Indice Articoli
Cinque governatori nell’ Osservatorio Giovani-Editori
Un supercomitato dei governatori per l’ educazione finanziaria europea
Osservatorio Giovani-Editori entrano cinque governatori
chessidice in viale dell’ editoria
Lux Vide, i ricavi crescono a 65 mln
Mediaset al rilancio sulla fiction
Il Gazzettino si fa più grande
Un murale peri 25 anni di Cartoon Network
Nasce terzo big dell’ editoria francese
Giornali snelli e specializzati
Cinque governatori nell’ Osservatorio Giovani-Editori
Il Sole 24 Ore
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I governatori di cinque banche centrali dell’ Eurozona saranno i primi componenti effettivi dell’ international advisory board dell’ Osservatorio permanente Giovani-Editori, organo appena costituito per sovrintendere all’ alfabetizzazione economico-finanziaria dei giovani, una «sfida strategica» che si affianca a quella storica sulla media literacy. Si tratta, spiega lo stesso Osservatorio, di Klaas Knot, presidente della Nederlandsche Bank, Luis M. Linde, governatore di Banco de Espana, Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banque de France, Ignazio Visco, governatore della Banca d’ Italia e Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank. I governatori, si spiega in una nota, hanno «formalmente accettato l’ invito del presidente dell’ Osservatorio permanente Giovani-Editori Andrea Ceccherini, entrando in prima persona a far parte del board che avrà tra i suoi compiti quello di tracciare il quadro di riferimento del sistema di valori di matrice europeista ai quali l’ Osservatorio conformerà i propri progetti, di eseguire l’ alta sorveglianza dell’ attuazione dei progetti in coerenza con il sistema di valori dato, nonché di definire le eventuali linee guida del processo di internazionalizzazione dei progetti».
Un supercomitato dei governatori per l’ educazione finanziaria europea
Corriere della Sera
AlessioRib
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Di solito si incontrano a Francoforte, in Germania, nelle stanze della Banca centrale europea, per decidere le sorti economiche dell’ Unione. Adesso, lo faranno anche in Italia, a Firenze, nella sede dell’ Osservatorio permanente giovani-editori (Opge), presieduto da Andrea Ceccherini. Klaas Knot (presidente della Nederlandsche Bank), Luis Maria Linde (governatore del Banco de España), Francois Villeroy de Galhau (governatore della Banque de France), Ignazio Visco (governatore della Banca d’ Italia) e Jens Weidmann (presidente della Deutsche Bundesbank) hanno accettato di far parte del board la cui missione è quella di sovrintendere una delle due sfide dell’ Opge: l’ alfabetizzazione economico-finanziaria dei giovani che si affianca a quella storica del «Quotidiano in classe». I cinque economisti, in particolare, dovranno tracciare il quadro di riferimento del sistema di valori, di matrice europeista, ai quali l’ Opge conformerà i propri progetti. Inoltre, dovranno vigilare sulla loro realizzazione e dovranno definire le eventuali linee guida del processo di internazionalizzazione che rappresenta sempre più la cifra del futuro dell’ Osservatorio, fondato da Andrea Ceccherini nel 2000. Del resto, era stata anche la presenza di personalità di spicco dell’ economia mondiale come Knot, Linde, Villeroy de Galhau, Visco e Weidmann che aveva avviato questo percorso dialogando a Firenze, da pari a pari, con i ragazzi che partecipano a «Young Factor»: il progetto di alfabetizzazione economico-finanziario che coinvolge mezzo milione di studenti della scuola secondaria superiore. Con il loro ingresso nel board si completa di fatto l’ assetto della struttura che aveva già nominato l’ International advisory council a cui partecipano i direttori esecutivi di New York Times, The Wall Street Journal e Los Angeles . La loro missione, invece, è quella di vigilare sul processo di internazionalizzazione dei progetti di media literacy e in particolare contro le fake news . Il prossimo appuntamento dell’ Osservatorio permanente giovani-editori è fissato per il prossimo 13 ottobre a Firenze quando il ceo di Apple, Tim Cook, aprirà i festeggiamenti per il diciottesimo anniversario con Andrea Ceccherini. Il numero uno dell’ azienda di Cupertino sarà l’ ospite d’ eccezione che inaugurerà i lavori del nuovo anno dedicato a favorire un moderno percorso di cittadinanza dei giovani .
