Indice Articoli
I dati (fake) dei media e la realtà. Idee contro i professionisti dello sfascio
Nell’ editoria la Cigs apre la strada a esodo e prepensionamenti
Tv, alleanze in vista del 2022
Causa da 1,6 mld contro Spotify
Chessidice in viale dell’ Editoria
Cigs nell’ editoria senza limiti minimi
Wixen, causa da 1,6 miliardi di dollari a Spotify: violati i diritti sui brani di Neil Young e Doors
I dati (fake) dei media e la realtà. Idee contro i professionisti dello sfascio
Il Foglio
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Qualche piccolo esempio di quello che è successo lo scorso anno può essere utile per capire di cosa stiamo parlando. Nel corso del 2017, lo abbiamo visto tutti, la stragrande maggioranza dei programmi di informazione televisiva, in prima e seconda serata, ha raccontato un’ Italia martoriata da tre gravi e irrisolvibili problemi: l’ emergenza sicurezza, l’ emergen za immigrazione, l’ emergenza lavoro. Sulle prime due (presunte) emergenze qualche settimana fa l’ Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca indipendente specializzato nell’ analisi dei media, ha diffuso un dossier interessante che ha descritto proprio la propensione all’ al larmismo dei principali canali di informazione italiani (dai tiggì fino ai talk passando ovviamente per i giornali). “Il 2017 – notano i curatori dello studio – sia nella stampa sia nella tv segna un nuovo passo: una parte significativa della comunicazione evoca dubbio, minaccia, sospetto. La presenza di una narrazione allarmistica è stata rilevata nei casi in cui i titoli -articoli stabiliscono una connessione con il terrorismo, la criminalità, ‘l’ inva sione’, il degrado, la diffusione delle malattie e la minaccia all’ ordine pubblico. La novità del 2017 è che si registrano toni allarmistici nella dimensione dei flussi migratori: le morti in mare, l’ emergenza degli arrivi, la gestione dell’ accoglienza, le difficoltà nella implementazione dei corridoi umanitari sono raccontati appunto con pathos ed enfasi. Nel 2017 aumenta lo spazio di attenzione assegnato ai flussi migratori: quasi una notizia su due è dedicata alla gestione degli arrivi nel Mediterraneo centrale. E cresce la dimensione della criminalità e della sicurezza: quasi dieci punti in più rispetto al 2015. Fa da contraltare una riduzione significativa, un terzo rispetto al 2016, del racconto dell’ accoglienza. La trattazione della criminalità, seconda voce dell’ agenda, è continua su tutto l’ anno. Un fatto di cronaca nera alla fine di agosto – lo stupro di Rimini – occupa la scena mediatica: 137 in poco più di un mese, con picchi di 28 notizie in un giorno”. E sulla stampa, ovviamente, lo schema è identico: “Nel 2017 si registra un significativo incremento dei toni allarmistici: quasi 20 punti in più rispetto all’ anno precedente, dal 27 per cento del 2016 al 43 per cento di quest’ anno. 4 titoli -notizie su 10 hanno un potenziale ansiogeno. Il restante 57 per cento si divide tra la componente rassicurante, con il 5 per cento, e quella neutrale, con il 52 per cento. Altrettanto interessante da rilevare è la diminuzione dei titoli rassicuranti che si riducono della metà, dal 10 per cento del 2016 al 5 per cento del 2017”. L’ Osservatorio di Pavia nota infine un fatto elementare che però visto l’ andazzo italiano tanto elementare non è: “In tv, il 2017 conferma l’ esistenza di una correlazione tra la cornice in cui il fenomeno è raccontato e la percezione dei cittadini di quel fenomeno, in particolare la sicurezza. Tra gennaio e novembre 2017 si registra un incremento della paura nei confronti dei migranti e profughi in associazione alla maggiore presenza di notizie legate alla criminalità e all’ afflusso dall’ Africa sulle nostre coste: il 43 per cento, dieci punti in più rispetto al 2015”. Dato conclusivo: “Sui telegiornali la visibilità del fenomeno migratorio si attesta su 3.713 notizie dedicate al tema dell’ immigrazione, quasi mille notizie in più rispetto al 2016, con un incremento del 26 per cento”. E le stesse proporzioni si trovano nell’ info tainment. “La paura fa ascolti – è la conclusione dello studio – ma essa è spesso provocata da bufale non prontamente smentite, da toni allarmisti, da spettaco larizzazioni strumentali”. La dinamica è dunque chiara, l’ indu stria del rancore non conosce sosta, il mostro dell’ allarmismo non può smettere di essere alimentato ma allo stesso tempo dovrebbe essere evidente che l’ indu stria del rancore non si limita solo a dare spazio eccessivo ad alcuni fenomeni che andrebbero forse ridimensionati ma omette sistematicamente di ricordare che l’ allarmismo è semplicemente fondato sul nulla. Proprio