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Rassegna Stampa del 24/09/2017

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Franceschini Tv: Palazzo Chigi ferma la legge che fa i palinsesti

Al cronista scomodo non resta che l’ esilio

Aggredita una troupe Rai Grillo: giornalisti sono i nemici

Il direttore editore con il sangue blu restava a dormire nel suo giornale

Se il giornalismo ha perso credibilità è solo colpa sua

Franceschini Tv: Palazzo Chigi ferma la legge che fa i palinsesti

Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Forse il ministro Dario Franceschini non l’ ha capito e, se l’ ha capito, è davvero animato da spropositate ambizioni. Perché il decreto che impone più prodotti italiani di cinema e fiction a Sky Italia, Mediaset, la pubblica Rai e sorelle, a leggere i dettagli di un testo bloccato più volte da Palazzo Chigi, assomiglia a un progetto di Franceschini Tv con una legge che fa i palinsesti. Il ministro della Cultura rivendica l’ orgoglio nazionale e il modello francese: lo importiamo, promette, senza importare le abitudini e la fiscalità di Parigi. Per esempio, il testo prescrive un obbligo quotidiano del 60 per cento del tempo di cinema o fiction italiane nel segmento 18-23, cioè prende in considerazione la prima serata francese, che inizia e finisce in anticipo: con questo criterio, anche se dal computo sono esclusi giochi, notizie, sport e pure la pubblicità, Raiuno dovrebbe spezzettare in più giorni una pellicola di Steven Spielberg o di Ron Howard. Come fa, ancora, il satellite di Rupert Murdoch con i canali Cinema e Sky Uno, zeppi di successi americani? E ancora. Franceschini Tv ordina una dieta di intrattenimento al pubblico e un’ abbuffata di cinema e fiction italiane in lingua originale. The Young Pope di Paolo Sorrentino, girato in inglese con attori perlopiù inglesi (Jude Law e Diane Keaton), rispetta l’ italianità? Più che una battuta, le tv cercano una soluzione per respingere Franceschini che, in un biennio, vuol portare dal 10 al 20% del fatturato la spesa per il cinema e la fiction europea e italiana (il 30 per Viale Mazzini). Il ministro risponde all’ esigenza di tutelare un mercato nazionale per anni sfiancato e non protetto dai vigilanti – l’ Autorità di controllo (Agcom) è sempre parca di multe – e fin qui ha ragione, ma poi esagera perché, con un colpo di teatro, anzi di cinema, ha tentato di fregare Mediaset & C. E fregare il Biscione, insegna l’ ultimo quarto di secolo, è assai complesso. Se Franceschini ha l’ ossessione del made in Italy, le televisioni hanno la concorrenza spietata di Netflix e Google, le televisioni non lineari che vanno su Internet e sfruttano l’ economia di scala: pagano milioni di euro serie tv che vendono ovunque, spendono spiccioli in Italia e lasciano mance. Il governo è inerme, Internet non prevede concessioni a differenza delle televisioni classiche. Quant’ è bello negoziare e giocare sporco Con l’ avvento di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, dopo la gestione dei Rapporti col Parlamento in epoca Enrico Letta (lui, sì, fregato dal compagno Dario), Franceschini si è rintanato al ministero della Cultura, un luogo ideale per coltivare le relazioni, influenzare la comunicazione, guadagnare passerelle col papillon. E poi con la cultura si mangia, e poi la cultura è di sinistra. Franceschini ha varato una riforma del Cinema ancora imbozzolata con pochi fondi reali e pochi decreti attuativi. Per completare un’ opera incompleta, adesso si è concentrato sulle televisioni. Per un paio di anni, attorno a un tavolo ampio e non proprio sintetico che riunisce i dirigenti delle aziende e le associazioni di categoria, al ministero hanno ragionato sul contestato decreto delegato che stravolge il “Tusmar”, il testo unico delle leggi sul settore radiotv: sistema inglese secco oppure sistema francese corretto, quote ritoccate o quote raddoppiate, chissà. C’ era fra i partecipanti la sensazione di lavorare con la stessa efficacia con cui in Parlamento lavorano alla legge elettorale. A vuoto. Durante le vacanze d’ agosto, però, i solerti tecnici di Franceschini, ispirati dal consigliere giuridico Lorenzo Casini, hanno spedito una bozza agli editori tv. Per non rinviare la pratica al già sovraccarico settembre e non interrompere il dialogo con il ministero, le televisioni hanno replicato con alcune proposte di modifica e aspettano i documenti conclusivi. Ma Franceschini fa giochi di prestigio: il 12 settembre a Sky e sorelle ha inviato un testo, a palazzo Chigi un altro, definitivo e più severo. Così è intervenuto Paolo Gentiloni che non ha ammesso il decreto in Cdm, ancora incagliato all’ ufficio legislativo e, di fatto, ritornato al mittente. Cosa devi guardare lo decide il governo Il ministro non è riuscito a compattare il centrosinistra, ma è riuscito laddove mediatori esperti avevano fallito: Sky Italia, Mediaset, Discovery, Rai, La7 si muovono in gruppo. Le televisioni hanno esaminato il decreto e presentato delle simulazioni per valutare gli impatti sul bilancio e sui palinsesti. Voce denaro: gli investimenti passano da 750 milioni di euro del 2015 a 1,3 miliardi nel 2019, una follia per budget stanziati da mesi. Voce palinsesti: il 90 per cento delle quote – società indipendenti, europee e italiane – è riservato a contenuti narrativi, più cinema e fiction, meno intrattenimento. E di conseguenza, la guida ai programmi diventa Franceschini Tv: “Si tratta di un’ impostazione che non trova riscontro nella direttiva europea, che si risolve in una grave e ingiustificata restrizione dell’ autonomia d’ impresa ed editoriale”. Un referente di una grossa tv confida nel ruolo di Palazzo Chigi: “Ormai la materia è del governo, il testo di Franceschini sarà quasi azzerato”. Il ministro si fa assistere da Salvo Nastasi, ex direttore generale dello Spettacolo dal Vivo, nominato da Renzi vicesegretario di palazzo Chigi e commissario per la bonifica di Bagnoli. E qualcuno si lamenta: “È in conflitto di interessi, la suocera è Matilde Bernabei di Lux Vide”. Altri esultano: “Franceschini è stato messo sotto tutela”. Tra veleni e sospetti, lo schiaffone di Franceschini alle televisioni sarà una carezza. Non ne patiranno le televisioni, non se ne gioverà il cinema italiano.

Al cronista scomodo non resta che l’ esilio

Il Fatto Quotidiano
Enrico Caria
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Il volto sorridente di Giulio Regeni dipinto sulla tenda dell’ ingresso; nell’ atrio la piccola jeep di plastica verde dove la camorra sorprese Giangarlo Siani: siamo al Palazzo delle Arti di Napoli, sede in questi giorni di “Imbavagliati”, il Festival Internazionale di Giornalismo Civile che da tre anni dà voce ai giornalisti perseguitati nei loro paesi. Qualche numero: 74 assassinati e 348 in carcere o rapiti nel solo 2016, a migliaia picchiati, feriti, licenziati. Poi ci sono quelli in fuga come il turco Fehim Tastekin e il venezuelano Tulio Hernandez. “Tutto parte con la pacifica rivolta ecologista di Gezi Park del 2013 – dice Tastekin – Erdogan sfrutta l’ occasione per demonizzare tutti gli oppositori. Dopo l’ uccisione nel luglio 2015 di due poliziotti a Ceylampinar da parte dell’ Isis, inglobata la destra nazionalista, Erdogan si lancia in una offensiva contro i curdi. Dopo il tentato di colpo di stato del 2016, dichiara lo stato di emergenza, chiude 180 organi di stampa e lascia 10 mila lavoratori senza lavoro; quindi altri 2700 giornalisti licenziati su pressione del governo, 800 tesserini ritirati e beni confiscati a 54 giornalisti, mentre 130 di loro finiscono anche dietro le sbarre”. Conclude Tastekin: “Non posso tornare per via di un mio libro sui curdi e ora lavoro da Beirut”. “Dal racconto di Tastekin – afferma Hernandez – direi che Maduro ed Erdogan sono fratelli, ma non gemelli. Più che un fascismo alla turca infatti, quello che monta oggi in Venezuela è una sorta di neo-autoritarismo. In una dittatura vecchio stampo la censura è sempre preventiva, invece da noi non ci sono così tanti detenuti politici, né troppo carcere per i giornalisti, perché col neo-autoritarismo la censura è molto più sottile. Si maschera dietro a una parvenza di democrazia”. “In Venezuela – racconta – il governo possiede due televisioni nazionali, 300 emittenti locali, circa 40 radio e tutti i giornali locali distribuiti gratuitamente. In quanto ai media privati, sono stati comprati quasi tutti da personaggi vicini al governo. Dei quattro grandi quotidiani nazionali ce n’ è uno, El National, che è ancora indipendente, ma il direttore e la redazione sono in esilio. Me compreso. Abbiamo anche due tv indipendenti, ma non si occupano mai di politica. Né della gente, che per comprare il pane o il caffè si fa pure cinque, sei ore di fila e che muore per mancanza di medicine. Sono 30.000 i venezuelani che ogni giorno passano il confine con la Colombia per comprare beni di prima necessità. Perfino gli assorbenti”. Prosegue il giornalista venezuelano: “Esiste anche una forma di autocensura codificata per descrivere la realtà, una specie di neolingua, come in Orwell. Se un giornalista la vìola viene cacciato. Se poi insiste, magari sul web, allora arrivano i collettivos, squadracce al soldo del governo e gli bruciano l’ auto o l’ accoltellano. Casi estremi, ma comunque 284 attacchi negli ultimi tre mesi. Il vero lavaggio del cervello però, il governo lo fa con intrusioni quotidiane di El Presidente nei normali programmi tv”. Hernandez sorride e scuote il capo: “Il momento clou di una tenelovela? Una madre per esempio, sta finalmente rivelando al figlio la vera identità di suo padre zap! Il programma si interrompe e sullo schermo appare il faccione di Maduro”. “In quanto a me – conclude Hernandez – quando il presidente ha dichiarato a reti unificate che i miei tweet incitavano al golpe, mi sono rasato a zero e sono fuggito in Colombia e di lì a Madrid. Ora la mia missione principale è spiegare in Europa che Maduro non è di sinistra”. A imbavagliare i giornalisti non sono solo i regimi autoritari: “La scelta dell’ Italia di pagare le milizie per bloccare il flusso di profughi e migranti dall’ Africa è un tragico errore” afferma il libico Salah Zater, attivista per i diritti umani passato al giornalismo durante la guerra civile; Salah è fuggito in Germania in seguito alle aggressioni subite: “Con i soldi italiani le milizie compreranno più armi e se non riceveranno più denaro useranno i profughi come arma di ricatto”.

Aggredita una troupe Rai Grillo: giornalisti sono i nemici

La Repubblica

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ROMA. Momenti di tensione alla kermesse Italia a Cinque Stelle di fronte al gazebo “Villaggio Rousseau” quando, nel pomeriggio, un folto gruppo di attivisti ha circondato e pesantemente contestato una troupe di RaiNews24 che intervistava il senatore Nicola Morra. «Vai via», hanno urlato con rabbia più volte alcuni militanti, cercando di interrompere il lavoro della giornalista Enrica Agostini e della troupe. Sono intervenuti il servizio d’ ordine e la polizia per calmare gli animi. Spintoni e urla contro i cronisti anche durante l’ arrivo della sindaca di Roma, Virginia Raggi. «Vergogna, vergogna» e «menategli a ‘sti giornalisti» hanno urlato alcuni mentre altri hanno gridato «avvoltoi, avvoltoi» durante il breve e movimentato percorso della sindaca verso il gazebo di Roma Capitale. Il Movimento Cinquestelle si è scusato: «Ci dissociamo dall’ episodio di aggressione verbale nei confronti della giornalista Rai e della sua troupe». Ma anche ieri Grillo è tornato all’ attacco della categoria: «I giornalisti sono i nemici». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il direttore editore con il sangue blu restava a dormire nel suo giornale

La Verità
CESARE LANZA
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cesare lanzaEra un uomo d’ altri tempi, intelligente, affabile, curioso, coraggioso, piacevolissimo. Non condividevo alcune sue idee. Ma con lui ho vissuto mesi bellissimi, forse la stagione più libera e spensierata della mia vita professionale. Alessandro Perrone – Sandrino per tutti – era comproprietario ed editore del Messaggero di Roma e del Secolo XIX di Genova. Del quotidiano romano era anche l’ innovativo, rivoluzionario direttore. E Piero Ottone era direttore del quotidiano genovese: quando si trasferì a Milano a dirigere il Corriere della Sera, Sandrino assunse anche la direzione del «Decimonono» (i liguri lo chiamano così). Ma a Genova Perrone non veniva quasi mai: dapprima designò Marco Cesarini Sforza (uno dei più quotati giornalisti al Messaggero) come vicedirettore, e dopo di lui nominò me. Così, a 30 anni, mi trovai a dirigere un giornalone storico, in una condizione di meravigliosa libertà. A Roma, per il controllo del Messaggero, era in atto una guerra di famiglia. Da una parte Sandro, comproprietario al 50%, con le sue sorelle Isabella e Vittoria; dall’ altra suo cugino Ferdinando, proprietario a sua volta con le sue sorelle del restante 50% e responsabile dell’ amministrazione. Il guaio fu che i due cugini non andavano d’ accordo e a un certo punto Ferdinando – scontento della direzione di Sandro – cedette la sua quota a Edilio Rusconi. Questi tentò inutilmente di imporre il direttore che aveva designato, Luigi Barzini junior. Quando Barzini provò a introdursi nello storico portone del Messaggero in via del Tritone, trovò il marciapiede presidiato da giornalisti, sindacalisti, manifestanti. Il braccio di ferro durò a lungo. Inevitabili gli scontri giudiziari, con istanze contrapposte, fino a quando un magistrato stabilì l’ illegittimità del licenziamento di Alessandro. Da Genova, parteggiando apertamente per il «nostro» direttore Sandrino, seguivamo con comprensibile emozione la disfida romana. Paradossalmente, la situazione del Secolo XIX era ideale. Perrone non solo aveva molta simpatia per me, e fiducia, ma comunque non si muoveva da Roma, temendo un blitz del cugino Ferdinando e la presa del castello da parte di Rusconi e Barzini. Addirittura si diceva che si sacrificasse a dormire in redazione, nei giorni più caldi! Mi telefonava – neanche tutti i giorni – e chiedeva sbrigativi aggiornamenti, ci scambiavamo qualche frase affettuosa, o di circostanza; niente di più. Mi sembrava di vivere in paradiso: la redazione (ero il più giovane) mi aveva accolto con ostilità e diffidenza, quando Ottone mi aveva assunto nell’ autunno del ’69, per dirigere i servizi sportivi, e ancor di più quando Piero mi aveva promosso caporedattore. Ma allorché Ottone passò al Corriere la maggior parte dei giornalisti prese a solidarizzare finalmente con me. E ancor più quando fui nominato vicedirettore e tutti insieme seguivamo il conflitto Alessandro-Ferdinando per il controllo dei giornali (non solo del Messaggero ma anche del Secolo XIX i due cugini erano comproprietari a metà). Negli anni Settanta succedeva qualsiasi cosa: la situazione economica era disastrosa, il terrorismo dilagava con le Br, i rapimenti erano all’ ordine del giorno. Genova era spesso al centro di tutto. Com’ era successo 10 anni prima, nel 1960: il 30 giugno fu la rivolta in piazza De Ferrari a portare alla caduta del governo di Fernando Tambroni, sostenuto dal Msi. Nei primi anni Settanta, quando ero al Secolo XIX, a Genova successe di tutto: il sequestro del giudice Mario Sossi, ovvero il primo clamoroso rapimento ad opera delle Br e molti altri successivi delitti dei terroristi; il rapimento della giovane studentessa Milena Sutter, poi ritrovata morta, l’ arresto e la condanna di Lorenzo Bozano; una nave, la London Valour, colata a picco davanti al porto. E infine una devastante alluvione. Per me fu una gavetta giornalistica, ad alto livello e in un ruolo di responsabilità, indimenticabile: prima sotto gli indirizzi Ottone, poi nel l’ incredibile stato di libertà concessomi da Sandrino. Un’ esperienza unica, irripetibile, pressoché romanzesca. Sandrino non era un direttore qualsiasi o, peggio, un direttore padrone. Era aperto alle novità. Dava grande spazio ai giornalisti, per tutti aveva rispetto, per molti evidente stima e anche affetto (tra gli altri, Fabrizio Menghini, capo del settore giudiziario; Nino Longobardi, costume; Ruggero Guarini, cultura). Era indulgente, comprensivo. Aveva realizzato una straordinaria rivoluzione grafica, primo in Italia, grazie a due maestri del settore, Piergiorgio Maoloni e Pasquale Prunas. Sandro era diventato direttore nel 1952 alla morte del padre Mario, condividendo per vent’ anni il controllo del quotidiano, spesso con tensione e a volte ai ferri corti, con Ferdinando, prima amministratore e poi presidente della società editrice. Fino a quando, nel ’73, era scoppiata la lite decisiva. Ferdinando non approvava la gestione munifica di Sandrino, che per di più non gli consentiva alcuna ingerenza; e contrastava la linea politica, apertamente di sinistra, distaccata dai partiti e molto critica verso la Dc. Sandrino prendeva esplicitamente posizione, si batté per il centrosinistra, poi nel referendum a favore del divorzio. Era passionale, pronto a schierarsi: lo fece, ad esempio, a favore dei militanti di Potere operaio, imputati al processo per il rogo di Primavalle. Non lo frenò minimamente – anzi! – il fatto che vi fosse coinvolta la nipote Diana, figlia dell’ ostile cugino Ferdinando, nonostante i pessimi rapporti. Sandrino resistette finché gli fu umanamente possibile, con il prestigio e con le sue forze. Nel maggio del 1974 si arrese: la sorella Vittoria, anch’ essa figlia ed erede di Mario, fu convinta da Eugenio Cefis a cedere la quota di sua proprietà. Sandrino, in minoranza, non poteva fare altro che cedere il passo anche lui alla Montedison. Il 13 maggio vennero rinnovati i vertici, Cefis affidò la presidenza a un suo manager di fiducia, Raffaele Stracquadanio. E a settembre l’ operazione si concluse con l’ acquisizione, da parte di Mintedison, anche della quota che faceva capo a Rusconi. Quali erano i retroscena di questo storico passaggio di mano? Molti dubbi non sono tuttora chiariti, alcuni segreti politici sono irrisolti. Cito Luca Telese, che comunque sostiene che fu la Dc, avversata e sconfitta nel referendum per il divorzio, a indurre Alessandro Perrone alla vendita. Secondo Costanzo Costantini, Cefis condusse tutta l’ operazione per conto di Amintore Fanfani, allora segretario Dc. Piero Ottone aggiunse che la conduzione battagliera di Sandrino, proprietario e direttore, fece perdere copie e Il Messaggero si indebitò. I miei ricordi personali? Ero intenerito dal perenne sorriso di Sandrino, equilibrato e paziente, anche nei momenti più impervi; e dalla necessità che aveva, ogni pochi minuti, di portare alla bocca un aggeggio, ossigeno per i polmoni. Aveva difficoltà di respirazione e anche per questo si spense ancora giovane, a Roma, il 1 settembre 1980, a sessant’ anni neanche compiuti. Già nel 1969, quando fui assunto a Genova per lo sport, grazie a lui e ad Ottone ebbi la prima grande esperienza internazionale, come inviato. I due direttori avevano concordato che alcuni importanti servizi fossero «coperti» dalla redazione genovese e perciò fui inviato a Buenos Aires per il match tra Milan ed Estudiantes, per la Coppa Intercontinentale. Fu una partita memorabile: Nestor Combin, argentino, centravanti del Milan, fu arrestato perché accusato di aver disertato il militare. E in campo la partita era stata selvaggia: pugni in faccia a Pierino Prati e Combin, calci a tutti, i milanisti accolti all’ ingresso in campo con lanci di caffè bollente. Me la cavai. Di Sandrino mi piaceva la cortesia dei modi. A Roma i colleghi mi raccontavano che gli piacevano le donne, a volte invitava a cena signore di dubbia reputazione e le trattava come fossero principesse. E aveva la qualità di un’ ironia lieve, sottile. Una piacevolissima conversazione che ricordo con nostalgia. Oggi mi fa piacere che a Genova il nome dei Perrone figuri ancora nella proprietà del Secolo XIX. Sandrino era il terzogenito di Luigi Ferdinando Alfonso Giuseppe Mario, nipote di Ferdinando Maria Giuseppe Giuliano e discendente di Ferdinando Maria Alberto di Savoia, duca di Genova. Il nonno Ferdinando, leader di un impero (proprietario dell’ Ansaldo) aveva acquisito il «Decimonono» nel 1897: si disse che Sandrino gli assomigliasse nel sorriso e nell’ intelligenza. Poi, ci fu la decadenza della famiglia, la rinuncia all’ Ansaldo. Ma oggi Carlo, l’ erede, è ben vigile in sella. È il secondo figlio del matrimonio – che risale al 1949, celebrato a Grasse, in Provenza – tra Sandrino e Nathalie Valentine Mariella, figlia del visconte Charles de Noailles de Mouchy de Pois e di Marie Laure Bischoffsheim, mecenati e prestigiosi rappresentanti della cultura francese. Carlo è dunque di puro sangue blu e ha dimostrato competenza e scaltrezza nelle vicende editoriali. Difficile che riesca a rilanciare l’ epopea dei suoi avi. Ma, di fronte a un Perrone (per di più figlio di Sandro!), mai dire mai.

Se il giornalismo ha perso credibilità è solo colpa sua

Libero

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Negli ultimi secoli i giornali hanno influenzato la cultura e condizionato la politica, hanno avuto un ruolo importante nell’ economia e influito sulla società. Non solo perché informano il pubblico su avvenimenti importanti, ma forniscono informazioni sulla cui base molti lettori si formano opinioni che influiscono sul comportamento e sull’ etica. I mezzi d’ informazione hanno così contribuito a plasmare i valori, presentando come accettabili norme morali e stili di vita che solo alcuni anni fa sarebbero stati respinti. Un’ influenza che richiede la capacità di pensare per stabilire quanto è attendibile ciò che leggiamo. In un sondaggio condotto in due Paesi europei importanti come la Gran Bretagna e la Francia, fu chiesto a duemila persone di indicare il grado di fiducia che avevano in 13 diverse istituzioni. La stampa si classificò all’ ultimo posto, dopo politica e grande industria. Non credo che la situazione in Italia sia molto diversa, anche da noi molte persone dubitano delle notizie che sentono o leggono. L’ informazione può essere manipolata in modo sottile anche nei Paesi dove c’ è libertà di stampa. Spesso i giornalisti manifestano incompetenza, superficialità, idee preconcette, non verificano le fonti e hanno interesse a distorcere le notizie. Presentano solo determinati fatti anziché tutta la verità. Non sorprende che la loro credibilità sia messa in discussione. Per esempio, c’ è da sorprendersi se in un Paese dove prevale una certa religione o un certo partito, sono stati messi a tacere o sminuiti fatti scandalosi in cui sono coinvolti? Il travisamento dei fatti è spesso il risultato di un modo di informare sommario e anche articoli pubblicati in buona fede possono divulgare rapidamente gravi mistificazioni. Così per incrementare la tiratura viene data la precedenza a tutto quello che è sensazionale o spettacolare. Anche se i fatti sono inconfutabili, sono i giornali a decidere da quale angolazione saranno presentati. Per esempio una squadra di calcio potrebbe aver perso una partita. Questo è un fatto. Ma il perché della sconfitta può essere spiegato in modi molto diversi. In altri ambiti, nel tentativo di esporre i fatti in maniera avvincente, spesso si tralasciano dettagli che complicherebbero le cose. Il risultato è che alcuni fatti vengono ingigantiti, altri minimizzati e altri ancora del tutto omessi, con dettagli rilevanti. Conclusione? Come disse August von Schlozer, storico e giornalista tedesco della seconda metà del XVIII secolo: «Stolto è l’ uomo che non legge mai il giornale; ancor più stolto è l’ uomo che crede a quello che legge solo perché è scritto nel giornale». È la stampa, bellezza! riproduzione riservata.


Rassegna Stampa del 25/09/2017

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Indice Articoli

“Pop Vicenza voleva che comprassi l’ Unità”

Quali regole per il giornalista nell’ era del web?

Grillo, gli insulti e la caccia al giornalista il candidato premier è d’ accordo con lui?

Incentivi e lavoro ecco come le regioni del sud investono sul cinema

A Napoli via libera al bando (anche) per le opere sul web e la diffusione nelle scuole

Dal Gargano fino a Lecce: in 1200 hanno trovato già un’ occupazione stabile

In Basilicata sono nate 9 società cinematografiche Pronte altre dieci iniziative

Per fiction e documentari in arrivo 600 mila euro La Calabria punta sui «big»

“Pop Vicenza voleva che comprassi l’ Unità”

Il Fatto Quotidiano

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Nuovi particolarisugli incroci pericolosi tra Pd renziano e banche li ha messi a verbale nell’ inchiesta sul crac di Pop Vicenza Bernardini De Pace: l’ editore 68enne – scrive La Verità – ha svelato ai pm che nel 2014 venne a sapere che alla cena di finanziamento di Renzi a Milano al tavolo del tesoriere dem Bonifazi c’ erano ben 2 vicedirettori della banca veneta; l’ anno dopo uno dei due (Giustini) “mi chiese se ero interessato ad editare L’ Unità () Ho rifiutato l’ offerta e da allora Giustini ha evitato ogni rapporto con me”.

Quali regole per il giornalista nell’ era del web?

La Stampa
MARCELLO SORGI
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Giunto alla settima rinnovata edizione, il libro di testo su cui si sono formate ormai diverse generazioni di nuovi giornalisti, di quelli che vanno a imparare il mestiere nelle università (Ruben Razzante, Manuale di diritto dell’ informazione e della comunicazione , Cedam Scienze giuridiche, pp. 647, 40), non può sfuggire a una domanda che l’ evoluzione, insieme, del giornalismo e delle tecnologie pone in modo sempre più stringente. Ha ancora senso parlare di regole per il buon giornalista, di diritti e doveri, di rispetto per il lettore-telespettatore-ascoltatore, in un’ epoca in cui l’ informazione informale, o se si preferisce, la condivisione, insomma il giornalismo, chiamiamolo ancora così, di internet e dei social s’ è imposto su quello tradizionale, contestandolo apertamente, con l’ obiettivo di convincere chi vuol essere informato a fare a meno dei giornalisti professionisti? Non è un problema di difesa corporativa, ci mancherebbe. In fondo, la Costituzione, garantendo la libertà d’ opinione, protegge chiunque voglia fare informazione in qualsiasi modo, lasciando liberi i cittadini di informarsi come credono e anche di farsi idee bislacche in base a informazioni false o sbagliate. Si veda la vicenda dei vaccini resi obbligatori e del movimento No-vax che contestandoli ha terremotato l’ inizio del nuovo anno scolastico. Eppure ci dev’ essere una ragione se 22 anni fa una legge (la «par condicio»), ritenendo superiore l’ interesse della democrazia, intervenne per imporre limiti all’ informazione e alla propaganda politica in tv in conseguenza della scesa in campo di Berlusconi, mentre oggi le campagne elettorali si fanno anche e soprattutto sulla rete senza alcun principio o imposizione di cui tener conto. E soprattutto senza alcun timore per la stessa democrazia che si riteneva a ragione minacciata dalla pressione mediatica esercitata da un imprenditore proprietario di tre reti tv, quando oggi agisce in libertà assoluta un movimento-partito cofondato da un imprenditore del web. Il giornalismo e l’ informazione continuano così a produrre problemi nuovi che non riguardano più solo i giornalisti, professionisti o no, ma l’ intera società in cambiamento. Tal che, per la prossima edizione del manuale, ci permettiamo di suggerire un approfondimento sul tema delle fake news: hai visto mai che la rinascita del giornalismo di qualità debba avvenire sull’ onda delle bufale che si moltiplicano fino a rendere difficile distinguere le notizie false da quelle vere? BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Grillo, gli insulti e la caccia al giornalista il candidato premier è d’ accordo con lui?

La Repubblica
SEBASTIANO MESSINA
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Ieri Beppe Grillo si è presentato ai giornalisti con una mazzetta di finte banconote da 1000 euro, distribuendole ai presenti: «Ora scrivete quello che dico io: “Il Movimento 5 Stelle è il più grande movimento d’ Europa”. Scrivete così». In pratica, ha dato del venduto a ciascuno di loro. Ma Grillo è un comico e ai comici piace scherzare. L’ altro giorno, ai cronisti che gli chiedevano delle primarie, ha risposto con una domanda: «Ma non vi vergognate? Vi mangerei, solo per il gusto di vomitarvi ». Parole pesanti. Ma Grillo è un comico e ai comici piace scherzare. Cinque anni fa, nel suo “Tsunami Tour”, il leader del Movimento 5 Stelle aizzava la folla contro «i giornalisti carogne, schiavi dei loro editori», e scriveva sul suo blog che «i giornalisti non possono infestare Camera e Senato e muoversi a loro piacimento, vanno disciplinati in appositi spazi esterni al Palazzo», roba che neanche Mussolini osò pensare. Ma Grillo è un comico e ai comici piace scherzare. Continuò. Definendo ogni settimana i cronisti «pennivendoli», «inchiostratori », «falsari», «walking dead», e alla fine s’ inventò pure una gogna mediatica, nominando sul blog «il giornalista del giorno» al quale i militanti potevano divertirsi a lanciare i loro insulti. Ma Grillo è un comico, e ai comici piace scherzare. Purtroppo, non tutti i militanti del Movimento capiscono che scherza. E sabato sera una giornalista di RaiNews24, Enrica Agostini, mentre intervistava il senatore Morra alla manifestazione di Rimini, è stata insultata e spintonata da un gruppo di energumeni che le gridavano «Vai via!», mentre altri lì intorno facevano il tifo: «Menateli, a ‘sti giornalisti! ». Non avevano capito che Grillo scherzava neanche l’ anno scorso alla manifestazione nazionale di Palermo, quando i cronisti furono accerchiati e coperti di insulti. Né l’ avevano capito, il 24 gennaio di quest’ anno, gli ambulanti romani in piazza Montecitorio che – arringati da Di Battista contro i giornali e i giornalisti – si sono messi a urlare: «Ammazziamoli! ». Questo è un problema. Perché quando a non capire lo scherzo non è uno solo ma un gruppo, poi tanti gruppi e alla fine una folla, accadono cose assai poco divertenti. Adesso che però il “capo politico” del Movimento non è più un comico ma un deputato, anzi un vicepresidente della Camera, vorremmo sommessamente rivolgere all’ onorevole Di Maio una semplice domanda: questo Movimento che si candida a guidare il Paese è disposto ad accettare che la stampa eserciti il suo diritto costituzionale di libera manifestazione del pensiero e il suo compito civile di cane da guardia della democrazia? Ovvero, è pronto a riceverne le critiche, a rispondere alle sue domande anche scomode, a rispettare i giornalisti che per onorare un mestiere bellissimo devono raccontare ciò che il potere non vorrebbe rivelare? Oppure pensa anche lui che i giornalisti non debbano disturbare il manovratore, e che con mille euro – magari veri – si possa comprare il diritto di dettare un bell’ elogio del proprio partito? Ci piacerebbe avere dal candidato premier dei Cinquestelle una risposta limpida e chiara. Giusto per avere la conferma che Grillo scherzava. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Grillo offre finte banconote da 1000 euro ai giornalisti FOTO: © LAPRESSE.

