazione delle domande relative alle annualità 2016 e 2017.

Corte Ue: archivi dei giornali online da tutelare. No alle rimozioni.

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Con la sentenza depositata il 19 ottobre (ricorso n. 71233/13, CASE OF FUCHSMANN v. GERMANY), Strasburgo ha stabilito l’importanza degli archivi e ha ritenuto conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo la scelta delle autorità nazionali di tutelare gli archivi rispetto alle istanze di ricorrenti che si ritengono lesi nel diritto alla reputazione e che chiedono il ritiro della pubblicazione di testi diffusi online. E’ stato un uomo d’affari ucraino a rivolgersi alla Corte. Il manager, residente in Germania, era stato citato in un articolo del New York Times nel quale il giornalista aveva evidenziato i rapporti con la criminalità. Sul piano interno, il manager non aveva ottenuto alcun seguito alle sue istanze. Si è così rivolto alla Corte europea ritenendo che la Germania avesse violato l’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata nel quale è inclusa la tutela della reputazione. La Corte europea ha evidenziato la gravità delle accuse mosse all’imprenditore, ma ha ritenuto che tra la libertà di stampa e il diritto alla reputazione andasse privilegiata la prima perché l’articolo aveva al centro una questione di interesse pubblico come il coinvolgimento di un imprenditore in attività illecite. La Corte ha poi considerato corretto il comportamento del giornalista che ha indicato nominativamente l’uomo coinvolto. Questo anche perché, pur non trattandosi di un politico, il manager di una grande azienda deve essere qualificato come personaggio pubblico il quale deve mettere in conto di essere sotto i riflettori dei media. Nel valutare il comportamento del giornalista la Corte ha accertato il pieno rispetto delle regole professionali perché il cronista ha valutato l’autorevolezza delle fonti, svolto ricerche prima della pubblicazione, dando all’imprenditore l’opportunità di fornire la propria versione. La notizia, quindi, aveva una base fattuale sufficiente e l’articolo era privo di insinuazioni e di dati sulla vita privata.

Garanti Ue, varate le Linee guida sulla valutazione di impatto privacy

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Adottate dalle Autorità  di protezione dati europee riunite nel Gruppo di lavoro ex art.29 le Linee guida che aiuteranno amministrazioni pubbliche e imprese nella valutazione di impatto sulla protezione dei dati (DPIA, Data Protection Impact Assessment).

La DPIA, introdotta dal Regolamento europeo 2016/679, consiste in una procedura finalizzata a descrivere il trattamento dei dati, valutarne necessità e proporzionalità  e  facilitare la gestione dei rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche. La DPIA è uno strumento importante:  aiuta il titolare non soltanto a rispettare le prescrizioni del Regolamento europeo, ma anche a dimostrare l’adozione di misure idonee a garantirne il rispetto. In altri termini, la DPIA è una procedura che permette al titolare di realizzare e dimostrare la conformità del trattamento alle norme.  Non è obbligatorio condurre una DPIA per ogni singolo trattamento. Essa è però necessaria se il trattamento “può presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche”. È possibile utilizzare un’unica DPIA per valutare più trattamenti che presentino delle analogie (ad es. un gruppo di autorità locali che decidano di installare ciascuna un analogo sistema di videosorveglianza). E una analisi  di impatto privacy può essere utile anche per valutare l’effetto di un nuovo dispositivo tecnologico. In ogni caso, a prescindere dalla sua obbligatorietà, la DPIA rappresenta sempre una buona prassi per Pa e imprese.

Per assicurare un’interpretazione uniforme dei casi in cui la DPIA è obbligatoria, i Garanti Ue hanno fornito anche alcuni criteri  in vista dell’elaborazione degli elenchi dei trattamenti più rischiosi che le Autorità di controllo sono tenute ad adottare (ad es., trattamenti valutativi, compresi lo scoring e la profilazione; decisioni automatizzate dalle quali possono derivare discriminazioni per gli interessati; monitoraggio sistematico; trattamenti su larga scala, in particolare di dati sensibili).

L’inosservanza degli obblighi concernenti la DPIA può comportare l’imposizione di sanzioni pecuniarie da parte delle Autorità garanti. Il mancato svolgimento dell’analisi (quando il trattamento è soggetto a tale valutazione),  lo svolgimento non corretto o la mancata consultazione dell’Autorità di controllo competente ove ciò sia necessario, possono comportare l’applicazione di una sanzione amministrativa fino a un massimo di 10 milioni di euro  e, se si tratta di un’impresa, fino al 2% del fatturato globale annuo.

Rassegna Stampa del 31/10/2017

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Indice Articoli

Provocazione Rai: “Gabanelli torni. Ma con Report”

Rai fuori dalla «spending» e bonus cultura ai 18enni

Fondazione Fiera pronta per la Rai

Class Cnbc, la hit parade della pubblicità in tv

La Rai rivede il polo di Milano

Poligrafici P. stamperà Gazzetta Parma

Chessidice in viale dell’ Editoria

La filiera editoriale va ripensata per riportare i cittadini in edicola

Su Class Cnbc parte Mind and Money

Giornale di Sicilia, il 64% a Gazzetta Sud

Editoria, a Ses spa il giornale di Sicilia

Poligrafici Printing si conferma leader Stamperà anche la Gazzetta di Parma

Maggioni e Vespa, la Corte dei Conti indaga

Corte dei conti, doppia indagine sulle spese Rai

Assolto l’ ex presidente Inpgi mancano le prove delle accuse

Provocazione Rai: “Gabanelli torni. Ma con Report”

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Milena Gabanelli e Mario Orfeo sembrano due mondi destinati a non capirsi. Questa sera a mezzanotte scade il periodo di aspettativa che la giornalista si è presa dopo il congelamento del progetto di portale web (Rai24.com) che avrebbe dovuto guidare da direttore. Ma, se nel braccio di ferro con Viale Mazzini Gabanelli aveva avanzato la contro-proposta di un suo ritorno in tv con una striscia quotidiana di 4 minuti dopo il Tg1 delle 20 (un programma di data journalism dove un fatto viene raccontato per numeri), il vertice Rai ora rilancia offrendole sì un ritorno in video, ma a Report, il programma che lei stessa ha ideato e portato al successo, ma che aveva deciso di abbandonare a novembre 2016. E in più mette sul tavolo sempre la stessa pietanza già rifiutata: occuparsi del rilancio di Rainews.it in condirezione con Antonio Di Bella. La proposta di Viale Mazzini sembra fatta apposta per prendere tempo: intanto viene confermata senza passi in avanti la condirezione di Rainews24 per mettere le basi alla futura creazione del nuovo portale (quello per cui la giornalista era stata chiamata in Rai da Antonio Campo Dall’ Orto), in più il ritorno a Report, al fianco di quello che un tempo era il suo più stretto collaboratore, Sigfrido Ranucci, che dallo scorso dicembre ha preso in mano la trasmissione. Il tutto, fanno sapere da Viale Mazzini, in attesa del nuovo piano informazione che vedrà la luce nei prossimi mesi e i cui tempi sono fissati dal contratto di servizio appena approvato dal Cda e ora all’ esame della Vigilanza. Peccato, però, che la proposta web sia sempre quella già rifiutata da Gabanelli ed è proprio il motivo per cui si è messa in aspettativa (“non metto la faccia su un prodotto che non firmo”, aveva detto a settembre annunciando lo strappo), mentre il ritorno a Report sembra il modo per svicolare all’ offerta del nuovo programma quotidiano dopo il Tg1. Tornare a Report, per lei che l’ ha creato e condotto per 19 anni, sembra quasi una provocazione. Difficile che Gabanelli possa accettare, ma a questo punto nulla si può escludere. C’ è da chiedersi, invece, come mai non sia stata presa in considerazione l’ idea del suo nuovo programma. Quattro minuti dopo il Tg1 spaventano così tanto i vertici Rai? Nell’ anno in cui si andrà a votare, è probabile. “I palinsesti sono già stati approvati, difficile inserire un programma in corsa, anche se così di breve durata. Rischia di sballare tutta la programmazione”, la spiegazione data nei giorni scorsi riguardo ai dubbi in tal senso di Orfeo. Eppure ieri pomeriggio le trattative tra l’ ex conduttrice di Report e Viale Mazzini sembravano vicine a una svolta. “Ci stiamo parlando, vedremo nei prossimi giorni come evolverà la situazione”, faceva sapere Gabanelli. Che poi alle agenzie ripeteva il suo no al piano B offertole dalla Rai sul web. “Se la posizione dell’ azienda resta immutata, ribadisco che non m’ interessa. È come avere una 500 senza le gomme e per giunta con al volante un’ altra persona”, spiegava Gabanelli. Poi, in serata, Viale Mazzini ha fatto trapelare la nuova doppia offerta. La palla ora torna alla giornalista, ma a un accordo si dovrà arrivare in fretta: questa sera a mezzanotte scade il termine dell’ aspettativa. E dati i chiari di luna degli ascolti (Domenica in è scesa al 9,3%, mentre Fazio ha saltato ancora una puntata), per Orfeo perdere una campionessa dello share come Gabanelli non sarebbe un grande affare. Nel frattempo si muove anche Carlo Freccero, che ha in serbo un’ altra proposta per un ritorno della giornalista in video, ma ne parlerà solo giovedì, dopo un incontro con il direttore generale.

Rai fuori dalla «spending» e bonus cultura ai 18enni

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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La Rai viene messa al riparo dalla mannaia della spending review. L’ inserimento nella lista Istat «delle unità istituzionali appartenenti alla pubblica amministrazione», con tutti i limiti di spesa e operativi che conseguono, non avrà ripercussioni sulla Rai che grazie alla legge di Bilancio 2018 dovrebbe lasciarsi alle spalle un problema che da viale Mazzini hanno da subito vissuto come un incubo. A settembre 2016, la tv di Stato fu compresa in un elenco di amministrazioni pubbliche da monitorare, trattandosi di soggetti che possono impattare sui conti dello Stato e, nella fattispecie, di soggetto i cui ricavi non derivano in misura maggioritaria dalla vendita di servizi (pubblicità o pay tv). Solo grazie al Milleproroghe si è spostato di un anno, fino quindi al 31 dicembre 2017, il momento del redde rationem. Ora la manovra taglia la testa al toro. Resta comunque in vigore il «tetto» ai compensi pari a 240mila euro lordi (fatta eccezione per gli artisti autorizzati). Nella manovra c’ è un nutrito pacchetto “cultura”. Il Governo promette di rifinanziare il bonus per i giovani che compiono 18 anni: 290 milioni di euro annui per prorogare al 2018 e al 2019 la card da 500 euro per i neo diciottenni residenti in Italia. I fondi sono nelle tabelle. Tutte risorse per sostenere i consumi culturali, permettendo l’ acquisto di libri e musica, l’ accesso a teatri, cinema, musei, mostre, aree archeologiche, gallerie, monumenti e parchi naturali. Il pacchetto cultura inserito in manovra prevede nero su bianco l’ Iva agevolata al 10% per i concerti, come già previsto per gli spettacoli teatrali, fondi per i musei e per incentivare la lettura. Sul versante dello sport e dei diritti tv, tra gli articoli c’ è il cosiddetto “pacchetto Lotti”, per la revisione della legge Melandri sui diritti tv. In questo quadro fra le varie misure sale dal 40 al 50% la quota dei diritti Tv attribuita equamente ai club di serie A, mentre scende quella attribuita sul numero dei tifosi. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fondazione Fiera pronta per la Rai

Il Sole 24 Ore
Sara Monaci
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MILANO La Rai dà il via ad una «indagine esplorativa di mercato» per valutare se a Milano ci siano nuove aree dove trasferirsi per razionalizzare gli uffici e creare nuovi studi televisivi. Il bando, atteso da settimane, è stato aperto ieri con pubblicazione ufficiale. E intanto la Fondazione Fiera Milano, controllata da Comune di Milano e Regione Lombardia, si prepara ad offrire la sua soluzione nel quartiere Portello di Milano, in cerca di un progetto di riqualificazione da almeno un paio di anni. Non è da escludersi che l’ ente fieristico sia l’ unico soggetto in grado di rispondere alla manifestazione di interesse, per via dell’ ampia disponibilità di spazio nei suoi due padiglioni della storica Fiera, per 56mila metri quadrati. La Rai al momento ne chiede solo tra i 16 e i 20mila, un fabbisogno di cui l’ ente sarebbe in grado di farsi carico, probabilmente con un restyling degli edifici. Le possibili richieste economiche sono ancora allo studio, il canone potrebbe aggirarsi intorno a 1,5 milioni all’ anno, anche se la Fondazione vuole prima valutare il tipo di impegno e il numero di dipendenti e ospiti che potrebbero lavorare nella zona di Via Gattamelata. Guardando in prospettiva, il quartiere Portello potrebbe garantire anche un’ ulteriore espansione della Rai milanese. La Rai creerà a Milano un polo per avere nuovi studi e laboratori e riunire alcuni uffici (probabilmente quelli relativi alla raccolta pubblicitaria) e capannoni (per ora adiacenti all’ edificio storico di Corso Sempione). Si legge nella «manifestazione di interesse per la disponibilità di immobili da locare in Milano per il centro i produzione di Milano della Rai» la volontà di dare vita ad un «complesso immobiliare, che dovrà essere reso disponibile per un periodo pari a 6 anni più 6 anni, finito, funzionante e fruibile entro il 31-12-2018». Le risposte dovranno arrivare entro le ore 13 del 14-12-2017. Il quartiere Portello sta cercando da anni una nuova identità. Durante il mandato dell’ ex presidente Benito Benedini non è andato in porto il progetto del nuovo stadio del Milan, che prima si è presentato vincendo un bando e poi si è ritirato, arrivando ad un contenzioso con la Fondazione (risolto con il pagamento di circa 10 milioni da parte della società calcistica). Si è rivelato anche inadeguato, secondo la valutazione finale del Comune di Milano, il progetto “Milano Alta” proposto dal raggruppamento Vitali-Stam, che si era aggiudicato la gara come secondo arrivato. Il contenzioso è ancora in corso, e questo potrebbe creare qualche intoppo per il progetto Rai, che porterebbe la firma del nuovo presidente Giovanni Gorno Tempini. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Class Cnbc, la hit parade della pubblicità in tv

Italia Oggi

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Sono di Grana Padano, Philips Hue, Breil, Calzedonia e Vodafone Shake gli spot che concorrono questa settimana alla hit parade delle migliori pubblicità, elaborata nel corso della trasmissione Marketing Media and Money, il programma di Class Cnbc (canale Sky 507) dedicato al mondo del marketing, della pubblicità e della comunicazione, in onda ogni martedì alle 21,05 (in replica mercoledì e sabato alle 10,10 e venerdì alle 13,30) e condotto da Andrea Cabrini e Silvia Sgaravatti. A rischiare il flop sono Nutella, Roadhouse, ItaliaOnline, Findus ed Air Wick Pure. Le classifiche sono elaborate in base ai giudizi di una giuria composta da studenti della laurea specialistica in marketing management dell’ Università Bocconi che spiegano ai telespettatori i motivi delle loro scelte. In studio si parla poi di antropologia e di come può aiutare a studiare, realizzare e pianificare uno spot pubblicitario. Lo spiega Alessia Zampano, consumer culture specialist. Mentre Simone Masè, ceo di Saatchi & Saatchi, presenta l’ ultimo spot studiato per Enel.

La Rai rivede il polo di Milano

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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La Rai a Milano si prepara a lasciare gli studi di via Mecenate, il cui contratto di locazione con East end studios termina il 31 dicembre 2018, e lancia una manifestazione pubblica di interesse per trovare un nuovo complesso immobiliare più vicino a corso Sempione (dove c’ è la sede principale Rai di Milano), e con una superficie lorda tra i 16 mila e i 20 mila metri quadri. In particolare i nuovi spazi dovranno ospitare: uno studio televisivo grande tra i 1.200 e i 1.500 metri quadri; tre studi televisivi medi, tra i 600 e gli 800 metri quadri; due studi piccoli (5-600 mq); spazi per uffici tra i 2 mila e i 2.500 mq; altre aree di supporto logistico e tecnico per circa 10-12 mila metri quadri. Rai è interessata a una locazione per un periodo di 6 anni+6 anni, per un complesso immobiliare che dovrà essere finito, funzionante e fruibile entro il 31 dicembre 2018. Le manifestazioni di interesse dovranno pervenire in Rai entro il 14 dicembre 2017. Insomma, si prova a dare una accelerata alla nuova entità Rai di Milano, e al nuovo peso politico della sede milanese nelle logiche del servizio pubblico radiotelevisivo, peso che passa anche dalla presenza di un grande polo produttivo concentrato su un’ unica area, e non disperso in studi periferici molto lontani da corso Sempione. Va detto che pure nel 2014, sotto la direzione generale di Luigi Gubitosi, la Rai lanciò analoga gara. Ma l’ iniziativa non portò a significativi risultati. Emerse solo una ipotesi sull’ area Expo di Rho Pero, che però Gubitosi, già all’ epoca, giudicò troppo defilata rispetto alla sede Rai di Milano. Nei mesi scorsi si è invece fatto un gran parlare di immobili in zona Portello, e già Gubitosi aveva definito interessanti le ipotesi di un centro di produzione Rai nell’ area di Citylife, anche se nessuno aveva avanzato proposte formali. È probabile, tuttavia, che, informalmente, ci siano stati contatti negli ultimi mesi, ma ora sarà la manifestazione di interesse pubblico a decretare l’ offerta migliore per Pietro Gaffuri, responsabile del centro di produzione tv di Milano. Negli studi Rai di via Mecenate, che vengono giudicati troppo decentrati rispetto alle mutate esigenze, si producono, attualmente, CasaMika, Detto Fatto e i programmi di Fabio Fazio. E in quegli stabili la Rai aveva trasferito parte delle sue produzioni dal 2007, con un contratto di locazione stipulato con la società East end studios. Questa azienda, specializzata nell’ affitto di spazi per eventi, è posseduta al 70% in maniera paritetica da Alda Giuliani e Marco, Davide e Mario Milana. Il restante 30% è invece controllato disgiuntamente al 15% da Alda Giuliani, e al 5% ciascuno dagli altri tre soci. Nel 2016 East end studios, con sette dipendenti, ha avuto ricavi pari a quattro milioni di euro, in netta crescita rispetto ai tre milioni del 2015, e ha chiuso l’ esercizio con un utile di 223 mila euro. Il boom di ricavi, che è proseguito anche nel primo trimestre del 2017 (+27% sullo stesso periodo 2016), è dovuto in particolare, come spiega l’ amministratore unico Luigi Cappelletti nella nota integrativa del bilancio 2016, al rapporto con Endemol, che negli altri studi di via Mecenate produce Master Chef e Master Chef celebrity (per Sky Italia), e Boom! (per Discovery Italia). © Riproduzione riservata.

Poligrafici P. stamperà Gazzetta Parma

Italia Oggi

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Sarà Poligrafici Printing a stampare la Gazzetta di Parma. Attraverso la controllata Centro Stampa Poligrafici Srl (Csp), la società presieduta da Nicola Natali ha raggiunto infatti un accordo con Gazzetta di Parma Srl che prevede, a decorrere dal 1° febbraio 2018 e per cinque anni, la stampa di tutte le copie del quotidiano nello stabilimento di produzione di Bologna con back up quello di Firenze. L’ operazione ha richiesto un investimento complessivo di circa 1,2 mln euro, necessario per adeguare gli impianti alle caratteristiche della Gazzetta di Parma. «Tale modifica tecnica ha permesso di aggiudicarci una commessa prestigiosa con l’ editore del quotidiano Gazzetta di Parma, con il quale peraltro il Gruppo Monrif stava già collaborando in altri ambiti», ha commentato Natali. «Inoltre il nuovo formato 30×44 permetterà al Gruppo Poligrafici Printing di porsi come centro di stampa poligrafica leader nel centro Italia grazie alla intercambiabilità degli stabilimenti di Bologna, Firenze e Loreto».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Pubblicità, radio a +12%. Il fatturato pubblicitario del mezzo radio segna a settembre scorso un +11,7%, rispetto allo stesso mese del 2016. A livello assoluto il dato sfiora quota 28,6 milioni di euro, secondo l’ Osservatorio Fcp-Assoradio. «Il fatturato pubblicitario delle concessionarie radio Fcp resta saldamente col segno positivo anche a chiusura del terzo quarter», ha dichiarato il presidente Fcp-Assoradio Fausto Amorese. «Il mese di settembre, con un peso sul totale anno di circa l’ 8%, incrementa dell’ 11,7% rispetto al 2016. Considerando i primi nove mesi il progresso complessivo è del 4,2%, superiore alla media del mercato. La radio continua a crescere per il terzo anno consecutivo, consolidando il proprio ruolo da protagonista nelle pianificazioni media». Rcs, nuovi vertici a Unidad Editorial. Nicola Speroni è il nuovo d.g. area business di Unidad Editorial e Stefania Bedogni il nuovo d.g. area corporate di Unidad Editorial, editrice spagnola controllata al 100% da Rcs MediaGroup, che ha tra l’ altro in portafoglio il quotidiano El Mundo e quello sportivo Marca. Per entrambi i manager si tratta di un ritorno a Unidad Editorial: Speroni, che ha cominciato la sua carriera professionale a Tele+ prima di entrare nel 2000 in Rcs, dal 2011 si era trasferito a Madrid come direttore generale di Marca, per poi tornare nel 2013 a Milano come direttore della divisione Corriere della Sera. Bedoni, invece, ha iniziato la carriera in Mondadori per poi entrare nel 1990 in Rcs. Nel 2002 è diventata cfo della controllata francese Flammarion e nel 2007 è ritornata a Milano come controller di gruppo. Nel 2011 è arrivata a Madrid, nel ruolo di cfo di Unidad Editorial, entrando anche nel cda, per tornare due anni dopo alla sede centrale italiana. Citynews cresce in Campania con CasertaNews.it. Il Gruppo Editoriale Citynews ha acquisito la testata locale CasertaNews.it, che diventa, dopo NapoliToday.it, SalernoToday.it e AvellinoToday.it, la quarta testata campana del gruppo. Dopo il recente ingresso di FrosinoneToday e QuiComo, Citynews raggiunge quota 45 quotidiani locali digitali, oltre alla testata nazionale Today.it e alla neonata EuropaToday.it. A Novara arriva La voce. Dal 23 ottobre è online una nuova testata giornalistica locale che si chiama La voce di Novara. A dirigerla, dopo un anno passato ad aggregare nove esponenti del mondo imprenditoriale e politico locale, c’ è Ettore Colli Vignarelli, tornato al giornalismo attivo dopo un decennio passato a gestire gli uffici stampa delle amministrazioni di Provincia e Comune. Cibo a regola d’ arte, a Napoli 6 mila presenze. La kermesse del Corriere della Sera sul buon cibo ha concluso la sua prima edizione napoletana con 6 mila presenze, grazie a 11 masterclass, 8 laboratori di cucina, 23 stelle Michelin, 2 spettacoli teatrali, 2 momenti musicali, 1 reading d’ autore, 10 ore di degustazione e 30 ospiti. Fox Networks, Dance Dance Dance fa il bis. Torna con la seconda stagione Dance Dance Dance, la produzione originale di Fox Networks Group Italy che quest’ anno verrà coprodotta insieme a Tv8. Il talent show sulla danza andrà in onda da gennaio 2018 con la prima tv assoluta su FoxLife (Sky, 114) e poi in prima visione in chiaro su Tv8 (al tasto 8 del telecomando). Mondadori, prosegue acquisto azioni proprie. Arnoldo Mondadori Editore ha acquistato sul Mercato telematico azionario, nel periodo tra il 23 e il 27 ottobre 2017, 23 mila azioni ordinarie (pari allo 0,009% del capitale sociale) al prezzo unitario medio di euro 2,2127 per un controvalore complessivo di 50.892,10 euro. Finora Arnoldo Mondadori Editore detiene 742 mila azioni proprie pari allo 0,284% del capitale sociale.

La filiera editoriale va ripensata per riportare i cittadini in edicola

Italia Oggi
ALESSANDRO CAROLLO
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«Quella editoriale è purtroppo una filiera disaggregata (editore-distributore-edicolante) in cui si rende necessario riportare unità, processo che necessariamente deve partire a monte, dall’ editore per arrivare a valle attraverso il ruolo fondamentale del distributore locale che tiene di fatto unito il sistema», sostengono all’ Agenzia Menta. Ma come? Esistono fondi europei che si possono utilizzare per l’ ammodernamento della rete vendita, con un bel progetto di filiera che nessuno sembra avere la volontà di perseguire, continuando invece a peggiorare la situazione. Addirittura, con l’ ultima normativa 96/2017, il settore è stato riportato a una standardizzazione di fornitura di servizi di base ai punti vendita che porterà a un’ involuzione dei punti vendita, con esito probabile di chiusura degli stessi, anziché alimentare il sistema con nuove risorse, come per esempio l’ informatizzazione oggi sempre più indispensabile e fondamentale per gestire in nuovi processi del futuro (vedere per esempio l’ accordo Fieg- Anci appena siglato e di cui anche ItaliaOggi del 3/10/17 ha dato ampio spazio). Occorre dunque una revisione della normativa, a partire dal parlamento: la commissione cultura deve prendere l’ iniziativa per creare un organo di filiera cartacea (composto da soggetti operanti nel settore) che analizzi i progetti di legge da veicolare al dipartimento dell’ editoria ed effettui una pianificazione degli interventi urgenti, come la certificazione dei distributori locali (dl, che dovrebbe essere fatta dagli editori); la certificazione dei punti vendita, che dovrebbe essere fatta dai dl, sulla base di standard qualitativi definiti dall’ organo istituzionale di filiera, che promuovano lo sviluppo del settore attraverso regole condivise, come la formazione obbligatoria del rivenditore e politiche di remunerazione basate su criteri meritocratici e riconoscimenti economici al raggiungimento di obiettivi. «L’ editore deve ridisegnare la rete distributiva, imponendo criteri qualitativi che, se non rispettati, dopo un determinato periodo di adeguamento, non consentano il permanere nella rete dei soggetti non titolati. Oggi, soprattutto nel caso di piccole realtà distributive, è indispensabile procedere a forme di aggregazione e concentramento per raggiungere obiettivi qualitativi difficilmente realizzabili da agenzie di piccole dimensioni che non riescono con i fatturati attuali più a sopravvivere in autonomia», sostengono dall’ Agenzia Menta. Insomma, quella editoriale è una filiera che oggi va ripensata con obiettivi qualitativi, per riportare i cittadini in edicola, alla riscoperta dell’ unica fonte reale dell’ espressione culturale del paese fornita dalla carta stampata. © Riproduzione riservata.

Su Class Cnbc parte Mind and Money

Italia Oggi

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Arriva su Class Cnbc Mind and Money, il primo programma televisivo sul rapporto tra soldi e cervello. Per imparare a usare la testa e a guidare le emozioni nella gestione dei risparmi e nelle scelte di tutti i giorni su investimenti e consumi. Andrea Cabrini, direttore di Class Cnbc, intervista i maestri della finanza comportamentale, la scienza che più di ogni altra spiega i risultati economici delle nostre decisioni. Ospite della prima puntata, in onda giovedì 9 novembre alle 21,05 e sempre disponibile sul sito di Milano Finanza, il professor Richard Thaler, appena nominato Nobel per l’ economia 2017. Nella sua prima intervista nel nostro paese, il professor Thaler dà i voti al portafoglio dei risparmiatori italiani, spiega i segreti del mental accounting, gli schemi mentali che governano le nostre decisioni economiche, e la teoria del «Nudge», i piccoli stimoli che ci consentono di fare le scelte giuste. Nelle prossime settimane saranno ospiti: Meir Statman, dell’ Università di Santa Clara; Terrance Odean, dell’ Università di Berkeley; Paolo Legrenzi, di Ca’ Foscari. Al centro del programma le ultime scoperte delle neuroscienze e della psicologia applicata all’ economia sui pregiudizi e sulle trappole mentali che fanno di voi i peggiori nemici dei vostri soldi. Mind and Money è in onda su Class Cnbc (Sky 507) ogni giovedì alle 21,05, in replica il venerdì alle 10,10 e il lunedì alle 14. Sempre disponibile sul videocenter di milanofinanza.it.

Giornale di Sicilia, il 64% a Gazzetta Sud

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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La Gazzetta del Sud formalizza l’ acquisto del 64% del Giornale di Sicilia. L’ operazione era stata già annunciata a inizio dello scorso agosto (vedere ItaliaOggi del 5/8/2017) e adesso viene finalizzata attraverso la Società editrice Sud (Ses, cui fa capo la Gazzetta del Sud) che prende il controllo del Giornale di Sicilia editoriale poligrafica della famiglia Ardizzone. L’ acquisizione si chiude cash + carta, con gli Ardizzone che entrano al 5% nella Ses della Gazzetta del Sud (controllata dalla Fondazione Bonino Pulejo). Si conclude quindi anche in Sicilia una fase di concentrazione editoriale che, oltre ai due quotidiani, coinvolge le tv Tgs e Rtp e le radio Rgs e Antenna dello Stretto. Sono previste sinergie sia nella stampa sia nella distribuzione ma soprattutto Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia (in tutto circa 45 mila copie vendute) avranno in comune un primo sfoglio sull’ attualità nazionale. La raccolta locale è in mano alla società Gds, quella nazionale a Rcs.

Editoria, a Ses spa il giornale di Sicilia

MF

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Firmato ieri mattina l’ accordo per l’ acquisizione da parte della Società Editrice Sud Spa, proprietaria della Gazzetta del Sud, della quota di controllo del Giornale di Sicilia Editoriale Poligrafica Spa. «La Ses Spa», si legge in una nota, «coprirà così buona parte del Mezzogiorno con una informazione completa e multimediale: due testate storiche quali Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia, le televisioni Tgs e Rtp, i siti web e le radio Rgs e Antenna dello Stretto. Il direttore editoriale e amministratore delegato di Ses – Gazzetta del Sud, Lino Morgante, e un rappresentante dell’ Italmobiliare Spa, entreranno nel Cda del Giornale di Sicilia mentre l’ editore Antonio Ardizzone diventerà azionista della Ses Spa, con una quota del 5%, e sarà cooptato nel consiglio d’ amministrazione, mantenendo le cariche di presidente dell’ Editoriale Poligrafica e di direttore del Giornale di Sicilia. La pubblicità locale di tutte testate del gruppo continuerà a essere gestita dalla Gds Media & Communication, quella nazionale dalla Rcs MediaGroup.

Poligrafici Printing si conferma leader Stamperà anche la Gazzetta di Parma

Il Resto del Carlino

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BOLOGNA IL GRUPPO Poligrafici ha concluso un importante accordo industriale che conferma la sua condizione di leadership nel campo della stampa editoriale. Poligrafici Printing spa ha infatti comunicato ieri che, per il tramite della controllata Centro Stampa Poligrafici Srl (CSP), ha raggiunto un accordo con la società Gazzetta di Parma srl per la stampa dello storico quotidiano Gazzetta di Parma, giornale leader nella città ducale. L’ accordo, che avrà decorrenza dal 1° febbraio 2018 ed avrà durata di cinque anni, prevede la stampa di tutte le copie della Gazzetta di Parma. Lo stabilimento di produzione sarà quello di Bologna con la possibilità, in caso di necessità, di utilizzare anche lo stabilimento di Firenze della Poligrafici. L’ ACCORDO ha comportato «un investimento tecnico di modifica delle tre rotative KBA Color di Bologna e Firenze (di proprietà di CSP) per adattarne la produzione al formato della Gazzetta di Parma, che diventerà pertanto alternativo all’ attuale formato dei quotidiani del gruppo», spiega in una nota Poligrafici Printing. L’ investimento complessivo, stimato nell’ ordine di 1,2 milioni di euro, si è reso necessario per adeguare gli impianti alle caratteristiche del quotidiano Gazzetta di Parma, nonché per adattarsi a quelle che sono le attuali richieste di mercato in tema di formato del quotidiano. «LE modifiche tecniche – ha spiegato il presidente di Poligrafici Printing Spa, Nicola Natali – hanno permesso di aggiudicarci una commessa prestigiosa con l’ editore del quotidiano Gazzetta di Parma, con il quale peraltro il nostro gruppo stava già collaborando in altri ambiti; inoltre il nuovo formato che le rotative potranno stampare permetterà al Gruppo Poligrafici Printing di porsi come centro di stampa poligrafica leader nel centro-Italia grazie alla intercambiabilità degli stabilimenti di Bologna, Firenze e Loreto».

Maggioni e Vespa, la Corte dei Conti indaga

Il Tempo
VALERIA DI CORRADO
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Valeria Di Corrado Il compenso da «artista» di Bruno Vespa e le trasferte pagate a Monica Maggioni per promuovere il suo libro. La Procura della Corte dei conti del Lazio vuole stabilire se dietro questi due casi, che stanno agitando il dibattito politico, si possa configurare un danno erariale per la tv di Stato. Entrambi i fascicoli sono stati affidati al sostituto procuratore Massimiliano Minerva, già titolare dell’ indagine sul contratto milionario siglato con Fabio Fazio per presentare «Che tempo che fa?». A sollevare per primo la questione sulla qualifica professionale attribuita al padrone di casa di «Porta a porta», è stato a inizio mese il presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, Roberto Fico. «C’ è un conduttore che, per aggirare la deroga al tetto ai compensi, ha un contratto da artista, pur essendo giornalista – aveva sottolineato il deputato grillino – Dall’ altra parte ci sono tantissimi giornalisti senza un contratto da giornalista in Rai. Questo è un paradosso. Quando faremo la delibera sulla par condicio proporrò che chi ha avuto la deroga al tetto ai compensi, perché ha un contratto da artista, non possa essere ricondotto sotto testata». Le regole della campagna elettorale per la tv pubblica vengono infatti definite dalla commissione di Vigilanza con la delibera sulla par condicio. Proprio per questo il parlamen tare di M5S ha minacciato di escluderei giornalisti che vengono inquadrati come artisti, dalla possibilità di ospitare nei loro programmi la «vecchia» tribuna elettorale. «Non so se la proposta del presidente Fico sarà approvata o no – aveva replicato Vespa – ma visto che ho lo stesso contratto dal 2001, temo che debbano essere annullate le elezioni degli ultimi 16 anni perché inquinate dalla presenza “artistica” di Porta a Porta in tutte le campagne elettorali». Ora stai pm delle Corte dei conti stabilire se il contratto di Vespa, co sì come è stato configurato, nasconda un danno erariale. In tal caso, la responsabilità sarebbe da addebitare ai vertici di viale Mazzini. Proprio lo scorso settembre il contratto del noto giornalista di Rai1 è stato rinnovato per altri due anni, con un taglio del 30% sul compenso. È stato il direttore generale Mario Orfeo a proporlo al cda. Il conduttore, che negli ultimi anni aveva guadagnato un milione e 930mila euro, scenderà a 1,2 milioni per lo stesso numero di puntate del talk show (120 a stagione) in onda in seconda serata. Contemporaneamente la Procura contabile del Lazio, guidata dal Andrea Lupi, dovrà far luce sulle spese per le trasferte a cui ha partecipato, tra maggio e ottobre 2015, l’ ex direttore di Rai News24 Monica Maggioni, attuale presidente della Rai, per promuovere il suo libro «Terrore mediatico» a Martinafranca, Alberobello, Fano, Fasano, Polignano, Milano, Grado, Pescassero li, Ferrara e Torino. I pm di piazzale Clodio hanno già aperto un’ inchiesta penale, sulla base dell’ esposto presentato lo scorso giugno dall’ associazione «Rai bene comune». Il suo presidente, Riccardo Laganà, aveva ipotizzato il reato di peculato a carico della Maggioni. Al momento, tuttavia, il fascicolo non contiene iscritti nel registro degli indagati. Per acquisire elementi utili alle indagini, la scorsa settimana i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Roma hanno bussare alla porta di viale Mazzini per acquisire, su richiesta del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Claudia Terracina, una serie di documenti. Su questa vicenda i vertici della tv pubblica si erano già espressi formalmente rispondendo all’ interrogazione dei grilli ni: «La partecipazione ad eventi e dibattiti sul tema dell’ Isis da parte dell’ allora direttore di RaiNews24, avvenuti a seguito della sua scelta di non trasmettere più i video integrali di propaganda dell’ Isis e della pubblicazione del libro “Terrore mediatico”, fu ritenuta parte stessa di una scelta editoriale divenuta poi comune all’ azienda». L’ ostacolo all’ attività dei pm contabili potrebbe essere rappresentato dalla recente pronuncia della sezione giurisdizionale del Lazio, che ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti dei dirigenti generali della Rai, oltreché dei componenti del suo consiglio di amministrazione.

Corte dei conti, doppia indagine sulle spese Rai

La Repubblica
LORENZO D’ ALBERGO
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ROMA. La procura della corte dei Conti del Lazio accende di nuovo il suo faro sulla Rai e mette nel mirino due big della tv di Stato. Da una parte c’ è Bruno Vespa e il suo compenso da artista. Dall’ altra le trasferte di Monica Maggioni per la promozione del suo libro. I fascicoli sono stati affidati al viceprocuratore Massimiliano Minerva. Il pm, già al lavoro sul contratto di Fabio Fazio per la conduzione di Che tempo che fa? ora dovrà stabilire se dietro le diverse partite aperte a viale Mazzini si possa celare un danno al pubblico erario. Procedendo, ovviamente, un caso alla volta. A sollevare un vero polverone mediatico sul primo, quello che riguarda lo storico volto di Porta a Porta, è stato Roberto Fico. In più di un’ occasione il presidente grillino della Commissione di vigilanza sulla Rai si è scagliato contro Vespa, mettendo in dubbio la legittimità del suo contratto: «C’ è un conduttore che per aggirare la deroga al tetto ai compensi ha un contratto da artista, ma è un giornalista. Dall’ altra parte ci sono tantissimi giornalisti senza un contratto da giornalista in Rai. Questo è un paradosso», aveva attaccato il deputato M5S. Per poi promettere una rivoluzione nella tv di Stato: «Quando faremo la delibera sulla par condicio proporrò che chi ha avuto la deroga al tetto ai compensi, perché ha un contratto da artista, non possa essere ricondotto sotto testata». In altre parole, l’ idea dei pentastellati è quella di non concedere ai giornalisti con contratto da artista di poter ospitare politici. Di poter mandare in onda e gestire dibattiti, talk show e le care vecchie tribune elettorali di cui Rino Gaetano cantava in Nuntereggaepiù. La risposta di Vespa a Fico, condita da una buona dose di ironia, era stata immediata: «Ho lo stesso contratto dal 2001, temo che debbano essere annullate le elezioni degli ultimi 16 anni perché inquinate dalla presenza artistica di Porta a Porta in tutte le campagne elettorali». Al netto delle polemiche, il contratto del giornalista è stato tagliato del 30 per cento a settembre. Da 1,9 a 1,2 milioni per 120 puntate a stagione. Secondo caso per i pm coordinati dal procuratore regionale Andrea Lupi, le trasferte di Monica Maggioni, ex direttrice di Rai News 24 e attuale presidente Rai. Nel giro di sei mesi, tra la primavera e l’ autunno 2015, ha viaggiato tra Torino e Alberobello per presentare il suo libro Terrore mediatico. L’ inchiesta è alle prime battute, ma trova una sponda a piazzale Clodio. Già, perché la corte dei Conti e i colleghi del penale lavorano sulle stesse carte. Quelle acquisite dal nucleo di polizia tributaria di Roma della guardia di finanza. Le fiamme gialle sono piombate negli uffici amministrativi di viale Mazzini la scorsa settimana per raccogliere tutti i documenti sulle spese sostenute da Monica Maggioni. A richiederli sulla base di un esposto presentato dall’ associazione Rai Bene Comune erano stati il procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Claudia Terracina. Ipotesi di peculato, anche se per ora non c’ è alcun nome nel registro degli indagati. Insomma, si valuteranno le carte e poi si vedrà. Proprio come alla corte dei Conti, dove la Rai è sempre un tema caldo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Anche la polizia tributaria della Guardia di Finanza sta indagando sui rimborsi della dirigente PORTA A PORTA Bruno Vespa conduce il talk su Rai1 dal 22 gennaio 1996.

Assolto l’ ex presidente Inpgi mancano le prove delle accuse

Il Giorno (ed. Milano)

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È per mancanza di testimoni e di documenti a sostegno dell’ ipotesi della Procura di Milano che l’ ex presidente dell’ Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) Andrea Camporese è stato assolto con formula piena dalle accuse di corruzione e truffa nel processo con al centro il crac della finanziaria Sopaf. Come si legge nelle motivazioni depositate ieri dal Tribunale non è stata raggiunta alcuna prova circa un presunto accordo in base al quale Andrea Toschi amministratore delegato di Adenium sgr, della galassia Sopaf avrebbe versato 200 mila euro, parte dei quali su un conto svizzero che lui stesso si sarebbe intestato, come «remunerazione» all’ allora numero uno dell’ ente di previdenza dei giornalisti in cambio degli investimenti «del valore molto ingente» che aveva «veicolato» sulla società di gestione risparmio e sul Fondo immobili pubblici (Fip). «Nessun testimone e nessun documento – è scritto – ha confortato tale assunto accusatorio» fondato esclusivamente sulle dichiarazioni di Toschi a cui mancano «riscontri precisi».

Rassegna Stampa del 01/11/2017

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Indice Articoli

Orfeo fa scappare Gabanelli (dopo averla emarginata)

“Una sconfitta tripla, che ci costerà pubblico”

Scontro su RaiNews, Gabanelli se ne va

Rai, Gabanelli si dimette: «Mi hanno umiliata, ferma da un anno»

Gabanelli lascia la Rai: «Non ci sono condizioni»

Dal 2020 il nuovo digitale terrestre 100 milioni per rottamare i televisori

Immagini più nitide e acquisti in diretta ma la «rivoluzione» sarà a caro prezzo

Fake news, il decalogo di Boldrini e la prossima campagna elettorale

Fedeli e Boldrini sceriffi anti -fake news al Liceo Visconti (comicità)

L’ e-commerce crescerà coi servizi

Fieg, editori sostengono Basta bufale

Tv, la nuova transizione

Il Tg1 arranca senza il traino dell’ Eredità e il Tg5 sorpassa

Chessidice

Diletta Leotta entra nella squadra di Radio 105

Stampa, raccolta a -8,4%

L’ ultima fregatura europea: le tv nuove sono già da buttare

Multicanalità: anche chi non acquista su Internet è influenzato dall’ online

Multicanalità, così il web influenza chi non lo usa

Primo step entro il 31 marzo Frequenze all’ asta a settembre

Le gare su Eurosport Un canale 24 ore su 24 anche sui tablet

La pubblicità sulla stampa in calo dell’ 8,4% a settembre. I dati Fcp: quotidiani -9,7%, settimanali -4,2%, mensili -7,9% (TABELLA)

Premio di giornalismo per il compleanno del Circolo Posillipo

Orfeo fa scappare Gabanelli (dopo averla emarginata)

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Che potesse finire così lo si era capito di fronte all’ ultima proposta della Rai: andare avanti col progetto web in forma ridotta e in più, come contentino, tornare a Report. Una controfferta, specie nella seconda parte, dal sapore beffardo. E così, dopo un ultimo colloquio con Mario Orfeo lunedì pomeriggio, Milena Gabanelli ha deciso di lasciare la Rai. Ieri, alla scadenza del periodo di aspettativa che lei stessa si era presa, la giornalista ha rassegnato le dimissioni dalla tv di Stato dove era stata assunta nove mesi dall’ allora direttore generale Antonio Campo Dall’ Orto. Presa per dirigere una nuova testata: un grande portale web da oltre 80 giornalisti che avrebbe dovuto risollevare le sorti di mamma Rai su internet. Poi, però, dopo la bocciatura del piano informazione di Campo Dall’ Orto e le sue dimissioni da dg, le cose per Milena, che si era già messa al lavoro, si sono complicate. Con Mario Orfeo è iniziato una lunga trattativa, conclusa con un nulla di fatto. A niente è valsa anche l’ ultima proposta della giornalista: un ritorno in video in una striscia di 4 minuti dopo il Tg1 della 20 con l’ esame di un fatto del giorno raccontato per numeri (data journalism). “I palinsesti sono già chiusi e quella è una fascia blindatissima: è l’ ora di maggiore ascolto e gli spot sono già venduti da mesi, impossibile spostare qualcosa”, la risposta di Viale Mazzini. Che le ha avanzato la controproposta di tornare in co-conduzione a Report, la sua creatura ventennale che lei stessa aveva affidato nelle mani di Sigfrido Ranucci un anno fa. “Ho comunicato all’ azienda le mie dimissioni perché le condizioni proposte non permettono di produrre risultati accettabili”, ha spiegato Gabanelli. “La condirezione di Rainews non ne modifica il limite, invece la nascita del portale unico di news on line su cui ho lavorato in questi mesi è subordinata a tempi non definiti e certi”, ha aggiunto. Subordinata al futuro nuovo piano informazione che avrebbe consentito la nascita di una nuova testata web. Ma, con le elezioni alle porte e i vertici Rai in scadenza il prossimo luglio, non si sa quando e se il nuovo piano news vedrà la luce. Gabanelli ha poi spiegato che l’ idea di una striscia quotidiana è venuta “proprio per non disperdere il lavoro fatto in questi mesi, ma anche questa strada per il dg non è percorribile”. Infine, riguardo a Report, “oltre a precisare che è stata la sottoscritta a decidere che era venuto il momento di considerarla un’ esperienza conclusa”, la giornalista ha fatto sapere di considerare la proposta di un suo ritorno “mortificante per il collega e l’ intera squadra, che sta portando avanti il programma in modo eccellente”. La sensazione è che Viale Mazzini abbia fatto di tutto per farsi dire di no. “Sono dispiaciuto e stupito. L’ incarico di condirettore di Rainews24 con la delega allo sviluppo di un portale web con 45 giornalisti, una nuova grafica e il contributo di tutte le testate era prestigioso e di tutto rispetto”, ha detto Mario Orfeo. “Unito a un suo ritorno a Report, si trattava di una doppia offerta che doveva rappresentare il momento di passaggio verso la nascita di una testata web autonoma”, ha aggiunto il Dg. Insomma, secondo Orfeo è stato fatto tutto il possibile. Per Gabanelli, invece, neanche il minimo sindacale. Il risultato è che Viale Mazzini perde una delle migliori giornaliste d’ inchiesta a livello internazionale, un pezzo da novanta che ora si metterà sul mercato (verso Sky?). Mentre Orfeo rischia di essere ricordato come il dg Rai che ha firmato un mega contratto a Fabio Fazio e si è lasciato scappare Gabanelli.

“Una sconfitta tripla, che ci costerà pubblico”

Il Fatto Quotidiano
Ferruccio Sansa
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Sono avvilito e amareggiato. Questa per me è una grande sconfitta. Ho fatto di tutto perché Milena Gabanelli restasse alla Rai. Carlo Freccero, queste dimissioni sembrano piuttosto una grande sconfitta per la Rai Sì, una tripla sconfitta. Primo perché Gabanelli è un punto di forza per il servizio pubblico. Secondo, perché lavora proprio nel genere di informazione principe di cui abbiamo molto bisogno e che qualifica la Rai. Ma non basta: Gabanelli è nell’ olimpo delle grandi personalità dell’ informazione, ci mette un attimo a ricevere altre offerte Rai cornuta e mazziata? Non solo perderemmo pubblico in un momento in cui ne abbiamo grande bisogno. Ma quel pubblico finirebbe alla nostra concorrenza. Gabanelli si è dimessa, perché usa il condizionale? Spero che ci siano margini. Io avevo un’ idea che credo potesse essere valida per tutti. Come creare condizioni serie per far restare la creatrice di Report? Sabato ho mandato un messaggio a Mario Orfeo. Gli ho scritto di ‘tenere calda la Gabanelli fino a giovedì che c’ erano delle proposte molto interessanti da farle’. Quali? Offrire a Gabanelli una striscia serale su Rai3: cinque minuti o quanto tempo desidera lei alle 21, ora di massima audience. Da lunedì a venerdì. Sarebbe in sintonia con lo spirito della rete. E farebbe da traino a programmi come Report o Carta Bianca. Ma Orfeo ha fatto la proposta a Gabanelli? Mi è arrivato ora un messaggio del direttore generale. Cosa dice? Che era pronto a fare la proposta nei prossimi giorni, ma le dimissioni sono arrivate prima. Lei ci crede? La proposta di far tornare Gabanelli a Report a molti sembrava un invito ad andarsene Posso dire come si è comportato Orfeo con me. È sempre stato molto disponibile. Possibile che la Rai non riesca a fare un’ offerta adeguata a Gabanelli? Gabanelli aveva accettato la proposta di restare ‘parcheggiata’ in attesa di diventare direttrice di una nuova rete. L’ offerta veniva dal direttore generale precedente, ma c’ era il divieto di creare nuove testate. Così la Rai ha perso uno dei giornalisti più amati Io spero ancora Perché la Rai non alza il telefono e le fa subito la proposta? Spero che lo facciano. Mi pare un’ offerta adeguata. Ma se Gabanelli se ne andasse lei resterebbe in questa Rai? Lo sa quanto prendo io per il mio lavoro nella televisione pubblica? Zero. Lavoro gratis. Quindi non lo faccio per denaro. Ma non credo di potermene andare. Il prossimo anno si vota, bisogna presidiare la posizione, cercare di garantire un’ informazione corretta in un momento decisivo per il Paese.

