Indice Articoli
La tv di Facebook Watch arriva (anche) in Italia Sfida a YouTube e Netflix
Calcio, le trame di Sky nascoste dal flop Dazn
Intoppi nella gara, Maratona a rischio
Non solo i 70 anni di Tex: l’ Estate di Tota e le oscurità di Nina Bunjevac
Dietro lo slogan abbiamo aumentato l’ offerta, si cela la più grande fregatura di Sky.
Sky, Dazn e il fascino delle radiocronache
Pubblicità, il mercato ora fa i conti con Amazon
Chessidice in viale dell’ editoria
Sky tratta il rinnovo con Eurosport
Hearst Italia mantiene l’ utile
La tv di Facebook Watch arriva (anche) in Italia Sfida a YouTube e Netflix
Corriere della Sera
Martina Pennisi
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Era il giugno del 2016. La vice presidente di Facebook per Europa, Medio Oriente e Africa Nicole Medelsohn dichiarò che nel giro di cinque anni sul social network ci sarebbero stati solo video. La profezia, che Mendelsohn bollò in seguito come iperbole, due anni dopo appare realistica: mercoledì, il colosso da 2,2 miliardi di utenti ha lanciato in tutto il mondo la sua «televisione», Facebook Watch. Si tratta, in sostanza, di una sezione ad hoc del News Feed – il flusso in cui scorre quanto pubblicato da amici o pagine – dedicata solo ai video. L’ obiettivo di Menlo Park è sfidare i vari YouTube, Netflix, Amazon Video e Apple, ma anche tv ed editori tradizionali, con una fruizione collettiva del formato gradito ai giovanissimi. Quindi: emoticon e commenti in tempo reale che si sovrappongono agli episodi delle serie, ai tiggì o ai filmati dei creator (gli youtuber se non sei YouTube). Sulle co-produzioni originali, con cui Menlo Park vuole provare a smarcarsi da fake news e contenuti di qualità scarsa, è già stato investito un miliardo di dollari. Dentro Watch ci sono anche le dirette sportive, sulla quale efficacia online gli italiani sono particolarmente attenti, visto il recente difficile debutto di Dazn con la Serie A. Facebook, a differenza del discusso rivale britannico, le propone gratuitamente. In Italia, per ora, dobbiamo appassionarci alla Major League di Baseball, essendo i diritti del calcio limitati ad altri Paesi. Stesso discorso per l’ informazione o l’ intrattenimento: dai nostri confini ci si deve accontentare dei prodotti destinati al mercato americano, mentre si fa scorrere sguardo e polpastrello sui video pubblicati dalle pagine cui si è concesso il pollice alto. Qualcosa potrebbe cambiare in autunno, quando arriverà anche nel nostro Paese il programma Ad Breaks, che prevede la condivisione degli introiti pubblicitari con i creatori ed editori di video (55 per cento delle entrate ai creatori e 45 per cento a Facebook).
Calcio, le trame di Sky nascoste dal flop Dazn
Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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All’ improvviso l’ inglese Dazn precipita nel mercato del pallone italiano, sborsa 193 milioni di euro a stagione per tre gare su dieci di Serie A, più altri 22 per l’ intera Serie B, promette la visione su Internet in alta definizione, si mostra al telespettatore pagante con mezzi tecnici scadenti, si trasforma troppo presto da suggestiva novità a fastidiosa delusione, se non peggio. Qualcosa stona. Qualcosa manca. Il ruolo di Sky Italia, che in silenzio – seppur indagata dall’ Antitrust – assapora l’ ebbrezza di sentirsi monopolista: con l’ esclusiva del settanta per cento del campionato e dei tornei europei per una spesa complessiva di 1,115 miliardi di euro all’ anno. Il calcio in Italia ha l’ indirizzo di Sky, eppure soltanto pochi mesi fa lo scenario era capovolto. Febbraio 2018. Dopo un paio di aste naufragate per le offerte capziose del gruppo di Murdoch e di Mediaset, la Lega Calcio affida la Serie A all’ intermediario spagnolo Mediapro per 1,05 miliardi di euro. Il prezzo è giusto. I padroni del pallone celebrano già l’ aumento degli affari e – danzando su regole sottili e però precise – preparano per il futuro il canale della Lega Calcio. Vuol dire che a Sky & C. è assegnato il compito di trasmettere la Serie A, diffusa su piattaforme diverse – Internet, satellite, digitale – ma senza alcuna esclusiva. Come prescrive la legge. Una disgrazia