Incentivi e lavoro ecco come le regioni del sud investono sul cinema

L’Economia del Corriere della Sera (ed. Mezzogiorno)

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Dalla Campania alla Sicilia: il Mezzogiorno diventa, anno dopo anno, sempre più un set cinematografico. E le ricadute sui territori – in termini occupazionali e di immagine – sono notevoli. Basti pensare che solo in Sicilia e Puglia le produzioni cinematografiche sono triplicate. In modo particolare in Puglia – dal 2007 ad oggi – sono state impiegate oltre 1200 maestranze (escluse le comparse). Film, documentari e cortometraggi – finanziate dalle istituzioni regionali (e non solo) che esaltano le identità locali. Un esempio? Le avventure del commissario Montalbano in Sicilia, un docu-film che ha fatto scoprire (non solo agli italiani) scorci di una Sicilia che pochi conoscevano. In questo momento la regione più all’ avanguardia resta la Campania che, proprio nei giorni scorsi, si è dotata – grazie ad una decisione della Regione – di una normativa sul cinema. Inoltre la Regione ha messo a disposizione 5 milioni di euro per la realizzazione di produzioni cinematografiche ed audiovisive ma anche per la diffusione della cultura cinematografica negli istituti scolastici. Non solo Campania: in Sicilia la Regione vede il cinema come polo di diffusione dell’ immagine (positiva) dell’ isola. Basta film sulla mafia, ora la Sicilia finanzia opere cinematografiche di qualità. E con un bando pubblico sono stati stanziati 2 milioni di euro. In dieci anni, invece, in Puglia sono stati girate 500 produzioni cinematografiche (compresi i cortometraggi e gli spot). In Basilicata incentivi e investimenti per Matera Capitale Europea della Cultura 2019. E in Calabria sognano un nuovo film con Matteo Garrone.

A Napoli via libera al bando (anche) per le opere sul web e la diffusione nelle scuole

L’Economia del Corriere della Sera (ed. Mezzogiorno)

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La Regione ha messo a disposizione per la filiera cinematografica campana 5 milioni di euro. Sul Burc del 18 settembre sono state pubblicate le norme attuative del piano operativo annuale di riparto delle risorse per l’ attività cinematografica e audiovisiva in Campania nel 2017. I potenziali beneficiari hanno 30 giorni di tempo a partire dalla pubblicazione, per presentare le domande per l’ ottenimento dei contributi che saranno assegnati entro novembre. La Regione ha stanziato 2 milioni e 50mila euro per lungometraggi, documentari, opere televisive e per il web, 1 milione e 700mila euro per festival e rassegne e la diffusione della cultura cinematografica presso gli istituti scolastici e 900mila euro per il sostegno agli esercizi cinematografici. In tutto 4 milioni 650mila, ai quali si aggiungono i contributi diretti alla Fondazione Film Commission e cioè 250mila euro (il 5% del Fondo regionale) per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali di promozione del comparto e delle location locali, e 85mila euro per tre specifici interventi: aggiornamento professionale, progettazione della Mediateca e promozione dei nuovi linguaggi a sostegno della creatività giovanile. Alla Film Commission sono stati anche già assegnati ulteriori 2 milioni di euro dalla Regione a valere sul Poc 2014-2020, che è il Piano operativo complementare del programma europeo Cultura 2020 grazie al quale a marzo 2016 è stato emanato pure un bando di 4 milioni di euro a cui hanno risposto 130 soggetti. Il budget disponibile per la categoria Film ha consentito il finanziamento di 65 progetti, purtroppo non la totalità di quelli ammissibili. «Siamo soddisfatti dell’ attenzione della Regione, partita con il varo a ottobre dell’ attesa legge di riordino, dopo anni di vuoto normativo», dice Maurizio Gemma, direttore della Film Commission e uno degli ispiratori della legge stessa, in quanto allora componente del Comitato competente per materia che è stato ascoltato prima della sua compilazione. «La nostra attività ora si integra all’ interno di una legge condivisa col comparto che assicura coerenza, continuità e forme efficaci di incentivazione. Anche se, fin dalla sua costituzione, nel 2005, la Film commission ha sostenuto quasi 700 progetti, di cui 100 solo nel 2016, gli ultimi 5 anni sono stati difficili per mancanza di risorse. Ora siamo più fiduciosi». LAURA COCOZZA.

Dal Gargano fino a Lecce: in 1200 hanno trovato già un’ occupazione stabile

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Se la Puglia è trendy lo si deve anche agli sforzi economici e progettuali messi in campo dalla filiera del cinema sostenuta da Regione e Comuni. E per comprendere il peso specifico di ciò che ha realizzato l’«Apulia Film Commission» basta riportare le parole del direttore generale, Antonio Parente, che racconta: «In questo momento in Puglia ci sono cinque set. Per noi è un motivo di orgoglio». D’ altronde, sono trascorsi dieci anni dalla costituzione della fondazione e i numeri parlano di una realtà vitale che ha saputo gettare le basi per sostenere anche altri comparti economici come il turismo. L’ idea di scommettere sul cinema nasce da una legge regionale del 2004 approvata dalla giunta guidata da Raffaele Fitto. Ma è il suo grande competitor, Nichi Vendola, che realizza la struttura e la fondazione a supporto del progetto. È il 2007 e l’ attività inizia a dare i primi frutti. «In realtà – afferma Parente – si partì rilevando le richieste che erano gestite dall’ assessorato regionale alla Cultura. L’ obiettivo era incentivare le produzioni mettendo a disposizione anche le strutture tecniche e le necessarie maestranze». Dal 2007 al 2017 sono stati erogati (e stanziati) complessivamente 15,5 milioni. In Puglia nello stesso periodo sono stati girati 314 film che salgono a quasi 500 se si considerano anche i cortometraggi e gli spot. Importanti le ricadute economiche: in dieci anni si stima la creazione di un giro d’ affari complessivo pari a 62,3 milioni con quasi 1.200 maestranze coinvolte (escluse le comparse). Ma quali i motivi di successo? «La Puglia – conclude Parente – è percepita in Italia e all’ estero come una regione film friendly. Esistono fattori che rendono il sistema competitivo come la professionalità delle strutture di supporto, la bellezza delle location, le condizioni ambientali favorevoli e, perché no, anche il passaparola». Negli ultimi anni sono stati girati film importanti che hanno partecipato a festival internazionali: da Toronto a Venezia, da Cannes a Shanghai. Forse uno dei più rappresentativi è «Il racconto dei racconti» di Matteo Garrone ambientato a Castel del Monte. Ma anche le due pellicole di Ferzan Özpetek «Allacciate le cinture» e «Mine vaganti». Ma non è tutto: l’ Apulia Film Commission organizza anche i festival (come il Bif&st) e gestisce tre cineporti (Bari, Lecce e Foggia). Un pacchetto chiavi in mano. VITO FATIGUSO.

In Basilicata sono nate 9 società cinematografiche Pronte altre dieci iniziative

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Dopo il Lazio, la Basilicata è la regione che ha finanziato più cortometraggi in Italia. Oggi è proiettata verso Matera Capitale europea della cultura 2019. «Intorno a questo evento – spiega Paride Leporace, direttore di Lucana Film Commission – ruoteranno importanti momenti cinematografici. Saranno inseriti in un programmazione che si svilupperà nel tempo». Le ricadute territoriali dei cofinanziamenti della Fondazione si quantificano anche nella nascita, grazie al progetto «bando alla crisi» del 2013, di nove società cinematografiche locali. Con lo sguardo rivolto alle produzioni, grande riscontro ha generato il remake «Un paese quasi perfetto», ambientato nelle dolomiti lucane. Ha valorizzato il cosiddetto «volo dell’ angelo» che permette, imbracati e appesi ad un cavo d’ acciaio, di «volare» tra le vette di Castelmezzano e Pietrapertosa. Per un valore di 2 milioni di euro ha avuto un cofinanziamento di 120 mila euro. Liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone, nel film «Veloce come il vento», la corsa finale è stata ambientata nel tratto che parte dalla Pista Mattei di Pisticci, costeggia e sale nei calanchi, per poi attraversare i Sassi di Matera. Due Davide di Donatello sono andati alla fortunata «Noi e la Giulia» che ha avuto un cofinanziamento di 200 mila euro. La parte girata in Basilicata ha messo al centro una masseria del Seicento, a Pomarico nella collina materana. Altre riprese sono state concentrate nel centro storico di Montescaglioso e sulla strada panoramica che collega Matera a Metaponto. Successo di audience, invece, è giunto per la serie televisiva «Sorelle» di Rai 1, ambientato a Matera con un cofinanziamento di 200 mila euro. Tra i progetti futuri, oltre il rinnovo triennale del protocollo LuCa, sottoscritto tra le Regioni Basilicata e Calabria, per la produzione in sinergia di diversi film (la miniserie Trust che racconta il sequestro di John Paul Ghetti III e The Millionairs, girato sui monti calabresi e lucani del Pollino e presentato di recente a Venezia) è stato sottoscritto un accordo con Bollywood. Metterà insieme Lucana Film Commission, Regione Basilicata, Direzione generale Cinema e Wtc Basilicata. Si concretizzerà in 10 produzioni con una registrazione di tre all’ anno. «Considerato il successo dei nostri cortometraggi – conclude Leporace – è in già in programma un nuovo bando, che servirà a stimolare l’ economia lucana». C. S.

Per fiction e documentari in arrivo 600 mila euro La Calabria punta sui «big»

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Parlare di Calabria Film Commission, in questi giorni, riporta subito la mente al lungometraggio «A Ciambra». Ambientato a Gioia Tauro, racconta la vita delle locali famiglie rom. Dal 31 agosto nei cinema, è tra i 14 film italiani candidati in lizza per gli Oscar, dopo essere tornato vincitore dal festival di Cannes. «Abbiamo già vinto su tutti i fronti – spiega il presidente Giuseppe Citrigno – oltre i noti riconoscimenti, con un cofinanziamento di 70mila euro per un valore di produzione di circa 1 milione di euro, abbiamo ottenuto un’ altissima ricaduta sul territorio». Sulla scia dei festeggiamenti anche il cortometraggio «The Millionairs», girato sui monti del Pollino e presentato a Venezia, con Claudio Santamaria nella nuova veste di regista. Per un valore di produzione di 350mila euro ha avuto un cofinanziamento pari a 50mila euro. «In questo caso – aggiunge Citrigno – si tratta di una coproduzione che coinvolge in sinergia la Basilicata e la Calabria». Nel 2016, infatti, le due Regioni hanno sottoscritto il protocollo denominato LuCa, rinnovato per altri 3 anni. Mette insieme le forze per valorizzare entrambi i territori. Rientra in questa stessa collaborazione, la mini serie di 10 puntate dal titolo «Trust» che racconta il sequestro di John Paul Ghetti III. È ambientato, per la parte calabrese, a Civita, Orsomarso e a Camigliatello Silano, mentre in Basilicata a Matera e a Trecchina. Per 9 settimane sono state coinvolte 350 persone, tra maestranze tecniche e artistiche, totalizzando una ricaduta sul territorio di circa 2 milioni di euro. Grande è l’ attesa per il film che racconta la storia di Riace, città posta a modello europeo dell’ accoglienza dei migranti. Cofinanziato con un fondo speciale della Regione Calabria, staccato dal bilancio di Film Commission, andrà in onda su Rai 1 nel mese di febbraio e vedrà Beppe Fiorello nei panni del sindaco Domenico Lucano. In questi giorni è in corso l’ aggiudicazione del «Bando produzione» che ha una dotazione di 600mila euro e cofinanzierà fiction, serie web e documentari da scegliere tra i 50 progetti presentati. «Visto il valore culturale e turistico- conclude Citrigno – mi auguro di poter avere, nei prossimi anni, la disponibilità di maggiori fondi da utilizzare in una programmazione triennale, per attirare case cinematografiche internazionali». E così tra i progetti futuri c’ è il sogno di avere Matteo Garrone per una nuova edizione di Pinocchio. CONCETTA SCHIARITI.

Rcs, redattori locali in sciopero per mancanza di rinnovo di contratto a termine

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Dopo la proclamazione dello stato di agitazione, i Comitati di redazione di Corriere Fiorentino, Corriere del Veneto e Corriere di Verona, Corriere del Trentino e Corriere dell’Alto Adige hanno indetto per oggi, lunedì 25 settembre, il primo giorno di sciopero del pacchetto di 5 affidato ai Cdr. Alla mobilitazione ha aderito anche la redazione del Corriere di Bologna.
I giornalisti dei dorsi del Corriere della Sera protestano contro la decisione dell’azienda di non rinnovare i contratti a tempo determinato che abbiano superato i sei mesi di durata. Decisione che imporrebbe la perdita di posti di lavoro, oltre alla frustrazione delle aspettative di chi, a volte per anni, ha contribuito alla realizzazione dei quotidiani locali lavorando con contratti precari. Inoltre, si vengono così a minare i fisiologici meccanismi di avvicendamento all’interno delle redazioni e, con essi, il ruolo che spetta al direttore. Senza contare l’effetto negativo che un tale turn over avrebbe sulla qualità del lavoro delle redazioni e dei prodotti editoriali, in un momento in cui l’informazione locale viene premiata dai lettori.
Per il Corriere Fiorentino si tratta del primo sciopero in quasi 10 anni di vita, per le redazioni del Corriere del Trentino e del Corriere dell’Alto Adige è la seconda astensione dal lavoro nell’arco di poco tempo. I comitati di redazione, d’intesa con le Associazioni regionali di Stampa e con la Fnsi, chiedono un incontro urgente con l’azienda e ribadiscono la disponibilità a trovare percorsi d’intesa condivisi che garantiscano occupazione e qualità dell’informazione.

«Vogliamo credere nelle parole del presidente Urbano Cairo, che ha detto di voler investire nei giornali locali del gruppo Rcs: ma investire in una testata giornalistica significa investire nelle persone che fanno ogni giorno il giornale, non perdere queste professionalità», osservano i Comitati di redazione.
La Federazione nazionale della Stampa e le Associazione di Toscana, Veneto, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna esprimono solidarietà ai colleghi e sostegno alle ragioni che hanno indotto i giornalisti a scioperare contro la precarietà dilagante anche nelle grandi aziende come il gruppo Rcs e contro un modo di fare impresa che contempla solo tagli agli organici, promesse disattese e dinieghi rispetto a qualsiasi forma di dialogo con i lavoratori.

Circolare n. 33 del 25/09/2017 – Par condicio stampa quotidiane e periodica ed emittenti radiotelevisive. Disposizioni in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relativa alle campagne per le elezioni del Presidente e dell’assemblea della regione Sicilia indette per il giorno 5 novembre 2017

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Con la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 356/17/CONS in corso di pubblicazione in G.U., sono state pubblicate le disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione prevista dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28 relativa alle campagne per le elezioni del Presidente e dell’assemblea della regione siciliana indette per il giorno 5 novembre 2017

STAMPA QUOTIDIANA E PERIODICA

Gli editori di quotidiani e periodici che intendano diffondere, a qualsiasi titolo, messaggi politici elettorali, sono tenuti a dare notizia dell’offerta dei relativi spazi attraverso un apposito comunicato preventivo da pubblicare sulla testata stessa entro il 26 settembre 2017. La pubblicazione dei messaggi politici elettorali potrà avvenire solo a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione del comunicato preventivo e dall’adozione del documento analitico.

Ove, in ragione della periodicità della testata, non sia stato possibile pubblicare sulla stessa, nel termine predetto, il comunicato preventivo, la diffusione dei messaggi non potrà avere inizio che dal numero successivo a quello recante la pubblicazione del comunicato sulla testata, salvo che il comunicato sia stato pubblicato su altra testata, quotidiana o periodica, di analoga diffusione.

La pubblicazione del comunicato preventivo costituisce condizione per la diffusione dei messaggi politici elettorali. In caso di mancato rispetto del termine stabilito, la diffusione dei messaggi può avere inizio dal secondo giorno successivo alla data di pubblicazione del comunicato stesso.

Il comunicato preventivo (v. Allegato A come esempio) deve essere pubblicato in modo da essere ben evidenziato sia per collocazione che per modalità grafiche, e deve precisare:

a) le condizioni generali dell’accesso;

b) l’indirizzo ed il numero di telefono della redazione della testata presso cui è depositato il documento analitico, consultabile su richiesta. Quindi, anche laddove vi sia una concessionaria di pubblicità esterna, l’obbligo di redazione e conservazione del documento analitico ricade a carico dell’editore, fermo rimanendo, chiaramente, la facoltà di concordare tra le parti le politiche commerciali in tema di comunicazione elettorale nel rispetto della normativa.

Il documento analitico (v. Allegato B come esempio) deve contenere:

  • le condizioni temporali di prenotazione degli spazi con puntuale indicazione del termine ultimo, rapportato ad ogni singolo giorno di pubblicazione entro il quale gli spazi medesimi possono essere prenotati;
  • le tariffe per l’accesso a tali spazi, nonché le eventuali condizioni di gratuità;
  • ogni eventuale ulteriore circostanza od elemento tecnico rilevante per la fruizione degli spazi medesimi; in particolare, la definizione del criterio di accettazione delle prenotazioni in base alla loro progressione temporale.

Ogni editore è tenuto a fare verificare in modo documentale, su richiesta dei soggetti politici interessati, le condizioni praticate per l’accesso agli spazi in questione, nonché i listini in relazione ai quali ha determinato le tariffe per gli spazi medesimi.

I messaggi politici elettorali devono essere pubblicati in appositi spazi debitamente evidenziati, con modalità uniformi e recare la dicitura “messaggio elettorale” con l’indicazione del soggetto politico committente.

Sono ammesse soltanto le seguenti forme di messaggio politico elettorale:

a) annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze, discorsi;

b) pubblicazioni destinate alla presentazione dei programmi delle liste, dei gruppi di candidati e dei candidati;

c) pubblicazioni di confronto tra più candidati.

La disciplina in oggetto non si applica agli organi ufficiali di stampa dei partiti e movimenti politici e alle stampe elettorali di coalizioni, liste, gruppi di candidati e candidati. Si considera organo ufficiale di partito o movimento politico il giornale quotidiano o periodico che risulti registrato come tale, ovvero che rechi indicazione in tale senso nella testata, ovvero che risulti indicato come tale nello statuto o altro atto ufficiale del partito o del movimento politico.

Inoltre, è previsto come adempimento obbligatorio che i partiti, le forze politiche, le coalizioni e le liste comunichino, contestualmente all’apertura della campagna elettorale, all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ogni indicazione necessaria a qualificare gli organi ufficiali di stampa dei partiti e dei movimenti politici.

TESTATE TELEMATICHE

Pur non essendoci specifica disciplina in tema di par condicio per le testate telematiche, le testate giornalistiche online equiparate a quelle cartacee. Un’ulteriore conferma arriva dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che, dietro nostra esplicita richiesta, si è espressa sulla questione. La disciplina in vigore, in attuazione della legge 28/2000, è riferita espressamente al settore dei  quotidiani e dei periodici a stampa nonché al settore radiotelevisivo. E nessuna modifica o integrazione inerente l’editoria elettronica. Oggi, in virtù di quanto espresso dall’Agcom, le testate telematiche iscritte al tribunale o al Roc, debbono rispettare tutti gli obblighi e gli adempimenti richiesti.

SONDAGGI POLITICI ED ELETTORALI

I sondaggi possono essere diffusi soltanto se contestualmente resi disponibili dal committente nella loro integralità e corredati della “nota informativa” sull’apposito sito web istituito e tenuto a cura del Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (www.sondaggipoliticoelettorali.it).

La “nota informativa” costituisce parte integrante del sondaggio, deve essere sempre evidenziata con apposito riquadro e deve contenere le seguenti indicazioni (di cui è responsabile il soggetto che realizza il sondaggio):

a) il soggetto che ha realizzato il sondaggio;

b) il nome del committente e dell’acquirente;

c) l’estensione territoriale del sondaggio (specificare unicamente se nazionale, regionale, provinciale o comunale);

d) la consistenza numerica del campione di rispondenti, il numero o la percentuale dei non rispondenti e delle sostituzioni effettuate;

e) la data o periodo in cui è stato condotto il sondaggio;

f) l’indirizzo o il sito informatico dove è disponibile il documento completo riguardante il sondaggio.

La nota informativa deve essere pubblicata nei mezzi di comunicazione di massa, unitamente al sondaggio in forma descrittiva o sintetica, in formato elettronico, testuale, verbale e/o grafico.

Nei lanci di agenzia, in luogo della nota informativa, sono indicati, nel corpo del testo, solo il soggetto realizzatore e l’oggetto del sondaggio, fermo restando l’obbligo del mezzo di comunicazione di massa che riprende la notizia di pubblicare la nota informativa. Nel caso in cui il mezzo di comunicazione di massa riporti la notizia o riprenda i risultati di un sondaggio precedentemente diffuso, non è tenuto a pubblicare la nota così come sopra disciplinata, ma deve fornire elementi utili ad individuare il sondaggio a cui fa riferimento.

Qualunque sia la forma scelta, la pubblicazione dei sondaggi deve rispettare la normativa sulla tutela della privacy e i dati devono essere pubblicati in modo tale che non si possano trarre riferimenti individuali atti a consentire il collegamento con singole persone fisiche o giuridiche.  Durante le campagne elettorali e referendarie, nel caso in cui i mezzi di comunicazione di massa, comprese le agenzie di stampa, diffondono la notizia, da chiunque divulgata, dell’esistenza di un sondaggio, devono chiarire contestualmente o, comunque, non oltre le 48 ore dalla divulgazione della notizia, se il sondaggio sia stato o meno realizzato con le modalità previste dal regolamento in oggetto. Nel caso in cui la precisazione non sia contestuale, essa deve avere il medesimo rilievo, per fascia oraria, collocazione e caratteristiche editoriali, con cui è stata diffusa la notizia inerente il sondaggio. Nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni e fino alla chiusura delle operazioni di voto è vietato rendere pubblici o comunque diffondere i risultati, anche parziali, di sondaggi sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori, anche se tali sondaggi sono stati realizzati in un periodo antecedente a quello del divieto. E’ altresì vietato riportare dichiarazioni concernenti i risultati di sondaggi politici ed elettorali rilasciate da esponenti politici o da qualunque altro soggetto in qualsiasi sede, a meno che i sondaggi cui tali dichiarazioni si riferiscono non siano già stati resi pubblici, secondo le forme stabilite dal regolamento in oggetto, nel periodo precedente a quello del divieto.

EMITTENTI RADIOTELEVISIVE LOCALI

In relazione ai programmi di comunicazione politica, trasmessi dalle emittenti radiotelevisive locali, l’Autorità ha stabilito che deve essere consentita una effettiva parità di condizioni tra i vari soggetti politici, anche con riferimento alle fasce orarie e al tempo di trasmissione. In rapporto al numero dei partecipanti e agli spazi disponibili, il principio delle pari opportunità tra gli aventi diritto può essere realizzato, oltre che nell’ambito della medesima trasmissione, anche nell’ambito di un ciclo di trasmissioni purché ciascuna di queste abbia analoghe opportunità di ascolto.

La parità di condizioni deve essere garantita nei due distinti periodi in cui si articola la campagna elettorale tra i seguenti soggetti politici:

  • I) nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature, alle forze politiche che costituiscano da almeno un anno un autonomo gruppo nei consigli regionali da rinnovare il tempo disponibile è ripartito in proporzione alla consistenza dei gruppi nel Consiglio regionale o alle singole componenti del gruppo misto;
  • II) nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura della campagna elettorale, l’accesso è garantito:

– alle liste regionali o gruppi di liste ovvero coalizioni di liste o gruppi di liste collegate alla carica di Presidente della Giunta regionale;

– nei confronti delle forze politiche che rappresentano liste di candidati per l’elezione dell’Assemblea regionale.

In tali casi, il tempo disponibile è ripartito con criterio paritario tra tutti i soggetti concorrenti.

L’eventuale assenza di un soggetto politico non pregiudica l’intervento nelle trasmissioni degli altri soggetti, ma non determina un aumento del tempo ad essi spettante. Pertanto, nel corso della trasmissione è fatta esplicita menzione delle predette assenze.  

Le trasmissioni di comunicazione politica devono essere collocate in contenitori con cicli a cadenza quindicinale all’interno delle seguenti fasce orarie:

  • emittenti televisive: dalle ore 07:00 alle ore 24:00;
  • emittenti radiofoniche: dalle ore 07:00 alle ore 01:00 del giorno successivo.

I calendari delle predette trasmissioni devono essere comunicati – anche a mezzo telefax – almeno 7 giorni prima della loro messa in onda al competente Co.Re.Com. che ne informa l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; la stessa comunicazione deve essere trasmessa, tempestivamente, per le eventuali variazioni dei predetti programmi. Laddove sia possibile, le trasmissioni di comunicazione politica devono essere diffuse con modalità che ne consentano la fruizione anche ai non udenti. Nelle trasmissioni è consentita la partecipazione di giornalisti che rivolgano domande ai soggetti politici partecipanti, nel rispetto dell’imparzialità e della pari opportunità. Inoltre, l’eventuale assenza di un soggetto politico non pregiudica l’intervento nelle trasmissioni degli altri soggetti, ma non determina un aumento del tempo ad essi spettante. In tali casi, nel corso della trasmissione è fatta esplicita menzione delle predette assenze.

Le trasmissioni di cui sopra sono sospese dalla mezzanotte del penultimo giorno precedente le votazioni.

Messaggi politici autogestiti a titolo gratuito

Nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e la data di chiusura della campagna elettorale, le emittenti televisive locali possono trasmettere messaggi politici autogestiti a titolo gratuito per la presentazione non in contraddittorio di liste e programmi.

Per la trasmissione di tali messaggi politici le emittenti devono osservare le seguenti modalità:

a) i messaggi sono trasmessi a parità di condizioni tra i soggetti politici, anche con riferimento alle fasce orarie;

b) i messaggi sono organizzati in modo autogestito e devono avere una durata sufficiente alla motivata esposizione di un programma o di una opinione politica, comunque compresa, a scelta del richiedente, fra uno e tre minuti per le emittenti televisive e fra trenta e novanta secondi per le emittenti radiofoniche;

c) i messaggi non possono interrompere altri programmi, né essere interrotti, hanno una autonoma collocazione nella programmazione e sono trasmessi in appositi contenitori, fino a un massimo di quattro contenitori per ogni giornata di programmazione. I contenitori, ciascuno comprensivo di almeno tre messaggi, sono collocati uno per ciascuna delle seguenti fasce orarie, progressivamente a partire dalla prima: prima fascia 18:00 – 19:59; seconda fascia 12:00 – 14:59; terza fascia 21:00 – 23:59; quarta fascia 7:00 – 8:59;

d) i messaggi non sono computati nel calcolo dei limiti di affollamento pubblicitario previsti dalla legge;

e) nessun soggetto politico può diffondere più di due messaggi in ciascuna giornata di programmazione sulla stessa emittente;

f) ogni messaggio per tutta la sua durata reca la dicitura “messaggio elettorale gratuito” con l’indicazione del soggetto politico committente.

Le emittenti radiofoniche e televisive locali che trasmettono messaggi politici autogestiti a titolo gratuito, devono:

a) rendere noto il loro intendimento mediante la divulgazione di un comunicato da trasmettere almeno una volta nella fascia oraria di maggiore ascolto. Nel comunicato l’emittente informa che presso la sua sede, di cui viene indicato l’indirizzo, il numero telefonico e la persona da contattare, è depositato un documento (modello MAG/1/ER ), che può essere reso disponibile anche sul sito web dell’emittente e che deve contenere:

– il numero massimo dei contenitori predisposti;

– la collocazione nel palinsesto;

– gli standard tecnici richiesti;

– il termine di consegna per la trasmissione del materiale autoprodotto.

Il documento deve essere trasmesso, anche a mezzo fax, al competente Co.Re.Com. Inoltre, con almeno 5 giorni di anticipo, dovranno essere comunicati allo stesso modo anche eventuali variazioni apportate al documento stesso con riguardo al numero dei contenitori ed alla loro collocazione nel palinsesto (modello MAG/2/ER).

Fino al giorno di presentazione delle candidature i soggetti politici interessati a trasmettere messaggi autogestiti comunicano alle emittenti e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche a mezzo fax, le proprie richieste, indicando il responsabile elettorale e i relativi recapiti, la durata dei messaggi, nonché dichiarando di presentare candidature in collegi o circoscrizioni che interessino almeno il quarto degli elettori chiamati alle consultazioni. A tale fine, può anche essere utilizzato il modello MAG/3/ER.

Messaggi politici autogestiti a pagamento

Le emittenti radiofoniche e televisive locali possono trasmettere messaggi politici autogestiti a pagamento, assicurando condizioni economiche uniformi a tutti i soggetti politici.

Le emittenti radiofoniche e televisive locali devono dare notizia del loro intendimento mediante un avviso (v. Allegato C come esempio) da trasmettere, almeno una volta al giorno, nella fascia oraria di maggiore ascolto, per tre giorni consecutivi. Nell’avviso si informa che presso la propria sede, della quale viene indicato l’indirizzo, il numero telefonico e di fax, è depositato un documento (v. Allegato D come esempio), consultabile su richiesta da chiunque ne abbia interesse, concernente:

– le condizioni temporali di prenotazione degli spazi con l’indicazione del termine ultimo entro il quale gli spazi medesimi possono essere prenotati;

– le modalità di prenotazione degli spazi;

– le tariffe per l’accesso a tali spazi quali autonomamente determinate da ogni singola emittente radiofonica e televisiva locale;

– ogni eventuale ulteriore circostanza od elemento tecnico rilevante per la fruizione degli spazi.

La prima messa in onda del suddetto avviso costituisce condizione essenziale per la diffusione dei messaggi politici autogestiti a pagamento in periodo elettorale. Ciascuna emittente radiofonica e televisiva locale deve tenere conto delle prenotazioni degli spazi da parte dei soggetti politici in base alla loro progressione temporale. Inoltre, ai richiedenti gli spazi devono essere riconosciute le condizioni di miglior favore praticate ad uno di essi per gli spazi acquistati.

Ciascuna emittente è tenuta a praticare una tariffa massima non superiore al 70% del listino di pubblicità tabellare. I soggetti politici interessati possono richiedere di verificare in modo documentale i listini tabellari in relazione ai quali sono state determinate le condizioni praticate per l’accesso agli spazi per i messaggi.

Nel caso di diffusione di spazi per i messaggi differenziati per diverse aree territoriali dovranno essere indicate anche le tariffe praticate per ogni area territoriale.

Per le emittenti televisive i messaggi devono recare in sovrimpressione per tutta la loro durata la dicitura: “Messaggio elettorale a pagamento”, con l’indicazione del soggetto politico committente.

Le emittenti radiofoniche e televisive locali non possono stipulare contratti per la cessione di spazi relativi ai messaggi politici autogestiti a pagamento in periodo elettorale in favore di singoli candidati per importi superiori al 75% di quelli previsti dalla normativa in materia di spese elettorali ammesse per ciascun candidato.

Le emittenti radiotelevisive sono tenute a conservare le registrazioni della totalità dei programmi trasmessi nel periodo della campagna elettorale per i tre mesi successivi alla conclusione della stessa e, comunque, a conservare, sino alla conclusione dell’eventuale procedimento, le registrazioni dei programmi in relazione ai quali sia stata notificata contestazione di violazione di disposizioni della legge 22 febbraio 2000, n. 28, del codice di autoregolamentazione di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 8 aprile 2004, nonché di quelle emanate dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e del presente provvedimento.

Le emittenti radiofoniche e televisive locali che effettuano trasmissioni in contemporanea con una copertura complessiva coincidente con quella legislativamente prevista per un’emittente nazionale sono disciplinate dalle norme previste per le emittenti locali esclusivamente per le ore di trasmissione non in contemporanea.

In relazione ai programmi di informazione, essi sono disciplinati dal Decreto del Ministero delle Comunicazioni 8 aprile 2004. In particolare, le emittenti radiotelevisive locali devono garantire il pluralismo e la parità di trattamento, l’obiettività, la correttezza, la completezza, la lealtà, l’imparzialità, l’equità e la pluralità dei punti di vista; a tal fine, quando vengono trattate questioni relative alla consultazione elettorale, deve essere assicurato l’equilibrio tra i soggetti politici secondo quanto previsto dal codice di autoregolamentazione.

Resta il divieto di fornire, anche in forma indiretta, indicazioni o preferenze di voto in qualunque trasmissione radiotelevisiva diversa da quelle di comunicazione politica e dai messaggi politici autogestiti.

CIRCUITI DI EMITTENTI RADIOTELEVISIVE LOCALI

Ai fini della presente normativa, le trasmissioni in contemporanea da parte di emittenti locali che operano in circuiti nazionali comunque denominati sono considerate come trasmissioni in ambito nazionale; il consorzio costituito per la gestione del circuito o, in difetto, le singole emittenti che fanno parte del circuito, sono tenuti al rispetto delle disposizioni previste per le emittenti nazionali.

Rimangono ferme per ogni emittente del circuito, per il tempo di trasmissione autonoma, le disposizioni previste per le emittenti locali.

Ogni emittente risponde direttamente delle violazioni realizzatesi nell’ambito delle trasmissioni in contemporanea.