Scontro su RaiNews, Gabanelli se ne va

La Repubblica

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ROMA. Milena Gabanelli lascia la Rai. Siamo alle dimissioni irrevocabili. La storica conduttrice di Report strappa il contratto da vice direttrice che le aveva assegnato l’ ormai ex dg Campo Dall’ Orto. Nei piani di Campo, Gabanelli doveva prendere il timone di una corazzata dell’ informazione online. La sua testata – Rai 24 – a regime avrebbe schierato 120 giornalisti, oltre a 40 tecnici. Ma poi il Cda di Viale Mazzini aveva bocciato il progetto, anche perché la nuova Convenzione tra lo Stato e la Rai condizionava il varo di una nuova testata all’ accorpamento di due altre già esistenti. Caduto Campo Dall’ Orto, il dg Mario Orfeo ha offerto alla Gabanelli la condirezione di Rai News 24, guidata da Antonio Di Bella, che le avrebbe permesso di guidare il sito attuale della tv di Stato, sia pure con forze limitate a 40 cronisti. Ma Gabanelli ha rifiutato e a settembre si è messa in aspettativa non retribuita per un mese, sfiduciata e in polemica. Intanto il Contratto di Servizio, che elenca gli impegni della Rai verso gli italiani, ha dato tempo a Orfeo fino a giugno 2018 per varare una riforma complessiva delle news. La giornalista ha fatto allora un’ ultima proposta: una striscia quotidiana dopo il Tg1 delle 20, in perfetto stile Enzo Biagi. Ma eravamo ormai al dialogo tra sordi, tanto che Orfeo le ha offerto il ritorno al timone di Report insieme al nuovo conduttore Sigfrido Ranucci. Offerta rifiutata perché considerata un passo indietro. Il dg Orfeo si dice «sorpreso e dispiaciuto» dalla decisione della Gabanelli, ma i 5Stelle si chiedono adesso perché la Rai abbia steso un tappeto rosso a Vespa, per poi perdere una cronista così autonoma. ( a. fon.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rai, Gabanelli si dimette: «Mi hanno umiliata, ferma da un anno»

Il Mattino
Stefania Piras
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Roma. A metà settembre era andata in aspettativa non retribuita un po’ per protesta, un po’ perché non era più sicura di raggiungere l’ obiettivo: la striscia di cinque minuti dopo il Tg1. Poi ieri con una mail ha rassegnato le dimissioni. Milena Gabanelli, 63 anni, in Rai dal 1982, tutte le volte che aveva incontrato il nuovo direttore generale della Rai Mario Orfeo, e prima di settembre si sono visti tutte le settimane, ha cercato di convincerlo della sua idea: un format velocissimo di pochissimi minuti appunto che introducesse il data journalism nel salotto degli italiani appena dopo il tiggì. Sì, era il posto di Enzo Biagi, la finestra nobile dell’ informazione che guarda negli occhi i telespettatori e, perché no, lancia sassi nello stagno, interroga e apre scenari poco visibili. La lady delle inchieste di Rai tre era sempre stata una esterna in Rai, aveva uno di quei contratti da autrice conduttrice. La promozione arriva il 3 gennaio con Carlo Verdelli che l’ aveva scelta come suo vice alla Direzione Editoriale per l’ Offerta Informativa con l’ incarico di responsabile per lo sviluppo digitale dell’ informazione Rai. Tradotto: Verdelli immaginava un portale web nuovo di zecca. Ad aprile però l’ atto di concessione tra Stato e Rai, quindi il ministero dell’ Economia, manda un messaggio preciso e parla di riorganizzazione e razionalizzazione delle testate. Non è tempo di nuovi portali, insomma. La determina che assume Gabanelli era stata presentata lo stesso giorno in cui si riuniva il cda che ha bocciato il piano news di Carlo Verdelli, altro cavallo di razza che dopo il niet del cda si era dimesso subito in serata. Lì inizia lo stand by della Gabanelli che nonostante le dimissioni di Verdelli resta in Rai con lo stesso contratto, ancora possibile perché non era ancora obbligatorio il job posting che ha dato tanti grattacapi all’ azienda (l’ Anac ha acceso un faro su diverse nomine che non lo hanno utilizzato). L’ azienda aveva provato comunque ad affidarle la condirezione di Rainews insieme ad Antonio Di Bella, anche su proposta di Carlo Freccero sempre molto sensibile alle mediazioni. E in quel momento la giornalista ha visto sfumare tutta la carica di innovazione che l’ aveva coinvolta. «Le condizioni proposte non permettono di produrre risultati apprezzabili» ha spiegato Gabanelli che ha rifiutato dunque «condirezione di Rainews con delega al relativo sito e l’ implementazione del numero dei giornalisti». Questo, sottolineano da viale Mazzini, implicava il coinvolgimento di 45 giornalisti, una nuova grafica e il contributo di tutte le testate. Le era stato proposto di tornare a Report ma lo ha considerato «mortificante per il collega (Sigfrido Ranucci, nuovo volto della trasmissione) e l’ intera squadra» e del resto l’ esperienza di quel programma nato nel 1997, dopo vent’ anni era per lei conclusa. La Rai da parte sua dichiara ufficialmente una grande «amarezza», mentre il direttore generale Mario Orfeo, si dice «dispiaciuto e stupito», perchè in questi 5 mesi dal suo insediamento «ha ricercato ogni soluzione» per convincerla a restare. E ora? Succederà quel che si è visto con altri big Rai. La7 con il suo direttore di rete Andrea Salerno la aspetta a braccia aperte «per fare servizio pubblico», ma c’ è anche la possibilità di andare a Sky dove si lavora ad una nuova generazione dell’ informazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Gabanelli lascia la Rai: «Non ci sono condizioni»

Il Sole 24 Ore

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Milena Gabanelli lascia la Rai. La notizia delle dimissioni è stata data dalla stessa ideatrice e conduttrice di «Report» che ha illustrato le ragioni dell’ addio. «Le condizioni proposte non permettono di produrre risultati apprezzabili» ha spiegato la Gabanelli. Viale Mazzini ha espresso subito «amarezza» e il direttore generale Mario Orfeo si dice «molto dispiaciuto ma anche molto stupito». Per la Gabanelli «la condirezione di Rainews con delega al relativo sito e l’ implementazione del numero dei giornalisti non ne modifica il limite. Poiché non attrae le forze dei 1.600 giornalisti Rai (indispensabili per farlo decollare), in quanto percepito come il sito di una testata concorrente». Gabanelli dice no anche alla proposta di tornare a Report con una condirezione con Sigfrido Ranucci: «Mortificante per il collega e l’ intera squadra». Orfeo, da parte sua, fa sapere che le richieste della giornalista – stralcio del web dal Piano News per costituire testata autonoma e varo di una striscia quotidiana in coda al Tg1 delle 20.00 – sono «impossibili». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Dal 2020 il nuovo digitale terrestre 100 milioni per rottamare i televisori

La Repubblica

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ROMA. Inserita nella legge di Bilancio la norma che “rottama” i vecchi televisori degli italiani. Tra il 2020 e il 2022, infatti, i canali tv passeranno al digitale terrestre di nuova generazione (Dvb-T2), e smetteranno di funzionare sugli apparecchi che non avranno gli ultimi aggiornamenti tecnologici. Il passaggio avverrà gradualmente e seguirà tempi diversi a seconda dell’ emittente e della regione di residenza. Il governo prevede 100 milioni di incentivi per coprire, almeno in parte, l’ acquisto dei nuovi decoder. La decisione, in linea con altri Paesi europei, permetterà il debutto delle reti mobili a banda ultralarga; sarà inoltre possibile trasmettere su frequenze minori con una qualità maggiore. In certi casi, tuttavia, per il funzionamento del nuovo sistema sarà necessario fare dei lavori sull’ antenna condominiale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Immagini più nitide e acquisti in diretta ma la «rivoluzione» sarà a caro prezzo

Il Mattino
Francesco Pacifico
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Il governo spera di guadagnarci almeno 2,5 miliardi di euro con l’ asta per le frequenze destinate ai telefonini. I broadcaster temono di doverci rimettere almeno un miliardo in nuove tecnologie con il prossimo switch off. Ma ancora più salato potrebbe essere il conto per i telespettatori: a loro, cambiare gli attuali Tv o decoder, potrebbe costare quasi tre miliardi di euro. Va detto che la decisione la Ue l’ ha presa ben tre anni fa, ma soltanto ieri l’ Italia e con un emendamento alla Finanziaria che stanzia, visti i numeri generali, appena 100 milioni si è accorta che ben presto dovrà cambiare i decoder per il digitale terrestre. Quelli attuali, dal 2022, non saranno più in grado di trasmettere film, telefilm, partite o show del sabato sera su Rai, Mediaset, La7 o Discovery. Nel 2014 la Ue ha infatti deciso che i canali televisivi di tutta Europa dovranno lasciare le frequenze sulla banda dei 700Mhz (che in futuro servirà solo per il passaggio dei dati 4G e 5G per smartphone e tablet) per traslocare sui 500 Mhz. Una banda che ha meno spazio per i canali e per questo costringerà gli editori, da un lato, a condividere i multiplex attuali e, dall’ altro, li costringerà a utilizzare una nuova modalità di trasmissione: la T2 con codec HEVC. Secondo gli esperti di telecomunicazioni, almeno dieci milioni di televisori sono obsoleti: o perché senza decoder interno o perché dotati di uno strumento che utilizza l’ attuale standard DvBT. Di conseguenza bisognerà presto cambiarli, ma stando attenti a non prendere prodotti superati. Infatti la legge impone dal 2016 ai produttori di televisori di mettere in vendita solo device con tecnologia T2, ma la stessa normativa permette ai rivenditori di commercializzare i vecchi apparecchi se abbinati a un decoder DVB-T2. Da mettere in conto anche i soldi per gli antennisti. Sempre gli esperti ricordano che è difficile pensare a incentivi per la rottamazione, visto che nel 2011 la Ue costrinse l’ Italia a restituire il contributo da 150 euro concesso nel 2004. Per la cronaca il T2 HEVC è una tecnologia molto avanzata: le immagini, in MPEG4 e non in MPEG2, saranno più nitide e gli utenti potranno avere una serie di servizi a valore aggiunto come la possibilità di fare scommesse mentre guardano un evento sportivo, di rispondere a un sondaggio o di comprare un prodotto mentre passa la pubblicità. Ma tutto questo costa, costa tantissimo, tanto che le Tv italiane hanno fatto di tutto finora per boicottare il nuovo switch off. Anche perché la legge non permette in fase transitoria di poter trasmettere contemporaneamente sui 700Mhz e sui 500Mhz, il cosiddetto simulcast. Già è facile ipotizzare che fioccheranno i ricorsi dei broadcaster e delle associazioni dei consumatori. Per esempio l’ emendamento in Finanziaria dispone anche che l’ informazione locale venga convogliata su un solo multiplex in banda UHF, con il 20 per cento della capacità trasmissiva destinata a Rai3, lasciando il restante 80 al resto delle emittenti locali che si impegneranno a realizzare canali di informazione e servizio pubblico. Spiega un manager del settore: «Nessuno pensava che sarebbe stata messa in pratica questa follia. Lo dimostra il fatto che soltanto in questi giorni sta prendendo forma al ministero dello Sviluppo la task force per curare lo switch off. In Europa soltanto Francia e Germania sono vicini Questo passaggio è una iattura per tutti. È una iattura per gli editori che con la nuova tecnologia devono cambiare le macchine, i software e persino riposizionare i ripetitori. Le stime più prudenziali sfiorano il miliardo. È una iattura per i telespettatori che dovranno cambiare la tv o i decoder e perdere giornate intere a risintonizzare i canali. È una iattura per la politica, perché gli italiani quando vanno a votare ricordano chi gli ha tolto la tv. Non a caso il governo Berlusconi impose che la transizione durasse sei anni». Aggiunge Augusto Preta, economista esperto di Media e consulente dell’ Agcom: «I broadcaster s’ interrogano se vale la pena investire tanti soldi in questa nuova tecnologia, quando nessuno può dire quanti anni durerà ancora la televisione digitale vista la concorrenza del Over The Top come Netflix o Amazon, la migliore qualità del satellite e lo sbarco della fibra che incentiverà l’ offerta on demand». Eppure qualcuno ci guadagna. Intanto lo Stato, che spera di incassare almeno 2,5 miliardi di euro dalle aziende di telefonia, mettendo all’ asta le frequenze che si liberano. La Francia, l’ unica che finora ha presentato un bando che va in questa direzione, vuole incassare 2,8 miliardi di euro. Ma gli esperti spiegano che Oltrealpe si sono mantenuti cauti sul prezzo finale, perché hanno chiesto alle aziende di Tlc di garantire al sistema alti e costosissimi standard tecnologici. Avranno non pochi benefici i produttori di tv e decoder, che oggi si lamentano che i margini sono molto bassi, visto che per invogliare chi la televisione la vede dal computer hanno deciso di abbassare i prezzi, aumentando le strumentazioni tecnologiche e le app disponibili. Eppoi potrebbero fare bingo le tante piccole Tv oggi in crisi, che nel passaggio dai 700Mhz ai 500Mhz perderanno le frequenze: per loro è previsto un lauto risarcimento. Si parla di una cifra tra i 50 e i 60 milioni di euro, non male per chi oggi fatica a trasmettere tutta la giornata e rischia di portare i libri in tribunale. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fake news, il decalogo di Boldrini e la prossima campagna elettorale

Il Sole 24 Ore
Barbara Fiammeri
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un risultato Laura Boldrini lo ha già raggiunto: ha insinuato il dubbio. Da quando ha deciso di ribellarsi al florilegio di false notizie, dopo che era stata tirata in ballo persino la sorella morta da anni a cui veniva attribuita la gestione di una cooperativa per l’ accoglienza dei migranti, la presidente della Camera è passata al contrattacco. Non per difendere se stessa. L’ obiettivo è assai più ambizioso: costruire i presupposti perché ciascuno possa essere in grado di riconoscere le “fake news”. Iniziativa lodevole a cui sta dando il suo contributo anche la ministra dell’ Istruzione Valeria Fedeli. Assieme hanno presentato ieri agli studenti un decalogo per difendersi dalle bufale, anzi per farli diventare “cacciatori di false notizie”. La disinformazione del resto è sempre stata utilizzata come una vera e propria arma. Ma con l’ avvento di internet la sua potenzialità è diventata devastante per la velocità e l’ estensione con cui si propaga. Devastante perché gli effetti della bufala quasi sempre non sono sanati dal ripristino della verità. Vale anche per la politica. Basti pensare al Russia-gate, ossia alla presunta diffusione di false notizie da parte dei russi durante la campagna elettorale americana per favorire Donald Trump e al presidente americano che a sua volta accusa la stampa di diffondere fake news per danneggiare la sua immagine. In entrambi i casi il danno si è già prodotto. Voci di bufale in rete si erano diffuse anche prima delle presidenziali francesi. A quattro mesi dalle elezioni politiche, non è certo da escludere che anche l’ Italia possa diventare a sua volta protagonista. Anche perché la bravura nel far girare una falsa notizia sta nel condirla con un po’ di verità. E di spunti in politica se ne possono trovare parecchi. Ma c’ è un altro e altrettanto preoccupante effetto provocato dalle fake news: la mancanza di credibilità non coinvolge solo siti o personaggi colti in fallo, ma si estende anche ai media più qualificati. Anche perché in alcuni casi quegli stessi media sono stati vittime e propagatori di fake news. Non vale sono per l’ informazione in senso stretto, si pensi ai danni provocati dalle false recensioni su prodotti o servizi come hotel e ristoranti. “Spacciare bufale” è diventato un vero e proprio business. Lo hanno capito anche i giganti della rete che dopo aver minimizzato per anni il problema adesso sono usciti allo scoperto per contrastare l’ inquinamento da fake news (all’ iniziativa di ieri hanno partecipato anche Facebook e Google, oltre a Confindustria e Fieg, la federazione degli editori italiani). È una guerra appena cominciata. Per vincerla però non basteranno solo gli algoritmi finalizzati a scoprire le bufale. Servirà anche offrire ai singoli gli strumenti per verificare l’ attendibilità di una notizia o, meglio, di una falsa notizia. E cominciare dai più giovani come hanno fatto Boldrini e Fedeli aiuta. Quanto meno a sperare. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Fedeli e Boldrini sceriffi anti -fake news al Liceo Visconti (comicità)

Il Foglio

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Roma. Il giorno è come si suol dire il giorno giusto per parlare di pericoli e insidie sul web, ché c’ è Angelo Parisi, assessore designato da Giancarlo Cancelleri, candidato a Cinque stelle per il governo della Sicilia, che prende di mira online il dem Ettore Rosato, minacciando su Face book di “bruciarlo vivo” in caso di bocciatura costituzionale del Rosatellum. Poi si scusa, Parisi, ma il web degli orrori, oltre che delle meraviglie, non smette d’ essere tale. E dunque non c’ è giorno migliore per il lancio di #bastabufale, campagna di alfabetizzazione digitale e di contrasto alle fake news, a partire dalla scuole ma non solo. “Non fatevi in -Retire”, dice dunque il ministro dell’ Istruzione Valeria Fedeli agli studenti del liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma, dopo aver scherzato sulla regola contestatissima che ha per oggetto l’ obbligo per i genitori di andare a prendere a scuola i figli quattordicenni anche alle medie, regola di cui il ministro annuncia la rimozione via emendamento. Si parla di web, al Visconti, alla presenza di Fedeli e di Laura Boldrini, presidente della Camera che non fa sconti agli “hater” da quando, quest’ estate, ha deciso di denunciare quelli che inondavano i suoi account di insulti contro di lei e contro la sua famiglia (“i leoni da tastiera sono diventati improvvisamente conigli in fuga”). C’ è poi il giornalista “acchiappabufale” Paolo Attivissimo (il nome non è una bufala, dice agli studenti. Tanto più che tra gli studenti c’ è già chi, prima dell’ inizio del dibattito, racconta storie di incredibile credulità via web in cui non ricadere mai più). Urge decalogo, e il decalogo è pronto, a partire dal comandamento “prima di condividere pensaci un attimo” – che in altre parole suona come “se non hai verificato una cosa, non condividerla”, e giù giù fino all’ ultimo punto che ancora non c’ è (gli studenti del Visconti lanciano un concorso per il comandamento anti -bufala numero dieci). E anche gli studenti del liceo Manzoni di Milano, in visita, illustrano un progetto di alternanza scuola -lavoro (contestata in piazza pure quella, nella settimana nera del ministro Fedeli) che ha per oggetto la comunicazione responsabile – e pare che nell’ Aula magna del Liceo Visconti si possa nominare la legge anche detta “Buona Scuola” senza essere sommersi da insulti sui social e dal vivo (il ministro la nomina, nessuno fischia, e nomina anche gli investimenti fatti per l’ agenda digitale, e cita Umberto Eco: bisogna certificare il vero per combattere il falso). E il problema, adesso, non è soltanto di alfabetizzazione ed “educazione civica” digitale delle giovani generazioni: Boldrini, non senza gravitas, parla infatti di un presente fosco anche dal punto di vista “dell’ alterazione della democrazia” (le fake news in politica, a monte e a valle del Russiagate e delle campagne antivaccini e degli odiatori a cinque stelle). Siamo tutti potenziali vittime, ma pure potenziali complici, è il sottotesto: e il ministro e il presidente della Camera non si stancano infatti di sottolineare che chiunque può fare qualcosa, dalle aziende (no pubblicità inconsapevole) ai media (l’ ac chiappabufale di nome Attivissimo si racconta: i colleghi appena lo vedono fuggono, temendo il suo fact -checking ossessivo) al singolo che deve cercare di essere “soggetto non passivo” del digitale. “Percorso strutturale”, promette la ministra ex sindacalista Fedeli, ché non è “che stiamo facendo tutto questo perché tutti parlano di fake news”, ma perché si deve arrivare all’ alba di una “nuova alfabetizzazione” in cui vengano dati “ai ragazzi gli strumenti”. (Altra storia è riportare alla ragione coloro che, non ragazzi, mettono like istintivi a qualsiasi titolo cubitale e con puntini di sospensione – proprio le bestie nere da cui rifuggire sul web, avverte Boldrini nei panni dello sceriffo digitale che per le vie del “far web” è passata in prima persona, mentre Fedeli, da sindacalista, chiede “corresponsabilità” ai genitori che non possono farsi “sindacalisti dei figli”). Marianna Rizzini.

L’ e-commerce crescerà coi servizi

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Crescerà del 17% l’ e-commerce in Italia fino a sfiorare la soglia dei 24 miliardi di euro ma le aziende che fanno commercio elettronico sono ancora pochissime: circa 40 mila, ha avvertito Roberto Liscia, presidente Netcomm (consorzio del commercio elettronico italiano). E poi c’ è un ulteriore problema ed è quello che col passare del tempo, mentre le vendite online aumentano in tutto il mondo, con paesi emergenti al rialzo del 25% e la Cina che sorpassa gli Usa, per chi rimane indietro «l’ e-commerce diventa più difficile perché alcune opportunità vengono coperte dai concorrenti», ha rilanciato Timothy O’ Connell, H-Farm partner & accelerator director dell’ incubatore di start-up H-Farm. Come fare allora? Alla terza edizione dell’ E-commerce Summit, intitolato Dall’ e-commerce all’ e-shopping e organizzato ieri a Milano da Class Editori, O’ Connell vede l’ ultima frontiera del comparto nei «servizi business-to-business» (b-to-b, ndr), da aziende verso altre aziende, «sempre ricordando che l’ e-commerce ha successo se risolve problemi». Non ci si può adagiare su «tecnologie che sono ormai commodities. Occorre sempre stare sul mercato avendo dalla propria un differenziale», ha confermato Stefano Mainetti, a.d. di PoliHub Innovation district & startup accelerator. E dal punto di vista di un terzo incubatore d’ imprese, Roberto Fumarola, e-commerce specialist di Nanabianca, tra i servizi b-to-b c’ è solo l’ imbarazzo della scelta dai trasporti al marketing, dall’ aggregazione di piattaforme alle esperienze multicanale dei consumatori. Comunque, giusto per citare un problema di molti ossia trovare il tempo per fare la spesa, la soluzione di Supermercato24 guidata dall’ a.d. Federico Sargenti è farla fare a un personal shopper nell’ insegna di fiducia, coordinandosi via app. Supermercato24 è stata ribattezzata l’ Uber dei supermercati. Infine, risolvere problemi va bene ma, ha aggiunto Alberto Fioravanti, fondatore e presidente esecutivo di Digital Magics, «servirebbero deduzioni fiscali per incentivare chi investe in start-up». Invece, lo spunto sugli acquisti multichannel è utile anche per le aziende già sul mercato, a giudizio di Alessandro Zanotti, managing director digital customer & channels lead di Accenture, immaginando come i servizi b-to-b di professionisti specializzati in dati e algoritmi possano creare formule predittive che riorganizzino tra l’ altro la logistica di un marchio. Comunque evolverà il comparto, ora la parola magica per individuare i servizi più richiesti dai consumatori e dalle imprese business-to-business è competenza. Ne è convinto Danilo Iervolino, presidente dell’ Università Pegaso, che si è domandato «quando, oltre al concetto di industria 4.0, si parlerà di lavoro 4.0. Servono professionisti 4.0». In campo editoriale per esempio manca una figura intermedia che fornisca consigli per gli acquisiti ai consumatori online visto che, secondo un’ indagine presentata da Alberto Stracuzzi, customer intelligence director di Blog Meter, i suggerimenti più seguiti sono quelli dei marketplace, ossia delle stesse piattaforme alla Amazon che vendono prodotti ai consumatori online. Al momento le nuove figure professionali che sono emerse comprendono, per esempio, quella del chief experience officer un po’ esperto tecnologico un po’ esperto commerciale e retail. Retail inteso in senso fisico, tradizionale perché non solo la crescita dell’ e-commerce non sostituirà l’ offline, a giudizio della gran parte dei relatori del terzo E-commerce Summit, ma per Eataly resterà la «vera esperienza sensoriale», ha sottolineato Andrea Casalini, a.d. di Eataly Net, «con cui conoscere i prodotti, affezionarsi e dopo acquistarli velocemente via web». Oppure, come nel caso del supermercato del futuro targato Coop, il super rimarrà un punto di vendita fisico ma sarà talmente integrato, secondo Marco Di Falco (coo di Digitail) e Alberto Pozzi (managing director retail industry di Accenture), da poter anticipare e soddisfare le esigenze del cliente, intrattenerlo mentre fa la spesa e capace di fornire tanto facilmente le informazioni sugli ingredienti dei prodotti da abituare gli italiani a leggere le etichette e chiedere ulteriori informazioni. Sempre online, ovviamente. E tanto per unire utile e dilettevole, Domino’ s Pizza imposta il menu digitale delle differenti pizze come i profili dell’ app di incontri Tinder: in entrambi i casi «si naviga da un profilo all’ altro», ha chiosato con ironia la marketing manager Alessandra Provasi. © Riproduzione riservata.

Fieg, editori sostengono Basta bufale

Italia Oggi

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«L’ informazione di qualità, basata sull’ attività professionale dei giornalisti e degli editori, costituisce il primo argine contro le fake news. La raccolta, la verifica, la contestualizzazione e la diffusione delle notizie secondo le regole del giornalismo, con standard qualitativi elevati e certificati, rappresentano armi formidabili»: è stato il commento di Maurizio Costa, presidente Federazione editori giornali, che partecipa alla campagna «Basta bufale» lanciata dal presidente della camera Laura Boldrini e dalla ministra dell’ istruzione Valeria Fedeli. «L’ utilizzo critico e consapevole del web da parte dei giovani», ha concluso Costa, «è un importante contributo alla creazione di un contesto di idee libere che può essere favorito dalla autorevolezza dell’ informazione professionale».

Tv, la nuova transizione

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Le date non sono una novità: entro il 2022 secondo quanto stabilito in sede europea, la tv digitale terrestre dovrà aver ceduto la banda 700 alle tlc per il 5G ed essersi sistemata nella porzione restante delle frequenze finora assegnate. Ora, però, un articolo della legge di Bilancio depositata in senato, l’ 89, dettaglia quanto dovranno fare il ministero per lo sviluppo economico, l’ authority delle comunicazioni e gli operatori per raggiungere questo risultato. E per la prima volta si stabilisce nero su bianco che per affrontare il taglio delle frequenze mantenendo gli attuali canali (cosa che comunque non sarà completamente possibile) si passerà al digitale terrestre di seconda generazione, il Dvb-t2. Questa tecnologia infatti (insieme a un software che codifica il segnale non specificato nel disegno di legge) permette di risparmiare banda trasmissiva e usare in maniera più efficiente lo spettro. La conseguenza è che oltre agli adeguamenti a cui andranno incontro gli operatori, anche i consumatori dovranno cambiare i propri televisori oppure affiancare un decoder adeguato visto che attualmente solo un ristretto numero di apparecchi è adatto alla ricezione. Dei 747 milioni di euro previsti dal ddl per quello che si sta configurando come un nuovo switch off, 100 milioni sono destinati come contributi per l’ acquisto dei decoder, 25 milioni all’ anno fino al 2022. Una cifra che potrebbe bastare per appena 3 milioni di famiglie, a meno che il contributo non sia riservato a chi già oggi è esentato dal canone come emerso da alcune indiscrezioni di stampa, nel qual caso la platea di aventi diritto sarebbe ancora inferiore. Entro il 31 maggio del prossimo anno l’ Agcom dovrà adottare il piano nazionale delle frequenze della televisione digitale terrestre e di lì in poi comincerà il percorso che si concluderà entro il giugno del 2022. Agli operatori nazionali saranno convertiti i diritti d’ uso delle frequenze che detengono in diritti d’ uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova generazione in modo da garantire gli spazi attuali per poi procedere a una nuova assegnazione delle frequenze. Difficile capire quale sarà la configurazione finale e se ci dovrà essere una condivisione di multiplex fra gli attuali operatori. Per l’ adeguamento degli impianti sono destinati agli operatori nazionali 276,8 milioni di euro. Diverso il discorso per le emittenti locali alle quali sono destinati indennizzi pari a 304,2 milioni per la rottamazione delle frequenze. Le locali dovrebbero essere raggruppate in un unico multiplex nel quale avrà spazio anche il terzo canale della Rai (quindi l’ operatore dovrà essere Raiway). Sarà questo il multiplex dal quale partirà la transizione ed è quello che attualmente ospita Rai1, Rai2 e Rai3. In un primo momento continuerà a ospitare i canali Rai insieme con le locali, successivamente darà la maggior parte dello spazio a queste ultime. Nell’ articolo si fa anche cenno alla riforma della Lcn, la numerazione dei canali che ha avuto vita travagliata dal 2010 a oggi. Resta da capire cosa accadrà praticamente nei televisori degli italiani. La transizione al Dvb-t2 avverrà per zone del paese, ma non è certo se ci sarà un passaggio dal giorno alla notte alla nuova tecnologia con il rischio di avere un periodo di buio per molti telespettatori oppure se le emittenti troveranno con il governo una soluzione per trasmettere in simultanea per poco tempo con la vecchia e la nuova tecnologia. In ogni caso si tratta della prima stesura dell’ articolo che presumibilmente andrà incontro ad aggiustamenti nel suo iter in parlamento. © Riproduzione riservata.

Il Tg1 arranca senza il traino dell’ Eredità e il Tg5 sorpassa

Italia Oggi
GIORGIO PONZIANO
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Clemente Mimun fa il colpaccio. Senza il traino dell’ Eredità, nel periodo di sospensione per l’ infortunio a Fabrizio Frizzi, il Tg1 ha arrancato. Don Matteo 9 messo in palinsesto a tamponare la falla si è fermato a 2,1 milioni (12,4%) mentre Caduta Libera (Gerry Scotti, Canale5) è volata a 4,4 milioni (23,7%). Conclusione: il Tg della rete ammiraglia diretto da Andrea Montanari dopo avere ricevuto il testimone da Don Matteo ha risalito la china ma è arrivato a 4,4 milioni (19,09%) mentre il Tg di Canale5 diretto da Mimun ha approfittato del vantaggio e ha collezionato 4,5 milioni (19,46%). Era da tempo che non succedeva il sorpasso e la vicenda conferma l’ importanza dei programmi che precedono i telegiornali. Angelo Teodoli, direttore Rai1, mette sul tavolo l’ asso che dovrebbe risollevare le sorti di Fabio Fazio, clamorosamente al di sotto della media di rete, la puntata del 30 ottobre ha registrato appena il 9,6% sprofondando al 6,9% negli ultimi sette minuti. In prima serata, quindi come traino a Che fuori tempo che fa, metterà in palinsesto, dal 20 novembre, Scomparsa, fiction di punta di Rai1 con Vanessa Incontrada e Giuseppe Zeno. Una ciambella di salvataggio di non poco conto per Fazio & Co. La vicenda narra il terremoto nella vita di due famiglie poiché un sabato sera due ragazze che partecipano alla festa del liceo non tornano a casa e scompaiono senza lasciare traccia. Quindi una sorta di thriller che dovrebbe salvare il lunedì sera della rete ammiraglia. Federica De Sanctis lascia la redazione di Sky. Il bello è che era stata chiamata poche settimane fa a sostituire Paola Saluzzi, anche lei in partenza. De Sanctis in particolare conduceva Dentro i Fatti, il quotidiano di analisi degli avvenimenti del giorno. Se la Saluzzi è tornata a Tv2000, la televisione dei vescovi dove aveva incominciato la carriera, la De Sanctis ha scelto di andare a lavorare nel team della comunicazione di Poste Italiane. Alla base della decisione ci sarebbe la volontà di rimanere a Roma mentre Sky ha trasferito la redazione a Milano. Prima delle due conduttrici aveva salutato Sky Gianluca Semprini per approdare a Rai3 dove però la conduzione di Politics gli ha procurato dolori: trasmissione cancellata per i bassi ascolti e lui trasferito alla redazione di Rainews24 (direttore Antonio Di Bella) dove gli ascolti rimangono sotto il livello di guardia e piovono critiche per l’ incompleta rassegna stampa propinata ogni notte. Marco Mazzoli da Radio 105 a Radio Montecarlo. Contratto non ancora firmato ma lui dice: «Ho avuto un’ offerta di lavoro da Radio Montecarlo per fare lo Zoo lì. Mi hanno detto: «Se vuoi vieni, puoi dire le parolacce però le dici in francese». Lo Zoo è la trasmissione che lui conduceva su Radio 105. Ha dato le dimissioni dopo le polemiche per una bestemmia andata inavvertitamente in onda. Dopo 20 anni c’ era anche un po’ di stanchezza. E l’ offerta di Radio Montecarlo gli ha fatto rompere gli indugi. Claudio Bisio e Frank Matano su Tv8 in prima serata dal 15 novembre. Si tratta di dieci episodi in onda in 5 serate che narrano il dietro le quinte di uno spettacolo comico che la coppia dovrebbe mettere in scena. Si intravvederanno, tra una gag e l’ altra, personaggi famosi: dal giornalista Fabio Caressa allo chef Carlo Cracco, da Diletta Leotta (conduce Goal Deejay su SkySport1) a Guido Meda (conduce Top Gear Italia su SkyUno), da Alessandro Cattelan (E poi c’ è Cattelan, SkiUno) all’ ex calciatore Bobo Vieri. La regia è di Luca Lucini. Gianni Morandi con l’ ultima puntata di L’ isola di Pietro (Canale5) soffre ma tiene testa (4,8 milioni, 20,5%) al Gran premio automobilistico del Messico (5,8 milioni, 22,6%) che per la seconda domenica allontana dal teleschermo Fabio Fazio (il quale non vedeva l’ ora di questa boccata d’ ossigeno). Ancora un flop per Cristina e Benedetta Parodi che vanno addirittura sotto il 10% con la loro Domenica In, una débâcle per Rai1 più che doppiata da Domenica Live (Canale5) di Barbara D’ Urso che raggiunge il picco del 21,2%. In seconda serata Corrado Formigli (Piazza Pulita, La7) con 1 milione di telespettatori (5,7%), batte Enrico Lucci e Valentina Petrini che con Nemo (Rai2) arrivano a 900 mila (4,0%). Giovanni Minoli incomincia claudicante il suo ritorno con Faccia a Faccia Speciale (La7) forse a causa dell’ agguerrita concorrenza della domenica. Con 674 mila telespettatori (2,5%) è superato pure da Marcello Vinonuovo che con Dalla vostra parte anche di domenica (Rete4) ottiene 827 mila telespettatori (3,1%). Bruno Vespa, oltre che conduttore di Porta a Porta (Rai1) è anche editorialista dei quotidiani del gruppo Riffeser (Resto del Carlino, Nazione, Giorno). Nell’ ultimo scritto definisce Matteo Renzi il nuovo Cinghialone, ricordando l’ appellativo con cui fu chiamato Bettino Craxi durante l’ assalto prima politico e poi giudiziario che lo coinvolse: «A Renzi, per fortuna, il secondo sarà risparmiato per evidente differenza ambientale. Ma la violenza del primo rinfresca brutte memorie». Ancora: «Da giorni i cacciatori hanno la guida autorevole del presidente del Senato, Pietro Grasso che sarà probabilmente la bandiera del partito di Massimo D’ Alema e Pierluigi Bersani. Ottima scelta. La caccia è cominciata. Ma anche il Cinghialone affila le zanne». Anna Safroncik alla guerra contro Le Sirene. La protagonista della quarta stagione de Le tre rose di Eva (Canale5) si ritroverà infatti (dopo l’ esordio del 5 novembre) in diretta concorrenza con Luca Argentero e Maria Pia Calzone, tra i principali interpreti di Le Sirene, la fiction-fantasy che per ora ha dominato la serata del giovedì, destinata a diventare di battaglia tra le due produzioni di punta di Rai1 e Canale5. Lo scorso giovedì la fiction ha calamitato 4,8 milioni di telespettatori (20,5%) vincendo largamente su Chi ha incastrato Peter Pan (Paolo Bonolis, Canale5) fermo a 3,5 milioni (16,3%). Alessandro Cattelan alla guida della nuova edizione di X Factor (SkyUno) incomincia con una salutare invettiva contro i femminicidi, non male questo impegno sociale in un medley: «La musica», dice, «è il modo migliore per gridare un’ urgenza e noi, qui, grideremo ogni volta che servirà». Milly Carlucci torna a ballare. Per ora con Ballando on the road cioè la ricerca dei concorrenti, selezioni che lei ha fatto diventare una show itinerante. Si parte il 4 novembre da Monza per termonare a dicembre dopo una serie di tappe in giro per la Penisola, prevalentemente all’ interno di centri commerciali: un modo per monetizzare il successo della trasmissione. Il «vero» Ballando con le stelle (Rai1) sarà in palinsesto all’ inizio del nuovo anno. Michele Mirabella, affiancato da Pier Luigi Spada, è impegnato nella maratona per la raccolta fondi a favore dell’ Airc, associazione italiana per la ricerca sul cancro. La conclusione avverrà domenica (ore 21,30) su Rai3 con una puntata speciale di Tutta Salute. Accanto ai medici e ai ricercatori saranno presenti i testimonial della campagna: Leosini, Bianca Berlinguer, Flavio Insinna, Serena Bortone, Alberto Angela, Salvo Sottile, Massimo Gramellini, Massimo Bernardini. Tutti insieme appassionatamente per cercare di promuovere passi avanti nella cura dei tumori. La trasmissione sperimenterà anche una diretta web condotta da Federico Ruffo per tentare di coinvolgere pure i social. Linus, vero nome Pasquale Di Molfetta, direttore artistico e animatore di Radio Deejay, ha compiuto 60 anni il 30 ottobre. Un’ occasione per riflettere: «Un po’ mi sono stufato a star dietro ai giovani talenti. Per fortuna il pubblico della radio è cresciuto, anni fa il nostro ascoltatore medio aveva 18 anni e ora ne ha 20 di più. Per me è tutto più facile, visto che me ne sento venti di meno. Il mio sogno? Resta quello di aprire una piccola radio tutta mia». Twitter: @gponziano © Riproduzione riservata.

Chessidice

Italia Oggi

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La Gabanelli lascia la Rai. Milena Gabanelli, assunta a gennaio scorso come vice direttore dall’ allora d.g. Antonio Campo Dall’ Orto per occuparsi del progetto web del sistema news della Rai, ha deciso di rassegnare le dimissioni che saranno esecutive dal prossimo 15 novembre. Si interrompe così il contratto siglato dalla giornalista dopo il passaggio di testimone di Report e il rifiuto della proposta del d.g. Mario Orfeo di assumere la condirezione di Rainews e di ritornare al timone della trasmissione di Rai 3, oltre alla delega allo sviluppo del portale web. Ne ha dato notizia la Rai esprimendo «amarezza» per la decisione presa dalla Gabanelli. A Milano il primo evento sull’ App economy. Si terrà a Milano dal 4 al 6 dicembre la prima edizione dell’ AppShow, il primo e unico evento in Europa interamente dedicato all’ App economy. L’ evento attirerà in Italia l’ elite digitale europea: BlaBlaCar, Deliveroo, Moovit, The Fork, Just Eat, Helpling, Tricount, DriveNow, Mytaxi e Meetic sono infatti solo alcune delle aziende e startup che porteranno i propri ceo, founder e country manager sui palchi della manifestazione. Il Tirreno, in regalo 5 poster per il Lucca Comics & Games 2017. Il Tirreno regalerà le riproduzioni di cinque poster, a partire dal giornale oggi in edicola fino a domenica, in occasione del Lucca Comics & Games 2017. Risale infatti al 1966 il primo manifesto oggi ripubblicato a pagina intera sull’ edizione cittadina del quotidiano toscano, quando proprio a Lucca si tenne quello che all’ epoca si chiamava il salone internazionale del comics.

Diletta Leotta entra nella squadra di Radio 105

Italia Oggi

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Da ieri Diletta Leotta è entrata nella squadra di Radio 105. La giornalista e conduttrice televisiva di Sky ed esperta di calcio, sarà infatti in onda dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 14 nel programma 105 Take Away al fianco di Daniele Battaglia e Alan Caligiuri. Leotta aveva già partecipato come ospite a diverse puntate della trasmissione cantando Felicità di Albano e Romina Power, Figli delle stelle di Alan Sorrenti, Non succederà più di Claudia Mori, ha chiacchierato con gli ascoltatori, ha giocato e scommesso con i conduttori. Da lì la decisione dell’ emittente del gruppo RadioMediaset di proporle la nuova avventura davanti al microfono.

Stampa, raccolta a -8,4%

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Seppure ancora in terreno negativo, migliora l’ andamento degli investimenti in comunicazione sulla carta stampata. Secondo i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp relativi al periodo gennaio-settembre 2017 la raccolta pubblicitaria del mezzo stampa in generale ha registrato infatti un calo dell’ 8,4% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente raggiungendo i 665,8 milioni di euro. Una flessione meno marcata se confrontata con il periodo gennaio-agosto, chiuso con un fatturato pubblicitario giù del 9,2%. In particolare, nei primi 9 mesi dell’ anno i quotidiani nel loro complesso hanno evidenziato una flessione, con il fatturato sceso del 9,7% (a quota 411 milioni di euro) e lo spazio del 4,0%. Per quanto riguarda le singole tipologie, la commerciale nazionale ha segnato un -12,4% a fatturato e un -8,8% a spazio, la pubblicità commerciale locale un -5,6% a fatturato e un -2,2% a spazio, la legale un -12,7% a fatturato e un -12,6% a spazio. La tipologia finanziaria ha visto una diminuzione del 15,6% a fatturato e del 12,8% a spazio, mentre la classified ha ottenuto un -5,0% a fatturato e un -3,3% a spazio. In calo anche i periodici, che hanno visto arretrare il fatturato del 6,2% (pari a 244,8 milioni di euro) e lo spazio del 3,7%. I settimanali hanno segnato decremento a fatturato del 4,2% (raggiungendo quota 131 milioni di euro) e a spazio del 3,3%, i mensili hanno registrato invece un calo del 7,9% a fatturato (pari a 104,6 milioni di euro) e del 4,3% a spazio. Le altre periodicità hanno chiuso il periodo con un -12,8% a fatturato (a 9,1 milioni di euro) e un -4,0% a spazio. © Riproduzione riservata.

L’ ultima fregatura europea: le tv nuove sono già da buttare

Libero

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NINO SUNSERI Entro il 30 giugno 2022 dovremo rottamare il televisore di casa. Anche quello comprato lo scorso anno. Si salveranno solo gli acquisti più recenti. Il resto sarà tutto da buttare. A meno di non adottare un decoder: certamente meno costoso (non più di 30-40 euro) ma sicuramente poco pratico. Soprattutto per le persone anziane costrette a maneggiare diversi telecomandi. A imporre il salto di parametro è un articolo della legge finanziaria dalla incomprensibile definizione: “Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G”. Facile immaginare che la rivoluzione risulterà poco gradita a tanti italiani. Non solo agli anziani. Innanzitutto perchè il precedente salto tecnologico è stato completato nel 2012 e quindi gli apparecchi sono già stati cambiati. In secondo luogo il fatto che invecchieranno di colpo anche i televisori acquistati nel 2016. A ordinare il passaggio è stata l’ Unione europea. Ha stabilito che la banda 700 dovrà essere dedicata interamente ai telefoni di ultimissima generazione. Tutte le altre trasmissioni dovranno migrare. L’ Italia si è dovuta allineare. Il processo inizierà il 1 gennaio 2020 e terminerà il 30 giugno 2022. Appena due anni e mezzo contro sei che furono concessi per migrare dall’ analogico al digitale terrestre. Il passaggio non sarà uniforme su tutto il territorio. Il calendario sarà fissato il 31 maggio. Ma non sarà il solo cambiamento. Non meno impegnativa sarà la battaglia sul telecomando. L’ assegnazione dei canali fra Rai, Mediaset e gli altri emittenti potrebbe tornare in discussione aprendo uno scenario fatto di battaglie legali tra le aziende e di confusione tra gli spettatori. Ma la strettoia maggiore verso il 2022 è l’ impossibilità per qualsiasi emittente di fare simulcast, ovverosia trasmissioni contemporanee nel vecchio e nel nuovo formato: in pratica, dall’ oggi al domani, le vecchie frequenza andranno liberate. La “coabitazione” del medesimo canale nei due sistemi, permetterebbe, come fu tra il 2004 e il 2012, di far metabolizzare agli utenti il passaggio. Questa volta sarà tutto molto più immediato. I primi canali che lasceranno le vecchie frequenze per passare alla nuova spariranno in un gran numero di case. Innanzitutto da quelle degli utenti che non avranno ancora cambiato tv o acquistato il decoder. Negli impianti centralizzati sarà necessario riconfigurare le antenne con il risultato che probabilmente, per un pò di tempo alcuni canali saranno oscurati. Esattamente come accaduto con il cambio di frequenza de La7 lo scorso anno Quindi è facile immaginare grandi disagi anche per coloro che avranno adeguato il proprio tv. Serviranno interventi probabilmente ripetuti da parte degli antennisti. Ammesso che questi, chiamati contemporanmeamente da così tanti clienti, riescano a rispondere in maniera tempestiva. Per rendere un po’ meno disagevole il passaggio è previsto un contributo pubblico per l’ acquisto delle nuove apparecchiature. Le risorse arriveranno dalla vendita alle compagnie telefoniche delle frequenze lasciate libere dalle tv. Si calcola un incasso di almeno 2,5 miliardi. Lo Stato tratterrà 1,75 miliardi. Restano 750 milioni da distribuire alle emittenti per l’ adeguamento tecnologico (600 milioni). Agli utenti finali arriveranno, presumibilmente 100 milioni divisi in quattro tranche da 25, già a partire dal 2019. Facendo un rapido calcolo si arriva a circa 25 euro per famiglia. Una mancia. riproduzione riservata.

Multicanalità: anche chi non acquista su Internet è influenzato dall’ online

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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«In Italia ci sono 11 milioni di persone che non fanno acquisti online eppure nelle loro scelte sono fortemente influenzate dall’ online. Un esempio? La scelta del ristorante al sabato sera, con i consigli degli amici certo, ma sempre più dopo aver letto online le recensioni. Non c’ è e-commerce, ma multicanalità». Giuliano Noci, ordinario di strategy & marketing e prorettore delegato del polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, ha insistito ieri durante il terzo E-commerce Summit di Class Editori su quanto siano superate ormai le categorie dell’ online-offline quando si parla di acquisti, in un mondo in cui è lo smartphone il «mouse della nostra vita». Per questo mentre in passato il momento dello shopping era controllabile nel luogo e nel tempo oggi è molto più fluido: «la scorsa settimana ho comprato un laptop da 3.500 euro mentre ero in aeroporto in attesa di un taxi», ha raccontato Noci. Il marketing deve portare sempre più l’ attenzione al momento in cui si manifesta il bisogno. Perché non sappiamo come si svolgerà il percorso verso l’ acquisto». E i punti vendita fisici? Ancora importanti, secondo Noci, ma non certo con gli attuali formati: spazi di interazione, per toccare con mano i prodotti, ma non necessariamente per vendere. Allo stesso modo la marca non sarà solo simbolo ma sempre più relazione e il consumatore la sceglierà anche senza badare al prezzo. «Il mondo è cambiato: negli Usa i primi marchi del beauty nati con l’ online e il digital hanno preso il posto di quelli tradizionali», ha detto Gianluca Toniolo, travel retail director worldwide di Lvmh. «E i department store non servono più a costruire la marca come in passato, anzi sono in crisi. I brand del beauty devono essere pronti ad andare ai nativi digitali e a farlo con il loro linguaggio». Anche alcune specificità di un settore possono spingere verso la multicanalità. Per esempio in quello librario: 434 mila titoli movimentati in un anno dei quali la metà vende meno di 100 copie. Internet funziona in quest’ ambito proprio per trovare il titolo che manca sotto casa. Mondadori Retail, guidata da Pierluigi Bernasconi, affianca alle 600 librerie una serie di servizi con MyStore che vanno dalla verifica della presenza di un titolo in libreria ai consigli personalizzati grazie a una profilazione del cliente molto avanzata. Dal mobile, invece, arriva oggi il 50% dei ricavi di Dalani, lo shopping club dedicato all’ arredamento e ai complementi che oggi fattura 250 milioni di euro fra Italia ed estero. Dalani, ha spiegato il co-ceo Karim El Saket, sta ora per fare due passi importanti: lancerà uno shop, avrà quindi catalogo e magazzino, non solo le vendite flash come sinora. Inoltre a breve lancerà una linea di prodotti a marchio proprio. Per le aziende che vogliano seguire questa strada ci sono diversi strumenti a disposizione. A partire dal marketplace di Amazon, ovvero la possibilità di vendere attraverso il sito del gigante dell’ e-commerce sfruttando di fatto l’ innovazione che costruita nel tempo, ha spiegato Giulio Lampugnani, senior manager – head of Seller Services di Amazon. Sul fronte dei pagamenti c’ è poi un istituto come Banca Sella, che dal 1998, ha raccontato Alessandro Bocca responsabile e-commerce di Easy Nolo-Banca Sella, si occupa di tutto il processo dei pagamenti (end to end). Infine Niccolò Romani di Sia ha ricordato alcuni dei progressi sul fronte pagamenti che faciliteranno l’ e-commerce. Fra tutti i pagamenti digitali della p.a. (la Tari a Milano, per esempio) che avvicineranno sempre più consumatori allo strumento digitale una volta sperimentato che il più grande ostacolo al pagamento online è solo la diffidenza.

Multicanalità, così il web influenza chi non lo usa

MF
ANDREA SECCHI
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«In Italia ci sono 11 milioni di persone che non fanno acquisti online eppure nelle loro scelte sono fortemente influenzate dall’ online. Un esempio? La scelta del ristorante al sabato sera, con i consigli degli amici certo, ma sempre più dopo aver letto online le recensioni. Non c’ è e-commerce, ma multicanalità». Giuliano Noci, ordinario di strategy & marketing e prorettore delegato del polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, ha insistito ieri durante il terzo E-commerce Summit di Class Editori su quanto siano superate ormai le categorie dell’ online-offline quando si parla di acquisti, in un mondo in cui è lo smartphone il «mouse della nostra vita». Per questo mentre in passato il momento dello shopping era controllabile nel luogo e nel tempo oggi è molto più fluido: «La scorsa settimana ho comprato un laptop da 3.500 euro mentre ero in aeroporto in attesa di un taxi», ha raccontato Noci. Il marketing deve portare sempre più l’ attenzione al momento in cui si manifesta il bisogno. Perché non sappiamo come si svolgerà il percorso verso l’ acquisto». E i punti vendita fisici? Ancora importanti, secondo Noci, ma non certo con gli attuali formati: spazi di interazione, per toccare con mano i prodotti, ma non necessariamente per vendere. Allo stesso modo la marca non sarà solo simbolo ma sempre più relazione e il consumatore la sceglierà anche senza badare al prezzo. «Il mondo è cambiato: negli Usa i primi marchi del beauty nati con l’ online e il digital hanno preso il posto di quelli tradizionali», ha detto Gianluca Toniolo, travel retail director worldwide di Lvmh. «E i department store non servono più a costruire la marca come in passato, anzi sono in crisi. I brand del beauty devono essere pronti ad andare ai nativi digitali e a farlo con il loro linguaggio». Anche alcune specificità di un settore possono spingere verso la multicanalità. Per esempio in quello librario: 434 mila titoli movimentati in un anno dei quali la metà vende meno di 100 copie. Internet funziona in quest’ ambito proprio per trovare il titolo che manca sotto casa. Mondadori Retail, guidata da Pierluigi Bernasconi, affianca alle 600 librerie una serie di servizi con MyStore che vanno dalla verifica della presenza di un titolo in libreria ai consigli personalizzati grazie a una profilazione del cliente molto avanzata. Dal mobile, invece, arriva oggi il 50% dei ricavi di Dalani, lo shopping club dedicato all’ arredamento e ai complementi che oggi fattura 250 milioni di euro fra Italia ed estero. Dalani, ha spiegato il co-ceo Karim El Saket, sta ora per fare due passi importanti: lancerà uno shop. Avrà quindi catalogo e magazzino, non solo le vendite flash come sinora. Inoltre, a breve lancerà una linea di prodotti a marchio proprio. Per le aziende che vogliano seguire questa strada ci sono diversi strumenti a disposizione. A partire dal marketplace di Amazon, ovvero la possibilità di vendere attraverso il sito del gigante dell’ e-commerce sfruttando di fatto l’ innovazione che costruita nel tempo, ha spiegato Giulio Lampugnani, senior manager – head of Seller Services di Amazon. Sul fronte dei pagamenti c’ è poi un istituto come Banca Sella, che dal 1998, ha raccontato Alessandro Bocca responsabile e-commerce di Easy Nolo-Banca Sella, si occupa di tutto il processo dei pagamenti (end to end). Infine, Niccolò Romani di Sia ha ricordato alcuni dei progressi sul fronte pagamenti che faciliteranno l’ e-commerce. Fra tutti, i pagamenti digitali della p.a. (la Tari a Milano, per esempio) che avvicineranno sempre più consumatori allo strumento digitale una volta sperimentato che il più grande ostacolo al pagamento online è solo la diffidenza. (riproduzione riservata)

Primo step entro il 31 marzo Frequenze all’ asta a settembre

Il Resto del Carlino

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ROMA IL PRIMO step verso la nuova fase del digitale è affidato all’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che entro il 31 marzo 2018, quindi in tempi strettissimi, dovrà definire «le procedure per l’ assegnazione dei diritti d’ uso di frequenze radioelettriche», con lo scopo di rendere i televisori strumenti di multipla fruizione tecnologica, con una copertura il più ampia possibile del territorio nazionale, ma con una particolare attenzione all’ annoso problema delle interferenze con i Paesi confinanti, dove spesso le frequenze si sovrappongono. Il passaggio successivo sarà entro il 30 settembre del 2018, quando il Ministero dello sviluppo economico provvederà all’ assegnazione dei diritti d’ uso della delle frequenze in banda con disponibilità dal 1 luglio 2022.

Le gare su Eurosport Un canale 24 ore su 24 anche sui tablet

Corriere della Sera

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I Giochi di Pyeongchang 2018 saranno trasmessi per la prima volta da Eurosport. Due canali, uno acceso 24 ore su 24 sugli atleti italiani e le gare più importanti, grazie a una regia personalizzata, con le interviste e i collegamenti dai campi di gara e dallo studio in Corea del Sud. Lo studio live da Milano sarà punto di riferimento per il racconto della giornata e gli approfondimenti. La novità è la copertura live e on-demand: su Eurosport Player sarà possibile vedere ogni momento dei Giochi online, su mobile, tablet e tv connesse e personalizzare la propria esperienza. Più di 4.000 ore di copertura, oltre 100 eventi con 900 ore live. Fiore all’ occhiello sarà Eurosport Cube, uno studio in cui sarà protagonista la realtà aumentata. In Italia, poi, i clienti Tim avranno accesso, tramite l’ app di Eurosport, a contenuti esclusivi. Eurosport è visibile dagli abbonati Sky e Mediaset Premium. Presto si dovrebbe trovare un accordo con la Rai per i secondi diritti.

La pubblicità sulla stampa in calo dell’ 8,4% a settembre. I dati Fcp: quotidiani -9,7%, settimanali -4,2%, mensili -7,9% (TABELLA)

Prima Comunicazione

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I dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp relativi al periodo gennaio-settembre 2017 raffrontati con i corrispettivi 2016. Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa in generale registra un calo del -8,4% . Lo dicono i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp (xls) . In particolare i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo sia a fatturato -9,7% che a spazio -4,0%. Le singole tipologie segnano rispettivamente: La tipologia Commerciale nazionale ha evidenziato -12,4% a fatturato e -8,8% a spazio. La pubblicità Commerciale locale -5,6% a fatturato e -2,2% a spazio. La tipologia Legale ha segnato -12,7% a fatturato e -12,6% a spazio. La tipologia Finanziaria ha segnato -15,6% a fatturato e -12,8% a spazio La tipologia Classified ha segnato -5,0% a fatturato e -3,3% a spazio. I periodici segnano un calo sia a fatturato del -6,2% che a spazio del -3,7%. I settimanali registrano un andamento negativo sia a fatturato del -4,2% che a spazio del -3,3%. I mensili segnano un calo a fatturato -7,9% e a spazio -4,3%. Le altre periodicità registrano -12,8% a fatturato e -4,0% a spazio. – Leggi o scarica i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp di settembre 2017 (xls)

Premio di giornalismo per il compleanno del Circolo Posillipo

Il Roma

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Il Circolo Nautico Posillipo, in occasione del suo 92esimo anniversario, promuove il Premio di Giornalismo ” Posillipo, cultura del mare ” con il patrocinio della Regione Campania, del Comune di Napoli e dell’ Ordine Nazionale dei Giornalisti, allo scopo di sensibilizzare sempre più gli Enti e la Società napoletana e campana alla valorizzazione della risorsa mare nei molteplici aspetti che presenta, segnatamente per Napoli, la Campania e tutto il Tirreno meridionale. . Il Comitato organizzatore del Premio 8 composto da Vincenzo Semeraro, presidente, Filippo Parisio, Filippo Smaldone, Enrico Deuringer, Massimo Falco e Massimo Lo Iacono. La Giuria del Premio 8 composta da Silvana Lautieri, presidente, Mirella Armiero, Ermanno Corsi, Ernesto Mazzetti, Massimo Milone e Armi da Parisi. Il Premio si articola nelle seguenti sezioni: quotidiani e periodici cartacei; testate radiofoniche e televisive; testate on-line (regolarmente registrate). Per informazioni e contatti: 337843227. La premiazione avrà luogo nel mese di giugno 2018 al Circolo Nautico Posillipo.

Rassegna Stampa del 02/11/2017

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Indice Articoli

Telefonia: torna la bolletta mensile, resta l’ aumento

Confindustria & C. e il boomerang degli anti-bufale

New York Times, superiore alle attese il balzo dell’ utile

Editoria cattolica, Brescia batte Alba

Berlusconi, il polo tv Mediaset-Vivendi ha ancora una sua logica

Chessidice in viale dell’ Editoria

Mise: transizione di 2 anni per il nuovo digitale terrestre

Per vedere la tv dovremo pagare due miliardi

Telefonia: torna la bolletta mensile, resta l’ aumento

Il Fatto Quotidiano
Luciano Cerasa
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Si tornerà presto a pagare i consumi telefonici calcolandoli a cadenza mensile anche per la rete mobile e non più ogni 28 giorni, come avevano stabilito unilateralmente le maggiori compagnie telefoniche ai danni degli utenti. Un emendamento presentato dal Pd al decreto fiscale all’ esame del Parlamento e le pressioni del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, stanno spingendo gli operatori a una rapida retromarcia. Il ministro vorrebbe però limitare l’ efficacia del divieto al futuro ed evitare così alle compagnie il pagamento di rimborsi che potrebbero superare il miliardo di euro, come rivendicano le associazioni dei consumatori. Il primo ad annunciare pubblicamente il ritorno alla fatturazione mensile è stato Aldo Bisio, amministratore delegato di Vodafone Italia, la prima compagnia a imporre la nuova cadenza dei pagamenti già ad aprile 2016. Sky si è adeguata a ruota e anche il nuovo amministratore delegato di Tim, Amos Genish, ha confermato la volontà di fare marcia indietro sulle fatture a scadenza ristretta nel corso di un incontro con lo stesso ministro Calenda. “Era un’ operazione legittima in un sistema di mercato liberalizzato, dove i prezzi sono tra i più competitivi d’ Europa, ma alla luce dell’ attenzione posta dal governo e dalle Autorità, ci siamo resi conto che abbiamo sottovalutato un elemento importante che ci lega ai clienti, la trasparenza” ha dichiarato al Corriere della Sera Bisio, che non ha mancato però di sottolineare gli ingenti costi che l’ operazione reset del sistema comporterà per gli operatori. Asstel, l’ associazione di categoria che, nel sistema di Confindustria, rappresenta le imprese che offrono servizi di telecomunicazione fissa e mobile, dice che ci vorranno decine di milioni. Spese che si vanno ad aggiungere agli investimenti sostenuti in precedenza per l’ operazione contraria: l’ aggiornamento dei software di gestione della clientela con l’ invio delle fatture tarato per farle partire ogni 28 giorni. Ma sul piatto della trattativa con il governo c’ è anche altro. L’ obiettivo di marketing apertamente dichiarato dalle compagnie è mantenere comunque nei bilanci quell’ 8% di margine in più sulle tariffe finora assicurato dalle bollette emesse come fosse sempre febbraio, applicate finora. Uno studio dell’ Authority delle Comunicazioni avrebbe quantificato in 2 miliardi di euro gli incassi aggiuntivi realizzati da quando è stata applicata la fatturazione a 28 giorni. L’ Agcom si appresta a multare gli operatori per “mancata trasparenza” nei confronti della clientela. Ma l’ entità della sanzione è del tutto trascurabile rispetto ai guadagni realizzati con la violazione: al massimo 1,1 milioni di euro. Le associazioni dei consumatori tuttavia non mollano. Nei giorni scorsi il Codacons ha presentato in 104 procure d’ Italia esposti per presunta truffa e appropriazione indebita contro i gestori delle telecomunicazioni. “Se è illegale emettere bollette ogni 28 giorni, sono nulli tutti gli effetti che derivano da tale pratica, compresi i maggiori ricavi incassati dalle compagnie telefoniche a oggi che dovranno interamente essere restituiti ai consumatori”, attacca il presidente di Codacons Carlo Rienzi. Senza restituzione di quanto versato in più, i consumatori hanno pronta la class action.