così: sul nulla. Segnatevi questi dati perché nessun talk -show ve li darà mai tutti così in sequenza. Pronti? Via. Nel 2017 in Italia ci sono stati il 9,2 per cento di delitti in meno rispetto al 2016. Gli omicidi sono calati dell’ 11,8 per cento, le rapine del l’ 11 per cento, i furti del 9,1 per cento, le persone espulse per motivi di sicurezza sono state il 62 per cento in più rispetto al 2016, gli sbarchi nel nostro paese sono calati del 34 per cento, il numero dei migranti rimpatriati è aumentato del 19,6 per cento (5.300 nel 2016 a 6.340 nel 2017), le vittime in mare, come ha ricordato Paolo Gentiloni nella conferenza stampa di fine anno, sono diminuite dalle 4.405 del 2016 alle 2.832 del 2017. Avete capito dove vogliamo arrivare: nel 2017, a fronte di una situazione in continuo miglioramento, anche dal punto di vista economico, of course, con il pil in crescita, l’ occu pazione in crescita, la produzione indu striale in crescita, l’ export in crescita, la fiducia dei consumatori in crescita, l’ in formazione televisiva che cosa ha fatto? Facile: ha contribuito ad alimentare ogni giorno una clamorosa e scriteriata industria dello sfascio che al posto di raccontare l’ Italia vera, semplicemente quella, ha raccontato con grande regolarità un’ Italia che non esiste. Il tutto ovviamente in un contesto delirante in cui le stesse trasmissioni che hanno raccontato agli italiani allarmi farlocchi non perdevano occasione per interrogarsi con grande serietà e severità su come combattere i professionisti delle post verità e delle fake news. Ecco. Noi avremmo un piccolo suggerimento per gli amici conduttori dei talk: le fake news sono già tante, e si diffondono con grande capillarità, evitiamo magari di crearle noi. Ed evitiamo di trasformare la prima serata italiana in un fake show a reti unificate nel quale i populismi beceri non possono che inzuppare con facilità il loro biscotto. La verità sull’ anno che è finito e su quello che è cominciato è evidente: le cose potrebbero andare meglio ma nel frattempo non sono andate peggio e sono andate sempre meglio. Sulla sicurezza, sull’ immigrazio ne e sull’ economia. Punto. Sarebbe bello prenderne atto e vedere alla ripresa dei talk un qualche conduttore coraggioso pronto a dire una cosa semplice: scusate, cari telespettatori, ci siamo sbagliati, vi abbiamo raccontato degli allarmi che non esistono, abbiamo alimentato un malumore dannoso per il nostro paese, da oggi però cambiamo registro, da oggi vi raccontiamo l’ Italia che c’ è e che spesso è diversa da quella percepita e da quella che ogni giorno ingrossa l’ industria del malumore. Meno sfascio, più orgoglio. Meno fake show, più real show. Volendo si può fare. Lo spazio c’ è (e la Rai potrebbe persino approfittare di questa situazione per staccarsi dal mucchio disfattista e farci quasi ri -affezionare all’ idea di servizio pubblico). E allora. Caro Urbano Cairo, caro Pier Silvio Berlusconi, caro Mario Orfeo, allora perché non provarci davvero? Perché non provarci subito? Perché lasciare confinato l’ orgoglio italiano in due prime serate all’ anno? Pensiamoci bene prima di regalare il paese ai campioni della bufala e ai professionisti dell’ Italia sfascista.
Wixen contro Spotify
Il Mattino
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Wixen Music contro Spotify. L’ editore musicale americano ha citato in giudizio il colosso svedese dello streaming musicale per violazione del diritto d’ autore, chiedendo un risarcimento monstre di 1,6 miliardi di dollari. Secondo Wixen Music Publishing, Spotify ha utilizzato migliaia di canzoni, compresi titoli di Tom Petty, Neil Young e The Doors, senza pagare il dovuto alla società. Come si legge nella documentazione presentata a un tribunale della California «prima di lanciare il servizio negli Stati Uniti, Spotify ha siglato accordi con le etichette musicali per ottenere i diritti, quello che non ha fatto è stato ottenere i diritti equivalenti sulle composizioni», si legge. Spotify, offre accesso a oltre 30 milioni di pezzi, e gli utenti attivi (a giugno) superavano quota 140 milioni e gli abbonati sono 60 milioni. I contenziosi legali, comunque, non intaccano il successo di Spotify. Che, secondo alcune indiscrezioni, è pronta a sbarcare a Wall Street. La società avrebbe fatto richiesta presso la Sec per la quotazione «diretta» (Dpo). A differenza di una Ipo tradizionale, con una Dpo non ci sarebbe alcun road show, non ci sarebbe l’ emissione di nuovi titoli, nessuna banca di investimento verrebbe coinvolta e non ci sarebbero underwriter nè periodi di lock-up. Ciò permetterebbe a Spotify di quotarsi, entro marzo, spendendo poco.