Allegato A – Comunicato Preventivo regionali Sicilia 2017 per periodici e quotidiani.doc

Allegato B – documento analitico regionali sicilia 2017 periodici e quotidiani.doc

Allegato C – Comunicato Preventivo regionali sicilia 2017 tv locali.doc

Allegato D – Documento analitico regionali sicilia 2017 tv locali.doc

Rassegna Stampa del 26/09/2017

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Andrea BiondiSara Monaci
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L’ ipotesi della Rai di Milano nel quartiere Portello diventa sempre più concreta. Per ora non ci sono documenti e progetti scritti, ma nel capoluogo lombardo l’ attesa è che la Rai possa aprire un bando per la ricerca di una nuova sede regionale già il prossimo mese. Il primo candidato – forse l’ unico – sarebbe la Fondazione Fiera Milano, proprietaria dei due padiglioni del Portello dove la Rai milanese potrebbe trasferire la produzione, con nuovi studi, camerini e laboratori. A quanto risulta al Sole 24 Ore potrebbero lavorare qui fino a un migliaio di persone, magari per il momento usando i primi 20mila metri quadrati (su 56mila totali circa), e poi valutare in seguito ulteriori espansioni. La cifra del canone per l’ occupazione dello spazio potrebbe aggirarsi, basandosi sul valore dei precedenti bandi non andati in porto, intorno a 1,5 milioni di euro all’ anno. Questo progetto arriverebbe dopo altri due tramontati: la costruzione del nuovo stadio del Milan (che ha prima vinto la gara e poi si è ritirato, con tanto di contenzioso) e la realizzazione di “Milano Alta”, un centro per commercio e strutture ricettive firmato dal raggruppamento Vitali-Stam (arrivato secondo alla gara e poi respinto da Comune e Fondazione, con un contenzioso ancora in corso). L’ attesa attorno a un progetto di questo tipo ha preso ancora maggior corpo ieri dopo le parole del presidente della Rai Monica Maggioni durante la presentazione della 69esima edizione del Prix Italia: premio internazionale di tv, radio e web che, dopo un decennio a Torino, è tornato itinerante. Dal 28 settembre all’ 1 ottobre si svolgerà a Milano, con focus sulle fake news, tant’ è che il titolo è “Back to facts”. Alla presentazione c’ erano anche il Governatore della Lombardia Roberto Maroni e il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Da entrambi è arrivata la “stoccata”, per avere più Rai a Milano. Da qui la replica della presidente Maggioni che ha assicurato sull’ esistenza di un progetto «a breve» con «una serie di iniziative, di direzioni e produzioni che potranno avere luogo a Milano. È tutto parte dello studio che sta facendo il direttore generale Orfeo. Manca poco al progetto definitivo. Poi ve lo racconteremo». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

La potentissima disinformatia della Rai

Italia Oggi
AMBROGIO ROVIDETTI DETTI
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L’ assenza di una testa pensante e dirigente al vertice della Rai è facilmente dimostrabile dal comportamento delle varie reti in due eventi recentissimi. Il primo è l’«Operazione Cataluna». Essa è stata descritta con enfasi impropria e rappresentata come una grande aspirazione libertaria e democratica contro la quale si stava esercitando la repressione del governo Rajoy. Nessuno s’ è preoccupato di mettere in rilievo non tanto le opinioni degli unionisti, quanto il quadro legale nel quale è nata e s’ è sviluppata l’ iniziativa del referendum indipendentista di ieri. La Spagna è un regno (solo Pertini ebbe il becco di ferro di dire a sua maestà Juan Carlos: «Saluto in lei colui che ha portato la Spagna dalla dittatura fascista alla Repubblica!») costituzionale con una costituzione democratica, nella quale sono previste larghe autonomie per alcune regioni. La secessione di una di esse può avvenire solo attraverso la complessa procedura di una riforma costituzionale votata, nelle forme previste, dal Parlamento nel quale è rappresentata la nazione intera. L’ Operazione Cataluna è, quindi, illegale. Chi è intervenuto per rimuovere l’ illegalità non è il governo Rajoy e i Carabineros o la Guardia Civil, è l’ autorità giudiziaria dello Stato spagnolo. A quali interessi risponda la disinformazione Rai non è chiaro. Probabilmente, solo al piacere di rimestare l’ acqua della non-conoscenza e del qualunquismo che di questi tempi affligge l’ Italia politica, come quella normale». La seconda mistificazione concerne le elezioni tedesche: «La Merkel vince, l’ Spd, i socialdemocratici perdono rovinosamente». Poiché la matematica non è un’ opinione (salvo che per alcuni (troppi) commentatori Rai) va ricordato che la Merkel ha perso l’ 8,7% contro il 5% dell’ Spd. Basterebbe che il direttore generale della Rai Mario Orfeo, autore e succubo dell’ inaccettabile «Operazione Fazio», desse una direttiva o una semplice indicazione sul rispetto dei dati di fatto e delle ragioni della legalità. Non lo farà. Contento del risultato raggiunto (la direzione generale, dopo il fallimento dell’ ipotesi riformista, mai concretizzatasi, di Campo dell’ Orto), si gode il nuovo incarico senza muovere paglia. mentre il baraccone giornalistico della Rai continua nella sua potentissima disinformatia. Fino a quando sarà sopportata dalla decenza?

Maggioni, più Rai a Milano

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Il presidente della Rai, Monica Maggioni, va giù dritta sulla questione: «Abbiamo una serie di iniziative in corso a Milano, grandi programmi, pensate allo studio straordinario con cui domenica ha cominciato Fabio Fazio. Certamente Milano, e tutto quello che è in grado di essere e produrre, è attrattivo per Rai, e a breve ci saranno una serie di novità, produzioni, direzioni che potranno avere luogo qui. È tutto parte di uno studio che sta facendo il direttore generale Mario Orfeo. Per cui, quando saremo arrivati al progetto definitivo, lo diremo». E per Milano non si parla solo di un nuovo generico polo produttivo, trasferendo quello di via Mecenate su altre aree, o dello spostamento sotto la Madonnina del Tg2, come da progetto news bocciato di Carlo Verdelli: «No, perché un maggior peso di Milano sull’ informazione della Rai si può avere anche lavorando sulle strutture trasversali. Non mi sottraggo mai alle sfide», dice Maggioni, «e, ripeto, con il direttore generale Mario Orfeo stiamo facendo un lavoro molto serio per pensare alla centralità di Milano rispetto alla progettualità Rai. Centralità che deve arrivare non nei prossimi anni, ma nei prossimi mesi. Nelle prossime settimane esamineremo il tutto per dare il via alle iniziative. Che potrebbero partire in concomitanza con la firma del contratto di servizio (prevista entro la fine dell’ anno, ndr). Milano è un luogo che dimostra come si può cambiare la realtà, è simbolo di quello che le città possono essere capaci di esprimere». Alla presentazione della 69esima edizione del Prix Italia Rai, per la quarta volta a Milano e in cartellone dal 28 settembre al 1° ottobre, è proprio Karina Laterza, segretario generale del premio, a fornire un assist magnifico alla città: «Avremo tantissimi ospiti internazionali, che hanno accolto con entusiasmo l’ invito quando hanno saputo che il Prix si teneva a Milano. Ora infatti Milano è un brand fortissimo e molto desiderato nel mondo». La butta lì a mo’ di battuta il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, che si dice in attesa che «tutto il quartier generale della Rai si sposti da Roma a Milano. Al più presto». Mentre il sindaco di Milano, Beppe Sala, unendosi alla battuta «del compagno Maroni» chiede di «incontrare a breve presidente e direttore generale della Rai per studiare con loro le soluzioni non solo di localizzazione fisica (in passato si è parlato dell’ area del Portello, ndr), ma anche in termini di contenuti. È tempo che pure loro dicano con maggiore chiarezza se hanno intenzione di portare qualcosa di più a Milano, cosa che ovviamente mi troverebbe totalmente a favore e potremmo anche supportarli in questo processo. Chiediamo, senza arroganza, di trovare un modo giusto per rafforzare il ruolo della Rai a Milano. Che è il centro del sistema dei media in Italia, dell’ informazione, che è una città dove le imprese straniere investono sempre di più, un territorio fondamentale per capire il presente e il futuro. Per questo vorrei che ci fosse una accelerazione nelle riflessioni sul tema. Mi piace molto il titolo di questa edizione del Prix Italia, Back to facts, è perfetto per Milano, dove ci misuriamo sui fatti e non sulle chiacchiere». Il cambio dei vertici Rai ha ovviamente rallentato tutto il processo. Lo ribadisce lo stesso Sala, che spiega: «Il mio precedente colloquio era avvenuto con Antonio Campo Dall’ Orto. Ora ho lasciato tranquillo il suo successore, Mario Orfeo, per un po’: adesso, però, è il momento di riaffrontare la questione». Molti eventi in programma a Milano per il Prix Italia: dalla mostra «La Rai ha una bella testa» a Palazzo Giureconsulti, a cura di Fabiana Giacomotti, con una rassegna delle più belle corone, spille da capo e mascherine sfavillanti predisposte dai costumisti Rai per programmi storici; e poi, tra gli altri, il ritorno dell’ orchestra di Renzo Arbore (Teatro Dal Verme, 28 settembre), un ricordo di Mariangela Melato al Piccolo Teatro Grassi (il 29 settembre), Andrea Bocelli a Palazzo Giureconsulti (29 settembre), Gianni Amelio su Amatrice (29 settembre); e, ancora, un ricordo di Giorgio Gaber a Palazzo Giureconsulti (30 settembre), i Manetti Bros al cinema Anteo (30 settembre), il concerto di Niccolò Agliardi alla Triennale (1° ottobre), insieme a una serie di workshop e convegni dove il filo conduttore sarà quello delle fake news e della riscoperta della centralità del mestiere di giornalista. © Riproduzione riservata.

Internazionale si rafforza

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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C’ è un festival che riempie la città di Ferrara ogni autunno ma per il settimanale che lo organizza non è la principale fonte di ricavi, anzi. Si tratta del magazine Internazionale che firma l’ omonima kermesse e, quest’ anno, inaugura da venerdì a domenica prossima, tre giorni parlando di diritti civili in bilico, fame nel mondo, donne, guerre e mafie ma anche di temi più rassicuranti come la riscossa di chi vive in condizioni disagiate, i fumetti, la ripresa politica ed economica. Certo, complessivamente, argomenti impegnativi ma che continuano a piacere in media a oltre 70 mila italiani e muovono in tutto un giro d’ affari da circa mezzo milione di euro, che serve a coprire i costi dell’ organizzazione e a chiudere in pareggio la manifestazione (affidata a un’ associazione ad hoc). Quindi, anche senza un apporto importante dal Festival, il settimanale Internazionale diretto da Giovanni De Mauro non solo non naviga in cattive acque, a dispetto di molti periodici italiani, ma soprattutto trae molta della sua forza dalla carta stampata, ossia dalla sua edizione tradizionale. Quest’ anno per esempio, l’ edicola tiene secondo i dati aziendali dell’ editrice, ma dopo il -6% registrato l’ anno scorso che ha scontato da agosto 2016 un prezzo di copertina passato a quattro euro dai precedenti tre. Gli abbonamenti tra carta stampata e digitale crescono di oltre il 7%, in linea con l’ esercizio 2016 chiuso a +7%. Sul fronte pubblicitario, poi, la raccolta (per lo più su carta) è salita l’ anno scorso del 6,7% e, finora, si è mantenuta in linea con questo andamento. Tirando le somme, quindi, dalla casa editrice guidata dall’ a.d. Alessandro Spaventa (figlio di Luigi Spaventa, economista, ministro, presidente Consob) e controllata al 70% dal gruppo di Luigi Abete (editore tra l’ altro dell’ agenzia stampa Askanews impegnata in questi giorni in un confronto sindacale sui prepensionamenti) le attese sono quelle di chiudere l’ anno in corso con un utile maggiore di quello 2016, pari a 173,7 mila euro rispetto ai 55,7 mila euro del 2015. Sempre lo scorso esercizio, il fatturato complessivo è stato pari quasi 8,9 milioni di euro (+5,8%), di cui 7,4 milioni da ricavi editoriali e 1,3 milioni da quelli pubblicitari. Quale è il segreto editoriale di questa testata che cresce dal 2001? Sembrano non saperlo nemmeno a Internazionale o, forse in chiave understatement, almeno secondo il direttore De Mauro, la buona salute del settimanale (online all’ indirizzo www.internazionale.it) dipende dal fatto che «non ci occupiamo solo di esteri ma anche di economia, scienza e c’ è persino l’ oroscopo» (quello ironico molto in voga di Rob Brezsny, ndr). Insomma, ci rivolgiamo a un largo bacino di lettori. Il Festival a Ferrara? «Crea una comunità tra i lettori», spiega De Mauro. «Anche se molti portano amici, la maggior parte del pubblico che viene a Ferrara è già abbonato. Si tratta quindi di un’ iniziativa che serve a fidelizzare più che a creare lettori». Progetti per il futuro? «Questo è l’ anno del consolidamento, dopo aver investito sul sito web», conclude il direttore che coordina una redazione di meno di 30 giornalisti (secondo il bilancio 2016). «L’ abbiamo fatto giusto in tempo per beneficiare della coda lunga della crescita della pubblicità online. Adesso, infatti, è la raccolta di carta a compensare le contrazioni di quella internet».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Instagram sale a 800 mln utenti. Non si ferma la cavalcata di Instragram, l’ app per scambiare foto e video controllata da Facebook. Come ha fatto sapere Carolyn Everson, vicepresidente delle soluzioni marketing globali di Facebook, Instagram ha raggiunto gli 800 milioni di utenti, contro i 700 milioni di aprile. Gli utenti attivi quotidianamente, ha spiegato durante l’ Advertising Week di New York, sono 500 milioni. Per fare un paragone, la rivale Snapchat ne ha 173 milioni. Everson ha anche sottolineato che il numero di video prodotti ogni giorno su Instagram è quadruplicato rispetto a un anno fa e il tempo che gli utenti trascorrono guardandoli è aumentato dell’ 80%. Instagram si rafforza ulteriormente sul fronte della pubblicità online, visto che il numero di inserzionisti sulla piattaforma è raddoppiato da marzo, a una base di 2 milioni. HuffPost compie cinque anni. HuffPost Italia taglia il traguardo dei cinque anni di attività con 18 milioni di browser unici al mese (dato Webtrekk) e per il secondo anno di fila, raggiunto il break even nel 2016, stima che anche il 2017 si concluderà con i conti in utile. Nel primo semestre di quest’ anno la crescita di sul mobile è stata del 57% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, secondo le rilevazioni Audiweb del traffico social, HuffPost Italia è al terzo posto tra i siti di informazione per la navigazione da app, soprattutto Facebook. Lucia Annunziata, annunciando di aver raggiunto un accordo con l’ azienda per un altro triennio di direzione, ha inoltre comunicato cinque nuove nomine che ridisegnano la struttura della redazione. A partire dal 1° ottobre il vicedirettore Gianni Del Vecchio assume la carica di condirettore. Vengono nominati due vicedirettori: Alessandro De Angelis e Carlo Renda. Angela Mauro viene nominata inviata speciale per le tematiche europee, mentre Adele Giorgia Sarno assume l’ incarico di caposervizio Social news. Nuovo ingresso di Citynews. Il gruppo editoriale che nei giorni scorsi ha annunciato l’ ingresso in squadra di Felice Lizza a capo delle risorse umane, ha chiamato nel proprio team Claudio Siciliano, che ricoprirà il ruolo di responsabile amministrazione, finanza e controllo. Citynews porta, dunque, avanti il percorso di crescita in termini di esperienza manageriale e di professionalità, anche in ruoli executive. Alla Milan Games Week ospiti dal mondo della musica, della tv e dello sport e i più famosi youtuber e progamer. Un calendario con tanti di ospiti per il principale evento italiano dedicato al mondo dei videogiochi, da venerdì 29 settembre a domenica 1° ottobre per la prima volta a Fiera Milano Rho. La musica sarà protagonista con la conferma di Radio 105 come radio ufficiale, con dirette live e artisti: Gue Pequeno, Lodovica Comello, Jake La Furia, Sergio Sylvestre, Nesli, Elodie. Non solo musica ma anche star tv: Chef Rubio sbarcherà alla Milan Games Week per incontrare il pubblico presso lo spazio Dmax (canale 52) a partire dalle ore 15 di sabato. Per lo sport venerdì arriverà Blaise Matuidi, il centrocampista della Juventus, presente nella vip area dello stand Activision. I cestisti dell’ Olimpia Milano EA7 Davide Pascolo, Patric Young e Amath M’ Baye arriveranno in manifestazione sabato nello spazio NBA2K e sul palco centrale. Marco Pagani, pilota del team Franciacorta e unico italiano che ha corso la TT dell’ Isola di Man, parteciperà ed esporrà anche la sua moto originale. Non mancheranno i più famosi youtuber: FaviJ, LaSabriGamer, Klaus e i Mates, Tuberanza e Gioseph The Gamer. Radio 105, in esclusiva radiofonica la Champions League. Anche questa stagione la Uefa Champions League va in scena su Radio 105. L’ emittente seguirà in diretta l’ avventura dei club europei che si sono aggiudicati la partecipazione alla competizione calcistica. Le partite di Juventus, Roma e Napoli saranno trasmesse in diretta su Radio 105 e sull’ app ufficiale. In studio, l’ esperto di calciomercato per Sport Mediaset Niccolò Ceccarini insieme ad Aldo Preda di TgCom24 e con loro, a commentare ogni partita, Giovanni Galli per il Napoli, Giuseppe Galderisi per la Juve e Marco Delvecchio per la Roma. Si comincia oggi con Napoli-Feyenoord e si prosegue domani con la sfida tra Juventus e Olympiacos e con gli aggiornamenti su Qarabag FK-Roma. Editoria e media, 245 mila addetti in Italia, uno su tre a Milano. Nel settore media, editoria, tv e video, sono 48 mila le imprese. A Roma se ne contano circa 7 mila, seguita da Milano con circa 6 mila, e poi da Napoli e Torino con circa 2 mila, Firenze, Bologna e Bari con mille. È quanto emerge da un’ elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati del registro imprese al secondo trimestre 2017 e Aida. TimVision, arriva la serie The Handmaid’ s Tale. In anteprima esclusiva per l’ Italia su TimVision – arriva The Handmaid’ s Tale, la serie tv che ha trionfato agli Emmy Awards 2017 aggiudicandosi tra gli altri i premi come «miglior serie drammatica» e «miglior attrice protagonista in una serie drammatica» per l’ interpretazione di Elisabeth Moss e collezionando in totale otto premi. Rai Eri, oggi la premiazione del Premio Rai La Giara. Oggi nella sede Rai di Viale Mazzini si concluderà la sesta edizione del Premio Rai La Giara per romanzi inediti di giovani autori, che quest’ anno vede arrivare in finale Christian Maria Giuseppe Bartolomeo (39 anni) dalla Sicilia, con il romanzo Le quindici; Filippo Lorrai (33 anni) dalla Sardegna con il romanzo Il grande Erik; Giuseppe Marotta (19 anni) dalla Basilicata, con il romanzo Lo specchio. I tre romanzi dopo aver superato una prima fase di selezione, quella regionale, sono poi stati scelti dalla Commissione Nazionale composta da Daria Bignardi, Pier Luigi Celli, Antonio Debenedetti, Gian Arturo Ferrari, Paolo Mauri e il Laboratorio di scrittura creativa di Rai Eri. Mondadori, acquistate azioni proprie per oltre 50.430 euro. Arnoldo Mondadori Editore ha acquistato sul Mercato telematico azionario, nel periodo tra il 18 e il 22 settembre 26 mila azioni ordinarie (pari allo 0,010% del capitale sociale) al prezzo unitario medio di euro 1,9396 per un controvalore complessivo di 50.430,76 euro.

Claudio Siciliano nominato responsabile ammministrazione, finanza e controllo di Citynews

Prima Comunicazione

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Il Gruppo Editoriale Citynews – fondato nel 2010 da Luca Lani e Fernando Diana che pubblica 44 quotidiani metropolitani online e la testata nazionale Today.it – dopo l’ ingresso di Felice Lizza a capo delle Risorse Umane , annuncia oggi la nomina di Claudio Siciliano come Responsabile Amministrazione, Finanza e Controllo. Dopo la laurea in discipline economiche, un Master M.B.A., due corsi di specializzazione in nuove tecnologie ed un Master in Controllo di Gestione e sistemi informativi, Claudio Siciliano inizia la sua carriera in qualità di Controller nel settore bancario e finanziario. Negli ultimi anni ha ricoperto svariati ruoli manageriali all’ interno dell’ Area Amministrazione, Finanza e Controllo sia in contesti P.M.I. che di stampo internazionale, alternando esperienze in società di servizi e di produzione, ultima delle quali quella in Optima Italia. Ha acquisito un’ esperienza quindicinale nell’ ambito Finance arricchendo ulteriormente il percorso formativo con un Master Executive in Controllo di Gestione ed uno in Gestione del Credito. Dal 2011 è inoltre Commercialista e Revisore Contabile. Claudio Siciliano “Sono consapevole della grande responsabilità e allo stesso tempo delle enormi opportunità che mi si prospettano ricoprendo questo ruolo in Citynews – dichiara Claudio Siciliano -. Le grandi ambizioni di questo Gruppo Editoriale, che in pochi anni si è affermato come leader dell’ informazione di prossimità in Italia, hanno bisogno di essere supportate da accurate strategie e soluzioni economiche e finanziarie. Il mio compito sarà quello di trasferire e applicare anche in questi ambiti i valori di elevata qualità professionale e costante ricerca dell’ innovazione che caratterizza tutte le attività del Gruppo Editoriale Citynews”. “Siamo felici di dare il nostro benvenuto a Claudio – afferma Fernando Diana, co-founder di Citynews -, sul quale riponiamo la massima fiducia e grandi aspettative per il prossimo futuro. Ritengo che riuscire a prevedere sviluppi e scenari futuri di un settore delicato e cruciale come quello finanziario, sia un elemento fondamentale per il sostegno economico dei numerosi progetti futuri della nostra azienda. Con l’ arrivo di Claudio prenderà il via, inoltre, un processo di innovazione tecnologica anche nella gestione amministrativa di Citynews. Prevediamo infatti l’ introduzione di nuovi software di business intelligence allo scopo di aumentare l’ efficienza e l’ efficacia gestionale di un’ azienda editoriale che cresce in modo esponenziale in termini di audience, di fatturato, di personale e, conseguentemente, anche in termini di complessità amministrativa”. Rachelle.

La Champions League si ascolta su Radio 105. Rinnovata la partnership per la radiocronaca in esclusiva

Prima Comunicazione

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Anche questa stagione la magia della Uefa Champions League va in scena su Radio 105. L’ emittente seguirà in diretta – in esclusiva radiofonica – l’ avventura dei club europei che si sono aggiudicati la partecipazione alla competizione calcistica più importante d’ Europa. Le partite di Juventus, Roma e Napoli saranno trasmesse in diretta su Radio 105 e sull’ app ufficiale. In studio, il super esperto di Calciomercato per Sport Mediaset Niccolò Ceccarini insieme ad Aldo Preda di TGCOM24 e con loro, a commentare ogni partita, una gloria del calcio: Giovanni Galli per il Napoli, Giuseppe Galderisi per la Juve e Marco Delvecchio per la Roma. Si comincerà domani con Napoli-Feyenoord e si proseguirà mercoledì 27 con la sfida tra Juventus e Olympiacos e con gli aggiornamenti su Qarabag FK-Roma. Radio 105 ha pianificato a sostegno una campagna ADV declinata su stampa (quotidiani sportivi), digital (siti del gruppo Mediaset) e tv (Mediaset Premium).

La battaglia dell’ Auditel

Corriere della Sera
Renato Franco
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Vince Fazio, ma pure Morandi, perché in fondo anche i numeri hanno un lato emotivo e volubile. Fazio vince in prime time, questo è sicuro: il nuovo Che tempo che fa – l’ impianto era quello consueto, le novità erano la scrivania con i pesci e la platea, quella di Rai1 – ha convinto 5.128.000 spettatori (20,8% di share) tra le 20.47 e le 22.30 e ha tenuto a bada la concorrenza di Morandi che però non sfigura affatto (anzi) e porta Canale 5 comunque sopra la media di rete: L’ isola di Pietro è arrivata a 4.654.000 spettatori (20,2%). Ma vince anche Morandi, questo è altrettanto sicuro, in sovrapposizione (ovvero mentre i due programmi erano in onda contemporaneamente, perché Fazio è iniziato prima e finito dopo): 4.638.000 spettatori (20,1% di share) per Canale 5; 4.273.000 spettatori (18,5%) per Rai1. La sintesi buona e buonista la trova il conduttore, che domenica sera ha ricevuto la visita del cantante nei camerini e ieri ha twittato foto e commento: «Doc. Morandi, grazie per la visita! È andata bene a tutti e due… ed è il risultato più bello!». Dunque festeggia il direttore generale della tv pubblica, Mario Orfeo, che parla di uno «straordinario debutto», una «scommessa giusta e vincente» che «ripaga l’ azienda e l’ artista delle polemiche strumentali di questi mesi e consentirà a Rai di creare nuovo valore proseguendo nell’ opera di innovazione». Festeggia però anche il direttore di Canale 5 Giancarlo Scheri: «È tornato Gianni Morandi ed è subito grande successo! La prima puntata dell’ Isola di Pietro , la fiction con protagonista uno degli artisti più bravi e più amati dal pubblico italiano, ha vinto la serata. La fiction è un genere fondamentale per il palinsesto della tv generalista e un prodotto come L’ isola di Pietro (targata Lux Vide) ne è uno degli esempi più cristallini». Tutti felici e contenti per una volta. Più o meno. Perché quando c’ è di mezzo Fazio la politica non rimane ferma. Ci pensa il deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, a rompere gli indugi. Parte elogiando la professionalità di Fazio, quindi arriva al «ma»: «L’ esito dell’ operazione, dopo gli ascolti della prima puntata, conferma un dato chiaro: la Rai economicamente non ci guadagna, anzi ci perde. Il passaggio di Fazio a Rai1, infatti, ha mantenuto la prima rete sugli stessi livelli di share dello scorso anno, mentre Rai3 è stata svuotata ed è finita ultima tra le reti Rai e Mediaset. Quello che la Rai ha guadagnato su Rai1, lo ha perso su Rai3. Lo dicono i numeri». Vero, anche qui con un «ma». Perché in realtà Rai1 è salita sopra la media di rete di oltre tre punti di share. Certo invece che Rai3 ha perso parecchio: costretta a ripiegare su un film già visto ( Il miglio verde ), la terza rete ha superato appena il milione di spettatori e si è fermata sotto il 6%, perdendo dunque metà dello share che di solito faceva con Fazio la domenica sera. Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato e senatore di Fi, picchia duro: «Il contratto di Fazio è roba da Procura della Repubblica, è uno spreco vergognoso di decine di milioni di euro. Controlleremo gli ascolti, la fiction la domenica sera garantiva dei risultati eccellenti. Trovo ignobile questa decisione della Rai, Fazio prima o poi ne pagherà le conseguenze nell’ indignazione popolare. Il caso Fazio è uno sconcio». Polemiche o meno, Fazio porta a casa anche un altro risultato: Maurizio Crozza – sotto contratto anche con Discovery, conduce sul Nove il suo Fratelli di Crozza – tornerà a fare le sue copertine di satira politica in apertura di Che fuori tempo che fa (ogni lunedì in seconda serata, ieri il debutto). Un doppio colpo (Crozza torna nel giro che conta, Fazio ha un asso da esibire) messo a segno dal loro comune agente Beppe Caschetto (chi non vorrebbe farsi organizzare la vita da uno così?).

La Rai a Milano «No al trasloco, progetti pronti» Ma Sala rilancia

Corriere della Sera
Gp.R.
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La Rai e Milano. Del ruolo dell’ emittente di Stato nel capoluogo lombardo si discute da tempi immemorabili, ma ieri la presentazione del Prix Italia – festival internazionale di radio tv e web, che quest’ anno si svolge nel capoluogo lombardo dal 28 settembre al 1° ottobre – è stata l’ occasione per riportare l’ attenzione istituzionale sul tema, dal momento che a formulare pressioni per un maggiore impegno della Rai in città sono stati il sindaco e il presidente della Regione. Giuseppe Sala ha chiesto, infatti, ai vertici aziendali di dire «con maggiore chiarezza se hanno intenzione di portare qualcosa di più della Rai a Milano». E subito dopo, davanti alla presidente Rai Monica Maggioni, Roberto Maroni ha garantito che la Regione è disponibile a collaborare anche per «portare la Rai a Milano. È un auspicio». Per questo il sindaco ha chiesto di incontrare presto la presidente e il nuovo direttore generale Mario Orfeo: «Avevo un colloquio con Antonio Campo Dall’ Orto e ho lasciato tranquillo il suo successore per un po’ – fa sapere Sala – ma è il momento che la questione venga affrontata». La presidente Maggioni ha precisato che «nessuno ha detto che la Rai si sposta a Milano» perché «per fortuna è nazionale», ma ha anche assicurato che Orfeo «sta facendo un lavoro molto serio per pensare alla sua centralità» con progetti «non per i prossimi anni ma per i prossimi mesi». Alcuni sono già avviati, ha aggiunto la presidente, come «lo studio straordinario in cui ha cominciato ieri sera Fazio». Uno studio dove in futuro saranno realizzati altri show, come quelli di Mika e Roberto Bolle. «Milano è una grande realtà all’ interno della Rai – ha detto il direttore del centro di produzione Pietro Gaffuri – e siamo pronti per il passo successivo». Anche altre «iniziative, direzioni e produzioni – ha concluso Monica Maggioni – potranno avere luogo a Milano. Quando con Orfeo saremo arrivati a un progetto definitivo, ve lo racconteremo». Da giovedì a domenica, intanto, al Palazzo dei Giureconsulti di via Mercanti spazio alla 69esima edizione del Prix Italia, che quest’ anno si intitola «Back to Facts. La realtà contro le false notizie».

Master in web communication, a Parma via alla 6ª edizione

Italia Oggi

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È Internet delle cose (Iot) la nuova frontiera del master in «Web communication, social media e Iot per giornalisti e comunicatori» organizzato dall’ Università di Parma. Il master si rinnova anche quest’ anno per adeguare l’ offerta formativa a un mondo e una società sempre più «mobile» (non solo nella diffusione di smartphone) e «social» (lo è l’ 80% degli italiani online), dove gli oggetti dialogano (anche fra di loro), mentre robot e algoritmi annunciano una nuova era. Open e big data, realtà aumentata, data journalism, startup innovation, comunicazione digitale d’ impresa, packaging narrativo, pubblicità programmatica sono alcuni dei temi/argomenti che entreranno nella sesta edizione del master, allargando l’ offerta formativa agli ultimi sviluppi della web communication e dei social media e sintonizzandola con la crescita accelerata della manifattura e delle imprese 4.0. Il master (www.webmediamaster.unipr.it) è rivolto a chi vuole entrare da professionista sul mercato della comunicazione, ma anche a chi già lavora: le lezioni sono infatti concentrate nei fine settimana. Il master rilascia fino a tre borse di studio a totale copertura del costo, sulla base del numero di iscritti. Il colloquio d’ ammissione può essere sostenuto anche a distanza, in video call. Le iscrizioni si chiudono il 16 ottobre, il colloquio d’ ammissione si terrà il 25 ottobre e le lezioni inizieranno in novembre.