Confindustria & C. e il boomerang degli anti-bufale

Il Fatto Quotidiano
Silvia Truzzi
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È stato presentato due giorni fa il decalogo anti-fake news del ministero dell’ Istruzione, in collaborazione con Confindustria, Fieg, Rai, Facebook e Google. Alla vigilia dell’ evento, Laura Boldrini ne ha parlato “con passione” a Repubblica: “La sfida è che i ragazzi diventino ‘cacciatori di bufale’, detective del Web, in grado di capire, sempre, se una notizia è vera o è falsa, se un post su Facebook è semplicemente un post o invece una menzogna. Perché la Rete è una prateria dove spesso il più forte prevale”. Intanto questo è il decalogo: condividi solo notizie che hai verificato; usa gli strumenti di Internet per verificare le notizie; chiedi le fonti e le prove; chiedi aiuto agli esperti; ricorda che anche Internet e i social network sono manipolabili; riconosci i vari tipi e gli stili delle notizie false; hai un potere enorme, usalo bene; dai il buon esempio: non lamentarti del buio, ma accendi la luce; impara a riconoscere gli odiatori e i provocatori seriali; ricorda che il tuo click ha un valore. A parte le generiche raccomandazioni sul buon esempio, il potere enorme (“sta mano po esse fero e po esse piuma”) e riconoscere gli odiatori (saranno tutti come Napalm51 di Crozza?), sarebbe interessante sapere cosa pensano gli studenti-detective dell’ alternanza scuola lavoro, un progetto in cui lavare i piatti in un fast food (sottraendo tempo allo studio) è spacciato per esperienza formativa. A noi, in quanto operatori dell’ informazione, interessa molto la parte sulle fonti, anche perché non sfugge che tra i promotori del decalogo c’ è Confindustria. A giugno 2016 il Centro studi degli industriali diffuse, come di consueto, le previsioni sull’ andamento dell’ economia. Una sezione era dedicata allo “Scenario post-referendum: le conseguenze economiche del No”, prendendo spunto da “ipotesi altamente probabili”. La prima dava per scontato che Renzi, come poi è accaduto, si sarebbe dimesso ma pure che Mattarella non sarebbe riuscito “a formare un nuovo governo”. Quindi ci sarebbero state nuove elezioni e chissà che risultato avrebbero dato viste le due leggi elettorali difformi per Camera e Senato. Da qui sarebbero poi discesi effetti catastrofici con “un’ inevitabile nuova recessione” tra il 2017 e il 2019. Il “caos politico” – diceva il capo economista del Centro studi, Luca Paolazzi – “trascinerebbe il Pil all’ inferno, 4 punti percentuali in meno nel triennio sullo scenario di base. Salterebbero 600 mila posti di lavoro e 20 punti percentuali di investimenti”. Ma non è finita: il cambio dell’ euro avrebbe potuto svalutarsi, si sarebbero verificati effetti negativi sulla ricchezza delle famiglie e sui consumi, guai anche per le aste dei titoli del tesoro. Il Financial Times, poi, aveva previsto, in caso di vittoria del No, l’ uscita dell’ Italia dall’ euro e il default di otto banche ritenute a rischio. Ora, è passato quasi un anno e siamo ancora nell’ euro, l’ Ocse ha appena rivisto le stime di crescita dell’ Italia al rialzo, portandole a +1,4% per il 2017 e a +1,2% per il 2018, dall’ 1% e dallo 0,8% rispettivamente dello scorso giugno. Cosa dovrebbero dedurre gli studenti destinatari del decalogo di Confindustria, a proposito delle tragiche previsioni di Confindustria medesima, fonte indiscutibilmente autorevole? Anche con il bollino della certificazione (tipo banane), si trattava di bufale. L’ unica informazione buona è quella libera, dove quella che un tempo si chiamava controinformazione ha cittadinanza e facoltà di sbugiardare la propaganda. A margine, ma non troppo, basti ricordare che la scuola è già, almeno negli intenti, il luogo dove si educano gli studenti al pensiero critico, si stimolano le intelligenze e si formano i cittadini.

New York Times, superiore alle attese il balzo dell’ utile

Il Sole 24 Ore

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Nel terzo trimestre New York Times Co, l’ editore dell’ omonimo quotidiano newyorkese ha battuto le previsioni degli analisti sul fronte degli utili ma non dei ricavi. Nei tre mesi a settembre, Nyt ha messo a segno un utile netto di 32,32 milioni di dollari contro i 406mila dollari dello stesso periodo dell’ anno scorso. Il fatturato è salito del 6,1% a 385,6 milioni di dollari.

Editoria cattolica, Brescia batte Alba

Italia Oggi
ANDREA GIACOBINO
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Il confronto fra i due protagonisti dell’ editoria cattolica italiana vede Brescia battere Alba. Lo testimonia il confronto dei bilanci 2016 di La Scuola (Ls), casa editrice sita nel capoluogo lombardo e il cui vicepresidente è Giovanni Bazoli (che presiede l’ ente morale Opera per l’ educazione cristiana, azionista di controllo di Ls), e la piemontese Periodici San Paolo (Psp), editore fra l’ altro di Famiglia Cristiana, controllata dalla congregazione dei Paolini, nota come Società San Paolo. L’ esercizio dell’ azienda bresciana, infatti, si è chiuso riducendo la perdita a 2,2 milioni di euro dai 14,2 milioni del 2015 e difendendo il fatturato ad oltre 13 milioni. Ls, di cui Giorgio Riva è amministratore delegato, ha visto tornare un ebitda positivo mentre l’ ebit, seppur ancora negativo per 2,6 milioni, è migliorato dai meno 4 milioni circa dell’ anno prima. La società, che presidia il 2,5% del mercato dell’ editoria scolastica con una crescita di ricavi dell’ 1,7%, lo scorso anno ha ceduto il ramo di varia a Editrice Morcelliana, la testata Nuova Secondaria e gli annuali di Edizione Studium, oltre ad aver incentivato l’ esodo di 17 addetti. Il business plan prevede fra l’ altro la vendita di alcuni asset immobiliari mentre il prossimo anno Ls sarà partner di Hachette Livre nell’ editoria scolastica. Nel 2016 la perdita di Psp, di cui è amministratore unico Sante Sabatucci, è invece di soli 167 mila euro, in lieve progresso dal 2015, ma in compenso il calo anno su anno dei ricavi è marcato, passando da 40,2 a 3,5 milioni. In diminuzione del 13,3% anche l’ ebitda a 3,4 milioni e l’ ebit che cala da 1,2 milioni a 419 mila euro. Scorporando i dati del fatturato si vede che i volumi di vendita delle riviste hanno registrato un arretramento del 14,8% scendendo a 9,8 milioni, gli abbonamenti sono calati del 5,5% a 19 milioni circa mentre un lieve progresso (+0,84%) hanno segnato i ricavi pubblicitari a 2,9 milioni. Per ridurre i costi è stata messa in cantiere la cessione di Multimedia San Paolo attiva con le emittenti Telenova e Telesubalpina, che nel 2016 ha perso 1,2 milioni. © Riproduzione riservata.

Berlusconi, il polo tv Mediaset-Vivendi ha ancora una sua logica

Italia Oggi

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Il progetto di creare «un grande polo televisivo europeo» grazie all’ alleanza di Mediaset con la francese Vivendi «aveva e continua ad avere una sua logica industriale assolutamente valida». Ad affermarlo è Silvio Berlusconi nel libro di Bruno Vespa Soli al comando. Da Stalin a Renzi, da Mussolini a Berlusconi, da Hitler a Grillo. Storia, amori, errori in uscita domani da Mondadori Rai Eri, riferendosi al progetto, poi naufragato, che avrebbe creato un polo televisivo europeo in grado di competere con i grandi broadcaster. Alla domanda se si aspettasse un attacco così forte da parte di Vivendi, Berlusconi risponde: «Mi ha sconcertato. Ho sempre considerato il signor Bolloré un imprenditore serio, con il quale pensavo fosse possibile una collaborazione in un mercato, come quello della comunicazione televisiva, nel quale si ragiona in termini di grandi player capaci di operare internazionalmente. Sarebbe convenuto a entrambi i gruppi lavorare insieme: il progetto di un grande polo televisivo europeo aveva e continua ad avere una sua logica industriale assolutamente valida. Non si tratta solo di rispetto delle leggi e dei contratti, che già è un criterio fondamentale. Si tratta anche di rispetto della parola data». «Naturalmente», prosegue Berlusconi, «Fininvest ha dovuto difendersi dall’ aggressione e reclamare assieme a Mediaset il rispetto dei patti. I miei figli e i nostri manager lo stanno facendo nel modo migliore. La ragione sta dalla nostra parte, e non potrà non esserci riconosciuta. Ma, comunque vada a finire, sul principio secondo cui accordi e contratti non si possono non rispettare non possiamo e non vogliamo transigere». L’ ex premier assicura che Mediaset resterà «non solo italiana, ma sempre della mia famiglia». Sul fatto che Mediaset Premium non va bene, come molti canali privati a pagamento, mentre c’ è un rilancio della televisione generalista, Berlusconi dice: «È vero. I canali generalisti sono i soli a fare grandissimi numeri. La moltiplicazione dei canali televisivi con offerte di film e di ogni genere di spettacoli dappertutto non rende più appetibile la televisione a pagamento, che si regge ormai soltanto sugli eventi sportivi, ma per il resto è destinata a un pubblico limitato di utenti. Va così in tutto il mondo», osserva. Infine, su Telecom Italia Berlusconi è dell’ avviso che fa bene il governo a utilizzare i poteri speciali per assicurarsi il controllo almeno della rete «anche considerato come la Francia si sta comportando contro di noi» visto l’ esito dell’ affaire Fincantieri-Stx. Alla domanda se Telecom sia ormai un’ azienda francese, poiché controllata da Vivendi, il leader di Forza Italia risponde: «Spero proprio di no. Un’ azienda così importante deve tutelare gli interessi italiani».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Gabanelli: in assenza novità dalla Rai non cambio decisione. In assenza di novità da parte della Rai «non cambio decisione. Il direttore generale ha il diritto di decidere come meglio crede, e io pure…». Lo ha ribadito ieri all’ Agi Milena Gabanelli all’ indomani della sua scelta di dire addio all’ azienda di viale Mazzini, non ritenendo accettabili le proposte che le erano state fatte: la condirezione di Rainews con la delega allo sviluppo del portale web (con una redazione di 45 giornalisti) e il ritorno in video a Report, affiancando l’ attuale conduttore e autore del programma, Sigfrido Ranucci. Nessuna marcia indietro quindi? «Io mi sono dimessa e nessuno mi ha detto “no”», ha risposto la giornalista. Allora niente margini per un recupero? «Non è a me che va chiesto». Leone Film accelera in borsa, editore Brioschi entra nel capitale. Ha chiuso in borsa con un rialzo del 3,5% a quota 4,85 euro il titolo dell’ azienda cinematografica Leone Film G. dopo la notizia che l’ editore Brioschi, attraverso la sua finanziaria Sofia Holding, secondo quanto riportato da MF, ha deciso di entrare nel capitale della società della famiglia Leone con una quota di poco inferiore al 5%. La casa editrice, che lo scorso aprile ha edito il romanzo di Fattaneh Haj Seyed Javadi La scelta di Sudabeh avrebbe intenzione di «studiare una trasposizione cinematografica del libro». Mondo Tv, a Tim i diritti di Sissi. Mondo Tv, gruppo che produce e distribuisce contenuti di animazione, ha siglato di un contratto di licenza con la Tim per la prima e la seconda stagione di Sissi, la giovane imperatrice e di altri due programmi della library Mondo Tv. La licenza prevede la concessione dei diritti svod (subscription video on demand) in via non esclusiva, per il territorio italiano da questo novembre fino alla fine di aprile 2019.

Mise: transizione di 2 anni per il nuovo digitale terrestre

Italia Oggi

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Arrivati al 2022 la gran parte dei televisori sarà pronta per il nuovo standard trasmissivo della televisione digitale terrestre, perché il percorso verso la liberazione della banda 700 da attribuire alle telco e quindi lo switch della tv andranno per gradi nel corso di due anni e già dall’ inizio del 2017 c’ è l’ obbligo di immettere nel mercato apparecchi adatti all’ assetto futuro. È il senso del comunicato diffuso ieri dal ministero per lo sviluppo economico, una precisazione dopo i primi interrogativi sorti in seguito all’ articolo della legge di Bilancio che parla dell’ argomento. Il ministero ha spiegato che già da quest’ anno è obbligatoria «la commercializzazione esclusiva di televisori con tecnologia T2-HEVC al fine di avviare con largo anticipo il naturale ricambio degli apparecchi. Solo a partire dal 2020 è previsto lo spegnimento delle frequenze in uso alle emittenti locali e la costruzione del Mux1 della Rai per aree geografiche. Questa fase di transizione, che durerà fino al 2022, non prevede in alcun modo l’ introduzione di tecnologia T2-HEVC ma l’ uso di tecnologia Mpeg-4 già diffusa da qualche anno nei televisori e che nel 2020 sarà disponibile per tutta la popolazione». In sostanza lo switch off avverrà per fasi dal 2020. Per avere spazio sufficiente nello spettro sarà sempre usata l’ attuale versione del digitale terrestre, Dvb-t, ma con una codifica di compressione (Mpeg-4) che già molti televisori e decoder nelle case hanno (quelli che possono ricevere l’ Hd). Perciò non dovrebbero esserci grandi problemi, da rottamare saranno soltanto i tv e i decoder più vecchi. La tecnologia definitiva, il digitale terrestre di nuova generazione Dvb-T2 con la codifica HEVC, sarà introdotta solo nel 2022 quando nello switch off saranno coinvolte tutte le emittenti nazionali. «Per quella data si prevede che il naturale ricambio dei televisori con le nuove tecnologie avviato con cinque anni e mezzo di anticipo sarà sufficiente a garantire la transizione senza particolari problemi per le famiglie», ha precisato ancora la nota. «In ogni caso, nella legge di Stabilità 2018 è stato previsto un costante monitoraggio della diffusione dei televisori di nuova generazione tra le famiglie e sono stati previsti incentivi per 25 milioni di euro all’ anno per quattro anni, dal 2019 al 2022».

Per vedere la tv dovremo pagare due miliardi

Libero

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ANTONIO SPAMPINATO È ormai chiaro che le emittenti tv italiane dovranno liberare la frequenza finora utilizzata per deliziarci con i loro programmi, quella chiamata 700Mhz, e trasferire le trasmissioni su un’ altra banda, la sub-700Mhz entro 5 anni perché l’ Europa ha deciso così. E Bruxelles ha preso questa decisione prevalentemente per assecondare le pressanti richieste delle lobby della telefonia mobile: la frequenza 700Mhz, una volta liberata, verrà da loro utilizzata per la cosiddetta banda larga senza fili, o 5G. Grazie alla nuova tecnologia la quantità di contenuti che gli operatori telefonici potranno consegnare all’ utente finale sarà enormemente maggiore di quanto sono in grado di fare oggi, moltiplicando i loro fatturati. È inoltre chiaro che il riposizionamento delle frequenze porterà tanti vantaggi economici un po’ a tutti gli operatori e una grossa fregatura, sempre economica, agli utenti finali. In particolare a 20 milioni di abbonati tv, ma non solo. Ad ammetterlo, per prima, è stata la Commissione Ue. Michele Anzaldi, esponente Pd e relatore presso la IX Commissione tlc della Camera, un anno fa ha detto: «La Commissione Ue prevede che il trasferimento su altra banda dei servizi attualmente prestati sulla banda 700 MHZ potrebbe comportare oneri stimabili da 1,2 a 4,4 miliardi di euro; tali oneri, comunque rilevanti, sarebbero a carico degli utenti finali». Chiaro il messaggio? Tutti fanno soldi tranne i soliti polli, che li devono tirare fuori: una cinquantina di euro per aggiungere un decoder all’ apparecchio televisivo (i produttori sono obbligati a vendere tv con il nuovo decoder già integrato, tecnologia T2-HEVC, solo dallo scorso gennaio). Pure lo Stato fa il pieno: una volta liberata la banda 700Mhz, la metterà in vendita e incasserà 1,25 miliardi nel 2018 all’ assegnazione di una parte delle frequenze, 2 miliardi nel 2022 al secondo round di assegnazioni. Totale 3,25 miliardi a cui andranno sottratti 750 milioni di indennizzi: verranno risarciti con 100 milioni i 2 milioni di utenti – 50 euro a testa – che già oggi non pagano il canone Rai perché incapienti e il resto verrà diviso per risarcire le emittenti tv per il trasferimento. Che in ogni caso godranno di un aumento della qualità visiva e sonora delle trasmissioni, oltre a più contenuti in altissima definizione. In totale dunque lo Stato porterà a casa 2,5 miliardi: se donasse il decoder ai restanti 20 milioni di utenti che posseggono 40 milioni di apparecchi tv (50 euro a decoder), guadagnerebbe comunque 500 milioni. Ma non lo farà: c’ è tempo per adeguarsi, dice. Un’ altro “regalino” alle compagnie telefoniche potrebbe arrivare dalla bolletta a 28 giorni. Sempre il Pd, giorni fa, aveva presentato un emendamento che doveva entrare nel decreto fiscale all’ esame del Senato, volto a vietare la fatturazione ogni 28 giorni invece del canonico mese che le compagnie tlc hanno imposto in coro ai loro disarmati utenti. Tanto di cappello. Il Sole 24 Ore ha però saputo, e scritto, che il ministero dello Sviluppo economico (del governo sostenuto dal Pd) ha messo a punto un emendamento alternativo che ridimensionerebbe la portata della proposta parlamentare. Il pratica si accetterebbe la fatturazione a 28 giorni per i clienti business e dei ricaricabili, mantenedo di fatto il divieto solo per la telefonia fissa. Si aprirebbe una voragine: i fornitori di luce e gas la prenderebbero come un mezzo via libera per fare altrettanto. riproduzione riservata Il ministero dello sviluppo economico, guidato da Carlo Calenda (nella foto) ha predisposto un emendamento che ridimensionerebbe la portata della proposta parlamentare sul divieto per le compagnie tlc di fatturare ogni 28 giorni invece di ogni mese

Rassegna Stampa del 03/11/2017

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Indice Articoli

“La Città di Salerno” a rischio cassa integrazione

«Nella Legge di bilancio fondi certi alla nuova Rai»

Stretta sulle intercettazioni

La Rai non è riuscita a offrire alla Gabanelli una proposta valida. Ora deciderà il mercato

Chessidice in viale dell’ Editoria

Agi, Dell’ Arti firma l’ Anteprima del giorno

“Tecnologia, social e speciali così Sky Tg24 si rinnova”

D’ Agostino: “Rottamiamo la tv sta arrivando la rivoluzione dell’ esperienza multitasking”

Giuffrè Editore passa alla francese Els

Giuffrè passa ai francesi di Els

Intercettazioni, sì alla stretta “Negli atti solo quelle rilevanti” Ecco i punti critici della legge

“La Città di Salerno” a rischio cassa integrazione

Il Fatto Quotidiano
Vincenzo Iurillo
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Da Carlo De Benedetti a una proprietà schermata. Dalla solidità del gruppo l’ Espresso alla crisi e alla paventata cassa integrazione, coi giornalisti a scioperare per strada. Per il quotidiano La Città di Salerno, tredici giornalisti e cinque poligrafici, il passo è stato breve. Un anno da ottobre 2016. Un passo avvenuto tramite un imprenditore sotto inchiesta e perquisito poche settimane fa per reati fiscali. Si chiama Giovanni Lombardi, si muove tra il calcio (fu presidente della Casertana), l’ edilizia, la carta e la sanità. Prima di rilevare il giornale salernitano era stato il finanziatore del quotidiano napoletano Metropolis – edito da una cooperativa, Citypress, dove siedeva la moglie – che gode dei finanziamenti pubblici. L’ esperienza si concluse in maniera burrascosa proprio nei giorni in cui diventava ufficiale il passaggio de La Città al gruppo Lombardi. Due giornalisti di Metropolis dissero di essere stati aggrediti in redazione dall’ imprenditore scafatese. Ordine e sindacato insorsero. Lombardi abbandonò Metropolis al suo destino e da allora i cronisti non vedono uno stipendio, c’ è chi sta vivendo di acconti e chi si è dimesso per giusta causa. Ora anche a La Città non se la passano benissimo. Ma era tutto previsto nell’ appello che l’ assemblea di redazione rivolse a De Benedetti. Una lettera aperta che sollevava pesanti dubbi sull’ affidabilità degli acquirenti, citando l’ interrogazione della senatrice Pd Capacchione che invitava il governo a vigilare, sottolineando che Lombardi fece partecipare a una trattativa intorno a una squadra di calcio un politico condannato per camorra. De Benedetti rispose rassicurando i giornalisti. “Per quanto riguarda i requisiti di affidabilità e onorabilità degli acquirenti, da noi verificati per quanto possibile, nulla è emerso nella fase delle trattative. Mi è difficile entrare nel merito dei fatti che voi riportate e che non ci vedono direttamente coinvolti: l’ interrogazione, la netta smentita dell’ azionista di maggioranza della nuova società, e le ultime vicende a Metropolis”. Purtroppo i timori dei giornalisti de La Città non erano infondati: dalle visure è emerso qualcosa di strano. Chi ha acquisito la testata, Edizioni Salernitane srl – proprietà iniziale al 30% di Donato Di Canto (figlio del distributore monopolista sul territorio) e al 70% della Sogepim srl (intestata a moglie e figlia di Lombardi), l’ ha ceduta il 14 giugno a Editori regionali Campania srl, costituita a marzo e interamente della fiduciaria Servizio Italia (a sua volta di Bnp Paribas). I fiducianti sono schermati. Questi ad agosto l’ hanno fittata a Edizioni Salernitane, intanto diventata di proprietà della srl Media Service, ex fornitrice di Metropolis, 100% delle quote a una signora che recentemente ha amministrato solo società inattive o in liquidazione riferibili a Lombardi. Per i giornalisti de La Città questa girandola avrebbe calpestato il preliminare col gruppo l’ Espresso: lo status quo andava mantenuto almeno per un anno. Di qui un nuovo appello a loro per far valere le clausole. Stavolta esteso all’ Agcom e al presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Quest’ ultimo non può far finta di niente per due ragioni: è di Salerno anche lui, ed è il proprietario della tipografia che stampa il quotidiano.

«Nella Legge di bilancio fondi certi alla nuova Rai»

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Non ho dubbi, sarà questo Governo ad approvarlo. E in questa legislatura ci sarà la firma con Rai». È soddisfatto il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli per l’ approvazione in Cda Rai del Contratto di servizio, quinquennale. «Dopo la riforma della governance, del canone in bolletta, la nuova concessione, questo è l’ ultimo tassello che mancava per mettere le basi per un nuovo servizio pubblico». Si punta all’ entrata in vigore nel 2018. C’ è un passaggio in Vigilanza. E la legislatura sta finendo. Il parere della Vigilanza per il Governo ha ovviamente grande importanza. Il punto essenziale è mantenere un equilibrio fra obblighi che si chiedono e risorse messe a disposizione. Il parere della Vigilanza è utile perché arricchisce, definisce, precisa. Si tratta però sempre di un contratto. E quindi ciascuna delle due parti, il Governo e la Rai, deve esprimere un consenso. Ma se la Commissione di Vigilanza si mettesse di traverso? Non credo avverrà. Sono convinto che il parere della Vigilanza proporrà miglioramenti del testo non incompatibili con la volontà del Governo di arrivare alla firma dell’ atto. Cosa c’ è di positivo in questo Contratto di servizio? Ci sono le indicazioni su cui Rai deve lavorare per migliorare il servizio pubblico. Penso ad esempio all’ obbligo di presentare in tempi brevi (sei mesi, ndr.) un piano editoriale che ridefinisca il numero, l’ identità, la mission di reti e canali. C’ è poi la riforma delle news, con l’ obbligo di presentare, sempre in tempi rapidi, alla Vigilanza una nuova organizzazione che riduca il numero delle testate e tenga conto della multimedialità su cui Rai deve muoversi. Già questo introduce un cambiamento notevole. Sono poi orgoglioso del fatto che la Rai avrà un canale in inglese e tornerà a produrre format originali. Si legge però di «ridefinizione» e non di «riduzione». Non è un’ ambiguità pericolosa? L’ indicazione è chiarissima. È formulata in modo da rispettare totalmente l’ autonomia di elaborazione della Rai. Ma in ogni audizione o intervento del Governo il messaggio è stato reiterato. C’ è la sensazione di un numero eccessivo e di una mission non sempre chiara di ogni singola rete e canale. Sul versante news, dico che occorre efficientare e ripensare il sistema informazione riducendo il numero delle testate, ma anche rimodulandole. Lo schema dell’ informazione Rai sembra ancora quello dell’ accordo politico del ’75. Ma oggi c’ è la multimedialità, con i suoi nuovi strumenti. Fabio Fazio ha parlato di «intrusione della politica nella gestione Rai senza precedenti». Non mi pare che Fazio esprima il meglio di sé nelle interviste. Certo non nelle ultime. Lo apprezzo come conduttore, ma ho trovato i suoi giudizi superficiali e parziali. La presidente Rai Maggioni ha reiterato la richiesta di avere risorse certe su base triennale. È una richiesta che condividiamo. L’ importo del canone Rai è definito, per legge, annualmente. Io penso che sarebbe utile che in Stabilità intervenissimo perché la determinazione delle risorse Rai avvenga su base pluriennale. Il Governo interverrà? Non tocca a me deciderlo, ma questa è la mia opinione. A ogni modo va tenuto conto che il canone in bolletta, su cui scopro oggi con sorpresa e piacere che tutti concordano, ha prodotto un recupero dell’ evasione fra 400 e 500 milioni. Dal 2019 questo introito, ora qualificato come extragettito, andrà alla Rai. Ciò consentirà una riflessione nuova sul rapporto fra entrate da canone e pubblicitarie per il servizio pubblico. Non potevate da subito limitare la Rai sul versante pubblicità? Come ho detto il presupposto si realizzerà dal 2019. In ogni caso già in questo Contratto ci sono norme sulla pubblicità, dal divieto di dumping al controllo dell’ Autorità sull’ affollamento, alle limitazioni che escludono pubblicità nei canali per bambini e il gioco d’ azzardo. Il Contratto pone obiettivi impegnativi. Sì, ma le entrate da canone, per ora parzialmente, sono aumentate e si può fare un efficientamento e un recupero del canone speciale. Al di là di questo, non si può prendere il dato della spesa come un dato fisso. Non mi riferisco tanto alla spesa sul prodotto su cui è bene che si investa di più, ma alle spese di gestione, sulle quali occorre che l’ efficientamento della Rai prosegua. Riguardo alla spesa, sul tetto ai compensi è stata bagarre. Penso che occorra – ma sarà possibile solo superata la fase di tensione – trovare una modalità equilibrata tra necessità di un limite e competizione di mercato. Una modalità che tenga conto, quando si dice che la Rai è un’ azienda pubblica, che oltre all’ aggettivo c’ è anche il sostantivo. E che se chiediamo a Rai di operare in una dimensione di mercato dobbiamo varare regole che non ne prescindano. Sono certo che il prossimo Parlamento saprà elaborare una risposta compiuta. Milena Gabanelli ha deciso di lasciare la Rai. C’ è chi parla di fallimento del dg Orfeo. Sono molto dispiaciuto per la scelta della Gabanelli e spero davvero non sia definitiva. Mi pare ingiusto addebitare una responsabilità all’ attuale direttore generale. Ma mi fermo qui perché c’ è un’ autonomia da rispettare e un limite che la politica, a partire dal Governo, non deve superare. Quanto a Orfeo, sta facendo bene e apprezzo il suo lavoro. Ha avuto il coraggio di entrare “in corsa” e sta dimostrando di avere qualità e competenza in un ruolo per lui inedito. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Stretta sulle intercettazioni

Italia Oggi
FRANCO ADRIANO
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Un po’ a sorpresa, dopo vent’ anni di polemiche politiche e ricadute pesantissime nel rapporto tra politica, magistratura e stampa, il governo di Paolo Gentiloni riforma l’ utilizzo delle intercettazioni telefoniche e ambientali al fine delle indagini. Il primo via libera del Consiglio dei ministri al decreto legislativo che attua la legge delega del 2017 è stato annunciato dallo stesso presidente del consiglio e dal Guardasigilli Andrea Orlando. Una riforma che «senza ledere il diritto di cronaca eviterà gli abusi», ha spiegato Gentiloni. «Il provvedimento affronta un tema annoso, non restringe la facoltà dei magistrati e delle forze dell’ ordine», ha garantito Orlando puntando il dito «sul rischio delle fughe di notizie quando non sono legate a fatti penalmente rilevanti». Infatti, il materiale di intercettazione ritenuto irrilevante non dovrà essere neanche trascritto. Il vaglio passerà attraverso la polizia giudiziaria, il pm titolare dell’ inchiesta, se necessario con un contraddittorio con i difensori, per essere infine definito dal giudice delle indagini preliminari. Contro le violazioni c’ è la reclusione fino a 4 anni. Il decreto passa all’ esame delle commissioni parlamentari competenti per poi tornare al governo per il via libera definitivo. «Il ministro Orlando, il primo ministro Gentiloni e il Pd hanno coronato il sogno di Silvio Berlusconi facendo la riforma delle intercettazioni telefoniche», è stato il commento di Luigi Di Maio, candidato premier M5s, che denunciando un «evidente» patto, ha sfidato Matteo Renzi a un confronto. «Ok, Di Maio, accolgo la tua sfida. Mi va bene martedì 7 novembre. Decidiamo se farlo in Rai o su altra rete televisiva. Io ci sono. Avanti», gli ha risposto il segretario Pd. Il premier Paolo Gentiloni nel corso dell’ incontro con i leader di Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni a 67 anni, ha passato la palla al prossimo governo. «L’ adeguamento dell’ età pensionabile all’ aspettativa di vita», ha detto, «non è una decisione di questa legge di bilancio. È una norma varata dai governi precedenti che è già stata attuata due volte in questi anni». «Possiamo discutere subito di misure che riguardano categorie specifiche e casi particolari», ha tagliato corto Gentiloni cui ha fatto eco il ministro dell’ Economia Pier Carlo Padoan, «individuando i lavori più gravosi e ragionare anche sui metodi di calcolo dell’ aspettativa di vita ma la premessa è non superare i principi generali della norma sull’ aspettativa di vita». Il confronto tecnico continuerà il 13 novembre, ha annunciato la leader della Cgil, Susanna Camusso. Ma «se i risparmi delle leggi del centrodestra e della Fornero devono essere garantiti all’ infinito, allora lo spazio di discussione finisce». Via libera del consiglio dei ministri al golden power su Tim per tutelare la rete posseduta dal gruppo telefonico, considerata un asset strategico. Bankitalia ha scoperto le gravi irregolarità in Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca «grazie a una vigilanza intensa e costante». È questo il quadro fornito dal capo della vigilanza di palazzo Koch, Carmelo Barbagallo, davanti alla Commissione di inchiesta sulle banche. Ciò, anche se gli amministratori «hanno ripetutamente occultato importanti informazioni alla vigilanza». Alle critiche di alcuni parlamentari relative al modo in cui Bankitalia ha svolto il proprio compito, Barbagallo ha risposto: «Non siamo qui ad autoassolverci noi siamo qui per raccontare i fatti». Dopo la mozione delle polemiche sulla conferma a governatore di Ignazio Visco, il Pd ha rivolto 10 domande a Bankitalia, tramite Francesco Bonifazi e Mauro Del Barba. Durissime anche le opposizioni, in particolare sul fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», ossia gli innumerevoli casi di funzionari di via Nazionale assunti dalle banche in cui avevano fatto ispezione. «Visco ha preferito la poltrona alla dignità. Ma perderà tutte e due, prima di quanto si possa immaginare», ha affermato Maurizio Gasparri (Fi). Emesso il mandato di cattura europeo per il deposto presidente catalano, Carles Puigdemont, e i quattro ministri del governo regionale che si trovano attualmente in territorio belga. L’ accusa della procura dell’ Audiencia Nacional di Madrid per Puigdemont e Clara Ponsatí, Mertitxell Serret, Antoni Comin e Lluís Puig è di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici, con una pena massima di trent’ anni di carcere; gli stessi capi di imputazione sono stati contestati agli otto membri del governo che si sono recati oggi a deporre a Madrid, per i quali la Procura ha chiesto la carcerazione preventiva senza cauzione. Migliaia di persone si sono immediatamente radunate in segno di protesta davanti al parlamento catalano e in altre dimostrazioni in altre località. Gavin Williamson, «chief whip» dei deputati conservatori a Westminster, è stato nominato ministro della Difesa al posto di Sir Michael Fallon. La premier Theresa May è stata costretta a sostituirlo dopo le dimissioni di Fallon, il primo ministro a soccombere alle voci di molestie sessuali e comportamenti impropri che stanno scuotendo il partito conservatore e Westminster. Fallon ha ammesso di essere sceso in passato «al di sotto degli elevati standard richiesti alle forze armate» toccando a lungo, nel 2002, il ginocchio di una giornalista durante una cena. Williamson, 41 anni, siede in parlamento dal 2010. Sposato con due figlie, è stato segretario parlamentare dell’ ex premier David Cameron, si era schierato contro la Brexit e contro il ministro degli Esteri Boris Johnson, leader del campo pro Brexit. Ieri si è registrato uno scivolone della sterlina dopo che la Banca d’ Inghilterra ha annunciato il primo rialzo dei tassi di interesse da oltre un decennio. Puntano sull’ Università di Cambridge gli ultimi sviluppi investigativi della procura di Roma che sta indagando sul sequestro, sulle torture e sulla morte di Giulio Regeni, avvenuta al Cairo tra il 25 gennaio e il 3 febbraio del 2016. Il procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco hanno inviato una terza rogatoria al Regno Unito per la professoressa Maha Abdel Rahman, docente di Cambridge nonché tutor del 28enne ricercatore di origine friulana. Lei lo inviò in Egitto e, secondo chi indaga, avrebbe ricevuto da lui dieci report, frutto della sua attività di ricerca sul sindacato autonomo cairota. I magistrati romani, poi, chiedono agli inglesi di interrogare tutti gli studenti che Cambridge ha inviato in Egitto dal 2012 al 2015. Il capo del sindacato ambulanti del Cairo accusa la ricercatrice di essere una sostenitrice dei Fratelli musulmani. Una migrante tunisina di 28 anni sarebbe stata stuprata da Biagio Adile, 65 anni, direttore a Palermo dell’ Unità di Uroginecologia dell’ ospedale Villa Sofia Cervello. Per il primario sono scattati gli arresti domiciliari e la sospensione dal servizio. La donna ha raccontato di essere stata violentata la prima volta nello studio del ginecologo e la seconda nell’ ambulatorio dell’ ospedale, dove è riuscita a registrare l’ episodio con il suo cellulare. Adile nel 2014 si era candidato alla carica di sindaco di Racalmuto in una lista civica contro le sigle di partito. Nicolò Marcello D’ Angelo, nato a Trapani nel 1954, è stato nominato dal Consiglio dei ministri Vice capo della Polizia. La sua lunga carriera nell’ amministrazione della Ps è iniziata nel 1972. «La condanna lieve di 2 mesi che ha ricevuto dal tribunale militare, per un reato militare (ossia violata consegna), prevedeva la non menzione nel casellario giudiziale per questo non potevamo saperlo e lui non ci ha informato, ci ha mentito ed è fuori da M5s che non fa sconti». Così il candidato M5s alla presidenza della Regione siciliana, Giancarlo Cancelleri, ha annunciato l’ esclusione del candidato all’ Assemblea regionale Gionata Ciappina, dopo che si è scoperto il suo precedente». Donald Trump ha scelto Jerome Powell come successore di Janet Yellen alla presidenza della Federal Reserve. Fino all’ ultimo Yellen era rimasta in corsa per un secondo mandato, assieme al professore di Economia della Stanford University John Taylor. Powell, 64 anni, è un repubblicano moderato che fa già parte del board della banca centrale Usa. «Mi sarebbe piaciuto mandare il terrorista a Guantanamo, ma ci vuole troppo tempo. Meglio fare presto con un’ esecuzione». Questa la condanna del presidente Donald Trump, per ora a parole su Twitter, all’ attentatore di Manhattan che ha ucciso 8 persone investendole con un pick-up. Papa Francesco, alle Fosse Ardeatine e al cimitero miliatre Usa di Nettuno e Anzio, in occasione della giornata per la commemorazione dei defunti, ha affermato che oggi il mondo «si prepara per entrare più fortemente in guerra».

La Rai non è riuscita a offrire alla Gabanelli una proposta valida. Ora deciderà il mercato

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Milena Gabanelli, lo scorso 9 giugno, ha compiuto 63 anni. E in Rai ha condotto ininterrottamente le trasmissioni Professione Reporter e, successivamente, Report, per 23 anni. Il 28 novembre 2016 ha salutato i telespettatori annunciando l’ addio al programma, poiché riteneva concluso il suo ciclo. E si è messa, volontariamente, a disposizione dell’ azienda Rai. Gabanelli è di sicuro giornalista di razza. Ma si è sempre mossa con molta autonomia nel paludato mondo del servizio pubblico, di fatto usando molti free lance per confezionare le inchieste di Report, una sorta di prodotto «chiavi in mano» consegnato alla Rai. A Gabanelli era stata proposta la condirezione di Rai news, col compito di coordinare una redazione di 45 giornalisti (giornalisti Rai che, alla fine del mese, lo stipendio lo prendono comunque, non certo degli audaci free lance disposti a tutto) che avrebbero dovuto potenziare il sito Internet. La proposta non è piaciuta alla giornalista. Avrebbe infatti chiesto, primo, di avere la responsabilità piena del servizio (non la vicedirezione, dunque) e, secondo, di poter avere il contatto diretto con tutti i 1.600 giornalisti Rai, che avrebbero dovuto fornire al sito di Rai news, in anteprima, tutte le notizie prodotte per le varie testate giornalistiche Rai per le quali essi lavorano. L’ azienda ha detto di no. E ha detto di no anche se con 45 redattori specificamente addetti al servizio (sette giorni su sette; con i turni, un’ inezia) e con i direttori dei tg che non sono disposti a scucire in anticipo i loro video a Rai news che è un media istantaneo, chiunque fosse stato messo a capo di questo servizio non sarebbe andato lontano. E infatti Rai news, sinora, in pratica non esiste e si è fatta bagnare il naso anche da emittenti con ben minori mezzi e, soprattutto, non regge assolutamente il confronto con gli analoghi canali delle principali tv pubbliche del Vecchio continente. Gabanelli ha allora proposto una striscia quotidiana di quattro minuti, in coda al tg serale, in cui avrebbe commentato un fatto utilizzando i numeri, per non mandare sprecato il lavoro sul «data journalism» seguito negli ultimi nove mesi. Questa proposta è piuttosto stravagante. La Rai, qui comprensibilmente, ha ancora detto di no: la fascia oraria dopo il tg serale infatti è la più strategica per qualsiasi canale televisivo. Non a caso si chiama access prime time, e lì si scontrano tutti, per attirare gli ascolti, in un momento di massimo investimento pubblicitario. È anche vero che la Rai (la stessa che ha rovesciato milioni su Fazio che, sul piano dell’ innovazione, vale zero; l’ unica sua sola novità è una grossa scrivania acquario) non è stata in grado di offrire alla Gabanelli nulla di alternativo e valido. La giornalista, allora, ha tratto le conseguenze e, con serietà, si è dimessa. Vedremo adesso come il mercato televisivo saprà valorizzarla: La7 e, soprattutto, Discovery Italia, hanno già iniziato i primi sondaggi. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Facebook: chiude terzo trimestre con utili a +79%. Facebook ha chiuso il terzo trimestre con l’ utile su del 79% a quota 4,71 miliardi di dollari (4 miliardi euro), nello stesso giorno in cui i legislatori Usa hanno messo sotto torchio i manager esecutivi del gruppo (insieme a quelli di Twitter e Google) in relazione alle interferenze russe nelle elezioni presidenziali attraverso i social media. Facebook ha accresciuto la sua posizione dominante nel business pubblicitario online nel trimestre, ma ha detto che dovrà sacrificare parte della crescita futura per investire di più in sicurezza, al fine di andare incontro alle richieste dei legislatori. I ricavi sono saliti del 47% in un anno da 7 a 10,33 miliardi di euro (da 6 a 8,8 miliardi di euro) e il numero di utenti mensili attivi è aumentato del 16% a 2,06 miliardi. Gannett, scendono i ricavi. Nel terzo trimestre i ricavi del gruppo editoriale statunitense Gannett hanno subito un calo a causa dei proventi delle inserzioni pubblicitarie che sono continuati a scendere e non sono stati controbilanciati dalla crescita delle vendite digitali o da quella degli abbonamenti online. I ricavi pubblicitari sono scesi del 19%, mentre quelli da diffusioni sono diminuti del 7,6%. Recentemente Gannett si è focalizzata sui servizi digitali, incrementando il numero di iscrizioni trimestrali del 60% anno su anno a 312 mila unità. Notorious Pictures al lavoro sul nuovo piano. Notorious Pictures, società quotata su Aim Italia attiva nella produzione, acquisizione e commercializzazione dei diritti di opere cinematografiche, lavora al nuovo piano industriale che dovrebbe essere presentato l’ anno prossimo, mentre proseguono le uscite di film nelle sale. È quanto spiegato a MF-Dowjones dal presidente e ceo Guglielmo Marchetti, interpellato dopo la notizia della firma di due accordi commerciali con Viacom International Media Networks Italia e con Turner Broadcasting System per la distribuzione su free tv di 7 opere filmiche, per un valore complessivo di 200 mila euro. «Stiamo lavorando al piano 2018/2020. Non è stato ancora definito quando lo presenteremo; ci sono diverse variabili che influiscono sui numeri anche di ordine strategico come il potenziamento delle linee di business e l’ implementazione di nuove», ha precisato il manager che sulla tempistica della possibile presentazione ha affermato che «probabilmente» avverrà «l’ anno prossimo». Proseguono inoltre le uscite di film del gruppo nelle sale italiane. «Giovedì scorso», ricorda Marchetti, «è arrivato nelle sale il cartone animato Vampiretto che è molto indicato visto che siamo nella settimana di Halloween. Poi il 22 avremo altro un cartone animato, Nut Job, che è già uscito negli Stati Uniti e ha incassato 50 mln di dollari per poi finire a Natale con un film che racconta un momento particolare della vita di Charles Dickens, ossia di quando ha avuto l’ ispirazione per scrivere Christmas Carol sul quale contiamo molto». I 20 anni del Capitolo Italiano dell’ IIC. Il prossimo 10 novembre il Chapter italiano dell’ International Institute of Communications (IIC) festeggia il suo 20° anniversario a Roma con la conferenza «Vent’ anni dopo, passato, presente e futuro della convergenza nelle comunicazioni nei 20 anni del Capitolo Italiano». Tra i partecipanti all’ incontro, il sottosegretario allo sviluppo economico Antonello Giacomelli, il presidente dell’ Agcom Angelo Marcello Cardani, il direttore generale della Commissione europea Dg Connect Roberto Viola, la presidente Rai Monica Maggioni, il presidente dell’ IIC Chris Chapman e quello del Chapter italiano Augusto Preta, il consigliere d’ amministrazione di Mediaset Gina Nieri, gli amministratori delegati di Tim Amos Genish, di Viacom (Andrea Castellari), di Discovery Sud Europa (Marinella Soldi), di Open Fiber (Tommaso Pompei), di Wind Tre (Jeffrey Hedberg), il presidente di Vodafone Italia Pietro Guindani, e il managing director di Google Italia Fabio Vaccarono. Publitalia, Fastweb e The Story Lab per Giù in 60 secondi. Sarà in onda su Italia1 a partire da domenica alle ore 11.50 circa il programma Giù in 60 secondi – Adrenalina ad alta quota. La serie di 5 puntate vede confermato come conduttore lo speaker radiofonico Vic che sfida 5 personaggi famosi a superare i limiti lanciandosi in coppia con il loro istruttore di paracadutismo per la prima volta. I neofiti del lancio seguiranno un allenamento sospesi dal vento nel tunnel verticale del simulatore di caduta libera del centro Fastweb Aero Gravity di Milano, uno tra i più all’ avanguardia a livello mondiale e cablato interamente con la rete in fibra ottica. L’ operazione è stata realizzata da Publitalia Branded Entertainment in collaborazione con la direzione intrattenimento Rti e dal cliente Fastweb e Fastweb Aero Gravity affiancati dalla loro agenzia media Vizeum, sigla del gruppo Dentsu Aegis Network, e The Story Lab, la global unit di Dentsu Aegis Network dedicata all’ entertainment content. La casa di produzione è Magnolia. Nuovo sito web per la Cia-Agricoltori Italiani. Veste grafica rinnovata, accessibilità da mobile, integrazione con i social media e contenuti interattivi sempre aggiornati: sono queste le principali caratteristiche del nuovo portale di Cia-Agricoltori Italiani che offre news sulla confederazione, ma anche su agroalimentare, ambiente, consumi e ricette degli Agrichef.

Agi, Dell’ Arti firma l’ Anteprima del giorno

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Leggere in 100 secondi (meno di due minuti) 10 quotidiani, già riassunti in circa 20 mila battute, è un servizio d’ informazione fondamentale ai giorni nostri: così l’ agenzia stampa Agi ha deciso di lanciare la newsletter Anteprima, affidando a Giorgio Dell’ Arti «l’ esercizio di sintesi» di quello che è successo ma anche e soprattutto di quello «che ancora non è successo e altro ancora», come recita lo slogan della stessa agenzia diretta da Riccardo Luna. Con un passato tra gli altri a Repubblica, al Foglio rosa del lunedì, La Gazzetta dello Sport e Vanity Fair, senza farsi mancare esperienze in televisione e la pubblicazione di libri, Dell’ Arti ha iniziato mercoledì scorso con il suo «omnibus», ossia «riassumendo in quelle 20 mila battute soprattutto tutto quello che non è emerso sui giornali, le notizie nuove e in generale quelle che maggiormente mi colpiscono», spiega a ItaliaOggi Dell’ Arti. «Spazio in ogni territorio tematico, dalla collezione di carillon di Maria Callas fino all’ aumento del prezzo del petrolio». Ma almeno con un certo obbligo di essere completo, esaustivo, dando tutte le notizie? «No. Non bisogna essere per forza completi e le notizie che hanno già tutti meno m’ interessano. Né mi sento obbligato ad aprire Anteprima con gli articoli dei giornalisti più affermati. Anzi, è possibile che l’ apertura vada al lavoro ben fatto di una firma sconosciuta». Allora come si conciliano gli hobby della Callas con le quotazioni del petrolio? «Non si può essere intelligenti 24 ore al giorno, quindi Anteprima contiene anche del cazzeggio. Non solo quello ma anche quello». E il direttore Luna che dice? «Mi ha dato ampia libertà di scelta. Tanto più che, al momento, non abbiamo ancora parlato del mio compenso», conclude con ironia Dell’ Arti che, nel frattempo, si alza alle 4 mattino, si mette a lavorare e alle 7.29 manda tutto ad Agi.

“Tecnologia, social e speciali così Sky Tg24 si rinnova”

La Repubblica
SILVIA FUMAROLA
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ROMA LA rivoluzione negli studi di Sky Tg24 è già cominciata. Sarah Varetto, direttrice dal 2011, lo dice con un certo orgoglio: «Prima portavamo il mondo a casa ora lo portiamo ovunque: per le breaking news, le ultime notizie, ormai basta guardare il telefonino. La sfida è rinnovare il linguaggio nel notiziario con continui approfondimenti e un’ infografica completa. La tecnologia ci ha dato una grande mano». La centrale operativa è nella sede Sky di Milano Rogoredo: studio futuribile di 300 metri quadrati, più cento metri di videowall, gigantesche pareti di schermi per raccontare le notizie attraverso collegamenti, foto, dati, cartine, schede. «Un modo per spezzare il ritmo» spiega Varetto «ed essere pronti a fare approfondimento attraverso un linguaggio diverso. Un esempio pratico della potenzialità del nuovo studio? L’ altra sera, appena è arrivata la notizia dell’ attentato a New York, siamo riusciti a costruire una serata monografica. Tramite il digiwall che sostituisce il vecchio touch screen riesci a navigare attraverso siti, foto. Puoi attingere alle fonti, lo stesso fa il videowall. Una ricostruzione tridimensionale delle notizie per offrire allo spettatore un’ esperienza immersiva con lo studio che si popola di immagini». La tecnologia serve a intercettare anche il pubblico più giovane? «La cosa affascinante della multipiattaforma» dice Varetto «è che raggiungi target diversi, devi sempre coniugare il contenuto con la piattaforma su cui ti muovi. Siamo organizzati con un unico central desk con il capo di quella fascia di messa in onda e il capo dei social: quando arriva una notizia siamo in grado di scegliere una storia immediatamente. Vogliamo intrattenere e approfondire» continua la giornalista «in un mondo in cui le notizie, tra web e social, viaggiano rapide e sono alla portata di tutti, la sfida è trovare un nuovo modo di fare informazione. Bisogna scegliere e investire sui temi». Stasera (alle 20.20) andrà in onda l’ inchiesta “Dissesto doloso” per raccontare da Genova a Olbia e dai paesi in Calabria, Sicilia e Lombardia, colpiti da frane e inondazioni, cos’ è cambiato. «Siamo tornati dove tanti amministratori locali hanno detto: “Mai più, metteremo a posto tutto”, per vedere se davvero le cose sono migliorate. Siamo andati a controllare quello che è stato fatto. Anche in questo caso la nuova tecnologia si sposa con il grande classico del reportage». Il trasloco della redazione a Milano non è stato indolore, c’ è stato un confronto sindacale, è di pochi giorni fa il saluto in diretta di Federica De Sanctis, uno dei volti più popolari di Sky Tg24: a Roma che succederà? «La sede di Roma non chiuderà, gli ingegneri stanno lavorando per allestire una sede molto bella, al centro della città. Avremo un presidio di trenta giornalisti» dice Varetto «Federica è stata molto carina a salutare il pubblico, ha fatto una scelta di vita, è voluta rimanere a Roma». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Portiamo il mondo dappertutto: le ultime notizie arrivano sui telefonini, oggi in tv si deve approfondire LO STUDIO Supertecnologico, ospitato nella sede Sky di Milano Rogoredo, il nuovo studio è di 300 metri quadrati. In alto, la direttrice di Sky Tg24 Sarah Varetto.

D’ Agostino: “Rottamiamo la tv sta arrivando la rivoluzione dell’ esperienza multitasking”

La Stampa
ALBERTO INFELISE
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Fiume in piena è un’ espressione che ben descrive l’ immagine che Roberto D’ Agostino proietta di sé all’ esterno. Non è che contenga moltitudini: è moltitudini. È l’ autore televisivo che inizia a farsi largo nella Rai degli Anni Settanta. È lo stralunato esperto di look scaravoltato sul divano di Arbore. È il minaccioso ospite dei programmi televisivi degli Anni Novanta. È il temutissimo collettore di notizie e retroscena che ha fatto del suo Dagospia uno dei primi siti da guardare per sbirciare che succede qui e lì. Oggi è l’ ideatore di Dago in the Sky , il progetto in dieci puntate che Sky Arte manda in onda da martedì per dieci puntate fino al 9 gennaio prossimo. «Tutto è nato da una proposta di Sky e dal fatto che guardando la televisione tutto mi sembrava fermo al secolo scorso – spiega D’ Agostino -. Nessuna novità, un linguaggio fermo da trent’ anni, nessuna rottamazione». Che fa l’ 85 per cento? Il centro del progetto è proprio un’ operazione sul linguaggio televisivo: «Quando vedo che si scaldano tanto per trasmissioni che fanno il 15% di ascolti, io mi chiedo sempre, ma che fanno quegli altri 85% che non l’ hanno guardata? Sono andati verso nuove forme di intrattenimento, altri strumenti. Oggi si guarda la televisione come sottofondo, come una radio, perché davanti agli occhi c’ è lo smartphone». E quello che succede dentro lo schermo di un telefono è completamente diverso: «Siamo di fronte a un’ esplosione digitale. Il cambiamento è talmente continuo e veloce che non riusciamo ad accorgerci di come stia avvenendo. Ne parliamo nella prima puntata con il direttore de La Stampa , Maurizio Molinari: siamo alla vigilia di una rivoluzione che popolerà le nostre vite di robot e intelligenze artificiali». Dago in the Sky procede in maniera diametralmente opposta rispetto a un programma tradizionale. La narrazione verbale dialoga, prende ritmo e forma seguendo il montaggio delle immagini, la loro costruzione. Immagini che non sono didascalia alle parole ma le formano, sono un tutt’ uno: «La nostra intenzione è quella di dare vita al “pensiero visivo”. Le informazioni, gli approfondimenti, le idee devono concretizzarsi attraverso le immagini. Nella comunicazione contemporanea è fondamentale non occuparsi solamente del “che cosa” ma anche del “come”». Del resto è quello che succede nella fruizione normale dei media da parte degli utenti, sempre più personalizzata, sempre più tagliata, definita: «È come un millefoglie, ci sono diversi livelli, diversi strati. Ognuno vede all’ interno di un prodotto complesso quei livelli che riesce a comprendere. Le immagini e la narrazione verbale si fondono per portare chi guarda a un’ esperienza multitasking». Quale mondo si racconta in queste dieci puntate? «Quello che abbiamo appena iniziato a vivere, quello che è lì dietro e stiamo per vedere. La tecnologia è l’ ideologia di questo secolo e la costruzione di se stessi è al centro di ognuna delle nostre esistenze. Siamo di fronte all’ insostenibile narcisismo dell’ essere». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Giuffrè Editore passa alla francese Els

MF
ANDREA BOERIS
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Giuffrè Holding ha ceduto il 100% di Giuffrè Editore a Editions Lefebvre Sarrut (Els), gruppo leader in Europa nell’ editoria professionale legale e fiscale. Antonio Giuffrè, nipote del fondatore e dal 2005 alla guida della casa editrice italiana, manterrà la carica di direttore generale dell’ azienda, che vanta 140 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato. Nell’ ambito dell’ operazione Editions Lefebvre Sarrut è stato assistito dallo studio legale Dentons e in particolare dal partner Pier Francesco Faggiano. Giuffrè Holding invece è stata fiancheggiata dallo studio legale Allen & Overy. (riproduzione riservata)

Giuffrè passa ai francesi di Els

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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I francesi di Editions Lefebvre Sarrut (Els) si comprano tutte le edizioni Giuffrè, gruppo italiano specializzato in pubblicazioni giuridiche e fiscali con un catalogo di oltre 15 mila libri cartacei, 30 periodici e 16 portali web specializzati. Sul mercato dagli anni Venti dello scorso secolo, Giuffrè è alla terza generazione di soci-imprenditori dopo che il fondatore Antonino Giuffrè ha iniziato, da studente universitario, a pubblicare le dispense della Bocconi. Ora il gruppo guidato dal 2005 dal presidente e d.g. Antonio Giuffrè entra a far parte di un’ altra editrice di origine e proprietà familiare, Lefebvre (senza considerare che anche Sarrut era un’ azienda familiare, poi inglobata da Lefebvre). Complessivamente, Lefebvre Sarrut presidia 8 mercati, perlopiù in Europa, e riunisce 2.500 dipendenti. La natura familiare delle due aziende, però, non deve trarre in inganno nel fotografare un settore, quello dell’ editoria professionale, che recentemente è diventato molto tecnologico e in cui non sono mancate le concentrazioni. Concentrazioni differenti, peraltro, da quelli nell’ editoria dei giornali o dei libri di narrativa, visto che oggi i due principali poli europei (Wolters Kluwer e lo stesso Lefebvre Sarrut) sono cresciuti a colpi di acquisizioni, ma entrambi con un posizionamento simile. Con l’ acquisizione di Giuffrè (supportato dallo studio legale Allen & Overy), anche il mercato italiano ha finito per rispecchiare il bipolarismo europeo, seppur con la particolarità che nella Penisola resistono editori più di nicchia come Giappichelli nel mondo accademico, La Tribuna coi suoi codici e i manuali Simone. Inoltre, sempre nella Penisola, Editions Lefebvre Sarrut è già attiva dal 1991 e, con il diretto concorrente Wolters Kluwer, ha creato la joint venture Memento. In Italia il mercato dell’ editoria professionale ha iniziato a contrarre a partire dal 2007-2008 a causa del calo della carta e oggi vale circa 550 milioni di euro (di cui il 75% generato dalle pubblicazioni giuridiche e fiscali). Ma perché un marchio storico come Giuffrè ha deciso di vendere, dopo essere stato corteggiato per anni da altri big come la banca dati Lexis Nexis o l’ editrice Thomson? «Abbiamo sempre pensato a un’ integrazione internazionale ma abbiamo preferito concludere la transizione digitale, terminata l’ anno scorso, prima di aprire a operazioni straordinarie», ha spiegato a ItaliaOggi Antonio Giuffrè, che rimane in azienda con la sola carica di d.g. e un fatturato garantito per il 65% dal digitale. «Inoltre i soci che appartengono alla famiglia Giuffrè sono molti, meno quelli impegnati nell’ editrice. Ma soprattutto, col procedere del tempo, ci sarà sempre più bisogno di maggiori investimenti in tecnologia. E noi stavamo rimanendo gli unici editori locali nazionali». Invece nella cornice più ampia della proprietà Lefebvre Sarrut (guidato dall’ a.d. Dominique Illien) saranno possibili sinergie hi-tech tra implementazioni di motori di ricerca, progetti d’ intelligenze artificiale e software. Una questione non da poco se, sempre a giudizio del direttore generale dell’ editrice che annovera tra i suoi autori guiristi come Piero Schlesinger e Francesco Calasso, «la sfida maggiore per il settore è propria quella del costante aggiornamento tecnologico. Per Giuffrè, per esempio, è stato il passaggio da un’ offerta di solo prodotto a una comprensiva di servizi, tra gli altri in particolare il software per accedere al Processo Telematico, ad assicurare la crescita». A fine 2016 il fatturato complessivo dell’ editrice tricolore è stato pari a 50 milioni di euro, giù del 5%. L’ ebitda è diminuito del 3% ma l’ azienda è rimasta in utile, come in passato. Dopo la spinta del piano di investimenti sul digitale, ha concluso Antonio Giuffrè, «i ricavi stanno crescendo quest’ anno intorno al 3%. Migliora l’ ebitda e la previsione è chiudere il 2017 con un utile al rialzo a doppia cifra». © Riproduzione riservata.