Osservatorio Giovani-Editori entrano cinque governatori
Il Messaggero
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ADVISORY BOARD ROMA Saranno i Governatori di cinque tra le maggiori banche centrali delle principali economie dell’ Eurozona i primi componenti effettivi dell’ International Advisory Board dell’ Osservatorio Permanente Giovani-Editori. L’ organo è stato appena costituito per sovrintendere una delle due sfide strategiche dell’ organizzazione: l’ alfabetizzazione economico-finanziaria dei giovani. Klaas Knot (presidente della Nederlandsche Bank), Luis M. Linde (governatore del Banco de Espana), Francois Villeroy de Galhau (governatore della Banque de France), Ignazio Visco (governatore della Banca d’ Italia) e Jens Weidmann (presidente della Deutsche Bundesbank) hanno accettato l’ invito del presidente dell’ Osservatorio Permanente Giovani-Editori Andrea Ceccherini. Tra i compiti del board quello di tracciare il quadro di riferimento del sistema di valori di matrice europeista ai quali l’ Osservatorio conformerà i propri progetti, di eseguire l’ alta sorveglianza dell’ attuazione dei progetti in coerenza con il sistema di valori dato, nonché di definire le eventuali linee guida del processo di internazionalizzazione dei progetti dell’ organizzazione.
chessidice in viale dell’ editoria
Italia Oggi
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Il Tirreno, edizione speciale per i Rolling Stones a Lucca. Il quotidiano toscano uscirà domani con un’ edizione arricchita da una sopracopertina e un inserto speciale di 16 pagine dedicate alla band. La sopracopertina è stata disegnata per l’ occasione da giovani artisti lucchesi e conterrà i contributi degli scrittori Flavia Piccinni e Giampaolo Simi. Nell’ inserto verranno invece raccontati gli Stones secondo diversi punti di vista. Google tratta con gli editori per migliorare gli abbonamenti. Google è in trattativa con tre gruppi editoriali con l’ intento di aiutarli a migliorare i ricavi da loro generati dalle attività giornalistiche. New York Times, Financial Times e News Corp starebbero lavorando a strumenti che, sfruttando i dati degli utenti Google e l’ intelligenza artificiale, permettano di affinare la vendita di abbonamenti rendendoli «su misura». La tecnologia che Google sta sviluppando userà i dati raccolti dalla piattaforma tramite le ricerche individuali degli utenti per riproporre annunci in linea con i loro interessi.
Lux Vide, i ricavi crescono a 65 mln
Italia Oggi
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La fiction L’ Isola di Pietro, al via domenica 24 settembre su Canale 5, è prodotta dalla Lux Vide di Matilde e Luca Bernabei. Una società che sta provando a diversificare il suo business nonostante «il 60-65% dei ricavi arrivi ancora dalle produzioni per Rai (da Don Matteo a I Medici, passando da Che Dio ci aiuti, o Un passo dal cielo, fino a Sotto copertura, ndr)», spiega l’ amministratore Luca Bernabei, «ed è ancora un po’ troppo». La Lux Vide chiuderà il 2017 con ricavi per 65 milioni di euro, in forte crescita rispetto ai 58 milioni del 2016 e ai 44,8 milioni del 2015. E pure nell’ esercizio 2017 staccherà dividendi per gli azionisti, dopo i 600 mila euro distribuiti per il 2016. «Restiamo una casa di produzione nazional-popolare», sottolinea Bernabei, «ma con i nostri 20 autori interni stiamo lavorando allo sviluppo di serialità pure per Netflix e Amazon. Abbiamo individuato tre filoni, il medical, il legal, l’ investigativo, e bisogna trovare temi forti che giustifichino il fatto di girare qui in Italia, seppur recitando in lingua inglese».