La macchina delle fake news russe ora si muove sulla Catalogna

Il Foglio

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Roma. Proviamo a fare un bilancio dei risultati di quella grande rete di interferenza, propalazione di fake news, propaganda e guerra asimmetrica che – secondo le agenzie di intelligence – la Russia ha messo in campo negli ultimi anni per destabilizzare e frammentare l’ occidente. Negli Stati Uniti, dove questa rete si è materializzata e resa nota al grande pubblico, il successo è stato eccezionale – e, a giudicaree dalle ultime rivelazioni di Facebook sui falsi account russi, l’ influenza perdura dalle elezioni dell’ anno scorso a oggi. Alle elezioni francesi, invece, i troll russi hanno fatto fiasco: Marine Le Pen ha perso nonostante il loro sostegno. In Germania invece il risultato è chiaroscurato, ma tendenzialmente buono: le forze anti sistema hanno ottenuto un risultato sorprendente, grazie a una gran rimonta compiuta nelle ultime settimane. Trascorse le elezioni tedesche, la “macchina dell’ inge renza” si è già concentrata sul prossimo obiettivo: il processo secessionista in Catalogna. Ieri il País ha pubblicato una lunga in chiesta in cui si racconta come la macchina della propaganda che ruota intorno all’ orbita russa è entrata in fibrillazione per diffondere e amplificare fake news e notizie tendenziose sulla questione catalana. L’ autore dell’ articolo, David Alandete, inizia con i vettori per eccellenza della propaganda russa nel mondo: RT e Sputnik, i due network finanziati dal Cremlino. RT ha una versione in spagnolo che da settimane pubblica articoli falsi o parziali sulla questione catalana, come uno di pochi giorni fa in cui sosteneva che l’ Unione europea fosse pronta ad accogliere la Catalogna in caso di indipendenza (nessun leader Ue si è espresso in questo senso). RT e Sputnik riprendono inoltre i frequenti tweet di Julian Assange sul tema. Da qualche tempo il fondatore di Wikileaks, che ha legami conclamati con la Russia, si è trasformato nel più seguito e rituittato sostenitore della causa catalana. Un suo tweet del 15 settembre (“Chiedo e tutti di appoggiare il diritto della Catalogna all’ autodeterminazione. La Spagna non si può permettere di normalizzare atti di repressione per fermare il voto”) è stato rituittato 12 mila volte e ha ricevuto 16 mila like: secondo il País sono un po’ trop pi perfino per Assange, soprattutto perché questi like e rituit sono arrivati tutti insieme nel giro di pochissime ore, massimo un giorno. Secondo il giornale spagnolo, il messaggio di Assange sarebbe stato amplificato da un esercito di bot, di account falsi e automatizzati creati allo scopo di dare più eco possibile a un contenuto. In effetti, centinaia di account Twitter conosciuti come bot e solitamente dediti alla diffusione di propaganda russa nelle ultime settimane hanno iniziato a condividere articoli in favore della causa catalana, segno che l’ obiettivo si è spostato. Julian Assange è inoltre l’ autore di un tweet del 9 settembre in cui paragona le proteste a Barcellona a quelle di piazza Tiananmen nella Cina del 1989. Nella metafora, ovviamente, Madrid fa la parte del governo cinese autoritario. L’ equazione Barcellona=Tiananmen è diventata in breve tempo virale, e decine di siti filorussi hanno ripubblicato in questi giorni l’ im magine iconica del manifestante davanti ai carri armati per denunciare l’ autorita rismo spagnolo. Ironicamente, la propaganda russa ha iniziato a parlare di “pri mavera catalana” per definire il processo secessionista: il riferimento ovvio non è solo alle primavere arabe, ma anche alle “rivoluzioni colorate” come quella in Ucraina. E molti argomenti della propaganda citano come esempio positivo di democrazia da contrapporre al caso catalano il referendum tenuto nel 2014 nella penisola di Crimea militarmente occupata. In Catalogna la macchina propagandistica russa si è mossa in ritardo, e probabilmente inciderà poco su una situazione che è già incancrenita senza bisogno di fattori esterni. Ma l’ intervento a sostegno degli indipendentisti è una prova ulteriore del fatto che le operazioni russe di guerra asimmetrica in Europa non hanno bandiera: dagli ultranazionalisti del Front National francese ai separatisti catalani, l’ unico obiettivo è la destabilizzazione. Eugenio Cau.

Privacy, il Cremlino minaccia Facebook di oscuramento. Il nodo sono i server

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Alexander Zharov, direttore del Roskomnadzor, l’autorità per le Telecomunicazioni russa, ha lanciato un diktat a Facebook: o trasferisce i suoi server in Russia, oppure il social network più popolare al mondo verrà bloccato sul territorio nazionale.
«La legge è uguale per tutti: o si rispetta o Facebook dovrà cessare la sua attività nel territorio russo, come è accaduto purtroppo a LinkedIn» ha fatto sapere Zharov. La normativa imposta da Mosca, del resto, è abbastanza chiara: i dati personali degli utenti devono essere conservati all’interno di data center che fisicamente si trovino sul territorio russo. Qualcosa di molto simile alla nuova direttiva che sta portando avanti l’Unione Europea. Attualmente Facebook dispone di cinque data center in tutto il mondo. Quattro di questi sono negli Stati Uniti, uno in Europa (più precisamente a Lulea, nella Lapponia svedese). Cinque impianti che quotidianamente incamerano miriadi di dati provenienti dagli oltre due miliardi di utenti attivi sul social network.

Rassegna Stampa del 27/09/2017

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Indice Articoli

Rai: “Un altro anno per il piano news”. Bye-bye Gabanelli

Social da usare con cautela anche per i professionisti

Dorsi locali Corsera, via alla cura sui costi

Mediaset, l’ utile sale a 75 milioni

Chessidice in viale dell’ editoria

Riforma tv, sempre no

I comitati di redazione delle edizioni locali Rcs proclamano lo sciopero per il mancato rinnovo dei contratti

Mediaset sfida la Rai per i Mondiali Ma è la serie A il primo obiettivo

Rai: “Un altro anno per il piano news”. Bye-bye Gabanelli

Il Fatto Quotidiano
Lorenzo Vendemiale
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Milena Gabanelli può mettersi l’ anima in pace: il nuovo piano news della Rai, quello che dovrebbe creare la testata digitale unica da affidare alla giornalista e a cui l’ ex direttrice di Report ha legato il suo futuro, è ancora in alto mare. Di più: probabilmente non vedrà mai la luce. È la stessa tv di Stato ad ammetterlo: a quanto risulta al Fatto Quotidiano, i vertici hanno chiesto al governo addirittura 12 mesi per stilare il nuovo progetto dal giorno in cui entrerà in vigore il contratto di servizio (non prima di novembre) tra azienda e Stato. Ma con l’ attuale consiglio d’ amministrazione in scadenza ad agosto 2018 e le elezioni Politiche alle porte, una simile richiesta equivale a confessare di non avere alcuna intenzione di varare il piano. E quindi di voler tagliar fuori la Gabanelli. Neanche i consiglieri Rai scommettono più sulla sua approvazione. Da circa 20 giorni, ormai, Gabanelli si è autosospesa con l’ aspettativa non retribuita, dopo che le era stata offerta la condirezione di RaiNews e la gestione del suo sito web che conta appena 100 mila utenti unici al giorno, e nessuna autonomia nella scelta della squadra. Un ruolo ben diverso dalla promessa di dirigere il nuovo portale dell’ informazione digitale Rai, la cui nascita è frenata dalla necessità di accorpamento delle testate esistenti. Il Fatto ha anche lanciato una petizione a sostegno della giornalista, che in pochi giorni ha raggiunto 184 mila firme. Inutile. Dopo che il vecchio piano Gubitosi è stato definitivamente accantonato, e le sonore bocciature rimediate da Carlo Verdelli e Antonio Campo Dall’ Orto, adesso tocca al nuovo direttore generale Mario Orfeo elaborare una proposta credibile per l’ informazione Rai, che da oltre tre anni attende di essere riformata. Anche la concessione approvata ad aprile prevede che la tv di Stato debba essere riorganizzata attraverso un piano news, ma al momento è tutto fermo: il dg non ha neppure iniziato a scriverlo. Prima, infatti, c’ è da giocare un’ altra partita, quella del contratto di servizio tra viale Mazzini e governo, di cui il piano dovrà recepire le indicazioni. La Rai è in agitazione per la proposta di riforma del settore radiotv avanzata dal ministro Dario Franceschini, che con il raddoppiamento degli investimenti sui prodotti italiani costringerebbe l’ azienda a rivedere i propri conti. Così il discorso per la convenzione va per le lunghe e, di conseguenza, pure quello per il piano informazione. Se n’ è discusso in maniera animata anche nell’ ultimo consiglio d’ amministrazione, per concludere che al momento è impossibile fare alcun tipo di previsione. “Va chiuso entro Natale, perché dopo le elezioni questo Cda sarà come yogurt scaduto, non avrà più la forza politica per approvare alcunché”, avverte Carlo Freccero, consigliere Rai in quota Movimento 5 Stelle. Ma i tempi tecnici sembrano troppo stretti: anche dalla commissione di Vigilanza, infatti, fanno notare che il contratto di servizio non dovrebbe arrivare prima di fine novembre. Viene il sospetto che il documento tanto atteso sia destinato a rimanere tale. Anche perché i vertici Rai hanno gettato la maschera, chiedendo nelle trattative col governo sul contratto di servizio un arco di tempo di 12 mesi per approvare il piano news: peccato che l’ attuale Cda sia in scadenza ad agosto 2018. In questo modo il progetto resterebbe chiuso nel cassetto, e infatti l’ esecutivo vorrebbe più che dimezzare il periodo a disposizione. Esclusa la possibilità di “stralciare” la posizione di Milena Gabanelli, creando la nuova testata digitale da affidarle a prescindere dal piano complessivo. “Non se ne parla”, tagliano corto da Viale Mazzini: prima di creare altre testate bisognerà accorpare quelle esistenti e nessuno vuole rinunciare al proprio orticello. “Io sono fiducioso, penso che il piano si farà” spiega il renziano Guelfo Guelfi. Con una postilla: “Certo, se così non fosse non sarebbe colpa di nessuno”. “La fine della legislatura – conclude Arturo Diaconale, consigliere Rai scelto da Forza Italia – non è il periodo migliore per le rivoluzioni: non mi sento di escludere che tra un rinvio e l’ altro alla fine il piano salti”. E la Gabanelli e la sua testata digitale? “Io il mio consiglio a Milena l’ ho dato: cominci a lavorare con quello che ha, sul resto meglio non contarci troppo”.

Social da usare con cautela anche per i professionisti

Il Sole 24 Ore

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Pubblicità e comunicazione non sono la stessa cosa; mentre la prima, infatti, è una delle leve di marketing che implica un obiettivo di promozione, la seconda è una attività con caratteristiche che spaziano dalla divulgazione alla scienza passando per l’ informazione il pettegolezzo e le pubbliche relazioni. La pubblicità si declina in diverse forme, di cui alcune molto affini alla comunicazione. Nel caso di un prodotto, il confine è più marcato di quanto lo sia nel marketing dell’ attività professionale, che è per sua natura “reputazionale”, cioé finalizzato a migliorare la reputazione del professionista. Per i social network occorre forse creare una ulteriore categoria, poiché hanno generato una forma del tutto nuova di comunicazione e di fruizione dell’ informazione, funzionando anche come veicolo pubblicitario a basso costo. Per un professionista, scrivere un articolo per un editore è sicuramente attività di comunicazione, divulgarlo attraverso i propri canali è pure comunicazione, ma è anche auto promozione, è propaganda della propria qualità di autore e, come tale, pubblicità che rafforza la propria reputazione. I vantaggi che presenta la comunicazione attraverso i social network sono notevoli, ma vanno messi in diretta relazione con i possibili danni. Non bisogna trascurare gli effetti della sovraesposizione, la difficoltà di valutare il proprio corretto posizionamento e soprattutto la qualità della cifra comunicativa, del linguaggio e dei non trascurabili corollari (scelta delle immagini, tags, netiquette). Per evitare gli errori più comuni, conviene farne un uso molto discreto e soprattutto selezionare a priori gli scopi che si intende raggiungere con l’ uso dei social network. Come sempre in ogni azione di marketing, prima di tutto occorre avere chiaro l’ obiettivo e la conseguente creazione di una strategia deve tener conto, allo stesso tempo, della sua fattibilità e dell’ efficacia nel raggiungerlo. Tra gli obiettivi certamente raggiungibili grazie all’ uso costante e corretto dei social network c’ è la cosiddetta Top-of-Mind awareness, cioè lo stare, tornare e rimanere in cima ai pensieri dei propri clienti attuali o potenziali. Per non farsi dimenticare e intrattenere un dialogo a distanza è utile pubblicare contenuti, commentare quelli altrui o far sapere a quali eventi si partecipa. Il contatto con le persone che si “sentono” spesso è più spontaneo, facile e immediato. La credibilità è un bene preziso per un professionista. Poter disporre di uno strumento di tipo editoriale per generare e diffondere contenuti originali che dimostrano competenza e professionalità, consente di posizionarsi tra gli esperti, creare e confermare la propria reputazione. L’ obiettivo si raggiunge con uno sforzo editoriale non titanico, ma costante, a basso costo e ad alto valore aggiunto. Come accade per le grandi marche, che rassicurano i consumatori solo perché conosciute, il rapporto diretto simulato dalla connessione sui social network, stimola la conoscenza del brand di un professionista, rafforza il senso di fiducia e la propensione all’ affidamento del suo potenziale cliente. Certamente Linkedin è, in questo momento, la piattaforma più adatta per la costruzione di una rete e di una audience professionale. È nato a questo scopo ed è riuscito a mantenere il proprio posizionamento piuttosto stabile negli anni. Con i suoi 467 milioni di utilizzatori, per il 40% collegati quotidianamente, è considerato dal 71% dei professionisti che lo utilizzano una fonte credibile per i contenuti professionali, il che significa che viene utilizzato, spesso al posto delle pubblicazioni tradizionali, per informarsi sui temi relativi al proprio settore di attività. Disponibile anche in versione gratuita, consente di pubblicare e tenere aggiornato un “profilo” strutturato come un curriculum vitae dinamico, di pubblicare post, cioè brevi contenuti o commenti a fatti ed eventi, o articoli veri e propri, anche corredati di illustrazioni e hyperlink che tutti i contatti collegati potranno leggere e condividere sul proprio profilo, e questo, tanto a titolo personale quanto a titolo di realtà organizzata, ovvero, nel caso del professionista, grazie a una pagina istituzionale di Studio. Con una piccola spesa, Linkedin permette di accedere anche a qualche dato statistico (chi ha visitato il profilo e letto i post o gli articoli), utile per verificare l’ efficacia della propria attività di comunicazione, ma anche di raggiungere con un messaggio diretto praticamente chiunque. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Dorsi locali Corsera, via alla cura sui costi

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Parte la cura Cairo sui costi delle edizioni locali del Corsera, dopo che venerdì è stata portata dentro al gruppo Rcs l’ ultima editrice con soci terzi (quelli del Corriere fiorentino). D’ ora in poi, si procederà ai ricambi redazionali tramite contratti a tempo determinato, per brevi periodi e senza automatismi. Decisione che ha messo in agitazione alcuni dorsi (Corriere Fiorentino, del Veneto e di Verona, di Bologna, del Trentino e dell’ Alto Adige), che hanno scioperato lunedì e hanno a disposizione altri 3 giorni di astensione dal lavoro. In realtà, però, una decisione analoga è stata presentata anche alla Gazzetta dello Sport (mentre il Corriere della Sera è impegnato al tavolo dei prepensionamenti). Nel caso dei dorsi locali, l’ altro snodo è snellirne l’ organizzazione, riunendoli tutti sotto Rcs Edizioni Locali srl, che già comprende Corriere Bologna, Trentino e Alto Adige.

Mediaset, l’ utile sale a 75 milioni

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Margini in crescita per il primo semestre del gruppo Mediaset, che ha registrato un utile superiore di circa 100 milioni rispetto alla prima metà del 2016: 74,8 milioni di euro contro il rosso da 28,2 milioni di un anno prima. Merito soprattutto dell’ operazione di taglio dei costi, visto che i ricavi non sono cresciuti ma hanno sostanzialmente tenuto, con un calo dell’ 1,3% a livello consolidato (1,84 miliardi), un -0,8% in Italia (1,34 miliardi per la mancanza di Checco Zalone al cinema) e un -2,5% in Spagna. Questa volta è stata l’ Italia a fare meglio in termini di raccolta pubblicitaria: nei primi sei mesi la crescita è stata del 2,2% a 1,077 miliardi, mentre in Spagna si è avuto un calo dell’ 1,4%. La variazione nella Penisola include l’ ingresso nel perimetro delle radio ex Finelco, un polo con il quale Mediaset «ha fatto meglio del mercato», ha spiegato il direttore generale marketing e operations di Publitalia Matteo Cardani, perché ha beneficiato dell’ approccio crossmediale. La quota di mercato sulla pubblicità tv è cresciuta anche grazie a una dinamica di prezzi in aumento, in controtendenza rispetto a quella dei diretti concorrenti delle televisioni in chiaro. Il resto dell’ anno dovrebbe chiudersi ancora in crescita. Luglio e agosto, ha detto Cardani, non sono stati positivi anche a causa del confronto con gli stessi mesi del 2016 in cui ci sono stati Europei e Olimpiadi che hanno beneficiato l’ intero mercato. In ogni caso i due mesi «contano per il 6% del totale ricavi», poi settembre è andato meglio e dovrebbe risultare in progresso o al massimo piatto rispetto al settembre 2016, mentre le previsioni per l’ intero anno sono di chiudere in terreno positivo. Premium nel semestre ha registrato ricavi per 299,7 milioni di euro, contro i 308,5 milioni di un anno prima (-2,8%). Qui si apre il capitolo dei diritti del calcio. Il cfo Marco Giordani ha ribadito che il piano illustrato a gennaio prevede lo scenario peggiore, che sulla pay non ci sarà il calcio, dopo il passaggio della Champions a Sky, ma Mediaset potrà ancora presentare la propria offerta per la Serie A: «se possiamo performare come indicato dal piano partecipando alla gara perché no. Dipende dai pacchetti», ha detto il cfo. «Se i pacchetti sono pianificati in modo che possiamo presentare una proposta decente ai nostri clienti e così ottenere ricavi che coprano i costi possiamo partecipare». Stesso discorso per i Mondiali: «Pensiamo che altri siano più affamati di noi di questi diritti. Ma siamo sul mercato ed è nostro dovere professionale guardare tutte le opportunità. Abbiamo fatto un’ offerta razionale, vedremo». Altro capitolo, quello di un possibile coinvolgimento nella joint venture Telecom-Canal+ che sembrerebbe essere nei disegni di Vivendi: «a parte quello che abbiamo letto dai giornali non abbiamo incontrato nessuno, non abbiamo ricevuto nessuna offerta», ha detto il cfo. «Siamo pronti a ricevere proposte che possano migliorare il nostro piano e la nostra guidance». Qui la vicenda si intreccia con il contenzioso con Vivendi, una situazione da risolvere. Giordani non si sbilancia nemmeno su quanto deciso dall’ Agcom per far scendere la partecipazione dei francesi nel Biscione dal 29% al 9,9% sterilizzando la parte eccedente dei diritti di voto: «è stata una decisione che ci ha dato ragione, ma non sappiamo niente di più». Tornando ai conti, come detto c’ è stato un miglioramento sul risultato operativo grazie ai risparmi sui contenuti e ad altri miglioramenti nei costi, tra i quali quelli sul personale. In Italia i costi sono calati dell’ 8,5% e del 6% in Spagna, in anticipo sul piano. Cresce infine l’ indebitamento (1,241 miliardi contro i 1,162 miliardi precedenti) dopo investimenti, operazioni di buy back e dividendi, ma aumenta la generazione di cassa (199,4 milioni contro 152,8 mln precedenti). In attesa dei conti ieri il titolo del Biscione ha chiuso in calo dello 0,89% a 2,91 euro. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Visibilia Editore, ricapitalizzazione e prestito da 3 mln. Partirà lunedì l’ aumento di capitale da 700 mila di euro di Visibilia Editore, società quotata sull’ Aim Italia e guidata da Daniela Santanché. Il cda ha anche dato l’ ok a una possibile operazione di investimento con Bracknor Investment per un prestito da 3 milioni di euro. Unità, gli editori Pessina-Stefanelli sotto la spada di Damocle della fideiussione. E’ stata avviata la procedura di escussione della fideiussione, a garanzia dell’ acquisto del quotidiano dall’ ultimo fallimento, per pagare l’ ultima tranche del giornale. Valore dell’ ultima rata che manca all’ appello: circa 3,3 milioni di euro. Tradotto: agli editori Pessina-Stefanelli il tribunale ha chiesto di pagare a breve giro o altrimenti chiederà alle banche garanti il denaro mancante, per onorare l’ impegno all’ acquisto. In parallelo, ai dipendenti devono essere ancora versati tra gli altri due mesi di stipendi, il controvalore delle ferie non godute e alcune indennità. Al momento, resta solo l’ annuncio di un ritorno autunnale (solamente su internet) del quotidiano diretto da Sergio Staino (vedere ItaliaOggi del 9/8/2017). Striscia la notizia, boom al debutto. Esordio positivo per Striscia la Notizia – la voce dell’ intraprendenza che, lunedì scorso, ha inaugurato la 30° stagione con 6.050.000 telespettatori e il 22,99% di share, il programma più visto dell’ intera giornata registrando il miglior debutto degli ultimi 4 anni. Alla conduzione la coppia Greggio-Iacchetti, tornata dietro al bancone per il 24° anno consecutivo. Mia punta sulle produzioni tv. Mia, Mercato internazionale dell’ audiovisivo di Roma, scommette sulle novità della sua sezione dedicata al drama televisivo, Mia Tv, nata per promuovere il network, gli accordi e la circolazione di idee dell’ industria televisiva internazionale. Sono stati così selezionati, per esempio, 15 progetti in fase di sviluppo che verranno presentati in incontri riservati con varie emittenti. Pubblicità web, Triboo Media per Edizioni Master. Triboo Media, concessionaria del gruppo Triboo, raccoglierà inserzioni per i prodotti digital delle Edizioni Master, gruppo specializzato in periodici, collezionabili e web magazine.

Riforma tv, sempre no

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Non s’ incrina, anzi gioca al rilancio il blocco degli editori tv contrari alla bozza di riforma del ministro Dario Franceschini, che introduce tra l’ altro quote più alte di investimenti in produzioni europee, italiane e indipendenti (vedere ItaliaOggi del 20/9/2017). Rai, Mediaset, La7 e ancora Sky, Discovery, Viacom, Fox, Walt Disney e De Agostini hanno infatti sintetizzato nuove critiche, dopo l’ incontro congiunto di mercoledì scorso col responsabile del ministero dei beni e delle attività culturali. Oltre alla mancata analisi degli impatti economici della riforma (che comporta, secondo le stime, un aumento della spesa in contenuti per oltre 500 milioni di euro, spingendo gli investimenti complessivi a quota 1,2-1,3 miliardi nel 2019), adesso si prospetta anche per la prima volta un rischio occupazione del settore tv che impiega 26 mila addetti e altri 65 mila nell’ indotto. Di conseguenza, il comparto non può essere gravato da maggiori oneri di spesa. In aggiunta, si sottolinea l’ assenza di ogni valutazione anche dal punto di vista giuridico, visto che le emittenti tv giudicano la bozza di riforma come rivolta a limitarne l’ autonomia editoriale e la libertà imprenditoriale. Infine, i broadcaster non hanno mancato di sottolineare che il ministro Franceschini, dopo l’ incontro ufficiale di mercoledì scorso, ha proseguito il confronto solo con alcune televisioni, escludendone ingiustificatamente altre. Allo stesso modo, sempre secondo gli editori tv, la sua riforma sembra favorire solo alcuni settori della produzione indipendente. Così come, per il binomio televisione e produzioni indipendenti, si decidono soluzioni dirigistiche per aumentare le quote di spesa mentre per il resto del comparto audiovisivo si preferisce la soluzione dell’ agevolazione fiscale (ne è solo un esempio il cosiddetto sistema del tax shelter nel mondo del cinema). Quindi, in conclusione, gli editori ricordano di aver già investito, negli ultimi 12 anni, circa 10 miliardi di euro nel circuito di opere indipendenti, di versare centinaia di milioni alla Siae (Società italiana degli autori ed editori) e ancora di pagare l’ Iva che viene destinata al fondo dello spettacolo. A differenza, per esempio, dei concorrenti over-the-top (ott).

I comitati di redazione delle edizioni locali Rcs proclamano lo sciopero per il mancato rinnovo dei contratti

Prima Comunicazione

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Giornalisti in sciopero nelle edizioni locali Rcs contro i mancati rinnovi dei contratti a termine. Dopo la proclamazione dello stato di agitazione, astensione dal lavoro proclamata dai cdr di ‘Corriere Fiorentino’, ‘Corriere del Veneto’ e ‘Corriere di Verona’, ‘Corriere di Bologna’, ‘Corriere del Trentino’ e ‘Corriere dell’ Alto Adige’. Solidarietà da parte di Fnsi e Associazioni regionali di Stampa. Ieri, lunedì 25 settembre, è stato il primo giorno di sciopero del pacchetto di 5 affidato ai Cdr. I giornalisti dei ‘dorsi’ locali del ‘Corriere della Sera’, spiega la Fnsi , protestano contro la decisione dell’ azienda di non rinnovare i contratti a tempo determinato che abbiano superato i sei mesi di durata. Decisione che, di fatto, imporrebbe la perdita di posti di lavoro, oltre alla frustrazione delle aspettative di chi, a volte per anni, ha contribuito alla realizzazione dei quotidiani locali lavorando con contratti precari. I Cdr, inoltre, lamentano il rischio di minare i fisiologici meccanismi di avvicendamento all’ interno delle redazioni. Per il Corriere Fiorentino si tratta del primo sciopero in quasi 10 anni di vita, per le redazioni del Corriere del Trentino e del Corriere dell’ Alto Adige è la seconda astensione dal lavoro nell’ arco di poco tempo. I comitati di redazione, d’ intesa con le Associazioni regionali di Stampa e con la Fnsi, chiedono un incontro urgente con l’ azienda e ribadiscono la disponibilità a trovare percorsi d’ intesa condivisi che garantiscano occupazione e qualità dell’ informazione. “Vogliamo credere nelle parole del presidente Urbano Cairo, che ha detto di voler investire nei giornali locali del gruppo Rcs: ma investire in una testata giornalistica significa investire nelle persone che fanno ogni giorno il giornale, non perdere queste professionalità”, osservano i Comitati di redazione. La Federazione nazionale della Stampa e le Associazioni di Toscana, Veneto, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna esprimono solidarietà ai colleghi e sostegno alle ragioni che hanno indotto i giornalisti a scioperare contro la precarietà dilagante anche nelle grandi aziende come il gruppo Rcs e contro un modo di fare impresa che contempla solo tagli agli organici, promesse disattese e dinieghi rispetto a qualsiasi forma di dialogo con i lavoratori.

Mediaset sfida la Rai per i Mondiali Ma è la serie A il primo obiettivo

Corriere della Sera

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All’ asta per i diritti della serie A 2018-21 Mediaset ci sarà dopo aver disertato il bando di giugno. Parola del chief financial officer Marco Giordani, che conferma anche un’ offerta «razionale», fatta per trasmettere in chiaro i Mondiali di calcio in Russia (2018) e in Qatar (2022). Ma la concorrenza della Rai sulla Coppa del Mondo è fortissima: «Ci sono altri più affamati di noi e più aggressivi» ha detto agli analisti. Settimana importante anche sul fronte dei diritti tv della serie A per l’ estero: al via la missione della Lega e di Infront a Londra per trattare con i 30 operatori interessati ad acquistare i match del prossimo triennio. Obiettivo: 300 milioni.

Circolare n. 34 del 27/09/2017 – Legge riforma editoria – Decreto legislativo di ridefinizione della disciplina dei contributi diretti: adozione DPCM per la definizione delle modalità di concessione dei contributi diretti

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Facendo seguito alla nostra circolare n. 32/2017 del 18.09.2017, ricordiamo che è stata pubblicata la bozza del DPCM in Gazzetta Ufficiale, relativa al procedimento amministrativo per le associazioni dei consumatori e per i giornali per le persone afflitte da disabilità visiva.

Per entrambe le categorie di soggetti il DPCM fissa al 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento del contributo il termine per la presentazione della domanda e della relativa documentazione. Ricordiamo, invece, che per gli altri soggetti il termine è il 31 gennaio dell’anno successivo.

Il termine del procedimento amministrativo è fissato al 30 settembre dell’anno successivo a quello di riferimento dei contributi.

Ricordiamo che i soggetti ammessi a beneficiare di questo tipo di contributi sono le imprese editrici, enti ed associazioni che editano periodici pubblicati con caratteri tipografici normali, braille, su nastro magnetico o su supporti informatici, destinati ad utenti ed ipovedenti e ad enti o istituzioni che operano per finalità a sostegno del settore e alle associazioni dei consumatori o degli utenti iscritte nell’elenco istituito dall’articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che editano periodici divulgativi strettamente attinenti alla tutela dei consumatori.

Per questa tipologia di soggetti il DPCM non prevede l’obbligo di trasmettere la documentazione per via telematica.

Si resta in attesa della pubblicazione del DPCM relativa alle imprese editrici di quotidiani e periodici editi e diffusi all’estero.


Acquisto quotidiano l’Unità. Le banche presentano il conto a Pessina e Stefanelli

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Gli editori Pessina-Stefanelli sotto la spada di Damocle della fideiussione. E’ stata avviata la procedura di escussione della fideiussione, a garanzia dell’ acquisto del quotidiano dall’ ultimo fallimento, per pagare l’ ultima tranche del giornale. Valore dell’ ultima rata che manca all’ appello: circa 3,3 milioni di euro. Tradotto: agli editori Pessina-Stefanelli il tribunale ha chiesto di pagare a breve giro o altrimenti chiederà alle banche garanti il denaro mancante, per onorare l’ impegno all’ acquisto. In parallelo, ai dipendenti devono essere ancora versati tra gli altri due mesi di stipendi, il controvalore delle ferie non godute e alcune indennità. Al momento, resta solo l’ annuncio di un ritorno autunnale (solamente su internet) del quotidiano diretto da Sergio Staino. Intanto Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, intervenendo a 24Mattino su Radio 24 si auspica che l’Unità torni presto in edicola “La testata dell’Unità, come è già noto, non è di proprietà del Partito Democratico, è di un gruppo. Il Partito Democratico è dentro con una quota assolutamente minoritaria e marginale”, ha spiegato Orfini. Noi abbiamo cercato in tutti i modi, esercitando anche la responsabilità derivante da quella quota di assoluta minoranza e anche mettendoci diverse risorse in questi anni, di tenerla aperta.Ovviamente non tutto dipende da noi, anzi poco dipende da noi”.

Diffamazione a mezzo Facebook. A processo anche chi ha messo il like sul post

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Sette persone andranno a processo per aver messo un “like” su Facebook. Accade a Brindisi  e i fatti risalgono al 2014. Sul popolare social network appare un commento giudicato offensivo contro il sindaco di San Pietro Vernotico, Giuseppe Russo, e alcuni dipendenti comunali, accusati di essere assenteisti e fannulloni. Secondo gli inquirenti il reato di diffamazione aggravata si configura non solo per l’autore del commento, ma anche per i sette che hanno dato il loro “mi piace”. E che invece potrebbe costare una condanna per diffamazione aggravata, se il “like” è stato cliccato su un post dai contenuti offensivi. Ricordiamo che la diffamazione scatta quando qualcuno offende la reputazione di un’altra persona mentre questa è assente. Se fosse presente, saremmo nel campo dell’ingiuria che, invece, non è più un reato (ma solo un illecito civile). Inoltre, per la diffamazione è necessario che l’offesa sia proferita alla presenza di almeno due persone. Quindi, parlare male di un amico con un altro amico non integra la diffamazione; ma se c’è un’altra persona a sentire le offese, allora si rientra nel penale. Il reato potrebbe però scattare anche quando si comunica con più persone singolarmente, in momenti distinti: prima all’uno, poi all’altro, poi all’altro ancora, e così via, in questo modo attuando il proprio scopo di infangare la reputazione della vittima sebbene non in pubblico.
«La Cassazione – conferma Fulvio Sarzana avvocato e docente di diritto della società digitale all’università telematica di Nettuno  Sarzana – ha già stabilito che un messaggio offensivo sui social può far scattare la diffamazione. Ma sul semplice “like” personalmente nutro qualche perplessità: il reato presuppone il dolo, una volontà specifica che probabilmente manca a un gesto automatico. Comunque sia, anche in questo caso occorrerà attendere una pronuncia della Cassazione». Certo, se così fosse sarebbe un fatto epocale: già oggi la polizia postale esamina ogni giorno tra le 100 e le 200 denunce per offese su Facebook; se a questo numero si aggiungessero quelle per i “mi piace” gli uffici si intaserebbero al punto tale da rendere inefficaci le denunce stesse.