Intercettazioni, sì alla stretta “Negli atti solo quelle rilevanti” Ecco i punti critici della legge

La Repubblica

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SEGUE DALLA PRIMA PAGINA TANT’ È che Angelino Alfano, ministro della Giustizia di Berlusconi, fissa in tre righe il tripudio: «Ci sono voluti molti anni, ma alla fine la riforma sarà legge. Tenacia e buon senso hanno vinto». L’ imbuto è lì, pronto a filtrare, ed escludere, tutte le intercettazioni – soprattutto le tante che in questi anni hanno tolto il sonno ai politici, da Berlusconi (vedi il caso Ruby con le confidenze delle Olgettine) a Renzi (vedi i casi Cpl-Concordia e Consip) – che non saranno più giudicate rilevanti ai fini della prova. Politicamente significative, ma zero ai fini dell’ assoluzione o della condanna. Ovviamente il Guardasigilli Orlando non la pensa affatto così, «nessuna stretta su toghe e stampa» assicura. Accanto a lui, durante la conferenza stampa a palazzo Chigi, ribadisce la linea il premier Paolo Gentiloni, «indagini salve, ma stretta sugli abusi». “Abusi” della stampa o delle toghe? Il decreto, d’ un colpo, li punisce entrambi. Impone alle toghe non solo, «quando è necessario » (quindi non è detto che debba esserlo), di usare «solo i brani essenziali». In barba alle tante affermazioni – quelle del procuratore di Torino Armando Spataro, proprio in un’ intervista a Repubblica – sull’ importanza delle conversazioni «di contesto » che fanno capire le ragioni ambientali in cui un delitto, sia esso di sangue o di denaro, è maturato. Orlando prova a fare una cernita: sì all’ intercettazione di Ruby quando dice «Berlusconi mi sta offrendo quanti soldi voglio, l’ importante è che passi per pazza»; «più dubbia» quella dell’ ex ministro Guidi, la «sguattera del Guatemala». Ma vi è dell’ altro. Le nuove regole sulle intercettazioni irrilevanti, che non saranno neppure trascritte. Non solo quelle che riguardano fatti strettamente privati – il famoso sms della Falchi a Ricucci – ma anche quelle su conversazioni che, nella prima fase dell’ indagine, vengono considerate non importanti. La polizia le ascolterà, ma non potrà più riassumerle nei “brogliacci”. Le appunterà solo con ora e data, se ha dei dubbi sulla rilevanza andrà dal pm che le valuterà e deciderà se farle trascrivere sotto la sua diretta assunzione di responsabilità o le condannerà all’ oblio, solo ora e data. Possiamo già immaginare quanto macchinosa e complessa sarà questa procedura per inchieste con più indagati sotto intercettazione, che magari parlano molto. Alla fine, per evitare un andirivieni continuo, la polizia giudiziaria deciderà da sola, e diventerà il vero dominus della conservazione o dell’ occultamento di una prova. Non basta. Che cosa scriverà la polizia? Il decreto cita, senza fornire né dettagli né procedure, le «annotazioni» che dovrebbero servire anche per ripescare un’ intercettazione esclusa e poi ritenuta necessaria. Che caratteristiche avranno queste «annotazioni », saranno dei sunti? Ma allora, c’ è da chiedersi, non era meglio conservare i vecchi brogliacci? E soprattutto: quale potere di conoscenza, e di possibile ricattabilità, potrà detenere la polizia, che sarà l’ unica depositaria di un testo trascritto, anche all’ insaputa del pm? Anche rischiando multe e condanne, il giornalista potrà pubblicare materiale, che potrebbe non essere integro. Diritto di difesa, archivio riservato, pubblicabilità. Un groviglio anche questo. Tutto il materiale che non sarà trascritto finirà nell’ archivio le cui chiavi sono in mano al procuratore. Conterrà materiale qualificato come segreto. La difesa potrà solo ascoltare le intercettazioni non trascritte, ma senza entrare in possesso di una copia cartacea, ma solo di una digitale. Gli avvocati – tutti, Migliucci, Sisto, Costa – protestano. E dovrebbero arrabbiarsi sul serio i difensori d’ ufficio, i difensori “poveri” che al contrario degli studi ricchi non si potranno permettere schiere di giovani laureati pronti ad ascoltare le intercettazioni per “beccare” quella utile al proprio assistito. I giornalisti, dal decreto, non ricavano nulla: con meno trasparenza, e con più rischi di condanne, andranno a caccia di testi, ormai divenuti segreti in barba alle raccomandazioni della Cedu sui diritti attenuati per i politici alla riservatezza. Certo non è il bavaglio di Berlusconi, né quello dei riassunti, ma basta leggere il decreto e i suoi divieti per vedere che la stretta c’ è. Tranne quella sulla corruzione, non intercettabile con i Trojan horse. ( l. mi.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA La mancata verbalizzazione di alcuni ascolti rende costoso l’ esercizio della difesa Gli esempi di Orlando: “Ancora valide le frasi su Ruby, dubbi su Guidi sguattera del Guatemala” ANDREA ORLANDO A REPTV Intercettazioni e voto in Sicilia. Alle 11 il ministro Andrea Orlando al videoforum di RepTv Conducono Massimo Giannini e Laura Pertici.


Rassegna Stampa del 04/11/2017

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Indice Articoli

Il legale vinceva e i risarcimenti di «Libero» li incassava lui

La televisione pubblica non può dipendere dal tempo che fa

Sexgate anche all’ italiana: “Molestata da Tornatore”

Grazie a “Si muore tutti democristiani”, si ride anche con gli youtuber

«Repubblica» censura le vere ragioni della Gabanelli

Intervista inedita in ricordo di Enzo Biagi

Camilleri:Il mistero del nuovo libro scritto solo per gli amici

Il faccia a faccia tv Berlusconi-Costanzo è stato molto deludente per il Cavaliere

Bbc, 1.000 ore di sport in più

For Men, spot e un evento per il calendario 2018

Servizio pubblico come in Nuova Zelanda

Sky Italia, un autunno col botto

Chessidice in viale dell’ Editoria

Requiem per la gloriosa seconda serata tv

Renzi dà l’ Isola per persa e sfida in tv anche Silvio e Matteo

Occhio al telecommando

Tra mille canali tv il servizio pubblico serve ancora?

Antonio Angelucci condannato a un anno e 4 mesi per tentata truffa e falso per i fondi di ‘Libero’ e ‘Riformista’

Il legale vinceva e i risarcimenti di «Libero» li incassava lui

Corriere della Sera
di Luigi Ferrarella
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La casa editrice del quotidiano Libero tenuta ignara nel 2007-2012 di alcune cause legali nelle quali aveva vinto denaro incamerato invece proprio dall’ allora suo avvocato: è quanto attesta la sentenza del Tribunale di Milano che in primo grado condanna l’ avvocato Vincenzo Vitale (ex magistrato, ex docente della Cattolica, filosofo del diritto, nel 1994 vicecapo di gabinetto del ministero della Giustizia, ex columnist di temi giudiziari su Il Giornale , Libero , Il Giornale di Sicilia ) a 1 anno e 5 mesi per appropriazione indebita e patrocinio infedele, con sospensione condizionale della pena subordinata però all’ integrale pagamento di 65.000 euro di provvisionale sui danni da stabilire in sede civile. Il processo nasce dalla denuncia di Alfredo Baldisseri, all’ epoca liquidatore della società «Adri srl» (già «Adri spa», già «Vittorio Feltri Editore spa») che appunto editava il quotidiano Libero . Lo stimato avvocato Vitale aveva dal 2001 una procura alle liti in bianco, che per un compenso globale di 10.000 euro al mese gli dava il potere di firmare transazioni e riscuotere denaro per conto della società editrice nelle cause legali del giornale. Quando però la «Adri» cede l’ azienda e i diritti editoriali sul quotidiano Libero , con la nuova gestione inizia un rimpallo di pretese e recriminazioni, e i nuovi avvocati Comanducci e Grassi, lamentando che Vitale rifiuti di consegnare le carte sui processi pendenti, nel 2012 avviano un’ autonoma ricerca presso i difensori delle controparti a loro note. Così, quasi per caso, emerge che c’ erano stati processi nei quali Libero aveva ottenuto transazioni o restituzioni di risarcimenti che però l’ avvocato di Libero aveva incassato sul proprio conto corrente personale senza riversarli alla casa editrice. In aula l’ avvocato ha sostenuto di averli trattenuti a compensazione di asseriti mancati pagamenti da «Adri», dicendosi stupito ed indignato per le accuse rivoltegli, e annunciando a sua volta denunce per calunnia. Il giudice Luigi Varanelli ha però ritenuto questa tesi smentita dai documenti in atti, a suo avviso, provanti la «volontà di distrarre le somme percepite dalle controparti processuali della propria assistita Adri, tenendola sistematicamente all’ oscuro della gestione del rapporto professionale».

La televisione pubblica non può dipendere dal tempo che fa

Il Fatto Quotidiano
Giovanni Valentini
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“Non esiste controllo sulla memoria” (da “Io una volta abitavo qui” di Jean Rhys – Adelphi, 2017 – pag. 18) L’ uscita di Milena Gabanelli è la classica punta dell’ iceberg che segnala la crisi in cui versa il servizio pubblico. Un sintomo rivelatore, un marker che denuncia il processo degenerativo in atto. Non solo e non tanto per il valore professionale della prima conduttrice di Report, quanto per l’ identità della sua trasmissione di rottura e di denuncia, per il suo modo di intendere il giornalismo della tv pubblica. All’ interno della Rai, quello della Gabanelli è stato un modello – certamente non l’ unico e speriamo neppure l’ ultimo – di un’ informazione che vuole fare contro-informazione. Non nel senso di una contrapposizione pregiudiziale al potere, bensì nell’ accezione anglosassone del watch dog, del cane da guardia: cioè del controllo del potere e dei poteri. Da Sergio Zavoli a Enzo Biagi, da Andrea Barbato ad Angelo Guglielmi, la memoria storica dell’ azienda può vantare legittimamente numerosi precedenti. Eppure, oggi – sotto la direzione generale di Mario Orfeo – la Rai sembra amorfa, narcotizzata, in stato catatonico. Siamo arrivati al punto che secondo un articolo del settimanale L’ Espresso, a firma di Beatrice Dondi, bisognerebbe “ringraziare il programma di Fabio Fazio” perché nelle ultime puntate ha affrontato temi di rilevanza sociale come il “caso Regeni” e lo Ius soli. In polemica con chi recentemente ha attaccato Che tempo che fa per il flop degli ascolti, l’ esimia collega contesta queste critiche e finisce per difendere il conduttore-artista dalle accuse di “guadagnare troppo” (2,8 milioni di euro l’ anno). A suo parere, “è doveroso invece pretendere che un servizio pubblico che abbia il coraggio di definirsi tale, provi per una volta a trattare un macigno come il caso Regeni in prima serata rivolgendosi alla platea della prima rete nazionale”. Sul ruolo e sulla funzione della radiotelevisione pubblica, la giornalista dell’ Espresso sfonda non una porta, ma un portone aperto. Non si tratta, quindi, di attaccare o difendere Fazio e la sua trasmissione più o meno “artistica”. Né tantomeno di fargli i conti in tasca, per criticare o magari invidiare il suo maxi-compenso. Si tratta, piuttosto, di valutare se questo o altri “investimenti” del servizio pubblico, giustificati proprio in ragione del presunto ritorno pubblicitario, rendono o meno in termini di audience e di spot. E a quanto pare, non è così: tant’ è che il suo talk-show “meteorologico” su Rai1 è stato sospeso per due domeniche consecutive. L’ Autorità anticorruzione ha già chiesto all’ azienda la documentazione sul cachet d’ oro di Fazio, per verificarne la compatibilità con il “tetto” imposto ai dipendenti pubblici. E ora sarà la Corte dei Conti, dopo la decisione di aprire un’ indagine sulla congruità del contratto di Bruno Vespa e sulle spese per le trasferte della presidente Monica Maggioni, a pronunciarsi anche su questi altri due casi. Non c’ è da fare un processo alle persone, bensì da mettere sotto controllo una gestione che – è proprio il caso di dirlo – fa il bello e il cattivo tempo a suo piacimento. Ma è davvero paradossale assistere a certe difese d’ ufficio da parte di chi contesta le critiche alla trasmissione di Fazio, giuste o sbagliate che siano, mentre gli ascolti e gli spot deperiscono. È la nemesi del mercato. Quando la televisione pubblica affida le proprie sorti alla raccolta pubblicitaria, è fatale che la qualità della produzione – e in particolare quella dell’ informazione – ne risentano.

Sexgate anche all’ italiana: “Molestata da Tornatore”

Il Fatto Quotidiano
Andrea Valdambrini
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Giuseppe Tornatore avrebbe molestato Miriana Trevisan. All’ edizione italiana del settimanale Vanity Fair la showgirl – oggi ha 44 anni – rivela come il regista siciliano, premio Oscar per Nuovo Cinema Paradiso (1988), la inseguì fuori dal suo ufficio, cominciando a baciarla e spingendola contro il muro. L’ episodio, sostiene l’ ex di Non è la Rai risale a circa 20 anni fa, quando il suo agente le aveva organizzato un appuntamento con Tornatore in vista dell’ eventuale partecipazione al film La leggenda del pianista sull’ Oceano. “C’ era una segretaria che mi accolse ma poi se ne andò. Rimanemmo soli – racconta Trevisan – dopo qualche chiacchiera, quando ci stavamo salutando, mi chiese di uscire con lui per mangiare una pizza. Io risposi che avevo già un impegno, lo ringraziai e mi alzai per andarmene. Lui mi segui fino alla porta, mi appoggiò al muro e cominciò a baciarmi collo e orecchie, le mani sul seno, in modo abbastanza aggressivo. Ero entrata pensando di fare un film con un premio Oscar sono uscita sentendomi uno straccio”. Tornatore, 61 anni, è il primo nome che spunta fuori dalle rivelazioni sugli abusi sessuali emerse in seguito al caso Weinstein. In occasione delle denunce di Asia Argento sulle violenze subìte da parte del produttore Harvey Weinstein erano emersi i nomi del responsabile italiano di Miramax Fabrizio Lombardo, mentre anche la moglie di allora, Claudia Gerini, era finita nel mirino delle denunce di un’ attrice. Nei giorni scorsi, la trasmissione televisiva Le Iene ha raccolto testimonianze di attrici italiane, ma nessun regista era stato finora nominato. Proprio Miramax, la società fondata da Harvey e Bob Weinstein ha prodotto Nuovo Cinema Paradiso e altre pellicole del regista di Bagheria. E il caso Weinstein non si ferma. Ieri l’ attrice Paz de la Huerta ha affermato di essere stata violentata due volte a New York dall’ ex boss della Miramax nel 2010, quando lei aveva 25 anni. La nuova denuncia arriva ancora dalle colonne di Vanity Fair e la donna, che ha recitato nella serie tv Boardwalk Empire, afferma di essere stata forzata a fare sesso dopo che Weinstein le aveva offerto un passaggio a casa; prima le aveva chiesto di poterla accompagnare fin dentro casa, poi l’ aveva buttata sul letto. “È un maiale, mi ha stuprata”, ha detto. Le accuse contro Weinstein, che nega tutto, sono ormai decine, ma in questo ultimo caso potrebbero anche avere uno sviluppo di tipo giudiziario. La polizia di New York “è informata dei fatti e sta indagando”, ha affermato un portavoce, che non esclude gli estremi dell’ arresto. Anche Kevin Spacey non ha tregua. Dagli Usa arrivano accuse di molestie dallo staff di House of Cards. A Londra (dove l’ attore ha diretto per 11 anni l’ Old Vic Theatre), un uomo rivela al Sun di essere stato stuprato da Spacey nel 2008, a 23 anni, e di aver presentato denuncia a Scotland Yard.

Grazie a “Si muore tutti democristiani”, si ride anche con gli youtuber

Il Fatto Quotidiano
Fed. Pont.
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L’ insuccesso è consolidato. Il temibile Game Therapy (Lorenzo Ostuni, Federico Clapis, Leonardo Decarli e Daniele Sodano) del 2015, il disgraziato Sempre meglio che lavorare dei The Pills l’ anno scorso, flop clamorosi quanto prevedibili: l’ equazione successo sul Web uguale successo al cinema non solo non sta in piedi, non paga nemmeno. Eppure, ci si ricasca: alla Festa del Cinema, nella parallela Alice nella Città, altri youtuber si fanno sotto. In attesa del verdetto, peraltro appellabile, del pubblico, le analogie tra The Jackal e Il terzo segreto di satira non si sprecano. Con Addio fottuti musi verdi (dal 9 novembre in sala) i primi accoppiano Napoli e fantascienza, creatività e precarietà, senza tradurre i fortunati clippini in una sceneggiatura degna di tal nome, bensì puntando sulla comunione esoterica con i propri adepti, se così vogliamo spiegare le tre risatine che concedono al pubblico non eletto in 93 minuti. Che poi, sia chiaro, la colpa non è loro, ma di chi li produce (Cattleya con Rai Cinema) ritenendo che le dimensioni non contino, e nemmeno formati e supporti: non capire un tubo, anzi, non capire il Tubo. Ma un’ eccezione c’ è, e apre la via nazional-popolare al sottogenere “youtuber al cinema”: Si muore tutti democristiani, titolo peraltro condivisibilissimo. Produzione Beppe Caschetto con Rai Cinema, firma il collettivo che fa di Fatima satira, ma senza strafare: accostando l’ inedito medium si fa assistere in sceneggiatura dall’ esperto Ugo Chiti, per dare drammaturgia e solidità narrativa a un’ ironica commedia a tema sociale e precipitato sociologico. Come nei musi verdi protagonisti sono dei giovani che tirano a creare sul fronte audiovisivo, ma qui l’ etichetta “film per tutti” è esibita, non ci sono consorterie di senso e ammiccamenti inter nos, bensì risate ad ampio raggio. C’ è chi “paraculo” ha sposato la figlia di un mobiliere, chi si dilania sulla liceità morale di un documentario, chi doveva andare al G8 di Genova ma preferì fare il bagno a La Spezia e chi, i sindacati, vorrebbe uno spot per il Primo Maggio innovativo ma le coppie gay con figli anche no. Sì, si ride.

«Repubblica» censura le vere ragioni della Gabanelli

Il Giornale
di; Giancarlo Mazzuca
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di Giancarlo Mazzuca Mi trovo particolarmente d’ accordo con l’ editoriale di ieri di Alessandro Sallusti: le streghe son tornate. In tempi di Halloween, il fatto potrebbe anche sembrare normale ma, in questo caso, il direttore si riferiva al quotidiano la Repubblica che, alla vigilia delle elezioni siciliane, sentendo odore di bruciato, ha ricominciato a sparare ad alzo zero, dopo un periodo di tregua, contro Silvio Berlusconi definendolo «l’ impresentabile». Certo, «è la stampa, bellezza!», come diceva Humphrey Bogart, ma c’ è modo e modo di fare informazione. E, a conferma di quanto oggi sia attendibile certa stampa, vi racconto un piccolo episodio personale che riguarda la Rai di cui sono consigliere d’ amministrazione. Conosciamo tutti gli ultimi sviluppi della vicenda della Gabanelli che, dopo un lungo braccio di ferro con la Rai, non ha accettato le offerte di viale Mazzini e si è dimessa in polemica con i vertici aziendali. In un’ intervista rilasciata proprio a Repubblica, la giornalista bolognese (ricordo quando su Report condusse un’ inchiesta sui giornali attendibile) ha cercato di addossare tutte le colpe sulle spalle dei consiglieri di minoranza (Arturo Diaconale e il sottoscritto) e mi ha tirato in ballo come «il consigliere Mazurca, o come si chiama». In effetti, in gennaio avevo obiettato sul fatto che il precedente dg, Antonio Campo Dall’ Orto, non aveva informato preventivamente il consiglio sulla sua nomina ma i miei dubbi d’ allora non erano certo legati all’ indubbia professionalità della collega, tanto è vero che in seguito, a differenza di altri, ho sempre difeso l’ operato di Milena. Anche per questo il «Mazurca o come si chiama» mi è sembrato una caduta di stile così grossolana e gratuita che mi ha molto amareggiato. Se ne è resa conto pure la Gabanelli che, all’ indomani della sua intervista, ha mandato una precisazione al quotidiano romano in cui affermava di non aver mai storpiato il mio nome. Tutto bene, tranne un piccolo particolare: «Mazurca», nella lettera scritta da Milena, diventa «Mazzucca», che è pur sempre un’ altra storpiatura perché il mio cognome ha una sola «c». Sono io, a questo punto, che mi rivolgo a Repubblica: dopo avere ringraziato Milena del chiarimento (anche se, poi, ha ribadito di non condividere la mia posizione assieme a quella del collega Arturo Diaconale diventato, in un primo momento, «Diagonale»), aggiungevo, in un secondo capoverso, che Milena aveva, comunque, continuato a storpiare il mio cognome. Come d’ incanto, quest’ ultima parte, che dava il senso della mia lettera, sull’ edizione di ieri di Repubblica è sparita: un solerte giornalista aveva tagliato al punto giusto e la «mail» si è, così, trasformata in un inno sperticato a Milena con un titolo particolarmente significativo: «Grazie Gabanelli». Che fare? A questo punto, quasi quasi vado all’ anagrafe e, per accontentare Repubblica e Milena, mi faccio davvero cambiare il cognome in Mazzucca: sale in zucca con questa informazione.

Intervista inedita in ricordo di Enzo Biagi

Il Giornale

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A dieci anni esatti dalla scomparsa di Enzo Biagi, Raitre ricorda il grande giornalista con uno Speciale realizzato da Loris Mazzetti dal titolo: Enzo Biagi Testimone del tempo. Il giornalista racconta di sé, della sua tv, di come dovrebbe essere la televisione, del rispetto che un giornalista deve portare per chi la guarda e del suo amore per la Rai. Un’ intervista che Mazzetti ha realizzato nel 2004, e che va in onda per la prima volta, lunedì in seconda serata su Raitre. Biagi entrò in Rai nel 1961 come direttore del Telegiornale, mise alla conduzione un giornalista al posto dell’ annunciatore, portò come collaboratori due amici: Indro Montanelli, che parlò di Trotsky e Stalin e Giorgio Bocca. Arrivarono le prime contestazioni politiche che hanno accompagnato il giornalista in tutta la sua carriera.

Camilleri:Il mistero del nuovo libro scritto solo per gli amici

Il Messaggero
CARLO OTTAVIANO
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IL CASO Chissà se almeno Salvo Montalbano, commissario di polizia a Vigata, riuscirà a svelare il mistero? Il problema è che il giallo da risolvere, stavolta, non è tra le righe di un romanzo di Andrea Camilleri, ma è lo stesso romanzo. Che nei giorni scorsi è arrivato a 1500 amici dell’ anziano autore siciliano: giornalisti, critici letterari, editori, altri scrittori, docenti universitari, attori, registi, addirittura vecchi compagni di liceo. Non una copia – la prova della pistola fumante viene però fuori, in un gioco di società dove tutti si sentono vincolati alla fedeltà e alla sottile soddisfazione di trovarsi nel novero ristretto degli amici dello scrittore. C’ è addirittura chi ha pubblicato su Facebook la foto della copertina del libro, salvo cancellarla poche ore dopo. PARTICOLARITÀ Le prime copie di Parla, ti ascolto – questo il titolo – sono apparse il giorno del novantaduesimo compleanno di Camilleri, il 6 settembre. Poi, pian piano, sono iniziate ad arrivare casa per casa con un biglietto vergato di pugno dallo scrittore: «Ho il piacere di farti avere questo libro che vorrei leggessero solo i miei amici». Una scelta precisa, quindi; un invito con quel «solo i miei amici» – garbatamente sottinteso a non prestarlo, a non parlarne, e anzi a custodirlo gelosamente. Una discesa nella clandestinità per lo scrittore più venduto in Italia (oltre 30 milioni di copie), il più tradotto all’ estero (120 lingue), il più prolifico (103 romanzi), conosciuto da tutti grazie anche allo straordinario successo televisivo del suo Commissario Montalbano. Essendo anche lo scrittore più citato e intervistato dai giornali italiani, tanto di cappello per essere riuscito a custodire fino a oggi il segreto del nuovo romanzo. Chi l’ ha letto ha confessato di averlo fatto tutto d’ un fiato e ne ha apprezzato la pulizia di un testo privo di giochi linguistici e del dialetto d’ invenzione tanto caro a chi ama Catarella & Co. L’ edizione in proprio è quasi una rivincita sulle origini: nel 1978, non trovando nessuno disposto a puntare su di lui, Camilleri pubblicò a sue spese Il corso delle cose. Oggi qualunque editore italiano farebbe carte false per annoverarlo tra i propri autori. Sellerio, Mondadori, Rizzoli, Giunti, Chiarelettere: chiunque l’ abbia fin qui pubblicato ha riscosso grandi soddisfazioni economiche, come del resto lo stesso scrittore. E invece lui ha deciso di fare da sè, stampando il volume a Milano da Campi 1898, rinunciando a una sicuramente enorme cifra di diritti d’ autore. TEMA Perché? Forse è la prima risposta per l’ argomento del romanzo. Scabrosissimo, duro, al limite ma nella letteratura e nell’ arte non ce ne è del lecito. È la torbida storia del cardiologo romano Barreca, marito della bella Giulia, che vive il tormento di una insana passione per la piccola Elena, una vicina di casa di quattro anni. Pensieri orribili, lo sa bene, tanto da confidare la morbosa coazione a padre Giacomo, un giovane sacerdote. Fin qui sembra uno dei migliori e più cupi Simenon, del quale Camilleri è grande estimatore. O forse, leggendolo, si potrebbero scoprire rimandi alla letteratura russa, ai demoni meschini come quelli di Fedor Sologub, o ai temi della salvezza attraverso la sofferenza di Delitto e Castigo di Dostoevskij. Chissà? Comunque c’ è il confronto con padre Giacomo che a sua volta, roso dal tormento dell’ apparente ineluttabilità del corso degli eventi, chiede aiuto sono tra le pagine più intense – al suo mentore, l’ anziano padre Gioacchino. E qui si potrebbe abbozzare un’ altra teoria. Questo è il primo testo a sfondo religioso dell’ ateo Camilleri. Vorrà dire qualcosa? Sta facendo delle riflessioni sull’ aldilà come è pure capitato ad altri importanti intellettuali di sinistra? A rafforzare la teoria c’ è il titolo che ricorda un post del marzo 2014, ancora on line. «Se posso cercherò di ascoltarti» aveva scritto Camilleri, presente allora sul social. Tra i commenti alcuni avevano fatto riferimento all’ invito all’ ascolto lanciato proprio in quei giorni da Papa Francesco. GIUDIZI Oppure, molto più banalmente, il grandissimo Camilleri sta solo inscenando l’ ennesima caccia al tesoro che però vuole giocare solo con chi decide lui. Perché anche chi ha successo sembra volerci dire ha il diritto di selezionare con chi confrontarsi, con chi condividere tensioni e emozioni, a chi chiedere giudizi senza offrirsi a tutti. Carlo Ottaviano © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il faccia a faccia tv Berlusconi-Costanzo è stato molto deludente per il Cavaliere

Italia Oggi
ANDREA MONTANARI
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#Poverosilvio. E povera Mediaset. Il ritorno in prime time del proprietario e fondatore del primo polo televisivo privato italiano su Canale5, la rete ammiraglia dell’ impero di Cologno Monzese non sfonda, anzi è un mezzo flop. Un vero autogol, se Berlusconi fosse ancora il proprietario del Milan. Perché il one-to-one con Maurizio Costanzo, decano dei talk show televisivi, in prima serata non ha fatto centro nel cuore dei telespettatori, ed evidentemente anche degli elettori. In una serata non certo scoppiettante, dal punto di vista dell’ offerta mediatica (c’ era l’ Europa League, non la Champions) con l’ assenza di grandi serie tv o programmi di richiamo, L’ Intervista di Costanzo al suo datore di lavoro ha chiamato a raccolta davanti al piccolo schermo solo 2,2 milioni di italiani. Per uno share risicato: l’ 8,7%. Un dato che se fosse quello delle urne, in Sicilia come a Roma, sarebbe una disfatta per Forza Italia. Il faccia a faccia Costanzo-Berlusconi ha incassato la metà di spettatori dell’ onirica e fiabesca, oltre che inverosimile, serie tv Sirene di Rai1 (4,175 milioni di aficionados per uno share del 17,33%). Ma quel che è peggio è che il dato d’ ascolto de L’ Intervista è di poco superiore alla metà della media di rete, Canale5 appunto, in prime time (14,23% nel mese di settembre, sul target Auditel). Una mezza sconfitta, o se vogliamo anche intera, perché il calcio giocato proponeva su Tv8 (Sky) la Lazio (5,4%) contro il Nizza di Mario Balotelli, passato dal Milan, e il reality X-Factor (5,6%), su SkyUno, oltre al solito Piazzapulita che non è andato oltre il 4,43% uscendo sconfitto, Corrado Formigli, nella sfida con Nemo (Rai2, 4,6%). Ma se limitando l’ analisi alla sola presenza scenica e scenografica di un Berlusconi, che è stato a un passo dalla lacrimuccia nel momento in cui il secondogenito Pier Silvio, capo di Mediaset, gli ha dedicato un lungo e struggente messaggio familiare (prima erano passate anche la immagini della compianta Mamma Rosa), bisogna riconoscere che il Cav sta perdendo lo smalto dei tempi migliori. Nonostante la dieta che gli ha fatto perdere 11 kg, i 5 km di corsetta quotidiana, oltre al nuoto, (starà mica preparandosi al triathlon?), il fondatore del Biscione ha lasciato sul terreno diversi punti di share rispetto all’ ultima apparizione di peso: quando sul finire dello scorso giugno si presentò nel salotto di Bruno Vespa fece, con Porta a Porta, un importante 12,4% di media d’ ascolto. Vero, diranno i puristi dell’ Auditel, era la seconda serata e non certo la prima. E difatti ad ascoltarono ci furono «solo» 916mila italiani. Inutile, a questo punto, anche per non infierire sull’ 81enne imprenditore di Arcore ricordare a lui e ai lettori che nel gennaio del 2013 ad ascoltarlo sul ring, o meglio nell’ arena di Michele Santoro, su La7 – erano i tempi di Servizio Pubblico – richiamò davanti allo schermo qualcosa come 8,67 milioni di italiani per uno stratosferico 33,58% di share, roba da Nazionale. A questo punto, chissà se Silvio tornerà rapidamente in tv? Gira voce, a viale Mazzini, che se lo voglia portare in studio Bianca Berlinguer, che ha appena perso la sfida con Giovanni Floris per il faccia a faccia tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Ma, nei corridoi della Rai, c’ è chi sostiene che toccherà ancora una volta a Vespa, in edicola con il nuovo libro sui leader e capi di Stato, Soli al comando, rivitalizzarlo, concedergli l’ aspirina per il rilancio in grande stile.

Bbc, 1.000 ore di sport in più

Italia Oggi

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La Bbc aumenterà la sua programmazione sportiva aggiungendo fino a 1.000 ore in più all’ anno da vedere gratuitamente nel sito web dell’ emittente pubblica britannica così come nel servizio di streaming iPlayer. Lo ha annunciato il direttore generale, Tony Hall, spiegando che si tratta del più grande sconvolgimento di questo secolo nella strategia dell’ offerta sportiva dell’ emittente. Il maggior spazio di questo incremento sarà dato agli sport olimpici, tra cui hockey, nuoto e basket. Il tutto attraverso un servizio personalizzato con alert che avvertiranno gli utenti prima dell’ inizio del proprio sport preferito. Si tratta di un recupero che la Bbc sta tentando di fare: negli ultimi dieci anni, a causa del taglio dei costi l’ emittente si è vista costretta a ridurre le trasmissioni di eventi sportivi: ha diviso il Sei nazioni di rugby con la Itv, ha perso l’ Open di golf andato a Sky e una serie di altri diritti. Giusto il cricket tornerà sui canali pubblici nel 2020 dopo 20 anni di assenza. La trasmissione via streaming ha un prezzo molto più basso rispetto al broadcasting e l’ emittente per contro ha accordi pluriennali per diritti relativi a incontri che non potrebbe interamente trasmettere in altro modo: dalle Olimpiadi al tennis di Wimbledon, ai Mondiali. «Vogliamo utilizzare il servizio di live streaming della Bbc Sport per trasmettere più di quei momenti che ispirano le persone a partecipare», ha detto Barbara Slater, a capo della Bbc Sport. «È un’ enorme espansione della disponibilità di sport gratuiti nel Regno Unito». Slater ha ammesso che la riduzione di live è stata determinata dai problemi di budget, ma ha anche sottolineato come lo sport sia un contenuto molto importante per competere oggi. Parallelamente, la trasmissione via streaming consentirà di avvicinarsi maggiormente al pubblico più giovane. «Siamo privilegiati a essere finanziati con il canone, ma non è un segreto che non abbiamo le stesse tasche profonde rispetto ai soggetti con cui ora dobbiamo competere. Abbiamo però qualità uniche, essenziali per quegli sport che devono arrivare, e ispirare, il pubblico più ampio possibile». © Riproduzione riservata.

For Men, spot e un evento per il calendario 2018

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Non c’ è dubbio che l’ editore Urbano Cairo abbia ancora fiducia nella carta stampata, nel mondo dei quotidiani e dei periodici cartacei. E l’ ottimismo verso quell’ universo lo dimostra in varie maniere. Una, ad esempio, è quella di essere rimasto l’ unico grande editore a credere nel potere dei calendari per soli uomini e a costruire una campagna di comunicazione e un evento attorno al lancio di quel prodotto, allegato al mensile For Men magazine diretto da Andrea Biavardi. Ai vecchi tempi, in questo periodo dell’ anno, c’ erano feste ovunque per i calendari di Max, Panorama, Maxim, GQ, ecc. Ora è rimasto solo Cairo, che riunirà tutti gli amici il 6 novembre al Just Cavalli di Milano per presentare Ria Antoniou, protagonista del calendario 2018 di For Men magazine. È una modella greca, apparsa quattro volte sulla cover di Esquire, e con partecipazioni tv a Ballando con le stelle, Colorado, Tiki Taka. Certo, per la gran parte del pubblico rappresenta una perfetta sconosciuta, non avendo nulla a che spartire con le Cindy Crawford, Eva Herzigova, Anna Falchi, Alessia Marcuzzi, Monica Bellucci, Sabrina Ferilli, Megan Gale ed Elisabetta Canalis apparse sul calendario di Max tra il 1993 e il 2003. Tuttavia, una volta data una occhiata alle foto di For Men, non credo che in molti si lamenteranno. © Riproduzione riservata.

Servizio pubblico come in Nuova Zelanda

Italia Oggi
* DELEGATO ITALIANO ALLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE
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Con l’ avvicinarsi della fine della legislatura e l’ incombere delle elezioni politiche si accendono, com’ è consolidata tradizione da noi, aspre polemiche sul mondo Rai. Si dibatte su tutto: ora sugli ascolti; ora sui compensi; ora sui palinsesti; ora sul pluralismo; ora sul potere dei grandi agenti e non può mancare il sempiterno tema della possibile privatizzazione. Insomma niente di nuovo. Eppure qualcosa di realmente nuovo in questa legislatura c’ è stato e due grandi cambiamenti hanno toccato la Rai: la riforma delle governance (che prevede, tra l’ altro, la tanto auspicata figura dell’ amministratore delegato con reali poteri di gestione e d’ indirizzo) e l’ introduzione del pagamento del canone attraverso le bollette elettriche (cosa che ha sicuramente stabilizzato le risorse aziendali). Quello che, forse, è mancato e continua a mancare anche nel dibattito di questi giorni, è una riflessione approfondita sul senso autentico del servizio pubblico radiotelevisivo, partendo dalla necessità di porsi una domanda «a monte»: l’ esplosione della multicanalità e delle multipiattaforme giustifica ancora la necessità di un «servizio pubblico»? In altre parole, la domanda per programmi che possano essere definiti di servizio pubblico può comunque essere soddisfatta dall’ offerta autonoma di mercato attraverso centinaia di canali televisivi e attraverso l’ interattività permessa da Internet senza bisogno di una (o più) emittenti ad hoc? Ad esempio l’ esistenza di canali tematici facilmente accessibili per il teatro, lo sport, la scuola, la cucina, il meteo ecc. può rendere superflua la necessità di un palinsesto specifico di un broadcaster «pubblico»? La risposta non è facile anche perché presuppone una definizione compiuta della nozione di servizio pubblico radiotelevisivo che invece è, dal punto di vista giuridico, tra le più complesse e tormentate essendo variabile di epoca in epoca, da paese a paese. Se un filo rosso si può trovare tra i diversi concetti e le diverse esperienze internazionali è che l’ intervento dello stato nel settore televisivo (come attore e non come mero regolatore) si giustifica con l’ importanza attribuita al mezzo, alla sua influenza sui comportamenti politici e sociali nonché con l’ opportunità di tutelare «le radici e le identità nazionali». In questo senso mi sembra che le ragioni del servizio pubblico radiotelevisivo nel nostro paese continuino pienamente a sussistere anche se è lecito interrogarsi «de iure condendo» e guardando al futuro se lo strumento usato sinora (un solo broadcaster specializzato, finanziato in parte dal canone in parte dal mercato) sia quello più efficiente e/o più utile. Alzando un po’ lo sguardo a livello internazionale le soluzioni adottate sono essenzialmente tre: paesi in cui esiste una sola tv pubblica o con funzioni pubbliche (oltre l’ Italia, l’ Austria, la Svezia, la Finlandia, la Svizzera, il Portogallo, la Francia, il Regno Unito, seppur quest’ ultimo con qualche distinguo); paesi dove esistono più emittenti pubbliche (Belgio, Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Australia, Usa); un servizio pubblico focalizzato sui programmi e non sull’ emittente. È questo il caso della sola Nuova Zelanda (e, in parte, di Singapore) dove pur esiste una tv di stato ma che si finanzia in toto sul mercato con la pubblicità mentre il canone viene raccolto da strutture pubbliche che poi lo distribuiscono a chiunque faccia programmi di «sevizio pubblico». Un modello interessante e moderno (anche perché molto più dinamico e flessibile degli altri) e che, in qualche modo, ricorda quanto attuato in Italia, con successo, in tema di finanziamento pubblico delle opere cinematografiche e dell’ editoria. © Riproduzione riservata.

Sky Italia, un autunno col botto

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Un autunno da fare girare la testa in tutti i sensi quello di Sky Italia nel 2017. Ci sono i buoni successi di audience sia per la pay, sia per Tv8; il lancio imminente, nella seconda metà di novembre, del nuovo decoder Sky Q; l’ asta sui diritti tv 2018-2021 della serie A di calcio che ormai, come sembra, si terrà a metà dicembre; la pax con Mediaset (con una delle stelle di Sky, Diletta Leotta, concessa a RadioMediaset per un programma quotidiano su 105) poiché il Biscione, per ora, pare intento più che altro a battagliare con Vivendi; il trasferimento di Sky Tg24 da Roma a Milano e le questioni sindacali relative ai tagli del personale; l’ aumento dei prezzi degli abbonamenti Sky dell’ 8,6%, col nuovo sistema di fatturazione ogni 28 giorni sotto la lente di governo, Antitrust e Agcom. Insomma, tanta carne al fuoco, col rischio di perdere di vista qualcosa. Dopo aver conquistato tutta la Champions league e l’ Europa League in esclusiva per il triennio 2018-2021, Sky Italia dovrà ora decidere se fare offerte monstre pure per la Serie A, oppure muoversi di concerto con Mediaset, chiedendo a Infront e a Lega Serie A pacchetti di vere esclusive e di incontri di cartello ad orari televisivamente appetibili. Le linee guida su cui si muoverà il bando d’ asta in preparazione sono le stesse che avevano ispirato il bando precedente, quello per l’ asta andata deserta lo scorso mese di giugno. Ora i club attendono l’ elezione dei nuovi vertici di Lega Serie A (con un presidente, che avrà funzioni di rappresentanza, un amministratore delegato e un direttore generale) e poi avvieranno il bando per un’ asta che sarà operativa probabilmente a metà dicembre e dalla quale le squadre di calcio si aspettano di incassare almeno un miliardo di euro all’ anno. E Sky, se le cose andranno come si prevede, dovrà investire almeno 600 milioni di euro all’ anno. C’ è poi una delle più massicce campagne pubblicitarie che si ricordi negli ultimi tempi: quella degli spot Sky con le musiche di Riz Ortolani e che spunta ovunque a qualunque ora. Il claim è: «Ci sono emozioni che non hanno ancora un nome. Provale su Sky», e in effetti la colonna sonora è molto evocativa, essendo stata pensata nel 1971 per il docu-film sull’ America schiavista Addio zio Tom dei registi Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi. Era da molti mesi che Sky non comunicava in maniera così diffusa, e la pubblicità serve soprattutto a preparare il terreno alla «ripartenza del modo di guardare la tv» che, in base alle previsioni del broadcaster, ci sarà dalla seconda metà di novembre col lancio del nuovo decoder Sky Q (in grado, in sostanza, di connettere in tempo reale tutti i device di una famiglia, ovvero tv, smartphone, tablet, pc, alla memoria centrale del sistema Sky). Naturalmente, restano centrali i contenuti di Sky. Con le nuove modalità di visione che, come spiega su Twitter Andrea Scrosati, executive vice president programming di Sky Italia, hanno portato gli ascolti su Sky Uno del primo live di X-Factor (1,387 milioni nella serata del 26 ottobre scorso), a quota 2,4 milioni nei sette giorni, con un +25% sul 2016. Giovedì 2 novembre il secondo live è arrivato a quota 1,318 milioni su Sky Uno (+4% sul 2016), con una share del 5,6% e 3.320.395 voti, +49% sull’ anno precedente. E, come trionfalmente twitta Scrosati, Sky Uno con X-Factor e Tv8 con la partita di Europa League (5,4% di share), nella prima serata di giovedì vanno «oltre il 10% di share come quinta e sesta rete nazionale». Il talent musicale, quindi, piace ancora molto nonostante una certa stanca artistica che si respira in giuria. E, il prossimo 17 novembre su Sky Atlantic, prende il via la terza serie di Gomorra. Un altro di quei prodotti che, negli ascolti differiti e on demand, va a nozze: pesavano per il 41% al termine della seconda stagione. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Cda Rai a Fico: il confronto Renzi-Di Maio al servizio pubblico. «Non può che essere la Rai la sede naturale del confronto tra Luigi Di Maio e Matteo Renzi. Così come di tutti i confronti che dovrebbero riguardare i leader delle altre forze politiche in occasione della prossima campagna elettorale. Per la missione, per la funzione, per i risultati, per la facilità d’ accesso, per la modalità d’ uso, la televisione pubblica è garante di autorevolezza, trasparenza e qualità della copertura». È quanto scrivono, all’ indirizzo del presidente della commissione di Vigilanza Rai Roberto Fico, i consiglieri di amministrazione della tv pubblica Guelfo Guelfi, Rita Borioni, Franco Siddi, Arturo Diaconale, Carlo Freccero e Giancarlo Mazzuca. La7 al 4,49% in prime time. Ascolti positivi giovedì scorso per la La7 che con il 4,49% di share è la quinta rete in prime time (20,30-22,30), superando Rai2 e Rete4 ferme rispettivamente al 4,45 e al 3,82%. Otto e Mezzo di Lilli Gruber ha conquistato il 5,41% di share con 1.440.307 telespettatori medi e un picco del 6,26%, Il Tg delle 20,00 di Enrico Mentana ha fatto segnare il 4,95% di share con 1.235.204 telespettatori medi e un picco del 5,42%, Piazzapulita di Corrado Formigli ha realizzato il 4,43% di share con 5.095.377 contatti e picchi del 6,46% e 1.343.519. Il Network La7 (La7 e La7d) ha ottenuto il 3,81% di share nella giornata (07,00-02,00) con 11.535.951 telespettatori contattati nelle 24 ore (02,00-02,00) e il 4,97% in prime time (20,30-23,30). Il cast di Genius: Picasso. National Geographic e Fox 21 Television Studios hanno annunciato il cast della seconda stagione di Genius prodotta da Ron Howard e che vedrà protagonista Antonio Banderas nei panni di Pablo Picasso. Le riprese dei 10 episodi di Genius-Picasso, prenderanno il via nel mese di novembre e si sposteranno in diverse città d’ Europa. Prodotta da Brian Grazer e Ron Howard Genius: Picasso andrà in onda nel 2018. Alex Rich (Glow, True Detective), vestirà i panni del giovane Picasso. Clémence Poésy (Harry Potter e il calice di fuoco) sarà Francoise Gilot, la pittrice francese che fu la sua compagna per 10 anni ed ebbe da lui 2 figli, Poppy Delevingne (Kingsman: Il cerchio d’ oro, King Arthur: Il potere della spada) sarà Marie-Thérèse Walter, amante e musa di Picasso e madre della sua prima figlia; l’ attrice di origini italiane Aisling Franciosi (Game of Thrones, The Fall: caccia al serial killer) sarà Fernande Olivier, l’ artista e modella francese che posò per Picasso per oltre 60 ritratti. Genius-Picasso vedrà inoltre il ritorno di alcuni attori protagonisti della prima stagione quali T.R. Knight (Grey’ s Anatomy,The Catch) nei panni di Max Jacob, uno dei migliori amici di Picasso, Seth Gabel (Salem) Samantha Colley e Johnny Flynn. Al direttore del Giffoni Experience, Claudio Gubitosi, il «Luminaries Awards 2017» della George Washington University. Dagli Stati Uniti un riconoscimento per il Giffoni Experience. Presso la George Washington University (GWU) è stato analizzato, studiato e promosso il «case history» del Gex, unico progetto culturale italiano. Due giorni per raccontare storia e prospettive future del Giffoni: docenti e ricercatori presenti alla GW October Conference hanno accolto l’ iniziativa illustrata nelle aule dell’ università americana. Promotori dell’ evento sono stati il direttore del Lisa Lab dell’ Università degli Studi di Salerno, Roberto Parente, e il docente di management dell’ ateneo americano e direttore del network International Council for Small Business, Ayman El Tarabishy. I due hanno sviluppato un progetto di ricerca internazionale focalizzato sul Gex, raccontandone il cambiamento attraverso una logica imprenditoriale. A confrontarsi con il pubblico internazionale, spiegando come l’ idea Giffoni sia nata, cresciuta ed evoluta in quasi 50 anni, sono stati il direttore, Claudio Gubitosi e il ceo di Giffoni Innovation Hub, Luca Tesauro. In un gala party, poi, la George Washington University ha insignito Claudio Gubitosi del premio «Luminaries Awards 2017 per Social Entrepreneurship in Practice». Gli altri due riconoscimenti sono stati assegnati a Young Sup Joo, ministro della Corea del Sud per le medie imprese, e George Solomon, ricercatore e docente di management. Come spiega lo stesso El Tarabishy l’ onorificenza è «destinata a chi ha compiuto opere favolose nel mondo e in questo Giffoni rispecchia un vero miracolo italiano». I Monchhichi su DeAJunior con Victoria Cabello. A partire da ieri andrà in onda tutti i giorni alle 19,30 su DeAJunior (in esclusiva su Sky, canale 623) Monchhichi, la nuova serie animata in cui tornano protagoniste le famose scimmiette nate in Giappone e diventate cult negli anni Ottanta. A cantare la sigla e a introdurre ogni episodio saranno le clip ispirate al Giappone della conduttrice televisiva Victoria Cabello. Visibilia Editore, dopo l’ aumento capitale sociale a 580 mila euro. Visibilia, gruppo editoriale quotato sull’ Aim Italia, ha reso noto che l’ attestazione di aumento di capitale sociale gratuito da 0,7 mln di euro è stata depositata. Il capitale sociale a seguito dell’ iscrizione a registro dell’ aumento è composto da 29.703.812 azioni corrispondenti a 580.171,91 euro.

Requiem per la gloriosa seconda serata tv

La Verità
ANTONELLO PIROSO
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aNTONELLO pIROSO Parlare di tv è senz’ altro più facile che farla, per questo non mi sogno minimamente di perculare Tizio, Caio o Sempronia, memore della replica di Adriano Panatta a un tifoso che lo rimproverava durante un incontro di tennis: «Viecce te», vieni a giocare tu.Ciò detto, siam qui a celebrare la morte della seconda serata, la fascia tv che inizia tra le 22.30 e le 23, e che si rivolge a quello che Renzo Arbore ha sempre definito, alla napoletana, il pubblico più «scetato», sveglio e reattivo (lì lui ha piazzato in Rai i suoi programmi cult, Quelli della notte e Indietro tutta!). Anche per Mediaset quello spazio ha sempre rivestito un’ importanza particolare, con il successo del Maurizio Costanzo Show, 4.417 puntate dal 1982 al 2009, tra Rete 4 e Canale 5. E Maurizio Costanzo è ancora lì che se la gioca tuttora.Dirò di più, con un bel coming out: siccome mi piacciono le sfide alla mission impossible, mi piacerebbe cimentarmi in quella fascia in coppia con Giuseppe Cruciani, una mina vagante peggiore di me, ai microfoni di Radio24 con La Zanzara (lo so, penserete che ognuno ha le sue perversioni, ma quando un editore televisivo mi ha chiesto un progetto, e io gli ho raccontato un’ ideuzza per accontentare i nostalgici del programma che conducevo su La7 con Panatta e Fulvio Abbate, Ah(i)Piroso, al nome di Cruciani ha sbarrato gli occhi, e c’ è mancato poco chiamasse l’ esorcista).Ma a leggere gli ascolti di ottobre, sul sito del blogger Davide Maggio, delle «7 sorelle», le 7 reti generaliste, i programmi che vanno – saltuariamente – sopra il milione di telespettatori sono eccezioni.Certo, le tv anche per problemi di costi puntano a programmare trasmissioni che dal prime time possano tracimare, «occupando» anche la seconda serata.Vedi il Grande Fratello Vip, che lunedì 16 è rimasto in onda fino all’ 1.08 per oscurare il talk show di Fabio Fazio in onda su Rai 1, che ne ha risentito fermandosi al 9% di share pur essendo partito alle 23.45 (quindi quasi in terza serata).Sulla parcellizzazione degli ascolti pesa poi anche la moltiplicazione dell’ offerta attraverso i canali digitali, il satellite e lo streaming.Risultato? La radiografia della seconda serata è decisamente impietosa.In 217 casi (7 come le reti esaminate, per 31 giorni) il muro del milione di teste, come vedete in tabella, è stato sfondato solo 34 volte: 12 volte da programmi sportivi (8 volte su Rai 2, 1 su Rai 1, 1 su Rete 4, 2 su Canale 5), in 7 casi da Fazio (ma in 3 casi si tratta dello «spezzatino» con l’ allungamento domenicale di Che tempo che fa), in 4 casi da Bruno Vespa (ma uno è in realtà la presentazione del programma), in 6 casi dal Grande Fratello Vip, 2 volte da Costanzo, una volta da Tv7, 2 volte da uno speciale del Tg5.Nella classifica per canali, Rai 1 compare 13 volte, 12 volte Canale 5, 8 volte Rai2 solo con lo sport, 1 volta Rete 4 con il calcio (Rai3, Italia 1 e La7: mai).In circa l’ 85% dei casi, insomma, i programmi di seconda serata raggranellano poche centinaia di migliaia di aficionados.Piero Chiambretti, per dire, venerdì 6 è tornato in video con Matrix Chiambretti: 804.000 teste, share del 9,3 (e venerdì 13: 712 mila, 8,49). Venerdì 27, starring Barbara D’ Urso, 899.000, 11.2%.Il Matrix a trazione Chiambretti (intrattenimento) ha più appeal del Matrix a trazione Nicola Porro (approfondimento), che quest’ anno ha debuttato il 12 settembre con 658.000, share del 7.85, ma il 10 ottobre è precipitato a 353 mila, 5.15. Martedì 17, con il traino di Manchester City-Napoli, è arrivato a 644 mila, 7,2%. Martedì 24 è stato visto da 513.000 spettatori, 7.5% (è andata un po’ meglio martedì 31: 631.000 spettatori, 6.6%, però senza che Matrix riuscisse ad avvantaggiarsi del traino della partita Roma-Chelsea e del successivo Speciale, che pure ha raccolto in media 2 milioni di telespettatori).TikiTaka, il programma di calcio di Pierluigi Pardo, lunedì 2 ha raccolto 429 mila anime belle, con il 5.95. Lunedì 23, 469.000 con il 6.4%.Sbandati, su Rai2, è partito il 19 settembre con 450.000 teste (5.1), ma martedì 3 ottobre ne ha attratte 388.000, 3.81 (martedì 17 ancora peggio: 350.000, 3.6%). Martedì 31 risale a 488 mila con il 6.3%, ma non è mai arrivato al mezzo milione.Stato civile su Rai3: partito con 416 mila fan, il 4.3%, lo scorso 24 settembre, domenica 8 ne ha avuti 348.000, 3% di share.La stessa Intervista di Costanzo giovedì 5 ottobre, pur toccando l’ 11.845, si è fermato a 979.000 teste.Terra!, su Rete 4, il 2 ottobre ha raccolto 205.000 persone (3.06), il 9 ottobre 131.000 (2.02).Già Mercoledì, cioè lo scavallamento della mezzanotte fatto da Giovanni Floris con DiMartedì su La7, martedì 3 ha avuto 312.000 telespettatori con il 3.67, martedì 10 invece erano 261.000 con il 3.17.FuoriRoma, il programma itinerante di Concita De Gregorio su Rai 3, lunedì 2 ne ha inchiodati 353.000, share 1.95: cioè, meno degli abitanti di un quartiere di Roma.Forse era meglio non uscire dal Grande raccordo anulare.

