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Rassegna Stampa del 06/08/2017

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Gli sprechi della Rai: il roaming dei cellulari lo pagano gli italiani

La crisi non va mai in ferie Migliaia di esuberi ad agosto

L’ incarico è tornato alla cittadina “Le Nuvole”

Gli sprechi della Rai: il roaming dei cellulari lo pagano gli italiani

Il Giornale
Gian Maria De Francesco
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Roma Quest’ anno i vacanzieri avranno un vantaggio in più nel rimanere all’ interno dell’ Ue: non pagheranno, infatti, le tariffe di roaming utilizzando il proprio cellulare perché questi extracosti sono stati aboliti. Ma, come diceva un vecchio slogan, il risparmio è «per molti ma non per tutti». C’ è un’ eccezione: si tratta dei dirigenti, funzionari e dipendenti Rai che hanno in uso un telefono aziendale. Chi si è recato in vacanza nello spazio Schengen si è visto recapitare il seguente messaggio dall’ operatore telefonico: «Buongiorno, si segnala che l’ abolizione del roaming in Europa non si applica alla sua utenza in quanto le tariffe sono state negoziate direttamente da Consip. Le attuali tariffe sono disponibili su Raiplace. Cordiali Saluti Direzione AIS». Raiplace è il portale Intranet di Viale Mazzini, mentre AIS è l’ acronimo di Asset immobiliari e servizi, la direzione guidata da Marco Brancadoro che si occupa delle gestioni immobiliari e di tutto il facility management della tv pubblica inclusi i servizi di telefonia. Al di là di tutto, la questione è semplice: chi ha un telefonino aziendale Rai all’ estero, ora come ora spende di più. Chi paga, invece, è noto: tutti noi visto che con il canone in bolletta gli introiti sono aumentati a 1,9 miliardi nel 2016 anche se non tutto viene trattenuto dalla tv di Stato, ma una parte viene riversata al ministero dell’ Economia, socio con il 99,56 per cento. Quantificare il maggiore esborso non è semplice perché nel bilancio Rai le utenze telefoniche finiscono in un calderone con costi di pulizia, servizi postali che l’ anno scorso hanno inciso per 160 milioni di euro. Va tenuto conto, però, che chi opera in ambito media ha necessità di spostarsi all’ estero frequentemente per esigenze di servizio. Non si tratta solo di giornalisti, ma anche dei dirigenti che si occupano dell’ acquisizione e della vendita dei diritti televisivi. A prima vista, perciò, l’ affare realizzato dalla Rai in collaborazione con Consip non sembra dei migliori. Soprattutto alla luce dei recenti annunci del neodirettore generale Mario Orfeo che nella recente audizione in commissione di Vigilanza ha preannunciato per il 2018 «un rosso significativo nell’ ordine degli 80-100 milioni di euro», mentre quest’ anno si dovrebbe chiudere in sostanziale pareggio dopo l’ utile di 18 milioni nel 2016. Il velato invito alla politica è di ritoccare il canone che quest’ anno scene a 90 euro. Tralasciando le polemiche su alcuni mega-contratti come quello per trattenere Fabio Fazio portandolo sull’ ammiraglia Rai1, occorre però ricordare il recente invito della Corte dei Conti a prestare massima attenzione alle spese correnti. E di sicuro la telefonia rientra in questo ambito. La vicenda preoccupa perché sulla centralizzazione degli acquisti attraverso Consip si fonda parte dei risparmi della spending review. Nel 2016 dovrebbero essersi attestati a 3,5 miliardi. Probabilmente la Rai ne è rimasta fuori. Pier Carlo Padoan farebbe bene a rifletterci sopra.