 

Rassegna Stampa del 28/09/2017

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Indice Articoli

Rai, dalla Vigilanza stretta sugli agenti

Siae azzera tutte le convenzioni

Facebook, al via le news a pagamento

Facebook lancia i primi abbonamenti ai giornali

Radio, i dati slittano a novembre

Telesia: ricavi semestrali a 2,91 mln (+11%), ebitda a 0,77 milioni (+41%)

Chessidice in viale dell’ Editoria

Stampa, si ferma il calo di lettori

Scende sotto i 43 milioni il numero di italiani che negli ultimi 30 giorni si è informato sulla stampa cartacea o digitale. I dati Audipress: 1 su 3 legge quotidiani, mentre più di 1 su 4 legge mensili e settimanali (INFOGRAFICHE E TABELLE)

L’ 81% degli italiani si informa leggendo ‘almeno un titolo’ dai giornali cartacei o digitali. Audipress: 1 su 3 preferisce i quotidiani, 1 su 4 si dedica a mensili e settimanali – Tutti i dati e le INFOGRAFICHE sulla lettura in Italia

Facebook, in arrivo le notizie a pagamento

Siae, l’ Italia evita la procedura Ue “Nuove regole contro il monopolio”

Twitter raddoppia i cinguettii «Più pensiero, meno odio»

Rai, dalla Vigilanza stretta sugli agenti

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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È un atto di indirizzo che impegna la Rai ad adottare «entro novanta giorni idonee procedure». Certo è che l’ indicazione politica è di quelle che non si possono lasciar cadere. Anche perché è passata all’ unanimità in Commissione di vigilanza la Risoluzione preparata dal Pd Michele Anzaldi per impedire conflitti d’ interessi degli agenti, accusati di strapotere in Rai a tutto vantaggio dei compensi loro e dei loro assistiti. «Inizia una nuova epoca in Rai»: così il pentastellato presidente della Vigilanza, Roberto Fico, ha commentato un ok che piomba sul tavolo di un Cda Rai che oggi si riunirà con all’ ordine del giorno il rinnovo dei vertici di Rai Com, alla cui presidenza arriva Roberto Nepote. Va detto che non è stato lineare il percorso della Commissione, fra stop and go anche per dissidi nel Pd. Non a caso il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli la settimana scorsa aveva fatto endorsement per una soluzione alternativa, con intervento di legge ad hoc che, a questo punto, potrebbe arrivare al più presto nella legge di Bilancio. Ora per la Rai un motivo di parziale soddisfazione starà sicuramente stare nella parte di premessa all’ atto in cui si legge del riconoscimento di «uno squilibrio» a favore degli agenti di spettacolo nel rapporto con le aziende di tutto «il mercato radiotelevisivo italiano» e che quanto chiesto dalla Commissione avviene «nelle more di un intervento del legislatore vincolante per tutte le aziende del settore radiotelevisivo». È tuttavia vero che i nove impegni chiesti a Viale Mazzini sanno di altrettante bacchettate non solo per il passato, ma anche per quest’ ultimo periodo con la vicenda Fazio. A produrre Che Tempo che fa è infatti “L’ Officina”: una società mista fra Fazio e Magnolia. Alla Rai è chiesto che questo non avvenga più. Allo stesso modo si chiede di escludere che la produzione di programmi «sia affidata, anche tramite appalti parziali a società di produzione controllate e/o collegate ad agenti di spettacolo che rappresentino gli artisti che a qualunque titolo prendano parte ai programmi medesimi». Nel panorama nazionale le società più quotate che rappresentano artisti sono la Itc 2000 di Beppe Caschetto, la Arcobaleno Tre di Lucio Presta, ma anche la Vegastar di Fernando e Silvio Capecchi che in scuderia ha fra gli altri Carlo Conti. In base alla risoluzione non potranno più produrre programmi in cui ci siano i loro artisti. La Rai, a sua volta, non potrà contrattualizzare «più di tre artisti rappresentati dallo stesso agente o da altra società di cui l’ agente sia socio». Fra le altre cose la Rai dovrà «escludere coproduzioni di film finanziate dalla stessa Rai, anche attraverso Rai Cinema, con società di produzioni cinematografiche di cui siano direttamente o indirettamente titolari agenti di spettacolo rappresentanti di artisti legati alla società concessionaria da rapporti contrattuali in essere per altri programmi trasmessi sui canali della stessa Rai». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Siae azzera tutte le convenzioni

Il Sole 24 Ore
Andrea BiondiFrancesco Prisco
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Con il recepimento della direttiva Barnier, il diritto d’ autore in Italia cambia. E, di conseguenza, in molti casi cambieranno anche le condizioni di utilizzo delle opere coperte da diritto d’ autore: la Società autori ed editori si appresta infatti a dare disdetta a circa 250 accordi che ha in vigore con associazioni di varia entità, avviando al tempo stesso un processo di rinegoziazione alla luce del decreto legislativo 15 marzo 2017, numero 35. Quest’ oggi, a quanto risulta al Sole 24 Ore, il Consiglio di gestione della Siae delibererà la disdetta delle convenzioni. Entro il 30 settembre le associazioni convenzionate riceveranno una lettera che dà formale comunicazione della decisione. Da quel preciso momento, le parti avranno due mesi per confrontarsi e valutare a quali condizioni riformulare eventualmente un accordo. È inevitabile, a questo punto, prevedere l’ arrivo di ritocchi ai corrispettivi pagati alla Siae da un ventaglio di associazioni – quelle interessate dalla decisione – che è molto ampio e diversificato: si va da Anci a Confcommercio passando per Federalberghi, fino ad arrivare ad Assomusica, l’ associazione dei promoter che organizzano concerti. In totale si tratta di 250 enti associativi che, nel corso degli anni, avevano stretto accordi di miglior favore con l’ ente pubblico economico a base associativa che dalla sua nascita – datata 1882 – ha operato in una situazione di monopolio. Questo però fino al Dlgs che nel marzo scorso ha recepito la direttiva 2014/26/Ue sulla liberalizzazione del diritto d’ autore (la famosa direttiva Barnier), un testo che tra le altre cose si appresta a essere ulteriormente emendato dal legislatore con la prossima legge di Bilancio (come anticipato sul Sole 24 Ore del 17 settembre). Stando alla nuova impostazione l’ esclusiva Siae ha i giorni contati: dall’ 1 gennaio 2018 in Italia potranno infatti nascere nuove agenzie di collecting del diritto d’ autore, purché risultino enti non a scopo di lucro. Tornando al Dlgs 35, di recepimento della direttiva Ue, al comma 3 dell’ articolo 22, è molto netto: «La concessione delle licenze – si legge – avviene a condizioni commerciali eque e non discriminatorie e sulla base di criteri semplici, chiari, oggettivi e ragionevoli. Gli organismi di gestione collettiva che concedono licenze su diritti non sono tenuti a basarsi, per altri tipi di servizi online, sulle condizioni di concessione concordate con un utilizzatore, quando quest’ ultimo fornisce un nuovo tipo di servizio online proposto al pubblico dell’ Unione europea da meno di tre anni». Una convenzione che non si attenesse a questi indirizzi rischierebbe di suscitare le reazioni dell’ Agcom, autorità individuata dal legislatore per vigilare sul rispetto delle norme che regolano il diritto d’ autore. Il tutto in uno scenario che ha visto Siae oggetto, ad aprile scorso, di un’ istruttoria dell’ Antitrust secondo cui la stessa Siae si sarebbe mossa con autori e utilizzatori per impedire alle collecting private di avere pieno accesso al mercato. Mentre ad Assomusica, l’ Agcm contestava l’ adozione di linee guida (poi ritirate) che indicavano alle imprese associate di non stipulare accordi di licenza, né corrispondere compensi a società di gestione concorrenti di Siae. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Facebook, al via le news a pagamento

Il Sole 24 Ore
Luca Tremolada
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Facebook conferma quanto annunciato a luglio e tende la mano agli editori offrendo loro l’ opportunità di “offrire” abbonamenti a notizie a pagamento dentro al servizio Instant Articles su smartphone. Sono contenuti, articoli, notizie ottimizzate per la visualizzazione da smartphone che vengono caricati in maniera molto più veloce e permettono quindi una maggiore leggibilità. «A breve – ha sorriso Alex Hardiman oggi direttore dei News Product di Facebook nel corso di un incontro nella sede milanese – daremo il via una sperimentazione con dieci editori internazionali tra cui uno in Italia. Se i test andranno bene saremo pronti a offrire questa possibiltà a tutti gli editori». La novità rispetto a quanto annunciato a luglio è che «il 100% dei ricavi andrà agli editori». Alex Hardiman, un passato al New York Times, lo ripete due volte perché sa che questo è un punto di vera frizione. Il social network non tratterrà nessuna percentuale. Due i modelli di pagamento che saranno testati da Facebook in partnership con gli editori. Il primo consentirà di leggere gratis fino ad un certo numero di articoli e poi scatterà il paywall. Il secondo è la modalità “freemium”, in base alla quale saranno gli editori a decidere quali contenuti offrire gratis sul social network e quali a pagamento. Gli Instant Articles, scrive Fb, renderebbero più di 1 milione di dollari al giorno agli editori. L’ impressione è che sulla scia della Google Digital News Initiative anche Facebook si sia messa a lavorare serieamente a una sorta di “give back” per il mondo degli editori tradizionali tradizionalmente tramortiti dallo strapotere di queste grandi piattaforme sovranazionali. L’ agenzia eMarketer stima che nel 2016 Facebook e Google abbiano rastrellato il 60% della spesa in pubblicità su pagine elettroniche nel mondo. .@lucatremolada © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Facebook lancia i primi abbonamenti ai giornali

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Facebook ha deciso e passa dalla teoria ai fatti sugli abbonamenti ai giornali: i quasi 2 miliardi di utenti del social network potranno a breve testare, sia negli Usa sia in Europa in parallelo, due nuove formule di sottoscrizioni con un primo gruppo di 10 editori globali. Una volta ottenuti i risultati dei test, per Facebook è possibile che gli abbonamenti partano a regime già entro la fine di quest’ anno (o comunque a partire dal 2018). L’ Italia sarà sicuramente coinvolta nella fase finale (come del resto tutti gli altri mercati del network), ma non è escluso che partecipi anche alla sperimentazione. Come già lasciato intendere la scorsa estate (vedere ItaliaOggi del 15/07/2017), il colosso americano guidato da Mark Zuckerberg conferma quindi l’ offerta di due modelli: il primo con un mix di articoli gratuiti e a pagamento (a seconda delle scelte del singolo editore, cosiddetto sistema freemium) e il secondo che consente la lettura di 10 articoli gratis prima che scatti la richiesta di versare una somma di denaro (sulla falsariga di quanto già fa il New York Times, cosiddetto modello paywall). In particolare, ieri a Milano durante un incontro con Tessa Lyons, product manager for News feed (del team stretto dello stesso Zuckerberg) e Alex Hardiman, News products lead, è stato sottolineato che il 100% dei ricavi dagli abbonamenti andrà agli editori. E, per quanto riguarda le modalità di pagamento delle sottoscrizioni, l’ acquisto si svolgerà non sulla piattaforma Facebook ma su quelle delle singole case editrici. Alle informazioni (o big data che dir si voglia) contenute in queste transazioni, a giudizio di Lyons e Hardiman, l’ azienda californiana di Menlo Park non avrà accesso. Di contro, Facebook potrà aiutare le editrici nel cercare e selezionare quegli utenti del social network che mostrano sia maggior propensione all’ acquisto di news sia coloro che, più in generale, maggiormente si avvicinano al target di lettori di una testata. A proposito di testate coinvolte, la posizione ufficiale di Facebook è che, con la stampa italiana, sono ancora in corso conversazioni e nessun accordo definitivo è stato raggiunto. Per tutti i giornali che offriranno i loro abbonamenti su Facebook, comunque, viene fatta salva la possibilità di personalizzare la propria offerta commerciale, per esempio evidenziando promozioni temporanee riservate ai propri lettori. Infine, in tempi di cyber attacchi e campagne mediatiche per influenzare persino le elezioni politiche altrui, Lyons e Hardiman hanno presentato nel concreto i nuovi strumenti del social network contro le fake news (o bufale, in italiano). Tra questi ci sono sia bollini che indicano la non fondatezza di una notizia sia strumenti che evidenziano i titoli sensazionalistici-esagerati di alcune informazioni.

Radio, i dati slittano a novembre

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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La pubblicazione dei primi dati dell’ indagine di Ter-Tavolo editori radio sugli ascolti gennaio-giugno 2017 del panorama radiofonico italiano slitta a novembre. In un primo tempo, invece, tutto doveva essere comunicato al mercato entro la metà di settembre. Poi, dopo le grandi perplessità nate nella verifica dei dati raccolti nel primo trimestre 2017, e dopo le polemiche circa i metodi complessivi della ricerca (considerare o meno i dati un po’ dubbi del primo trimestre e gli ascolti derivanti dai canali televisivi di alcune radio), il consiglio di amministrazione di Ter, società composta dai principali broadcaster radiofonici tricolori, aveva deciso di consegnare i dati della ricerca condotta da Ipsos e Gfk a un grande esperto di statistica, affinché, come anticipato da ItaliaOggi del 12 settembre, ne verificasse la scientificità e la correttezza. Il luminare, che secondo indiscrezioni dovrebbe essere Giorgio Marbach, 82 anni e padre delle ricerche di mercato in Italia, si esprimerà il prossimo 5 ottobre. Potrà, ovviamente, dare un parere positivo o negativo. In ogni caso la pubblicazione dei dati di ascolto delle radio italiane nel primo semestre 2017 non avverrà comunque prima di novembre. Insomma, continua a esserci un clima piuttosto teso all’ interno di Ter (Radio Mediaset e, in maniera meno evidente, Radio Rai da una parte, contro tutti gli altri), e tra Ter e il mercato della pubblicità (ovvero Upa) a cui la ricerca degli ascolti, alla fin fine, è destinata. Nelle scorse settimane, va ricordato, il presidente di Ter-Tavolo editori radio, Nicola Sinisi, aveva rilasciato alcune dichiarazioni in merito alla prossima pubblicazione dei dati della indagine sulle audience della radio e sulle presunte intenzioni di Upa, l’ importante associazione presieduta da Lorenzo Sassoli de Bianchi e che riunisce i principali investitori pubblicitari. Parole che avevano provocato la durissima reazione della stessa Upa che «sottolinea l’ infondatezza della dichiarazione del Tavolo delle rilevazioni di ascolto radio (Ter) in cui si afferma che «Upa vorrebbe essere cliente degli istituti di ricerca» e non committente. Upa ha sempre rispettato il lavoro degli istituti nella esecuzione delle ricerche vagliando quanto da loro fornito come servizio a supporto di metodologie e obiettivi definiti dalle Jic (Joint industry committee), cioè da tutte le componenti il mercato dell’ advertising (mezzi, aziende, centri media e agenzie). Questa impostazione è riconosciuta anche dalle Authority ed è lo strumento che ha reso possibile nel tempo la migliore evoluzione nelle ricerche. È quanto si sta facendo in Auditel, Audiweb, Audipress, Audioutdoor, Audimovie utilizzando tecnologie e metodologie sempre più avanzate per ottenere risultati certi, indipendenti, con cadenze predefinite e costanti in modo da fornire al mercato dati credibili e sempre aggiornati. Risulta quindi incomprensibile e fuorviante l’ affermazione di cui sopra rispetto al ruolo che Upa ha nel sistema delle Audi». Una nota, quella di Upa, che evidenziava, quindi, la situazione di scarso dialogo con Ter e, in qualche modo, anche un certo scetticismo riguardo le affermazioni di Sinisi che, a proposito della ricerca Ter, diceva: «Stiamo mettendo in piedi una rilevazione così accurata e precisa che può competere con la cosiddetta misurabilità del web». © Riproduzione riservata.

Telesia: ricavi semestrali a 2,91 mln (+11%), ebitda a 0,77 milioni (+41%)

Italia Oggi

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Telesia, società di Class Editori quotata all’ Aim e che opera nel campo dei digital media e della tecnologia, ha chiuso i primi sei mesi dell’ esercizio 2017 con ricavi in crescita dell’ 11% a 2,91 milioni di euro, grazie al buon andamento della vendita di spazi pubblicitari sui diversi canali GO Tv. Infatti, a fronte di una crescita del mercato italiano del 7,6% (dati Nielsen), la GO Tv Telesia ha conseguito un incremento del 13%. I costi operativi sono stati pari a 2,15 milioni di euro, in diminuzione del 2% al netto dei costi di personale, che invece sono saliti a 0,613 milioni per il personale tecnico dedicato alle attività di preparazione relative al contratto pluriennale con Roma Servizi Mobilità per la realizzazione di un sistema di videoinformazione e comunicazione per il Trasporto pubblico locale di Roma. Il margine operativo lordo al 30 giugno 2017 (ebitda) è salito del 41% a 0,767 milioni di euro: in rapporto al fatturato, l’ ebitda è pari al 26,29% contro il 20,68% al 30 giugno 2016 (dato pro forma). Il risultato operativo (ebit) è pari a 0,548 milioni di euro (0,332 milioni al 30 giugno 2016), mentre il risultato netto ante imposte è positivo per 0,521 milioni di euro. Il risultato netto per l’ esercizio chiuso al 30 giugno 2017 è pari a 0,532 milioni di euro (0,125 milioni al 30 giugno 2016) e il patrimonio netto è pari a 7,053 milioni di euro (4,636 milioni di euro al 31 dicembre 2016). Al fine di perseguire i risultati attesi, la Società è fortemente impegnata su tre attività connesse all’ attuazione del piano industriale: GO Tv, Professional Services e implementazione dell’ accordo con la Warrior Media, che prevede due ambiti di collaborazione, commerciale e tecnologico e il cui primo progetto messo a punto è Digital Mirror Tv, con l’ installazione di monitor intelligenti presso le toilette dell’ aeroporto di Milano-Linate. Nella GO Tv la società sta registrando significativi sviluppi dei ricavi anche successivamente al primo semestre: alla data del 4 settembre 2017 si registra un analogo trend positivo (+14%) degli ordini pubblicitari di competenza dell’ intero esercizio in corso rispetto alla stessa data del 2016. Nel segmento dei Professional Services, il cui mercato di riferimento è costituito da enti e imprese interessate a dotare i propri ambienti (pubblici, privati, catene di punti vendita, centri commerciali, impianti e strutture sportive ecc.) di reti di monitor per diffondere informazioni di servizio e promozionali ai propri frequentatori/clienti, l’ obiettivo è quello di cogliere le grandi chance relative al piano di ringiovanimento degli autobus del Tpl (Trasporto pubblico locale) come deliberato dal Cipe, con specifico riferimento ai sistemi multimediali di videocomunicazione a bordo autobus (nell’ ambito dei progetti di Infomobilità). A questo scopo, oltre alle attività commerciali, sono state avviate specifiche consultazioni ed approfondimenti con le direzioni generali preposte del ministero infrastrutture e con l’ associazione Asstra (che riunisce quasi tutti gli operatori del Tpl) al fine di definire le caratteristiche tecnologiche di base per gli acquisti di apparati hw e sw per la gestione della infomobilità a bordo dei mezzi di trasporto. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Rai, risoluzione della Vigilanza sul conflitto di interessi degli agenti delle star. Via libera all’ unanimità della commissione di Vigilanza Rai alla risoluzione che punta a evitare conflitti d’ interesse degli agenti e degli artisti. Si tratta del testo originario depositato dal relatore, il deputato dem Michele Anzaldi, a inizio luglio. Fra i punti chiave dell’ atto di indirizzo, lo stop all’ affidamento della produzione di programmi a società controllate o collegate ad agenti che rappresentino artisti presenti negli stessi programmi. Il divieto vale anche nel caso che la società di produzione faccia capo allo stesso artista. E questo significa che non sarebbe replicabile un caso come quello del programma di Fazio su Rai1 che vede lo stesso conduttore coinvolto nella società. Frequenze tv, Giacomelli: avanti sul coordinamento con i paesi vicini. «Con la firma dell’ accordo tra Vaticano, Francia e Italia per il coordinamento tirrenico delle frequenze, per la prima volta l’ Italia parte con il processo di liberalizzazione dello spettro, anche alla luce del passaggio della banda 700 alle comunicazioni mobili, avendo definito in anticipo gli accordi internazionali». È quanto ha dichiarato il sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli. L’ accordo di ieri (martedì, ndr) è alla firma ora anche del Principato di Monaco. «Nei giorni scorsi», ha concluso Giacomelli, «abbiamo firmato un analogo accordo con la Spagna ed è in dirittura d’ arrivo la firma dell’ intesa con Austria e Svizzera. L’ ultimo passaggio importante ci sarà nelle prossime settimane con i paesi Adriatici (Ex Iugoslavia, Albania e Grecia), Malta e i paesi nord-africani». Google: mette all’ asta le inserzioni per i servizi di shopping comparabili. Google ha iniziato a sottoporre a revisione milioni di risultati di ricerca in Europa. Il motore di ricerca consentirà ai servizi di shopping comparabili al suo di presentare offerte per comprare e rivendere spazi pubblicitari, tra quelli che compaiono in cima ai risultati di ricerca di Google in Europa. Anche il gigante di Mountain View potrà partecipare a queste aste. La decisione fa parte dello sforzo della compagnia per allinearsi alle richieste dell’ Antitrust Ue, che l’ ha multata per la sua posizione dominante sul motore di ricerca. Annette King lascia la guida di Ogilvy Uk per Publicis Uk. Un’ uscita storica, dopo 18 anni: Annette King, ceo di Ogilvy & Mather Group Uk, lascerà il gruppo pubblicitario per guidare la concorrente Publicis Uk. King raggiungerà Publicis nel 2018. La fuoriuscita è uno shock per il management di Ogilvy: King era tornata di recente da tre mesi sabbatici presi dopo una serie di acquisizioni di nuovi clienti di alto profilo per l’ agenzia. A Paolo Isotta il Premio Giovanni Paisiello Festival 2017. È stato assegnato a Paolo Isotta, outsider della critica musicale, storico della musica, e scrittore napoletano di successo, il Premio Giovanni Paisiello Festival 2017. Questa, la motivazione: «Intellettuale eclettico ed erudito, con il consueto acume critico, Isotta ha saputo vagliare nelle sue più recenti pubblicazioni lo spessore compositivo paisielliano mettendolo a confronto stilistico con alcune opere mozartiane». diMartedì supera Cartabianca. Ottimi ascolti martedì scorso per il Network La7 (La7 e La7d) che conquista il 4,13% di share nella giornata (7.00-2.00) con 11.855.252 telespettatori contattati nelle 24 ore (2.00-2.00) e il 5,08% in prime time (20.30-22.30). diMartedì con il 4,81% di share e 1.018.986 telespettatori medi supera Cartabianca su Rai3, fermo al 4,48% e 971.689. Il programma di Giovanni Floris ottiene picchi del 7,32% con 1.468.086. Otto e Mezzo di Lilli Gruber sfiora il 5% di share (4,99%) con 1.295.024 telespettatori e un picco del 5,69%.Il Tg delle 20 di Enrico Mentana ottiene il 5,21% di share e 1.228.283 telespettatori, e un picco del 6,04%. Bene al mattino Coffe Break condotto da Andrea Pancani con il 5,15% di share e un picco del 6,16%, mentre a seguire L’ Aria che tira di Myrta Merlino realizza il 5,91% di share con un picco del 6,64%. Su La7d il secondo episodio pomeridiano di Grey’ s Anatomy realizza l’ 1,14% di share con un picco dell’ 1,39%. Il terzo episodio l’ 1,24% con un picco dell’ 1,58%, mentre il terzo appuntamento serale con Private Practice conquista l’ 1,61% di share con un picco del 2,30%. Reuters Institute: il docufilm di Repubblica è nuovo modo di fare giornalismo. Il Reuters Institute ha appena pubblicato il rapporto «Developing Digital News Projects in Private Sector Media», indagando sulla progettualità e sui nuovi contenuti giornalistici realizzati nel settore digitale da 12 editori in sei diversi Paesi europei. Nel lavoro si trova anche il Super 8 di Repubblica (il long-form di carta e sito, otto pagine settimanali di approfondimento) di cui si analizza l’ esempio de «Il muro di sabbia», l’ inchiesta che racconta la vicenda di Giulio Regeni, uscita su Repubblica e realizzata dal Gruppo Gedi anche in forma di docufilm Nove giorni al Cairo (trasmesso da RaiTre) e di webserie in cinque episodi, pubblicata su Repubblica.it. Prendono il via i MAADAYS 2017. Sono partite ieri e andranno avanti fino a venerdì le tre giornate di lavori dedicate all’ audiovisivo e all’ animazione, durante le quali MAAD! Milano / Animation&Audiovisual / District chiama a raccolta e fa incontrare istituzioni, broadcaster, produttori e talenti.

Stampa, si ferma il calo di lettori

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Si arresta il calo di lettori di quotidiani, settimanali e mensili (-0,6%) nel periodo 3 aprile-9 luglio 2017, secondo le rilevazioni Audipress 2017/II confrontate con quelle precedenti svolte dal 16 gennaio al 26 marzo scorso (Audipress 2017/I). Stabilità inaspettata dopo variazioni sempre col segno negativo davanti, indietreggiando nel tempo a -2,2, -1,4, -0,7, -0,9 e -1,6%. Adesso, in valori assoluti, si sono allontanati dalla stampa nel suo complesso 260 mila italiani mentre in 42,8 milioni continuano a leggere o sfogliare almeno un quotidiano o un periodico (quasi l’ 81% dell’ intera popolazione della Penisola), tra edizioni cartacee e copie replica in digitale. Sempre secondo Audipress, che ha avviato in parallelo un approfondimento degli aspetti qualitativi sulla lettura, i quotidiani si mantengono sostanzialmente in linea con l’ andamento generale (-0,7%), appoggiandosi a 17,2 milioni di lettori. Seguono i settimanali a -1,5% e 14,7 milioni di lettori mentre i mensili registrano un -4,1% con una comunità di 13,1 milioni di lettori. Stando al confronto tra le precedenti rilevazioni (Audipress 2017/I su Audipress 2016/III), i quotidiani perdevano l’ 1,2% a perimetro omogeneo, i settimanali il 3,9% e i mensili il 5%. Per quotidiani e magazine, infine, la carta stampata continua stabilmente a coinvolgere circa 41,3 milioni di lettori mentre il digitale vede contrarre la sua comunità a quota 1,5 milioni dai precedenti 1,8 milioni. Così come in passato, quindi, la carta segue l’ andamento generale, a differenza del digitale che contrae ulteriormente. Tra i quotidiani, in versione cartacea e/o copia replica, comunque, predominano i cali, seppur di poco: in 28 diminuiscono, in 23 crescono e una sola testata è stabile. Più nel dettaglio dei principali quotidiani: Avvenire è a -8,9%, Libero -8,8%, Sole 24 Ore -2,4%, Messaggero -1,9%, Giornale -1,8%, Stampa -1,7%, Corriere della Sera -1,4% e Repubblica -0,7%. Al rialzo invece Fatto Quotidiano su del 5,1%, Gazzetta dello Sport dell’ 1,9% e TuttoSport dello 0,5%. Il Giorno incassa un +0,9%, la Nazione un +2,4% e il Resto del Carlino un +3,6% (che insieme formano il dorso sinergico Quotidiano nazionale Qn). Stabile Corriere Sport-Stadio. Per gli stessi quotidiani italiani ma distinguendo il trend sulla sola carta stampata da quello sulle sole copie replica, c’ è Avvenire che conferma la contrazione generale su entrambe le piattaforme (-9% di lettori cartacei e -25% digitali) così come Libero (rispettivamente -9 e -6,7%), Sole 24 Ore (-1,2 e -7,3%), Messaggero (-1,7 e -9,4%), Stampa (-1,2 e -14%), Corriere della Sera (-1,2 e -3,8%) e Repubblica (-1 e -1,8%). Invece, a fronte dell’ andamento negativo complessivo, il Giornale segna un -1,6% sui lettori cartacei ma si mantiene costante tra quelli delle copie replica. Tra le testate in campo positivo, il Fatto Quotidiano conferma i risultati con un +4,9% tra il pubblico dell’ edizione cartacea e un +3,8% tra quello digitale. Invece la Gazzetta dello Sport porta a casa un +2,3% su carta ma un -28,6% in digitale, TuttoSport un +0,8 e un -11,1% e il Resto del Carlino un +3,8 e un -15,4%. Mentre Giorno e Nazione accrescono il loro pubblico di carta (nell’ ordine +0,9 e +2,4%), mantenendosi stabili con le copie replica. Infine Corriere Sport-Stadio è a +0,3% grazie ai lettori che preferiscono la versione tradizionale ma a -20% tra coloro che apprezzano maggiormente la copia replica. Riordinando i quotidiani in una classifica a 10, sul podio salgono Gazzetta dello Sport (primo), Corriere della Sera (secondo) e Repubblica (terzo). Seguono Corriere Sport-Stadio, Stampa e Resto del Carlino, che scalza dalla sesta posizione il Messaggero (ora in settima). Dall’ ottava in giù, chiudono il ranking Sole 24 Ore, TuttoSport e Nazione. Tra i settimanali predominano i cali carta e/o copia replica (Panorama -3,1%, Vanity Fair -2,4%, Oggi -2,1%, L’ Espresso -1,1%, Chi -0,9%, Sorrisi e Canzoni Tv -0,5%). Crescono Gioia (+15,2%) e Donna moderna (+3,7%). Tra i mensili emerge lo stesso andamento negativo carta e/o copia replica (Gq -16,6%, Dove -10,3%, Quattroruote -5,2%, Elle -2,7%, Vogue -1,1%, Cosmopolitan -0,6%). Bene Class (+1,8%) e Marie Claire (+1,5%).