Nell’ editoria la Cigs apre la strada a esodo e prepensionamenti
Il Sole 24 Ore
Antonino CanniotoGiuseppe Maccarone
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Da quest’ anno sono in vigore le nuove regole in materia di trattamenti di integrazione salariale straordinaria (Cigs) per le imprese editrici. La nuova regolamentazione, declinata dall’ articolo 25 bis del Dlgs 148/15, è stata ridefinita dal Dlgs 69/17 (si veda «Il Sole24Ore» del 13 dicembre). Di recente, il ministero del Lavoro ha pubblicato, nell’ apposita sezione del proprio sito, il decreto interministeriale, previsto dal comma 10 del citato articolo 25-bis, che definisce i criteri per il riconoscimento del trattamento Cigs, ai lavoratori dipendenti da imprese appartenenti al settore dell’ editoria. Sulla materia, inoltre, il dicastero di via Flavia ha anche pubblicato la circolare 21/17. Il ricorso alla Cigs è possibile per le seguenti causali: riorganizzazione aziendale per crisi; crisi aziendale, compresi i casi di cessazione dell’ attività produttiva dell’ azienda o di un ramo di essa anche in costanza di fallimento; contratto di solidarietà difensivo (Cds). Al trattamento possono fare ricorso, a prescindere dal requisito occupazionale in genere previsto dalla norma (oltre 15 dipendenti), le imprese editrici o stampatrici di giornali quotidiani, di periodici e le agenzie di stampa a diffusione nazionale. La cassa può riguardare i giornalisti professionisti, i pubblicisti, i praticanti e i dipendenti, compresi i lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante. È necessaria un’ anzianità aziendale di almeno 90 giorni presso l’ unità produttiva per cui si richiede la Cigs. L’ intervento di integrazione salariale per riorganizzazione e crisi può essere richiesto per un massimo di 24 mesi anche continuativi. In caso di ricorso alla cassa per Cds, i limiti temporali sono quelli stabiliti dalla disciplina generica (in genere 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile; a determinate condizioni, il limite può raggiungere i 36 mesi). In tutto, per ciascuna unità produttiva, il trattamento di integrazione salariale straordinaria non può, comunque, superare la durata complessiva di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. A tale riguardo, valgono i periodi dal 1° gennaio 2018, anche se riferiti a trattamenti già in corso o richiesti antecedentemente. Il decreto, come anticipato, si preoccupa di definire (articoli 6 e 7) i criteri di ammissione relativi alla causali di accesso alla Cassa. I giornalisti professionisti iscritti all’ Inpgi, che siano stati sospesi o abbiano fruito della Cassa per la causale di riorganizzazione in presenza di crisi per almeno tre mesi, anche non continuativi, nell’ arco dell’ intero periodo autorizzato, hanno la facoltà di optare per la liquidazione anticipata della pensione di vecchiaia, se in possesso dei requisiti previsti dalla legge 416/81. L’ opzione è esercitabile limitatamente al numero di unità ammesse dai competenti dicasteri (Lavoro-Economia), a seguito del recepimento in sede governativa degli accordi ministeriali e in relazione alle risorse finanziarie disponibili. L’ accesso al trattamento pensionistico anticipato preclude ai giornalisti la possibilità di instaurare o mantenere rapporti di lavoro. Infine, riguardo al procedimento da seguire per richiedere la Cigs (per esempio termini e modalità di trasmissione delle istanze), il decreto rinvia alla disciplina ordinaria (articolo 25 Dlgs 148/15). I poligrafici, durante la fruizione di ognuna delle causali di accesso all’ ammortizzatore sociale, possono accedere sia all’ esodo che al prepensionamento, fermi restando i criteri di cui alla legge 416/81. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Tv, alleanze in vista del 2022