La crisi non va mai in ferie Migliaia di esuberi ad agosto

Il Manifesto

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L’emergenza lavoro non va in vacanza, non chiude per ferie. A chiudere sono le fabbriche e le aziende, anche in questi ultimi e torridi giorni. Costringendo migliaia di operai e lavoratori a rinunciare alle vacanze, spesso programmate da mesi. A non poter pagare mutui, a far rinunciare i propri figli ad andare all’università. Il giro d’Italia delle vertenze aperte non risparmia quasi nessuna regione. Da Nord a Sud, da Est a Ovest lungo lo stivale il lavoro continua ad essere unmiraggio e perderlo – specie a una certa età – diventa una vera tragedia per tutta la famiglia. E se fino a qualche anno fa era l’industria ad essere maggiormente colpita dalla crisi, ora i settori sono vari senza risparmiare commercio, servizi e perfino benzinai. SKYA giorni dovrebbero arrivare le lettere di licenziamento per 124 tecnici. Saranno i più colpiti dalla decisione di Murdoch di spostare le trasmissioni quasi completamente a Milano lasciando a Roma solo un piccolo presidio. Se i giornalisti delmonopolista della televisione satellitare a pagamento hanno contrattato incentivi e buone uscite riuscendo – al netto delle tantissime cause di lavoro – a trovare un accordo sindacale, sul piano dei tecnici la lunga trattativa dopo l’avvio della procedura di licenziamento collettivo non ha avuto buon esito, nonostante la no stop di giovedì. «L’azienda non ha voluto superare i licenziamenti nonostante i risultati economici e le molte proposte alternative presentate dalle organizzazioni sindacali. Sky ha voluto affermare la licenziabilità e la gestione del personale senza vincoli sociali», accusano Slc Cgil, Uilcom Uil eUgl Telecomunicazioni. «La vertenza – ricordano – è durata 7 mesi e ha interessato 571 posizioni lavorative tra trasferimenti di attività a Milano ed esuberi di personale, e ha prodotto un ridimensionamento di 374 posizioni per la sede di Roma. A nulla è servita la proposta sindacale di riduzione a part time per 28 lavoratori, la proposta di lavoro in Smart working, l’esodo per la pensione per coloro che hanno raggiunto i requisiti di legge». ERICSSON ITALIA Semprenel settore comunicazioni, qui la situazione è ancor più grave. Il 24 luglio la multinazionale svedeseha inviato le prime 181 lettere di licenziamento – senza alcun preavviso – per la 14esiama procedura aperta in pochi anni che prevede 315 esuberi in Italia. Rifiutando addirittura la via degli ammortizzatori sociali. Laprotesta dei lavoratori èmolto forte soprattutto a Genova dove i licenziati sono già 55. Una campagna social è partita coinvolgendo politici e personaggi famosi che si ritraggono con un cartello con l’hashtag #ericssonritirailicenziamenti. TUODÌ Dal primo agosto invece lamaggior parte dei 400 supermercati del marchio discount sono chiusi. La procedura di concordato preventivo chiesta dalla proprietà della famiglia romana Faranda ha portato alla nomina di un commissario che però si è presentato al tavoloministeriale coi sindacati assolutamente sprovvisto di numeri precisi e – soprattutto – garanzie per i dipendenti. I 2 mila diretti e gli altri 2mila che fanno parte di cooperative proprietarie di supermercati con lo stesso marchio sono al momento senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. La stragrande maggioranza dei supermercati in tutta Italia (presenti soprattutto a Roma e nel Lazio, in Toscana e in Veneto) ha deciso di chiudere nel mese di agosto lasciando unacomunicazione ai clienti – si stima siano già calati del 90 per cento in questi mesi di scaffali vuoti – in attesa di riuscire a cambiare i contratti con i fornitori. La cassa integrazione dunque è semplicementepromessa cosìcome il recupero degli stipendi precedenti al commissariamento, visto che la legislazione non consente ai commissari di farsi carico dei periodi precedenti all’intervento del tribunale. AFERPI Spostandoci al settore industria a soffrire maggiormente è ancora la siderurgia. Nonostante le rassicurazioni e i tanti tavoli al ministero, la situazione dei lavoratori delle acciaierie di Piombino è sempre grave. Dopo almeno 5 anni di false soluzioni, l’attuale proprietà di Aferpi dell’algerino Rebrab continua ad avere problemi di liquidità e a rimandare il ritorno alla produzione. «Alla luce di quanto sta accadendo Aferpi sta dimostrando di non essere in grado di riprendere l’attività produttiva per il mese di agosto, non ha acquistato semiprodotti e dunque rimarrà chiusa almeno fino al 21», ha denunciato qualche giorno fa la Fiom. A inizio luglio sembra fosse arrivata una schiarita al tavolo al ministero dello Sviluppo grazie alle pressioni del ministro Carlo Calenda e del presidente della Toscana Enrico Rossi. Era stato sottoscritto il cosiddetto Addendum e il decreto relativo alla concessione del trattamento di cassa integrazione straordinaria per il periodo luglio 2017 – dicembre 2018. Ma tutto sembra in bilico senza ripartenza della produzione. E un’intera città non ne può più dei continui ritardi. FERROLI Sempre nel settore metalmeccanico continua il presidio dei lavoratori della storica azienda di caldaie del veronese. Giovedì però l’azienda si è finalmente seduta al tavolo del confronto. E questo ha portato a interrompere lo sciopero ad oltranza che andava avanti da settimane per protestare contro gli esuberi programmati dall’azienda e quantificati in circa 400 unità, di cui 300 a San Bonifacio. CEME Non va meglio in Lombardia dove il tema delle delocalizzazioni continua a mietere posti di lavoro, dopo il caso di inizio anno della K-Flex di Roncello (Monza). Questa volta tocca alla Ceme di Carugate (Milano) che produce valvole e pompe. A giugno sono stati licenziati ben 97 lavoratori. Lunedì scorso è saltato il tavolo in Assolombarda perché i sindacati si sono opposti alle condizioni dell’azienda: «Abbiamo un mandato preciso, non possiamomettere la nostra firma sotto a un patto che bolla come esuberi le maestranze di Carugate, solo perché sono in forza a quello stabilimento, che la società ha deciso di chiudere per fare più profitto». PIAGGIO AEROSPACE Tornando in Liguriamolto grave è la situazione del gruppo aeronautico. il piano industriale dell’azienda, ora di proprietà araba, prevede lo scorporo dellapartemotoristica su Villanova d’Albenga e dellamanutenzione velivoli su Sestri Ponente. Lo stabilimento savonese erauno dei fiori all’occhiello del governo Renzi che lo inaugurò in pompa magna il 7 novembre 2014. Ora si punta ad avere almeno un decreto che autorizza ulteriori 10 mesi di cassa integrazione straordinaria per 122 lavoratori. NATUZZI In Puglia sembra invece non aver fine la crisi del gruppo dell’arredamento. La lunga ristrutturazione dei salotti di qualità è tornata in alto mare dopo il ricatto della proprietà contro i tanti che hanno vinto cause di lavoro. PERUGINA In Umbria la storica fabbrica dei Baci di San Sisto a Perugia è a rischio esuberi – il 26 luglio uno sciopero di 8 ore ha bloccato lo stabilimentoNestlè. ISPRANelsettorepubblicocontinua la lotta dei precari dell’Istituto Superioreper la Protezione e laRicercaAmbientale. ESSO Ma anche i «padroncini» non se la passano bene. Martedì si terrà la serrata degli impianti di 135 impianti di carburante passati dal marchio Esso a Petrolifera Adriatica che però impone «il dimezzamento del margine economico per i gestori degli impianti,mettendo così a rischio il futuro di circa 400 famiglie».