Renzi dà l’ Isola per persa e sfida in tv anche Silvio e Matteo

Libero

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GIANLUCA VENEZIANI Più che da front runner, sembra missione da Blade Runner. Per riaffermare la sua leadership, Matteo Renzi, come nel film di Ridley Scott, intende dare la caccia a tutti i replicanti dentro e fuori il Pd, quei “renzoidi” che potrebbero scalzarlo dal partito e dal potere. E allora eccolo pronto a uno scontro aperto, e ad armi pari. Dopo aver accettato la proposta di Luigi Di Maio per un dibattito a due in tv, per il quale si sa già il giorno (martedì 7 novembre) ma non ancora il luogo (se lo contendono la Rai e il programma di Floris su La7), Renzi ieri ha dato la sua disponibilità anche per un confronto televisivo con un leader di centrodestra, Berlusconi o Salvini, in attesa che abbiano «deciso chi è il loro front runner»; ma «se non si trovano d’ accordo, e vogliono venire tutti e due, io sono disponibile anche a un confronto a quattro» (il quarto, s’ intende, sarebbe Di Maio). La mossa di Renzi ha un doppio significato. Da una parte, mira a distogliere l’ attenzione dalle elezioni siciliane di domenica, che il Pd di fatto ha già perso. Il candidato dem Micari, peraltro abbandonato dai vertici del partito (mentre infuriava la campagna elettorale, Renzi se ne stava beatamente a Chicago, ospite della Obama Foundation) non potrà che arrivare terzo, staccatissimo dai candidati 5 Stelle e di centrodestra, Cancelleri e Musumeci. E allora Matteo da Rignano spariglia, si proietta già sulle prossime elezioni, quelle Politiche, anticipa i tempi, rottamando il presente misero in nome di un presunto futuro roseo. Ma la strategia renziana ha anche un valore di consolidamento della sua figura all’ interno del Pd stesso. In un momento in cui le acque in area dem sono parecchio agitate, e non passa giorno che un esponente illustre del partito non si defili o abbandoni la scialuppa, da Grasso a Bassolino, Renzi ha tutta l’ esigenza di ribadire (a quei pochi che sono rimasti) che è lui il leader, il segretario e quindi anche il candidato premier. È una sorta di autoinvestitura sul campo, che ormai non è più quello delle piazze o delle urne ma degli schermi. Ed è insieme un modo per compattare il suo fronte identificando un nemico esterno: no, il rivale di minoranze e correnti Pd non sono io, dice Renzi, ma Di Maio, e Salvini e Berlusconi. La lotta continua, sì, ma fuori dal partito. A livello di strategia complessiva, potremmo dire non sia neppure malaccio. Il problema è capire con quali contenuti e quali carte vincenti Renzi potrà presentarsi al confronto. Da una parte c’ è Di Maio che, nonostante le tante esperienze fallimentari al potere dei grillini, porta con sé ancora la forza della Protesta, della rabbia contro legge elettorale, vitalizi, inciuci. Dall’ altra ci sono Salvini e Berlusconi, che hanno dalla loro la forza della Proposta, la credibilità (tipica di chi sta da tempo all’ opposizione) di suggerire un’ Italia diversa, che segni uno scarto netto su temi caldi come immigrazione, tasse, Europa. Renzi invece che fiches potrà giocarsi? Si trascina dietro il fardello di un Progetto mancato e fallito, di un’ occasione persa, di una Riforma gattopardesca che ha lasciato il Paese com’ è, se non l’ ha addirittura peggiorato. Curiosamente, tra i quattro leader, Renzi appare oggi il più vecchio e il più usurato. Stavolta Blade Runner rischia di soccombere ai replicanti. riproduzione riservata Matteo Renzi, classe 1975, è stato presidente del Consiglio dal febbraio 2014 al dicembre 2016. È segretario del Partito democratico dal 2013 LaPresse Noi preferiamo la Rai che è la Tv di tutti. A me va bene anche Floris, se è la condizione di Di Maio A DI MAIO Quando avranno deciso chi è il loro «front runner» sono pronto al dibattito anche con Salvini e Berlusconi. Ma sono disponibile anche a un confronto a quattro AL CENTRODESTRA.

Occhio al telecommando

Milano Finanza
ANDREA MONTANARI
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In ottobre gli investimenti pubblicitari in tv, secondo indiscrezioni di mercato, non saranno positivi. L’ attesa per il rilancio dopo un settembre difficile e un anno che deve far fronte all’ assenza di grandi eventi (nel 2016 c’ erano gli Europei di calcio e le Olimpiadi) sarà tradita. Perché, molto probabilmente le aziende hanno deciso di rallentare la corsa agli spot e mettere da parte fondi per novembre e l’ inizio di dicembre. Questo sostengono gli analisti più ottimisti. I contrarian, invece, parlano di stop alla spesa dovuto all’ incertezza da elezioni, nonostante il via libera del Quirinale al Rosatellum e l’ avvio della campagna elettorale, in vista della chiamate alle urne, attesa per la primavera del 2018. Ma nonostante questa percezione poco rosea per gli investimenti sul principale mezzo di comunicazione (la tv assorbe il 60,5% dell’ intera spesa in advertising) c’ è chi continua a scommettere sul business con il lancio di nuovi canali. Solo negli ultimi sei mesi – il primo significativo lancio di quest’ anno è stato a febbraio quello di Paramount Channel – sono arrivate altre 6 novità. A farsi avanti per affollare il telecomando sono soprattutto i network stranieri. Segno evidente che da oltreconfine l’ Italia viene considerata non solo una terra di conquista ma anche un Paese nel quale la televisione tradizionale, quella digitale terrestre gratuita, non soffre della concorrenza degli over-the-top (Netflix, Youtube e Hulu) che, invece negli Usa, stanno obbligando i broadcaster e gli operatori delle tlc a definire aggregazioni mirate. Del resto è arcinoto che il mercato italiano è quello che, su scala europea, ha la più alta penetrazione del mezzo tv, sia in fatto di ascolti che di risorse pubblicitarie. È così che Viacom, guidata in Italia, Turchia e Medio Oriente da Andrea Castellari, ha presentato Spike, canale 49 (l’ obiettivo a breve è uno share dello 0,6% con il target a medio-lungo periodo dell’ 1%), e al contempo ha stretto una joint venture con la De Agostini per il canale Super (cartoni animati) in onda dal 2010 (su Sky) e poi dal 2012 sul free. Mentre la stessa azienda editoriale di Novara, per puntellare gli ascolti che storicamente si concentrano sull’ offerta per bambini (Dea Kids e Dea Junior), sta per lanciare il maschile Alpha (tasto 59). Chi, dagli Usa, ha deciso di rivedere la propria strategia è Scripps che, ceduto Lcn 49 a Viacom, ha rilanciato con Food Network (Lcn 33) e potrebbe non fermarsi qua. Sempre dall’ estero intende mettere radici Sony Pictures: dopo Pop (cartoons, canale 45) ha promosso il nuovo Cine Sony (55). Una vera e propria legione straniera che vuole invadere il palinsesto tricolore dopo che Sky Italia, leader indiscussa sul satellite a pagamento, ha investito non solo sul free (Tv8, Cielo e SkyTg24) ma anche in produzione di contenuti originali e di distribuzione cinematografica e dopo che Discovery ha dato una accelerazione alla sua strategia locale, consolidando il ruolo di quarto operatore del mercato grazie anche al potenziamento dell’ offerta di Eurosport. Sono i numeri a certificare questo rinnovamento e questo maggiore interesse da parte dei player Usa e non solo per l’ Italia. Basta confrontare i dati d’ ascolto su base quinquennale: se nel settembre 2012 Rai e Mediaset si accaparravano il 71,36% dello share, lo scorso mese di settembre lo share complessivo dei primi due gruppi del settore era sceso al 66,17%. Nello stesso periodo, Sky, Discovery, Viacom e Disney sono saliti dal 10,83% al 17,99%. Una scalata che pare non arrestarsi anche perché nel frattempo, la La7 di Urbano Cairo è ferma allo stesso valore di cinque anni fa: 3,35%. Questo cambio dello spettro televisivo nazionale ha avuto ovviamente un impatto diretto sulla raccolta pubblicitaria. Perché se Sky Italia è accredita di una raccolta 2017-2018 (il bilancio si chiuderà il 30 giugno prossimo) di 400 milioni, Discovery chiuderà quest’ anno con un totale di 225 milioni di spot (+10%). «Molti broadcaster sarebbero interessati a investire in nuovi canali free to air, ma i loro progetti sono bloccati dal collo di bottiglia rappresentato dalla indisponibilità di posizioni Lcn (Logical channel numbering, il numero sul telecomando) commercialmente appetibili», sostiene l’ avvocato Ernesto Apa, socio dello studio legale Portolano Cavallo. «Le Lcn pregiate sono una risorsa limitata, attualmente allocata in modo inefficiente, in quanto circa il 40% delle numerazioni sotto il 100 sono occupate da emittenti locali, alle quali la legge riserva anche il 30% delle frequenze, sebbene l’ emittenza locale generi circa il 5% del fatturato delle emittenti nazionali». Questo perché, «il piano per il nuovo Lcn, approvato dall’ Agcom nel 2013 e finora rimasto sulla carta», prosegue Apa, «pur salvaguardando l’ emittenza locale di qualità, prevede la redistribuzione di una parte delle posizioni sul telecomando». Pertanto, «qualora fosse attuato, questo piano consentirebbe il lancio di nuovi canali», conclude l’ avvocato. Ed è a questa opzione che guardano altri editori, italiani e stranieri, che stanno progettando il lancio di nuovi canali tematici. Se le aree intrattenimento e cinema sono presidiate, c’ è interesse per musica e sport. In quest’ ultimo caso, dopo che la Rai ha di fatto spento RaiSport2 e la GazzettaTv è durata meno di un anno, resiste solo Sportitalia. In questo scenario, infine, non va trascurato un fatto: Mediaset da pochi mesi si è aggiudicata il canale 20, ex TeleCapri. Sul mercato c’ è attesa per la strategia del Biscione sul riposizionamento. (riproduzione riservata)

Tra mille canali tv il servizio pubblico serve ancora?

Milano Finanza

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Con l’ incombere delle elezioni politiche si accendono, com’ è tradizione in Italia, aspre polemiche sul mondo Rsi. Si dibatte su tutto: ascolti, compensi, palinsesti, pluralismo, potere dei grandi agenti. E non manca il sempiterno tema della possibile privatizzazione. Insomma niente di nuovo. Eppure qualcosa di nuovo in questa legislatura c’ è stato e due grandi cambiamenti hanno toccato la Rai: la riforma delle governance (che prevede la tanto auspicata figura dell’ amministratore delegato con reali poteri di gestione e indirizzo) e l’ introduzione del pagamento del canone attraverso le bollette elettriche (che ha stabilizzato le risorse aziendali). Quello che continua a mancare anche nel dibattito di questi giorni è una riflessione approfondita sul senso autentico del servizio pubblico radiotelevisivo, partendo da una domanda: l’ esplosione della multicanalità e delle multipiattaforme giustifica ancora la necessità di un servizio pubblico? La risposta presuppone una definizione compiuta di servizio pubblico radiotelevisivo, che dal punto di vista giuridico tra le più complesse e tormentate essendo variabile da epoca a epoca e da Paese a Paese. Un filo rosso è che l’ intervento dello Stato come attore nel settore televisivo si giustifica con l’ importanza attribuita al mezzo, alla sua influenza sui comportamenti politici e sociali nonché con l’ opportunità di tutelare le radici e le identità nazionali. In questo senso mi sembra che le ragioni del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia continuino a sussistere, anche se è lecito interrogarsi se lo strumento usato sinora (un solo broadcaster specializzato, finanziato in parte dal canone in parte dal mercato) sia quello più efficiente e/o più utile. A livello internazionale le soluzioni adottate sono tre: una sola tv pubblica o con funzioni pubbliche (Italia, Austria, Svezia, Finlandia, Svizzera, Portogallo, Francia, Regno Unito); più emittenti pubbliche (Belgio, Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Australia, Usa); servizio pubblico è focalizzato sui programmi e non sull’ emittente. Quest’ ultimo è il caso della Nuova Zelanda, dove esiste una tv di Stato che si finanzia in toto sul mercato con la pubblicità, mentre il canone viene distribuito a chiunque faccia programmi di sevizio pubblico. Un modello interessante e moderno che in qualche modo ricorda quanto attuato con successo in Italia in tema di finanziamento pubblico delle opere cinematografiche e dell’ editoria. *delegato italiano alla Proprietà Intellettuale.

Antonio Angelucci condannato a un anno e 4 mesi per tentata truffa e falso per i fondi di ‘Libero’ e ‘Riformista’

Prima Comunicazione

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Il deputato del Pdl Antonio Angelucci è stato condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione per falso e tentata truffa nell’ ambito di un processo legato ai contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani ‘Libero’ e il ‘Riformista’. Lo ha deciso il giudice monocratico del tribunale di Roma che ha condannato a un anno di reclusione i rappresentanti legali delle sue società ‘Editoriale Libero’ e ‘Edizioni Riformiste’, che editavano i quotidiani, Arnaldo Rossi e Roberto Crespi. Per tutti la pena è sospesa. Il tribunale che ha dichiarato prescritta l’ accusa di truffa, spiega Ansa, ha inoltre disposto una provvisionale in favore della presidenza del Consiglio di 100mila euro oltre al risarcimento da stabilire in sede civile. Il pm Francesco Dall’ Olio aveva chiesto per Angelucci, difeso dall’ avvocato Pasquale Bartolo, una condanna a 4 anni. Per questa vicenda, nel giugno del 2013, la Guardia di Finanza eseguì un sequestro preventivo di 20 milioni nei confronti delle due società che, secondo l’ impianto accusatorio, hanno dichiarato di appartenere ad editori diversi per aggirare il divieto di richiedere contributi pubblici per più di una testata da parte dello stesso editore.

Rassegna Stampa del 05/11/2017

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Indice Articoli

L’ anagrafe si trasferisce in edicola

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Libero

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Da rivendita di giornali a moderno spazio multi servizio e punto d’ informazione per cittadini e turisti in visita a Milano: l’ edicola – in calo con l’ avvento di internet e la digitalizzazione – è costretta a reinventarsi, senza perdere il suo fascino romantico di storico luogo d’ aggregazione, fatto di chiacchiere mattutine e incontri casuali prima del lavoro in ufficio. Al fine di scongiurarne la scomparsa, il Comune di Milano sta approntando un piano di rilancio e sostegno dei chioschi cittadini. «Un provvedimento che rappresenta il primo passo di un progetto più ampio, che porterà le edicole a tramutarsi in una capillare rete di info-point in occasione dei grandi eventi e non solo», ha affermato ieri l’ assessore al Commercio Cristina Tajani. «Vogliamo che queste tornino ad essere un punto di riferimento in ogni quartiere. Spazi dove i cittadini e soprattutto gli anziani possano facilmente trovare tutte le informazioni per vivere la città o accedere ai servizi online offerti dall’ amministrazione». Difatti, tra le maggiori novità è previsto il ritiro in loco dei certificati anagrafici e di tutta una serie di altri atti per i quali non è necessario recarsi personalmente negli uffici comunali. «Le edicole», ha aggiunto Roberta Cocco, assessore comunale alla Trasformazione digitale, «saranno un prezioso strumento per diffondere sul territorio i servizi online del Comune a disposizione dei cittadini. Attualmente i certificati emessi digitalmente sono il 54 per cento del totale, grazie a questa collaborazione speriamo di veder crescere questa percentuale e di conseguenza diminuire le code allo sportello». Una serie di misure che potrebbero evitare la chiusura dei chioschi: sotto l’ ombra della Madonnina ad oggi vi sono 632 rivendite di quotidiani, di cui 503 esclusive e 129 non esclusive, dislocate in tutte le aree della metropoli, dal centro fino alle periferie presso negozi, supermercati, mezzanini delle metropolitane e stazioni, su aree sia private che pubbliche. Negli ultimi cinque anni il numero di edicole in città è sceso di oltre il 30%; dal 2012 hanno chiuso i battenti 368 rivendite, più della metà di quelle attualmente in attività. Il provvedimento della giunta mira a sostenere un comparto in difficoltà, diversificandone l’ offerta e creando nuove opportunità commerciali, sviluppando reti wi-fi nelle zone di pertinenza o organizzando eventi per i residenti del quartiere. Una ventata di modernità che potrebbe cambiare il destino delle nostre amate edicole, rilanciandole. AEC riproduzione riservata L’ edicola in piazza Duca d’ Aosta

Intercettazioni: per i giornalisti spunta il carcere fino a 3 anni

La Repubblica
LIANA MILELLA
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FINO a tre anni di carcere. È il primo frutto avvelenato del decreto sulle intercettazioni. Da sei mesi a tre anni per il giornalista che troverà e deciderà di pubblicare una registrazione considerata «irrilevante» dal pm per il suo processo, ma rilevantissima per la notizia che contiene. Un documento con la classificazione di segretezza – come esplicitamente è scritto nel decreto del ministro Orlando – che però è stato temporaneamente escluso dal fascicolo processuale. A PAGINA 4.

Intercettazioni, i cronisti rischiano tre anni

La Repubblica
LIANA MILELLA
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ROMA. Fino a tre anni di carcere. È questo il primo frutto avvelenato del decreto sulle intercettazioni. Da sei mesi a tre anni per il giornalista che, facendo il suo lavoro, troverà e deciderà di pubblicare una registrazione considerata «irrilevante» dal pubblico ministero per il suo processo, ma rilevantissima invece per la notizia che contiene. Un documento con la classificazione di segretezza – come esplicitamente è scritto nel decreto del Guardasigilli Andrea Orlando – che però è stato temporaneamente escluso dal fascicolo processuale. Troppo facile quindi, per chi vuole incriminare il giornalista, non contestargli l’ articolo 684 del codice penale, cioè “la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale”, arresto fino a 30 giorni o ammenda da 51 a 258 euro, quindi oblabile. Visto che il documento è segreto e in quel momento è “fuori”, anche se temporaneamente, dal procedimento penale, si può contestare al giornalista, in concorso con il pubblico ufficiale che gli ha dato la notizia, l’ articolo 326 del codice penale, “rivelazioni di segreti d’ ufficio”. Un reato pesante, punito appunto con la reclusione da sei mesi a tre anni. Proprio nelle stesse ore in cui la Federazione nazionale della stampa chiede al governo «di rivedere la proposta sulle intercettazioni» e sollecita al Parlamento «radicali modifiche», tra i magistrati e gli esperti di diritto dell’ informazione serpeggia l’ allarme sul rischio delle manette per i cronisti. Basta leggere il testo del decreto all’ articolo 3 e seguire i passaggi. «Gli atti e i verbali relativi a comunicazioni e conversazioni non acquisite sono immediatamente restituiti al pm per la conservazione nell’ archivio riservato e sono coperti da segreto». E ancora: «Non sono coperti da segreto i verbali e le registrazioni acquisite al fascicolo processuale». Quindi i nastri scartati dai magistrati e chiusi nella cassaforte ad alta sicurezza le cui chiavi e la cui responsabilità sono nelle mani del solo capo della procura, in questa fase non sono inseriti nel fascicolo processuale, nel quale invece figurano tutti gli altri atti e le registrazioni che hanno avuto il via libera del pm perché considerati utili e necessari per provare il reato. È ovvio che non si potranno più applicare le stesse regole se il cronista pubblica gli atti del procedimento penale, che contiene le carte sdoganate e ammesse dal pm, o se invece diffonde il materiale divenuto top secret ed escluso proprio per questa ragione dal fascicolo. Nel primo caso si continuerà a contestare l’ articolo 684, la “pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale”, nel secondo scatterà la rivelazione di un segreto d’ ufficio. Sia il premier Gentiloni che il Guardasigilli Orlando, presentando il decreto a palazzo Chigi, hanno insistito sul fatto che il diritto di cronaca «è salvo». È vero che il decreto non interviene sulle pene per chi pubblica gli atti. Ma questo non deve stupire perché proprio il 326, la rivelazione di segreti d’ ufficio in concorso con il pubblico ufficiale, è stata più volte utilizzata per colpire e intimidire i cronisti. E si trattava di atti sì segreti, ma che non erano stati espressamente esclusi dal fascicolo del processo e inseriti volontariamente in una sorta di limbo di segretezza. Proprio come avviene adesso con la nascita dell’ archivio riservato che, dopo 180 giorni dalla piena entrata in vigore del decreto, giusto il tempo per le procure di organizzarsi, diventerà obbligatorio per ogni ufficio. È evidente allora che il mestiere del cronista si complica e diventa ancora più a rischio. Non solo, come scrive la Fnsi, ci sarà l’ obbligo per le toghe di utilizzare «quando è necessario solo i brani essenziali delle intercettazioni» che spingerà nella zona grigia del segreto notizie che magari non hanno rilevanza penale, ma ne hanno dal punto di vista giornalistico. Ma per di più pubblicare quelle carte diventerà estremamente rischioso, con la prospettiva concreta di finire in cella per aver rivelato intercettazioni segrete che soprattutto la politica non vuole vedere sui giornali. ©RIPRODUZIONE RISERVATA I nastri ritenuti irrilevanti per il processo verranno secretati, ma potrebbero contenere notizie rilevanti per la stampa.

Diritti tv, la mossa di Infront “Ecco la Netflix del pallone”

La Repubblica
MARCO MENSURATI
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ROMA. «Killer application», come dice Urbano Cairo, o «scacciacani » come ghignano invece gli scettici? Il futuro del calcio italiano, o meglio, della cassa del calcio italiano, è tutto racchiuso in questo dilemma sulla vera natura del progetto di “Lega Channel”, il canale attraverso cui la Serie A potrebbe distribuire in autonomia le proprie partite nel triennio ’18-’21, nel caso in cui il bando per la vendita dei diritti dovesse andare una seconda volta contro un muro. Il progetto, 400 pagine redatte con la consulenza di Deloitte, è stato presentato venerdì in Lega da Luigi De Siervo, capo dell’ advisor Infront. A grandi linee funzionerà così: verrà creata una società ad hoc, la Distribution co. che verrà partecipata da Lega e “da soggetti terzi”(ancora da individuare) e di cui Infront sarà advisor. Distribution co. avrà due partner, uno “produttivo”, già individuato in Discovery Channel, che materialmente realizzerà la produzione dei match; e uno finanziario, ancora da individuare, che garantirà alla Lega un miliardo l’ anno per dieci anni. Lega-Discovery declinerà la Serie A in tre canali, uno per piattaforma. Il primo, quello “deluxe”, andrà sul satellite e trasmettera al “prezzo suggerito” di 24,90/mese, le partite di otto squadre. Il secondo, quello “silver”, andrà sul digitale terrestre e trasmetterà per 19,90/mese le gare di sei squadre. Il terzo, “light”, trasmetterà per 12/90 on line (Ott) i match di 4 squadre, secondo un modello a “fruibilità elastica” che ricalca quello di Netflix. Tutti e tre i canali non verrano venduti direttamente ai telespettatori ma alle piattaforme. Che poi sarebbero sempre le stesse (Sky,Mediaset e un operatore Ott da individuare, probabilmente Perform). Per gli spettatori, alla fine, non dovrebbe cambiare molto. Va capito se quello del canale della Lega sia un’ ipotesi realizzabile oppure solo uno strumento per costringere Sky (e Mediaset, anche se a Cologno di soldi ce ne sono pochi) a pagare quanto i presidenti di Lega si aspettano (980 milioni). I dubbi sulla reale fattibilità del progetto sono molti. Dal ruolo di Discovery, in possibile conflitto di interessi, all’ identità del partner finanziario – torna sempre il nome di Marco Bogarelli, ex Infront -, alla realizzabilità della cosa in tempi brevi. Ma i dubbi più robusti sono di natura legale. Una soluzione del genere potrebbe essere facilmente scambiata per un tentato dribbling – chiamiamolo così – alla legge Melandri, che prevede sì un’ ipotesi di canale di Lega ma la vincola alla vendita diretta al cliente finale. E si aprirebbe inevitabilmente un’ altra stagione di guerre in tribunale. Resta il fatto che la Lega consideri questa fase come determinante in un «processo che elevi da venditore di diritti a soggetto che dialoghi alla pari con advisor e broadcaster». E che dunque stia lavorando al progetto 24 ore al giorno. Se le cose dovessero andare male con il nuovo bando (il 27 verrà sottoposto all’ assemblea, il 15 dicembre l’ aggiudicazione) vuole avere un piano B. Le cose al momento non sembrano andare per il meglio. Il nuovo bando ricalca in sostanza il primo. Sky non sembra disposta a superare l’ offerta iniziale (500 milioni) e difficilmente Mediaset supererà i 250. Per raggiungere il target, Infront punta a coinvolgere Perform per la piattaforma on line. Ma da un lato non è detto che gli americani siano disposti a investire 150-250 milioni, dall’ altro l’ entrata sul mercato di una Netflix del pallone potrebbe avere conseguenze devastanti sul “prezzo” finale dl prodotto. Il calcio costerebbe meno agli utenti, ma alla lunga varrebbe anche meno. Un nodo gordiano che si intreccia anche a un’ altra partita. Quella della scelta del nuovo ad di Lega. I presidenti di Serie A sembrano intenzionati a tenere le due cose separate, ma inevitabilmente le due strade s’ incroceranno. Anche perché nessun manager accetterebbe una responsabilità del genere senza aver potuto prendere parte alla decisione più importante. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Le partite come le serie tv: è ormai scontato l’ ingresso sul mercato di un distributore “on line” Dries Mertens, 30 anni, contro Alessandro Deiola, 22, in Napoli-Cagliari.

RaiUno nasconde la Sicilia per paura del flop democrat

Il Giornale
Laura Rio
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Laura Rio Milano Dunque, stasera, mentre tutto intorno, nel resto del mondo televisivo, si dibatterà sui risultati delle elezioni siciliane, a Che tempo che fa si continuerà a parlare del più e del meno attorno al tavolo sorretto dall’ acquario con i pesci rossi. È così: nonostante l’ importanza anche a livello nazionale del confronto elettorale sull’ isola, i vertici Rai non hanno ritenuto di cambiare la programmazione dello show di Fazio, che resta in onda fino alle 23,45. Mentre già dalle 22, orario di chiusura delle urne, le altre reti si scateneranno a dare gli esiti degli exit poll. Figuratevi, Mentana si sta già allenando da una settimana per la sua solita maratona: lui sarà in pole position alle 21,30 su La7 sguinzagliando i suoi inviati in Sicilia e a Ostia per una no-stop che durerà fino a lunedì sera, quando arriveranno i risultati definitivi. E anche tutte le reti all news stanno preparando grafici, schermi, studi, ospiti. E sul primo canale che fanno? Discettano amabilmente, tra una battuta e l’ altra, di cinema, arte, letteratura, sport. Certo, non che la tv di Stato si sia dimenticata dell’ importante evento politico: se ne occuperà prima Rainews24, a partire dalle 21,50, e poi, dalle 22,35, uno Speciale del Tg2 e le edizioni del Tg3 e della Tgr. Mentre Raiuno interverrà soltanto con la normale edizione del Tg di mezzanotte. Tutto a posto, si dovrebbe concludere. Però, volendo pensar male, si potrebbe anche rilevare che Raiuno resta, nonostante tutto, la rete con il maggiore ascolto. E che magari si preferisce far dormire sonni tranquilli al suo vasto pubblico con le bellissime immagini delle gare di Carl Lewis o la voce suadente di Patty Pravo, ospiti stasera a Che tempo che fa, piuttosto che con la – possibile – figuraccia del partito di Renzi. Sia chiaro: in questo gioco Fazio non c’ entra proprio nulla. Dopo tutte le accuse che gli sono piovute addosso in questi mesi, non gli si può imputare anche di non stravolgere il senso e la linea editoriale del suo show, così come lo ha costruito per Raiuno (anche se su Raitre di politici ne ha ospitati molti). E neppure di non accorciare il programma per dare spazio agli esiti elettorali. La strategia parte dall’ alto: dalla scelta dei vertici Rai, prima di Campo dall’ Orto e poi di Mario Orfeo, di puntare su figure come Fazio o le sorelle Parodi per eliminare i programmi più spigolosi, spinosi, che invitano alla riflessione o che vanno a soffiare sul malcontento popolare, come erano L’ Arena di Giletti o Virus di Nicola Porro. A nessuno è neppure venuto in mente di chiedere a Bruno Vespa di realizzare uno speciale Porta a Porta come si sarebbe fatto anni fa… E non è neppure una questione di ascolti, dato che Vespa non avrebbe probabilmente ottenuto un risultato inferiore rispetto al tavolo di Che tempo che fa. In più la Rai si è pure persa l’ attesissimo match tv di martedì fra Matteo Renzi e Luigi Di Maio: in questo caso a viale Mazzini non si sono tirati indietro, anzi hanno fatto pressione per averlo, ma il candidato premier dei 5 Stelle ha preferito DiMartedì di Floris su La7, talk considerato più ospitale. Insomma, da qualunque parte la si guardi, sempre meglio tenersi lontani dal pubblico, vasto, anziano, tradizionalista e votante del primo canale…

Pubblicità, è l’ ora di investire

L’Unione Sarda
Michele Ruffi
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Fare pubblicità sui giornali conviene sempre di più: le aziende potranno beneficiare di un credito d’ imposta che arriverà fino al 90 per cento delle spese sostenute. È la grande novità del Decreto fiscale varato dal governo, che ha stabilito una serie di incentivi per chi acquista spazi pubblicitari su stampa quotidiana e periodica, anche on line. GLI SCONTI Le imprese avranno diritto a importanti agevolazioni fiscali sugli investimenti «incrementali» realizzati nella seconda metà del 2017. In pratica: saranno prese in considerazione le maggiori spese dal 24 giugno fino alla fine dell’ anno, rispetto a quelle dello stesso periodo del 2016. Esempio: se un’ impresa ha investito nel secondo semestre dell’ anno scorso 100mila euro in pubblicità sui giornali, e negli stessi mesi del 2017 ne ha speso 150mila, avrà diritto a un credito d’ imposta calcolato sulla differenza di 50mila euro. I CALCOLI Quale sarà l’ agevolazione? Per le grandi aziende il credito sarà del 75 per cento (della spesa incrementale), dunque torneranno in cassa 37.500 euro. In pratica, l’ investimento pubblicitario “aggiuntivo” di 50mila euro costerà solo 12.500 euro. Ma gli incentivi sono ancora più convenienti per la vasta platea di microimprese, piccole e medie aziende (ovvero quelle con meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro) e start up innovative. Queste categorie avranno diritto al 90 per cento di credito d’ imposta. Dunque, prendendo in considerazione sempre i 50mila euro di investimento “incrementale”, 45mila euro torneranno in cassa sotto forma di sgravio fiscale, e l’ investimento effettivo sarà di appena 5mila euro. Riassumendo: basterà investire solo l’ 1 per cento in più rispetto al passato per accedere alle misure del governo e vedersi riconosciuto un incentivo sull’ investimento pubblicitario. Potranno richiedere il credito d’ imposta sia le imprese che i lavoratori autonomi. LE OPPORTUNITÀ «È una grande occasione per le aziende sarde e per tutti gli inserzionisti, che potranno investire sulla comunicazione in un Gruppo che ha oltre un milione di contatti giornalieri», dice Lia Serreli, direttore generale de L’ Unione Sarda e amministratore delegato della Pbm, la concessionaria della pubblicità per il Gruppo Unione. «Il team della Pbm», aggiunge Lia Serreli, «è a disposizione delle imprese per chiarire tutti i dettagli del provvedimento fiscale». Gli sconti per il 2017 saranno dedicati a chi investe su giornali cartacei e sulla stampa on line: L’ Unione Sarda, oltre a essere il più antico quotidiano dell’ Isola, vanta una media di 333mila lettori al giorno e una tiratura di 50mila copie; il sito Unionesarda.it è letto da una media di 213mila utenti unici al giorno e può contare su quasi 24milioni di pagine lette ogni mese. I FONDI A DISPOSIZIONE Al credito d’ imposta per il 2017 sono destinati 20 milioni di euro, parte dei 50 milioni provenienti dalla quota del Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione, di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri. I fondi a disposizione potranno essere richiesti dagli inserzionisti sulla base dei dati consuntivi, quindi già dall’ inizio del 2018. GLI EDITORI Il presidente della Fieg (Federazione italiana editori giornali), Maurizio Costa, ha espresso «grande soddisfazione per una misura anticiclica, positiva per l’ economia in ripresa e a lungo attesa da imprese, investitori e operatori dell’ informazione. Una misura», conclude Costa, «che riconosce il valore della stampa e che porta a conclusione gli interventi di riforma del settore avviati dal ministro Lotti con il Tavolo per l’ Editoria».

Rassegna Stampa del 06/11/2017

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Indice Articoli

Cambio di Poltrona

Venduta la Giuffrè Editore

“Non escludo modifiche ma il bavaglio non c’ è”

“Sì, con questo decreto i cronisti rischiano di più”

LA PUBBLICITÀ CRESCE È UN ANTICIPO DI RIPRESA

I cinque big valgono un’ italia e mezza

Cambio di Poltrona

L’Economia del Corriere della Sera (ed. Mezzogiorno)

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Ordine Giornalisti: Carlo Verna è il presidente nazionale Rinnovate le cariche di vertice del Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti. Presidente è stato eletto il giornalista della Rai Carlo Verna, napoletano, affiancato dalla vicepresidente Elisabetta Cosci, dal segretario Guido D’ Ubaldo e del tesoriere Nicola Marini, abruzzese. Gli altri componenti del Comitato esecutivo sono i professionisti Andrea Ferro, Nadia Monetti e il siciliano Franco Nicastro, e i pubblicisti Alessandro Sansoni, napoletano, e Gianni Maria Stornello.

Venduta la Giuffrè Editore

La Stampa

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Giuffrè Holding, società che detiene il totale del pacchetto azionario di Giuffrè Editore, ha ceduto il 100 per cento della storica Casa Editrice italiana a Editions Lefebvre Sarrut (Els), gruppo leader in Europa nell’ editoria professionale legale e fiscale. Con un’ esperienza di oltre ottant’ anni, centoquaranta dipendenti e un fatturato a chiusura dell’ esercizio 2016 di circa cinquanta milioni di euro, Giuffrè Editore si posiziona tra i leader di mercato in Italia nell’ editoria professionale. Antonio Giuffrè (nella foto), nipote del fondatore, dal 2005 alla guida della casa editrice italiana, mantiene la carica di direttore generale, con l’ obiettivo di «consolidare la crescita e portare avanti la strategia di digitalizzazione dell’ offerta editoriale».

“Non escludo modifiche ma il bavaglio non c’ è”

La Repubblica

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ROMA. Giornalisti in pericolo se pubblicano un’ intercettazione penalmente irrilevante? «Il rischio non lo vedo, il decreto Orlando è equilibrato». Modifiche in commissione? «Vediamo i suggerimenti ». Dice così Walter Verini, capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera. Tre anni di carcere per un’ intercettazione pubblicata. Non la preoccupa? «L’ allarme è eccessivo perché cambia poco rispetto alla situazione attuale. Già oggi il giornalista può essere indagato in caso di violazione del segreto d’ ufficio». Due osservazioni. La prima: le intercettazioni espunte avranno una caratura di segretezza particolare tant’ è che finiscono nell’ armadio riservato. La seconda: nasce questo armadio con testi top secret. Le due cose messe insieme creano il rischio di pene più gravi. «C’ è chi esegue le intercettazioni. Poi il pm decide quali sono irrilevanti. Quindi le prime che hanno rilevanza penale vengono allegate al fascicolo, a discrezione del pm, comprese quelle di contesto. Queste perderanno la segretezza, quindi potranno essere pubblicate. Se poi voglio scoprire aspetti di un uomo pubblico, un politico ad esempio, faccio giornalismo d’ inchiesta e non aspetto le intercettazioni, e non guardo dal buco della serratura ». Crede davvero che il tipo di segretezza sulle intercettazioni irrilevanti sia giustificato? «Sì, perché non capisco perché debbano essere rese pubbliche. È il senso del resto delle circolari di Pignatone, Spataro, Colangelo. La delega in fondo attua quelle circolari. È giusto, altrimenti si rischia di cadere nel voyeurismo». Quindi lei non avverte il rischio che scatti il segreto su carte importanti da far conoscere all’ opinione pubblica, e che le incriminazioni dei giornalisti diventino più pesanti? «A me interessa che sia possibile pubblicare atti che abbiano un rilievo pubblico e penale, ma gli aspetti privati o intimi non devono uscire. Non c’ è il bavaglio, la delega è equilibrata, ma tiene insieme il diritto alla privacy su questioni che non hanno rilevanza penale e il diritto all’ informazione. Se Forza Italia parla di norma blanda e M5S grida “al lupo al lupo” vuol dire che un equilibrio è stato trovato». Lei è proprio convinto che il bavaglio non c’ è? «C’ è solo una difesa necessaria della privacy. Sarebbe stato utile se la Fnsi si fosse seduta al tavolo con il ministro Orlando, ma per incomprensioni reciproche così non è andata. Mi convince quando la Fnsi dice che entro la fine della legislatura vanno approvate al Senato due norme importanti, sulla tutela del giornalista contro le querele temerarie e sulla diffamazione». Le commissioni parlamentari potranno cambiare il testo? «Io non escludo niente. Ma vedo un testo equilibrato. Poi, come ha detto Gentiloni, in quella cornice che è accettabile, miglioramenti si possono fare, perché non è Vangelo. Se la Fnsi manderà osservazioni chirurgiche le esamineremo con disponibilità e attenzione». ( l. mi.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA DEPUTATO PD Walter Verini è capogruppo dei democratici in commissione Giustizia a Montecitorio.

“Sì, con questo decreto i cronisti rischiano di più”

La Repubblica
LIANA MILELLA
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ROMA. «Con il nuovo decreto i giornalisti correranno più rischi ». Dice così Nello Rossi, avvocato generale in Cassazione ed ex procuratore aggiunto a Roma, confermando l’ allarme di Repubblica sul rischio carcere per i cronisti che pubblicano intercettazioni “irrilevanti” finite nell’ archivio riservato. Leggendo il testo del decreto lei che ne pensa? «Le do una risposta strettamente tecnica che prescinde da giudizi sulla complessiva validità della nuova normativa. È un fatto che l’ area del segreto sulle intercettazioni si amplia e soprattutto diventa permanente». Che significa? «Le intercettazioni irrilevanti o inutilizzabili saranno sempre ‘coperte dal segreto’. In una prima fase varrà quello delle indagini preliminari. Poi scatterà il regime di segreto disposto dalla nuova normativa per le intercettazioni inviate nell’ archivio riservato. Queste ultime non entreranno mai a far parte del fascicolo del pm, a meno che non vengano recuperate per necessità nel corso del dibattimento». Dov’ è la differenza rispetto ad oggi? «Finora le intercettazioni erano coperte dal segreto solo fino a quando l’ imputato non ne veniva a conoscenza e ‘comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Con il decreto muta il significato e la finalità del regime di segretezza. Sino ad ora posto a tutela delle indagini e oggi prolungato oltre la loro chiusura ». Lei dice che le intercettazioni finite nell’ archivio saranno segrete per sempre. Che succede al cronista che le fa uscire? «Con l’ ampliamento dell’ area del segreto non rischierà più solo il cronista, che pubblicava intercettazioni a indagini ancora in corso, ma anche chi rivela e pubblica le conversazioni custodite in archivio. Il concorso del giornalista nel reato di rivelazione del segreto d’ ufficio con il pubblico ufficiale diviene dunque un’ ipotesi concreta, a patto naturalmente di dimostrare che ci sia stata complicità nell’ acquisire e rivelare una intercettazione dell’ archivio riservato». Ma perché il giornalista rischia 3 anni di carcere e non solo 30 giorni per la pubblicazione arbitraria? «È il risultato della diversa latitudine acquisita dal segreto, che col decreto si proietta oltre la chiusura delle indagini. Il giornalista potrebbe commettere due reati, dapprima violando il segreto e poi pubblicando l’ atto destinato a rimanere nel chiuso dell’ archivio ed eventualmente a essere distrutto a richiesta dell’ interessato». Ma Gentiloni e Orlando dicono che il diritto di cronaca è salvo. Ma 3 anni di carcere non sono una minaccia? «Non si tratta di una censura alla cronaca giudiziaria, perché stiamo parlando di informazioni ritenute estranee al processo. Certo il faticoso equilibrio raggiunto nel decreto mette in conto la perdita di dati politicamente significativi e la accetta. A loro volta anche i cronisti saranno chiamati a fare delle scelte». ©RIPRODUZIONE RISERVATA MAGISTRATO Nello Rossi, ex procuratore aggiunto a Roma, oggi è avvocato generale in Cassazione.

LA PUBBLICITÀ CRESCE È UN ANTICIPO DI RIPRESA

L’Economia del Corriere della Sera
STEFANO RIGHI
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Troy Ruhanen è presidente e amministratore delegato di Tbwa worldwide, una delle maggiori agenzie di pubblicità al mondo. Il mondo dell’ informazione – ma anche quello della comunicazione – si trova sempre più spesso a fare i conti con le Fake news, le notizie false. Un fenomeno che sta minando le fondamenta di un intero sistema. «Esiste un problema di oggettività dell’ informazione. I social hanno rovesciato i parametri esistenti e hanno reso possibile per ognuno di condividere e amplificare le informazioni, indipendentemente dal fatto che siano vere o false. I report rigorosi e il giornalismo non sono mai stati così importanti. La gente vuole sapere cosa sta succedendo, ha bisogno di informazioni, che siano verificate, sicure». Nei vecchi testi di economia si parlava di distruzione creativa. Voi vi definite la «disruption company», tanto da avere anche registrato il marchio. Ma allora non c’ è nulla di nuovo sotto il sole «C’ è un vantaggio nell’ essere The Disruption company . Noi aiutiamo i marchi a costruire un punto di vista creativo capace di attrarre una parte dell’ attenzione, scarsa, del mondo. Con la crescita dell’ intelligenza artificiale e della tecnologia, ci sono molte convenzioni – che noi abitualmente definiamo come lo status quo per alcune categorie di prodotti – che non hanno più motivo di essere. Questo è il motivo per cui rompere le convenzioni in una categoria di prodotti è così importante per un brand ». Il mondo della pubblicità è a un bivio. Il business model va rivisto, ma non è ancora chiaro da dove verranno i ricavi di domani. «Il mercato della pubblicità digitale è destinato a crescere. La potenzialità di penetrazione dei media digitali è altissima. Quello che è mancato fino a questo punto è una parte importante di contenuti, ma quando alla potenza del media si affiancheranno i contenuti il panorama cambierà rapidamente». Quale futuro vede per l’ informazione su carta? «Io sono convinto di una cosa: questo settore ha un futuro. Perché la gente non ha mai letto tanto come in questo momento storico. Certo, legge in maniera diversa rispetto a prima, ma le quantità di informazioni che vengono lette oggi da un singolo individuo non trova confronto con il passato. Quindi non è problema di lettura, di consumatori che leggono o non leggono, bensì di media. Io sono convinto che i giornali cartacei saranno sempre meno diffusi, ma non c’ è nulla che mi faccia pensare che possa diminuire quel forte bisogno di informazione che registriamo ora». E i new media? «Il trend è davvero molto forte, estremamente positivo per i new media e destinato a crescere a lungo. Soprattutto se l’ esperienza di lettura è positiva, se il lettore è soddisfatto di quanto ha trovato, di come l’ informazione viene presentata, dei link collegati, sarà portato ad amplificare il suo bisogno e continuerà a cercare, a navigare». Il mercato pubblicitario in Italia evidenzia segnali positivi. Ma il Paese è ancora a otto punti percentuali di Pil dai livelli precedenti la crisi. Come vede l’ Italia? «Il trend del mercato pubblicitario italiano è positivo e soprattutto è molto positivo il contributo di innovazione che le aziende italiane sanno portare sul mercato, anche in quello dell’ advertising . Sono ottimista: il tasso di disoccupazione sta diminuendo e questo significa che la popolazione avrà più soldi da spendere e potrà vivere meglio. L’ 85 per cento delle società nostre clienti in Europa sta crescendo e questo mi sembra un dato estremamente significativo». Se lei per un giorno fosse il primo ministro italiano con un portafoglio illimitato, cosa farebbe per rilanciare l’ immagine del Paese? «Vorrei un governo più snello, c’ è troppa burocrazia oggi, così come in molti business e in molti governi in tutto il mondo. E la seconda cosa che farei sarebbe investire maggiormente nelle tecnologie innovative. Il ruolo dell’ innovazione tecnologica e di come questa sia in grado di cambiare il modo di lavorare e di accelerare lo sviluppo delle aziende deve essere prioritario in qualsiasi Paese e settore dell’ industria e dei servizi». L’ Europa che lei vede con ottimismo è percorsa da spinte secessionistiche. Dalla Brexit, alla Catalogna. Fino ai referendum di Lombardia e Veneto. «La Brexit fin qui ha generato solo una grande confusione. In Gran Bretagna è successo qualcosa di simile a quanto è accaduto negli Stati Uniti con le elezioni presidenziali. Se generalizziamo, le grandi città hanno votato per rimanere nell’ Unione europea e a favore di Hillary Clinton, mentre i piccoli centri, le periferie hanno dato il loro consenso a Brexit e Donald Trump. È una lettura da tenere presente, perché i voti fotografano proprio questo: le due realtà. Questa serie di referendum, penso alla Catalogna, alla Lombardia e al Veneto, credo sia determinata dal fatto che molto spesso la popolazione non avverte di avere voce in capitolo sulle questioni che ne determinano il futuro, che non è ascoltata, che non può esprimersi». Si tende a esaltare il valore della conoscenza. Ma l’ impressione è che il livello si stia abbassando. «La conoscenza è uno dei valori chiave per il futuro di un individuo o di una azienda. Alla Tbwa lo facciamo attraverso Backslash, l’ unità editoriale culturale di Tbwa, che produce un video quotidiano per i nostri 12 mila dipendenti per informarli sulle ultime tendenze culturali provenienti da ogni angolo del globo». L’ Italia vive difficili equilibri politici in attesa delle elezioni di primavera. Ma anche gli Stati Uniti sono oggi su territori inesplorati, con molte tensioni attorno all’ amministrazione Trump. «Sfortunatamente l’ America oggi si trova divisa al proprio interno. Questa presidenza ha polarizzato gli schieramenti, ma il presidente Trump è più popolare di quanto la gente possa pensare. Con lui il business va bene, le imprese guadagnano, la Borsa corre, ma c’ è una tensione culturale che non si avvertiva. L’ uso delle armi da fuoco è una vera pazzia, che sta ulteriormente polarizzando gli schieramenti. Ma credo che la nazione abbia gli anticorpi per uscire da queste tragedie» .

I cinque big valgono un’ italia e mezza

L’Economia del Corriere della Sera
di Maria Teresa Cometto
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I cinque giganti dell’ high-tech diventano sempre più grandi. Apple, Alphabet (ex Google), Microsoft, Amazon e Facebook continuano a crescere battendo tutte le previsioni degli analisti. Dopo l’ annuncio dei risultati del terzo trimestre 2017 il loro valore totale in Borsa è arrivato a quasi 3.300 miliardi di dollari (2.800 miliardi in euro). Una quantità di soldi enorme. Per avere un’ idea, basti dire che equivale alla dimensione di tutta l’ economia tedesca oppure, per fare un paragone nostrano, a una volta e mezza il nostro Pil. Non solo i cinque Big tecnologici made in Usa sono le cinque più grandi società al mondo per capitalizzazione in Borsa. Sono anche fra le più profittevoli. Nei soli tre mesi da luglio a settembre hanno accumulato in tutto la bellezza di 29 miliardi di dollari di utili netti: con quella cifra potrebbero comprarsi (al prezzo di Borsa) parecchie delle aziende della Old economy di cui hanno rivoluzionato il modello di business, ma anche numerosissime dot.com, società Internet che non riescono a crescere perché schiacciate dal super potere dei cinque Big. Potrebbero per esempio comprarsi un’ intera casa automobilistica come l’ italo-americana Fiat-Chrysler, che peraltro sta già collaborando con Alphabet per sperimentare i nuovi veicoli senza pilota. Oppure potrebbero fare shopping fra i vecchi media, messi in crisi dalla concorrenza dei social media come Facebook e dalla disponibilità su Google di ogni tipo di notizia: potrebbero acquistare sia l’ editore del prestigioso New York Times sia Cbs, una delle reti tv americane più popolari. E che dire del tradizionale commercio al dettaglio? Tutte le grandi catene di distribuzione di prodotti devono fare i conti con la concorrenza del negozio online che vende tutto e di più, Amazon: i negozi di gioielli Tiffany e i grandi magazzini Macy’ s, Norstrom e JCPenny potrebbero tutti essere comprati con quei 29 miliardi di dollari. Di fatto Amazon si è già appena comprata la catena Usa di supermercati Whole Foods per 13,5 miliardi di dollari, aumentando così il fatturato e la presenza nelle case e nel portafoglio delle famiglie americane. I «mattoni e cemento» degli hotel Hilton valgono in Borsa quanto i profitti trimestrali dei cinque Big, che invece guadagnano soprattutto nei nuovi business della «nuvola», la fornitura alle aziende di software e altri servizi informatici via Internet. Mentre parecchie ex stelle del web sono cadute, perché gli introiti pubblicitari su cui contavano sono fagocitati dal duopolio Google-Facebook: Twitter, Yelp e Groupon valgono insieme meno di 29 miliardi. Chi potrà fermare l’ avanzata di questi giganti? Le autorità di controllo dei mercati e antitrust si stanno già muovendo, sia in Europa sia negli Usa, dove anche quelle politiche hanno minacciato di intervenire dopo lo scoppio dello scandalo delle «false notizie» fatte circolare a pagamento su Facebook e Google dai russi per influenzare le elezioni presidenziali. Ma a insidiare lo strapotere dei cinque Big c’ è, a pensarci bene, la concorrenza che loro stessi si fanno l’ un l’ altro. Partiti da attività molto diverse – i pc e gli smartphone di Apple, il motore di ricerca di Google, il software di Microsoft, l’ ecommerce di Amazon e il social network di Facebook – per crescere ora invadono il terreno altrui senza esclusione di colpi. Apple continua a macinare profitti soprattutto grazie all’ iPhone, ma vuole avere più utenti con nuovi servizi come la musica e la tv in streaming, in competizione con Google (YouTube) e Amazon (Prime). Google guadagna sempre di più con la pubblicità, ma sfida Amazon nel conquistare spazio nelle case con gli altoparlanti intelligenti e anche per portare a domicilio la spesa. Microsoft e Alphabet sono all’ attacco di Amazon nell’ offerta dei servizi «nella nuvola», diventati la fonte principale dei profitti della società di Jeff Bezos. Il quale, a proposito di record, grazie all’ exploit delle sue azioni in Borsa – che hanno superato quota mille dollari, come quelle di Alphabet – è diventato il più ricco al mondo con un patrimonio personale di 93 miliardi di dollari, battendo proprio il fondator e di Microsoft Bill Gates, fermo a 88. E tutti e cinque sono impegnati nella corsa a sviluppare nuove applicazioni dell’ intelligenza artificiale e della realtà virtuale, per migliorare ulteriormente i loro prodotti e rubarsi clienti. Che, fino a quando non scoppierà la Bolla dei giganti, si godono questa abbondanza.