per Sky: più concorrenza, altro che monopolio. Un blocco di Lega, sobillato dal gruppo Murdoch e coperto dal Coni di Giovanni Malagò, fa ostruzionismo a Mediapro. Per chiudere uno sbocco naturale agli spagnoli, Sky fa un accordo con Premium di Mediaset. È la fine. Mediapro s’ incaglia a cavilli, garanzie, denaro e viene “espulsa”. Ormai è giugno. Tardi. I padroni del pallone devono allestire le squadre, comprare cartellini, firmare contratti. Allora la Lega Calcio, in un attimo, muta filosofia di vita: niente canale, niente asta, trattative private e poi accetta l’ esclusiva sul prodotto. Cioè la Serie A viene sgretolata col pezzo più grosso che va a Sky e il pezzo più piccino che va a Perform, la multinazionale che controlla Dazn. E crepi l’ avarizia. Perché la Lega s’ accontenta di 973 milioni di euro a stagione – 780 da Sky e 193 da Dazn – contro 1,05 miliardi di Mediapro. Addirittura la Lega rinuncia a oltre venti milioni rispetto all’ ultimo bando. Con una differenza: ieri Mediaset offriva le otto squadre con più tifosi di A e Sky il campionato completo, oggi il tifoso è fregato perché deve pagare due volte. Con un poderoso accordo, Sky inghiotte Dazn e propina agli abbonati le tre partite mancanti per 7,99 al mese anziché 9,99. Perform acconsente perché ha l’ esigenza di raggiungere un pubblico numeroso; Sky ricambia il favore acquistando una consistente quantità di utenze Dazn che poi dovrà rivendere ai suoi clienti. Un imprecisato giro di soldi che aiuta il gruppo di Murdoch a comportarsi da monopolista in un paese in cui è vietato essere monopolisti. Mediaset rottama gradualmente Premium con un patto commerciale con la stessa Dazn, pare una sorta di scambio merce con la pubblicità sulle reti del Biscione. Tutti felici e contenti. E il telespettatore pagante si adegui.
Intoppi nella gara, Maratona a rischio
Il Fatto Quotidiano
Vin. Bis.
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La nuova Maratona di Roma progettata dalla Giunta Raggi è sul punto di slittare al 2020, in favore di un evento “in tono minore” organizzato dalla Fidal. E potrebbe addirittura saltare un giro, qualora l’ Avvocatura capitolina o l’ Anac dovessero rilevare conflitti d’ interessi relativi al contratto esclusivo di advisory che la stessa Federazione atletica leggera ha stipulato in luglio con la Infront Italy Spa, una delle aziende in corsa per organizzare la Maratona nei prossimi 4 anni, nota per essere anche advisor economico della Lega Calcio Serie A. La gara pubblica voluta dal Campidoglio, già complessa di suo – sono previste tre aperture di buste – ha subìto una serie di intoppi, l’ ultimo per un imprevisto valzer a capo della commissione giudicatrice: nei giorni scorsi la presidente Daniela De Angelis si è dimessa poiché i tempi per l’ espletamento della procedura non avrebbero collimato con il suo pensionamento. Questo al termine di un agosto in cui il comitato non si è mai riunito. “Non ce l’ aspettavamo – conferma il presidente della Commissione capitolina Sport, Angelo Diario -. E al momento la presidente non è stata ancora sostituita, speriamo ciò avvenga nel più breve tempo possibile”. E di tempo ce n’ è pochissimo. La Maratona è fissata per il 7 aprile 2019. Dal 20 maggio scorso, data di scadenza del bando, c’ è stata solo l’ apertura delle buste per la parte documentale: ne dovranno seguire altre due per i punteggi economici e quelli tecnici. Al momento, l’ unica Associazione di imprese (Ati) ammessa al “secondo turno” è quella che vede capofila la Atleticom Asd (che in città già organizza Miglio di Roma e We Run Rome), mentre Infront, Rcs Sport (che nello stesso giorno allestisce anche la Maratona di Milano) e Purosangue Athletics stanno procedendo alle integrazioni documentali. “Temo non vi sia più tempo – ammette Diario -, bene che vada potremmo essere pronti entro metà ottobre, ma non si può organizzare una cosa del genere in sei mesi”. Anche perché la “nuova Maratona di Roma” prevede anche una serie di eventi di preparazione con le scuole e le associazioni in vari punti della città. Conoscendo i tempi della burocrazia, il Campidoglio aveva comunque previsto nel bando un “piano B”. Una clausola che, in caso di