Mediaset al rilancio sulla fiction
Italia Oggi
PAGINA A CURA DI CLAUDIO PLAZZOTTA
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Daniele Cesarano, il prossimo novembre, compirà il suo primo anno di direzione della fiction di Mediaset. Un business che negli ultimi tempi è stato un po’ un tasto dolente del Biscione, con ascolti mediamente bassi se paragonati a quelli della fiction Rai. Va anche sottolineato che la fiction Mediaset è rimasta stretta da una morsa difficile da contrastare: da un lato la Rai destina budget notevoli alla serialità, con 223 milioni di euro nel 2016 e 195 milioni nel 2017, mentre Mediaset negli ultimi esercizi vivacchia sotto i 100 milioni di euro all’ anno; dall’ altro è stata proprio la fiction Mediaset la più colpita dalla concorrenza delle serie di Sky, di Netflix, e dallo streaming in generale. Cesarano ha scritto serie cult come Romanzo Criminale, Suburra per Netflix, e film come Acab, «anche se a tutti ho sempre detto che il lavoro di cui andavo più fiero era Distretto di polizia per Mediaset». Su Canale 5 domenica 24 settembre partono le sei puntate de L’ isola di Pietro, con un big come Gianni Morandi che torna alla fiction dopo vent’ anni. Ma tutta l’ infilata di serialità del Biscione di qui ai prossimi mesi (da Le tre rose di Eva a Rosy Abate, da Liberi sognatori a Ultimo e Immaturi la serie) non è ancora frutto del lavoro di Cesarano, tenuto conto dei lunghi tempi che intercorrono da quando una fiction viene pensata a quando viene finalmente trasmessa in tv. «Innanzitutto, dobbiamo ricordare che tutti gli autori che ora fanno le serie più cool vengono da Mediaset», spiega Cesarano, «che è sempre stata un’ avanguardia di innovazione linguistica sul fronte della fiction in Italia. Ora c’ è stato un breve ciclo meno positivo degli altri, ma credo sia nelle cose. Avendo un pubblico più giovane, Mediaset ha sofferto molto più di Rai la concorrenza di Sky, di Netflix, di Amazon, dello streaming. Ma noi dobbiamo comunque produrre grande serialità per una televisione generalista in chiaro. Le nicchie se le possono permettere altri. Per noi i benchmark sono comunque le grandi serie che vanno in onda nel mondo sulle tv in chiaro». Qual è la ricetta di Cesarano per risollevare la fiction Mediaset? «Stiamo lavorando molto alla ricerca e sviluppo, dove abbiamo un buon budget, per allargare l’ offerta su nuovi generi (andando oltre Gabriel Garko e il poliziesco, tanto per intenderci, ndr) dei quali però non posso ancora parlare. Di sicuro il primo cambio che ho imposto è il taglio di ogni puntata sui 50 minuti: questo è il format di lunghezza ideale». © Riproduzione riservata.
Il Gazzettino si fa più grande
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Un formato più grande, il full color per una foliazione media di 52-60 pagine e una grafica più vicina a quella del Messaggero (dal quale arriveranno pagine già pronte di attualità nazionale): tutto questo servirà al Gazzettino, altro quotidiano del gruppo Caltagirone Editore, per raccontare il Nord Est italiano nei prossimi 130 anni. Oggi, infatti, il giornale diretto da Roberto Papetti festeggia i suoi primi 130 anni di pubblicazioni passati a spiegare il territorio e a declinare la cronaca nazionale secondo gli interessi locali. «Anche nel caso degli articoli che arriveranno da Roma dal Messaggero, già impaginati e pronti per la stampa, spaziando tra politica, cronaca ed economia», dichiara a ItaliaOggi il direttore al timone della testata dal 2006, «sceglieremo cosa pubblicare prestando attenzione alle diverse sensibilità dei nostri lettori». Del resto, in una regione come il Veneto in cui la prima forza politica rimane la Lega, non sempre le decisioni prese nei palazzi romani vengono ben interpretate dai lettori: «In realtà, al di là della predominanza del partito di Matteo Salvini e del governatore Luca