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I grillini odiano i media ma pagano i giornalisti quasi 1,6 milioni di euro
Crescono i ricavi delle televisioni L’ editoria va giù di 900 milioni
Pubblicità, nuove agevolazioni
I grillini odiano i media ma pagano i giornalisti quasi 1,6 milioni di euro
Il Giornale
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Domenico Di Sanzo Dice la saggezza popolare: non fare di tutta l’ erba un fascio. Evidentemente l’ adagio vale anche se applicato al burrascoso rapporto tra il Movimento Cinque Stelle e i giornalisti. Se tra le star della stampa italiana, per i grillini si salvano solo il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e pochi altri, è negli staff dei ministeri pentastellati e nello strategico apparato della comunicazione dei gruppi parlamentari che si annidano frotte di cronisti riveriti e molto ben pagati. La maggior parte dei quali ha fatto il grande salto innestandosi nei gangli decisivi della burocrazia di governo dopo la gavetta di partito. È l’ altra faccia del Giano Bifronte che è diventato il M5s. Il posto al sole dove non ci sono le «puttane», i «pennivendoli» e gli «infimi sciacalli» evocati da Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, né si rischia di perdere il lavoro a causa dei tagli ai fondi per l’ editoria inseriti nella «manovra del popolo» e dove nessuno viene preso in giro, come fa regolarmente Beppe Grillo, perché magari «guadagna otto euro a pezzo». I numeri, infatti, sono ben diversi. Tra i ministeri a guida Cinque Stelle e Palazzo Chigi, la spesa di soldi pubblici per pagare giornalisti ammonta a 1 milione 599mila e 460 euro all’ anno. Nel calcolo sono compresi soltanto i portavoce e gli addetti stampa con regolare tesserino professionale. Escluso l’ esercito di comunicatori e social media manager. Si va dai 35mila euro annui che si porta a casa Lucilla Vazza alle dipendenze del Ministro della Salute Giulia Grillo ai 169mila euro del «paperone» Rocco Casalino, portavoce del premier Giuseppe Conte. Gli altri stanno nel mezzo, tutti intorno ai 100mila euro all’ anno. Tra questi ci sono i quattro giornalisti al servizio di Di Maio: Sara Mangeri a Palazzo Chigi (100mila euro), Cristina Belotti al Ministero dello Sviluppo Economico (130mila euro), Giorgio Chiesa, anche lui al Mise (100mila euro) e Luigi Falco al Ministero del Lavoro (100mila euro). La squadra di Conte è completata dalla vice di Casalino Maria Chiara Ricciuti a 130mila euro e da Laura Ferrarelli e Massimo Prestia, entrambi con 68mila euro all’ anno. Non solo a Di Maio e Conte serve più di un giornalista. A fare il bis c’ è Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, che ha assunto i professionisti Andrea Cottone e Massimo Filipponi, rispettivamente con un trattamento economico di 120mila euro annui e 25mila euro annui. Anche il ministro dell’ Ambiente Sergio Costa si è dotato, negli uffici di diretta collaborazione, di due giornalisti. Si tratta di Stefania Divertito che guadagna 100mila euro all’ anno con il ruolo di Capo Ufficio Stampa e di Gabriele Salari, portavoce del ministro con uno stipendio di 63mila euro all’ anno. Molti dei giornalisti professionisti approdati nei ministeri provengono da altri incarichi nel M5s. Forse i più noti sono Augusto Rubei (90mila euro), portavoce del Ministro della Difesa Elisabetta Trenta e già stratega comunicativo della campagna elettorale di Virginia Raggi nel 2016, e Cristina Belotti, che prima di arrivare al Mise, era il responsabile comunicazione del gruppo pentastellato al Parlamento Europeo.