Contributi radiotv locali. Ecco come chiedere i certificati di regolarità INPGI

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Con  circolare n. 6 del 2017, l’Inpgi ha reso note le modalità con cui le emittenti radiofoniche e televisive locali possono chiedere all’ente previdenziale le certificazioni di correntezza contributiva ai fini della presentazione delle domande per i contributi pubblici di cui al DPR n. 146/2017. Le aziende interessate ad ottenere l’ attestazione di regolarità, dovranno presentare apposita istanza, utilizzando il modulo allegato, da trasmettere  a mezzo PEC all’indirizzo: contributi@inpgi.legalmail.it
Al fine di consentire all’Istituto il rilascio dell’attestazione in tempi utili, la richiesta da parte dell’azienda interessata deve pervenire all’INPGI entro e non oltre il 15° giorno antecedente la scadenza prevista per la presentazione della domanda di ammissione al contributo, fissata dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Corre l’obbligo di informare che, nei casi in cui la richiesta sia presentata all’INPGI con modalità e tempi diversi da quelli sopra indicati, l’Istituto non potrà garantire il rilascio all’emittente interessata dell’attestazione di regolarità contributiva in tempi utili per la presentazione della domanda al Ministero. Il certificato di regolarità contributiva, rilasciato esclusivamente ai fini della presentazione della domanda di ammissione al contributo sarà recapitato alle aziende richiedenti  esclusivamente mediante posta elettronica certificata e avrà una validità pari a 120 giorni.
  Richiesta Attestato di Regolarità contributiva DRR 146/2017

Intercettazioni, Fnsi e Odg: «Governo riveda il provvedimento. Non garantisce nessuno e neanche il diritto di cronaca»

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Le critiche sollevate da magistrati, avvocati, giuristi e associazioni dei giornalisti dovrebbero indurre il governo a rivedere la proposta sulle intercettazioni e il Parlamento a sollecitare radicali modifiche. Sulla cosiddetta “essenzialità” rischia di innescarsi un grave conflitto con pesanti ripercussioni sullo stesso diritto di cronaca e sul diritto dei cittadini ad essere informati su questioni essenziali come la conoscenza di vicende di mafia, corruzione e malaffare. Nel testo, non casualmente, manca per l’ennesima volta il riconoscimento del diritto di pubblicare ogni notizia che abbia il requisito del “pubblico interesse” e della “rilevanza sociale”, a prescindere dalla rilevanza penale, così come stabilito in diverse occasioni dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il governo finge di ignorare che non tutto ciò ha rilevanza per l’opinione pubblica deve avere necessariamente rilevanza penale. Per questo va salvaguardato il diritto dei giornalisti di pubblicare le notizie, anche se coperte da segreto o senza alcuna rilevanza penale, che possano contribuire a rendere l’opinione pubblica informata. Per questa ragione, oltre a sollecitare le opportune modifiche, Federazione nazionale della stampa italiana e Ordine dei giornalisti saranno al fianco dei colleghi che dovessero essere denunciati, o subire qualsiasi forma di censura, per aver deciso di rispettare gli obblighi deontologici ed il dovere di informare. La nostra critica al testo approvato dal governo è ulteriormente rafforzata dall’assenza di una qualsiasi iniziativa tesa a contrastare le cosiddette “querele bavaglio”, diventate il vero strumento di aggressione e minaccia contro i cronisti che tentato di “illuminare” i territori occupati da mafie e malaffare. Di fronte a questo quadro la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Ordine nazionale dei giornalisti promuoveranno riunioni congiunte degli esecutivi, predisponendo un calendario di iniziative che coinvolgeranno tutte le strutture regionali e nazionali. Non è più possibile accettare che si trovino tempi e maggioranze in Parlamento quando si tratta di dare una “stretta” sulle intercettazioni e non si trovi mai la volontà politica per cancellare il carcere per i giornalisti e per dare una “stretta” a chi insidia il diritto di cronaca e l’articolo 21 della Costituzione. – Lo affermano, in una nota, Federazione nazionale della Stampa italiana e Ordine dei giornalisti. (ansa)

Rassegna Stampa del 07/11/2017

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Indice Articoli

Facebook avanza sui pagamenti digitali

21st Century Fox entra nel mirino della Disney

Disney in trattative per Sky

«Insegno ai ragazzi il teatro e i diritti»

Gli spot candidati

A Marketing Media and Money l’ analisi dei dati secondo Wavemaker e la nuova campagna di Mps

Tv, sì a quote di film italiani

Comunicazione, la classifica delle sei professioni con maggiori prospettive

Chessidice in viale dell’ Editoria

Mondadori Magazine, nasce International Fashion

A fine mese il nuovo bando, alternativa: la tv della Lega

Negoziati con Murdoch

Qualcomm, offerta da 130 miliardi Disney vuole i film di Murdoch

Facebook avanza sui pagamenti digitali

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Un nuovo sistema in Facebook per lo scambio di denaro “person-to-person”. Da oltreoceano rimbalzano rumors su novità in fase di test in casa del colosso di Menlo Park. Le indiscrezioni sono circolate online e in parte sono state confermate al sito Recode. Insomma, ulteriori segnali dell’ esistenza di filoni di lavoro su un tema, quello dei digital payments, dove i colossi dell’ hi-tech hanno deciso di dare e di darsi battaglia. Da Samsung ad Apple, Google, Facebook, tutti i big dell’ industria hi-tech stanno muovendosi. Anche Whatsapp, l’ applicazione di messaggistica di proprietà di Facebook dal 2014, secondo indiscrezioni mai confermate dal gigante che fa capo a Mark Zuckerberg sarebbe alle prese con una fase di test che dovrebbe portare al rilascio di “Whatsapp Payments”. In Europa invece la francese Orange ha annunciato la scorsa settimana il lancio di “Orange Bank”, con bonifici via sms, pagamenti via Iphone o Android, ma anche il blocco della carta in un colpo di click. Insomma, le funzionalità della banca, ma attraverso l’ applicazione Orange scaricata sullo smartphone. Questo è il contesto in cui ci si muove e in cui sono da leggere le indiscrezioni che arrivano dagli Usa sulla nuova funzionalità “Red envelope”, in riferimento alle buste rosse usate in Cina per regalare denaro in occasione di ricorrenze. Con la nuova funzione si potrà scegliere un importo massimo di 20 dollari che potrà essere spedito ad altro utente insieme a una sorta di cartolina virtuale e a un messaggio personalizzato. La particolarità, e la rilevanza, del test di Facebook sta nel fatto che anche all’ interno della stessa piattaforma si verrebbero a creare le condizioni per uno scambio di denaro fra utenti come già avviene nella chat Messenger negli Usa e, come comunicato ieri, a breve anche in Uk, scelto come primo Paese fuori dagli Usa per avviare il servizio. Di certo con “Red envelope” si verrebbe a introdurre un sistema di pagamenti che avrebbe del resto un suo perché anche alla luce della nuova funzionalità “Marketplace”: vetrina-mercato dell’ usato condivisa fra utenti della piattaforma. Si tratta di test interni e occorrerà quindi attendere. Certo è che c’ è un aspetto di sistema da tenere in considerazione. Lato Facebook il fatturato pubblicitario incide per il 98% sul totale e il resto è imputabile a “Payments & Other Fees revenue”. Il mondo dei “servizi” ha però ampi margini di crescita. In questo modo, con un buon “motore di ricerca” il mondo Facebook potrebbe andare a configurarsi quasi come un ecosistema web parallelo in cui far diventare legittima la domanda: perché uscire da Facebook e navigare altrove online quando lì si può trovare tutto? Dagli Usa è poi arrivata un’ ulteriore indiscrezione su un test riguardante un tag “breaking news”, a disposizione degli editori per valorizzare le ultime notizie pubblicate. Su questo versante non ci sono ulteriori indicazioni ma Facebook, nelle scorse settimane, ha confermato che entro l’ anno partiranno le sperimentazioni per le news a pagamento con dieci editori internazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

21st Century Fox entra nel mirino della Disney

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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I colloqui ci sono stati. Al momento le parti non si starebbero parlando, ma stando a quanto riportato da Cnbc, Disney ha discusso per acquistare buona parte della 21st Century Fox. Fra le due società le trattative si sarebbero concentrate sulle divisioni intrattenimento, lasciando fuori quelle legate all’ informazione e allo sport. Perché questa offerta? Secondo Cnbc, che non esclude una ripresa delle trattative, la motivazione sarebbe da ricercare in un quadro di mercato che a livello globale vede avanzare nel mondo dei contenuti colossi come Netflix, Amazon, ma anche Facebook e Google. Servirà massa critica. E il deal, in tal senso, andrebbe incontro alle esigenze sia di Fox sia di Disney. Per la prima, la presenza sul mercato dei giganti dell’ on demand starebbe secondo le ricostruzioni spingendo la società a volersi concentrare sul versante news. Lato Disney, se l’ affare dovesse andare in porto la società metterebbe le mani sulla casa di produzione cinematografica 20th Century Fox, ma anche tutta la produzione tv, compreso Sky e i canali FX e National Geographic. Una dotazione non indifferente che rappresenterebbe un plus visto l’ avvio nel 2019, da parte di Disney (che di suo possiede canali come Abc o come lo sportivo Espn), di un servizio separato (in streaming) dedicato ai film. La 21st Century Fox, dal canto suo, è in attesa di portare a termine il takeover sulla totalità di Sky Plc (di cui Rupert Murdoch ha il 39%). Per ora il deal è nelle mani delle autorità Uk. Le azioni Disney ieri in serata sono salite dell’ 1,7%; quelle di 21st Century Fox del 7,4 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Disney in trattative per Sky

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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La 21st Century Fox di Rupert Murdoch ha trattato nelle scorse settimane la vendita a Disney della maggior parte delle proprie attività, incluso il gruppo Sky, di cui fa parte Sky Italia. Lo ha rivelato ieri la Cnbc precisando che al momento non ci sono colloqui in corso e non si sa se l’ accordo arriverà. Vista la natura di questo tipo di transazioni è probabile però che i contatti riprendano in un secondo momento. Si tratta di una notizia di grande impatto per il mondo dei media: da una parte un colosso della comunicazione come Disney, dall’ altra un gruppo più piccolo ma di grande potere mediatico negli Usa e in Europa. Peraltro la rivelazione arriva in un momento in cui è pendente l’ offerta di acquisto del capitale del gruppo Sky che Fox ancora non possiede, ovvero il 61%. Il gruppo è sotto scrutinio delle autorità britanniche che si sono dimostrate un osso duro. Ma non sarebbe tanto (o solo) questo il motivo della vendita. Il senior management di Fox, ovvero la famiglia Murdoch in primis, sarebbe convinto che focalizzarsi intorno alle news e allo sport porterebbe a una maggiore efficacia competitiva. La 21st Century Fox, infatti, non venderebbe tutto, mantenendo per sé la parte broadcasting negli Stati Uniti, compresi gli accordi di affiliazione con le emittenti locali, i canali sportivi e Fox News. Si tratterebbe comunque di una sorta di ripiego. Fox è convinta che in un mercato dell’ intrattenimento che si sta giocando sempre più a livello globale con nuovi attori, da Netflix a Facebook, la scala dell’ attività sia fondamentale. Non c’ è però un percorso percorribile per crescere con acquisizioni per la mancanza di soggetti da comprare e per le difficoltà ulteriori nelle transazioni (vedi cosa accade in Uk). Per questo l’ alternativa è appunto focalizzarsi vendendo il resto. Al colosso dell’ intratteninmento guidato da Bob Iger andrebbero quindi gli asset Fox della produzione cinematografica e televisiva e il business internazionale, tra le quali la quota del 39% in Sky, appunto, che ha attività nel Regno Unito e in Germania oltre che in Italia, oltre a Star in India. Disney ha già la scala per competere, ma questo aggiungerebbe ancora qualcosa che manca, soprattutto nel momento in cui la volontà del management è vendere i propri prodotti direttamente al telespettatore e non a operatori terzi. Disney ha già annunciato che non darà più a Netflix i diritti dei suoi contenuti, e che lancerà due offerte in streaming, una dedicata allo sport e l’ altra ai suoi contenuti (film e serie) di maggior richiamo, da Star Wars a Marvel. © Riproduzione riservata.

«Insegno ai ragazzi il teatro e i diritti»

Corriere della Sera

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La mia base operativa è Torino, e sono un «fornaio della Cultura». Da oltre 10 anni, impasto progetti culturali, sforno ottime rassegne teatrali, creo prodotti artigianali con ottime farine: Eugenio Allegri, Elena Guerrini, il Teatro Kismet di Bari i miei ingredienti più pregiati. La mia creazione unica è stata «Geografie del Teatro Ragazzi Italiano», premiata dal Centro studi Morteo di Torino, come miglior tesi di Teatro nel biennio 2002-2004. Il Dams di Torino lo ha valutato con 110/110. Ho impastato progetti in Toscana, Puglia, Umbria, Lombardia e Piemonte. Comunico idee con rapidità, efficacia e poesia. Il «forno» dove ho sperimentato in maniera più innovativa è stato il Festival a Veglia, a Manciano (Gr), dove ho lavorato alla Comunicazione, il primo Festival al mondo di Teatro, Musica e Editoria a baratto. Ho condotto nel mondo della scuola, per oltre 6 anni, esperienze di laboratorio teatrale con gli adolescenti. Dal 2013 ho ampliato la mia formazione alla Cooperazione internazionale e diritti dell’ Infanzia, collaborando con 2 Ong come Project manager. Sette Stati, visitati in camper, mi hanno insegnato ad adattarmi a luoghi sempre nuovi, a nutrire la curiosità per l’ incontro con le persone. Per cosa mi propongo? Imprese, percorsi editoriali e culturali che cerchino un ufficio stampa preciso, puntuale, creativo. E come Event manager, per creare esperienze modulate sulle richieste dei committenti. Davide Di Pierro , dipteatro2015@gmail.com.

Gli spot candidati

Italia Oggi

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Sono di Nuova Volkswagen Polo, Orogel, Mercedes – La sfida continua, Ventis – Shopping Online e Gomorra – Evitare spoiler, gli spot che concorrono questa settimana alla hit parade delle migliori campagne pubblicitarie elaborata nel corso della trasmissione Marketing Media and Money, il programma di Class Cnbc (sul canale Sky numero 507) dedicato al mondo del marketing, della pubblicità e della comunicazione, in onda ogni martedì sera alle 21.05 (in replica mercoledì e sabato alle 10.10 e venerdì alle 13.30) e condotto da Andrea Cabrini e Silvia Sgaravatti. A rischiare il podio dei flop, invece, Euronics – Pappagallo, Tic-tac – Rinfresca in un tic, sorprende in un tac, Uniclub – Regaliamo Sorrisi, Candy Bianca e Rich meet beautiful. Le classifiche sono elaborate in base ai giudizi di una giuria composta da studenti della laurea specialistica in marketing management dell’ Università Bocconi che spiegano ai telespettatori i motivi delle loro scelte.

A Marketing Media and Money l’ analisi dei dati secondo Wavemaker e la nuova campagna di Mps

Italia Oggi
TWITTER: @CLASSCNBCMMM
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Immaginate di entrare nella vostra boutique preferita: vi accoglierà un’ assistente virtuale che conosce i vostri gusti, ha in archivio i vostri acquisti, sa proporvi cosa comprare e quali abbinamenti fare. Non è la scena di un futuro lontano: bisogna solo leggere ed elaborare i dati per trasformarli in comunicazioni e offerte indirizzate al singolo consumatore. E’ l’ obiettivo di Wavemaker, agenzia globale nata dalla fusione Mec e Maxus e guidata da Luca Vergani, ceo di Mec. Sarà lui ad aprire, questa sera alle 21.05, Marketing Media and Money, la trasmissione di Class Cnbc (Sky 507) dedicata al mondo del marketing e della comunicazione. Tra gli ospiti della puntata anche Paolo Graziani, responsabile pubblicità e brand identity del Gruppo Montepaschi, che presenterà la nuova campagna di Mps «Più forza alle persone». Con Lorenzo Fabbri, ceo di We are Jungle, si parlerà invece di «street advertising» e di unconventional marketing.

Tv, sì a quote di film italiani

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Il Consiglio di stato dà con tre pareri favorevoli il suo ok formale alla riforma del cinema e dell’ audiovisivo, targata Dario Franceschini. Ricevono così l’ imprimatur dell’ organo al vertice della giustizia amministrativa (sezione atti normativi) anche quelle decisioni volute dal ministro delle attività culturali tanto contestate dalle principali emittenti tv (Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery, Viacom, Fox, Walt Disney e De Agostini) che prevedono l’ obbligo di rispettare quote minime di trasmissione per produzioni italiane ed europee, soprattutto durante la fascia del prime time (o prima serata). Tanto più che i big del piccolo schermo italiano avevano lanciato l’ allarme per gli impatti economici della riforma, ossia per gli obblighi paralleli d’ investimento in opere originali nazionali ed europee (legge n. 220 del 14/11/2016). Le previsioni sull’ impatto delle nuove spese in contenuti superano i 500 milioni di euro, spingendo gli investimenti complessivi a quota 1,2-1,3 miliardi nel 2019. Impatto economico cui segue, sempre secondo le emittenti tv, un problema occupazionale nel settore che impiega 26 mila addetti e altri 65 mila nell’ indotto. Invece i giudici di Palazzo Spada approvano e sottolineano con un parere ad hoc che l’ onere di programmazione è giustificato proprio dalla necessità di promuovere e sostenere le case di produzione tricolore (o del Vecchio continente, in chiave comunitaria). Tanto più se si considerano «le ricorrenti pratiche elusive» già osservate sul mercato. Anzi, siccome di comunicazione si sta parlando, il Consiglio di Stato suggerisce l’ adozione di sanzioni non solo pecuniarie ma anche di tipo «reputazionale» ossia attuate pubblicizzando il caso di violazione della legge e il nominativo del responsabile. Sempre in un’ ottica di rendere più efficaci le sanzioni e la loro funzione di deterrenza, è arrivato il via libera anche all’ innalzamento delle multe da pagare, in caso di violazione della normativa, e la loro determinazione in base al fatturato dell’ emittente responsabile. I giudici, infine, respingono la critica mossa contro la riforma del governo Gentiloni di voler regolamentare con una norma esigenze che sono invece del mercato: non si tratta infatti di «vincoli di tipo dirigista» ma l’ intenzione di ottenere un più corretto funzionamento del comparto, eliminando commistioni e distorsioni tra i vari attori della filiera produttiva. Il tutto, sempre secondo i giudici, attraverso una netta separazione tra chi realizza il prodotto audiovisivo e chi gestisce l’ emittente che lo trasmette. Con un secondo e differente parere, poi, i giudici di Palazzo Spada approvano il nuovo sistema di censura che deve decidere quali titoli siano eventualmente da vietare ai minori di 14 e 18 anni. Singolare però che, nell’ elogiare l’ intenzione di aggiornare l’ intero meccanismo di tutela, gli stessi giudici abbiano espresso perplessità sull’ uso del termine «divieto», proprio oggigiorno che i divieti cercano di essere maggiormente «flessibili» e «parzialmente derogabili», per esempio potendo essere aggirati in presenza di un familiare adulto (da cui scaturisce, peraltro, una maggior responsabilizzazione delle famiglie). Di sicuro, la sezione atti normativi del Consiglio di Stato apprezza la creazione di una nuova commissione di verifica ma, anche in questo caso, trova singolare che la stessa commissione mostri al suo interno una composizione più netta di associazioni per la protezione degli animali, piuttosto che quella di altre associazioni. Sempre col fine di tutelare i minori, viene introdotta la fascia di produzioni «non adatte ai minori di anni 6», oltre che il suggerimento di sanzioni di tipo reputazionale. Il terzo parere favorevole si concentra invece sulle disposizioni (soprattutto deroghe al limite di contratti a tempo determinato e di apprendistato) per introdurre il sistema del jobs act nel settore tv e audiovisivo, armonizzandolo con le regole in vigore. L’ osservazione, però, è che è ancora «in gran parte non attuata» la delega sui rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, per semplificare, razionalizzare e rafforzare «le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro».

Comunicazione, la classifica delle sei professioni con maggiori prospettive

Corriere della Sera
Enzo Riboni
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Le lauree della comunicazione sono inflazionate e non offrono grandi occasioni di impiego? La domanda contrasta con le opportunità che sembra offrire il mercato Entertainment & Media: ha assorbito i colpi della crisi, nel 2016 ha raggiunto 31,5 miliardi di euro di ricavi e nel 2021 arriverà a 38,1 miliardi. Questa seconda giovinezza porta però con sé nuove figure professionali, sempre più legate alle tecnologie digitali. Il “Gruppo media, comunicazione e spettacolo di Assolombarda”, ha così realizzato un’ indagine che individua le sei professioni con il più alto tasso di occupabilità da qui a cinque anni. Eccole. Il “Digital analyst” realizza proiezioni sui dati di vendita, sui risultati delle campagne marketing, sulle abitudini e tendenze di consumo. Il “Digital account sales” analizza il mercato e l’ andamento delle vendite digitali prevedendo l’ andamento dei prodotti. Il “Digital marketer”, un esperto in comunicazione digitale, dirige le dinamiche sottese da un progetto di web marketing. Il “Data visualization e dashboard designer” trova le modalità più appropriate per rendere intellegibili e comunicabili i dati delle piattaforme digitali dell’ impresa. Il “Social media manager, community manager, digital media editor” gestisce i social media di un’ azienda, curando il piano editoriale e le community dei fan. L'”Editorial content specialist” utilizza i vari media e la tecnologia digitale (video editing, blog, social network) per produrre contenuti multimediali.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Fnsi: la legge sulle intercettazioni va cambiata o sarà battaglia. «Il provvedimento sulle intercettazioni va cambiato» o «sarà battaglia». La Fnsi con il segretario, Raffaele Lorusso, e il presidente, Beppe Giulietti, ha incontrato ieri la presidente della camera, Laura Boldrini, per parlare di come combattere le fake news ma anche per denunciare «il colpo fortissimo alla libertà di informazione e al diritto dei cittadini ad essere informati» che il decreto contiene. Il sindacato dei giornalisti sottolinea come «non solo non è stato cancellato il carcere per i giornalisti ma non è stato fatto nulla per tutelare i giornalisti dalle querele milionarie», ha detto Lorusso. «Saremo costretti ad un’ azione conflittuale per la difesa della natura professionale del giornalismo», ha aggiunto Giulietti, «e perciò per la prima volta stiamo organizzando un’ iniziativa Fnsi e Ordine insieme contro ogni forma di interferenza». Su Amazon Prime Video arriva il tennis live. Il debutto del tennis in diretta su Amazon Prime Video avverrà questa settimana in occasione delle fasi finali del Next Gen Atp da oggi a sabato a Milano, il torneo che ospiterà i futuri protagonisti del tennis maschile. Prime Video trasmetterà in live streaming tutte le 16 partite del torneo che saranno disponibili in più di 200 paesi sull’ app Prime Video per tv, console di gioco, set top box e vari dispositivi, tra cui Amazon Fire Tv, mobile e online. Oltre alla diretta delle fasi finali del Next Gen Atp, sarà possibile vedere i replay di tutte le partite e avere accesso ad ulteriori contenuti relativi al torneo, tra cui gli highlight delle giornate e i profili dei giocatori. Mondadori acquista azioni proprie. Arnoldo Mondadori Editore ha acquistato sul Mercato telematico azionario, nel periodo tra il 30 ottobre e il 3 novembre, 18 mila azioni ordinarie (pari allo 0,007% del capitale sociale) per un controvalore complessivo di 40.036,70 euro. A seguito delle operazioni finora effettuate, Mondadori detiene 760.000 azioni proprie pari allo 0,291% del capitale sociale. La7, domenica lo speciale tg al 4,2% di share. Domenica sera lo Speciale TgLa7 dedicato al voto in Sicilia e condotto da Enrico Mentana ha ottenuto, in 3 ore e mezza di diretta (21.39 – 01.12), il 4,18% di share con 731.333 telespettatori medi, superando lo speciale in onda su Rai2 al 4,09%. Anche in sovrapposizione (21:51/23:16), il programma di La7 ha battuto Rai2 con il 4,19% di share e 1.014.845 telespettatori medi, contro il 4,09% e 991.325 spettatori. #maratonamentana ha ottenuto, inoltre, 5.599.678 di contatti e picchi del 5,86% con 1.338.075. Bene in access prime time anche lo speciale Faccia a Faccia di Giovanni Minoli con ospite Gianni Morandi, che ha realizzato il 3,35% di share con 903.216 telespettatori medi e picchi del 5,13% con 1.401.722. Il TgLa7 delle 20 ha ottienuto il 4,98% di share con 1.247.297 telespettatori medi e picchi del 5,65%. Il network La7 (La7 e La7d) si è attestato al 4,20% in prime time (20.30 – 23.30). Fox a Lucca Comics&Games 2017. Anche quest’ anno Fox Networks Group è stata a Lucca Comics&Games con uno scenografico allestimento nella location più iconica della città, piazza dell’ Anfiteatro, al centro della quale era posta la gigantesca installazione della What the Fox Competition. Si è trattato del primo survival game della storia della manifestazione lucchese, un gioco a premi in cui i concorrenti rispondevano a domande sulle serie Fox in bilico su micro-piattaforme che si ritraevano a ogni errore. Ospite d’ eccezione il fumettista Robert Kirkman, creatore di The Walking Dead. Errata corrige. A pagina 75 di ItaliaOggiSette di ieri, nel servizio sulla Regione Campania, Pierluca Marino non è la persona ritratta nella foto, che è, invece, Umberto Cristiano di Braddock. Ci scusiamo con gli interessati.

Mondadori Magazine, nasce International Fashion

Italia Oggi

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Nasce un nuovo polo all’ interno dell’ area Periodici Italia del gruppo Mondadori. Si tratta dell’ International Fashion, che avrà come principale priorità l’ ulteriore sviluppo di Grazia in Italia e nel mondo per accrescere in modo ancora più coordinato ed efficace il valore del brand. Il polo è affidato al brand manager Daniela Sola che farà riferimento al direttore generale Carlo Mandelli, a capo dei periodici. A Sola, che proviene da un’ esperienza pluriennale in Salvatore Ferragamo Parfums dopo 12 anni di attività nel mondo dell’ editoria, è stato affidato il compito di fare leva sul network internazionale di Grazia per implementare il brand lanciato quasi 80 anni fa e oggi presente in 24 Paesi del mondo. Grazia è ormai un sistema multicanale print-digital-social-eventi che, attraverso le sue pubblicazioni e siti, raggiunge nel mondo secondo i dati della casa editrice, un’ audience complessiva di 17 milioni di lettori, con una media di 10 milioni di copie al mese, e di 30 milioni di utenti unici. In Italia, il brand ha registrato nei primi nove mesi dell’ anno un incremento della raccolta pubblicitaria complessiva a spazio print+web del 7,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sola assume contestualmente, sempre a diretto riporto di Mandelli, il ruolo di managing director di Mondadori International Business, la società che gestisce la presenza sui mercati esteri anche di altri brand del gruppo, tra cui Interni, Icon, Icon Design e Il mio Papa.

A fine mese il nuovo bando, alternativa: la tv della Lega

Corriere della Sera
Monica Colombo
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Un bando riformulato rispetto al precedente o come ipotesi residuale il canale della Lega. La partita dei diritti tv entra nel vivo. Dopo l’ assegnazione già avvenuta dei diritti per l’ estero del campionato relativi al triennio 2018-2021 all’ americana Img che assicurerà alle società di A 371 milioni annui, la Lega di via Rosellini è in attesa della formulazione del bando dei diritti domestici. L’ asta a giugno fu, com’ è noto, senza risultato a causa della mancata presentazione di offerte da parte di Mediaset, convinta che al pacchetto del digitale proposto non corrispondesse il valore di 216 milioni. Perciò l’ advisor Infront è al lavoro per preparare un bando, da presentare a fine novembre, rivisto nella sostanza ma pur sempre nell’ ottica di massimizzare i ricavi. L’ obiettivo è raggiungere quota un miliardo con l’ apertura delle buste prevista per metà dicembre. Cosa succederà nel caso in cui le offerte di Sky e Mediaset non vengano giudicate soddisfacenti? Esclusa l’ ipotesi di un terzo bando, il piano B è rappresentato dal canale della Lega che si ergerebbe a editore dei contenuti (per satellitare, digitale e internet). Infront ha già individuato in Discovery Channel il partner industriale mentre ancora non è stato designato un possibile partner finanziario che sostenga economicamente il progetto. Se ne discuterà oggi in commissione, mentre prima l’ assemblea designerà la società di cacciatori di teste a cui affidare il compito di trovare il nuovo a.d. Sono in corsa Egon Zehnder, Korn Ferry e Spencer Stuart. A questo punto la domanda delle domande: si arriverà entro l’ 11 dicembre, data di scadenza del mandato di Tavecchio, alla nomina di un nuovo ad o, come teme qualche presidente, lo spettro del commissario ad acta è ancora vivo e lotta insieme a noi?

Negoziati con Murdoch

Il Messaggero

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Presto anche 21st Century Fox potrebbe far parte dell’ impero Disney. La storica casa di produzione cinematografica di proprietà di Rupert Murdoch sarebbe in trattativa per cedere alla multinazionale dell’ animazione la maggior parte del gruppo. Ad oggi però non c’ è certezza che tali negoziazioni porteranno a un accordo. Secondo Cnbc, le discussioni si sono svolte nelle scorse settimane. L’ idea sarebbe lasciare nelle mani di Murdoch solo Fox news e la divisione sportiva. Tutto il resto andrebbe nelle mani di Disney: non soltanto il cinema, ma anche tutta la produzione televisiva, compreso Sky e i canali FX e National Geographic.

Qualcomm, offerta da 130 miliardi Disney vuole i film di Murdoch

Corriere della Sera
Giuseppe Sarcina
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Tecnologia, tv, cinema. Grandi manovre negli Stati Uniti, secondo la Cnbc Disney sta trattando con Rupert Murdoch per comprare la casa di produzione cinematografica 21st Century Fox e i canali Sky, Fox e National Geographic. A Murdoch rimarrebbe solo Fox News e la divisione sportiva. Finora, però, è un’ indiscrezione. Molto più concreti, invece, i movimenti di Hock Tan, amministratore delegato di Broadcom. Giovedì 2 novembre va a trovare Donald Trump, nello Studio Ovale. Il manager di Singapore gli annuncia l’ intenzione di riportare la sede legale della società di semiconduttori negli Stati Uniti. Domenica 5 novembre lo stesso Tan comunica al mercato di essere pronto a offrire 100 miliardi di dollari per acquistare Qualcomm, l’ azienda di San Diego, 33 mila dipendenti, fatturato pari a 22,2 miliardi di dollari. È un’ opa ostile che potrebbe cambiare gli equilibri di un settore tecnologico chiave: lo sviluppo e la produzione dei chip e delle memorie per una gamma sempre più vasta di strumenti. Dai telefonini ai droni. Al momento nella classifica del comparto è guidata da Intel, che stacca tutti con un giro d’ affari di 55 miliardi. Al secondo posto Qualcomm, al terzo Avago & Broadcom, più o meno sullo stesso livello di Texas Instruments. Il progetto di Tan punta a costruire il secondo gruppo mondiale con un fatturato di circa 40 miliardi di dollari e una capitalizzazione in Borsa di 200 miliardi. Ecco i dettagli della proposta: 70 dollari per ogni azione Qualcomm, 60 in contanti e 10 in titoli Broadcom. Valore finale 103 miliardi, che diventano 130 se si tiene conto anche del debito iscritto nel bilancio della preda. I manager di Qualcomm hanno fatto sapere che «l’ offerta non richiesta sarà esaminata dal consiglio di amministrazione». I movimenti di Borsa di ieri mattina, però, suggeriscono cautela: le quotazioni di Qualcomm sono salite del 3%. Secondo gli analisti ciò significa che c’ è scetticismo sul successo dell’ operazione. Oppure è solo questione di prezzo. Qualcomm viene da un trimestre di vendite deludente ed è ancora impigliata in un difficile scontro legale, per una questione di brevetti, con Apple. Anche per questo i suoi chip sono stati esclusi dagli iPhone e iPad. Inoltre lo sviluppo tecnologico spinge verso la concentrazione. Basti pensare che in sei anni, dal 2011 al 2017, ci sono state ben 11 acquisizioni. La Avago di Hock Tan è stata la più dinamica. Nel dicembre 2013 ha comprato la Lsi, per 7 miliardi di dollari e nel maggio 2015 l’ americana Broadcom, per 37 miliardi. Adesso prova il grande balzo. Con uno scambio fin troppo chiaro con l’ amministrazione Trump. Tan «americanizza» il nuovo polo, riportando anche un po’ di gettito fiscale nelle casse federali degli Stati Uniti. Il presidente americano lo ha accolto come il simbolo del nuovo corso: le grandi multinazionali tornano a casa. Ma intanto il manager eviterà il vaglio del Comitato sugli investimenti stranieri, che sarebbe intervenuto nel caso Broadcom avesse mantenuto il quartier generale a Singapore. Inoltre, passaggio importante, Tan ha chiesto a Trump una sponda politica per ammorbidire le probabili resistenze di Pechino. la «piccola Italia» cresce. Sono 34 le nuove Pmi italiane ad accedere a Elite, la piattaforma sviluppata da Borsa italiana ha lo scopo di trovare canali di finanziamento alternativi e opportunità di sviluppo per eccellenze del made in Italy. Scopo ultimo è quello di prepararsi per la futura quotazione. Delle 632 società di Elite oltre 400 sono italiane, per un totale di 50 miliardi di ricavi e oltre 220 mila dipendenti. Le new entry, provenienti da 12 regioni italiane, toccano vari settori, dall’ Ict alla moda, dalla produzione di generi alimentari alla chimica. Tra queste ci sono casi come Challenge Network e Ennova, start up nata nel 2010 all’ interno dell’ incubatore i3p del Politecnico di Torino, che realizza soluzioni digitali per la gestione dell’ intero ciclo di vita e della dotazione di device di imprese e famiglie. Oggi conta 800 dipendenti, sei sedi e un fatturato di oltre 40 milioni di euro che, prevede il fondatore Fiorenzo Codognotto, toccherà i 50 a fine 2018. A celebrare le eccellenze del Made in Italy entrano nel programma anche imprese alimentari tra cui l’ Acetificio Marcello de Nigris e marchi storici del settore tessile come il lanificio Fratelli Piacenza di Pollone (Biella), che vanta quasi trecento anni di storia. Le imprese italiane sono le prime di una serie di nuovi gruppi di aziende Elite a livello internazionale che verranno annunciati nel mese di novembre.

Digitale terrestre, nuova codifica e nuovi decoder entro il 2022

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Lo switch off con la liberazione della banda 700Mhz avverrà con una transizione di due anni, dal 2020 al 2022, anche se il governo ha iniziato il percorso già lo scorso anno quando ha previsto che dal primo gennaio del 2017 fosse obbligatoria la commercializzazione esclusivamente di televisori con tecnologia T2-HEVC al fine di avviare con largo anticipo il naturale ricambio degli apparecchi. Solo a partire dal 2020 é previsto lo spegnimento delle frequenze in uso alle emittenti locali e la costruzione del Mux1 della Rai per aree geografiche. Questa fase di transizione, che durerà fino al 2022, non prevede in alcun modo l’introduzione di tecnologia T2-HEVC ma l’uso di tecnologia MPEG-4 già diffusa da qualche anno nei televisori e che nel 2020 sarà disponibile per tutta la popolazione. La tecnologia T2-HEVC sarà introdotta solo nel 2022 quando nello switch off saranno coinvolte tutte le emittenti nazionali. Per quella data si prevede che il naturale ricambio dei televisori con le nuove tecnologie avviato con 5 anni e mezzo di anticipo sarà sufficiente a garantire la transizione senza particolari problemi per le famiglie. In ogni caso, nella legge di stabilità 2018 é stato previsto un costante monitoraggio della diffusione dei televisori di nuova generazione tra le famiglie e sono stati previsti incentivi per 25 milioni di euro all’anno per quattro anni, dal 2019 al 2022, al fine di agevolare e accelerare il processo di ricambio così da garantire nel 2022 a tutta la popolazione le televisioni con la nuova tecnologia.

 


Rassegna Stampa del 08/11/2017

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Indice Articoli

Rai: i super flop mandano a picco la pubblicità

I lettori apprezzano ancora la stampa

A Wall Street piace Disney-21st Century Fox

Mediaset torna a generare utili

Rai Way su Persidera. Inwit migliora i conti

Mediaset, raccolta 2017 a +0,5%

RadioMediaset, pubblicità su del 10-12% quest’ anno

Fox Italia, un futuro oltre Sky

Audipress, 43 mln di italiani leggono i giornali. Sassoli: stampa sinonimo di credibilità. Costa: valore trasferito agli inserzionisti

Giornali, un settembre in salita

«La forza della stampa? Qualità e affidabilità»

I dati Ads di settembre per quotidiani e settimanali e di agosto per i mensili (TABELLE)

Con la ricerca ‘Il valore della stampa: vissuti e aspettative dei lettori’ Audipress dà il via agli approfondimenti qualitativi. Il presidente Costa: la qualità ha un valore economico e culturale, per lettori e mercato

Rai: i super flop mandano a picco la pubblicità

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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In Rai è allarme rosso pubblicità. Il calo di ascolti di alcuni programmi-traino rischia di far scappare gli sponsor che hanno già sborsato denaro per contratti chiusi a giugno – dopo la presentazione dei palinsesti – per la stagione televisiva 2017/2018. A Viale Mazzini si inizia a temere la fuga degli inserzionisti o la rinegoziazione dei contratti. Il tema è già stato oggetto di una riunione tra il dg Mario Orfeo e l’ ad di Rai Pubblicità Fabrizio Piscopo. E sarà oggetto anche del Cda di domani. Che, oltre all’ esame dei palinsesti dei prossimi tre mesi, avrà all’ ordine del giorno il “punto sul budget 2017”, ovvero l’ esame delle entrate e delle uscite, tra cui canone e pubblicità. Un passaggio che si è soliti fare in autunno per valutare l’ avvio della stagione, ma che, in questo caso, sarà affrontato con una certa preoccupazione. Nell’ ultimo week end, infatti, è proseguito il trend negativo, a cominciare dall’ ultima puntata del programma del sabato sera su Rai1, Celebration, che ha raggiunto un misero 12,7% di share, praticamente asfaltato da Tu si que Vales, che su Canale5 ha fatto il 30. Domenica, invece, altra performance negativa per Cristina e Benedetta Parodi, la cui Domenica in si è fermata al 10,7 contro il 23,8 di Domenica live. Che tempo che fa di Fabio Fazio, invece, dopo due domeniche di stop causa doppio Gran Premio di Formula Uno, è tornato con un 14.8%, battendo sul filo di lana la fiction di Canale5 Le tre rose di Eva. Fazio in seconda serata di lunedì, invece, si è fermato all’ 8,9%. Se Fazio e Domenica in scenderanno sotto una certa soglia, la Rai dovrà rinegoziare i contratti pubblicitari. In questo caso gli sponsor hanno tre possibilità: chiudere il contratto con Viale Mazzini; rinegoziarlo su termini più bassi; ottenere una sorta di risarcimento in spot gratuiti in onda su altri programmi del palinsesto. Sulle cifre la Rai mantiene il riserbo, ma se consideriamo che nella passata stagione uno spot da 15 secondi durante Che tempo che fa su Rai3 veniva venduto a circa 62 mila euro, su Rai1 quella cifra aumenta almeno del 30%. Insomma, parliamo di 80-90 mila euro nella fascia di maggior ascolto. Un punto sotto la soglia garantita di share significa rinegoziare il contratto del 20%, due punti sotto del 30%, tre punti del 40% e così via. Insomma, sono soldi. Dalla Rai, intanto, fanno sapere che “al momento non risultano problemi di nessun tipo con gli investitori pubblicitari dei programmi della domenica”. E sottolineano anche che “la pubblicità non sarà un tema del prossimo cda”. Dove però si parlerà di “budget 2017”. Ieri, infine, tornando a Fazio (che andrà in onda in doppia serata anche da gennaio a marzo), a rispondere alle critiche è stata la stessa Officina, la società che produce Che tempo che fa di proprietà del conduttore e di Magnolia. “Che fuori tempo che fa di lunedì: 8,9%. Rai1 l’ anno scorso contro il Grande Fratello Vip: 6,9%. Ma quale flop?”, dice Officina, presto in onda anche con il Cyrano, letteratura e parole di Massimo Gramellini. Il lunedì in seconda serata nella passata stagione c’ era Vespa.

I lettori apprezzano ancora la stampa

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Un «kit di sopravvivenza» in un contesto «dominato dalla sovrabbondanza di fonti direttamente accessibili e fruibili», ma anche, sempre più spesso, di dubbia affidabilità. Parlare di ottimismo per la stampa a pagamento è troppo. Ma è sicuramente positivo il messaggio che emerge dall’ indagine “Il Valore della Stampa: vissuti e aspettative dei lettori” realizzata per Audipress da Episteme. L’ indagine, condotta su un panel di 200 lettori abituali di quotidiani e periodici, segnala piccole e grandi evidenze da non trascurare per un settore che, per dirla con le parole di Maurizio Costa, presidente della Fieg, viene da «un decennio estremamente difficile e accidentato. Un settore che ha perso il 50% dei ricavi, il 60% della pubblicità». Un lungo periodo segnato dall’ ingresso del digitale «che ha cambiato notevolmente le regole del gioco: la gratuità sempre più diffusa ha creato problemi rilevanti dal punto di vista economico». In questo quadro, Costa mette però in evidenza «l’ intenso e positivo lavoro sul piano normativo avviato con il Governo. È stata varata la legge sull’ Editoria che ha stabilito pilastri importanti. E il percorso si è consolidato con il credito di imposta agevolato per gli investimenti pubblicitari incrementali. Una misura che riconosce il valore della stampa e che porta a conclusione gli interventi di riforma del settore avviati dal ministro Lotti con il Tavolo per l’ Editoria». Qualità e autorevolezza sono stati i concetti ricorrenti durante la presentazione cui hanno preso parte anche il presidente di Upa Lorenzo Sassoli de Bianchi e i presidenti di Assocom e Unicom, Emanuele Nenna e Alessandro Ubertis. La ricerca attribuisce al lettore medio un «profilo socio-culturale medio alto». Quanto ai contenuti, le testate a pagamento presentano come vantaggio l’«effetto cornice, un perimetro di senso entro cui muoversi». Fa gli altri plus: «Coinvolgimento sensoriale»; «efficacia del colpo d’ occhio»; «sensazione di possesso». «In un universo della comunicazione polverizzato, la stampa trasferisce credibilità e rappresenta per il lettore la ricerca di senso e l’ aggancio al reale – ha detto Lorenzo Sassoli de Bianchi – e questa autorevolezza si trasferisce alla pubblicità. Perciò è opportuna una particolare attenzione degli investitori per la stampa». In questo, un impatto positivo è atteso dal bonus sulla pubblicità incrementale: «Con i 20 milioni a disposizione per il 2017, calcolando un credito d’ imposta al 75%, si potrebbero attivare 30 milioni di investimenti aggiuntivi. Una cifra consistente». Manca l’ ultimo tassello: il Dpcm con le misure attuative. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

A Wall Street piace Disney-21st Century Fox

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Nel giorno seguente le indiscrezioni rimbalzate dagli Usa sulle discussioni fra Disney e 21st Century Fox, l’ andamento del mercato azionario sembra segnalare che l’ ipotesi è considerata plausibile. O comunque che avrebbe senso. In serata le azioni di 21st Century Fox viaggiavano in risalita del 2,3% circa con quelle Disney in progresso di circa l’ 1 per cento. All’ opposto Sky Plc a ha perso ieri in Borsa l’ 1 per cento. Secondo quanto riportato da Cnbc, Disney ha discusso per acquistare buona parte della 21st Century Fox. Fra le due società le trattative si sarebbero concentrate sulle divisioni intrattenimento, lasciando fuori quelle legate all’ informazione e allo sport. In questo modo Disney metterebbe le mani sulla casa di produzione cinematografica 20th Century Fox, ma anche tutta la produzione tv, compreso Sky e i canali FX e National Geographic. Trattative non in corso al momento. Ma non è detto che non riprendano e comunque, secondo la gran parte degli analisti, se non sarà Disney altri pretendenti si faranno avanti per l’ impero di Rupert Murdoch. Oltreoceano nei report si disegnano scenari sulla base di possibili interessi da parte di player che vanno da Comcast ad Amazon a Verizon. Ipotesi. Anche perché occorrerà a questo punto verificare se Disney mollerà il dossier. Il gigante dell’ intrattenimento aveva pensato in passato di acquisire Twitter e comunque ha poi acquisito una società che opera nel video streaming dal 2002: Bam Tech. A questa società Disney ha affidato i suoi progetto per lo streaming (un’ offerta dedicata su film e serie partirà nel 2019). Dall’ altra parte la 21st Century Fox ha nella sua scuderia una Sky che farebbe gola, con i suoi contenuti e i diritti tv sulla programmazione sportiva. In tutto questo, non si possono non considerare due variabili non indipendenti. C’ è da fare i conti con il cord cutting: il taglio al pricing con cui Netflix o Amazon Prime Video o anche gli altri Ott stanno facendo sempre più breccia sul mercato. Dall’ altro ci sono le traversie di 21st Century Fox in Uk, dove la società che fa capo a Murdoch sta cercando di acquisire il 61% di Sky Plc che non è di sua proprietà. Le difficoltà che il processo sta attraversando hanno e avranno un peso sulla decisione? Alla fine, per un analista di Btig Llc la chiave di lettura è in fondo semplice: «L’ industria tradizionale dei media è in declino secolare». Combinare i plus delle due società – o comunque di società “combinabili” – permette di avere spalle robuste. Che sono necessarie. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Mediaset torna a generare utili

Il Sole 24 Ore
Simone Filippetti
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Un anno fa, nubi fosche si addensavano su Mediaset. Sulla tv della famiglia Berlusconi si era abbattuta la tegola di Vivendi: l’ un tempo amico e socio d’ affari Vincent Bolloré aveva ripudiato la promessa sposa Mediaset-Premium a nozze annunciate. E il contraccolpo della traballante pay-tv, da anni in perdita, sui conti del gruppo era stato pesantissimo: una perdita di 118 milioni (che sarebbero poi esplose a quasi 300 milioni a fine anno). Dodici mesi dopo, Fedele Confalonieri e PierSilvio Berlusconi hanno riportato la barca fuori dalla tempesta: i conti sono tornati in utile nei primi nove mesi e con ogni probabilità – visto che poi l’ ultimo è quello sempre più ricco per gli editori televisivi, grazie al boom di spot in vista del Natale – il 2017 segnerà la fine del macigno «Premium» e il ritorno a numeri normali. Nel frattempo è successo di tutto, compresa una tentata scalata dello stesso Bolloré a Mediaset e una coabitazione da guerra civile, giocata a colpi di cause miliardarie e battaglie di Authority per congelare il finanziere francese. Ora il clima sembra meno bellicoso e a tutti e due i fronti interessa trovare un accordo, visto che il mercato della pubblicità in Italia è ancora debole (Mediaset si attende un +0,5% per fine anno dopo che l’ anno era iniziato a +0,8%). Con Vivendi azionista di Mediaset e di Tim, l’ idea di un accordo tra le due aziende, chimera finanziaria che da 15 anni stuzzica il mercato, pare più concreta. «Se adesso Tim intende investire davvero in contenuti televisivi sarebbe positivo e possiamo parlarci; noi glielo abbiamo sempre proposto» ha dissotterato l’ ascia di guerra, Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset. Al momento Vivendi è alle prese con un’ alleanza tra Tim e Canal+ per dare vita a una Netflix europea che contrasti lo strapotere delle major americane. Da gennaio a settembre, Mediaset ha riportato utili per 35,9 milioni di euro su ricavi netti di 2,532 miliardi di euro: il gruppo televisivo ha registrato ricavi in calo dell’ 1,2% rispetto un anno fa. Colpa dell’ Italia dove il fatturato è calato nel periodo da 1,85 miliardi a 1,83 miliardi. Ottobre, peraltro, non è andato bene per la raccolta pubblicitaria, che gli investitori hanno posticipato alla stagione delle feste. Grazie a una riduzione di 200 milioni di costi operativi (-7,7% da 2,53 miliardi a 2,33 miliardi), il margine operativo lordo è però migliorato del 7% circa a 957,9 milioni. L’ utile operativo è così salito a 194,7 milioni da 29,5 milioni. Aumento della quota di mercato pubblicitario e taglio dei costi operativi, peraltro, erano le direttrici del nuovo piano industriale al 2020 che Mediaset aveva presentato a inizio anno. Quanto alle prospettive dei prossimi mesi, Mediaset prevede che l’ andamento della raccolta pubblicitaria da qui a fine anno «dovrebbe consentire di mantenere il segno più su base annua e di guadagnare quote di mercato pubblicitario». In questo scenario Mediaset ha confermato «l’ obiettivo di conseguire al termine dell’ esercizio un risultato operativo e un risultato netto consolidato positivi». Alla fine dell’ anno, però, gli occhi saranno puntati sull’ asta per le partite della Seria A (nel triennio 2018-2021), dove Mediaset, che alla prima tornata non si era presentata, avrà un «approccio opportunistico»: vuol dire che il gruppo tv vuole accaparrarsi i diritti ma senza svenarsi. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rai Way su Persidera. Inwit migliora i conti

Il Sole 24 Ore
Ce. Do.
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Rai Way manda in archivio i primi nove mesi con ricavi a quota 162,1 milioni, in rialzo dello 0,5% rispetto al dato dello stesso periodo del 2016. L’ Ebitda adjusted è di 89 milioni, in crescita dell’ 2,9%, per via dell’ incremento del fatturato e della riduzione dei costi, mentre l’ Ebit si attesta a 63,6 milioni (+25,3%). In salita anche l’ utile netto, a 44 milioni (+35,3%). L’ indebitamento si attesta a 16 milioni (dai 9,4 milioni di fine dicembre). «I risultati – ha commentato l’ ad di Rai Way, Aldo Mancino – rappresentano un’ ulteriore prova della solidità dell’ azienda e sono in linea con gli obiettivi per il 2017». La società ha quindi confermato la previsione per il 2017 di un Ebitda adjusted che prosegue nella traiettoria di crescita registrata negli ultimi anni, mentre gli investimenti di mantenimento per il 2017 sono attesi in lieve riduzione rispetto al target di lungo periodo già comunicato. In conference call, Mancino ha poi ribadito l’ interesse di Rai Way per gli asset di Persidera, la società dei multiplex partecipata da Telecom Italia e Gedi. «È un’ opportunità interessante da valutare e sarebbe coerente con le linee guida del nostro piano industriale, fermo restando i vincoli regolatori». Sempre ieri, poi, via libera anche ai conti dei primi nove mesi di Inwit con ricavi pari a 261,8 milioni, in crescita del 5,2% rispetto allo stesso periodo del 2016, un Ebitda di 138,8 milioni (+14,3%) e un utile netto di 91,8 milioni (+24,6%). Gli investimenti industriali al 30 settembre ammontano a 29,7 milioni di euro. L’ indebitamento finanziario netto a fine trimestre è di 63,6 milioni, in crescita di 6 milioni rispetto al dato di fine giugno. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Mediaset, raccolta 2017 a +0,5%

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Il 2017 del gruppo Mediaset si chiuderà con una raccolta in crescita dello 0,5%. Lo ha detto ieri Matteo Cardani, general manager marketing di Publitalia durante la presentazione dei conti dei nove mesi del Biscione. Un risultato leggermente più basso rispetto al dato gennaio-settembre che ha segnato un +0,8% a 1,42 miliardi di euro (contro il -4% del mercato tv), a causa di un ottobre non buono dopo che già luglio e agosto erano stati deboli. Andranno meglio invece novembre e dicembre «perché le aziende hanno posticipato gli investimenti alla fine dell’ anno», ha detto Cardani. Il dato sulla pubblicità (si veda l’ altro articolo in pagina) comprende anche la raccolta delle radio, entrate nel perimetro del gruppo nella seconda metà dello scorso anno, mentre per quanto riguarda la tv Mediaset sta ottenendo buoni risultati anche grazie all’ incremento dei prezzi, al contrario di quanto hanno fatto gli altri operatori che hanno abbassato le tariffe. «Uno dei motivi per cui il mercato sta soffrendo è sicuramente la competizione sui prezzi», ha detto Cardani. «Noi siamo l’ unico operatore in grado di avere un ragionevole grado di inflazione. Il primo motivo è il buon andamento dell’ audience sul target commerciale, il secondo riguarda l’ efficacia. Abbiamo incontrato gli advertiser a giugno e abbiamo usato casi reali di investitori che hanno cercato di fare un piano tv senza Mediaset, combinando tutti gli altri competitor ma hanno sofferto immediatamente di un calo delle vendite». In media, ha spiegato ancora il manager, la differenza di prezzi fra Canale 5 e Rai 1 è di circa il 20% con picchi del 30% nel prime time sul costo di grp per il target commerciale. Sul target commerciale (15-64 anni) i canali generalisti Mediaset hanno uno share del 25,6% contro il 23,6% della Rai, mentre sui canali tematici è al 9,1% contro il 7,7% della tv pubblica. Allargando lo sguardo ai risultati consolidati, i ricavi di gruppo nei nove mesi sono stati di 2,533 miliardi di euro, con un calo del -1,2% dovuta in parte alla pay tv (441 milioni contro i 457,4 precedenti), ai minori ricavi dal cinema mancando quest’ anno Checco Zalone e a una leggera debolezza della Spagna. Nonostante questo, però, e nonostante i diversi investimenti che il gruppo ha fatto (dalla numerazione 20 del digitale terrestre a Subasio, alle operazioni di m&a su Ei Towers), ha sottolineato il cfo Marco Giordani, il margine operativo lordo è cresciuto a 957,9 milioni (+7,3%) grazie soprattutto al contributo dell’ Italia, mentre l’ utile netto ha fatto un balzo di oltre 150 milioni, arrivando a 35,9 milioni dal rosso di 118 milioni dello stesso periodo dello scorso anno (con l’ Italia comunque ancora in rosso a -38 milioni sebbene un anno fa fosse a -184,2 milioni). Alla base del miglioramento ci sono costi operativi calati del 7,7% a 2,34 miliardi, in anticipo rispetto al piano al 2020, in particolare nella Penisola i costi sono in calo dell’ 8,6%. Peggiora l’ indebitamento per gli investimenti effettuati, a 1,396 miliardi dagli 1,12 miliardi precedenti. Giordani ha ribadito quanto detto dal consigliere di amministrazione Gina Nieri qualche giorno fa, ovvero che non ci sono attualmente contatti con Vivendi: «Ogni volta che leggo di questi rumors sulle agenzie mi auguro di trovare qualcosa nella cassetta della posta ma non ho trovato nulla finora». ha detto scherzando. «Non abbiamo ricevuto nessuna offerta». Nessun incontro finora nemmeno con il nuovo ceo di Tim, al lavoro per la joint venture con Canal+ di Vivendi: «Se veramente Tim vuole investire noi siamo uno dei maggiori produttori di contenuti, possiamo fare accordi ma al momento non sappiamo nulla», ha detto Giordani. Per quanto riguarda i diritti tv della Serie A, infine, il cfo ha ripetuto che l’ approccio è «opportunistico» e che nel primo bando non c’ erano pacchetti buoni per Mediaset, mentre è da vedere cosa accadrà entro la metà di dicembre. Oltre ai conti, cda di Mediaset ha approvato il progetto di fusione per incorporazione nel gruppo di Videotime, società controllata al 99,2% circa, un’ operazione nell’ ambito del processo di semplificazione della struttura societaria del gruppo. © Riproduzione riservata.

RadioMediaset, pubblicità su del 10-12% quest’ anno

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Il gruppo RadioMediaset (105, Virgin, 101 e Subasio) si appresta a chiudere il 2017 con una raccolta pubblicitaria in crescita del 10-12%, rispetto a un mercato complessivo della radio che terminerà il 2017 attorno al +5%. Il tutto, ovviamente, in attesa dei dati di ascolto delle emittenti italiane, che oggi saranno rilasciati da Ter agli editori. Si tratta del terzo trimestre luglio-settembre, che andrà a sommarsi al secondo trimestre aprile-giugno, completando, quindi, un semestre un po’ strano, come commenta Paolo Salvaderi, amministratore delegato di RadioMediaset, «in cui ci sono tre mesi di radio in estate, dove molti programmi sono in vacanza. Da Ter riceveremo domani (oggi, ndr) i dati del terzo trimestre, e poi ciascun editore farà le sue osservazioni. Non ho idea di quando verranno resi pubblici, ma non credo proprio domani (oggi, ndr). RadioMediaset, comunque, ha già raggiunto oggi gli obiettivi che il piano industriale di Mediaset aveva invece fissato tra due anni. E siamo molto soddisfatti». Nella seconda metà del 2018 il gruppo RadioMediaset lancerà Virgin tv, al 157 del digitale terrestre. Al 31 dicembre 2017, invece, 105, 101 e Subasio si occuperanno di produrre il Capodanno in musica live su Canale 5 (e, in contemporanea, sulle altri reti Mediaset e sulle tre radio), condotto da Federica Panicucci e per la regia di Roberto Cenci. È il primo degli appuntamenti di un accordo di partnership triennale sottoscritto con la Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna). © Riproduzione riservata.