L’ incarico è tornato alla cittadina “Le Nuvole”

La Stampa (ed. Cuneo)

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La civica di Fossano non ha un direttore (a causa dei tagli agli enti locali) ed è la principale della rete del Sistema bibliotecario fossanese che conta altre 44 biblioteche: alcune più strutturate, con tanti servizi, come Saluzzo e Savigliano, la più parte piccole. E ogni biblioteca fa la sua gara perché, come spiegano i responsabili della biblioteca che ha sede nel castello degli Acaja «ognuna ha il polso dei suoi utenti e sceglie i titolo da acquistare, per farli diventare patrimonio di tutti. Alcuni sistemi bibliotecari fanno gare centralizzate, ma qui si preferisce non far scegliere ad altri i testi da acquisire: è comprensibile». La civica di Fossano fa gare annuali, attraverso il mercato elettronico della pubbliche amministrazioni. Un anno fa aveva vinto «Idea Libri», sede in provincia di Milano. Quest’ anno una libreria della città, «Le Nuvole». Ma sono gare al massimo ribasso e «Idea Libri» non era riuscita a partecipare all’ ultima gara perché era in corso una ristrutturazione aziendale. La crisi dell’ editoria sta colpendo un po’ tutti gli attori della filiera anche se, secondo i dati 2016 dell’ Associazione italiana editori (Aie), in Italia il 72,2% delle vendite di libri nuovi avviene comunque nelle librerie, da quelle piccole e specializzate alle grandi catene. E-commerce e supermercati hanno quote simili: 13,9%, ma il primo cresce e il secondo si riduce. La biblioteca civica di Fossano spende circa 20 mila euro l’ anno in libri (più altri fondi per riviste e periodici, enciclopedie, audiolibri). Il titolare di «Le Nuvole», insieme al fratello Stefano, è Fabio Gemello, che dice: «Abbiamo perso un anno la gara di fornitura: erano dispiaciuti in biblioteca. Quest’ anno abbiamo vinto: abbiamo dovuto fare un forte sconto. Rinunciare a parte del guadagno significa mantenere un rapporto forte, quotidiano, con la nostra biblioteca. Prima con la legge Levi c’ era un tetto agli sconti, oggi si guarda al risparmio delle grandi centrali di acquisto. Ma la flessibilità di una libreria locale permette un servizio migliore rispetto a un grossista, con cui ordini da pc e poi la merce arriva. Capisco che per le novità noi o grossisti cambi nulla, ma la collaborazione con la civica per la fornitura permette un rapporto continuo e irrinunciabile».


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