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Si parte: con l’ approvazione della legge di Bilancio 2018 e l’ inizio del nuovo anno è anche cominciato il processo che cambierà il panorama televisivo nei prossimi quattro anni. Perché se è vero che gli attori nazionali rimarranno gli stessi, la liberazione della banda 700, la porzione di frequenze che dovrà essere messa a gara per le telecomunicazioni mobili in 5G, comporterà parecchi cambiamenti. Gli operatori nazionali, oltre a dover investire per la transizione alle nuove tecnologie di trasmissione, saranno portati a fare alleanze fra loro per avere le frequenze, uno scenario in cui si inserisce anche l’ interesse di Mediaset e Rai per Persidera. Le emittenti locali dovranno invece lasciare gli attuali spazi per essere trasportati da nuovi operatori. E da tutto questo cambiamento non usciranno indenni nemmeno le case degli italiani. Secondo quanto previsto dalla legge di Bilancio (un processo voluto dall’ Unione Europea) di qui al 2022 ci sarà un grande trasloco delle emittenti televisive. Come quello di una famiglia numerosa che a un certo punto viene sfrattata dalla grande casa in cui abita perché il proprietario ha bisogno di dividerla ed assegnarne una metà ad altri inquilini: la famiglia mette a disposizione i propri spazi, qualcuno si sistema alla meglio durante i lavori e poi ciascuno va a prendere posto nella metà rimasta dove le camere sono state divise e i mobili ridotti per farci stare più persone. Gli operatori di rete, i soggetti che oggi detengono i diritti d’ uso delle frequenze televisive, dovranno rilasciarle tutte perché quelle dai 694 ai 790 Mhz andranno alle tlc e alla tv resteranno quelle fra i 470 e i 694 Mhz. Gli spazi saranno in pratica dimezzati fino ad arrivare a 14 frequenze (più una in banda III). Come si fa a far stare tutti là dentro? Utilizzando una nuova tecnologia del digitale terrestre, il Dvb-t2, unita a un sistema di compressione del segnale più avanzato di quello attuale, l’ Hevc (anche se quest’ ultima cosa, il codec, non è specificata nella legge di Bilancio). Di qui alcune conseguenze. Una è per i consumatori: oggi la maggior parte dei televisori non ha la possibilità di ricevere il Dvb-t2, obbligatorio sui prodotti dallo scorso anno con codec Hevc. Per questo nella norma sono previsti 100 mln di contributi agli utenti finali. La seconda conseguenza è per gli operatori nazionali: i loro diritti d’ uso delle frequenze saranno trasformati in diritti d’ uso di capacità trasmissiva in Dvb-t2, proprio perché in una frequenza attuale si avrà più spazio per trasmettere, teoricamente il doppio se viene usato il codec Hevc. Solo successivamente saranno riassegnati i diritti d’ uso delle frequenze, sulla base di quanto se ne occupa con la nuova tecnologia. Discorso a parte per le tv locali: indennizzo da 304,2 milioni per rilasciare le frequenze, poi beauty contest per individuare i nuovi operatori che le trasporteranno. Per gli operatori di rete nazionali però non finisce qui, come detto. Oggi ci sono Rai, Mediaset e Persidera con cinque multiplex ciascuno. Poi Cairo, Dfree, H3G, Europa7 e Retecapri, con un multiplex ciascuno. Ebbene, assegnati i diritti d’ uso di capacità trasmissiva con la conversione in diritti d’ uso delle frequenze sarà necessario formare alleanze per averle dal ministero praticamente. Chi infatti parte da una capacità trasmissiva, poniamo, pari a metà di una frequenza (se la conversione sarà di 0,5 per 1) dovrà fare un consorzio con chi ne ha un’ altra metà, a quel punto otterrà dal ministero la frequenza su cui trasmettere. Tutto questo non è esplicitato nella legge di Bilancio, ma nel disegno alla base c’ è. In quest’ ambito Mediaset è il soggetto che ha la posizione privilegiata nelle alleanze perché anche attraverso la sua società delle torri, EiTowers, già fornisce i propri servizi alla maggior parte degli altri operatori di rete: alla Cairo Communication realizza il multiplex di La7 in full service, poi gestisce in parte anche Dfree, H3G e Retecapri. Rai, invece, con Raiway ha alcuni clienti regionali ma lavora principalmente per se stessa. Chiaro che con questi presupposti sembra più facile che Mediaset riesca a formare uno o più consorzi necessari per avere assegnata le frequenze ed esercitare tutta la propria capacità trasmissiva. C’ è però un altro attore non citato prima: Persidera. Ora si