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Rassegna Stampa del 07/01/2018

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Senza canone, addio servizio pubblico

Gli inserzionisti Rai bocciano Renzi sul canone tv: fa solo demagogia

«Over the top» in pressing sugli operatori tv tradizionali

Diritti tv, la Serie A punta a un bottino di 4,5 miliardi nel triennio 2018-21

Diritti tv, ok il prezzo è giusto: la Lega fissa il minimo a 570 milioni a stagione

Senza canone, addio servizio pubblico

Il Fatto Quotidiano
Carlo Freccero*
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Il primo piano di lettura è la solita regalia pre-elettorale, un corrispettivo dell’ abolizione dell’ Imu sulla prima casa di Berlusconi. È una forma più aggiornata delle scarpe di Lauro. La differenza rispetto ai precedenti casi sta piuttosto nei tempi. Per Berlusconi l’ Imu è stato l’ asso nella manica calato a sorpresa alla vigilia delle votazioni e quindi senza possibilità di replica da parte dell’ avversario. Qui si interviene con largo anticipo, forse per invertire nel tempo una situazione critica del Pd. Il secondo piano di lettura è quello avanzato da Repubblica stessa. L’ abolizione del canone significa un aggravio di spesa di circa 2 miliardi per il governo, ma si tratta di un onere temporaneo, in attesa che venga rimosso il tetto del 4% alla pubblicità Rai. Una Rai senza tetto pubblicitario rappresenta un’ aggressione diretta alle reti Mediaset e quindi al monopolio di Berlusconi sulle televisioni commerciali. L’ apertura della Rai alla pubblicità significa ripartizione della torta sugli investimenti pubblicitari e quindi un ridimensionamento della televisione privata. Repubblica vi vede anche un attacco politico. La guerra commerciale contro Berlusconi significa esclusione di ogni inciucio successivo alle elezioni e cancellazione dell’ ombra inquietante del patto del Nazareno sull’ elettorato Pd. Ma esiste una terza chiave di lettura ed è quella che più mi interessa personalmente. L’ esclusione dal canone e l’ innalzamento del tetto pubblicitario significano di fatto la liquidazione della televisione Servizio pubblico, e la sua trasformazione in televisione commerciale. Questa non è allarmante in un’ ottica come quella di Renzi che non si interessa della funzione pedagogica originale del Servizio Pubblico, scissa dalla politica, ma al contrario concepisce il Servizio Pubblico come appoggio al governo in carica, sulla base del principio che le critiche possono solo impedire al governo l’ operatività del fare. Il pensiero critico identificato in “professori e gufi”, ostili all’ azione concreta potrà avere spazio solo qualora raggiunga una nuova maggioranza di governo. L’ ultima riforma Rai da lui promossa doveva garantire una Rai emanazione del governo attraverso un Direttore Generale nominato ad hoc. Se la televisione pubblica rimane dipendente dal governo è garantita la propaganda a favore dello stesso così come le televisioni Mediaset hanno sempre garantito il loro appoggio a Berlusconi. Ma non è questo il modello di televisione Servizio pubblico a cui io faccio riferimento. Oggi tutto è mercato e così come si inizia la sperimentazione del ridurre i licei da 5 a 4 anni, così si liquida la funzione pubblica della tv in favore di un suo rafforzamento sul mercato. Perso ogni significato residuo, anche simbolico, il ruolo della televisione pubblica è segnato. E la prossima agenda è la completa privatizzazione della Rai! Purtroppo in una società di mercato, tutto ciò che è gratis nasconde prezzi occulti assai maggiori.