ritardi, assegna l’ onere dell’ edizione 2019 alla Fidal, la quale avrà il compito di far svolgere la gara e rispettare il calendario internazionale. Qui, però, potrebbe subentrare un nuovo intoppo. La Federazione, infatti, per la sponsorizzazione dei suoi eventi si affida a un advisor esterno, che dal 2019 sarà proprio la Infront Italy; ma la stessa società è in piena corsa per aggiudicarsi le prossime edizioni della Maratona. Fra l’ altro, Infront (che collabora con la Dao srl, già consulente Coni) è a capo di una Ati comprendente Italia Marathon Club e Atielle, due società collegate al precedente organizzatore, Enrico Castrucci: quest’ ultimo attende il responso sul suo ricorso al Tar presentato proprio contro il bando della Maratona. “A occhio non credo vi siano problemi – spiega al Fatto Diario – ma di certo sarà utile fare un passaggio con l’ Avvocatura capitolina e, se serve, anche con l’ Anac, per valutare la correttezza di ogni passaggio”. Al Fatto, il presidente Fidal, Alfio Giomi, spiega: “Se l’ iter in Comune andrà per le lunghe, per aggirare il problema proveremo a chiedere la collaborazione del vincitore del bando”. Sarà sufficiente?
Non solo i 70 anni di Tex: l’ Estate di Tota e le oscurità di Nina Bunjevac
Il Fatto Quotidiano
Stefano Feltri
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Ecosì è arrivato anche a compiere 70 anni: la lettura obbligata dell’ autunno sarà il numero 695 di Tex , L’ ultima vendetta, a colori come tutti quelli di anniversario. La copertina – sempre di Claudio Villa – evoca un lontanissimo Tex 200 e la storia, di Mauro Boselli e Giovanni Ticci, segue uno schema della tradizione: Tex che rivela aneddoti di un passato che continua a stratificarsi (qui si parla di un rodeo). L’ albo, in edicola il 7 settembre, segna l’ inizio delle celebrazioni, come sempre sobrie, della Sergio Bonelli editore per il compleanno del suo eroe più longevo. Sempre della Bonelli vale la pena monitorare Deadwood Dick di Michele Masiero e Corrado Mastantuono , il primo titolo della collana Audace (antico nome della casa editrice) che vuole proporre fumetti più liberi dalle usuali gabbie politically correct: il primo volume era solo un Tex con più parolacce, ma può migliorare. In questi giorni di fine estate è lettura appropriata, appunto, Estate di Alessandro Tota , appena uscito per Oblomov, il racconto di estati baresi un po’ decadenti, con tragedie, droghe e ravvedimenti. Tota è uno di quegli autori italiani che non delude mai. Viste le polemiche recenti su Asia Argento e #MeToo, il titolo del momento è Bezimena – Anatomia di uno stupro, della bosniaca-canadese Nina Bunjevac , sfuggita a tre tentativi di violenza, in uscita per Rizzoli. Pagine nerissime in cui galleggiano poche parole di testo a fronte di tavole mute, disturbanti nella loro fissità dettagliata che rende ancora più morbosi incubi sessuali raccontati.
Dietro lo slogan abbiamo aumentato l’ offerta, si cela la più grande fregatura di Sky.
Il Mattino
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Dietro lo slogan abbiamo aumentato l’ offerta, si cela la più grande fregatura di Sky. Oggi per assicurarsi lo squallido spezzatino dal sabato al lunedì, bisogna districarsi tra abbonamenti a Sky e Dazn, streaming, smart tv e pc. Il calcio solo per chi può permetterselo è calcio negato. L’ Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, ha auspicato un intervento della politica, dunque zero speranze. Roberto Dilillo Email.
Sky, Dazn e il fascino delle radiocronache
Il Mattino
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Quest’ anno doppio abbonamento per vedere tutte le partite. Ho deciso di prendere le distanze. Non è una contestazione alle emittenti che pagano le società di calcio per assicurarsi la trasmissione in esclusiva delle partite e quindi hanno necessità di recuperare i soldi investiti. È un modo, il mio, per non essere costretto a divertirmi per obbligo. Il calcio mi piace ma se diventa un obbligo perde fascino, diventa schiavitù. Ci sono quelli che, pur condividendo l’ utilità dei vaccini, contestano l’ obbligo delle vaccinazioni. Se permettete, io contesto l’ obbligo di vedere le partite! Giuseppe Gallo Napoli.