può capire quale possa essere l’ interesse di Rai e Mediaset, attraverso le proprie società delle torri, a essere a fianco di chi si aggiudicherà l’ operatore di rete di Tim e del gruppo Gedi (loro non potrebbero comprarlo direttamente perché non possono superare i 5 mux). Da una parte significherebbe avere un cliente con 5 multiplex per EiTowers o Raiway, dall’ altra avere un peso maggiore nelle alleanze di cui si è parlato. Oggi Persidera è in parte cliente di EiTowers, in parte di RaiWay e in parte di Telecom stessa. Un po’ a metà, insomma. Ad aver manifestato interesse per l’ acquisizione ci sono anche il fondo F2i e Discovery, che potranno spostare la bilancia da una parte o dall’ altra. Quella di Persidera, però, potrebbe essere una partita che pone le basi per un’ evoluzione ancora più futuristica del settore: la nascita di un operatore unico della rete. Una società unica che gestirebbe le frequenze partecipata da tutti coloro che ne hanno i diritti d’ uso e che diventerebbero operatori virtuali. Attenzione: tutto questo oggi non è assolutamente nell’ agenda della politica né le norme nella legge di Bilancio lo ipotizzano. Inoltre si parla di operatore di rete unico non di operatore delle torri unico, una cosa che sarebbe possibile già da subito unendo RaiWay ed Ei Towers. Fra i player del settore, però, si comincia già a ipotizzare tutto questo, in vista di un futuro in cui le frequenze terrestri ci saranno ancora ma avranno molto meno rilievo rispetto a oggi. © Riproduzione riservata.
Causa da 1,6 mld contro Spotify
Italia Oggi
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Spotify è stata citata in giudizio da Wixen Music Publishing per violazione del copyright, con una richiesta di risarcimento danni di 1,6 miliardi di dollari (circa 1,3 miliardi di euro). La società di streaming musicale è accusata infatti di aver usato migliaia di canzoni senza licenza e compenso per l’ editore. Wixen Music Publishing è licenziataria esclusiva di oltre 10 mila canzoni, di 200 autori, tra cui Tom Petty, Neil Young, Missy Eliott, The Beach Boys, Janis Joplin e the Doors. Wixen chiede un risarcimento di 150 mila dollari (circa 124,7 mila euro) per canzone, il massimo riconoscimento possibile ai sensi della legge sul copyright degli Stati Uniti. Ci sono due diritti d’ autore separati per ogni canzone registrata: uno per la registrazione del suono e uno per la composizione musicale (le parole della canzone e la notazione musicale). Nell’ atto di citazione della causa (depositato il 29 dicembre), Wixen accusa Spotify di aver «preso una scorciatoia». Secondo l’ accusa, avrebbe contattato le maggiori etichette per ottenere i diritti necessari per le registrazioni audio delle canzoni, ma non ha ottenuto i diritti equivalenti per le composizioni. Una vicenda, che per il momento Spotify preferisce non commentare. La causa è solo l’ ultima delle grane legate al copyright che sta affrontando il servizio di streaming musicale. A maggio, la società con base a Stoccolma ha risolto con una transazione da 43 milioni di dollari (35,7 mln di euro) una class action collettiva: un gruppo di cantautori l’ aveva accusata di usare le loro canzoni senza licenza e senza pagare royalties. Ma ci sono altre tre cause depositate in Tennessee contro Spotify e anche in questo caso autori di canzoni e editori musicali accusano la società di utilizzare canzoni senza pagare royalties. Tutto questo mentre Spotify (valore attuale 19 miliardi di dollari, 15,8 mld di euro, cresciuta del 20% nel 2017) ha in programma per il 2018 la quotazione alla Borsa di New York.