Fox Italia, un futuro oltre Sky

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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In attesa che 21st Century Fox porti a termine l’ acquisizione di Sky plc, e che, eventualmente, il gruppo Disney rilevi parte di 21st Century Fox, la società Fox Networks group Italy ha voglia di diversificare il suo business e di trovare nuove strade, soprattutto digitali, anche fuori dalla piattaforma Sky: «Non è detto, per esempio, che i nostri canali di Fox Sports debbano restare per sempre solo su Sky. Dobbiamo analizzare il business», dice a ItaliaOggi Kathryn Fink, managing director di Fox Networks group Italy dal gennaio 2016. Di sicuro Fox non parteciperà alla imminente asta per i diritti tv del calcio di Serie A per il triennio 2018-2021, mentre si prepara a traslocare dagli uffici della sede centrale di via Salaria 1021, a Roma, dove ora lavorano circa 200 persone. Entro fine 2018 andranno tutti in una nuova palazzina, al centro di Roma. Ieri a Milano, intanto, il gruppo televisivo ha presentato il nuovo posizionamento del canale Fox Life, che diventa un vero e proprio brand crossmediale con un nuovo claim, «Il mio modo di essere», proprio perché «il target donne indistinto non esiste». Domanda. Dottoressa Fink, sento la voglia di Fox Italia di liberarsi un po’ dalla presa di Sky. Anche perché gli abbonati alla pay satellitare sono piuttosto stabili, e la crescita dei ricavi pubblicitari arriva soprattutto dal free di Sky, non sulla pay Risposta. La crescita di Fox Italia sta passando soprattutto dai progetti sull’ ott con Now tv di Sky, e dall’ on demand. Comunque i ricavi di Fox arrivano per la maggior parte dagli abonamenti a Sky, quindi abbiamo un modello di business premium. Solo una fetta più piccola arriva dalla pubblicità, che nel nuovo anno fiscale, iniziato a luglio 2017, sta crescendo. Certo, c’ è una voglia, diciamo così, di andare oltre l’ esclusiva Sky. E per questo apriamo un fronte digitale che fa diventare i canali di Fox dei brand a 360 gradi, anche fuori dalla piattaforma Sky. D. Possiamo comunque dire che i dieci canali di Fox Italia saranno in esclusiva su Sky di sicuro anche nei prossimi anni? R. Dipende. Per esempio, non è detto che i canali di Fox Sports resteranno per sempre solo su Sky. Dobbiamo analizzare il business. Solo in Italia Fox è in esclusiva su una sola piattaforma. Questo non accade in Germania o nel Regno Unito. D. Il gruppo Fox Italia intende partecipare alle prossime aste dei diritti tv 2018-2021 sul campionato italiano di Serie A e sulla Coppa Italia? R. No, non abbiamo interessi sulla Serie A. Anche perché, come linea editoriale, Fox Sports offre sport internazionale. D. Sky Italia sta procedendo a lasciare gli uffici romani di via Salaria. Anche per i dipendenti di Fox è previsto un trasloco? R. Sì, ci sposteremo da via Salaria, ma resteremo a Roma. Di questi tempi, nel 2018, saremo già nella nuova sede, nel centro di Roma. D. Secondo lei, perché tanti broadcaster stranieri sbarcano in Italia con nuovi canali tv in chiaro sul digitale terrestre? Fox, un anno e mezzo fa, ci aveva pensato, ma poi avete rinunciato. Come mai? R. È un fenomeno che esiste un po’ in tutto il mondo. È un modo per andare direttamente al telespettatore/consumatore, senza dover passare attraverso piattaforme. Certo, quello del digitale terrestre è un mercato molto competitivo, con una torta pubblicitaria che non cresce tanto. Peraltro, se anche c’ è crescita, va solo verso due players. Gli altri, quindi, sono costretti a fare battaglie per conservare la loro fetta, con un fenomeno di abbassamento dei prezzi della pubblicità sul digitale terrestre. Il gruppo Fox Italia non chiude definitivamente la porta a progetti di canali in chiaro. Ma se si entra serve un piano che regga sull’ ebit. Quindi, per ora, continuiamo a studiare il mercato. D. Veniamo al riposizionamento di FoxLife R. Dopo 14 anni di vita, il brand vuole trasformarsi da canale tv a destinazione che vede fondersi canali di comunicazione diversi, dove social, web ed eventi sono elementi fondanti per una nuova consumer experience, e non strumenti marginali della tv. Il portale FoxLife.it, nato pochi mesi fa, ha già 1,5 milioni di visitatori unici al mese e una fan base di 450 mila follower. Poiché non esistono due donne uguali, così come non esiste il target donne come un unicum, affronteremo i nuovi temi con nuovi dispositivi e nuove suggestioni. D. In effetti, dopo il caso Weinstein, sembra essersi molto consolidata una sorta di pink power, di un fronte donne unito e solidale nel denunciare le violenze subite. Un fenomeno che potrebbe in qualche modo indirizzare anche le vostre scelte editoriali? R. Noi ci lavoriamo da tempo a questo progetto al femminile. Poi, nella storia, ci sono delle onde, e si crea un momento di rottura. È successo questo, con i social che hanno dato una velocità di comunicazione impensabile in altri tempi. Io credo nella libertà delle donne, che devono poter scegliere di vivere come vogliono, senza violenza, senza aggressioni. È importante stare uniti contro la violenza sulle donne. Ma non è un movimento contro gli uomini. È per la libertà delle donne. E anche tanti uomini ci sostengono. Nel gruppo Fox le questioni di genere non sono questioni: qui in Italia il personale è al 50% uomini e al 50% donne, e il 56% delle posizioni di vertice è occupato da donne. © Riproduzione riservata.

Audipress, 43 mln di italiani leggono i giornali. Sassoli: stampa sinonimo di credibilità. Costa: valore trasferito agli inserzionisti

Italia Oggi

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La lettura della stampa resta sempre fortemente presente nelle abitudini mediatiche degli italiani, rispondendo al bisogno diffuso di contenuti professionali. Ed è anche un argine contro le fake news. Il bisogno di informazione di qualità coinvolge ogni mese quasi 43 milioni di italiani, che scelgono i titoli stampa su carta e/o digitale. Ogni giorno si raggiungono in media quasi 26 milioni di letture per i quotidiani (per 17.239.000 lettori), ogni settimana quasi 25 milioni di letture per le testate settimanali (per 14.764.000 lettori) e ogni mese quasi 23 milioni di letture per le testate mensili (per 13.087.000 lettori). Sono queste alcune delle conclusioni della nuova ricerca qualitativa Audipress (indagine ufficiale per la lettura della stampa quotidiana e periodica in Italia) così come illustrata ieri a Milano, secondo cui testate e credibilità diventano il valore, anche economico, della stampa. «La qualità dell’ editoria giornalistica professionale è apprezzata dai lettori», ha dichiarato il presidente Fieg Maurizio Costa, «che ne riconoscono anche il valore economico. Valore che, unito all’ incentivo fiscale per le spese incrementali per la pubblicità su quotidiani e periodici, ci consente di affermare che chi investe in pubblicità su stampa ha molto più di un ritorno d’ immagine». Quindi dopo gli interventi di Emanuele Nenna (presidente Assocom) e Alessandro Ubertis (presidente Unicom), il presidente Upa Lorenzo Sassoli de Bianchi ha concluso che «in un universo della comunicazione polverizzato, la stampa trasferisce credibilità e rappresenta per il lettore la ricerca di senso e l’ aggancio al reale. E questa autorevolezza si trasferisce alla pubblicità».

Giornali, un settembre in salita

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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A settembre tutti i principali quotidiani perdono copie nelle loro diffusioni complessive su carta e digitale. Gli unici giornali a crescere sono Avvenire (+6,6%), Sole 24 Ore (+2%) e ItaliaOggi (+0,7%). Contrazioni dovute soprattutto al confronto del mese, secondo le rilevazioni Ads, rispetto ad agosto quando l’ estate porta tradizionalmente con sé maggior tempo libero per leggere (vedere ItaliaOggi del 10/10/2017). E’ così per esempio che i maggiori cali sono quelli registrati dalle testate sportive che, invece, ad agosto avevano segnato i rialzi più consistenti grazie a calciomercato e inizio del campionato di pallone. Tra gli altri TuttoSport va giù del 23,3% e del 20,4% al lunedì, Gazzetta dello Sport del 20,1% e il lunedì del 22,2%, Corriere Sport-Stadio del 18,9% e a -19% il lunedì. Trend negativo, seppur più contenuto, per gli altri quotidiani con Messaggero giù del 10,8%, Quotidiano Nazionale Qn-Nazione del 9%, Libero del 7,9%, Qn-Resto del Carlino del 7,7% e poi Fatto Quotidiano che contiene le perdite a -4,6%, Repubblica -4,4%, Verità -4,3% e ulteriormente Corriere della Sera che argina a -2,7% e Stampa a -1,8%. Sostanzialmente stabile Qn-Giorno (-0,4%). Riordinando tutti i giornali per diffusione carta+digitale, la top ten italiana vede confermarsi primo il Corriere della Sera, distaccando di 75.787 copie Repubblica, seconda classificata che a sua volta anticipa Quotidiano Nazionale-Qn (dorso sinergico di Giorno, Nazione e Resto del Carlino) sulla soglia complessiva delle 209.691 copie. Dopo l’ exploit estivo, torna quarta la Gazzetta dello Sport del lunedì, subito seguita dalla sua edizione in settimana. Riconquistano le loro posizioni anche Stampa (sesta), Sole 24 Ore (settimo) e Messaggero (ottavo). Chiudono Avvenire e il lunedì del Corriere Sport-Stadio. A confermare il rovescio della medaglia, rispetto alle vendite più alte durante i mesi estivi, c’ è l’ andamento settembrino dei settimanali che hanno in larga parte il segno negativo davanti. Eccezion fatta per Sorrisi e Canzoni Tv a +7% nella diffusione totale su carta e copia digitale, Milano Finanza a +3,2% e Famiglia Cristiana a +1,1%. Perdono terreno invece da Chi (-32,2%) a Diva e Donna (-27,7%), da l’ Espresso (-9,3%) a Panorama (-0,9%), da Gioia (-14,8%) a Vanity Fair (-11,7%). In edicola, il trend negativo diventa più evidente, sopratutto per i maggiori quotidiani. Messaggero va a -13,4%, Corriere della Sera a -7,6%, Repubblica a -7,4%, Stampa a -6,1%, Giornale a -4,2% e Avvenire a -2,7%. Più in linea con la diffusione carta+digitale sono Gazzetta dello Sport (-22% e -24,4% al lunedì), Corriere Sport-Stadio (-20% e -19,6% il lunedì), Qn-Nazione (-9,4%), Libero (-8,4%), Qn-Resto del Carlino (-8%), Fatto Quotidiano (-5,5%) e Qn-Giorno (-0,6%). Caso a parte: il Sole 24 Ore (+5,4%). I primi dieci posti sono occupati da Qn che torna primo nell’ eterno duello col Corriere della Sera, questa volta a sole 3.141 copie indietro ma davanti alla Gazzetta dello Sport del lunedì (terza), grazie a 24.108 copie in più. Giù dal podio, nell’ ordine, Repubblica, Gazzetta dello Sport in settimana, Stampa (sesta) e ancora il lunedì del Corriere Sport-Stadio, Messaggero, Corriere Sport-Stadio nelle altre uscite e decimo TuttoSport del lunedì. Sul digitale si riprendono qualche soddisfazione Corriere della Sera +14,3%, Repubblica +13,1%, Stampa +12,1%, Gazzetta dello Sport +9,9% e +15,9% il lunedì, Avvenire +2,3%. Invece Corriere Sport-Stadio è a -3,7% e -4,4% il lunedì, Fatto Quotidiano a -1,7%, Messaggero -1,6% e Libero -0,9%. Stabile il Sole 24 Ore. Invariata rispetto agli altri mesi il ranking con Sole 24 Ore e Corriere della Sera (li separano 5.443 copie) e Repubblica terza. Quarta è sempre la Stampa, seguita dal lunedì della Gazzetta dello Sport che si contende il quinto con le altre uscite della Gazzetta dello Sport (ora sesta). Ultime posizioni per Fatto Quotidiano, Messaggero, Avvenire e Gazzettino.

«La forza della stampa? Qualità e affidabilità»

Corriere della Sera
Sergio Bocconi
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«Le Cassandre che preconizzavano la fine della stampa hanno sbagliato. E l’ impegno per gli operatori è chiaro: vincere la sfida della credibilità». Maurizio Costa, presidente della Fieg ha concluso così ieri a Milano i lavori del convegno durante il quale Audipress ha presentato la ricerca «Il valore della stampa, vissuti e aspettative dei lettori», realizzata da Episteme. E in effetti dalla indagine qualitativa, che ha raccolto i risultati di 200 interviste, si ricava un messaggio forte sull’ apprezzamento per la qualità dell’ editoria giornalistica professionale: il pubblico selezionato e qualificato dei lettori, di fronte a una iper-offerta polverizzata di contenuti, piattaforme e media, riconoscono nella stampa un «kit di sopravvivenza», grazie alla funzione di garanzia nel controllo delle fonti, alla affidabilità, alla qualità degli approfondimenti. «Le testate a pagamento rappresentano una dotazione minima dei saperi, ciò che non si può non conoscere. Sono insostituibili», ha sottolineato Monica Fabris illustrando la ricerca di Episteme. E lo sono anche per la pubblicità: «Si verifica un costante trasferimento di autorevolezza tra prodotto editoriale e messaggio pubblicitario», ha detto Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa (l’ associazione delle aziende che investono in pubblicità), con una «funzione identitaria e distintiva per il lettore» che si riconosce nelle testate e segue con più attenzione anche il messaggio pubblicitario. Lo scenario è cambiato rispetto a qualche anno fa. «Veniamo da un decennio pesantissimo», ha detto Costa, «un settore che perde il 50% dei ricavi e il 60% della pubblicità vuol dire che ha una capacità di reazione straordinaria, nonostante l’ ingresso di un convitato di pietra, i grandi player della rete, che nel mercato pubblicitario realizza un fatturato più che doppio rispetto a tutti i quotidiani e periodici». E se alla base della capacità di reazione ci sono qualità e affidabilità, non va trascurato anche che «quello passato è stato un biennio positivo», ha sottolineato Costa, «anche per il forte impegno dell’ azione governativa. Abbiamo avuto una legge sull’ editoria con la creazione di un fondo per il pluralismo e uno stanziamento di risorse che stanno consentendo un ricambio generazionale. La Fieg ha concluso un accordo con l’ Anci per la modernizzazione dei punti vendita. Da ultimo, la disposizione sul credito d’ imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa. Manca ancora l’ ultimo miglio, ma tale misura significa molto anche dal punto di vista simbolico: viene riconosciuto che l’ editoria professionale ha una funzione all’ interno della società civile, che va tutelata».

I dati Ads di settembre per quotidiani e settimanali e di agosto per i mensili (TABELLE)

Prima Comunicazione

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Sono disponibili da oggi, martedì 7 novembre 2017, i nuovi dati mensili stimati dagli editori, riferiti al mese di settembre 2017 per quotidiani e settimanali e al mese di agosto 2017 per i mensili. Come ricorda la società in una nota, a seguito dell’ entrata in vigore del nuovo Regolamento ADS edizioni digitali, orientato alla centralità dell’ utente finale, è ripresa anche la comunicazione dei dati relativi alle copie multiple, con la verifica dell’ esplicita volontà di fruizione della copia da parte dell’ utente finale e l’ adozione di evoluti strumenti tecnologici di controllo dell’ avvenuta attivazione. I dati relativi alle copie multiple gestite tramite intermediari sono disponibili a partire dai dati riferiti a luglio 2017 e comunque a completamento della prima fase del processo di accreditamento di ciascun soggetto. E’ stata eliminata la soglia di prezzo prevista dal precedente regolamento: le copie digitali sono suddivise per fasce di prezzo e vengono rappresentate anche le copie digitali promozionali e omaggio per le quali sono previste le nuove regole di certificazione valide anche per le copie multiple. QUOTIDIANI – I dati dei quotidiani a settembre 2017 (.xls) SETTIMANALI – I dati dei settimanali a settembre 2017 (.xls) MENSILI – I dati dei mensili ad agosto 2017 (.xls) In arrivo la teballa con i trend dei quotidiani realizzata da L’ Ego Editoriale per Primaonline.it.

Con la ricerca ‘Il valore della stampa: vissuti e aspettative dei lettori’ Audipress dà il via agli approfondimenti qualitativi. Il presidente Costa: la qualità ha un valore economico e culturale, per lettori e mercato

Prima Comunicazione

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Stabilito una volta per tutte che quotidiani e periodici nell’ ultimo decennio ne hanno viste di tutti i colori ma non sono in via di estinzione, editori e investitori pubblicitari passano al contrattacco. “Nei giornali c’ è quello che non si può non sapere, sono un kit di sopravvivenza”, ha efficacemente riassunto Monica Fabris illustrando l’ indagine ‘ Il valore della stampa: vissuti e aspettative dei lettori ‘ realizzata dalla sua società di ricerche Episteme e commissionata da Audipress . La società che fornisce i dati di lettura ha infatti deciso di affiancare all’ indagine sulla lettura di quotidiani e periodici – che tre volte all’ anno rileva 120 testate e dà informazioni socio demografiche sui lettori – una serie di approfondimenti qualitativi, il primo dei quali è stato presentato oggi a Milano. L’ obiettivo è mettere a disposizione del mercato, in uno scenario multimediale e sempre più denso di stimoli informativi, strumenti per misurare e valutare il valore della stampa, non tanto in contrapposizione all’ informazione digitale quanto per dare rilievo alle molte qualità specifiche che questo mezzo offre ai lettori e a chi investe in pubblicità. Nella foto da sinistra: Maurizio Costa, Emanuele Nenna, Lorenzo Sassoli de Bianchi e Alessandro Ubertis A commentare l’ indagine sono stati il presidente di Audipress Maurizio Costa, presidente anche della Fieg; il presidente dell’ Upa Lorenzo Sassoli de Bianchi; il presidente di Assocom, Emanule Nenna, e il presidente di Unicom Alessandro Ubertis (Fieg, Upa, Assocom e Unicom sono i soci di Audipress assieme a Auditel). Dopo aver ricordato che il mondo dell’ editoria sta vivendo “un decennio estremamente difficile e accidentato segnato dall’ ingresso del digitale che ha cambiato le regole del gioco”, Costa ha ammesso che la gratuità dei contenuti diffusi sul web ha creato agli editori notevoli problemi economici, rilevando però che “è sempre più acquisito dal mercato il fatto che la qualità dell’ informazione professionale è diversa dal dibattito in Rete”. Il presidente di Audipress e Fieg ha poi sottolineato che nell’ ultimo biennio sono stati raggiunti risultati importanti in campo normativo: “Abbiamo chiesto e ottenuto una legge sull’ editoria che ha stabilito pilastri importanti e recentissimamente una legge sul credito d’ imposta agevolato per gli investimenti pubblicitari”. Costa ritiene che il tema fiscale rimanga però all’ ordine del giorno: “I grandi operatori della Rete non seguono le regole fiscali previste dal sistema italiano, ma il dialogo con loro è sempre aperto”, ha spiegato. “Con Google abbiamo fatto un accordo positivo, mentre con Facebook è impossibile, ma non escludiamo si possano fare percorsi assieme con correttezza e trasparenza”. Monica Fabris Ricerca di senso e aggancio alla realtà sono due qualità della stampa che la rendono irrinunciabile per i lettori, sostiene il presidente dell’ Upa Sassoli de Bianchi che ha tirato le conclusioni del dibattito sulla ricerca Audipress. “In un mondo della comunicazione orizzontale sono sempre più importanti degli ancoraggi, come la qualità della stampa e il buon giornalismo”, ha detto. “Lo sono anche per la pubblicità, perché tra stampa e pubblicità c’ è un trasferimento reciproco di credibilità e reputazione”. E ha concluso: “Noi investitori sappiamo che gran parte dei contenuti in Rete e ciò che viene discusso sui social hanno una fonte: quella editoriale. Chi nutre gli over the top sono gli editori”. L’ indagine di Episteme è stata realizzata su un campione di 200 persone tra i 25 e i 65 anni, di estrazione sociale medio e medio-alta, professionalmente attive. Ogni persona è stata seguita per più settimane per rilevarne le abitudini di lettura nell’ arco del giorno e della settimana, ma anche per mettere a fuoco quegli aspetti emozionali e di relazione con le testate scelte che rappresentano la ricchezza di questa indagine. Leggi il comunicato sul sito dell’ Audipress e l’ introduzione del direttore Fabrizio Carotti La ricerca è disponibile sul sito www.audipress.it .

Rassegna Stampa del 09/11/2017

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Indice Articoli

Editoria, QN sbarca in Campania Abbinamento con ‘La Città’

Cai Mingzhao incontra a Pechino Paolo Panerai, a.d. di Class Editori

Chessidice in viale dell’ Editoria

Radio, ascolti ancora nel caos

Tv: -2,7%. Discovery +9,4%, Mediaset e La7 -0,8%, Sky -4,4%, Rai -10,3%

News online, nel dopo-ferie +5%

La classifica dei quotidiani più diffusi a settembre (Ads, carta+digitale). Bene Sole 24 Ore, Avvenire e Secolo. Finisce l’ effetto calciomercato, in picchiata gli sportivi

Investimenti pubblicitari in calo del 3,3% nei primi nove mesi dell’ anno. Stampa sempre negativa, la tv recupera terreno, prosegue la crescita della radio. I dati Nielsen (INFOGRAFICHE)

Voto a Ostia nel caos, cronista picchiato

Ostia tra voto e violenza il fratello del boss pesta la troupe della Rai

Ostia, cronista Rai aggredito dal fratello del boss Spada

Giornalista aggredito. L a solidarietà non basta

Testate giornalistiche

Cronista della Rai picchiato dal clan che terrorizza Ostia

La testata, poi le minacce la sfida del clan di Ostia “Giornalisti, pazienza finita”

Voto a Ostia, reporter Rai aggreditoPolitica in allarme: episodio gravissimo

Nasce “RepTv Sport” dal ciclismo al pugilato 200 eventi in diretta

Ostia, troupe Rai aggredita dal clan Spada

Comunicato del Cdr

Ostia violenta, giornalisti picchiati da uno degli Spada

Editoria, QN sbarca in Campania Abbinamento con ‘La Città’

Il Resto del Carlino

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SALERNO QUOTIDIANO NAZIONALE arriva in Campania: a partire da domani i lettori di Salerno e provincia troveranno in edicola QN Il Giorno in abbinamento con il loro quotidiano La Città. L’ accordo testimonia il dna di QN – Quotidiano Nazionale, giornale nato con la vocazione di sviluppare nuove alleanze con le testate del territorio, e diventare un partner di riferimento per gli editori locali apportando l’ autorevolezza delle proprie firme e la ricchezza della propria informazione nazionale e internazionale per la creazione di un network di stampa indipendente. LA NUOVA partnership nasce dall’ incontro tra Andrea Riffeser Monti, ad del Gruppo Poligrafici Editoriale – editore di Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno e Il Telegrafo – e Vito Di Canto, distributore de La Città, il quotidiano che racconta Salerno e la sua Provincia, fondato nel 1996. «Grazie a questo accordo – ha dichiarato Andrea Riffeser Monti – sarà ancora più evidente per gli altri editori la necessità di offrire ai propri lettori non solo l’ informazione locale, ma anche il valore aggiunto di un quotidiano che si contende la leadership del mercato italiano con il Corriere della Sera». LA SOCIETÀ DI CANTO è nata grazie alla passione di Vito Di Canto, che ha saputo fare del suo mestiere un’ impresa, oggi tra le più accreditate presso il mondo editoriale italiano. L’ efficienza del sistema di distribuzione della Di Canto si basa sull’ utilizzo di attrezzature di ultima generazione, tra cui il software i2.zero (i2punto0@dicantospa.it), disponibile on line, in grado di gestire in maniera puntuale una rete che abbraccia un vasto territorio, provvedendo inoltre alla certificazione di tutta la resa macerata. La Di Canto, pertanto, costituisce un punto nevralgico di comunicazione con tutti gli attori della filiera, dalle agenzie di stampa, ai fornitori, ai rivenditori. Oggi l’ agenzia programma, pianifica e distribuisce pubblicazioni italiane ed estere in tutte le rivendite di giornali dei comuni del Mezzogiorno. CON QN Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno e Il Telegrafo, la Poligrafici Editoriale è protagonista nelle regioni italiane tra le più interessanti dal punto di vista della pianificazione pubblicitaria, grazie agli altissimi livelli di reddito sia familiare che pro-capite e all’ alta propensione al consumo. Il Gruppo completa la propria offerta sull’ on line con la propria controllata Monrif.net e nella raccolta pubblicitaria con SpeeD, Società Pubblicità Editoriale e Digitale.

Cai Mingzhao incontra a Pechino Paolo Panerai, a.d. di Class Editori

Italia Oggi

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Il 7 novembre, il presidente di Xinhua News Agency, Cai Mingzhao, ha incontrato a Pechino Paolo Panerai, amministratore delegato del gruppo italiano Class Editori. Le due parti hanno discusso su come i media affrontano le sfide portate dall’ epoca dell’ internet mobile, esprimendo la volontà di rafforzare ulteriormente comunicazione e collaborazione. Le due parti hanno altresì confermato di fornire alle piccole-medie imprese italiane servizi di informazione economica di alto livello, basandosi sulla Belt and Road Initiative. Hanno inoltre firmato il memorandum of understanding di collaborazione. (Xinhua News Agency)

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Stampa italiana all’ estero, in G.U. le modalità di accesso ai fondi. È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del presidente del consiglio dei ministri che stabilisce le modalità per la concessione dei contributi per il sostegno alla stampa italiana diffusa all’ estero, a norma del Capo V del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. L’ accesso ai fondi è previsto per i quotidiani italiani editi e diffusi all’ estero, per quelli editi in Italia e diffusi all’ estero in misura non inferiore al 60% delle copie complessivamente distribuite, nonché per quelli editi esclusivamente in formato digitale che raggiungono una percentuale di utenti unici mensili all’ estero non inferiore al 60% del numero totale di utenti unici mensili; ai periodici italiani editi e diffusi all’ estero o editi in Italia e diffusi all’ estero in misura non inferiore al 60% delle copie complessivamente distribuite. Repubblica.it lancia la tv sportiva. È partita ieri la televisione sportiva di Repubblica.it (in collaborazione con Pmg). Il primo evento trasmesso è stata la Champions League femminile di calcio, ottavo di finale tra Fiorentina e Wolfsburg. Nel palinsesto della Reptv Sport sono previste oltre 200 dirette sino alla fine del 2018, tra cui la Ciclismo Cup, i principali incontri di pugilato in Italia e in Europa, il calcio a 5, la mountain bike, il beach volley e beach soccer.

Radio, ascolti ancora nel caos

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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I destini di investimenti pubblicitari pari a 400 milioni di euro nel 2017 sono nelle mani di un gentile impiegato che, alla segreteria di Ter-Tavolo editori radio, risponde: di non sapere quando verranno resi pubblici i dati della indagine Ter sugli ascolti radiofonici (quelli del terzo trimestre luglio-settembre dovevano essere consegnati ieri agli editori); di non sapere quando sarà messo in linea il sito internet di Ter, dove saranno pubblicati i dati; di non poter rivelare neppure il segretissimo dominio web del sito di Ter, visto che ancora non esiste e nessuno sa dove andare a cercarlo (il dominio Ter.it, ad esempio, appartiene alla Tecno elettrica Ravasi, azienda che si occupa di carrelli elevatori). Comunque, in base a quanto ricostruito da ItaliaOggi, i dati del semestre aprile-settembre 2017 dovrebbero essere resi pubblici oggi, sul nuovo sito di Ter. Il condizionale, tuttavia, resta d’ obbligo perché ci sono una serie di criticità che pesano ancora su questa benedetta indagine sugli ascolti della radio. Innanzitutto, martedì 7 novembre, il gruppo Il Sole-24 Ore ha fatto pervenire a Ter una lettera di diffida a pubblicare i dati di ascolto. È, probabilmente, una mossa dettata anche dalla particolare condizione del gruppo, sotto aumento di capitale, e che quindi preferirebbe tenere lontani eventuali fattori di fibrillazione (dati di ascolto più o meno premianti) in una situazione così delicata. Essendo però una mossa che potrebbe avere risvolti legali, qualcuno degli azionisti di Ter (i cui soci sono i principali editori del mondo radio) avrebbe voglia di prendere tempo, magari aspettando di parlare vis a vis nel consiglio di amministrazione già in calendario domani. Ci sono poi gli enormi scostamenti, individuati da alcuni editori già nelle rilevazioni relative al trimestre aprile-giugno, tra i dati di ascolto raccolti dall’ istituto di ricerche Gfk e quelli raccolti da Ipsos. Scostamenti che, per qualche emittente, oscillano del 30% in più o in meno. Il malcontento sulla qualità della ricerca, d’ altronde, è emerso chiaramente in fase di dibattito da parte dei gruppi RadioMediaset, Kiss Kiss e Sole-24 Ore, e, in maniera un po’ più indiretta, dal gruppo Radio Rai. Insomma, poli piuttosto importanti nello scenario radiofonico italiano, che chiuderà il 2017 con una raccolta pubblicitaria in crescita del 5%. Ulteriori problemi, infine, potrebbero essere rappresentati sia dalla uscita di scena di Silvio Siliprandi, manager di vertice e vicepresidente del gruppo Gfk da cui sta facendo le valigie, e che rappresentava un interlocutore fidato per tutti gli editori radiofonici, sia dalla limitata operatività del presidente di Ter, Nicola Sinisi, per motivi personali. © Riproduzione riservata.

Tv: -2,7%. Discovery +9,4%, Mediaset e La7 -0,8%, Sky -4,4%, Rai -10,3%

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Settembre è un buon mese per la raccolta pubblicitaria televisiva (+2,9% sullo stesso mese 2016), e un po’ tutti i broadcaster, in particolare Sky (boom a +16,4%), migliorano le loro performance rispetto ai primi otto mesi dell’ anno. In effetti impressiona che in settembre, mese di pieno regime per le tv nazionali, Sky abbia una raccolta di 41 milioni di euro, molto vicina a quella Rai (quasi 49 milioni) pur in crescita dell’ 1,6% sul settembre 2016. Il confronto gennaio-settembre 2017 e gennaio-settembre 2016, tuttavia, risulta negativo (-2,7%), con un totale raccolto pari a 2,602 miliardi di euro. Molto bene Discovery, che sale del 9,4% e punta, come dichiarato dai vertici, a concludere l’ anno con un +10%. Per ora il gruppo di Nove, Real Time e Dmax è l’ unico che può vantarsi di un risultato positivo. Gli altri, invece, nei primi nove mesi del 2017 perdono terreno rispetto allo stesso periodo 2016. La Rai è a -10,3% (pesano gli Europei di calcio e le Olimpiadi 2016, al netto delle quali la performance sarebbe in sostanziale pareggio), Mediaset è a -0,8% e punta a crescere dello 0,5% sul totale anno, Sky recupera (anche lei è penalizzata dagli Europei di calcio 2016) e chiude a -4,4%, e pure La7 migliora rispetto ad agosto, e si avvicina al pareggio (-0,8%) rispetto al 2016. Il mercato della pubblicità televisiva è controllato al 56,7% dalle reti Mediaset, al 20% dalla Rai, al 14,5% da Sky, al 6,5% da Discovery e al 4,1% da La7.

News online, nel dopo-ferie +5%

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Il ritorno al lavoro si fa sentire nei dati Audiweb di settembre: +4% degli utenti giornalieri rispetto ad agosto, arrivati a 24,4 milioni, con un picco ovviamente della navigazione dal pc che ha un incremento del 26,4% rispetto al +3% del mobile. Anche la sezione Current events and global news di Audiweb, quella che riunisce i siti di informazione, guadagna utenti arrivando a 21,354 milioni nel mese, +5,4% su quello precedente. Così la maggior parte dei siti presenti nella tabella elaborata da ItaliaOggi ha registrato incrementi anche a doppia cifra, pur in un mese che non ha avuto avvenimenti di grande rilievo, a parte l’ ordinario ritorno del campionato di calcio comunque già iniziato ad agosto, le elezioni per le primarie del Movimento 5 stelle e l’ uragano Irma negli Stati Uniti. In cima alla classifica c’ è Repubblica che distanzia ancora di più i propri concorrenti: oltre 1,6 milioni di utenti unici giornalieri nel perimetro organico e una crescita del 21,8% su agosto, con un grande incremento del pc (+49,5%), uno schema questo che si ripete spesso anche negli altri brand. Per giunta questo come gli altri risultati sono al momento parziali, non essendo compreso nel dato mobile la navigazione all’ interno dell’ app di Facebook, cosa che cambierà con la nuova rilevazione. Repubblica cresce anche rispetto a un anno prima (+5,3%) ma questo è un confronto che non si può fare per tutti i siti presenti in pagina a causa del frequente cambio di perimetro da un anno all’ altro. Proseguendo con i dati giornalieri confrontati con agosto, Tgcom24 si conferma secondo ma ha un incremento meno elevato del precedente, +1,8%, essendo già cresciuto il mese prima. Ha recuperato terreno il Corriere della Sera con il suo paywall, grazie a un +17,3%, così come si riprende dopo un agosto debole la Gazzetta dello Sport, a +14,3%. Bene anche il network di siti locali Citynews, +9,5%, che continua ad ampliare il proprio perimetro con nuove acquisizioni, le ultime delle quali Frosinone, Como e Caserta. A seguire Stampa +23,9%, Ansa +21,9%, Messaggero +64,4%. Per quanto riguarda le altre testate nazionali, Fatto Quotidiano +28,3%, Sole 24 Ore +35,3%, Quotidiano.net +31,2%, Giornale +9,7%, Libero +13,6%, Leggo +24,6%, Milano Finanza +2,7%. Ma sono soltanto alcuni degli incrementi che si possono notare nella tabella. Anche i siti della televisione registrano la nuova stagione. In particolare Mediaset.it live e on demand cresce del 45% e torna primo con 418,8 mila utenti unici giornalieri, mentre Rai Play è a 369,7 mila utenti grazie al +24,9%. Meno premiato Sky a -4,2%, ma qui ha pesato l’ incremento del 17,8% che c’ era stato ad agosto, momento in cui con il ritorno del campionato di Serie A si sceglie anche l’ abbonamento. A seguire Mediaset Premium +27,4%, SkySport +24,5%, Rai.it +49,2%, SkyTg24 +29,6%, Fox +38,9%, La7 +83,3%. Unico sito stabile RaiNews24 (-0,7%) anche questo però in crescita ad agosto. Infine le radio, con la sola emittente finora nella tabella, Deejay (l’ unica che rientra fra i primi 100 siti di Audiweb per numero di utenti), che cresce del 58,4% su agosto e del 17,4% su un anno prima. © Riproduzione riservata.

La classifica dei quotidiani più diffusi a settembre (Ads, carta+digitale). Bene Sole 24 Ore, Avvenire e Secolo. Finisce l’ effetto calciomercato, in picchiata gli sportivi

Prima Comunicazione

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La classifica dei quotidiani a settembre (.xls) per diffusione carta+digitale elaborata da Primaonline.it sui dati Ads . La graduatoria è realizzata comparando il dato appena diffuso da Ads con quello del mese precedente. In una nota la società ha ricordato che, a seguito dell’ entrata in vigore del nuovo Regolamento ADS edizioni digitali, orientato alla centralità dell’ utente finale, è ripresa anche la comunicazione dei dati relativi alle copie multiple, con la verifica dell’ esplicita volontà di fruizione della copia da parte dell’ utente finale e l’ adozione di evoluti strumenti tecnologici di controllo dell’ avvenuta attivazione. I dati relativi alle copie multiple gestite tramite intermediari sono disponibili a partire dai dati riferiti a luglio 2017 e comunque a completamento della prima fase del processo di accreditamento di ciascun soggetto. E’ stata eliminata la soglia di prezzo prevista dal precedente regolamento: le copie digitali sono suddivise per fasce di prezzo e vengono rappresentate anche le copie digitali promozionali e omaggio per le quali sono previste le nuove regole di certificazione valide anche per le copie multiple. – Leggi o scarica la tabella con i dati dei quotidiani relativi al mese di settembre (.xls)

Investimenti pubblicitari in calo del 3,3% nei primi nove mesi dell’ anno. Stampa sempre negativa, la tv recupera terreno, prosegue la crescita della radio. I dati Nielsen (INFOGRAFICHE)

Prima Comunicazione

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Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia chiude il mese di settembre in crescita del 3,6% (+2,1% senza search e social). La raccolta nei primi tre trimestri (gennaio – settembre 2017) rimane in calo dello 0,6%, rispetto allo stesso periodo del 2016. Se si esclude dalla raccolta web la stima su search e social, l’ andamento dei nove mesi registra una contrazione del 3,3%. Lo dicono i nuovi dati Nielsen sul mercato pubblicitario in Italia nel mese di settembre 2017 (.pdf). “Come avevamo previsto – spiega Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen – dopo la buona crescita di agosto, anche il mese di settembre si consolida in terreno positivo, portando il terzo trimestre in calo dell’ 1%, condizionato soprattutto da un mese di luglio che ha fatto registrare la peggior performance dell’ anno (-8%). L’ ultimo trimestre dovrebbe consolidare la ripresa e affermarsi come il migliore del 2017 in termini di crescita”. Relativamente ai singoli mezzi, la tv recupera terreno a settembre, crescendo del 2,8% e chiudendo il periodo cumulato a -2,7%, in miglioramento rispetto ai mesi estivi. L’ andamento della stampa continua a essere negativo: nel singolo mese, i quotidiani e i magazine perdono rispettivamente il 5% e il 2,1%, portando la raccolta nel periodo cumulato gennaio – settembre rispettivamente a -9,9% e -6,3%. Prosegue invece il buon trend della radio che chiude i nove mesi con una crescita del 4,2%, trainata da un ottimo settembre (+11,7). Sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’ intero universo del web advertising nel periodo cumulato chiude in positivo a +7,2% (0,7%, se si escludono il search e il social). Continua il buon andamento della GoTV (+14,5%) e del transit (+3,3%) nei nove mesi, mentre l’ outdoor resta negativo (-16,7%). Il cinema conferma la sua fase di recupero, attestandosi a -2%. Il direct mail chiude a -5%. Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 10 in crescita nei primi nove mesi dell’ anno, con un apporto complessivo di circa 55 milioni di euro. Per i primi cinque comparti a livello di quote di mercato, si registrano andamenti differenti. Gli investimenti del settore automobilistico si fermano a 0,8%. Positiva la performance del pharma (+2%). Continua invece l’ andamento negativo per le telecomunicazioni (-4,3%), per gli alimentari (-5,4%) e per la distribuzione (-10,6%). Limitatamente al singolo mese di settembre, un rilevante contributo alla crescita arriva dai settori Finanza/Assicurazioni, Gestione casa e Turismo/Viaggi che tornano in positivo rispettivamente del +25,7%, +15,3% e +37,2% con un apporto complessivo di circa 9 milioni di euro. “Ci aspettiamo un autunno in buona salute: i segnali di settembre ci confermano una previsione positiva per la chiusura dell’ anno – continua Dal Sasso. Il trend del mercato rimane in fase di recupero nel medio periodo, seppur contenuta. La probabile chiusura in positivo di un anno privo di eventi mediatici importanti può essere un buon indicatore di stabilità anche in vista del 2018, in attesa delle novità legate alle elezioni politiche in primavera e alla partecipazione dell’ Italia ai Mondiali di calcio: due temi apparentemente distanti tra di loro, ma significativi per il mercato della comunicazione” – conclude Dal Sasso. – Leggi o scarica i dati Nielsen sul mercato pubblicitario in Italia nel mese di settembre 2017 (.pdf)

Voto a Ostia nel caos, cronista picchiato

Il Tempo

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Un giornalista e un film maker di Rai 2 sono stati aggrediti a Ostia martedì scorso da Roberto Spada, fratello di Carmine, detto «Romoletto», il boss condannato a 10 anni per estorsione con l’ aggravante del metodo mafioso, e titolare di una palestra. I due inviati di «Nemo Nessuno Escluso», il cronista Daniele Piervincenzi e il film maker Edoardo Anselmi, stavano realizzando un servizio sulle elezioni nel decimo Municipio di Roma. «Piervincenzi – ha ricostruito la Rai – è andato davanti alla palestra gestita da Roberto Spada per chiedergli un commento sul suo sostegno a Casapound, adesione dichiarata sul suo profilo Facebook qualche giorno prima delle elezioni». Il dialogo sembrava tran quillo eppure «dopo aver risposto a diverse domande, improvvisamente Spada ha dato una violentissima testata a Piervincenzi e l’ ha rincorso, picchiandolo con un bastone. Poi, insieme a un’ altra persona, si è diretto verso il filmmaker, sferrando calci e pugni». Piervincenzi ha il setto nasale rotto e una prognosi di 30 giorni, Anselmi un trauma cranico. Dal canto suo, su Facebook Roberto Spada ha scritto (e poi cancellato): «Perdonatemi io comprendo e rispetto il lavoro di tutti…dopo un’ ora e mezza di continuo “non voglio rila sciare nessuna intervista”….entrava a forza in una associazione per soli soci… disturbando una sessione e spaventando mio figlio…. voi che avreste fatto??? Negli ultimi 10 giorni sono venuti almeno 30 giornalisti a scoglionare….la pazienza ha un limite». Tra i tanti commenti, anche parecchi che esprimono solidarietà a Spada. Interviene il vicepresidente di CasaPound Simone Di Stefano: «Roberto Spada non è un esponente di Casapound. Con lui non condividiamo nulla, se non una sua presenza ad una festa per bambini in piazza 18 mesi fa. Non rispondiamo certo delle sue azioni e la violenza è sempre deprecabile». Mentre per il candidato presidente del Decimo Municipio, Luca Marsella, «è incredibile che oggi ci venga richiesto di prendere una posizione su questioni che non riguardano Casapound. Soprattutto se poi a chiederci conto sono quegli stessi giornalisti che dal giorno successivo alle elezioni e nei giorni precedenti, hanno messo in atto il vergognoso tentativo di ascrivere il nostro successo elettorale ad inesistenti sodalizi gettando fango sul movimento e sulla mia persona». La po lemica politica è infuocata. «Esprimo la mia piena solidarietà alla troupe della Rai, vittima di un’ aggressione squadrista da parte di un membro del clan Spada» dice la candidata del M5S a Ostia Giuliana Di Pillo, che poi aggiunge: «Roberto Spada è lo stesso che ha dato appoggio all’ estrema destra di Casapound, verso la quale Meloni, Picca e compagnia bella, anche oggi strizzano l’ occhiolino». Netto anche Matteo Orfini (Pd): «Se vai a Ostia e chiedi dei rapporti tra gli Spada e Casapound vieni aggredito. Perché a Ostia la mafia c’ è, c’ è chi la combatte ma purtroppo anche chi la protegge». La sindaca Raggi è netta: «Fermeremo criminalità e estremismi a Roma». Lorenza Bonaccorsi (Pd) attacca: «Giorgia Meloni ieri ha dichiarato: “Guardiamo con interesse agli elettori di Casa pound”. La leader di Fdi, alleata di Berlusconi e Salvini, si riferiva all’ esponente del clan Spada che sostiene proprio Casapound e ha aggredito a testate e colpi di bastone la troupe di Nemo?». Interviene Giorgia Meloni: «Piena solidarietà di Fratelli d’ Italia a Daniele Piervincenzi, Edoardo Anselmi e a tutta la redazione di Nemo per l’ inaccettabile aggressione subita a Ostia». Netto anche Paolo Romani (FI): «Mi auguro che sia fatta presto giustizia e che il signor Roberto Spada paghi duramente per un gesto di enorme valenza criminale». La Procura ha aperto un’ inchiesta.

Ostia tra voto e violenza il fratello del boss pesta la troupe della Rai

Il Messaggero

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IL CASO ROMA Una testata in pieno volto, fino a spaccargli il naso, a trasformarlo in una maschera di sangue, poi le manganellate. Come un picchiatore professionista, come uno spietato boxeur di strada, Roberto Spada, fratello di Carmine, alias Romoletto, il boss di Ostia di origine sinti condannato a 10 anni per estorsione con l’ aggravante del metodo mafioso, zittisce l’ inviato Rai della trasmissione Nemo, nessuno escluso Daniele Piervincenzi, nel peggiore dei modi. Il cronista, ex rugbista, martedì pomeriggio l’ aveva raggiunto nella palestra di boxe che gestisce in via Mario Ruta alla Nuova Ostia, il quartiere frontiera dei palazzi popolari che si affacciano sul mare di Roma, per chiedergli conto dell’ endorsement a Casapound apparso sul suo profilo Facebook alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del parlamentino del X Municipio, voto che arriva a due anni dal commissariamento per mafia. L’ ATTACCO «E’ vero che il sostegno degli Spada ha fatto prendere a Casapound il 18% a Nuova Ostia? Ma Casapound può cambiare le cose a Nuova Ostia?», incalza il giornalista. Roberto, chiuso nel suo bomberino, è nervoso. «Io non leggo i giornali», dice, «so’ problemi vostri», «non me ne fotte un ca.. a me». Piervincenzi stringe ancora il microfono in mano, Roberto Spada lo guarda dritto negli occhi e fulmineo come un lampo, lo colpisce con una testata violentissima. «M’ hai rotto il naso», è incredulo il giornalista. «So’ due ore aho, m’ hai rotto il ca…», Spada tira fuori un bastone, lo insegue e lo colpisce. Si scaglia poi anche contro il cameraman, Edoardo Anselmi, che riporta un trauma cranico. Stasera la puntata andrà in onda. I carabinieri di Ostia hanno, quindi, acquisito la denuncia e i referti medici che vanno fino a 30 giorni di prognosi. «Se Spada chiede perdono io sono pronto a perdonarlo, ma dovrebbe chiedere perdono a Ostia», ha detto Piervincenzi operato d’ urgenza. L’ informativa dei militari è stata inviata alla Procura e girata per competenza alla Direzione distrettuale Antimafia. Roberto Spada, precedenti di polizia per furto, ricettazione, rapina ed estorsione, dovrà rispondere di lesioni gravi o gravissime. Ha provato a giustificarsi, sempre su Fb: «Stava disturbando e spaventando mio figlio… Dopo un’ ora di non rilascio interviste… Voi che avreste fatto?», raccogliendo anche più di un consenso: «Semo tutti Spada», «Quando ce vo ce vo», risponde qualcuno. In serata arriva persino la solidarietà di Maurizio Boccacci, ex leader del Movimento Politico Occidentale e di altre organizzazioni di estrema destra come Militia. «A te, la mia solidarietà!». LE CONDANNE A Ostia il 19 si vota per il presidente del Municipio. Al ballottaggio Giuliana Di Pillo, M5s, e Monica Picca, appoggiata dal centrodestra. Grande l’ astensione alle urne ed exploit di Casapound volata al 9%, che potrebbe fare da ago della bilancia. Laconico il capolista Luca Marsella che ha preso le distanze dall’ aggressione, «io rispondo delle mie azioni e di quelle degli iscritti del mio movimento». Una sua foto a braccetto con Spada nei giardini di piazza Gasparri, il cuore del Bronx, aveva fatto il giro del web. «Faccio fotografie con centinaia di persone», ha detto Marsella, stigmatizzando mafia e illegalità. Unanime la condanna al pestaggio subito dalla troupe da parte del mondo politico e istituzionale, dal premier Paolo Gentiloni ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. La sindaca Virginia Raggi ha definito «inaccettabile» l’ accaduto. «Un atto molto grave in campagna elettorale», ha detto il ministro degli Interni Marco Minniti. Solidarietà a Piervincenzi e Anselmi è stata espressa dall’ ordine dei giornalisti, Fnsi e Usigrai. E ieri sera sit in di solidarietà davanti al X Municipio promosso da M5S a cui hanno partecipato anche Pd, Sinistra unita e don Franco De Donno. Alessia Marani © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Ostia, cronista Rai aggredito dal fratello del boss Spada

Il Mattino
Alessia Marani
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Roma. Una testata in pieno volto, fino a spaccargli il naso, a trasformarlo in una maschera di sangue, poi le manganellate. Come un picchiatore professionista, Roberto Spada, fratello di Carmine, alias Romoletto, il boss di Ostia di origine sinti condannato a 10 anni di estorsione con l’ aggravante del metodo mafioso, zittisce l’ inviato Rai della trasmissione Nemo, nessuno escluso Daniele Piervincenzi nel peggiore dei modi. Il cronista martedì pomeriggio l’ aveva raggiunto nella palestra di boxe che gestisce in via Mario Ruta alla Nuova Ostia, il quartiere frontiera dei palazzi popolari che si affacciano sul mare di Roma, per chiedergli conto dell’ endorsement a Casapound apparso sul suo profilo Facebook alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del parlamentino del X Municipio, voto che arriva a due anni dal commissariamento per mafia. «È vero che il sostegno degli Spada ha fatto prendere a Casapound il 18% a Nuova Ostia? Ma Casapound può cambiare le cose a Nuova Ostia?», incalza il giornalista. Roberto, chiuso nel suo bomberino, è nervoso. «Io non leggo i giornali», dice, «so’ problemi vostri», «non me ne fotte un ca.. a me». Piervincenzi stringe ancora il microfono in mano, Roberto Spada lo guarda dritto negli occhi e fulmineo come un lampo, lo colpisce con una testata violentissima. «M’ hai rotto il naso», è incredulo il giornalista. «So’ due ore aho, m’ hai rotto il ca…», Spada tira fuori un bastone, lo insegue e lo colpisce. Si scaglia poi anche contro il cameraman, Edoardo Anselmi, che riporta un trauma cranico. Ieri sera la puntata è andata in onda. 30 giorni la prognosi per il giornalista. «Se Spada chiede perdono io sono pronto a perdonarlo, ma dovrebbe chiedere perdono a Ostia», ha detto Piervincenzi operato d’ urgenza. L’ informativa dei militari è stata inviata alla Procura e girata alla Direzione distrettuale Antimafia. Roberto Spada, precedenti di polizia per furto, ricettazione, rapina ed estorsione, dovrà rispondere di lesioni gravi o gravissime. Ha provato a giustificarsi, sempre su Fb: «Stava disturbando e spaventando mio figlio… Dopo un’ ora di non rilascio interviste… Voi che avreste fatto?», raccogliendo anche più di un consenso. In serata arriva persino la solidarietà di Maurizio Boccacci, ex leader del Movimento Politico Occidentale e di altre organizzazioni di estrema destra come Militia. «A te, la mia solidarietà!». A Ostia il 19 si vota per il presidente del Municipio. Al ballottaggio Giuliana Di Pillo, M5s, e Monica Picca, appoggiata dal centrodestra. Grande l’ astensione alle urne ed exploit di Casapound volata al 9%, che potrebbe fare da ago della bilancia. Laconico il capolista Luca Marsella che ha preso le distanze dall’ aggressione, «io rispondo delle mie azioni e di quelle degli iscritti del mio movimento». Una sua foto a braccetto con Spada nei giardini di piazza Gasparri, il cuore del Bronx, aveva fatto il giro del web. «Faccio fotografie con centinaia di persone», ha detto Marsella, stigmatizzando mafia e illegalità. Unanime la condanna al pestaggio subito dalla troupe da parte del mondo politico e istituzionale, dal premier Paolo Gentiloni ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. La sindaca Virginia Raggi ha definito «inaccettabile» l’ accaduto. «Un atto molto grave in campagna elettorale», ha detto il ministro degli Interni Marco Minniti. Solidarietà a Piervincenzi e Anselmi è stata espressa da ordine dei giornalisti, Fnsi e Usigrai. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Giornalista aggredito. L a solidarietà non basta

Il Foglio

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Daniele Piervincenzi, giornalista di “Ne mo”, la trasmissione di Rai 2, stava intervistando Roberto Spada, membro della nota famiglia criminale di Ostia, sull’ appoggio che quest’ ultimo ha dato a Luca Marsella, candidato di CasaPound alle elezioni per il X municipio. Infastidito dalle domande, non sapendo cosa rispondere, Spada ha colpito il giornalista con una violentissima e improvvisa testata, rompendogli il setto nasale. Poi lo ha inseguito, insultandolo e colpendo ripetutamente con un bastone lui e il film-maker, Edoardo Anselmi, al quale in ospedale è stato diagnosticato un trauma cranico. Solidarietà via agenzie di stampa e social network è stata manifestata da tutte le forze politiche, anche dal M5s e dal sindaco Virginia Raggi. Restano da dire forse solo due cose su questo fatto intollerabile. La prima è che con la solidarietà dovrebbe arrivare anche la polizia. La seconda è che alcuni degli esponenti politici che ieri hanno twittato il loro rammarico sono gli stessi che assecondano un clima di disprezzo e di violenza verbale nei confronti di una categoria la cui libertà, anche d’ essere faziosa, nei paesi normali e democratici è rispettata. Senza discussioni. Salvatore Merlo.

Testate giornalistiche

Libero

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Non fateci sprecare tempo in premesse: è chiaro che la violenza è sempre inammissibile, è chiaro che nessuna molestia giornalistica può giustificare una craniata assestata con professionalità a un cronista della Rai che faceva il suo lavoro: che è, però, sempre più spesso, quello di torturare di domande chi non vuole rispondere ed è fare interviste a chi non vuole rilasciarne. No, vi sbagliate, noi non ci pensiamo neanche a difendere Roberto Spada, l’ ariete che la Rai ha liquidato come «membro della famiglia Spada, nota alle cronache per diverse inchieste giudiziarie»: e non sappiamo né ci importa se il giornalista sia davvero entrato a forza nella sua «associazione per soli soci, disturbando una sessione e spaventando suo figlio». Anzi, ci dispiace per il collega Daniele Piervincenzi, che ha reagito sobriamente nonostante il naso rotto. Però, ecco, detto al resto del mondo: potremmo anche piantarla di trasformare le sconfitte in vittorie e in notizie l’ assenza di notizie; piantarla di trasmettere croniste inseguite da extracomunitari, porte sbattute in faccia, auto inseguite col microfono, interviste al citofono, colleghi che prendono botte, interviste a improbabili martiri dell’ informazione che insistono e insistono perché devono portare a casa la mesata: e non stiamo parlando di Piervincenzi, sia chiarissimo. Ma i cronisti che prendevano botte anziché notizie, un tempo, erano degli sconfitti. Oggi sostituiscono la notizia che non hanno.