Scende sotto i 43 milioni il numero di italiani che negli ultimi 30 giorni si è informato sulla stampa cartacea o digitale. I dati Audipress: 1 su 3 legge quotidiani, mentre più di 1 su 4 legge mensili e settimanali (INFOGRAFICHE E TABELLE)

Prima Comunicazione

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L’ 80,9% della popolazione italiana, corrispondendte a 42,8 milioni di persone dai 14 anni in su, negli ultimi 30 giorni si è informata leggendo almeno un titolo stampa, quotidiana e/o periodica, attraverso il supporto cartaceo e/o digitale. Questo il dato che emerge dall’ analisi Audipress – la seconda del 2017 – sullo stato della lettura di quotidiani e periodici in Italia, diffusa oggi, 27 settembre. Scarica i dati Audipress 2017/II: – TABELLA COMPLESSIVA, con i trend dei lettori, i dati relativi a quotidiani e periodici (.xls) – Audipress22017_INFOGRAFICA.compressed (.pdf) – Leggi o scarica il comunicato (.pdf) Stando ai numeri, ogni giorno si raggiungono in media quasi 26 milioni di letture per i quotidiani (per 17.239.000 lettori), ogni settimana quasi 25 milioni di letture per le testate settimanali (per 14.764.000 lettori) e ogni mese quasi 23 milioni di letture per le testate mensili (per 13.087.000 lettori). Per la ricerca, segnala una nota Audipress, sono state eseguite 49.955 interviste personali su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 14 anni e oltre, condotte con il sistema CAPI Doppio Schermo, lungo un calendario di rilevazione di 37 settimane complessive, dal 12 settembre 2016 al 9 luglio 2017. Gli Istituti esecutori del field sono Doxa ed Ipsos; il disegno del campione e l’ elaborazione dei dati sono stati effettuati da Doxa; i controlli sono a cura di Reply. Da gennaio 2017 la lettura di quotidiani e periodici viene rilevata mediante un’ indagine single source. Inoltre, si legge ancora, è stato avviato un percorso che prevede per l’ indagine Audipress un nuovo appuntamento di approfondimento degli aspetti qualitativi della stampa, che affianca la rilevazione quantitativa dei dati di lettura. Per ulteriori dettagli metodologici si rimanda al sito Audipress.it . Scarica i dati Audipress 2017/II: – TABELLA COMPLESSIVA, con i trend dei lettori, i dati relativi a quotidiani e periodici (.xls) – Audipress22017_INFOGRAFICA.compressed (.pdf) – Leggi o scarica il comunicato (.pdf)

L’ 81% degli italiani si informa leggendo ‘almeno un titolo’ dai giornali cartacei o digitali. Audipress: 1 su 3 preferisce i quotidiani, 1 su 4 si dedica a mensili e settimanali – Tutti i dati e le INFOGRAFICHE sulla lettura in Italia

Prima Comunicazione

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L’ 80,9% della popolazione italiana, corrispondente a 42,8 milioni di persone dai 14 anni in su, negli ultimi 30 giorni si è informata leggendo almeno un titolo stampa, quotidiana e/o periodica, attraverso il supporto cartaceo e/o digitale. Questo il dato che emerge dall’ analisi Audipress – la seconda del 2017 – sullo stato della lettura di quotidiani e periodici in Italia, diffusa oggi, 27 settembre. Scarica i dati Audipress 2017/II: – TABELLA COMPLESSIVA, con i trend dei lettori, i dati relativi a quotidiani e periodici (.xls) – Audipress22017_INFOGRAFICA.compressed (.pdf) – Leggi o scarica il comunicato (.pdf) Stando ai numeri, ogni giorno si raggiungono in media quasi 26 milioni di letture per i quotidiani (per 17.239.000 lettori), ogni settimana quasi 25 milioni di letture per le testate settimanali (per 14.764.000 lettori) e ogni mese quasi 23 milioni di letture per le testate mensili (per 13.087.000 lettori). Per la ricerca, segnala una nota Audipress, sono state eseguite 49.955 interviste personali su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 14 anni e oltre, condotte con il sistema CAPI Doppio Schermo, lungo un calendario di rilevazione di 37 settimane complessive, dal 12 settembre 2016 al 9 luglio 2017. Gli Istituti esecutori del field sono Doxa ed Ipsos; il disegno del campione e l’ elaborazione dei dati sono stati effettuati da Doxa; i controlli sono a cura di Reply. Da gennaio 2017 la lettura di quotidiani e periodici viene rilevata mediante un’ indagine single source. Inoltre, si legge ancora, è stato avviato un percorso che prevede per l’ indagine Audipress un nuovo appuntamento di approfondimento degli aspetti qualitativi della stampa, che affianca la rilevazione quantitativa dei dati di lettura. Per ulteriori dettagli metodologici si rimanda al sito Audipress.it . Scarica i dati Audipress 2017/II: – TABELLA COMPLESSIVA, con i trend dei lettori, i dati relativi a quotidiani e periodici (.xls) – Audipress 2017_INFOGRAFICA (.pdf) – Leggi o scarica il comunicato (.pdf)

Facebook, in arrivo le notizie a pagamento

La Stampa
R.E.
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Notizie a pagamento sempre più vicine su Facebook, anche in Italia: partiranno a breve i primi test del social network insieme a 10 partner editoriali mondiali. Dopo le prime indiscrezioni la sinergia con gli editori prende forma ed è pronta per una fase di rodaggio prima del lancio più ampio. Ad anticiparne qualche dettaglio è stata la compagnia californiana in un incontro nella sede di Milano. «Le persone vogliono informazione di qualità e credibile sulla nostra piattaforma», afferma Alex Hardiman, dieci anni di New York Times sulle spalle e oggi alla guida dei prodotti editoriali per Facebook. Di qui la mano tesa a giornali non solo per una maggiore visibilità ma anche per garantire agli editori un ritorno economico più massiccio. E per scrollarsi di dosso l’ etichetta di veicolo delle famigerate «fake news». Quella che sta per partire, spiega Hardiman, sicuramente «entro l’ anno», è una sperimentazione di primi modelli di abbonamento per le notizie agli editori insieme a 10 partner di Stati Uniti ed Europa. Anche editori italiani «potrebbero essere coinvolti». Due i modelli di pagamento che saranno testati, per ora sul formato degli Instant Articles: il primo è quello del «paywall», già adottato da diverse testate online, come il Nyt, che consentirà di leggere gratis fino ad un certo numero di articoli. Il secondo è la modalità «freemium», in base alla quale saranno gli editori a decidere quali contenuti offrire gratis sul social network e quali a pagamento. La transazione economica non avverrà su Facebook e il 100% dei ricavi, assicura la compagnia, andrà agli editori. Così come pure tutte le informazioni sugli utenti che accedono alle news. Agli editori la scelta su cosa far pagare, quanto e come, anche con strumenti come PayPal. Il ritorno per Facebook? Sarà ugualmente molto prezioso perché l’ investimento sulla credibilità e sull’ autorevolezza delle news che circolano, e diventano virali, sulla sua piattaforma è il primo antidoto contro il dilagare delle notizie false e fuorvianti. La mano tesa di Facebook agli editori si gioca infatti anche su questo fronte. In Italia, spiega Tessa Lyons, product manager del News Feed di Facebook, la compagnia «sta lavorando» per adottare un sistema di segnalazione delle fake news veloce e immediato. Ma occorre ancora aspettare per avere novità su un partner italiano per la verifica delle notizie. [r.e.] BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Siae, l’ Italia evita la procedura Ue “Nuove regole contro il monopolio”

La Stampa
MARCO BRESOLIN
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La Commissione europea ha deciso archiviare l’ indagine sul monopolio della Siae nella gestione dei diritti d’ autore. L’ annuncio, salvo clamorosi colpi di scena, è atteso per mercoledì 4 ottobre. La procedura di infrazione era già pronta, ma l’ Italia è riuscita a correre ai ripari per schivare la stangata. Un intenso lavoro diplomatico e il (mezzo) passo indietro del governo hanno evitato il peggio. Il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, nei giorni scorsi ha scritto una lettera alla Commissaria Mariya Gabriel (Digital Economy) in cui annuncia l’ impegno italiano a rivedere la normativa nella prossima Legge di Stabilità. Per Bruxelles – che di solito attende di vedere l’ approvazione ufficiale dei provvedimenti – questa volta è bastata la promessa. Anche se, in concreto, potrebbe cambiare ben poco: esperti del settore lamentano il fatto che le nuove norme sono solo un escamotage che di fatto non intaccherà il monopolio Siae. Una prima intesa informale con Bruxelles era stata raggiunta all’ inizio del mese a Venezia, durante un incontro tra il ministro e la commissaria bulgara a margine della Mostra del Cinema. L’ impegno è stato poi formalizzato nero su bianco in una paginetta e mezza spedita a Bruxelles nei giorni successivi, considerata «esaustiva» dalla direzione generale «Connect» guidata dall’ italiano Roberto Viola. Nella missiva, firmata anche dal sottosegretario agli Affari Ue Sandro Gozi, Franceschini spiega che il governo «conferma la propria volontà () di presentare in Parlamento un intervento legislativo puntuale che possa ulteriormente migliorare l’ efficienza del sistema di gestione dei diritti d’ autore». La lettera – visionata da «La Stampa» – spiega che la nuova normativa consentirà «a tutti gli organismi di gestione collettiva operanti nel territorio dell’ Unione non solo di rappresentare i propri associati, ma anche di procedere direttamente alla raccolta dei diritti senza l’ obbligatoria intermediazione della Siae». Vittoria per Fedez, Rovazzi & C., che hanno affidato i loro diritti a Soundreef? Non proprio. Perché teoricamente finisce l’ esclusiva della Siae. Ma nella pratica continuerà. Tutto sta nella distinzione tra «organismi di gestione collettiva» ed «enti di gestione indipendenti». I primi, infatti, devono rispettare una serie di parametri, ma soprattutto devono essere società «senza fini di luco e/o controllate dai propri associati autori ed editori». Rispondono ai criteri, per esempio, i corrispettivi della Siae negli altri Paesi, come la francese Sacem o la tedesca Gema. Con la legislazione futura – che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2018 – questi «organismi di gestione collettiva» avrebbero la possibilità di operare in Italia (anche se difficilmente lo faranno). Secondo Bruxelles questo intervento basterebbe ad allineare il quadro normativo italiano alla direttiva Barnier. Per le società a fini di «lucro» come Soundreef, invece, ci sarà sì la possibilità di raccogliere i diritti degli artisti, ma soltanto a patto che si accordino o si associno agli organismi autorizzati come la Siae. Non potranno agire sul mercato in un regime di libera concorrenza. La decisione di Bruxelles arriva sulla fiducia, senza attendere che il provvedimento entri effettivamente in vigore (il doppio passaggio parlamentare è sempre un’ incognita). Dietro a questa scelta ci sono sostanzialmente due motivazioni. La prima è che – anche all’ interno della stessa Commissione – c’ erano alcuni dubbi sulla legittimità della procedura, visto che una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’ Ue aprirebbe a margini di discrezionalità. La seconda è più politica: in questa fase, così come accade in altri settori (per esempio sul controllo dei conti pubblici), Bruxelles non ha alcuna intenzione di avviare battaglie con l’ Italia. Sta per iniziare la campagna elettorale e la Commissione, che teme l’ avanzata delle forze anti-sistema, è chiaramente schierata al fianco del governo. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Twitter raddoppia i cinguettii «Più pensiero, meno odio»

Il Giorno

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Twitter raddoppia. Il microblog dei cinguettii ha annunciato che sta testando con un gruppo di utenti tweet di 280 caratteri, cioè il doppio del limite storico, e l’ attesa generale è che il raddoppio sarà presto generalizzato . «È un piccolo cambiamento, ma una grande mossa per noi – dice il fondatore e Ceo Jack Dorsey – 140 caratteri era una scelta basata sul limite dei 160 caratteri degli sms. Passiamo a 280 mantenendo brevità, velocità ed essenza del nostro servizio». Come certificano le ultime trimestrali, la società registra da tempo una contrazione dei ricavi e della pubblicità: in molti pensano che la novità del “raddoppio” serva a invertire la tendenza.

Accordo con gli editori. Dal 2018 su Facebook le notizie saranno a pagamento

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I test su formule e modalità di abbonamenti alle notizie partiranno “a breve”, sicuramente entro quest’anno, insieme a 10 partner editoriali di Stati Uniti e alcuni paesi europei, tra cui l’Italia. Due i modelli di pagamento che saranno testati da Facebook in partnership con gli editori. Il primo consentirà di leggere gratis fino ad un certo numero di articoli. Il secondo è la modalita’ “freemium”, in base alla quale saranno gli editori a decidere quali contenuti offrire gratis sul social network e quali a pagamento. La transazione economica non avverrà sul social e il 100% dei ricavi andrà agli editori. Facebook, col suo pubblico potenziale di due miliardi di lettori, tende così la mano agli editori e lo fa anche sul versante ‘fake news’. Facebook ha sottolineato che grazie a questa modifica sarà possibile isolare più facilmente le fake news ed identificarle, in quanto gli editori che entreranno nel programma saranno a tutti gli effetti certificati.

Rassegna Stampa del 29/09/2017

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Indice Articoli

Per l’ Inpgi pesa ancora l’ effetto crisi Saldi positivi a partire dal 2038

Piano news, l’ ultima promessa di Orfeo: “Entro sei mesi”

Tronchetti non punisce il Fatto e il fedele Porro non si dà pace

Sky e Mediaset contro gli orari delle partite decisi dalla Lega Serie A

Alpha, De Agostini parla ai maschi

Linkiesta.it chiude il 2016 con 410 mila euro di perdite

La pubblicità va online con i video legati ai contenuti

Class Editori, ricavi semestrali a 33,09 mln. Perdite ridotte di 4,53 mln (pari al 37%)

Class Editori, ricavi semestrali a 33,09 milioni. Perdite ridotte di 4,53 mln (pari al 37%)

Rai Radio, raccolta a +4,2%

Il capo dei media vaticani: Bergoglio non sa comunicare

Per le banche dati online Iva al 4%

Rai, così in radio il nuovo Gr è personalizzato

Per l’ Inpgi pesa ancora l’ effetto crisi Saldi positivi a partire dal 2038

Il Sole 24 Ore

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La crisi economica continua a farsi sentire nel settore editoriale e gli interventi di riforma del sistema previdenziale, adottati per garantire la sostenibilità finanziaria della gestione nel medio lungo periodo, consentiranno di invertire la tendenza con saldi positivi a partire dal 2038. È quanto è emerso ieri da un’ audizione della presidente dell’ Inpgi, Marina Macelloni, alla Commissione bicamerale enti gestori. «Se la riforma è sufficiente per una sostenibilità futura dell’ Inpgi – ha sottolineato Macelloni – al momento subiamo ancora gli effetti della crisi e processi di espulsione di giornalisti dalle redazioni». Per uscire dalla crisi, ha aggiunto la presidente, «servirà l’ impegno di tutti i soggetti attivi nell’ editoria per dare riconoscibilità a forme di lavoro giornalistico diverse».

Piano news, l’ ultima promessa di Orfeo: “Entro sei mesi”

Il Fatto Quotidiano
Gi. Ro.
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“Gubitosi ci ha messo tre anni, Campo Dall’ Orto un anno e mezzo, a me date almeno sei mesi”. Così il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, ha risposto alla richiesta di chiarimenti sul piano informazione durante il Cda di ieri, che si è svolto a Milano. Il dg ha cercato di smentire le indiscrezioni che parlavano di almeno un anno di tempo, ma ha fatto capire che non sarà una cosa veloce. I sei mesi cui fa riferimento Orfeo partiranno dalla fine di ottobre, quando verrà messo a punto il contratto di servizio, con uno slittamento di un mese dovuto a un ritardo del Mise. Si arriva così ad aprile, a ridosso delle elezioni, in piena campagna elettorale. Ma c’ è Milena Gabanelli che, dopo aver chiesto l’ aspettativa non retribuita, aspetta il varo del piano per ottenere quello che le avevano promesso: una testata per gestire l’ informazione Internet della Rai. Orfeo, poi, dopo aver elencato i buoni risultati della Rai a settembre (35,1% di share sulla giornata; 36,2 sul daytime; 36,6 sulla prima serata), ha fatto sapere che oggi (ultimo giorno utile) verrà inviata all’ Anac tutta la documentazione richiesta sul contratto di Fabio Fazio.

Tronchetti non punisce il Fatto e il fedele Porro non si dà pace

Il Fatto Quotidiano
Giorgio Meletti
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Nicola Porro, conduttore di Matrix, lavora per la Mediaset di Silvio Berlusconi e per Il Giornale dei suoi familiari. È dunque autorità indiscussa del rapporto tra pubblicità e informazione e lo ringraziamo di aver notato sul Fatto sia un articolo critico sul ritorno in Borsa della Pirelli sia la pubblicità della stessa operazione. I lettori lo sapevano già: Il Fatto è libero dai condizionamenti della pubblicità. Porro però è incredulo: “È una grande ipocrisia le pubblicità gli editori le sentono e i giornalisti pure”. Pur tifosissimo di Marco Tronchetti Provera, non si capacita che il boss della Pirelli, spesso contrariato dai nostri articoli, e magari prevedendo la critica, non abbia fatto escludere Il Fatto dalla campagna pubblicitaria. Tronchetti è stato corretto e Porro non ci crede (andiamo bene). Così va oltre e accusa noi di slealtà: secondo lui l’ editore del Fatto doveva garantire articoli entusiastici, oppure rifiutare quella pubblicità. Come se avessimo morso la mano che ci nutriva. Forse l’ editore del Giornale ha chiesto a Porro di leggersi le mille pagine del prospetto Pirelli, e solo quando lui ha certificato che era una figata la pubblicità è stata ammessa. Chissà se al Giornale, ogni volta che arriva una pagina di pubblicità Ferrero il direttore Sallusti assaggia per correttezza un Kinder. La separazione tra pubblicità e notizie non è un principio ipocrita, come Porro ama definire l’ etica. È il criterio di correttezza con cui gli editori, prima ancora dei giornalisti, mantengono la fiducia dei lettori. Violando questa regola commerciale si stanno rovinando molti quotidiani italiani diretti dagli uomini di mondo che piacciono a Porro. Se ne faccia una ragione: i lettori preferiscono i giornalisti che sputano nel piatto dove mangiano a quelli che lo leccano.

Sky e Mediaset contro gli orari delle partite decisi dalla Lega Serie A

Il Sole 24 Ore

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Mediaset Premium e Sky contro la Lega Serie A. Come anticipato ieri sul sito del Sole 24 Ore (www.ilsole24ore.com), i due broadcaster hanno inviato una lettera di protesta in merito alla programmazione delle gare di Serie A della stagione in corso, in particolare quelle di Milan e Inter. I contenuti delle lettere inviate sono gli stessi, i toni differenti. Quella di Mediaset è una vera e propria diffida legale. Le pay tv puntano innanzitutto l’ indice contro le nuove finestre orarie di sabato alle 15 e di domenica alle 18 che non erano previste nel bando 2015/18. Altra doglianza: la programmazione alle 20.45 di partite con squadre senza grande seguito di tifosi. Anche perché le milanesi, destinatarie indirette del cahier de doleances, con le nuove proprietà cinesi preferiscono (accontentate) orari pomeridiani più favorevoli al pubblico asiatico. Indice puntato anche verso Tim ed Eleven Sports con le loro offerte in streaming ritenute a valori troppo lontani dal mercato. In serata dalla Lega è stato precisato di voler «tenere nella massima considerazione» le idee delle due pay tv. (A. Bio. e M.Bel.)

Alpha, De Agostini parla ai maschi

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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De Agostini presenta ufficialmente Alpha, il suo quarto canale televisivo che andrà in onda da domenica prossima al numero 59 del digitale terrestre (dtt). Dopo i canali satellitari per ragazzi DeA Kids e DeA Junior su Sky e quello al canale 47 sul dtt in joint venture con Viacom International Media Networks, Super!, è pronto per il debutto un canale dedicato al pubblico maschile (25-44 anni). Anche se c’ è sempre l’ intenzione di crearne un altro, pensato per sole telespettatrici: «Ci piacerebbe avviare questo progetto ma non abbiamo trovato la numerazione», ha dichiarato ieri a Milano Pierfrancesco Gherardi, managing director della divisione DeA Digital che riunisce le attività televisive tra piccolo schermo, web e mobile. «Sono state valutate troppo alcune lcn (numerazioni dei canali, ndr) che in passato sono finite sul mercato». Al momento, quindi, l’ attenzione è per gli obiettivi che Alpha si prefigge, ossia share allo 0,3-0,4% nel giro di un anno e una raccolta pubblicitaria «100 power ratio», ha spiegato Gherardi. Tradotto: se gli ascolti toccano lo 0,3% di share, per esempio, allora l’ intenzione è attirare lo 0,3% della spesa complessiva in Italia in spot tv. Intanto, il manager conferma un fatturato 2016 di DeA Digital a quota 27 milioni di euro ma non si sbilancia su quello 2017 vista la variazione di perimetro delle attività dopo il deconsolidamento di parte del canale Super!, oggi in jv con Viacom. Quest’ anno però Super! aumenterà, secondo le previsioni, del 10% le inserzioni curate da Viacom, che si occuperà anche di Alpha. Stabili invece la raccolta dei canali satellitari seguiti da Prs e quella dei siti web (con Viacom in campo per quelli posizionati sul target ragazzi e con la concessionaria Manzoni per quelli al femminile). Gherardi si aspetta dal mondo della televisione «forti cambiamenti». Compresa la riforma del ministro dei beni culturali Dario Franceschini che prevede maggiori obblighi d’ investimento in produzioni indipendenti? «No comment», ha risposto il manager del gruppo co-firmatario con tutti gli altri big della tv italiana di una lettera di protesta contro il ministro. Invece, è la jv in Super! con Viacom una scelta strategica in vista dei prossimi cambiamenti, considerando che «Viacom ha un’ importante library e possibilità di muoversi all’ estero», ha proseguito Gherardi. «Noi vogliamo focalizzarci più sulla detenzione dei diritti tv che sulla loro mera commercializzazione. Più in generale, rimaniamo attenti alle occasioni sul mercato, sia per progetti declinabili sui vari schermi (tv o mobile che sia, ndr) sia per nuovi format (compresi quelli sui cellulari, ndr)». A proposito di produzioni e con alle spalle un budget in comunicazione da 1,5 milioni di euro, Alpha lancerà opere originali come Campi di battaglia con gli ex sportivi Martin Castrogiovanni e Gennaro Gattuso, Clan Maddaloni con Gianni e Marco Maddaloni, rispettivamente maestro e campione di judo, originari di Scampia a Napoli dove il papà Gianni tiene aperta una palestra. Però, più della lotta alla delinquenza e di un esempio di valore civico (tema peraltro al centro del posizionamento del canale), Gianni Maddaloni ha parlato soprattutto di un altro napoletano doc, Roberto Saviano, definendolo «un personaggio che si deve parcheggiare. Meglio se avesse fatto una deposizione contro la malavita e via», concludendo che «i panni sporchi si lavano in casa».

Linkiesta.it chiude il 2016 con 410 mila euro di perdite

Italia Oggi
ANDREA GIACOBINO
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Anche i modelli di business dell’ editoria italiana basati solo sul web fanno acqua. Lo prova il bilancio 2016 di Editoriale Linkiesta.it, che pubblica l’ omonimo sito, società che pure annovera azionisti eccellenti di minoranza come Marco Pescarmona (patron di Mutuionline), il banchiere d’ affari Guido Roberto Vitale, Andrea Guerra (già ceo di Luxottica e oggi numero uno di Eataly), il banchiere Pietro Modiano presidente della Carlo Tassara di Romain Zaleski, Orlando Barucci banker della scuderia di Vitale, il gestore di hedge fund Luca Orsini (che cedendo le sue azioni Rcs a Urbano Cairo è stato un fattore importante nella conquista del Corriere della Sera) e Salvatore Bragantini. L’ esercizio si è chiuso con una perdita di quasi 410 mila euro su un fatturato di soli 234 mila euro. Sennonché alla perdita del 2016 si è aggiunto un rosso di altri 55 mila euro da gennaio ad aprile di quest’ anno e così l’ intero passivo è stato ripianato da una parte attingendo alle riserve e dall’ altra riducendo il capitale a 78 mila euro. Il nuovo rosso è avvenuto in un anno chiuso con oltre 20 milioni di utenti unici (+72% sul 2015) e 50,5 milioni di pagine viste (+84%), ma il consiglio d’ amministrazione prevede che anche il 2017 chiuda in perdita. © Riproduzione riservata.

La pubblicità va online con i video legati ai contenuti

Corriere della Sera
Ba.Mill.
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rViralize è una piattaforma tecnologica che supporta editori, creatori di contenuti e inserzionisti nell’ esecuzione di strategie di distribuzione e advertising video online. Fondata nel 2013 da Marco Paolieri, Maurizio Sambati e Ugo Vespier, fattura 4 milioni che quest’ anno «raddoppiano a otto milioni» dichiara Ugo, cpo. «Mettiamo a disposizione dei formati di adv che servono a monetizzare audience online». Sono i video che partono quando si clicca una news, per intenderci. Con la differenza che Viralize ha introdotto tecnologie e formati all’ avanguardia per il video advertising, ad esempio il Video in Picture, l’ InText to ViP, e i formati per la distribuzione dei contenuti Matrix e Stream. Gli editori possono inoltre usufruire della piattaforma della start up per erogare e tracciare le proprie campagne dirette. Tra i clienti: Sky, Condle Nast.

Class Editori, ricavi semestrali a 33,09 mln. Perdite ridotte di 4,53 mln (pari al 37%)

Italia Oggi

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Il consiglio di amministrazione di Class Editori ha approvato i risultati consolidati relativi al primo semestre 2017. I ricavi totali sono stati pari a 33,09 milioni di euro, rispetto ai 36,03 milioni del corrispondente periodo del 2016, con la raccolta pubblicitaria pari a 18 milioni, -3% rispetto allo stesso periodo del 2016 a parità di perimetro. La riduzione dei costi operativi è stata pari all’ 8,4% (36,86 milioni contro 40,24 nel semestre 2016). L’ ebitda mostra un miglioramento di circa 0,45 milioni di euro, con un saldo pari a -3,77 milioni di euro rispetto ai -4,21 milioni di euro dello stesso periodo. Gli ammortamenti e le svalutazioni sono pari a 3,38 milioni di euro (4,29 milioni nel primo semestre 2016). Di conseguenza, il risultato operativo (Ebit) per il primo semestre 2017 mostra un miglioramento di circa 1,54 milioni di euro, con un saldo pari a -7,39 milioni di euro, rispetto ai -8,93 milioni di euro del semestre 2016. Il risultato ante imposte è pari -7,61 milioni di euro (-10,91 milioni), mostrando un miglioramento di circa 3,30 milioni di euro. Il risultato netto di gruppo dopo gli interessi di terzi e le imposte è pari a -7,66 milioni di euro (-12,19 milioni di euro nel primo semestre 2016), con un miglioramento di circa 4,53 milioni di euro. La posizione finanziaria netta della casa editrice presenta alla data del 30 giugno 2017 un indebitamento pari a 65,6 milioni di euro rispetto ai 67,3 milioni al 31 dicembre 2016. La raccolta pubblicitaria della casa editrice (che edita MF/Milano Finanza), in un contesto di mercato pubblicitario italiano non favorevole (-3%, fonte Nielsen, che sale a -5% non considerando la performance delle tv generaliste in cui la casa editrice non è presente) ha registrato una crescita nei settori della GO TV (Telesia +13%), Tv (+8% Class CNBC) e Internet (+20%), che insieme rappresentano il 37% del fatturato complessivo. La GO TV Telesia, in particolare, si conferma secondo mezzo della casa editrice e leader del mercato di riferimento. Class CNBC prosegue la sua crescita con una performance superiore al mercato televisivo. Rassicuranti i risultati del web, in crescita del 20% a fronte dell’ 1,7% del settore. La flessione della raccolta dell’ area quotidiani (-8% inferiore al -10,8% del mercato) e dei periodici, è stata in parte contenuta dalla capacità della casa editrice di offrire iniziative distintive e originali, apprezzate dal mercato pubblicitario: ItaliaOggi 25, 1° Milano Marketing Festival, Capital G7-Le eccellenze d’ Italia al G7, Class Digital Experience Week 2 e Gentleman The Best Ideas. I canali tv uniti alle piattaforme di trading online, alle news e alle informazioni finanziarie vendute con pacchetti applicativi professionali, ai siti Internet di MF/Milano Finanza e della collegata ItaliaOggi, ai siti di e-commerce, alle applicazioni per tablet, alle radio e alle corporate tv fanno tutti parte di un’ area digitale che vede non solo la convergenza di tecnologie ma anche di mercato e che nel semestre ha visto ricavi in crescita del 4,4% e un miglioramento del margine di contribuzione. Il sito web di Milano Finanza ha registrato nel semestre, secondo quanto certificato dai dati reali di traffico dei sistemi digitali di Analytics, una media giornaliera di 135.377 utenti unici, con una crescita del 15,4% rispetto ai primi sei mesi del 2016). Il numero di lettori che seguono in tempo reale le notizie del sito attraverso Twitter ha sfiorato le 98 mila unità per MF-Milano Finanza e superato le 36 mila unità per la collegata ItaliaOggi. Per quanto riguarda le diffusioni cartacee e digitali delle testate, MF/Milano Finanza ha registrato una diffusione media di circa 67 mila copie, Class di circa 36 mila copie e Capital circa 37 mila copie (dati Ads). Nel comparto dell’ e-commerce, ha preso buon avvio la commercializzazione di prodotti di qualità attraverso Capital Shop, per il quale sono state realizzate convenzioni con prestigiose comunità. Per quanto riguarda l’ e-commerce in Cina, gestito dalla controllata Ccec Srl, che ha in corso un contratto pluriennale di fornitura con CCIG Mall, sono in fase di definizione le fasature con il nuovo business model adottato dalla società cinese, che è passata da un e-commerce del tipo B2B a B2C, ma con un’ innovativa piattaforma dedicata in esclusiva ai clienti di Bank of China, China Telecom, Beijing Gas, che garantiscono masse di potenziali clienti molto consistenti. In questi mesi, precisa il comunicato della casa editrice, sono continuati i colloqui e i contatti per mettere a punto la collaborazione alla nuova piattaforma, che, secondo quanto riferito negli ultimi colloqui, sta per diventare operativa: al fine di attivare la collaborazione con la stessa piattaforma e riprendere le forniture, è stato previsto un incontro operativo a Pechino entro la fine di novembre, durante il quale saranno esaminati anche tutti gli aspetti amministrativi. Il comunicato ricorda che dopo la chiusura del semestre, Class Editori e Università Telematica Pegaso, leader assoluto dei corsi universitari online legalmente riconosciuti, hanno costituito una Associazione in partecipazione per realizzare un progetto di amplissimo respiro, dai Master alla formazione online, alla diffusione della conoscenza e dell’ informazione a elevato valore aggiunto, per studenti, manager, top manager e professionisti. Entro l’ anno prenderà il via l’ attività della Business School Milano Finanza e della Business School ItaliaOggi, le due accademie di formazione online e in aula che nascono dall’ unione fra la competenza acquisita negli anni da Pegaso e le competenze di MF-Milano Finanza e ItaliaOggi. Quanto all’ andamento prevedibile della gestione, la casa editrice comunica che, sebbene con migliori stime di crescita del Pil rispetto al 2016, il contesto economico nazionale non offre ancora segnali forti di miglioramento nei mesi a seguire; tuttavia, l’ entrata in vigore della misura prevista nel DL 50/17 riguardante la concessione di un credito di imposta dal 75% al 90% del valore degli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie su carta stampata e tv locali effettuati da imprese e professionisti, prospetta una ripresa nella parte finale dell’ anno della raccolta pubblicitaria. Inoltre la Casa editrice prosegue la propria strategia di contenimento dei costi e sul fronte dei ricavi ha avviato una riorganizzazione interna diretta a un forte aumento della propria quota di mercato della pubblicità digitale, e un particolare sviluppo dei ricavi è previsto dalla GO TV Telesia. Tutto ciò, unito alla prosecuzione degli eventi e iniziative speciali nella seconda parte dell’ anno e ripetibili anche negli anni a venire, come l’ iniziativa Motore Italia (in totale 20 eventi e iniziative speciali già programmate e quantificate nei ricavi), fa prevedere un ulteriore miglioramento dei risultati di gestione nella seconda parte dell’ anno.