Zaia, c’ è un ampio spettro di comuni guidati sia dal centrosinistra sia dal centrodestra», precisa Papetti, basti pensare a città più a sinistra come Padova e Treviso oppure ad altre come Rovigo, più a destra, o ancora al caso particolare di Venezia col sindaco Luigi Brugnaro. Una geografia variegata in cui il Gazzettino ha proprio a Venezia, Padova, Treviso e Pordenone (in Friuli Venezia Giulia) le sue edizioni principali (oltre a quelle di Belluno, Rovigo e Udine). Ma non ci sono mai stati attriti coi sindaci? «Più che attriti direi normale dialettica, come quella volta che Flavio Zanonato, ex sindaco di Padova», ricorda Papetti, «ha eretto nel 2006 una barriera per arginare uno dei quartieri problematici della città. Noi lo chiamammo Muro e così viene definito da allora. Zanonato non ha gradito ed è sceso il gelo. Ma, tempo dopo, gli ha giovato essere riconosciuto come sceriffo di sinistra, anche se all’ epoca i sindaci sceriffi di sinistra non erano in voga». Da domani nel giornale pubblicato dall’ editore Francesco Gaetano Caltagirone (che controlla anche il Mattino di Napoli) e da sua figlia Azzurra Caltagirone, presidente del Gazzettino spa, 24-28 pagine saranno dedicate ai temi nazionali e le restanti 28-32 a quelli locali. Nella cornice di un formato tipo berliner (20% di spazio in più) e cavalcando il full color (che ha un maggior appeal anche per gli inserzionisti) debutterà la sezione Macro dedicata a cultura e spettacoli, come già successo per Messaggero e Mattino. Nello sfoglio, la precederanno i temi del giorno mentre la seguiranno sport, lettere e commenti. Anzi, «alle lettere riserveremo due pagine perché ne riceviamo tante», sottolinea il direttore che coordina una redazione di circa 80 giornalisti. «A confermare poi l’ importanza del territorio resta nella prima parte del giornale la sezione Nord Est, seppur d’ ora in poi con un focus più incentrato su storie di aziende, personaggi e anche di paesi. La nostra intenzione è coinvolgere maggiormente i lettori e continuare a condizionare l’ agenda politica». A proposito di politica, oggi, il Gazzettino ospita a Palazzo Ducale a Venezia il presidente della repubblica Sergio Mattarella, Zaia, Brugnaro, Azzurra Caltagirone ed esponenti del mondo economico e culturale dal territorio. Durante l’ evento 130 anni – Il Gazzettino, il quotidiano che diffonde stabilmente su carta e digitale quasi 61 mila copie (secondo le ultime rilevazioni Ads) racconterà per una volta se stesso con la proiezione del documentario Storia de Il Gazzettino, prodotto da Rai Storia con immagini inedite prese dalle teche Rai.
In Francia i cellulari non prendono (o prendono male) in quasi metà del territorio nazionale. Sbugiardati gli operatori
Italia Oggi
DA PARIGI GIUSEPPE CORSENTINO
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M i telefona, qui a Parigi, Sabina Rodi, l’ infaticabile vicedirettrice di ItaliaOggi, per concordare un pezzo, ma la sua voce arriva lontana, a scatti, poi cade la linea. E si capisce, sono nel mio studiolo in fondo all’ appartamento, palazzo haussmaniano del 17esimo arrondissement, non proprio in periferia, i muri sono spessi e il segnale è flebile. Segno che il «reseau», la rete di Orange, il numero uno delle tlc francesi, ha «une couverture plus limitée» come si può leggere nel nuovissimo portale appena aperto (il 19 settembre scorso) dall’ Arcep, Autorité de régulation des communications électroniques et de postes, l’ agenzia pubblica che dal 2005 controlla e vigila sul turbolento mercato delle tlc, telefonini, bande più o meno larghe, fibra ottica, ripetitori in ogni angolo del paese e una concorrenza spietata, spesso ai limiti delle regole, tra i quattro giganti, Orange appunto, Sfr del miliardario franco-israeliano Patrick Drahi, Bouygues Telecom di Martin Bouygues, il re dei cantieri e dell’ immobiliare e, da ultimo, Free