Gli inserzionisti Rai bocciano Renzi sul canone tv: fa solo demagogia

Il Giornale
LAURA CESARETTI
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L o scontro Calenda-Renzi tracima dal caso Rai e diventa tutto politico, nonostante la telefonata tra i due venerdì. E la polemica canone sì-canone no continua ad infuriare. Scende in campo anche il presidente dell’ Upa, che raccoglie i grandi inserzionisti pubblicitari, e boccia senza appello la proposta «demenziale, confusa, contraddittoria, demagogica, elettoralistica» e «l’ accanimento nei confronti della Rai», accusando: «Renzi e i suoi non hanno idea di cosa sia il servizio pubblico. Pensano a una Rai di servizio alla politica». La scelta di abolire il canone, assicura, sarebbe «disastrosa». Evviva il canone, insomma. Grazie al quale, del resto, la Rai può permettersi di offrire spazi pubblicitari a minor costo per audience più estese, il che spiega anche l’ entusiasmo dell’ Upa. Nuove bordate anche dalle opposizioni, tutte critiche – in diverse gradazioni – con la proposta del leader Pd. Il quale però incassa la soddisfazione di tornare a dettare l’ agenda della politica, costringendo gli altri a commentare le sue iniziative: il ballon d’ essai sulla Rai è servito a misurare le reazioni e a testare il metodo, ma non finisce qui: «Una proposta a settimana per far conoscere la nostra agenda», promette Renzi. Sul merito, la lieve frenata di venerdì sera (diminuzione e non drastica abolizione del canone) è stata dovuta anche ai contraccolpi interni: se il «partito Rai», sempre ben radicato nel centrosinistra, è andato in fibrillazione, anche a Palazzo Chigi le reazioni non sono state entusiastiche. Soprattutto per ragioni politiche: l’ accelerazione renziana aveva tra gli obiettivi principali quello di infilare due dita in un occhio a Mediaset e al mondo berlusconiano, per liberare la campagna elettorale del Pd dai sospetti di «inciucismo». Ma in tempi così precari, con decisioni complesse da prendere (da alcune importanti nomine al via libera alla missione in Niger), un rapporto disteso con la principale opposizione responsabile è più che mai necessario al governo Gentiloni. Che dunque vuole evitare tensioni superflue. E poi c’ è il caso Calenda, sempre più incandescente. Il ministro ha apertamente criticato la «estemporanea» sortita renziana sulla Rai, richiamando il Pd alla coerenza: se si vuole riformare il sistema abolendo il canone, si sia conseguenti e si vada verso la privatizzazione. «Il Pd esca dal Truman Show di promesse insostenibili e annunci ad effetto di questa campagna elettorale», tuona. «Offrire temi che durano lo spazio di un mattino non è il ruolo che spetta ad un centrosinistra che ha ben governato». Ma l’ attivismo politico e mediatico del ministro, da tempo in polemica contro la «fuga dalla realtà» e le tentazioni «populiste» del Pd (dal caso Ilva ad alcune proposte economiche), inquieta il Nazareno, dove non sono sfuggiti i retroscena che parlavano di un Berlusconi tentato di giocare la carta Calenda in caso di impasse. E dalle file renziane trapelano reazioni irritate: il ministro «lavora per sé», non si candida perchè così potrà essere spendibile come «riserva della Repubblica» per eventuali larghe intese. Lui reagisce con a muso duro: «Truppe renziane contro di me? Un film già visto ogni volta che devio dalla linea ufficiale o esprimo pensiero autonomo. Triste e squallido, ma tutto sommato innocuo. Anche perché ho detto con grande chiarezza dove mi colloco politicamente: nel centrosinistra». Ma se si continua, conclude, «ci faremo molto male».