Class Editori, ricavi semestrali a 33,09 milioni. Perdite ridotte di 4,53 mln (pari al 37%)

MF

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Il consiglio di amministrazione di Class Editori ha approvato i risultati consolidati relativi al primo semestre 2017. I ricavi totali sono stati pari a 33,09 milioni di euro, rispetto ai 36,03 milioni del corrispondente periodo del 2016, con la raccolta pubblicitaria pari a 18 milioni, -3% rispetto allo stesso periodo del 2016 a parità di perimetro. La riduzione dei costi operativi è stata pari all’ 8,4% (36,86 milioni contro 40,24 nel semestre 2016). L’ ebitda mostra un miglioramento di circa 0,45 milioni, con un saldo pari a -3,77 milioni rispetto ai -4,21 milioni dello stesso periodo. Gli ammortamenti e le svalutazioni sono pari a 3,38 milioni (4,29 milioni nel primo semestre 2016). Di conseguenza, il risultato operativo (ebit) per il primo semestre 2017 mostra un miglioramento di circa 1,54 milioni, con un saldo pari a -7,39 milioni rispetto ai -8,93 milioni del semestre 2016. Il risultato ante imposte è pari -7,61 milioni (-10,91 milioni), mostrando un miglioramento di circa 3,3 milioni. Il risultato netto di gruppo dopo gli interessi di terzi e le imposte è pari a -7,66 milioni di euro (-12,19 milioni nel primo semestre 2016), con un miglioramento di circa 4,53 milioni. La posizione finanziaria netta della casa editrice presenta alla data del 30 giugno 2017 un indebitamento pari a 65,6 milioni di euro rispetto ai 67,3 milioni al 31 dicembre 2016. La raccolta pubblicitaria della casa editrice (che edita MF-Milano Finanza), in un contesto di mercato pubblicitario italiano non favorevole (-3%, fonte Nielsen, che sale a -5% non considerando la performance delle tv generaliste in cui la casa editrice non è presente) ha registrato una crescita nei settori della GO TV (Telesia +13%), Tv (+8% Class Cnbc) e Internet (+20%), che insieme rappresentano il 37% del fatturato complessivo. La GO TV Telesia, in particolare, si conferma secondo mezzo della casa editrice e leader del mercato di riferimento. Class Cnbc prosegue la sua crescita con una performance superiore al mercato televisivo. Rassicuranti i risultati del web, in crescita del 20% a fronte dell’ 1,7% del settore. La flessione della raccolta dell’ area quotidiani (-8% inferiore al -10,8% del mercato) e dei periodici è stata in parte contenuta dalla capacità della casa editrice di offrire iniziative distintive e originali, apprezzate dal mercato pubblicitario: ItaliaOggi 25, 1° Milano Marketing Festival, Capital G7-Le eccellenze d’ Italia al G7, Class Digital Experience Week 2 e Gentleman The Best Ideas. I canali Tv uniti alle piattaforme di trading online, alle news e alle informazioni finanziarie vendute con pacchetti applicativi professionali, ai siti Internet di MF-Milano Finanza e della collegata ItaliaOggi, ai siti di e-commerce, alle applicazioni per tablet, alle radio e alle Corporate Tv fanno tutti parte di un’ area digitale che vede non solo la convergenza di tecnologie ma anche di mercato e che nel semestre ha visto ricavi in crescita del 4,4% e un miglioramento del margine di contribuzione. Il sito web di Milano Finanza ha registrato nel semestre, secondo quanto certificato dai dati reali di traffico dei sistemi digitali di Analytics, una media giornaliera di 135.377 utenti unici, con una crescita del 15,4% rispetto ai primi sei mesi del 2016). Il numero di lettori che seguono in tempo reale le notizie del sito attraverso Twitter ha sfiorato le 98 mila unita per MF-Milano Finanza e superato le 36 mila unita per la collegata ItaliaOggi. Per quanto riguarda le diffusioni cartacee e digitali delle testate, MF-Milano Finanza ha registrato una diffusione media di circa 67 mila copie, Class di circa 36 mila copie e Capital circa 37 mila copie (dati Ads). Nel comparto dell’ e-commerce, ha preso buon avvio la commercializzazione di prodotti di qualità attraverso Capital Shop, per il quale sono state realizzate convenzioni con prestigiose comunità. Per quanto riguarda l’ e-commerce in Cina, gestito dalla controllata Ccec Srl, che ha in corso un contratto pluriennale di fornitura con CCIG Mall, sono in fase di definizione le fasature con il nuovo business model adottato dalla società cinese, che è passata da un e-commerce del tipo B2B a B2C, ma con un’ innovativa piattaforma dedicata in esclusiva ai clienti di Bank of China, China Telecom, Beijing Gas, che garantiscono masse di potenziali clienti molto consistenti. In questi mesi, precisa il comunicato della casa editrice, sono continuati i colloqui e i contatti per mettere a punto la collaborazione alla nuova piattaforma, che, secondo quanto riferito negli ultimi colloqui, sta per diventare operativa: al fine di attivare la collaborazione con la stessa piattaforma e riprendere le forniture, è stato previsto un incontro operativo a Pechino entro la fine di novembre, durante il quale saranno esaminati anche tutti gli aspetti amministrativi. Il comunicato ricorda che dopo la chiusura del semestre, Class Editori e Università Telematica Pegaso, leader assoluto dei corsi universitari online legalmente riconosciuti, hanno costituito una Associazione in partecipazione per realizzare un progetto di amplissimo respiro, dai Master alla formazione online, alla diffusione della conoscenza e dell’ informazione a elevato valore aggiunto, per studenti, manager, top manager e professionisti. Entro l’ anno prenderà il via l’ attività della Business School Milano Finanza e della Business School ItaliaOggi, le due accademie di formazione online e in aula che nascono dall’ unione fra la competenza acquisita negli anni da Pegaso e le competenze di MF-Milano Finanza e ItaliaOggi. Quanto all’ andamento prevedibile della gestione, la casa editrice comunica che, sebbene con migliori stime di crescita del pil rispetto al 2016, il contesto economico nazionale non offre ancora segnali forti di miglioramento nei mesi a seguire; tuttavia, l’ entrata in vigore della misura prevista nel dl 50/17 riguardante la concessione di un credito di imposta dal 75 al 90% del valore degli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie su carta stampata e tv locali effettuati da imprese e professionisti, prospetta una ripresa nella parte finale dell’ anno della raccolta pubblicitaria. Inoltre la casa editrice prosegue la propria strategia di contenimento dei costi e sul fronte dei ricavi ha avviato una riorganizzazione interna diretta a un forte aumento della propria quota di mercato della pubblicità digitale, e un particolare sviluppo dei ricavi è previsto dalla GO TV Telesia. Tutto ciò, unito alla prosecuzione degli eventi e iniziative speciali nella seconda parte dell’ anno e ripetibili anche negli anni a venire, come l’ iniziativa Motore Italia (in totale 20 eventi e iniziative speciali già programmate e quantificate nei ricavi), fa prevedere un ulteriore miglioramento dei risultati di gestione nella seconda parte dell’ anno.

Rai Radio, raccolta a +4,2%

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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I canali radio della Rai hanno una raccolta pubblicitaria che nei primi otto mesi del 2017 cresce del 4,2% sullo stesso periodo del 2016. E che, se manterrà lo stesso ritmo fino alla fine dell’ anno, porterà la divisione guidata da Roberto Sergio a ricavi pubblicitari complessivi attorno ai 31,2 milioni di euro, dopo i 30 milioni archiviati nel bilancio Rai 2016. Nel corso della presentazione dei palinsesti di Rai Radio, ieri sera a Milano, l’ amministratore delegato di Rai Pubblicità, Fabrizio Piscopo, ha sottolineato come «il pubblico radiofonico di Rai Radio è leader nel nuovo target Spendenti, costituito dal 67% degli italiani che appartiene alla classe economica media e medio-alta. Il loro reddito è due volte e mezzo quello del rimanente 33% ed equivale all’ 85% del potere d’ acquisto del totale Italia. Il pubblico di Rai Radio è inoltre leader nel target di consumo, ossia di chi acquista prodotti di marca, specialmente nelle fasce di età over 35, e nel value planning, che si riferisce a coloro che condividono i valori del brand commerciale». Sempre ieri, a Milano, si è tenuto un consiglio di amministrazione della Rai, in cui il direttore generale Mario Orfeo ha ribadito che dall’ inizio del cosiddetto periodo di garanzia televisivo, con la stagione autunno-inverno, la Rai è l’ unica tv generalista a incrementare gli ascolti rispetto a un anno fa, con +0,7 punti sull’ intera giornata. A trainare questi risultati è soprattutto Rai Uno con il daytime che sale di quasi un punto con i programmi tradizionali della mattina e la nuova formula de La vita in diretta, e anche grazie ai successi in prima serata con Carlo Conti, Fabio Fazio, Fiorella Mannoia ed Elio Germano nell’ omaggio a Nino Manfredi. I consiglieri di amministrazione della Rai, infine, hanno dato l’ ok alla nomina di Roberto Nepote (attualmente direttore del centro di produzione Rai di Torino) come presidente di RaiCom, mentre Gian Paolo Tagliavia è stato confermato amministratore delegato della società. Nel consiglio di amministrazione di RaiCom confermati pure i consiglieri Pier Forleo ed Eleonora Andreatta, ai quali si aggiunge Silvia Calandrelli, direttrice di Rai Cultura. © Riproduzione riservata.

Il capo dei media vaticani: Bergoglio non sa comunicare

Libero

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FRANCESCO RIGATELLI «Il problema del papato di Francesco non è quello che lui dice, ma la percezione di quello che lui dice». A parlare è monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, dicastero voluto dallo stesso Bergoglio per sovrintendere e riordinare i media vaticani, dall’ Osservatore Romano a Radio Vaticana, dalla Sala stampa al Centro televisivo. Ne fanno parte 16 membri (6 cardinali, 7 vescovi e 3 laici di cui due donne), provenienti dai cinque continenti e coadiuvati da un prefetto. Appunto Viganò, che ieri di fatto ha ammesso per la prima volta a Milano davanti al pubblico del Prix Italia della Rai che esiste un problema di comunicazione del papato di Francesco. Inoltre, stando alla frase del monsignore, viene da chiedersi se il Papa non dovrebbe tenere più da conto le sue parole. Per non entrare nella discussione sulla sua fallibilità. Viganò è arrivato all’ argomento parlando del suo impegno radiofonico di confronto col pubblico su Rtl 102.5: «Esperienza stimolante perché consente di capire i bisogni reali di tutte le persone, non solo di coloro che vanno a messa la domenica, e di intermediare meglio i contenuti del papato». Di questo bisogno di intermediazione, come se il Papa non si spiegasse bene da solo, domandiamo direttamente al prefetto: «Quando Francesco viene travisato non è per ciò che dice, ma per pregiudizio ideologico o per ignoranza. A questo Papa danno del comunista allo stesso modo in cui accusavano Benedetto XXVI di essere di destra». E dire che al nuovo dicastero della Curia romana è affidato il compito di ristrutturare complessivamente, attraverso un processo di riorganizzazione e di accorpamento, «tutte le realtà che, in diversi modi, fino ad oggi, si sono occupate della comunicazione», al fine di «rispondere sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa». La Segreteria è articolata in cinque direzioni: affari generali, editoriale, sala stampa della Santa Sede, tecnologica e teologico-pastorale. Di pochi giorni fa è anche la pubblicazione della lettera inviata l’ 11 agosto, cui il Papa non ha risposto, e svelata dai 62 firmatari il 24 settembre in cui alcuni membri della Chiesa accusano Francesco di eresia. Fra i nomi più conosciuti, il vescovo svizzero Bernard Fellay, l’ ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e l’ ex vicepresidente del Cnr Roberto de Mattei. Nella lettera, i firmatari attribuiscono al Papa sette «proposizioni false ed eretiche», contenute «in modo diretto o indiretto» nell’ ultima esortazione apostolica, intitolata “Amoris laetitia”. Nel documento, Francesco non aveva proposto grandi cambiamenti bensì promosso un atteggiamento genericamente più aperto nei confronti dei divorziati che si risposano o vanno a convivere – per la Chiesa il matrimonio cattolico è inscindibile – e dei gay, sebbene con molti distinguo. Su entrambi gli argomenti, i cattolici ostili al Papa lo criticano da molti anni. riproduzione riservata.

Per le banche dati online Iva al 4%

Il Sole 24 Ore
Anna AbagnaleBenedetto Santacroce
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L’ abbonamento a una banca dati on line di libri gode dell’ aliquota Iva ridotta del 4%. A dirlo è la Direzione centrale normativa dell’ agenzia delle Entrate, con la risoluzione 120/E/2017 pubblicata ieri in risposta ad un interpello . L’ origine della questione Il trattamento agevolato ai fini Iva dell’ operazione in questione trae origine dall’ interpretazione estensiva che il legislatore della legge di Stabilità 2015 ha dato alla tabella A, parte II, numero 18), allegata al Dpr 633/1972, considerando come «giornali, notiziari quotidiani, dispacci dell’ agenzie di stampa, libri e periodici», tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica. La conseguenza è stata l’ estensione agli e-books dell’ aliquota Iva al 4% ed il rischio di una procedura di infrazione in quanto la norma non sembrava essere conforme all’ ordinamento unionale. La novità della Ue La decisione della nostra amministrazione finanziaria sembrerebbe, invece, muoversi ora nella stessa direzione indicata da Bruxelles, dove il 2 giugno scorso il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria, ha approvato un provvedimento che modifica la direttiva 2006/112/CE riguardo all’ e-commerce. La novità proveniente dall’ Unione europea e che consiste, nello specifico, nella possibilità di tassare la vendita di pubblicazioni elettroniche con un’ aliquota Iva ridotta, pone fine alla discriminazione fiscale preesistente tra libri stampati e libri digitali. Questo vero e proprio cambiamento di rotta non solo renderebbe legittima la nostra disciplina interna, ma addirittura fa sì che possa ritenersi superata l’ ultima pronuncia della Corte di giustizia sul tema la quale, in riferimento alla causa C-390/15, aveva affermato che l’ applicazione di un’ aliquota Iva ordinaria agli e-books non determinava una disparità di trattamento rispetto al regime agevolato previsto per la fornitura di libri digitali mediante un supporto fisico (cd, cd-rom eccetera). La situazione italiana Ritornando alla prassi nazionale appena emanata, nello specifico l’ agenzia dell’ Entrate ha chiarito, come d’ altronde già aveva fatto nella circolare 20/E/2016, che l’ aliquota Iva del 4% è pure applicabile alle operazioni di messa a disposizione on line dei prodotti editoriali, tra cui giornali, libri, periodici eccetera. Nel caso in cui tali prodotti sono offerti da parte di una banca dati online, che prevede altresì una serie di servizi aggiuntivi – tra cui ad esempio la possibilità di scaricare alcuni articoli in formato pdf o di leggere l’ abstract – questi ultimi non rilevano ai fini del trattamento Iva applicabile. Ciò in quanto, trattandosi di una banca dati bibliografica, le funzionalità di ricerca offerte all’ utente non costituiscono un valore aggiunto per il consumatore, tanto è vero che tali ultimi servizi sono offerti gratuitamente a tutti gli utenti, anche se non abbonati. In definitiva, restando la funzione principale del contratto di abbonamento quella di consentire di acquisire il contenuto digitalizzato dei libri e delle altre pubblicazioni, che presentano i requisiti richiesti dalla legge per il trattamento Iva agevolato, l’ aliquota Iva applicabile è senza alcun dubbio quella del 4 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rai, così in radio il nuovo Gr è personalizzato

La Stampa
MICHELA TAMBURRINO
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U n Prix Italia benedetto da Renzo Arbore e non poteva essere diversamente perché a Milano si è parlato di radio, delle 3 reti generaliste e delle 5 tematiche, si è fatto il punto sul quello che sarà, con la presidente Monica Maggioni e con il dg Mario Orfeo, in versione show man. Ge rardo Greco novello direttore di Radio1 ha sfoderato le sue novità che andranno in onda dalle cinque del mattino e che sanno di pace. Come quella che ha riunito Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro, tornati insieme per Senza titolo , una lettura di giornali leggera che passa al setaccio quotidiani in edicola e on line. Ma il fiore all’ occhiello riguarda l’ App You Radio1, una radio «à la carte», personalizzabile, a disposizione degli utenti che si registrano sulla piattaforma digitale Rai Radio: un modo per creare un Gr dedicato, con le ultime notizie dei temi preferiti, in ordine di priorità. Mangiafuoco è il nuovo format narrativo che approfondisce con un taglio particolare la notizia del giorno. Paola Marchesini spedisce Radio2 in giro per l’ Italia con Pif&Astori sempre alla ricerca di un pubblico giovane. Il canale dedicato agli eventi live e all’ intrattenimento fa della crossmedialità un punto di forza, entrando di forza in programmi televisivi restituiti a modo loro. Strategica è la sperimentazione di nuove voci e il coinvolgimento di influencer e youtuber. Gino Gastaldo e Ema Stokholma saranno in viaggio attraverso le nuove tendenze musicali. E poi i classici come Il ruggito del coniglio rimontato e rimesso a nuovo con Dose e Presta Extralarge ad occupare tutta la prima mattina, subito le zampate colte di Caterpillar . Idee, contenuti e nuove piattaforme sono i modelli di Radio3 cari a Marino Sinibaldi che li usa per raccontare cultura, nel tentativo ambizioso di avvicinarla ai luoghi da dove nasce. Attenzione al programma che vede alla guida la bravissima Chiara Valerio che entrerà nelle case degli artisti per scoprire che cosa loro si porterebbero dietro su un’ isola deserta tra libri, film, canzoni. Il primo è Camilleri e sui social è partita la caccia all’ indizio. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Banche dati online, verrà applicata l’iva agevolata al 4%

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A dirlo è la Direzione centrale dell’ agenzia delle Entrate, con la risoluzione 120/E/2017 pubblicata ieri in risposta ad un interpello . L’ origine della questione Il trattamento agevolato ai fini Iva dell’ operazione in questione trae origine dall’ interpretazione estensiva che il legislatore della legge di Stabilità 2015 ha dato alla tabella A, parte II, numero 18), allegata al Dpr 633/1972, considerando come «giornali, notiziari quotidiani, dispacci dell’ agenzie di stampa, libri e periodici», tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica. Nello specifico l’ agenzia dell’ Entrate ha chiarito, come d’ altronde già aveva fatto nella circolare 20/E/2016, che l’ aliquota Iva del 4% è pure applicabile alle operazioni di messa a disposizione on line dei prodotti editoriali, tra cui giornali, libri, periodici eccetera. Nel caso in cui tali prodotti sono offerti da parte di una banca dati online, che prevede altresì una serie di servizi aggiuntivi – tra cui ad esempio la possibilità di scaricare alcuni articoli in formato pdf o di leggere l’ abstract – questi ultimi non rilevano ai fini del trattamento Iva applicabile. Ciò in quanto, trattandosi di una banca dati bibliografica, le funzionalità di ricerca offerte all’ utente non costituiscono un valore aggiunto per il consumatore, tanto è vero che tali ultimi servizi sono offerti gratuitamente a tutti gli utenti, anche se non abbonati. In definitiva, restando la funzione principale del contratto di abbonamento quella di consentire di acquisire il contenuto digitalizzato dei libri e delle altre pubblicazioni, che presentano i requisiti richiesti dalla legge per il trattamento Iva agevolato, l’ aliquota Iva applicabile è senza alcun dubbio quella del 4 per cento.

Condé Nast, giornalisti in sciopero per la chiusura di 4 testate

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Dopo i giornalisti delle edizioni locali di Rcs, è la volta di quelli di Condé Nast. Il tema è sempre la crisi dell’editoria e la chiusura sempre più frequente di redazioni.
La redazione e il cdr di Condé Nast protestano contro la decisione dell’azienda di chiudere 4 testate e il rifiuto di ricollocare i colleghi impiegati nelle stesse. L’assemblea contesta anche la dichiarazione di 35 nuovi esuberi complessivi in vigenza di un contratto di solidarietà difensiva, fino al 31 dicembre 2017, mentre in redazione o da remoto vengono usati collaboratori per svolgere il lavoro giornalistico. I giornalisti di Condé Nast continuano a porre all’azienda tre domande cui non è mai stata data risposta:

1. Il nuovo corso aziendale consiste nell’accelerazione della crisi della carta e nella dismissione delle testate per andare verso una commistione sempre più forte con la pubblicità e fuori dalla deontologia giornalistica?

2. Come sono stati usati i soldi risparmiati grazie al contratto di solidarietà?

3. È possibile che tagliare posti di lavoro sia l’unica strada individuata per far quadrare i conti


Il Tar respinge i ricorsi contro il bando europeo, via libera al bando del I lotto per le agenzie di stampa

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Il Tar del Lazio ha confermato la legittimità del bando con il quale il governo ha deciso di selezionare le agenzie di stampa che forniranno i loro notiziari alle Amministrazioni dello Stato. Con tre dispositivi di sentenza i giudici della prima sezione quater del tribunale amministrativo hanno infatti respinto altrettanti ricorsi proposti da Fcs Communications S.r.l., società editrice dell’agenzia giornalistica Il Velino, e da Mf Dow Jones News.
Con i ricorsi si chiedeva l’annullamento del procedimento di gara per la procedura aperta, suddivisa in 10 lotti, per l’affidamento di servizi giornalistici e informativi per gli organi centrali e periferici delle Amministrazioni dello Stato, e di tutti gli atti presupposti e successivi, nonché per la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto. Si attendono ora le motivazioni delle sentenze. Intanto, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato il nuovo bando per l’affidamento di servizi giornalistici e informativi per gli organi centrali e periferici della pubblica amministrazione relativo al lotto rimasto da assegnare dopo l’aggiudicazione, lo scorso agosto, degli altri nove. La gara a procedura aperta riguarda l’affidamento della realizzazione di un notiziario quotidiano generale e di un notiziario quotidiano regionale in lingua italiana, diffusi almeno 5 giorni su 7 per un minimo di 12 ore di trasmissione al giorno e con un numero minimo di lanci prestabilito. Il valore totale dell’appalto è di 26milioni 400mila euro per la durata complessiva di tre anni; 4milioni 400mila euro per la fase iniziale (della durata di 6 mesi). La data scadenza per la presentazione delle offerte è il 16 ottobre 2017.

Il Wall Street Journal chiuderà la stampa delle sue edizioni per l’Europa e l’Asia

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Il Wall Street Journal chiuderà la stampa delle sue edizioni per l’Europa e l’Asia, a causa del calo degli introiti pubblicitari. Il quotidiano, che fa parte della Rupert Murdoch’s News Corporation, ha annunciato che l’ultima edizione per l’Europa sarà messa in stampa oggi, quella asiatica tra una settimana. L’edizione asiatica del quotidiano era stata lanciata nel 1976, quella europea nel 1983. Nell’ultimo anno, il quotidiano ha iniziato a implementare WSJ 2020, un piano triennale che intende adattare il prodotto ai nuovi consumatori, sempre più fruitori delle news via smartphone. Il piano ha previsto tagli agli staff e alle sezioni del giornale, molte delle quali fuse insieme.

Rassegna Stampa del 30/09/2017

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Indice Articoli

Tagli agli aiuti per giornali e società di distribuzione

Riforma tv, braccio di ferro Franceschini-broadcaster

Per Unità srl c’ è una doppia garanzia

Premium, più prime

Giordani (Mediaset): Premium può sostenersi anche senza calcio

Giornalisti alle urne il 1° ottobre per il rinnovo dell’ Ordine, secondo le nuove regole fissate …

L’ editoria «Intrecciare skills e media? Qui chiedono solo se ci occupiamo di vini…»

“La lobby Pd-grandi giornali vuole staccare Pisapia da Mdp”

Tv contro il governo, nuova protesta sulle quote di produzione

Figuraccia Rai, dieci minuti di black out Gli sfottò sul web: «Scalateli dal canone»

Espresso, 175 milioni di sanzione fiscale

Google e Facebook da sole evadono per 5 miliardi di euro

Tagli agli aiuti per giornali e società di distribuzione

Italia Oggi
@PIPPOCORSENTINO
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Anche gli editori di giornali e le società di distribuzione (la più importante che opera a livello nazionale è Presstalis controllata dagli stessi editori) dovranno «serrer la ceinture» come la radio e la tv di stato. Il budget degli aiuti pubblici all’ editoria, nella legge di bilancio appena presentata, perde 7 milioni di euro e si ferma a quota 285 milioni. Innanzi tutto ci saranno meno contributi sulle spese postali per il recapito degli abbonamenti che qui in Francia sono la quota più consistente della cosiddetta «diffusion payé» grazie al buon funzionamento delle Poste. Anche su questo punto, sul funzionamento della filiera logistico-distributiva dei giornali, il governo ha deciso comunque di approfondire e così ha affidato all’ ex presidente dell’ Amf, la Consob francese, Gerard Rameix, un enarca di lungo corso, l’ incarico di studiare «la situation industrielle et financière de la filiere de la distribution des journaux», cioè capire come funziona, come si alimenta e come si finanzia la filiera distributiva dei giornali. Dopo lo studio, ovviamente, Rameix farà le sue proposte. E già qualcuno trema.

Riforma tv, braccio di ferro Franceschini-broadcaster

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Lunedì è atteso in consiglio dei ministri la nuova bozza della riforma Dario Franceschini sugli investimenti in produzioni europee, italiane e indipendenti. Testo che, secondo indiscrezioni di stampa, potrà contenere quote obbligatorie di spesa inferiori alle iniziali ma, ormai, è braccio di ferro tra Franceschini e il fronte dei big tv, che ieri hanno firmato una seconda lettera di protesta indirizzata al ministro dei beni culturali. Secondo gli editori tv, infatti, il problema non sono solo le maggiori quote di spesa rispetto al passato ma anche, per esempio, le limitazioni contrattuali negli investimenti e l’ innalzamento e l’ anomalia delle sanzioni (si tratta di multe «per le grandi aziende fino a 50-60 milioni per una violazione ad obblighi di programmazione di uno 0,3%» mentre «la sanzione massima per violazioni a norme posta a tutela dei minori è di 350 mila euro»).

Per Unità srl c’ è una doppia garanzia

Italia Oggi
LUCA FALCONE
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Con riferimento all’ articolo pubblicato da ItaliaOggi in data il 27/9 a pagina 19 dal titolo: «Unità, gli editori Pessina-Stefanelli sotto la spada di Damocle della fideiussione», Unità srl precisa che la garanzia fideiussiorias prestata da Banca Intesa è a sua volta garantita dal patrimonio del socio Piesse nonché dai suoi soci personalmente. Quanto alla partecipazione del Partito Democratico, se è ben vero che essa è pari al 20% è altresì vero che, con stringenti patti parasociali, il Pd detiene la scelta del direttore e detta la linea editoriale, oltre ad avere il diritto di veto sulle scelte industriali, poteri all’ evidenza del tutto sproporzionati rispetto alla quota societaria ma che sono stati a suo tempo imposti al socio privato entrante. Come sempre accaduto, anche questa volta il socio Piesse personalmente provvederà per il pagamento del saldo del prezzo di acquisto della testata. Quanto alla ripartenza del quotidiano essa dovrà necessariamente passare da un immediato riassetto della governance del giornale e da una più equilibrata distribuzione delle scelte decisionali.

Premium, più prime

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Mediaset Premium prova a tenere alto lo spirito pure in una fase molto interlocutoria della sua vita e nella quale i diritti tv sul calcio (aste per la Serie A 2018-2021 e per i Mondiali 2018) giocheranno, ovviamente, un ruolo fondamentale. Intanto, pur avendo ancora l’ esclusiva assoluta della Champions league fino al giugno 2018 e proponendo tutti i match delle migliori otto squadre di Serie A, gli abbonati sono in calo rispetto allo scorso giugno: raggiunta quota 1,6 milioni per i residenziali, come conferma Marco Costa, direttore dei nove canali cinema e serie tv di Premium (nonché di tutti i canali tematici free di Mediaset), che risalgono parzialmente se si contano pure quelli negli esercizi commerciali. Poiché, come ribadito dai vertici del Biscione, la pay tv andrà avanti anche nella malaugurata ipotesi di perdita di tutti i diritti sullo sport, ecco che allora bisogna provare a potenziare e valorizzare l’ offerta di cinema e serie tv, unici comparti per i quali ha senso proporre contenuti a pagamento (ridotta drasticamente, invece, tutta l’ offerta kids e quella di documentari). Arriva in esclusiva su Joi il ritorno di Will & Grace, serie cult nata nel 1997, che ha battuto ogni record di ascolto negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2005, e che, dopo lo stop nel 2006, riprende con 16 episodi nel 2017 e altri 16 nel 2018. Le puntate, doppiate, andranno in onda su Joi dal 13 ottobre. Acquisiti pure i diritti per The Young Sheldon, nuova serie di enorme successo negli Usa, all’ interno di «un palinsesto di Premium che propone 80 prime tv di cinema all’ anno e 92 serie tv in prima visione ogni 12 mesi. Questo autunno», sottolinea Costa, «in quattro mesi trasmetteremo oltre 300 ore di prime tv, e ognuno dei canali dedicati alle serie avrà quattro prime tv alla settimana». In attesa dei risultati dell’ asta per i Mondiali 2018 (ma si andrà per lunghe) e del nuovo bando per l’ asta dei diritti Serie A 2018-2021, Premium, insieme con Sky, ha formalmente contestato i calendari delle partite del campionato di Serie A in corso messi a punto dalla Lega, poiché, secondo i broadcaster, sarebbero troppi gli incontri di cartello fissati in orari «pro-Cina», a mezzogiorno e dintorni, mentre in prime time verrebbero proposti troppi match poco interessanti. Inoltre ci sarebbero anche una serie di operatori in streaming, tra cui Tim e Sport Tube, che offrirebbero partite importanti in pay per view a prezzi molto bassi (1,99 euro), esercitando una forma di concorrenza un po’ fastidiosa per Sky e Mediaset, che hanno pagato la fetta più importante dei diritti tv e, con questi, sostengono di fatto il calcio italiano. © Riproduzione riservata.

Giordani (Mediaset): Premium può sostenersi anche senza calcio

Milano Finanza

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Il cfo di Mediaset, Marco Giordani, non si sbilancia sul trend della raccolta pubblicitaria. «La visibilità è molto breve, il che rende complesso tracciare stime per la fine dell’ anno. Possiamo tuttavia dire che radio e televisione, i due mezzi su cui siamo più presenti, stanno comunque performando meglio rispetto al totale del mercato pubblicitario. Per tv, radio e internet, i nostri fatturati sono in crescita e quindi speriamo di mantenere questo tipo di velocità anche nel prossimo quadrimestre», ha dichiarato ai microfoni di Class-Cnbc dopo i conti del primo semestre del gruppo del Biscione che hanno segnato il ritorno all’ utile netto. Domanda. Più complessa la situazione di Mediaset Premium che ha dovuto sopportare un calo di circa 100 mila abbonati rispetto all’ anno scorso. A che cosa è legato questo calo? Quali contromisure state implementando? Risposta. Dobbiamo recuperare redditività su Premium anche attraverso azioni sui ricavi ma soprattutto con miglioramenti sul fronte del margine. Faccio un esempio: all’ inizio dell’ anno abbiamo cancellato dall’ offerta il pacchetto bambini che era in listino da molto tempo. Generava ricavi ma aveva costi elevati e per noi comportava perdite. Il cambiamento ci ha tolto qualche abbonato e anche qualche ricavo, ma dal punto di vista dei profitti siamo molto contenti. Questa sarà la nostra politica anche guardando avanti. Sui diritti calcio della Serie A, per esempio, il nostro sarà un approccio molto razionale. Se i pacchetti che la Lega metterà in vendita ci consentiranno di offrire un’ adeguata qualità ai nostri clienti a un prezzo ragionevole, concorreremo. Altrimenti, come già accaduto nell’ asta prima dell’ estate, non parteciperemo. D. Sul fronte Champions League, questo è l’ ultimo anno su Premium. Avete anche offerte ad hoc per il singolo acquisto della partita. Quanto vi impensierisce che un asset così importante ritorni alla concorrenza? R. Siamo serenissimi. Le nostre scelte hanno l’ obiettivo di massimizzare la redditività di Premium. Tre anni fa, nel 2014, la situazione era esattamente quella che ci apprestiamo ad affrontare tra un anno, con la Champions in esclusiva su Sky. Perderemo ovviamente abbonati e quindi ricavi, ma siamo convinti che la redditività salirà. Alla recente asta della Champions abbiamo fatto un’ offerta competitiva, addirittura superiore a quanto avevamo pagato per il triennio in corso: evidentemente Sky ha fatto un’ offerta migliore sulla base di un business plan molto più ottimista del nostro. Noi siamo convinti di aver fatto la scelta giusta e soprattutto coerente. D. Intanto c’ è la sfida delle Telco e di una banda larga sempre più capillare. Vi servono alleanze, come la joint venture di cui si parla con Canal Plus? R. Secondo noi il settore della pay tv è influenzato da grandissimi cambiamenti nel modello di business. Di fatto Netflix e il suo modo di fare business hanno cambiato e cambieranno il modo di fare pay non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e quindi in Italia. È evidente che tutti noi che operiamo in questo mercato siamo obbligati a cambiare modello di business e offerta commerciale ai clienti. Premium sta già lavorando in questo senso. L’ abbiamo chiamata digital transformation, un modo di proporsi ai clienti con una modalità più innovativa e più snella rispetto al passato di Premium. Nei nostri piani c’ è anche l’ ipotesi di una Premium senza calcio, sostenibile qualora ci trovassimo senza diritti. È evidente che con il calcio le dimensioni in termini di fatturato e di abbonati sarebbero più ampie. Ma in questa trasformazione c’ è anche un contenuto di innovazione che credo sarà indispensabile anche per gli altri operatori del mercato. La pay tv classica come modello di business secondo noi è finita. D. Sul fronte Vivendi è possibile un’ alleanza dell’ ultimissima ora? R. Siamo sempre stati molto razionali: crediamo che il contratto firmato l’ 8 aprile 2016 fosse la miglior soluzione sia per i nostri azionisti sia per Vivendi e le sue partecipazioni. Quello che è successo dopo è stato qualcosa di inaspettato, ma se ci fossero progetti che creano valore per gli azionisti di Mediaset noi siamo disponibilissimi a valutarli. Ma per il momento non abbiamo ricevuto alcuna proposta. (riproduzione riservata)

Giornalisti alle urne il 1° ottobre per il rinnovo dell’ Ordine, secondo le nuove regole fissate …

Il Foglio

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Giornalisti alle urne il 1° ottobre per il rinnovo dell’ Ordine, secondo le nuove regole fissate dal decreto legislativo approvato nello scorso marzo. Il numero dei consiglieri nazionali passerà da 156 a 60. E’ stato introdotto il rapporto di 2 a 1 a favore dei professionisti, cioè di coloro che svolgono la professione in modo esclusivo e hanno sostenuto un esame distato. Quindi, 40 dei 60 consiglieri saranno professionisti, 20 pubblicisti. Fra i 60, ne saranno scelti 12 che andranno a formare il Consiglio di disciplina: perderanno le funzioni amministrative per occuparsi degli aspetti deontologici. Adesso vado di là che mi scappa la cacca.