di Xavier Niel, che ha debuttato nel settore una ventina d’ anni fa con le chat erotiche e ora siede nel salotto buono dell’ economia, editore di Le Monde e genero di Bernard Arnault, il re del lusso Lvmh. L’ Arcep, guidata da un ingegnere dell’ École des Mines, Sébastien Soriano, grand commis di area socialista (capo di gabinetto dell’ ex ministra della cultura, Fleur Pellerin, è stato Hollande a volerlo alla presidenza dell’ authority), ha fatto un lavoro che la nostra Agcom di Marcello Cardani (anche lui con un passato di capo di gabinetto, di Mario Monti) dovrebbe prendere a esempio. Ha verificato sul campo, mai espressione fu più azzeccata, e con la collaborazione di una società esterna specializzata nella misurazione delle performance delle reti tlc (la Qosi), l’ effettiva copertura dei quattro operatori e ha messo i risultati su un portale creato appositamente e consultabile da tutti, non solo dai tecnici e dai regolatori (in modalità open data, come si dice in gergo). Così basta cliccare su www.monreseaumobile.fr e fare qualche scoperta non proprio piacevole per le compagnie telefoniche che vantano coperture che sfiorano il 100% del territorio e della popolazione. Mentendo. Per esempio Orange, il leader, ha una «très bonne couverture» (il massimo della performance, poi si scende a «bonne couverture», per finire a «couverture plus limitée» (come nel mio appartamento parigino, non in uno sperduto paesino dell’ Alvernia) su appena il 60% del territorio nazionale. Seguita da Free con il 57%, Srf con il 54% e, ultima, Bouygues Telecom con il 48%. Insomma, quasi metà della Francia non è coperta dai telefonini o è coperta male. Le cose non vanno meglio quando si passa dalla copertura territoriale a quella della popolazione che, a leggere le pubblicità delle compagnie, non sarebbe mai inferiore al 99%. Non è così. Il portale dell’ Arcep ci fa sapere che solo Orange e Free coprono il 90% della popolazione, mentre Sfr e Bouygues stanno tra l’ 87 e l’ 85%. Come a dire che una decina di milioni di francesi ha qualche problema a comunicare con il telefonino. Con una serie di dati di questo genere, una novità assoluta in Francia e in tutta Europa, l’ Arcep poteva correre il rischio di essere citata in giudizio davanti al Tar (in Italia sarebbe avvenuto quasi certamente). Non è successo perché il portale fornisce dati oggettivi, per segmenti di popolazione e territorio e non pubblica classifiche. «Abbiamo voluto fornire ai consumatori uno strumento per valutare oggettivamente le performance delle compagnie e scegliere consapevolmente: ci possono essere compagnie che funzionano meglio in certe zone del paese e meno bene in altre, tutto qui», minimizza Soriano. Il quale, però, non si nasconde che il suo portale e tutto il lavoro che ci sta dietro serviranno anche a «stimuler la concurrence et l’ investissement par la couverture» a poca distanza dalla scadenza delle concessioni (2021 per Orange e Sfr, 2024 per Bouygues Telecom, 2030 per Free) per cui gli operatori hanno versato complessivamente allo stato 3,6 miliardi di euro nel 2011e altri 2,8 miliardi nel 2015, senza contare una «redevance», un canone annuale di 200 milioni di euro. Con i dati raccolti dall’ Arcep è evidente che la prossima assegnazione delle frequenze si giocherà non solo sul prezzo (anche se non è il momento di chiedere sconti al Tesoro) ma anche sulla qualità dei servizi e, quindi, sugli investimenti per garantire quel 99-100% di copertura territorio-popolazione che tutti millantano. Anche per rispondere all’ appello del presidente Macron che, in più occasioni, ha ribadito il suo obiettivo: «avoir du bon débit fixe et mobile partout en France en 2020», avere una buona copertura (telefoni e internet) in tutto il paese entro il 2020. Nessun operatore telefonico vorrà deludere il presidente, si capisce. © Riproduzione riservata.