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Contributi radio tv locali, le domande 2017 da presentare entro il 31 gennaio. Dal 2 al 31 gennaio 2018 è possibile presentare le domande per accedere ai contributi destinati alle tv locali e alle radio relative all’ anno 2017. La presentazione delle domande di contributo deve avvenire esclusivamente con procedura telematica, utilizzando la piattaforma Sicem. I contributi sono destinati all’ emittenza locale e vengono concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all’ occupazione, dell’ innovazione tecnologica e della qualità dei programmi e dell’ informazione anche sulla base dei dati di ascolto, così come previsto dal nuovo regolamento approvato in attuazione delle disposizioni contenute nella legge di Stabilità 2016. Intanto il Mise ha reso noti i dati relativi ai contributi dell’ anno 2016, il cui termini di presentazione delle domande è scaduto il 21 dicembre scorso. Le 1.001 domande ricevute sono suddivise tra 184 tv locali commerciali, 211 tv locali comunitarie, 301 radio locali commerciali e 305 radio locali comunitarie. Il Mise dovrà ora verificare la regolarità e la completezza della documentazione presentata e successivamente predisporre le graduatorie dei soggetti aventi diritto ai contributi. Rai, 5,5 milioni spettatori per Napoli-Atalanta. Successo l’ altroieri per il quarto di finale di Tim Cup Napoli-Atalanta trasmessa da Rai 1 in prima serata: 5 milioni 479 mila telespettatori di ascolto medio con il 21,12% di share. Si tratta del programma più visto della serata superato, nella giornata, solo dal TG1 delle 20 che ha registrato 6 milioni 29 mila ascoltatori con il 25,30% di share. Su Rai2 il film Una notte al museo ha raggiunto 2 milioni 244 mila spettatori e uno share dell’ 8.90. Su Rai3 Inviati speciali ha totalizzato 1 milione 496 mila spettatori e uno share del 5,98% e in prima serata il film Tristano & Isotta 992 mila e uno share del 4,17%. Da segnalare nel day time della mattina su Rai1 Storie italiane con 1 milione 465 mila spettatori e uno share del 20,61% e a seguire Buono a sapersi con 1 milione 264 mila e il 15,29%. In totale le reti Rai in prima serata hanno raggiunto 11 milioni 314 mila spettatori e uno share del 43,52%, in seconda serata 4 milioni 131 mila spettatori e il 33,12% e nell’ intera giornata 4 milioni 301 mila e il 38,26% di share. Giornalisti, Delli Colli presidente del Sngci. Laura Delli Colli è stata riconfermata fino alla fine del 2020 alla presidenza del Sngci, il sindacato dei giornalisti cinematografici italiani. Lo ha deciso all’ unanimità, dopo il verdetto elettorale dei giorni scorsi, il nuovo direttivo del sindacato nel quale sono confermati anche Fulvia Caprara (vicepresidente, La Stampa), Paolo Sommaruga (Tg1), Oscar Cosulich (Il Mattino-l’ Espresso) e Stefania Ulivi (Corriere della Sera). Il direttivo ha rinnovato a Romano Milani l’ incarico di segretario generale e amministratore e nominato Franco Mariotti sindaco unico. Nel 2017 sui media ha vinto Marchionne. Il ceo di Fca Sergio Marchionne nel 2017 è stato più citato sui media italiani tra i manager e gli imprenditori, raccogliendo oltre 20 mila (20.259) menzioni, quasi il doppio rispetto a quelle del presidente di Rcs e Cairo Communication Urbano Cairo (12.353) e del presidente di Fca John Elkann (11.663), rispettivamente secondo e terzo in questa speciale graduatoria. A mettere in evidenza i risultati è il monitoraggio svolto da Mediamonitor su tecnologia e soluzioni sviluppate da Cedat 85 su oltre 1.000 fonti d’ informazione fra carta stampata (quotidiani e periodici), quotidiani locali, siti di quotidiani, principali radio e tv, blog, siti d’ informazione online. Al quarto posto della classifica c’ è il commissario straordinario di Alitalia Luigi Gubitosi, che con le sue 8.755 menzioni doppia il fondatore di Eataly Oscar Farinetti (4.756). Il ritorno in borsa di Pirelli aiuta il vicepresidente e a.d. del gruppo Marco Tronchetti Provera (4.315) a salire al sesto posto della graduatoria. Tra coloro che hanno ricevuto più menzioni ci sono anche Luca Cordero di Montezemolo (4.027) e Vincent Bolloré, presidente di Vivendi, protagonista delle cronache finanziare per il contenzioso con Mediaset. Al nono posto della classifica, con 3.398 citazioni, si posiziona Diego Della Valle, il patron di Tod’ s che di recente ha inaugurato uno stabilimento ad Arquata del Tronto. Nel 2017 il nome del presidente dell’ Eni Emma Marcegaglia è ricorso 2.698 volte sui media, più del presidente di Mediaset Fedele Confalonieri (1.812) e Luciano Benetton (1.176).