«Over the top» in pressing sugli operatori tv tradizionali

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Il tavolo per la resa dei conti è a questo punto apparecchiato. Nessuno nel mondo dei broadcaster si lancia in previsioni su come finirà questo bando per l’ assegnazione dei diritti tv del campionato di serie A nel triennio 2018-21. Del resto l’ esperienza recente (l’ ultima gara è finita nel mirino di Antitrust e Procura di Milano) e quella recentissima (a giugno il primo bando ha registrato un flop) invitano alla cautela. A taccuini chiusi si sposa l’ idea di un’ assegnazione “tradizionale” anche se a valle della trattativa privata (novità di questo bando) da innescare a seguito di offerte sotto i minimi. Uno scenario da partita a scacchi in cui però vanno considerati due spauracchi per i broadcaster: il progetto B del canale della Lega, ma anche il bando per gli intermediari, cui Infront potrebbe rivolgersi in caso di mancanza di risposte adeguate dagli operatori tradizionali. Fra gli elementi di novità e incertezza sono da annoverare anche i nuovi player. L’ interesse di Amazon per la Premier League è indicativo di una strada ormai tracciata. Il pacchetto C, quello per gli Ott, potrebbe essere la porta d’ ingresso dei colossi web nel calcio italiano. Su questo pacchetto, oltre ad attendersi le mosse dell’ inglese Perform, si guarda con attenzione a Tim e Discovery. Nel primo caso, nonostante i niet proclamati nei mesi scorsi e tutti i nodi (divisioni fra collegio sindacale e Cda e all’ interno dello stesso board, con faro della Consob) attorno alla joint venture con Canal +, un’ offerta per portare il calcio su Timvision non viene data per esclusa dagli operatori. Per Discovery, che controlla Eurosport, c’ è qualche possibilità (in realtà non tante) per un’ offerta con la propria piattaforma Eurosport Player. Niente per il lineare, anche perché sarebbe troppo rischioso per un content provider non proprietario di piattaforma che invece, per il proprio canale “Nove” in chiaro, sembra puntare alla Coppa Italia. Intanto Discovery è al lavoro sul “piano B” della Lega Serie A: un canale proprio, lineare. A quel che risulta al Sole 24 Ore, sarebbe tutto sostanzialmente pronto, anche se non è una scelta da poco, quanto a costi e soprattutto perché a “comprarlo” dovrebbero essere poi i broadcaster. Residuale, ma esistente – anche se ne andrebbe verificata poi la compatibilità a norma di legge – l’ eventualità che il canale della Lega possa essere resa B2C. È ovvio comunque che gli occhi sono puntati sui “big”: Mediaset e soprattutto Sky. Nell’ ultimo bando il Gruppo di Cologno si è aggiudicato le partite delle 8 migliori squadre per 373 milioni l’ anno. Il pacchetto B ha una base d’ asta minima di 260 milioni. Va però considerato che in questo pacchetto (come negli altri due per piattaforma) non c’ è la Roma. Altro elemento: i diritti accessori (ad esempio, immagini degli spogliatoi, interviste prima della partita, nell’ intervallo e a fine gara) sono inseriti nel pacchetto Platinum ABC, che può essere acquistato da uno solo tra gli assegnatari dei pacchetti A, B e C, con un prezzo mimino di 50 milioni di euro. Dettaglio non da poco. La pay tv di casa Murdoch ha già messo nel carniere Champions ed Europa League per il prossimi triennio. È evidente, d’ altra parte, che da Sky più che da Mediaset Premium (che per Cologno non è core) ci si attende un’ offerta di calcio completa. Per il bando 2015-2018 Sky si è aggiudicata i diritti di tutta la serie A a 572 milioni l’ anno. Più o meno è la cifra che servirebbe anche in questa tornata. Certo gli investimenti per riportare in casa la Champions sono stati consistenti. Qualcosa tornerà dall’ accordo in dirittura d’ arrivo con la Rai per il chiaro. Ma la partita è aperta. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Diritti tv, la Serie A punta a un bottino di 4,5 miliardi nel triennio 2018-21

Il Sole 24 Ore
Marco Bellinazzo
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Per acquistare tutte le partite del campionato ci vorranno almeno 570 milioni di euro a stagione. È questo il prezzo minimo fissato dalla Lega Serie A e dall’ advisor Infront per poter mettere insieme i diritti di trasmissione domestici delle 380 partite neltriennio 2018/21. Prezzo che sale a 620 milioni completando il quadro con i diritti accessori. Il bando per gli operatori delle tre piattaforme (satellitare, digitale terrestre e Ott, ossia Internet), con i minimi d’ asta è stato pubblicato ieri insieme q quellondo dedicato invece agli intermediari indipendenti, che invece prevede un unico pacchetto con un valore minimo di un miliardo e 50 milioni euro, equivalente al traguardo che la Lega e l’ advisor Infront contano di raggiungere con quest’ asta. Sommando questi soldi a quanto già incassato dall’ amercana Img per i diritti esteri, vale a dire 371 milioni a stagione (oltre ai 340 milioni del pacchetto globale sono stati attribuiti sempre a Img i diritti connessi al betting per 12 milioni e i diritti per le comunità italiane all’ estero a Rai International per 4,5 milioni, cui si aggiungono 7 milioni per la fornitura del segnale e 8 milioni vincolati a investimenti per la promozione del campionato), per la Serie A potrebbe profilarsi un incasso stagionale di 1,5 miliardi per tre anni. Il termine per la presentazione delle offerte è fissato alle 13 del 22 gennaio, e nello stesso giorno verranno aperte le buste con quelle degli operatori tradizionali. L’ assemblea assegnerà subito i diritti tv o procederà con le trattative private il 25 gennaio, e l’ indomani si riunirà nuovamente per valutare le nuove offerte. Se non dovesse andare in porto l’ assegnazione con questo bando, si procederà con quello subordinato, aprendo le busta con le offerte che gli intermediari indipendenti dovranno depositare entro il 22. I pacchetti A e B, rispettivamente per satellitare e digitale terrestre, includono le partite di 8 squadre, fra cui le big Juventus, Napoli, Milan,Inter, Lazio, Fiorentina e due di fascia bassa, per un totale di 248 eventi, e sono quotati 260 milioni di euro. A e B valgono più del pacchetto C, con le stesse partite per la piattaforma Internet e un prezzo minimo di 160 milioni di euro, perché includono anche i diritti a trasmettere in bar e hotel, le immagini salienti delle 132 partite non incluse, diretta gol, integrazioni 4 K, interviste extra mix zone e l’ accesso al campo. I pacchetti D1 e D2 contengono invece le partite in esclusiva delle altre 12 squadre, inclusa Roma, Torino e Cagliari e possono essere acquistati per una qualsiasi delle piattaforme audiovisive. Il D1 comprende le gare in casa della Roma e del Cagliari e le trasferte del Torino, più le partite di altre nove squadre medio-piccole. Il D2 permette invece di trasmettere le trasferte di Roma e Cagliari e le partite in casa del Torino, oltre ai match degli altri nove club inclusi nel D1. Questi due pacchetti sono stati costruiti in maniera da poter essere acquistati insieme: il primo ha nua base d’ asta di 144 milioni; il secondo, invece, vale almeno 166 milioni. I diritti accessori (ad esempio, immagini degli spogliatoi, interviste prima della partita, nell’ intervallo e a fine gara)sono inseriti nel pacchetto Platinum ABC, che può essere acquistato da uno solo tra gli assegnatari dei pacchetti A, B e C, con un prezzo mimino di 50 milioni di euro: per le partite delle 8 squadre in questione, una sola emittente, e non più due come accade ora con Sky (che pagò 572 milioni di euro per l’ intero campionato per il 2015/18) e Mediaset (che spese 373 milioni per le 8 big), potrà avere i bordocampisti. I pacchetti Platinum D1 e Platinum D2 sono stati valutati entrambi 5 milioni di euro, e possono essere acquistati rispettivamente solo dall’ assegnatario del D1 e del D2. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Diritti tv, ok il prezzo è giusto: la Lega fissa il minimo a 570 milioni a stagione