Un murale peri 25 anni di Cartoon Network
Il Tempo
FRANCESCO PUGLISI
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Cartoon Network, il canale edito da Turner e disponibile in Italia su Sky (607) e Media set Premium (350), celebra il suo 25esimo anniversario (Stati Uniti, 1º ottobre 1992) con un imponente murale realizzato sulla facciata della sedero mana dagli street artist omino71 e Mr.Klevra (Palazzo Turner, Via dei Magazzini Generali 18-20, Roma). L’ Opera, realizzata con la collaborazione dell’ Assessorato alla Crescita Culturale del comune di Roma, si propone di valorizzare e promuovere il Quartiere Ostiense, già ricco di opere di urban art che sono divenute oggetto di visite guidate ed espressione del fermento creativo, artistico e culturale che caratterizza la zona. I due artisti hanno interpretato il tema scelto per l’ opera: «Amicizia, incontro e diversità» sviluppando un progetto che presenta un forte richiamo alle opere murali celebrative del passato, dai grandi affreschi rinascimentali ai murales messicani, cercando, allo stesso tempo, di trasporre sul muro la modernità, la freschezza e l’ allegria tipiche delle produzioni targate Cartoon Network. Fonte di inspirazione è stato «The Making of a Fresco Showing the Building of a City» di Diego Rivera, il massimo esponente del muralismo messicano realizzato nel 1931 per l’ Istituto d’ Arte di San Francisco. Qui, Rivera rappresenta gli autori del murale nel momento stesso in cui viene realizzato. Infatti, sulla falsariga di questa opera, omino71 e Mr.Klevra, hanno realizzato un “meta murale” dove i creatori rappresentati nell’ opera sono i personaggi più celebri nati nei Cartoon Network Studios, da Dexter a Ben 10, da The Powerpuff Girls a Samurai Jack, Steven Universe, Finn e Jake di Adventure Time, Johnny Bravo, We Bare Bears, Leone cane Fifone, Uncle Grandpa, Clarence, Gumball e molti altri. Una meta opera realizzata a più mani, dove vengono celebrate l’ amicizia e lo spirito di collaborazione che contraddistinguono le creazioni collettive. sentata qui in divenire, nella sua fase di creazione. Francesco Puglisi.
Nasce terzo big dell’ editoria francese
MF
ANDREA BOERIS
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Gli editori francesi La Martinière Groupe e Media Participations hanno annunciato i colloqui per una fusione. L’ operazione darebbe vita a un gruppo da 560 milioni di euro di fatturato (sarebbe il terzo in Francia, dietro Hachette e Editis). La Martinière, che detiene la famosa casa editrice letteraria parigina Le Seuil, nel 2016 ha registrato ricavi per 206 milioni di euro, mentre Media Participations ha fatturato 355 milioni. «Stiamo pensando a una fusione sotto forma di scambio di azioni; una mossa necessaria per il futuro della casa che ho fondato», ha detto Herve de La Martinière, capo dell’ omonimo gruppo. La fusione è pensata per permettere ai due gruppi di affrontare meglio la sfida dei ricavi pubblicitari più bassi e del digitale. (riproduzione riservata)
Giornali snelli e specializzati
Italia Oggi
GIOVANNI MADDALENA
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Riccardo Ruggeri è un piccolo fenomeno di comunicazione degli ultimi anni. Scrive tutti i giorni un pezzo, un Cameo, ora anche una rassegna stampa, legge il mondo attraverso una originale analisi organizzativa continua. Poi scrive libri, viaggia. Prova a capire ciò che accade a partire da una lunga esperienza che gli ha fatto vedere tanti mondi in tante epoche, da quello operaio a quello delle élite e dell’ establishment, di cui si sente membro, nonostante tutto. Quando parla ha il sapore del verbo del popolo e della competenza delle élite. O forse, come dice lui, dell’ ovvio, che molti percepiscono e nessuno dice. Inventore di New Holland, la prima, vera, multinazionale della Fiat, creatore di start-up, ora giornalista con i suoi followers (pochi ma veri, ci tiene a precisare) e «nemico» di Silicon Valley. Considera questo mondo una minaccia