Crescono i ricavi delle televisioni L’ editoria va giù di 900 milioni
Il Giornale
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Le televisioni sono l’ unico settore dei media con risultati positivi nel quinquennio 2013-2017, secondo un’ analisi dell’ AgCom sui bilanci delle aziende del settore. Il comparto delle tv ha registrato un aumento dei ricavi di 300 milioni mentre la crisi dell’ editoria è rappresentata dai 900 milioni di ricavi persi nel quinquennio. L’ aumento dei ricavi tv, per l’ Authority presieduta da Angelo Marcello Cardani (in foto), è riconducibile all’ aumento degli introiti derivanti dai servizi televisivi a pagamento (+107 milioni dal 2013 al 2017), sia di quelli pubblicitari (150 milioni circa). Il settore lo scorso anno ha registrato un recupero della redditività e realizzato un risultato netto (114 milioni) positivo per la prima volta dal 2012. Scende però l’ occupazione, con circa 21.800 addetti a fine 2017, che si riduce di circa 250 unità rispetto al 2016. L’ editoria, invece, presenta un bilancio negativo con ricavi in Italia per circa 3,6 miliardi nel 2017 (-17,6%). Il margine operativo lordo, mediamente pari al 7,1% dei ricavi durante il periodo 2013-17, raggiunge il 9,7% nel 2017, mentre il margine operativo netto, con un valore medio di periodo di -1,4%, nel 2017 ha raggiunto il 2,5% (0,9% nel 2016). Il risultato d’ esercizio consolidato, nota Agcom, è tornato positivo lo scorso anno per la prima volta dal 2010. Pesante il quinquennio in termini di occupazione: le imprese hanno ridotto gli organici del 16%, ossia 2.500 unità. Il numero di addetti nel comparto editoria nel 2017 era pari a 13.200 unità contro i 15.700 del 2013. Su base annua la flessione nel 2017 è stata del 4,4% (600 addetti).
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MARCO A. CAPISANI Viene confermato il taglio progressivo dei contributi diretti all’ editoria ma c’ è anche l’ introduzione della regola del «de minimis» per il credito d’ imposta riservato agli investimenti incrementali in pubblicità. Per l’ anno prossimo e il 2020, poi, la Rai avrà a disposizione 40 milioni di euro l’ anno per il rilancio del contratto pubblico e, in particolare, per lo sviluppo di contenuti digitali. In aggiunta la Legge di Bilancio 2019, approvata in seconda lettura al Senato e ora all’ esame della Camera per il via libera definitivo atteso tra oggi e domani, prevede anche agevolazioni fiscali per le edicole, un ampliamento dei prepensionamenti per i dipendenti non giornalistici delle imprese editoriali e ancora un taglio dei finanziamenti per coprire le agevolazioni tariffarie riservate ai prodotti editoriali (quindi per esempio l’ invio di magazine agli abbonati). Dall’ ambito prettamente editoriale e d’ informazione al settore cultura e spettacolo, la Manovra comprende anche un budget da 240 milioni di euro per la Card cultura, dedicata ai 18enni, e altri 43 milioni per attività culturali che spaziano dal Fondo unico per lo spettacolo (Fus), incrementato l’ anno prossimo di 8 milioni, fino al Fondo per il cinema e l’ audiovisivo (rafforzato di 4 milioni), senza dimenticare Matera, capitale europea della cultura 2019 (2 milioni di spesa) e Parma, capitale della cultura nel 2020, (budget da 3 milioni). Ecco, caso per caso, i singoli interventi: Contributi diretti all’ editoria. La riorganizzazione complessiva dell’ istituto parte con una riduzione progressiva dei contributi a partire dall’ anno prossimo fino al 2022, quando vi potranno accedere solamente le testate di minoranze linguistiche, quelle ideate per un pubblico di non vedenti o ipovedenti, le pubblicazioni delle associazioni dei consumatori e quelle italiane diffuse perlopiù all’ estero. Restano escluse le cooperative giornalistiche, i giornali controllati da cooperative, fondazioni ed enti del Terzo settore e infine quelle che fanno capo a enti non profit. Nel 2019, la riduzione è del 20% della differenza tra l’ importo spettante e 500 mila euro. Nel 2020, il taglio è del 50% sulla precedente differenza e, nel 2021, arriva al 75%. La riduzione dei contributi diretti riguarda anche le imprese radiofoniche e, di contro, vuole sostenere tra gli altri attraverso il Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione progetti digitali, social o a partecipazione dal basso (quindi siti web e blog, per esempio). Il Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione riceverà l’ anno prossimo stanziamenti per 204,6 milioni di euro, nel 2020 pari a quasi 184 mln e ancora nel 2021 da 194,3 mln. Investimenti incrementali in pubblicità. Per i crediti fiscali di cui possono beneficiare gli inserzionisti pubblicitari che hanno aumentato almeno dell’ 1% le spese su stampa (quotidiana, periodica, online) e sulle emittenti radio-tv locali (vedere ItaliaOggi del 19/5/2018) viene posto il tetto massimo di 200 mila euro in un triennio, inteso come sommatoria di tutte le agevolazioni di cui quell’ investitore fruisce. La decisione è stata presa in seguito ai dubbi espressi dalla Commissione europea, in particolare se i crediti d’ imposta per gli investimenti incrementali in pubblicità potessero o meno essere considerati aiuti di stato. Un primo elenco di beneficiari è già stato pubblicato dal Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio (informazioneeditoria.gov.it), in attesa però dei saldi definitivi di spesa inviati dai singoli inserzionisti entro fine gennaio 2019. Comunque, il meccanismo prevede già sia limiti oggettivi sulla singola erogazione (per facilitare il riparto totale delle spese) sia soggettivi (intesi come tetti a ogni agevolazione richiesta). Per gli investimenti effettuati quest’ anno lo stanziamento complessivo è di quasi 43 mln. Le richieste selezionate sono 6.780 circa. Rai-Radiotelevisione Italiana. Il canone che dovranno pagare i telespettatori viene fissato stabilmente a quota 90 euro, limite individuato inizialmente solo per il 2017 e il 2018. Viene ampliata fino agli 8 mila euro di reddito la soglia per l’ esenzione del pagamento del canone per gli chi ha più di 75 anni. Decisione che viene coperta con la stabilizzazione della destinazione alle finanze pubbliche di metà dell’ extra gettito Rai, anche perché sono state decise pure una destinazione di massimo 125 milioni al Fondo per il pluralismo dell’ informazione e un’ altra al Fondo a favore della riduzione della pressione fiscale. Edicole. La Manovra introduce un credito d’ imposta pari a 13 milioni di euro complessivi per il 2019 e altri 17 milioni per il 2020 (in parte coperti da risorse altrimenti destinate al Fondo per l’ informazione). L’ agevolazione fiscale si rivolge sia alle edicole che vendono esclusivamente quotidiani e periodici sia a chi vende anche altri prodotti (gadget e merchandising per esempio), purché sia l’ unico punto vendita di giornali presente in quel comune. Il credito d’ imposta si riferisce a quanto speso per Imu, Tasi, Cosap e Tari. Altre spese detraibili potranno essere individuate dai prossimi decreti. Prepensionamenti. Per i dipendenti non giornalistici delle imprese editoriali (tra cui i poligrafici) viene estesa per un anno in più, il 2023, la possibilità di andare in pensione prima. Il budget a disposizione è di un milione di euro. Non scatteranno però gli adeguamenti economici in base a nuove speranze di vita. Spese telefoniche e spese postali. Si tratta di tariffe agevolate di cui possono godere attraverso Poste italiane tutte le testate, a differenza dei contributi diretti inquadrati in specifiche casistiche. Dal 2020 verranno soppresse quelle telefoniche riservate alle case editrici e all’ emittenza radio-tv mentre si riducono le risorse a sostegno di quelle postali. I tagli sono pari a 2,5 milioni di euro l’ anno prossimo, a 3,1 milioni nel 2020 e per 2,8 milioni l’ anno successivo. Promozione del libro. Le risorse stanziate sono 7,4 milioni nel 2019 e, a seguire nel successivo biennio, rispettivamente pari a 6,7 mln e 6,2 mln. Cinema. Il fondo per il settore cinematografico e audiovisivo aumenta di 4 milioni l’ anno prossimo (stanziamento che arriva a 238,8 milioni di euro). Torna sui 234,8 milioni annui, nel 2020 e nel 2021. Radio Radicale. Va avanti fino alla fine del prossimo giugno la convenzione tra il ministero dello sviluppo economico e l’ emittente in fm. Proroga di 6 mesi per un controvalore di 5 milioni, con oggetto la copertura radiofonica delle sedute parlamentari. © Riproduzione riservata.
L'articolo Rassegna Stampa del 28/12/2018 proviene da Editoria.tv.