L’ editoria «Intrecciare skills e media? Qui chiedono solo se ci occupiamo di vini…»

Il Mattino
Rossella Grasso
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In Italia si contano 7.086 startup innovative, 1808 sono solo in Lombardia. La Campania è al quarto posto per numeri e ne conta ben 581, preceduta solo da Lazio (769) e Veneto (661). Negli ultimi anni la regione ha fatto una vera e propria scalata verso il successo: secondo i dati Istat nel 2013 c’ erano solo 63 startup innovative. Praticamente ne sono nate in media più di 100 all’ anno. Questo significa che la Campania è diventata una delle regioni più altamente tecnologizzate d’ Italia? A giudicare dalle difficoltà che riscontrano le startup, digital trasformation, IoT, IcT, Industry 4.0 di fatto restano parole dal sapore esotico, in tutta Italia, ma lievemente di più al Sud. Quella di Bluenet, startup napoletana nata nel 2014 e dal 2015 nell’ incubatore Campania Newsteel, è una storia emblematica. L’ azienda ha una sede a Napoli e una a Singapore. «Produciamo nuove tecnologie che trovano una facile applicazione nel Sud-Est Asiatico spiega Davide Borrillo, 28 anni, Marketing and Project Manager di Bluenet Lì abbiamo una sede commerciale, ma la produzione ed il know-how restano tutti interamente made in Naples». Tra i progetti più innovativi della startup c’ è il BlueCode, un codice bidimensionale capace di contenere informazioni, 150 volte in più di un qrcode. Ha mille usi: consente di identificare il possessore di un biglietto per un concerto, risolvendo il problema del bagarinaggio, può riconoscere l’ originalità di un prodotto come antidoto contro la contraffazione, o come timbro digitale, per stampare da casa un documento valido ai fini legali. Davide racconta che nel Far East lavorano e si confrontano con ministeri e governi. In Italia è complicato avere a che fare con gli stessi interlocutori. «Forse dobbiamo crescere ancora per essere considerati abbastanza credibili», dice. La burocrazia e una rigida mentalità ferma a molti anni fa rendono impossibile l’ applicazione delle idee smart di Bluenet. «Basti pensare che per partecipare a bandi pubblici spesso sono richiesti fatturati anche di 500.000 euro o più che tagliano fuori le realtà più piccole». Eppure Bluenet ha vinto numerosi premi e il BlueCode è stato testato e riconosciuto come un sistema valido già da molte aziende, anche a livello nazionale. Persino allo stadio San Paolo. Ma anche le sperimentazioni si concludono con un classico «le faremo sapere» che poi non si avvera mai. «Forse c’ è ostruzionismo per paura del cambiamento, perché magari questo potrebbe comportare un lavoro in più o semplicemente uno diverso a cui doversi adeguare». Ma non è finita qui. Gli ideatori di Bluenet hanno creato anche un braccialetto intelligente che funziona come borsellino elettronico in cui un turista, prima di partire, può inserire l’ itinerario di viaggio, i trasporti, i pernottamenti e tutte le attività da fare durante il soggiorno. Basta avvicinare il braccialetto al sensore, anche uno smartphone, e il gioco è fatto. Il progetto si chiama IoTourist, o meglio si chiamava così, perché i soci Bluenet non sono riusciti a portarlo avanti, per lo meno a Napoli dove non hanno trovato supporto da parte delle istituzioni locali alla novità IoT. «Quando abbiamo presentato IoTourist ad un funzionario della pubblica amministrazione, ci ha risposto che i turisti hanno bisogno di più cartine della città. Allora abbiamo cambiato approccio con quello che adesso si chiama Feedati. Attualmente a Napoli sono a sistema 300 appartamenti, tre bar, due hotel, due ostelli e un b&b. E forse un giorno riusciremo a mettere in rete anche musei, trasporti pubblici e servizi di ogni sorta». Davide come tanti altri startupper riconosce che la Campania è una regione molto attiva e florida per incentivare lo sviluppo delle nuove tecnologie. Praticamente ogni settimana ci sono incontri e iniziative per mettere insieme le idee e fare rete, i piccoli imprenditori si danno una mano l’ un l’ altro, c’ è il primo assessore all’ Innovazione e alle Startup di tutta Italia, ci sono bandi attivi e fondi da stanziare. «Eppure la sensazione, in alcuni contesti, è che ce la suoniamo e ce la cantiamo da soli», dice Davide. Altra storia quella di Intertwine, startup con l’ ambizione di creare un nuovo tipo di editoria basata sullo streaming su web. Si tratta di una piattaforma di scrittura collaborativa che permette l’ utilizzo di tutti i tipi di media: video, gif, audio, immagini e tanto altro. Con questo criterio Intertwine fa anche storytelling per le aziende. I quattro soci sono tutti napoletani ma la loro startup ha sede a Pescara perché è lì che hanno ottenuto i fondi venture capitalist della Regione Abruzzo. «L’ obiettivo è quello di diventare editori digitali spiega Gianluca Manca, cofounder della startup – seguire tutta la filiera dall’ idea allo sviluppo, alla pubblicazione e alla vendita, senza stampare o produrre file. Non abbiamo intenzione di fare pdf o e-book». Un concetto molto lontano dall’ industria tradizionale che hanno difficoltà a far comprendere in tutta Italia. «Intertwine significa intrecciare. All’ estero è subito chiaro che si tratta di unire skills e media. Qui invece ci chiedono se ci occupiamo di vino. Poi certo, abbiamo anche una sede a Milano e lì è più facile comunicare con le aziende perché sono più aperte a investire su cose nuove, anche perché hanno target diversi». «L’ industria 4.0 è un cambiamento culturale – spiega Antonio Grasso, Ceo di Dbi, startup che accompagna le aziende attraverso la digital trasformation – non solo tecnologico e non tutti gli imprenditori sono disponibili ad accettarlo. Senza comprendere che facendo così compromettono lo sviluppo della loro azienda e di tutta la nazione che rimane indietro». Alcuni potenziali clienti di Grasso pensano che basta aprire un sito internet, una app o essere presenti su tutti i social per essere 4.0. Sottovalutano la necessità di fare quegli investimenti necessari a rivoluzionare il loro business model e i processi organizzativi. L’ imprenditore cerca in prima persona di diffondere questa nuova cultura attraverso i suoi canali social. Ma su Twitter, di oltre 12mila followers, solo una cinquantina provengono dall’ Italia, sei a Napoli, il resto sono sparsi in tutto il mondo ed in particolare negli Stati Uniti, Regno Unito e nei Paesi emergenti. «Eppure i soldi ci sono continua il Ceo di DBI -. Il ministro Calenda ha stanziato un altro miliardo e mezzo per l’ industria 4.0. Se si continua a dare solo soldi senza educare a questo cambiamento epocale, le aziende continueranno a non spenderli nel modo più utile». Si tratta di un problema culturale anche per Vincenzo Chianese, Cto di Quicon, che elabora prodotti tecnologici in grado di far vivere emozioni come la proximity experience e il gaming. Tra i progetti più recenti di Quicon c’ è Prizeme, l’ app che permette di guadagnare premi a chi semplicemente va a fare shopping. Basta entrare in uno dei 50 negozi napoletani affiliati, scattare foto o fare acquisti e condividere tutto sulla app per ottenere punti che saranno convertiti in regali. L’ iniziativa ha avuto un gran successo tra gli utenti, 2.500 download in pochi mesi, ma la difficoltà è trovare altri negozi che comprendano questo nuovo tipo di marketing e vogliano aderire all’ iniziativa, soprattutto tra i grandi marchi, legati alla pubblicità tradizionale. Poi ci sono quelle startup che la pensano molto in grande come Trans-Tech, che ha l’ obiettivo di trasferite tecnologie dall’ aerospaziale a tutti gli altri settori industriali. I due soci hanno per le mani numerosi progetti altamente tecnologici e futuristici ma non riescono a trovare investitori. «Abbiamo difficoltà a trovare qualcuno che creda nel progetto e lo voglia finanziare assumendosene il rischio. Di solito la prima domanda che fanno è: che proprietà hai da mettere a garanzia del finanziamento?». Anche Histos e Kyme, i due spinoff dell’ Istituto Italiano di Tecnologia di Napoli, fanno progettazione e ricerca guardando al futuro. Nel loro laboratorio già si stampano tessuti umani in 3D con cellule istruite a riprodurre la funzionalità del corpo umano. Quei ricercatori sono a un passo da stampare organi perfettamente funzionanti. Con l’ utilizzo di nanotecnologie innovative stanno migliorando i metodi diagnostici con la produzione di immagini molto dettagliate. Posseggono i brevetti di queste ambiziose ricerche ma per poter mettere in commercio i loro prodotti hanno bisogno di fare sperimentazione in vivo che non solo è burocraticamente complicata, ma è anche molto costosa e lunga. I finanziamenti e i premi che vincono non bastano e così il gruppo è costretto a procedere con cautela. Forse al Sud è sensibilmente più complicato far comprendere l’ importanza delle nuove tecnologie e trovare persone che vogliano investire in queste, ma il problema è sentito a livello nazionale. «L’ ecosistema dell’ innovazione in questo territorio funziona come altrove dice Massimo Varrone, coordinatore dell’ incubatore di Città della Scienza – trovi degli interlocutori di eccellenza e trovi anche chi non segue. Non è tutto rose e fiori ma è uguale ovunque. Penso che in Campania sia più facile definire meglio il proprio sistema di offerta. Qui trovi tutto, i cervelli, chi ti aiuta a superare le difficoltà, mi sembra che avviare una startup qui sia più facile che altrove. Poi certo non è tutto rose e fiori, ma la differenza la fa la qualità dell’ offerta». Secondo l’ esperto di creazione d’ impresa una difficoltà per una startup può essere che spesso chi le mette su ha delle competenze tecniche precise ma non è né un imprenditore né qualcuno che ne capisce di commercio. «C’ è poca cultura della commercializzazione e questa mi sembra una peculiarità del Sud perché al Nord l’ estrazione dell’ imprenditore è più varia. Non si impegnano a inserire nel team persone che sappiano vendere bene, che inseguano il cliente per accontentarlo. È una sensibilità che spesso manca». La Campania ha il pregio di essere è una fucina di idee, a volte talmente geniali da essere troppo avanti rispetto alla realtà imprenditoriale. Quanto ancora si dovrà aspettare per colmare questo dislivello? © RIPRODUZIONE RISERVATA.

“La lobby Pd-grandi giornali vuole staccare Pisapia da Mdp”

Il Fatto Quotidiano
Fabrizio d’ Esposito
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Stampa di regime. Colpisce sentire Massimo D’ Alema, tra i pionieri della nuova sinistra alternativa al Pd, parlare di “stampa di regime”. Con chi ce l’ ha? Il cronista del Fatto è con lui a Bologna. Ai confini del mitico Parco Nord, sede delle feste dell’ Unità. Sullo sfondo, alcuni operai smontano stand. Dice Vladimiro: “Con loro noi non abbiamo nulla a che fare, non ci hanno invitato”. Noi, loro e Bologna la rossa. “Noi di Articolo 1”. “Loro del Pd”. L’ Estragon è una grande discoteca. Ai confini con il Parco Nord, appunto. È qui che si tiene la prima festa di Articolo 1 – Mdp a Bologna. Apre Massimo D’ Alema, che arriva direttamente da Bruxelles. “Il cuore dell’ Europa? Ammesso che l’ Europa abbia un cuore”. Prima risata a mo’ di ovazione. Applausi, tantissimi. “La sinistra emiliana è abituata a un certo conformismo, a stare dalla parte dei capi. Ho incontrato un compagno, mi dice: ‘Sono iscritto al partito dal 1956′. Gli ho spiegato che quel partito ha cessato di esistere da molti anni. Una parte importante del nostro popolo ormai se ne sta a casa, non va a votare. Qui alle ultime regionali abbiamo perso 600mila elettori. Quando posi questo problema e nessuno rispose mi resi contro che il Pd non era più il nostro mondo”. Arriva, D’ Alema, e il primo giro è nel solco della tradizione. Le cucine. Le volontarie e i volontari. Tagliatelle, tortelloni, salsiccia, costolette e pollo. Alcune centinaia di persone. Prima di salire sul palco, selfie e strette di mano. “Massimo, nel 1978 tu eri segretario nazionale della Fgci e sei stato a casa mia”. Almeno qui, il carisma dell’ ex premier non è divisivo. Altra storia sui giornali. Meglio su certi giornali. L’ altro giorno, giovedì, i quotidiani erano pieni di sfoghi e retroscena su un’ intervista dalemiana al Corriere della Sera. Il tormentone Pisapia – potenziale leader di questa sinistra – che a sua volta ne genera altri, come quello del rapporto con il Pd renziano e la conseguente formazione di un nuovo centrosinistra. Finanche il centrista Tabacci, sodale dell’ ex sindaco di Milano nel Campo Progressista, ha voce in capitolo: “D’ Alema deve stare a distanza di sicurezza”. Ricapitolando: il Pd, Campo Progressista, Articolo 1, l’ ossessione per D’ Alema di renziani e antirenziani. L’ incipit è dalemismo puro. Il noto sarcasmo che fa partire altri applausi e altre risate: “Tabacci? Ma io non ho mai cercato di avvicinarmi a Tabacci”. Il tono ritorna serio: “La verità è che si attribuiscono a Pisapia retroscena e virgolettati che lui regolarmente smentisce. Parliamoci chiaro, senza infingimenti. Il Pd conduce una campagna per creare una frattura tra noi e Pisapia. L’ obiettivo è questo. E siccome il Pd ha il potere e ha un buon rapporto con diversi imprenditori cui ha fatto parecchi favori e questi imprenditori sono anche proprietari di giornali, diciamo, questa campagna per staccare Pisapia da noi è sostenuta da questi mezzi d’ informazione per rendere un servizio a Renzi. Ma è una campagna politica”. D’ Alema non cita testate e non fa nomi. Ma il riferimento è chiarissimo. Il bersaglio della sua invettiva è il nuovo colosso di Stampubblica, Stampa più Repubblica, Agnelli/Elkann più Carlo De Benedetti. Ergo la versione dalemiana su Pisapia è questa: “Sono diventato buono e voglio parlare con le parole di una persona notoriamente buona come Pisapia”. Cosa dice, dunque, l’ ex sindaco di Milano? “Pisapia ha detto che lui sta lavorando a una forza politica alternativa al Pd. Vuole ricostruire il centrosinistra in radicale discontinuità con questo Pd, in merito a contenuti e leadership. Questo è lo stato degli atti. Non sono parole di D’ Alema il cattivo, ma di Pisapia il buono. Poi se questa legge demenziale del Rosatellum passerà, noi saremo costretti a presentare i nostri candidati in tutti i collegi”. Mentre D’ Alema parla a Bologna, e parla di lavoro, immigrazione, tasse, del Pd “liberale” amico dei ricchi, giù al sud, a Napoli, c’ è Pietro Grasso, alla festa nazionale di Articolo 1. Una sorta di investitura come nuovo leader? Finalmente è cominciato il post-Pisapia in questa parte del campo di sinistra? Può darsi, ma l’ argomento sarà tabù ufficialmente ancora per un po’ di tempo. In ogni caso, D’ Alema precisa a modo suo: “Io sono solo un supporter di Articolo 1, non sto nella stanza dei bottoni, anche perché qualche volta in quella stanza avviene la guerra dei bottoni. Io sono un uomo politico e l’ uomo politico deve cercare di prevedere la realtà futura con le sue diverse possibilità. E io, non avendo un compito operativo ma solo di supporto, ho più tempo per pensare”.

Tv contro il governo, nuova protesta sulle quote di produzione

Corriere della Sera
R. Fra.
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Un’ altra lettera di protesta dopo le aspre critiche di nove giorni fa: le emittenti televisive – Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery, Viacom, Fox – lanciano un nuovo grido di allarme sul testo di riforma degli obblighi di programmazione e di investimento in opere europee e italiane, scrivendo una nuova lettera al promotore della riforma, il ministro Franceschini. Nodo del contendere il provvedimento che «di fatto quasi raddoppia gli oneri delle emittenti in tema di programmazione e investimenti in opere europee e italiane, con un’ insostenibile incidenza sui bilanci aziendali». La nuova versione presentata da Franceschini e sottoposta all’ esame preliminare nel corso della riunione preparatoria del prossimo Consiglio dei Ministri non ha raccolto le osservazioni formulate dai broadcaster che ora bollano la riforma come «addirittura peggiorativa», in maniera quasi «punitiva» si lasciano sfuggire fonti informali che spiegano come «il drastico aumento delle quote sia insostenibile». La lettera firmata congiuntamente dai sette operatori televisivi spiega che «le disposizioni, assumendo una connotazione fortemente anacronistica e dirigistica, non solo si pongono in contrasto con i meccanismi incentivanti e premianti applicati con successo da altri Paesi europei, ma disattendono anche i principi stabiliti dallo stesso diritto europeo». «Il provvedimento – prosegue la lettera – determina una grave limitazione dell’ autonomia editoriale e della libertà imprenditoriale delle aziende radiotelevisive; aumenta in maniera esponenziale le quote di investimento e di programmazione, anche con improponibili e ingestibili privilegi in favore di una categoria dei produttori indipendenti di cinema italiano rispetto ad altri; prevede una forte asimmetria a favore di operatori stranieri, come l’ introduzione della nuova quota relativa al prime time (non applicabile a competitor quali Netflix)». Anche le sanzioni previste vengono giudicate «abnormi»: «Per le grandi aziende possono arrivare a 50/60 milioni per una violazione ad obblighi di programmazione di uno 0,3%».

Figuraccia Rai, dieci minuti di black out Gli sfottò sul web: «Scalateli dal canone»

Il Giornale

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Anche il black out della rete ammiraglia della tv di Stato in fondo è una vera «storia italiana», come il titolo del programma scomparso dagli schermi televisivi della Rai per circa dieci minuti. Un’ eternità visto che parliamo di una diretta tv sulla più importante rete del servizio pubblico, e neppure ad orari antelucani ma a metà mattina. Alle 10.41 di ieri, per la precisione, l’ abbonato Rai sintonizzato sul primo canale ha visto scomparire la conduttrice di Storie italiane e il suo ospite, inghiottiti dal nero del teleschermo per alcuni minuti di caos totale. «Un grave problema tecnico» ha subito twittato il direttore di RaiUno, Andrea Fabiano, mentre i tecnici della Rai cercavano di rimediare. Con grossi problemi, evidentemente, perchè la normale programmazione di RaiUno è ripresa più di un’ ora più tardi, verso le 11.45, dopo la toppa messa dai vertici di Viale Mazzini con la messa in onda di due repliche. Un buco incredibile, che dalla Rai spiegano con l’ eccezionalità del guasto: «Nel corso della diretta si è verificato un guasto all’ interno di un armadio rack della sala apparati della regia Saxa3 del Centro di produzione di Saxa Rubra – informa una nota della Rai -. L’ avaria ha provocato l’ intervento delle protezioni di sicurezza locali e generali dell’ impianto elettrico, causando l’ interruzione del funzionamento della regia». Oltre alla spiegazione, le dovute scuse per il clamoroso flop della produzione Rai, su cui alla fine mette la faccia il direttore Fabiano: «Le mie e nostre scuse al pubblico di RaiUno e ai colleghi per l’ interruzione e la mancata messa in onda». Non abbastanza per placare il piddino Michele Anzaldi, che chiede l’ intervento della Vigilanza Rai: «Occorre piena trasparenza per capire che tipo di problema tecnico sia in grado addirittura di bloccare la programmazione della rete ammiraglia del servizio pubblico, visto che ci sono tante costose direzioni e strutture tecniche preposte alla messa in onda dei canali Rai – attacca Anzaldi -. Non è possibile che la prima azienda di comunicazione del paese, pagata con i soldi degli italiani, abbia un atteggiamento reticente». Se il black out Rai è stato eccezionale, non è però il primo. Già un anno fa il segnale svanì nel nulla, però solo in alcune parti d’ Italia, come già nel 2011, per un problema alla rete di distribuzione elettrica in uno degli impianti Rai. Neppure è la prima volta che il direttore di RaiUno deve scusarsi per una figuraccia della sua rete. La peggiore, la lista dei «motivi per scegliere una fidanzata dell’ est» che fece saltare il programma Parliamone sabato dopo un fuoco di polemiche e l’ ira della presidente Rai Monica Maggioni. Stavolta, almeno, è andato in onda solo il nero. Sufficiente per scatenare le pernacchie sui social. «Finalmente 10 minuti di informazione vera su Rai1» sfotte un twittatore. «Blackout di 10 minuti. Mo ce li scalate dar canone» suggerisce invece il finto Osho. PBra.

Espresso, 175 milioni di sanzione fiscale

Il Giornale
Marcello Zacché
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Marcello Zacché Si chiude con una maxi multa di 175 milioni una vicenda di elusione fiscale in origine a carico dell’ Espresso dei De Benedetti, trascinatasi per ben 26 anni. Allora, correva il 1991, il gruppo guidato da Carlo De Benedetti era impegnato nell’ architettura finanziaria del ramo editoriale dopo la conclusione della guerra contro Silvio Berlusconi per la Mondadori. Nel percorso di riorganizzazione e quotazione del gruppo Espresso l’ Ingegnere effettuò una fusione: l’ incorporazione dell’ allora Repubblica con la Cartiera di Ascoli. Un’ operazione sulla quale la Commissione tributaria di Roma contestò successivamente un’ elusione fiscale, relativa ai benefici ottenuti e alle plusvalenze. Si aprì un contenzioso che ha portato, nel 2012, alla condanna in Appello con una multa da 225 milioni, lievitata per interessi fino agli attuali 388,6 milioni. Sui quali si doveva ancora esprimere la Cassazione, a cui i legali dell’ Espresso avevano fatto ricorso. Ebbene ieri si è appreso che Espresso e Fisco hanno raggiunto un accordo: il cda del gruppo editoriale Gedi «ha deliberato di avvalersi della facoltà offerta dal decreto» per chiudere la controversia. Gedi pagherà 175,3 milioni, di cui 70,1 entro lunedì, altri 70,1 entro il 30 novembre e 35,1 entro il 30 giugno. Peccato che nel frattempo l’ Espresso non è più solo della Cir dei De Benedetti: da qualche mese è operativa la fusione con Itedi (da cui è nata appunto Gedi) che ha ridotto la quota Cir dal 57 al 43%, con l’ ingresso degli Agnelli (ex Stampa, 5%) e dei Perrone (ex Secolo XIX, 4,4%), che dunque si trovano a «partecipare», pure loro al multone. Cose che capitano, soprattutto se per venirne a capo c’ è voluto un quarto di secolo. In ogni caso con questo accordo il gruppo riconosce di aver eluso il Fisco, anche se il cda dichiara di aver accettato «pur ribadendo la propria convinzione quanto alla legittimità civilistico-tributaria dell’ operazione». Hanno contato valutazioni sul rischio-Cassazione: un’ eventuale sconfitta poteva essere molto peggio. Mentre questi 175,3 milioni, diluiti come si è detto, non creano grandi problemi al bilancio: il rapporto che guardano gli analisti, quello tra debito netto ed Ebitda (i margini), è pari a circa 2,5 volte. Un valore considerato ampiamente sostenibile nell’ editoria. Certo, l’ Ingegnere e Gedi devono ringraziare l’ ad Monica Mondardini che, in questi ultimi 8 anni, ha portato la posizione debitoria del gruppo Espresso da negativa per 300 milioni a positiva per 40, quale è quella attuale. In grado quindi di assorbire una multa così importante (per la quale non sono mai stati fatti accantonamenti in bilancio) senza particolari ansie. Anche se poi il verdetto arriverà dalla Borsa alla riapertura di lunedì. Di sicuro, se la giustizia «civilistico-tributaria» fosse arrivata prima rispetto a questi 26 anni, magari quando l’ Espresso aveva 300 milioni di debiti, le cose potevano andare in maniera ben diversa e peggiore. La stessa fusione con Itedi sarebbe diventata difficile. Forse impossibile. Invece, ancora una volta, la giustizia ha detto bene ai De Benedetti.

Google e Facebook da sole evadono per 5 miliardi di euro

Il Manifesto

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II A produrre l’ accelerazione verso una web tax europea ha contribuito un oscuro parlamentare olandese. Si chiama Paul Tange fa parte del gruppo dei Socialisti&Democratici europei. Decisivo nell’ affossare il suo compatriota pro -austerity ed ex compagno di partito nel Pdva (il partito del lavoro) Jeroen Dijsselbloem da capo dell’ Eurogruppo, due settimane fa Tang ha reso pubblico uno studio su quanto ogni paese europeo perde in mancato gettito da Google e Facebook. Limitandosi ai due giganti del web, i numeri sono così impressionanti (5 miliardi) del web non fanno neanche mistero di avere conti offshore, perché ancora si ragiona verso di loro come accadeva agli albori di Internet, 25 anni fa, concedendo che possano scegliere il Paese dove pagare le tasse, pur operando in tanti altri. Ma se un ingegnere italiano dice di possedere un conto offshore, l’ indomani si trova la finanza sotto casa e va dritto in galera. E perché loro no? Quindi come regolarsi? La web -tax, in questa ottica, rischia di essere solo una goccia nel mare, una micro -tassa rispetto a chi paga al fisco tutto, Iva e imposte dirette. Intanto è un bene che il dibattito si sia avviato, ma io ritengo che l’ obiettivo di questi vertici, già di Tallinn, dovrebbe essere quello di affermare l’ obbligatorietà della «stabile organizzazione» nel paese dove fai business: non importase hai solo uno o due dipendenti in Italia, tutti gli affari che fai nel nostro Paese – che fatturino 100 milioni o un miliardo- devono pagare le relative tasse qui. che molti Stati freddi verso la web tax hanno cambiato idea. Utilizzando i dati dei fatturati per il periodo 2013-2015, Tang assieme al suo assistente Henri Bussink – ha prima comparato i profitti da tasse di ogni nazione rispetto al numero di utenti web, smascherando la gigantesca disparità fra la piccola Irlanda e i 5 paesi più grandi, poi ha calcolato quanto perdono le 10 maggiori nazioni continentali a causa dell’ aggiramento delle norme sui profitti (in primis la famosa «stabile organizzazione», il principio per cui in un Paese si possono tassare solo le im Almeno le imposte indirette, l’ Iva, come tutti gli altri. Il calcolo è che questo settore erode ogni anno al nostro erario circa 32 miliardi di base imponibile, pari a 5 miliardi di gettito fresco solo considerando l’ Iva. Poi, quanto alla tassazione diretta, si può fare come con tutte le altre multinazionali: ragionare insieme in base alle loro diverse forme. Google in questo senso è un esempio virtuoso, perché ha accettato di basare la sua stabile organizzazione in Italia per le attività che svolge qui. E gli altri? Già isoli cinque miliardi di Iva in effetti fanno una bella porzione di legge di Bilancio. Certo, ma a mio parere il problema che dobbiamo porre a questi colossi è ancora più generale. Siamo nell’ era dell’ Internet of things, di blockchain da un lato e intelligenza artificiale dall’ altro, le app e il digital payment cambiano tutto. Dobbiamo aprire un dibattito sulla portabilità dei dati sensibili, perché l’ oro vero di queste multinazionali sono le nostre in prese che lì hanno una organizzazione consolidata) da parte di Google e Facebook: si va dai 889 milioni di euro della Germania (704 da Google e 185 da Face book) ai 741 della Francia, ai 549 dell’ Italia – terza in questa classifica con 370 milioni di perdite da Google e 179 da Facebook. Insomma, tassandole si avrebbero risorse per una finanziaria stile Giuliano Amato del 1992. Il rapporto però ha un paragrafo meno pubblicizzato che rende complessa la prospettiva di una web tax, specie se si punta a tassare i profitti. Tang sottolinea il «caso speciale di Amazon»: il gigante dell’ e-commerce infatti «non registra alcun profitto»: glielo permettono le leggi del Lussemburgo, paese che ospita tanti giganti del web. E che sarà, con l’ Irlanda, il più strenuo avversario della web tax. m. fr. formazioni personali. Io vorrei potermi portare i miei dati dappertutto, in un cloud: se un giorno il manifesto aprirà il suo, voglio poter togliere tutti i miei dati dal cloud di Apple e trasferirli in quello del vostro giornale. Oggi, al contrario, le multinazionali del web tendono a tenere i nostri dati sensibili per sé, a non cederli. Un enorme problema per la democrazia, per la sicurezza. Esatto, infatti ritengo che sia necessario anche creare dei cloud pubblici, dove siano conservati con sicurezza i miei dati di paziente, contribuente, di padre o di figlio, i miei rapporti con la motorizzazione e così via. Un luogo, un pezzo della pubblica amministrazione, che assicuri che i miei dati siano gestiti dalla Repubblica italiana: una garanzia per me, ma anche una esigenza per la sicurezza e l’ intelligence, in questi tempi. Per questo ritengo che oggi il sistema Spid della Pa non funzioni e non vada bene: i dati sensibili non devono essere messi in mano ai privati.

Sentenza Cassazione. I notiziari radiofonici possono essere condotti solo da giornalisti

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Con la sentenza n. 41765/2017 la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per l’esercizio abusivo della professione di giornalista comminata un anno fa ad un conduttore radiofonico dalla Corte d’appello di Trento – Sezione Distaccata di Bolzano – per aver la violazione dell’art. 348 Cp. La motivazione della condanna si riporta all’aver condotto notiziari radiofonici, esercitando quindi abusivamente la professione di giornalista senza essere iscritto nell’albo dei giornalisti. La Corte di Cassazione ha inoltre confermato, sempre con la medesima decisione, la condanna per stampa clandestina al legale rappresentante dell’emittente in quanto la testata attraverso la quale venivano diffusi notiziari radiofonici non risultava essere iscritta, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 47/1948, nell’apposito registro istituito presso il Tribunale competente.

Sentenza-Cassazione-41765-2017

Elusione fiscale, al gruppo Espresso 175 milioni di sanzioni.

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Nel 1991 De Benedetti effettuò una fusione: l’ incorporazione dell’ allora Repubblica con la Cartiera di Ascoli. Un’ operazione sulla quale la Commissione tributaria di Roma contestò successivamente un’ elusione fiscale, relativa ai benefici ottenuti e alle plusvalenze. Si aprì un contenzioso che ha portato, nel 2012, alla condanna in Appello con una multa da 225 milioni, lievitata per interessi fino agli attuali 388,6 milioni. Sui quali si doveva ancora esprimere la Cassazione, a cui i legali dell’ Espresso avevano fatto ricorso. Ebbene ieri si è appreso che Espresso e Fisco hanno raggiunto un accordo: il cda del gruppo editoriale Gedi «ha deliberato di avvalersi della facoltà offerta dal decreto» per chiudere la controversia. Gedi pagherà 175,3 milioni, di cui 70,1 entro lunedì, altri 70,1 entro il 30 novembre e 35,1 entro il 30 giugno. Peccato che nel frattempo l’ Espresso non è più solo della Cir dei De Benedetti: da qualche mese è operativa la fusione con Itedi (da cui è nata appunto Gedi) che ha ridotto la quota Cir dal 57 al 43%, con l’ ingresso degli Agnelli (ex Stampa, 5%) e dei Perrone (ex Secolo XIX, 4,4%), che dunque si trovano a «partecipare», pure loro al multone. Cose che capitano, soprattutto se per venirne a capo c’ è voluto un quarto di secolo. In ogni caso con questo accordo il gruppo riconosce di aver eluso il Fisco, anche se il cda dichiara di aver accettato «pur ribadendo la propria convinzione quanto alla legittimità civilistico-tributaria dell’ operazione». Hanno contato valutazioni sul rischio-Cassazione: un’ eventuale sconfitta poteva essere molto peggio. Mentre questi 175,3 milioni, diluiti come si è detto, non creano grandi problemi al bilancio: il rapporto che guardano gli analisti, quello tra debito netto ed Ebitda (i margini), è pari a circa 2,5 volte. Un valore considerato ampiamente sostenibile nell’ editoria. Certo, l’ Ingegnere e Gedi devono ringraziare l’ ad Monica Mondardini che, in questi ultimi 8 anni, ha portato la posizione debitoria del gruppo Espresso da negativa per 300 milioni a positiva per 40, quale è quella attuale. In grado quindi di assorbire una multa così importante (per la quale non sono mai stati fatti accantonamenti in bilancio) senza particolari ansie. Anche se poi il verdetto arriverà dalla Borsa alla riapertura di lunedì. Di sicuro, se la giustizia «civilistico-tributaria» fosse arrivata prima rispetto a questi 26 anni, magari quando l’ Espresso aveva 300 milioni di debiti, le cose potevano andare in maniera ben diversa e peggiore.

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