per l’ Occidente. Domanda. Nuova vita giornalistica, Ruggeri? Risposta. La mia attività è come una bottega artigianale: può vivere da sola, sulla Rete e/o in un giornale. Produco tutti i giorni un Cameo che ha una sua linea editoriale, chiara e indipendente da ogni partito-movimento: sono un liberale nature (non liberista, non liberal, non libertario) e un cattolico nature (quando Francesco parla di dottrina sono ovviamente con lui, quando parla Bergoglio lo ascolto con umano rispetto, a volte riesce pure a coinvolgermi). D. Cosa intendi fare in concreto? R. Diventare un fornitore (a prezzo zero) di prodotti finiti a forme di giornalismo orientate al cambiamento, che diano visibilità alle mie analisi sul Ceo capitalism. Essere nemico di questo capitalismo è ormai la mia vita. D. Che valore ha la carta stampata oggi? R. I colti signori del Ceo capitalism dicono che è morta, io, per quel che vale (nulla), combatto perché sopravviva. Ce la farà, ma in forme nuove, più magre, più agili. D. Come vedi il mondo dei tuoi colleghi giornalisti? R. I grandi vecchi sanno di averla sfangata e pontificano sul nulla, quelli di mezza età fingono ma sanno che con questo modello la loro attività sarà presto inutile e comunque sottopagata. I giovani conoscono già il loro destino: gig economy, cioè portare pacchi per Amazon o parole per il Washington Post. D. E i vecchi, grandi giornali? R. Il destino dei giornaloni è segnato. Oggi il giornale, con pezzi tutti allineati è uno spreco assurdo di parole, sta diventando un prodotto illeggibile, quindi invendibile. Con questo modello, il cartaceo non si salva, ma non si salva neppure la versione .it, costruita con le stesse logiche. Nel mondo del business, quando questo succede, si deve cambiare paradigma, occorrono nuove strategie, spesso uomini nuovi. D. Hai in mente un nuovo prodotto? R. Il giornalismo, come lo concepiamo oggi, non arriverà più al popolo. Le élite avranno dei giornali per loro, come avveniva al tempo di Cavour, quando gli analfabeti erano il 90%. Sto riflettendo su questo modello. D. Qualche caratteristica di questo giornalismo élitario nuovo? R. Siamo in una fase magmatica: un punto fermo è che si dovrà pagare. Nasceranno modelli di business diversi, tarati sulle esigenze di certi lettori. List di Mario Sechi, «no banner, no junk news, no click», e la rassegna video di Nicola Porro, dal pensiero colto ma dal linguaggio popolare, vanno in questa direzione. Ovviamente rimarranno i cartacei di nicchia o iper specializzati ma dovranno cambiare anche loro. Intendo inserirmi in questo filone facendo il fornitore di «prodotti finiti» (Cameo, Rassegna Stampa, Video) ceduti a questi nuovi attori, cartacei compresi. Ceduti gratuitamente, perché il mio obiettivo non è il guadagno ma la visibilità delle mie idee contro l’ attuale modello di Ceo capitalism. Mi auguro che altri, nelle mie condizioni, seppur con altri ideali, lo facciano. D. Il metodo rimarrà lo stesso? R. Sono un analista che usa strumenti che non sono quelli classici dell’ analisi politica. Mi avvalgo della mia esperienza di esperto nello studio di organizzazioni umane complesse e in crisi: quando si lavora sui costi, aziende e stato soggiacciono alle stesse logiche. Divergono solo nella distribuzione degli utili, purché, prima, gli utili ci siano. D. Però non guardi i numeri per fare la tua analisi. R. No, guardo i segnali deboli. Quando devi risanare un’ azienda tecnicamente fallita non puoi applicare le regole dell’ analisi classica, cioè analizzare prodotti, mercati, produzione, organizzazione, costi, prospettive. Manca il tempo. Così mi avvalgo della tecnica dei segnali deboli. Un esempio banale: quando scoprii che Fiat e Ford agricoltura erano fallite ma avevano 55 manager nella Pianificazione strategica non feci alcuna analisi costi/opportunità: li licenziai tutti. La struttura e il mercato capirono il messaggio sotteso. I segnali deboli velocizzano il processo decisionale privilegiando