Cronista della Rai picchiato dal clan che terrorizza Ostia

Il Fatto Quotidiano
Valeria Pacelli
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È Roma e non c’ è da stupirsi: fare il giornalista in diverse zone della Capitale è pericoloso come in certi quartieri di Palermo o Napoli. Il collega Daniele Piervincenzi, reporter della trasmissione di Rai2 Nemo, ieri è stato aggredito a Ostia, assieme all’ operatore Edoardo Anselmi, dall’ uomo che tentava di intervistare, Roberto Spada, un cognome che nell’ enorme municipio sul litorale romano significa potere, affari e paura: è il clan che ha minacciato la giornalista di Repubblica Federica Angeli, da anni sotto scorta. La sequenza finita su tutti i siti mostra Piervincenzi chiedere al suo aggressore commenti sulle elezioni a Ostia e il suo endorsement su Facebook per il movimento di estrema destra CasaPound. All’ improvviso Spada, che ha partecipato a numerose iniziative pubbliche di CasaPound, reagisce con una testata che rompe il naso al cronista, poi continua a picchiarlo con un bastone aggredendo pure l’ operatore. Nemo manderà in onda il servizio stasera. “Mi ha picchiato perché facevo domande”, ha spiegato il giornalista dopo l’ operazione al setto nasale. Spada, sempre su Facebook, qualche ora dopo non sembrava pentito (il post è stato poi rimosso): “Io comprendo e rispetto il lavoro di tutti Dopo un’ ora e mezza di continuo ‘non voglio rilasciare dichiarazioni’ entrava a forza in una associazione per soli soci disturbando una sessione e spaventando mio figlio Voi che avreste fatto??? Negli ultimi 10 giorni sono venuti almeno 30 giornalisti a ‘scoglionare’ la pazienza ha un limite”. I carabinieri intervenuti sul posto hanno raccolto testimonianze per inviare una relazione in Procura: Spada, incensurato, rischia il fermo per lesioni gravissime. Questa non è una “semplice” aggressione. La storia criminale degli Spada a Ostia la raccontano tre sentenze di primo grado – non c’ è ancora una pronuncia definitiva, in Cassazione – che hanno riconosciuto al clan del litorale l’ aggravante mafiosa, prevista dall’ articolo 7. È avvenuto per Carmine Spada, detto “Romoletto”, che di Roberto è il fratello ed è stato condannato in primo grado a 10 anni per estorsione ai danni di un tabaccaio. Nelle motivazioni i giudici ne descrivono il modus operandi : “L’ esercizio del metodo mafioso – si legge nella sentenza – va esaminato non solo in relazione agli effetti sulla vittima, ma altresì dal punto di vista dell’ autore del reato principale (in questo caso il delitto di estorsione) cui l’ aggravante speciale accede. Il soggetto attivo del reato è colui che, nel porre in essere la condotta criminosa, gestisce l’ esercizio di tale metodo, comportandosi, appunto, da mafioso”. Chi applica questo metodo, continuano i giudici, “conduce l’ azione a distanza, limita i propri interventi quando è strettamente strumentale perché la vittima valuti attentamente con chi abbia a che fare, pone in essere gesti più clamorosi che violenti (come lo schiaffeggiamento per strada, senza conseguenze fisiche accertabili) che ne sanciscano ulteriormente la credibilità criminale. La complessità probatoria, che, pur non ricorrendo nel caso all’ esame, spesso afferisce a tale fattispecie, è costituita proprio dal fatto che colui che si comporta da mafioso, a esempio per estorcere denaro, agisce in sordina, facendo leva () sulla fama che gli deriva dalla supposta appartenenza a un gruppo criminale noto nel territorio”. La supremazia degli Spada sul litorale romano è stata riconosciuta anche da altri giudici e in altri processi. Il 4 ottobre, ad esempio, Massimiliano Spada è stato condannato a 13 anni e 8 mesi di carcere, Ottavio a 5 anni. Anche qui in primo grado. L’ accusa nel processo ha parlato di minacce, violenze, sfratti forzosi da alloggi popolari e finanche di una gambizzazione, quella di Massimo Cardoni, detto “Baficchio”, ferito con due colpi di pistola nel 2015 davanti a un supermercato di Ostia. Secondo gli investigatori dietro quella gambizzazione c’ era la contrapposizione tra il clan “emergente” degli Spada e la perdente compagine dei Baficchio-Galleoni. Questo episodio, per gli investigatori, s’ inserisce nella lotta per la “supremazia” su Ostia. E non è tutto. A febbraio il tribunale di Roma ha emesso un’ ulteriore sentenza riconoscendo il metodo mafioso. In questo processo, che coinvolge anche un ex direttore dell’ ufficio tecnico e dell’ unità operativa ambiente del Municipio di Ostia, Armando Spada è stato condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi. Nel fascicolo anche l’ affidamento di un noto stabilimento balneare, “Orsa Maggiore”, a una società riconducibile agli Spada.

La testata, poi le minacce la sfida del clan di Ostia “Giornalisti, pazienza finita”

La Repubblica
GIUSEPPE SCARPA
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ROMA. «Gli Spada sostengono CasaPound? Il sostegno degli Spada ha fatto prendere il 18% a nuova Ostia?» La domanda scontata è di Daniele Piervincenzi giornalista di Nemo, programma di Rai2. I fascisti del terzo millennio, la scorsa domenica, hanno ottenuto un risultato storico nel quartiere del litorale romano. Pochi giorni prima delle elezioni per rinnovare il consiglio municipale, Roberto Spada, fratello di Carmine, il boss dell’ omonima famiglia criminale che detta legge a Ostia, aveva dato il suo appoggio pubblico via Facebook al candidato della tartaruga, Luca Marsella. Questa volta, però, alla domanda del cronista, Spada prima abbozza una risposta «non lo so, sono problemi vostri». Poi sta zitto e infine scarica una testata terrificante a Piervincenzi. Il giornalista barcolla. Spada sfila dal giubbotto un manganello. Piervincenzi è di spalle e lui gli è di nuovo addosso. Bastona il cronista e l’ operatore. «Mi hai rotto il naso. Basta dirlo con calma è uno va via», gli urla il giornalista. «Ti ho rotto il naso? – replica sprezzante Spada – e tu hai rotto il c.». La troupe scappa. Abbandona le due vie in cui vive la famiglia e si lascia alle spalle una scritta nera vergata nella zona controllata dagli Spada: «Ostia è fascista». Ventiquattro ore dopo (l’ aggressione è avvenuta martedì) la vicenda è di dominio pubblico. Mentre Piervincenzi è nel letto di una clinica a farsi sistemare il naso, Roberto Spada dice di nuovo la sua via Fb il giornalista «entrava a forza in un’ associazione per soli soci () spaventando mio figlio, la pazienza ha un limite». Sotto il post una pioggia di like di approvazione e commenti di sostegno «hai fatto bene», gli scrivono. Tra i vari “spicca” il messaggio di Maurizio Boccacci, nome noto dell’ estrema destra e dell’ eversione nera: «A te, la mia solidarietà ». «Sono ancora scioccato», spiega invece Piervincenzi. «Mi ha aggredito all’ improvviso». Il giornalista incassa l’ appoggio dei cdr del gruppo Gedi, dello scrittore Roberto Saviano che dice «bisogna tracciare i rapporti tra Casa-Pound e le famiglie mafiose di Ostia», del sindaco Virginia Raggi «la violenza del clan Spada è inaccettabile. Fermeremo criminalità ed estremismi a Roma» e dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, «un episodio inquietante è necessario fare luce ». Infine interviene anche CasaPound con il vicepresidente Simone Di Stefano: «Roberto Spada non è un nostro esponente. Con lui non condividiamo nulla». Adesso il faro della procura è puntato su Spada. L’ uomo è indagato per lesioni. I magistrati attendono il referto dei medici e in base ai giorni di prognosi valuteranno se contestargli le “lesioni gravi” o “gravissime”. Sul caso lavorano i carabinieri. Il fascicolo è affidato alla Dda guidata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino. ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’ aggressione e le bastonate dopo le domande sull’ ultima campagna elettorale VENTI GIORNI DI PROGNOSI L’ aggressione: Roberto Spada prima risponde poi parte alla carica. Qui sopra, Daniele Piervincenzi col naso tumefatto.

Voto a Ostia, reporter Rai aggreditoPolitica in allarme: episodio gravissimo

Corriere della Sera
Fulvio Fiano
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ROMA Una testata in pieno volto in risposta alle domande sull’ appoggio politico dato a CasaPound. Poi l’ inseguimento con uno sfollagente, vibrato contro giornalista e cameraman della troupe della trasmissione Rai Nemo . Ostia, il municipio della Capitale tornato al voto dopo due anni di commissariamento per mafia, non si è ancora liberata della sua malavita. Daniele Piervincenzi, che microfono alla mano conduceva l’ intervista in toni che sembravano distesi, finisce in ospedale col naso rotto (dimesso in serata). Il videomaker Edoardo Anselmi riporta qualche livido. L’ aggressore, Roberto Spada, fratello minore del capoclan Carmine «Romoletto» che ha in primo grado una condanna a 10 anni per estorsione aggravata dal metodo mafioso, viene indagato per lesioni. Il referto medico può riqualificarle in gravissime. Senza flagranza non può esserci arresto ma è possibile un fermo differito. Il fascicolo è affidato alla Dda capitolina. La sindaca Virginia Raggi parla di gesto «inaccettabile» e telefona al ministro dell’ Interno, Marco Minniti. Il Viminale la valuta «una questione molto grave per il fatto in sé, per la caratura dell’ aggressore e perché è stato colpito un organo di stampa in campagna elettorale». Piervincenzi riceve una telefonata di solidarietà anche dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Di «ignobile violenza» parla il presidente del Senato, Pietro Grasso, mentre il segretario del Pd, Matteo Renzi, lo definisce un atto «dal terribile valore simbolico». Per Luigi Di Maio, candidato premier dei Cinquestelle, è un «episodio intollerabile». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, invoca «giustizia». Ma attestati di solidarietà arrivano anche a Roberto Spada sulla sua pagina Facebook, dove si «giustifica», in un post poi rimosso, con le «30 interviste» fatte in questi giorni: «A te, la mia solidarietà», gli scrive Maurizio Boccacci, capo di «Militia», estrema destra romana. «A Robe’, quando ce vo ce vo»; «Hai fatto bene»; «Giornalisti de m….», scrivono altri utenti. «Spada non è un nostro esponente», prende invece le distanze Simone Di Stefano, vicepresidente di CasaPound. Il video è la parte finale di un colloquio in cui il giornalista chiede spiegazioni sull’ appoggio dato da Spada a CasaPound via social network. Il movimento neofascista ha preso il 9,08% dei voti domenica scorsa, e può essere decisivo nel ballottaggio del 19 novembre. Nel quartiere Nuova Ostia, fortino del clan, il dato sale al 18%. «Non leggo i giornali…Tu lo sai?… Non me ne frega un c…» risponde Spada alla domanda ripetuta da Piervincenzi, poi, mentre sembra congedarsi, lo colpisce. Le ultime inchieste dei pm romani svelano come gli Spada abbiano di fatto soppiantato il potente clan Fasciani, decimato da arresti e sentenze, nel controllo criminale del litorale, dopo essere stati loro sottoposti. E questo anche grazie ai solidi appoggi avuti nella Pubblica amministrazione locale. Unite nella condanna le sfidanti al ballottaggio: «Bisogna prendere le distanze da certi soggetti», commenta Giulia di Pillo di M5S (30,2% al primo turno). «Mi batterò per sicurezza e legalità», dice Monica Picca del centrodestra (26,68%) .

Nasce “RepTv Sport” dal ciclismo al pugilato 200 eventi in diretta

La Repubblica
MASSIMO MAZZITELLI
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ROMA NASCE la televisione sportiva di Repubblica. Duecento giorni di gare con oltre trecento ore di diretta, altrettante di differita e oltre un migliaio di contenuti on demand. È “RepTv Sport”, la nuova offerta di Repubblica.it in collaborazione con PMGSport, leader nella produzione e distribuzione di eventi digitali in ambito sportivo. Gli utenti potranno vivere così, in diretta tv sulle pagine di Repubblica.it centinaia di eventi sportivi. Ieri esordio con la Champions League femminile di calcio con la diretta, dallo stadio Artemio Franchi, dell’ ottavo di finale tra Fiorentina e Wolfsburg vinto dalle tedesche 4-0. RepTv Sport avrà un palinsesto ricchissimo che va dal ciclismo, al pugilato al calcio a 5. Ma stiamo lavorando per arricchire sempre di più la nostra offerta. Nel ciclismo seguiremo in diretta tutte le gare della “Ciclismo Cup”, l’ ex Coppa Italia, in cui sono racchiuse tutte le gare più importanti del circuito nazionale, escluso il Giro d’ Italia e le grandi classiche (Milano-Sanremo e Lombardia). Una delle competizioni più importanti, vinta nel 2017 dall’ Androni Giocattoli Sidermec, che regala alla squadra migliore una wild card per il Giro d’ Italia dell’ anno successivo. Trofeo Laigueglia, Tour of the Alps, Giro dell’ Emilia e Tre Valli Varesine sono solo alcune delle tappe di un torneo che permette di vedere all’ opera sia i grandi campioni di oggi (da Vincenzo Nibali a Fabio Aru) sia quelli del futuro: come Egan Bernal, sorpresa di questa edizione, già ingaggiato dal team SKY per il prossimo anno. Ciclismo ma non solo. Tanti gli eventi in diretta video di pugilato in cui si assegneranno le cinture italiane e internazionali, il meglio della mountain bike, del calcio femminile, dalla Champions League al campionato di serie A, e del calcio a 5 con gare di campionato e coppa. Nella stagione estiva saremo nelle principali località turistiche per seguire in diretta i principali tornei di beach soccer e beach volley. Ma avremo grande attenzione anche a quegli sport che solitamente hanno poca visibilità televisiva come le partite di baseball e softball della massima serie, due movimenti in grande crescita in Italia. Ma la nostra tv non vivrà di sole dirette: in ogni momento gli utenti di RepTv Sport potranno vedere o rivedere la gara o la partita preferita. Centinaia di eventi saranno a disposizione nella sezione on-demand. Il tutto arricchito da interviste esclusive e rubriche. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Prima partita ieri con la Fiorentina battuta in Champions League femminile dal Wolfsburg LA HOMEPAGE DEL SITO REPUBBLICA TV SPORT Tanti eventi sportivi in diretta, ma anche la possibilità di rivederli on-demand. E poi interviste, rubriche e aggiornamenti.

Ostia, troupe Rai aggredita dal clan Spada

La Stampa
EDOARDO IZZO
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Sono bastate un paio di domande sul contributo del clan Spada al successo elettorale di CasaPound per il X Municipio di Roma, quello di Ostia (un 9 per cento che pesa) a scatenare la pesante aggressione di Roberto Spada ai danni di Daniele Piervincenzi, inviato del programma Rai «Nemo-Nessuno Escluso». Il giornalista era andato a trovare Spada, che è fratello del più noto Carmine, boss della malavita locale condannato a 10 anni per estorsione col metodo mafioso, davanti alla palestra di proprietà della famiglia, per chiedergli del suo endorsement per Luca Marsella, candidato di CasaPound con il quale era anche ritratto in una foto amichevole. Indispettito, Roberto Spada ha colpito al volto con una testata Piervincenzi procurandogli la frattura del setto nasale. Non contento, ha rincorso il giornalista con una sbarra di ferro e ha continuando a colpirlo sfogando la sua ira anche sull’ operatore Edoardo Anselmi, che insieme a Piervincenzi stava cercando di completare il servizio giornalistico. Mentre Anselmi non ha riportato fortunatamente grossi danni, è andata molto peggio a Piervincenzi che a seguito dell’ aggressione è stato prima controllato all’ ospedale Sant’ Eugenio e infine operato d’ urgenza ieri mattina presso una clinica privata dalla quale è uscito con una prognosi di trenta giorni. «Mi ha picchiato perché facevo domande. Spada dovrebbe chiedere perdono a Ostia», ha dichiarato l’ inviato Rai. Sulla terribile aggressione indagano i carabinieri del Gruppo di Ostia, coordinati dal procuratore aggiunto di Roma con delega alla Dda, Michele Prestipino. Gli inquirenti – che hanno acquisito oltre alla denuncia del giornalista, anche i video dell’ aggressione e il referto medico – hanno aperto nella giornata di ieri un fascicolo con ipotesi di reato lesioni gravissime. Non è escluso – visto il calibro criminale della famiglia Spada – che in caso di arresto i magistrati possano decidere di contestare a Roberto l’ aggravante del metodo mafioso, anche in virtù dell’ atteggiamento minaccioso tenuto dallo stesso Spada nella vicenda. Il picchiatore si è difeso su Facebook. «Voleva entrare per forza nella palestra e ha spaventato mio figlio. Voi cosa avreste fatto?», ha scritto giustificando l’ aggressione e raccogliendo numerosi consensi tra i suoi contatti. «Hai fatto bene», replicano alcuni. «Siamo tutti Spada». «Invece di descrivere le cose realmente avvenute, parlano di altro e mettono in mezzo gente che non c’ è. Giornalista mestiere di m…». Unanime invece lo sdegno da parte del mondo politico. «Violenza clan Spada inaccettabile. Solidarietà a giornalista e film maker aggrediti a Ostia. Fermeremo criminalità e estremismi a Roma», dice la sindaca, Virginia Raggi. E il segretario del Pd, Matteo Renzi, parla di «un atto dal terribile valore simbolico». Il premier, Paolo Gentiloni, ha chiamato direttamente Piervincenzi per esprimere «la propria solidarietà per la brutale aggressione». «Un atto molto grave – ha detto il ministro dell’ Interno Marco Minniti – anche perché è stato colpito un organo di stampa in campagna elettorale». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Comunicato del Cdr

La Stampa

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I Comitati di Redazione de La Stampa, Il Secolo XIX, La Repubblica e dei quotidiani Finegil esprimono la massima solidarietà e la più stretta vicinanza ai colleghi Daniele Piervincenzi e Edoardo Anselmi, inviati della trasmissione «Nemo – Nessuno escluso» di Raidue, aggrediti brutalmente ieri ad Ostia da Roberto Spada durante un servizio giornalistico. Un gesto violento, vile e inaccettabile, che ricorda un passato che uno Stato democratico non può tollerare perché offende la libertà di stampa, impedendo il fondamentale diritto-dovere di cronaca. I Cdr de La Stampa, Il Secolo XIX, La Repubblica e dei quotidiani Finegil.

Ostia violenta, giornalisti picchiati da uno degli Spada

Avvenire
ALESSIA GUERRIERI
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ROMA Una semplice domanda, tra l’ altro posta con garbo. Una domanda sulle recenti elezioni e il rapporto tra la famiglia Spada e CasaPound. Il microfono teso a captare qualsiasi commento e dietro la telecamera a riprendere la scena, come il mestiere impone. Due giorni fa, a Ostia, stavano appunto compiendo soltanto il loro lavoro Daniele Piervincenzi, il giornalista del programma di Rai2 Nemo, nessuno escluso, e il film maker Edoardo Anselmi, aggrediti proprio del loro interlocutore: un membro della famiglia Spada, Roberto, fratello del boss Carmine detto ‘Romoletto’ condannato a dieci anni per estorsione con l’ aggravante del metodo mafioso. Ad avere la peggio proprio il giornalista di Rai2, colpito a freddo da una testata in piena faccia che gli ha fratturato il naso e poi con un manganello prima di riuscire a scappare. Questo è solo l’ ultimo caso di violenza nei confronti della stampa; un fenomeno che spesso si pensa rilegato a certi contesti sociali difficili del Sud. Basta invece guardare la mappa dei giornalisti minacciati nel 2017 in Italia – pubblicata nell’ ultimo rapporto di Ossigeno per l’ informazione – per avere un colpo d’ occhio diverso. Il 40% degli operatori dell’ informazione vittime di violenza infatti avvengono proprio nel Lazio, 112 minacciati di cui 48 casi di attacchi veri e propri nell’ anno in corso su 321 in totale in Italia. A preoccupare è soprattutto l’ aumento esponenziale rispetto al 2016, quasi il 10% in più, e la concentrazione dei casi a Roma e provincia: l’ 85%. C’ è dunque la riprova di quello che Ossigeno per l’ informazione definisce «l’ allarme Roma» per gli operatori dell’ informazione, nell’ aggressione di martedì pomeriggio ad Ostia. Un episodio condannato unanimemente da tutto il mondo delle istituzioni e della politica (compreso il vicepresidente di CasaPound Simone di Stefano) accanto alla solidarietà per la troupe televisiva, in aggiunta alle associazioni di categoria Fieg (Federazione italiana editori di giornali), Usigrai (Unione sindacale giornalisti Rai), Unci (Unione nazionale cronisti), l’ Ordine dei giornalisti e l’ Associazione stampa romana. Ora sul caso indaga la Dda (Direzione distrettuale antimafia) della Capitale che ha aperto un fascicolo per lesioni gravissime. Ma anche il ministro dell’ Interno Marco Minniti sta seguendo personalmente la questione. E dal Viminale trapela la sua linea intransigente sulla vicenda: i principi di legalità «non sono derogabili e in Italia non possono esistere zone franche». Una ‘zona franca’ sembra esserci ancora però sui social, dove prima Roberto Spada dà la sua versione dei fatti – «dopo un’ ora e mezza di continuo ‘non voglio rilasciare nessuna intervista’, il giornalista entrava a forza in una associazione per soli soci, disturbando una sessione di boxe e spaventando mio figlio», scrive su Facebook – e poi viene persino supportato da fan che giustificano la sua reazione violenta con un «quanno ce vo’ ce vo’». Affida invece la sua dimostrazione di vicinanza al telefono il premier Paolo Gentiloni, che sente il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, e poi il giornalista vittima del pestaggio per esprimere «la propria solidarietà per la brutale aggressione subita a Ostia». Usano al contrario un cinguettio su Twitter il responsabile del Senato Pietro Grasso che parla di «ignobile violenza» e la presidente della Camera Laura Boldrini per cui «di fronte a questi gravissimi gesti di intimidazione e violenza è imperativo riaffermare legalità». Come pure il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che chiede di difendere «la libertà di stampa contro le intimidazioni e la violenza ». Ma è soprattutto il commento del giornalista, reduce da un intervento al setto nasale, a risuonare nel pomeriggio di dichiarazioni. «Se Roberto Spada chiede perdono, io sono pronto a perdonarlo – dice dal letto di ospedale, con sulle spalle un prognosi di 30 giorni – però forse dovrebbe chiedere perdono a Ostia». RIPRODUZIONE RISERVATA Un fermo immagine tratto dal video dell’ aggressione (Ansa)

Rassegna Stampa del 10/11/2017

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Indice Articoli

Poligrafici, rosso a 2,9 mln da gennaio a settembre

Accordo Xinhua-Class Editori

Mondadori, utile netto di 31 mln (+74,8%) Periodici giù dell’ 8%, bene il digitale

Pubblicità, Sky Italia sfida la Rai

Viale Mazzini sviluppa la raccolta su RaiPlay

chessidice in viale dell’ editoria

La rivoluzione di Snapchat E intanto Reddit cresce

Fox: ricavi sopra le stime, no comment su Disney

I giornalisti di Rai Sport contro Fazio

Sul nostro calcio pende un flop da cento milioni di euro

Manifestazione di Libera e Fnsi il 16 novembre

L’ aggressore del giornalista di Raidue fermato per lesioni e violenza La procura: «Intimidazione propria delle organizzazioni mafiose»

La manifestazione dei giornalisti “Colpito l’ articolo 21”

Poligrafici, rosso a 2,9 mln da gennaio a settembre

Italia Oggi

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Poligrafici Editoriale ha chiuso i primi nove mesi dell’ anno con una perdita netta consolidata di 2,9 milioni euro, in aumento rispetto ai -1,2 milioni dello stesso periodo del 2016. Sul risultato lordo di periodo incide l’ accantonamento di 2,3 milioni legato alla valutazione al 30/9/ 2017 del fair value delle attività destinate alla vendita dell’ azienda Gep. I ricavi netti consolidati ammontano a 102,5 milioni (110,6 milioni in 2016), i ricavi editoriali consolidati registrano una flessione del 6,2%, i ricavi pubblicitari si riducono complessivamente del 2,7%. La raccolta pubblicitaria sui quotidiani cartacei editi dal gruppo guidato dal vicepresidente e amministratore delegato Andrea Riffeser Monti registra una contrazione del 4,1%, con un decremento del 4,2% per la pubblicità commerciale nazionale, mentre la raccolta locale, comprensiva della rubricata, finanziaria e di servizio, segna una flessione del 4,1%. La raccolta pubblicitaria online, pari a 3,6 milioni, evidenzia un incremento del 3,4% (+18,1% a perimetro omogeneo). Il margine operativo lordo consolidato è positivo per 5,8 milioni rispetto a 6,2 milioni dello stesso periodo del 2016 «riesposto». L’ indebitamento finanziario netto consolidato al 30/9/2017, pari a 37,6 milioni, evidenzia un debito a breve termine verso le banche e altri finanziatori di 10,6 milioni, un debito per leasing finanziari di 10,2 milioni e un debito per mutui di 16,8 milioni. Rispetto al 31 dicembre 2016 migliora di 4,1 milioni. L’ indebitamento finanziario netto consolidato scende a 31,1 milioni al netto dei leasing finanziari di Gep, riclassificati nelle passività attribuibili alle attività destinate alla vendita. Secondo il management le previsioni per il prosieguo del 2017 rimangono condizionate dall’ andamento del settore in cui opera il gruppo. Dalle evidenze a oggi disponibili non si prevedono andamenti di mercato significativamente diversi da quelli riscontrati nel periodo in esame. Le efficienze realizzate dal gruppo lasciano presumere, se non si verificheranno eventi a oggi non prevedibili, il mantenimento di una marginalità positiva, oltre alla generazione di flussi di cassa che consentiranno un’ ulteriore riduzione del debito finanziario e il rispetto dei covenants finanziari al 31/12/2017.

Accordo Xinhua-Class Editori

Italia Oggi

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L’ accordo firmato martedì 7 novembre a Pechino fra il presidente di Xinhua News Agency, Cai Mingzhao, e l’ editor-in chief e ceo di Class Editori, Paolo Panerai, comprende una serie di progetti di cooperazione riguardanti tutti i media, dall’ agenzia di stampa alla produzione e distribuzione televisiva e per la Go tv, dal web ai big data, e spazia dall’ economia e finanza al fashion e alla pubblicità, con una particolare enfasi sull’ informazione riguardante il progetto Belt and Road. Xinhua News Agency, che per decisione nel 1984 di Deng Xiaoping, ha preso il posto della vecchia agenzia Nuova Cina, è il più grande gruppo multimediale cinese, posseduto direttamente dallo stato. Quotidiani, website, magazine, Tv (con il canale globale Cnc), pubblicità, distribuzione e, per la parte economica dell’ agenzia, oltre 100 mila abbonati e presenze nei 170 bureau dell’ agenzia distribuiti in tutto il mondo. Fu proprio Deng Xiaoping, che Panerai intervistò nel 1978, organizzando poi la famosa successiva intervista al fondatore della Nuova Cina da parte di Oriana Fallaci, a decidere che l’ informazione economico-finanziaria avrebbe dovuto essere base e motore per lo sviluppo di tutte le aziende cinesi, grandi e piccole. Per questo il presidente di Xinhua nella gerarchia istituzionale cinese ha il rango di ministro e siede nel Comitato centrale del Partito comunista. Cai Mingzhao, prima di passare nel 2014 alla guida del più grande gruppo editoriale cinese, è stato responsabile della comunicazione del Partito e quindi diretto collaboratore di Xi Jinping. Cai e Panerai hanno fissato e firmato le linee base di una grande collaborazione multimediale con in esclusiva un focus sulla piattaforma per informare le aziende italiane e cinesi di tutte le opportunità che si aprono in relazione al grande progetto Belt & Road (la via della seta) e di assisterle in maniera consulenziale anche per la loro comunicazione pubblicitaria. © Riproduzione riservata.

Mondadori, utile netto di 31 mln (+74,8%) Periodici giù dell’ 8%, bene il digitale

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Ricavi in calo (contenuto) a causa dell’ andamento dei periodici, ma margini in aumento, in particolare con l’ ebitda che cresce dal 2013 fino a quest’ anno per quattro esercizi consecutivi, un utile in aumento a 31,2 milioni e l’ indebitamento in diminuzione. Sono i risultati dei primi nove mesi dell’ anno del gruppo Mondadori, che si avvia a chiudere il primo esercizio completo con le due acquisizioni fatte lo scorso anno, quella di Banzai Media per il digitale e soprattutto quella di Rcs Libri consolidata dal secondo trimestre del 2016. I ricavi del gruppo guidato da Marina Berlusconi, presidente, e dall’ a.d. Ernesto Mauri, sono stati pari a 924,7 milioni di euro, in calo dell’ 1,1%. Come detto sono i periodici Italia e Francia ad aver sofferto maggiormente con una diminuzione in entrambi i casi intorno all’ 8%, i primi a 216,2 milioni, i secondi a 220,1 milioni. Nella Penisola i ricavi diffusionali sono scesi del 5%, una performance comunque migliore del mercato (-11,9%), mentre quelli pubblicitari sono aumentati dell’ 1,4% considerando carta e digitale. Qui si percepisce il consolidamento di Banzai Media che ha contribuito a portare la pubblicità online al 28% del totale. In Francia, a fronte di un calo di ricavi diffusionali simile all’ Italia (-5%), si è avuta una diminuzione del 18,5% nella pubblicità, spiegata dal gruppo con una difficoltà temporanea dovuta ai cambiamenti nell’ attività di raccolta digitale mobile/video internalizzata. Anche i ricavi da retail sono diminuiti un po’, -1,8%, ma in quel caso si è trattato di una riduzione mirata nell’ elettronica di consumo. A crescere sensibilmente è stato il business dei libri, con cui Mondadori ha oggi il 28,4% del mercato trade, dato dal 23,1% dei propri marchi storici e dal 5,3% di Rizzoli Libri. I ricavi in questo caso sono cresciuti dell’ 8,4% a 385,3 milioni: in parte la casa editrice ha fatto bene di suo con vari titoli (da ultimo Ken Follet e Dan Brown) così come è andata bene la sezione educational, in parte l’ incremento è dovuto al consolidamento di Rcs Libri. Per quanto riguarda i margini, il discorso sull’ ebitda ha alcuni distinguo proprio a causa del differente perimetro di confronto fra i primi 9 mesi del 2017 e quelli del 2016. Il margine operativo lordo rettificato da oneri e proventi straordinari, escludendo dal primo trimestre 2017 Rcs Libri (visto che non c’ era nel primo trimestre 2016), è stato pari a 82,7 milioni e in crescita dell’ 8,6%. L’ ebitda adjusted, includendo invece nel primo trimestre 2017 Rizzoli Libri, è pari a 75,2 milioni, in calo dell’ 1,3% a causa dei costi di promozione del business education nel primo trimestre. Il margine operativo lordo in generale è invece in crescita del 12,9% a 79,3 milioni, fra le altre cose grazie alla cessione dell’ immobile per la logistica da 4,2 milioni. In ogni caso, come detto, il risultato netto è pari a 31,2 milioni, in miglioramento di oltre 13 milioni (+74,8%) e l’ indebitamento è sceso a 256 milioni dai 329 milioni precedenti grazie alla generazione di cassa. Per l’ intero 2017, le previsioni sono di ricavi in lieve contrazione rispetto a un 2016 pro-forma, di un ebitda adjusted in crescita e un utile in incremento di circa il 30%. © Riproduzione riservata.

Pubblicità, Sky Italia sfida la Rai

Italia Oggi
PAGINA A CURA DI CLAUDIO PLAZZOTTA
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Nel mese di settembre, un momento in cui i palinsesti della tv italiana sono già a discreto regime e il mercato della pubblicità torna a investire dopo la pausa estiva, il gruppo Sky Italia, in base a stime, ha raccolto 41 milioni di euro di advertising, rispetto ai 35,2 milioni di euro del mese di settembre 2016, con una crescita del 16,4%. Un boom che fa entrare di diritto Sky Media ai vertici delle concessionarie televisive italiane. Perché resta il dato irraggiungibile di Mediaset, che in settembre incassa 192,5 milioni di euro (+0,2% sul settembre 2016). Ma Sky Media ormai se la gioca con Rai pubblicità: la concessionaria della tv pubblica, infatti, in settembre ha portato a casa 48,6 milioni di euro. Ed è anche stata brava, migliorando dell’ 1,5% il risultato rispetto al settembre 2016. Tuttavia i più stringenti vincoli di affollamento che il servizio pubblico deve rispettare, l’ eliminazione della pubblicità dai canali per bimbi, il divieto di accogliere pubblicità dalle agenzie di scommesse, e pure una certa schizofrenia nella gestione editoriale dei palinsesti e delle direzioni di rete (Rai 3 svuotata e in caduta libera, Rai 2 in crisi di identità, Rai 1 in altalena), determinano quasi una fisiologica impossibilità a sviluppare più di tanto il business commerciale. Sky, invece, da un lato gode della travolgente crescita degli ascolti di Tv8, e quindi della raccolta pubblicitaria per un canale in chiaro e generalista. Dall’ altro, ovviamente, sta sviluppando meglio di altri tutte le possibilità di targeting che offrono sia la moltitudine di contenuti sulla piattaforma pay (domani, ad esempio, parte il nuovo canale Ginx eSports, alla posizione 219 e dedicato al mondo dei videogame) sia, in particolare, quelli disponibili on demand. Gli investitori, infatti, cercano sempre di più branding e profilazione, e nel loro advertising mix la scelta di Sky diventa una opzione frequente. Il che è abbastanza rivoluzionario per lo scenario italiano. Nel quale Sky avrebbe il proprio core business nella pay tv e nei ricavi da abbonamenti (e continua ad averlo) ma dove la società guidata da Andrea Zappia ormai va considerata anche uno dei tre player di punta della partita pubblicitaria televisiva. Insomma, non ci sono solo Mediaset e Rai a spartirsi la gran parte della torta: ora, al tavolo, si è seduta comoda pure Sky Italia. A Mediaset, in settembre, va una fetta pari al 60% degli investimenti pubblicitari in tv, ma a Rai (15%) e Sky (13%) va un pezzetto interessante e, soprattutto, quasi uguale. © Riproduzione riservata.

Viale Mazzini sviluppa la raccolta su RaiPlay

Italia Oggi

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Rai pubblicità prova a sviluppare le strategie di raccolta su RaiPlay, l’ over the top lanciato nel 2016 per vedere in streaming, live o differito, sia i programmi in palinsesto sia tutto l’ archivio Rai. Come spiegato dai vertici di viale Mazzini, riuniti ieri a Milano in una serata evento, «RaiPlay è la linea di confine tra l’ offline e l’ online, è un diverso orizzonte dell’ advertising, è una zona di confine tra il branding e la performance capace di avvicinare il consumatore, di instaurare relazioni forti e durature». Gli utenti di RaiPlay fruiscono di contenuti per un’ ora e 21 minuti medi al mese, con campagne che hanno «il 90% di viewability, e l’ 11-12% di click-through rate», dice Francesco Barbarani, direttore radio e web di Rai pubblicità. Entro dicembre, poi, racconta Gian Paolo Tagliavia, chief digital officer di Rai, «vedrà la luce RaiPlay Radio, una nuova offerta digitale dedicata al mondo di Radio Rai, con nuove modalità di interazione e fruizione dei canali radiofonici generalisti e digitali».

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Agcom: tavolo con il Mise sulla transizione al 5G. L’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha smentito la notizia d’ agenzia secondo cui avrebbe presentato al ministero dello sviluppo economico rilievi sulle previsioni contenute nella legge di Bilancio nella parte che riguarda la cessione della banda 700 dalle tv alle telco e il necessario passaggio al digitale terrestre di seconda generazione. L’ Agcom ha chiarito che ieri sono proseguiti i lavori del tavolo tecnico Mise-Agcom iniziati diversi mesi addietro. Secondo la Reuters, che ha diffuso la notizia, la fonte dell’ Agcom ha sottolineato che la riscrittura della norma potrebbe ridurre i costi dello stato e i costi di conversione, mentre nell’ articolo fra le altre cose c’ è anche «confusione nel trattamento paritetico di tv nazionali e locali». Mediaset, progetto di fusione Videotime depositato in registro imprese. Il gruppo Mediaset ha depositato presso il Registro delle imprese di Milano il progetto di fusione per incorporazione in Mediaset di Videotime, società controllata per circa il 99,2% dal gruppo. Messe Frankfurt Italia dedica la sesta edizione del Forum Fimi al mercato cinese. La filiale italiana della fiera di Francoforte presenta il sesto Forum dell’ internazionalizzazione del made in Italy organizzato quest’ anno in collaborazione con la Fondazione Italia Cina e Elle Decor Italia. L’ appuntamento è per mercoledì 15 novembre alle ore 9:00 a Milano presso il Centro Congressi Fondazione Cariplo di via Romagnosi, 8. La Gazzetta dello Sport in edizione speciale per lo spareggio Svezia-Italia. Fiato sospeso per tutti i tifosi in attesa del playoff Svezia-Italia che vale l’ accesso al Mondiale 2018, con il match d’ andata oggi a Solna, in Svezia, e il ritorno lunedì in Italia a San Siro. La Gazzetta dello Sport è pronta oggi con un numero speciale. Qn Quotidiano Nazionale arriva nelle edicole di Salerno. A partire dal 10 novembre i lettori di Salerno e provincia troveranno in edicola Qn Il Giorno in abbinamento con il quotidiano La Città. La nuova partnership nasce dall’ incontro tra Andrea Riffeser Monti, a.d. del gruppo Poligrafici editoriale e Vito Di Canto, distributore de La Città, il quotidiano che racconta Salerno e la sua provincia, fondato nel 1996. Secondo numero per Entertainment Illustrated. È disponibile il nuovo numero di Entertainment Illustrated, il free press per i millennials focalizzato sull’ intrattenimento digitale: serie, tv, cinema, musica e tecnologia. La copertina e uno speciale di 6 pagine, realizzato in partnership con Sky, sono dedicati alla terza stagione di Gomorra, in programma dal 17 novembre su Sky HD. Torna su Boing Adventure Time Missione Finntastica. Dopo il successo della prima edizione lo scorso autunno, arriva su Boing (canale 40 del Dtt) la 2° edizione di Adventure Time Missione Finntastica, il game show ispirato alla serie cult Adventure Time. L’ appuntamento è dal 13 novembre ogni lunedì alle 20. Dish Network: utili del terzo trimestre in calo a 297,4 milioni di dollari. Nel terzo trimestre Dish Network ha riportato utili per 297,4 mln di dollari rispetto ai 318,5 mln di dollari registrati lo stesso periodo dello scorso anno. Dish ha affermato che il tasso d’ abbandono (churn rate) per gli abbonati alla pay-Tv si è attestato sull’ 1,57%, in calo rispetto al 2,11% dello scorso anno. I ricavi per il trimestre si sono attestati a 3,58 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 3,77 miliardi di dollari rilevati nello stesso periodo dello scorso anno.

La rivoluzione di Snapchat E intanto Reddit cresce

Corriere della Sera
Martina Pennisi
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«Hai visto la sua ultima storia?». Fino a qualche mese fa, una domanda del genere avrebbe potuto fare riferimento a Snapchat, applicazione gradita ai giovanissimi grazie all’ originale e inedito linguaggio che ha introdotto. Le storie, appunto. Peccato che poi Facebook gliele abbia copiate e, come ha comunicato nella trimestrale del 1° novembre, sia riuscito a farle utilizzare quotidianamente da 300 milioni di persone sia su Instagram sia su Whatsapp. L’ app del fantasmino è invece ferma a 178 milioni di utenti quotidiani. E il dato è solo la punta dell’ iceberg della sua disastrosa situazione: l’ incantesimo sembra essersi spezzato. Gli utenti crescono sempre meno e i conti sono in (profondo) rosso. L’ amministratore delegato Evan Spiegel ha addirittura ammesso di aver creato un’ iconcina forse troppo difficile da usare. Ha riconosciuto di aver puntato erroneamente sugli occhiali Spectacles e si prepara a introdurre il News feed (il flusso di notizie come in Facebook e Twitter) e i giochi per volere dell’ investitore cinese Tencent salito al 12 per cento. Snaturarsi, anche semplificando la grafica e affidandosi a un algoritmo, aiuterà Snapchat a sopravvivere? Dalle parti di Twitter risponderebbero affermativamente, avendo appena tradito gli iconici 140 caratteri in favore dei più spaziosi 280. E i ragazzini? I ragazzini confermano la passione per Instagram (gli under 25 trascorrono 32 minuti al giorno sull’ app fotografica). Stanno scoprendo Musical.ly, capace come Snapchat di imporre un nuovo linguaggio (il lip-sync). Nei nostri confini – ne abbiamo interrogati alcuni senza pretese di dare un valore statistico – iniziano a nominare sempre più frequentemente Reddit, spazio in cui commentare e dibattere l’ attualità o contenuti di vario genere. E rispolverano Diaspora, social network decentralizzato nato sette anni fa come alternativa (maggiormente rispettosa della privacy) a Facebook. La sensazione è che gli utenti più giovani cerchino contesti innovativi e possibilmente meno bulimici di dati personali. Anche se individuati e scelti, non è detto che questi contesti durino poi nel tempo. Un certo Evan Spiegel ne sa qualcosa.

Fox: ricavi sopra le stime, no comment su Disney

Italia Oggi

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Nel giorno in cui ha pubblicato una trimestrale con ricavi superiori alle stime degli analisti, 21st Century Fox si è rifiutato di commentare indiscrezioni secondo cui avrebbe trattato con Walt Disney la cessione di gran parte dei suoi asset. Tra di essi ci sarebbe stata anche la quota nella britannica Sky, la cui presa di controllo totale è stimata entro il 30 giugno 2018 (manca ancora l’ ok dei regolatori Gb e Fox ha il 39%). Mentre gli investitori si domandano se colossi come Verizon e Charter communications stiano valutando potenziali takeover del colosso dell’ intrattenimento, il suo co-presidente Lachlan Murdoch ha detto che l’ azienda «ha le dimensioni per continuare a portare avanti la sua strategia di crescita e a garantire rendimenti ai soci». I ricavi del gruppo sono aumentati del 7,6% a 7 miliardi di dollari (circa 6 miliardi di euro), l’ utile del primo trimestre del 4%, attestandosi a 855 milioni di dollari (734,2 milioni di euro).

I giornalisti di Rai Sport contro Fazio

Libero

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In casa Rai c’ è agitazione per l’ idea di affidare il post-partita di Svezia-Italia, di questa sera, a Fabio Fazio all’ interno della trasmissione «Che tempo che fa», dedicata tutta alla partita con in studio gli ex campioni del mondo del 1982. Contrari i giornalisti di Rai Sport perché Fazio condurrà il salottino del dopo gara intervistando lui stesso gli azzurri.

Sul nostro calcio pende un flop da cento milioni di euro

Libero

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Il tempo si fermerà, 180 minuti fra Solna e Milano da vivere in una apnea che all’ Italia non dà alternative: affondare la Svezia e farle «Hallå Hallå» («Ciao Ciao») mentre andiamo al Mondiale, oppure annegare miseramente nell’ abisso di una mancata qualificazione che sarebbe come un Titanic per la Federcalcio. La somma precisa non è calcolabile, ma la stima di 100 milioni di potenziali perdite per la Figc e per il sistema che orbita intorno alla “stella pallone” è realistica. Nel Mondiale con il montepremi più alto di sempre, 345 milioni di euro la tortona che si spartiranno le 32 federazioni qualificate, la Fifa sborserà circa 8 milioni a chi accede ai gironi, più 1,5 per le spese. Quindi solo essere in Russia ne vale una decina (disputare gli ottavi 3,4 milioni, i quarti ulteriori 3,5 e ben 33 per chi vince). La Figc ha stipulato accordi con una ventina di aziende per 43 milioni, con la Puma sponsor tecnico che ne dà circa 19 all’ anno (fino al 2022) di parte fissa più le royalties, legate al numero di magliette vendute. Aggiungere un altro flop dopo il Sudafrica (due milioni di maglie vendute) e il Brasile (un milione) significherebbe per la Figc ritrovarsi nel futuro prossimo seriamente indebolita dal punto di vista della forza contrattuale. Ricordate le difficoltà dopo il flop ai Mondiali 2014? Solo l’ ingaggio di Antonio Conte (il cui contratto fu sostenuto proprio con i denari decisivi della Puma) restituì appeal e ritrovata credibilità. Delicato il tema dei diritti tv, ancora non assegnati: Rai e Sky stanno studiando le offerte, in attesa dello spareggio. Gli 8-9 milioni di telespettatori “canonici”, durante le grandi manifestazioni possono perfino raddoppiare, tanto che le televisioni potrebbero sborsare ben oltre i 24,7 milioni (la cifra spesa dalla Rai nell’ ultimo accordo) per trasmettere gli azzurri in Russia. E dunque fra stasera e lunedì il calcio italiano non si gioca soltanto la faccia. A Ventura non possiamo non riconoscere di avercela sempre messa, eppure arriviamo al momento topico con una Nazionale che non ha ancora un’ identità e che, stando a quanto filtra, terrà in panchina sia Jorginho (regista del Napoli delle meraviglie) sia Insigne (il più in forma del campionato) mettendo uno accanto all’ altro Belotti e Immobile: due carichi da 90 però entrambi prime punte e reduci da infortuni. Oltretutto, se le voci della vigilia saranno confermate, scenderemo in campo con un modulo, il 3-5-2, che solo Bonucci, Parolo e Immobile utilizzano con Lazio e Milan in campionato, peraltro in un formato “spurio”. E per affrontare una Svezia che come grande certezza ha il collaudato 4-4-2 (battuta la Francia, ingabbiata l’ Olanda) e alla Friends Arena non perde dal settembre 2015 (ko 4-1 con l’ Austria alle qualificazioni di Euro 2016) non sembra una grande idea. Un po’ a sorpresa, ad agosto Tavecchio ha annunciato il prolungamento con il ct fino al 2020: finora è capitato solo nel 1958, ma che succede in caso di esclusione? Se ne va solo Ventura? riproduzione riservata TOMMASO LORENZINI.

Manifestazione di Libera e Fnsi il 16 novembre

Il Fatto Quotidiano

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“L’ aggressione di Ostia non è stato solo un atto violento e squadristico contro i cronisti, ma anche un’ aggressione all’ articolo 21 della Costituzione e al diritto dei cittadini ad essere informati. Per questo dobbiamo reagire insieme chiamando in piazza i cittadini che credono nella Costituzione, nella legalità, nella libertà di informazione, nel diritto ad una vita dignitosa liberata da mafie, malaffare, corruzione”. Lo scrivono l’ associazione Libera e Fnsi invitando cittadini, istituzioni giovedì 16 novembre dalle ore 17 a Ostia. Alla manifestazione hanno già aderito l’ associazione “Articolo 21”, il sindacato dei giornalisti Rai e i presidenti di Camera e Senato.

L’ aggressore del giornalista di Raidue fermato per lesioni e violenza La procura: «Intimidazione propria delle organizzazioni mafiose»

Il Manifesto
MARTINO MAZZONIS
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II Una giornata di dichiarazioni sgomente per lo Stato che lascia zone del Paese abbandonate a se stesse e rassicurazioni sulla reazione ferma delle istituzioni. E così, a metà pomeriggio è arrivato il fermo di Roberto Spada, prelevato in casa dai carabinieri per via della testata e delle percosse alla troupe Rai di Nemo davanti alla palestra che gestisce a Nuova Ostia. L’ accusa è violenza privata aggravata dal metodo mafioso, reato che prevede pene fino a 5 anni e, quindi, l’ arresto. «Il fermo di Roberto Spada è la dimostrazione che in Italia non esistono zone franche», ha chiosato il ministro degli Interni Minniti. Il capo della polizia Gabrielli, dal canto suo, segnala come sul territorio del Municipio sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2015 verranno prese nuove iniziative. La testata di Roberto Spada, insomma, creerà probabilmente enormi problemi al clan ostiense che ha occupato lo spazio lasciato vuoto dopo gli arresti contro i calabresi Fasciani, di cui erano la manovalanza locale – spacciavano la loro merce. Gli altri a cui la reazione di Roberto Spada rischia di ritorcersi contro sono i fascisti del terzo millennio. Appena raccolto il 9%, additati da tutti come ago della bilancia del ballottaggio tra la candidata di un centrodestra spostato sempre più a destra, Monica Picca, e la 5 Stelle Giuliana Di Pillo, oggi quelli di Casa Pound si trovano a difendersi dall’ accusa di essere collusi coni clan. E negano risolutamente: con una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il vice capo Simone Di Stefano e i due leader locali, il candidato presidente Marsella e la capolista, sua compagna e portavoce dell’ organizzazione, Carlotta Chiaraluce. La linea dell’ organizzazione di destra è chiara: condanna della testata ma in forma arzigogolata, rivendicazione del proprio lavoro e negazione di una relazione tra il successo elettorale e il rapporto con il clan Spada. «L’ aggressione al giornalista (non chiamato per nome, per ricordare che in fondo di un giornalista si tratta) non può essere imputata a Casa Pound, perché Roberto Spada non è un nostro iscritto», dice De Simone. Chiara luce invece segnala come i voti presi da Casa Pound a Nuova Ostia sono in linea con quelli presi negli altri quartieri popolari del X municipio: «Noi le percentuali più alte le abbiamo prese ad Acilia, con il 15%, a Nuova Ostia il 13%, a Infernetto l’ 11%. Le forze politiche che hanno preso più voti sono il centrodestra e i 5 Stelle. Perché chiedete conto solo a Casa Pound?». Quella che suona clamorosa è la rivendicazione del ruolo che la palestra degli Spada svolge a Nuova Ostia: in un quartiere dove non c’ è nulla quello è l’ unico luogo dove i bambini possono andare a fare qualcosa». L’ altro messaggio è sul ballottaggio: «Casa Pound insultata da tutti, non da indicazioni di voto per nessuno» dice Chiaraluce. Che CasaPound prenda le di stanze dagli Spada è un po’ ridicolo: le amicizie e le frequentazioni sono antiche e certi disvalori sono cultura comune. Del resto, la festa di piazza dove Marsella viene fotografato con Spada era organizzata assieme con la palestra. La presenza di Spada non era occasionale. Come del resto testimonia la locandina che la promuoveva, firmata appunto da Casa Poun e dalla pale stadi Spada. A Nuova Ostia naturalmente il clima è elettrico. «I giudizi oscillano dai «Sbattetela dentro per sempre quella feccia» a «la Mafia sono il palazzo e i giornalisti di chi lo difende» – racconta Silvio, militante di sinistra locale -La verità è che queste cose succedono da anni, che certi metodi qui li conoscono i migranti e i militan ti che hanno provato a mettere piede qui». Che il mondo a ondate si indigni per il territorio abbandonato e lo dipinga come viene dipinto in Suburra è una cosa che fa comodo, in fondo, sia agli Spada – che per questo trovano solidarietà – che a Casa Pound, che “difende l’ onore” di Ostia. Oggi il discorso su Mafia Capitale è limitato alla località litoranea, mentre invece tutto succedeva a Roma e coinvolti erano i partiti che hanno governato negli ultimi dieci anni. Sul commissariamento e sull’ abbandono del territorio è cresciuta Casa Pound, che ha fatto campagna elettorale permanente per due anni, anche facendo un po’ di welfare per i poveri italiani – contrapposti agli immigrati, naturalmente. E sull’ ab bandono si è rafforzato il clan Spada. Per anni. Chi ha reagito in passato cercherà di nuovo di farlo: la lista Laboratorio Civico X, che sosteneva il prete anti usura De Donno, ha convocato una manifestazione per domani, sabato: «Fermiamo la violenza fascista e mafiosa», il comunicato recita «Sono anni che si respira questo clima, dispiace che sia questa aggressione a risvegliare l’ attenzione su una situazione stranota». La sindaca di Roma ha invitato tutti ad andare e siccome ha più voce pubblica, sembrerà che la manifestazione la convochi lei. La verità, lo si legge ancora nel comunicato, è che «saranno i cittadini antifascisti a scendere in piazza, perché la mafia è una montagna di merda e noi sappiamo da dove arriva».

La manifestazione dei giornalisti “Colpito l’ articolo 21”

La Repubblica

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ROMA. «L’ aggressione di Ostia non è stato solo un atto violento e squadristico contro i cronisti, ma anche un’ aggressione all’ articolo 21 della Costituzione e al diritto dei cittadini ad essere informati. Per questo dobbiamo reagire insieme chiamando in piazza cittadine e cittadini che credono nella Costituzione, nella legalità, nella libertà di informazione, nel diritto ad una vita dignitosa liberata da mafie, malaffare, corruzione». Lo scrivono, in una nota, la Federazione Nazionale della Stampa e l’ associazione Libera, invitando «cittadini, associazioni, istituzioni a ritrovarsi giovedì 16 novembre dalle 17 a Ostia».

Respinto il ricorso contro il contratto Fieg-Fnsi.

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Si è conclusa con esito positivo per la Federazione della Stampa la vertenza giudiziaria promossa da alcuni giornalisti contro la Federazione stessa e contro la Federazione degli Editori, per aver sottoscritto il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico. Nel 2014, a seguito degli accordi per il rinnovo del contratto collettivo, i giornalisti Massimo Alberizzi, Fabio Cavalera, Tamara Ferrari, Anna Maria Iannello, Laura Anna Verlicchi, Alberto Roveri, Franco Chiocci, Pier Angelo Maurizio, Fabrizio de Jorio, Francesco Latini, Omar Reda, Maria Lavinia Di Gianvito, Andrea Montanari, Federica Frangi, Ferdinando Baron, Maria Elisabetta Palmisano, Stefania Giacomini, Nicoletta Maria Morabito, Alessandra Fanelli, Fabio Gibellino, Daniela Ricci avevano fatto ricorso in sede giudiziaria per chiedere la cancellazione delle nuove norme contrattuali sostenendone la illegittimità e contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri per aver approvato una delibera sull’equo compenso del lavoro giornalistico, ritenuta anch’essa illegittima.Il giudice del Tribunale di Roma, al termine della vertenza giudiziaria durata tre anni, ha respinto tutte le richieste, in quanto gli interessati non erano “legittimati ad impugnare le deliberazioni assunte dalla Giunta Nazionale della Fnsi”, che aveva sottoscritto il rinnovo del contratto, né erano legittimati a chiedere la cancellazione della delibera della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che essendo atto amministrativo, poteva essere impugnata soltanto in sede di magistratura amministrativa. Il Tribunale ha condannato tutti i ricorrenti alla rifusione delle spese di giudizio in favore della Fnsi, della Fieg e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (STAMPA ROMANA)

Corte di Appello, nessun dubbio che i dipendenti di emittenti televisive vadano assicurati presso l’INPGI

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La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’impugnazione da parte di un’emittente televisiva pugliese inerente la posizione contributiva di 5 giornalisti, confermando la sussistenza dell’obbligo contributivo nei confronti dell’Inpgi per un importo pari a € 45.662,83, a cui vanno aggiunte le spese legali.
La Corte territoriale ha ritenuto che il pagamento a titolo contributivo eseguito dall’ Emittente tv in favore dell’Inps (per 3 giornalisti) e all’Enpals (per 1 giornalista) non abbia effetto liberatorio. Nella sentenza, il Giudice d’appello esclude che l’ emittente TV potesse nutrire dei dubbi sull’individuazione del soggetto in favore del quale eseguire correttamente il pagamento dei contributi, con la conseguenza che il versamento all’Inps non ha liberato la Societa’ appellante dall’obbligo contributivo nei confronti dell’Inpgi.
Relativamente alla posizione del quinto giornalista, la Corte d’Appello ha confermato la natura subordinata dell’attivita’ lavorativa svolta dallo stesso, ritenendo rilevanti la sistematica compilazione di articoli e servizi, la permanente disponibilita’ del giornalista a soddisfare le esigenze editoriali ed il suo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale. Con questa ulteriore sentenza, INPGI si vede riconosciuta, ancora una volta, l’efficacia dell’ attivita’ ispettiva e dell’azione legale dell’Ente, che punta a metter ordine e fare chiarezza dinanzi a casi di sopruso nei luoghi di lavoro dei media (stampa, tv e web) italiani.

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