Il Messaggero

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LE CIFRE ROMA Ok, il prezzo è giusto. Ed esattamente è 570 milioni di euro a stagione. Questo il prezzo minimo fissato dalla Lega Serie A per poter acquistare i diritti tv domestici dell’ intero campionato (380 partite) nel triennio 2018/21. Le cifre sono indicate dal bando per i tradizionali operatori della comunicazione (satellitare, digitale terrestre e OTT, ossia la piattaforma Internet), pubblicato sul sito della Lega, assieme a un secondo bando subordinato, dedicato invece agli intermediari finanziari indipendenti, che invece prevede un unico pacchetto con un valore minimo di un miliardo e 50 milioni euro, equivalente al traguardo che la Lega e l’ advisor Infront contano di raggiungere con quest’ asta. Il termine per la presentazione delle offerte è fissato alle 13 del 22 gennaio, e nello stesso giorno verranno aperte le buste con quelle degli operatori tradizionali. L’ assemblea assegnerà subito i diritti tv o procederà con le trattative private il 25 gennaio, e l’ indomani si riunirà nuovamente per valutare le nuove offerte. Se non dovesse andare in porto l’ assegnazione con questo bando, si procederà con quello subordinato, aprendo le busta con le offerte che gli intermediari indipendenti dovranno comunque depositare entro il 22. LA ROMA FINISCE IN D I pacchetti D1 e D2 contengono invece le partite in esclusiva delle altre 12 squadre, inclusa la Roma, e possono essere acquistati per una qualsiasi delle piattaforme audiovisive. Il D1 comprende le gare in casa della Roma e del Cagliari e le trasferte del Torino, più le partite di altre nove squadre medio-piccole. Il D2 permette invece di trasmettere le trasferte di Roma e Cagliari e le partite in casa del Torino, oltre ai match degli altri nove club inclusi nel D1. Questi due pacchetti, come sottolineano fonti che hanno seguito la stesura del bando, sono stati costruiti in maniera da poter essere acquistati insieme. SPOGLIATOI APERTI I diritti accessori (ad esempio, immagini degli spogliatoi, interviste prima della partita, nell’ intervallo e a fine gara) sono inseriti nel pacchetto Platinum ABC, che può essere acquistato da uno solo tra gli assegnatari dei pacchetti A, B e C, con un prezzo mimino di 50 milioni di euro: per le partite delle 8 squadre in questione, una sola emittente, e non più due come accade ora con Sky (che pagò 572 milioni di euro per l’ intero campionato per il 2015/18) e Mediaset (che spese 373 milioni per le 8 big), potrà avere i bordocampisti. I pacchetti Platinum D1 e Platinum D2 sono stati valutati entrambi 5 milioni di euro, e possono essere acquistati rispettivamente solo dall’ assegnatario del D1 e del D2. Il bando per intermediari finanziari indipendenti prevede invece un pacchetto unico, con un prezzo minimo 1 miliardo e 50 milioni di euro, con tutti i benefici proposti ai broadcaster, e specifiche particolari per le sublicenze. © RIPRODUZIONE RISERVATA.


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