la sensibilità manageriale alla burocrazia. D. Una definizione di Ceo capitalism? R. È un capitalismo degradato dove il potere viene tolto alla politica e passa ai Ceo, i quali, a loro volta, lo tolgono alla proprietà. Sono i nuovi principi del Rinascimento ai quali tutto è concesso. In realtà sono dei deal maker. Parlano di mercato ma lo hanno anestetizzato, lo scontro è finto perché è solo fra monopoli. Hanno inventato la disruptive innovation, che banalmente significa «corrompere» la politica per far fare delle leggi a proprio favore, eludere le tasse, costruire monopoli. Ma se provi ad applicarla contro di loro, ti distruggono. D. Non è qualunquismo il tuo? R. No, è analisi dei fatti che si leggono tutti i giorni. Filosoficamente, la prima idea del Ceo capitalism consiste nel mettere al centro il consumatore e non più il lavoro, cioè si riducono il lavoratore e il capitale in funzione del consumatore. Si livella tutto verso il basso, impoverendo la classe media, rendendola simile a quella povera, che si farà sopravvivere con il reddito di cittadinanza: zombie o schiavi dell’ Atene di Pericle. Il cammino inverso di quello voluto da Henry Ford o da Vittorio Valletta. D. Altre idee di fondo? R. La seconda idea di fondo è il lavorare sullo stile di vita dei consumatori. Ti vendono uno stile di vita simile a quello dei rotocalchi, ma in realtà è un mix di fuffa e cipria. È vero che paghi 19 per andare a Londra ma, nel frattempo, hai dato loro gratis i tuoi dati, loro ricevono contributi pubblici che derivano dalle tue tasse sottratte al welfare, compri nei negozi che loro ti indicano, fai i percorsi dove essi ti guidano, sempre «a poco prezzo». Infine, loro non pagano le tasse che invece tu paghi. Allora meglio il capitalismo classico: pagavo prodotti e servizi a prezzi di mercato e loro pagavano le tasse. D. Lo stile di vita ha poi una grande uniformità di pensiero, sull’ etica per esempio. R. Passeremo dalla provetta all’ eutanasia invece che dalla culla alla tomba. D. Confermi il tuo slogan «impoverire la classe media, sedare quella povera»? R. Assolutamente sì, ormai, come diceva il Duce (Fiano mi perdoni) il «solco è tracciato». D: Qualcuno delle élite ti dà ragione? R: La fascia medio bassa delle élite, di cui orgogliosamente faccio parte, è da aiutare. Devono prendere consapevolezza che, con questo modello, e relative ricettine, vanno al suicidio. È incredibile il numero di email e telefonate che ricevo in proposito. D. Sei soddisfatto di Trump? R. Ho considerato un regalo all’ umanità la sconfitta di Hillary Clinton, degna erede di Bill Clinton, George Bush, Barack Obama che in un quarto di secolo hanno sparso diossina economico-culturale in tutto l’ Occidente. Donald Trump, un accidente della storia, fa quello che poco più della metà degli americani vuole che faccia: lo «street fighter». Il fatto che tutta la stampa di regime, le felpe californiane, i liberal da limousine, lo odino visceralmente è una garanzia di cambiamento. L’ importante non è stata la vittoria di Trump ma la sconfitta dei New Borboni, questi «suprematisti bianchi 2.0» che vogliono farci vivere in una dittatura immersa in una nuvola di cipria. D. Vorresti Grillo al potere? Anche lui è anti élite. R. Per ora il M5s è una nave portacontainer di materiali alla rinfusa. Ne riparleremo quando, frantumandosi, prenderà una forma definitiva: traghetto, mercantile, nave da guerra. D. Vedi qualche buon segnale in giro? R. Alcuni. Oltre all’ uscita di scena dei New Borbone, il caso Brexit, i paesi dell’ Est, l’ inquietudine che attraversa l’ Europa sono segnali deboli importanti. I grandi nodi stanno arrivando al pettine. E incomincia a circolare la convinzione profonda che il mondo non può essere governato da idioti integrali come sono i principini di Silicon Valley. I giovani un giorno impareranno ad alzare gli occhi dallo smartphone, guarderanno il cielo, e diranno: basta! Io, ottusamente, ci credo. © Riproduzione riservata.