Hearst, 2017 in utile
Italia Oggi
MARCO LIVI
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Il gruppo americano Hearst ha realizzato utili record per il settimo anno consecutivo. L’ annuncio è stato fatto dal ceo di Hearst Steven R. Swartz nella sua lettera annuale ai dipendenti. Merito però delle aziende che operano nel settore dei dati finanziari per professionisti e aziende e del software più che di quelle dei media per i clienti consumer. Del portafoglio di Hearst fanno infatti parte Fitch Group (ratings), la società di sicurezza aerea Camp acquisita a fine 2016, così come Hearst Health, il portafoglio di sei aziende sanitarie e il gruppo automobilistico Hearst Transportation, tutte attività che rientrano nella divisione Business Media arrivata a generare il 28% dei profitti totali. Hearst ha scommesso molto in quest’ ambito, tanto che Swartz si rammarica che nel 2017 «non siamo riusciti a fare un’ altra grande acquisizione in questo settore». I ricavi totali del gruppo sono stati di 10,8 miliardi di dollari (9 mld di euro), anche con il calo atteso della Hearst Television, che ha raggiunto i massimi storici nel 2016 grazie alle elezioni presidenziali e alle Olimpiadi. «Il 2017», ha detto Swartz, «è stato un altro grande anno per i consumatori di prodotti multimediali, ma meno per chi è fornitore di tali contenuti. Mentre le piattaforme come Google, Facebook, Amazon e Netflix hanno prosperato attraverso il dominio nei canali di pubblicità ed e-commerce, molti media hanno faticato per ottenere la loro parte della torta pubblicitaria e i consumatori hanno acquistato meno pacchetti televisivi o abbonamenti a riviste». Eppure qualche soddisfazione Hearst ce l’ ha anche in quest’ ambito: se non fosse stato per l’ uragano che ha colpito Houston e Beaumont, Hearst Newspapers avrebbe registrato il suo sesto anno consecutivo di incrementi di utili «dopo anni di lotte quando internet ci ha tolto gran parte della pubblicità di annunci». Le chiavi della ripresa sono stati «prodotti editoriali locali unici, un enorme lavoro dei venditori locali, innovazioni digitali e l’ impegno dei nostri lettori a pagarci un prezzo equo per i prodotti consegnati ogni giorno alla propria porta e ai propri dispositivi mobili». Ora spetta alle riviste e alla televisione via cavo (Espn e A&E in società con Disney). Già fra le riviste sono stati fatti tanti lanci, «eppure», ha precisato il ceo, «abbiamo bisogno che i lettori paghino di più per il prodotto. E dobbiamo trovare un modo per far funzionare i prodotti di abbonamento digitale come accade per i giornali». In quest’ ambito Hearst a fine 2017 ha concordato l’ acquisto del business delle riviste di Rodale, da Men’ s Health a Women’ s Health and Prevention. © Riproduzione riservata.
Cigs nell’ editoria senza limiti minimi
Italia Oggi
DANIELE CIRIOLI
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La Cigs per crisi in editoria anche alle mini imprese. Dal 1° gennaio, infatti, anche le imprese con meno di 15 dipendenti possono fare richiesta di riconoscimento del trattamento di cassa integrazione salariale per riorganizzazione aziendale, crisi aziendale o accordo di solidarietà difensivo. A stabilirlo è il decreto ministeriale n. 100495/2017 illustrato dal ministero del lavoro con la circolare n. 21/2017 (pubblicata sul sito www.italiaoggi.it). Le istruzioni, che riguardano i criteri per il riconoscimento della Cigs ai lavoratori occupati nel settore dell’ editoria, interessano le imprese editrici o stampatrici di giornali quotidiani, di periodici e le agenzie di stampa a diffusione nazionale, che possono far ricorso all’ integrazione salariale straordinaria a favore dei giornalisti professionisti, dei pubblicisti, dei praticanti e dei dipendenti, compresi i lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante. Particolarità rilevante è la non applicazione del requisito occupazionale minimo per il diritto alla Cigs, per cui possono accedervi anche le imprese che occupano meno di 15 dipendenti. La Cigs può essere chiesta per riorganizzazione aziendale in presenza di crisi; crisi aziendale, compresi i casi di cessazione dell’ attività produttiva dell’ azienda o di un ramo di essa anche in costanza di fallimento; contratto di solidarietà difensivo. Nei primi due casi la durata massima dell’ intervento di integrazione salariale è di 24 mesi, anche continuativi. In caso di richiesta per accordo di solidarietà difensiva, invece, la Cigs può arrivare fino a 36 mesi. Nel calcolo della durata massima complessiva sono considerati esclusivamente i periodi di cassa integrazione salariale straordinaria utilizzati dal 1° gennaio 2018, anche se relativi a trattamenti già in corso a tale data o a domande presentate prima di tale data. Per accedere alla Cigs occorre fare apposita domanda al ministero del lavoro, seguendo l’ ordinaria procedura telematica. Alla domanda dovrà essere allegata specifica documentazione comprovante i requisiti fissati dal decreto per ciascuna delle causali di intervento come indicato in tabella.
Sergio Marchionne campione di citazioni sui media nel 2017. Dopo il ceo Fca anche Urbano Cairo John Elkann
Prima Comunicazione
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Sergio Marchionne nel 2017 e’ stato l’ imprenditore piu’ citato sui media italiani, raccogliendo oltre 20 mila (20.259) menzioni, quasi il doppio rispetto a quelle di Urbano Cairo (12.353) e John Elkann (11.663), rispettivamente secondo e terzo in questa speciale graduatoria. A mettere in evidenza questi risultati e’ il monitoraggio svolto da Mediamonitor su tecnologia e soluzioni sviluppate da Cedat 85 su oltre 1.000 fonti d’ informazione fra carta stampata (quotidiani e periodici), quotidiani locali, siti di quotidiani, principali radio e tv, blog, siti d’ informazione online. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca (foto Olycom) Mediamonitor ha raccolto dal 1 gennaio 2017 al 20 dicembre 2017 le citazioni che riguardano i principali politici, artisti e dei protagonisti del mondo calcio sui mezzi d’ informazione italiani. Al quarto posto della classifica degli imprenditori piu’ citati troviamo il commissario straordinario di Alitalia, Luigi Gubitosi, che con le sue 8.755 menzioni ‘doppia’ il promotore del buon cibo italiano nel mondo, Oscar Farinetti (4.756). Il ritorno in borsa di Pirelli aiuta Marco Tronchetti Provera (4.315) a salire al sesto posto della graduatoria elaborata da Mediamonitor. Tra i principali imprenditori che hanno ricevuto piu’ menzioni sui media italiani ci sono anche Luca Cordero di Montezemolo (4.027) e Vincent Bollore’, presidente di Vivendi, protagonista delle cronache finanziare per il contenzioso con Mediaset. Al nono posto della classifica, con 3.398 citazioni, si posiziona Diego Della Valle, che di recente ha inaugurato uno stabilimento Tod’ s ad Arquata del Tronto. Nel 2017 il nome di Emma Marcegaglia e’ ricorso 2.698 volte sui media, piu’ di Fedele Confalonieri (1.812) e Luciano Benetton (1.176). (AGI)
Wixen, causa da 1,6 miliardi di dollari a Spotify: violati i diritti sui brani di Neil Young e Doors
Il Messaggero
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IL CONTENZIOSO ROMA Wixen Music contro Spotify. L’ editore musicale americano ha citato in giudizio il colosso svedese dello streaming musicale per violazione del diritto d’ autore, chiedendo un risarcimento monstre di 1,6 miliardi di dollari. Secondo Wixen Music Publishing, Spotify ha utilizzato migliaia di canzoni, compresi titoli di Tom Petty, Neil Young e The Doors, senza una licenza adeguata e senza pagare il dovuto alla società. Come si legge nella documentazione presentata a un tribunale della California, Wixen chiede danni per almeno 1,6 miliardi di dollari. «Prima di lanciare il servizio negli Stati Uniti, Spotify ha siglato accordi con le etichette musicali per ottenere i diritti appropriati sulle musiche delle canzoni. Quello che non ha fatto è stato ottenere i diritti equivalenti sulle composizioni», si legge. Spotify, offre accesso a oltre 30 milioni di pezzi, e a giugno dello scorso anno gli utenti attivi superavano quota 140 milioni e gli abbonati erano oltre 60 milioni. Per Spotify non è il primo problema legale in materia di licenze. Nel maggio scorso la compagnia di Stoccolma si è accordata per un pagamento da 43 milioni di dollari volto a evitare una class action capitanata dagli autori David Lowery e Melissa Ferrick. A luglio, invece, sempre per via dei diritti sono arrivate le cause di due editori musicali di Nashville, Rob Gaudino e Bluewater Music. I contenziosi legali, comunque, non intaccano il successo di Spotify. Che, secondo alcune indiscrezioni, è pronta a sbarcare a Wall Street. La società avrebbe fatto richiesta presso la Securities and Exchange Commission per la quotazione diretta (Dpo). A differenza di una Ipo tradizionale, con una Dpo non ci sarebbe alcun road show, non ci sarebbe l’ emissione di nuovi titoli, nessuna banca di investimento verrebbe coinvolta e non ci sarebbero underwriter né periodi precisi di lock-up. Ciò permetterebbe a Spotify di quotarsi spendendo poco e i suoi investitori esistenti non si vedrebbero diluire la loro partecipazione. Stando ad Axios, l’ arrivo in Borsa di Spotify ci sarà nel primo trimestre del 2018. M. Ver.