Pubblicità, il mercato ora fa i conti con Amazon
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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A metà agosto a mettere i puntini sulle “i” ci ha pensato Michael Olson, analista di Piper Jaffray. Che in una comunicazione agli investitori non ha usato mezzi termini: il business nell’ advertising di Amazon spingerà (molto) in alto affari e, di conseguenza, le quotazioni del titolo. «Essere il motore di ricerca di prodotti più grande al mondo ha i suoi vantaggi e Amazon sta iniziando a sfruttarli», ha scritto. Numeri in crescita Da analista Olson mette in fila numeri e previsioni. E lo fa a seguito dei conti del secondo trimestre del 2018, periodo chiuso con utili record a 2,5 miliardi di dollari e ricavi in rialzo del 39% annuo a 52,9 miliardi, sopra le stime degli analisti. Piper Jaffray si aspetta che i ricavi da pubblicità arrivino a 8 miliardi di dollari nel 2018 contribuendo a sostenere gli utili operativi per oltre 3 miliardi. Tra aprile e giugno il bilancio di Amazon mostrava sotto la voce “Altro” – che include principalmente la pubblicità – vendite per 2,2 miliardi (+132% annuo). Qui poi arrivano le due indicazioni che più di tutte devono far riflettere: «Entro il 2020, ci aspettiamo vendite pubblicitarie di Amazon pari a 16 miliardi di dollari ed entro il 2021 crediamo che sia altamente probabile che i profitti generati dall’ advertising superino quelli di ASW», vale a dire la Amazon Web Services (Aws) in cui rientra il cloud computing, la punta di diamante in cui Amazon gode di un primato mondiale. Per stare all’ oggi, il titolo (si veda altro articolo a pagina 9) è salito oltre i 2mila dollari. Attenzione però. Se ci si sofferta sull’ adv è chiaro che per collocare tutto nella maniera opportuna occorre far presente che i rivali nella pubblicità digitale si chiamano Google e Facebook che hanno registrato entrate pubblicitarie nel 2017 per circa 94 miliardi di dollari (Google) e poco meno di 40 miliardi di dollari (Facebook). Non solo vendite «in casa» Detto questo, la previsione di 16 miliardi di dollari è di tutto rispetto, specialmente se si considerano la potenzialità di un gigante che ha dalla sua il vantaggio della vendita al consumatore finale. Cosa può meglio garantire adv a colpo sicuro? «Parliamo senz’ altro – spiega Andrea Lamberti, direttore dell’ Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – del completamento di un’ offerta. Amazon offre possibilità di vendere, ma anche visibilità. E in quest’ ultimo caso, peraltro, sia dentro sia fuori dalla piattaforma. Questo ha rappresentato un cambio importantissimo». Per Lamberti tutto ciò ha prodotto anche una sorta di “competizione” che giocoforza viene a crearsi fra chi vende e chi, dall’ altra parte, non commercializza attraverso il gigante americano dell’ e-commerce. «Io brand che vendo su Amazon ma magari scelgo di non ricorrere a soluzioni e strumenti per la visibilità – aggiunge Lamberti – posso trovarmi a fianco di brand che pur non vendendo sulla piattaforma possono avere ritorni migliori solo per il fatto di investire in adv». La sfida ai big Chiaro che comunque si tratta di un player che, mettendosi a fare sul serio, farà inevitabilmente sentire il fiato sul collo ai big della pubblicità digitale, Google e Facebook. Ne è convinto Antonio Montesano, direttore digital Omd: «In questo momento Amazon è il player che sta crescendo di più in termini percentuali. Non hanno volumi ancora molto alti perché finora non hanno sfruttato per come avrebbero potuto i loro spazi adv». Per quanto riguarda l’ Italia «si sono rafforzati tantissimo nell’ ultimo anno anche come struttura, facendo recruitment all’ interno del mondo della comunicazione». L’ attività delle centrali media con Amazon è di conseguenza «molto aumentata nell’ ultimo anno». Come? «Per quanto ci riguarda – aggiunge Montesano – aiutiamo innanzitutto i nostri clienti a fare campagne search acquistando keywords. Un po’ come si fa con Google, ma qui lo si fa nei luoghi dove si completa l’ acquisto». Per questo gli investimenti, che in questo specifico ambito sono unitariamente contenuti «presentano risultati importanti, con “Roas” (il ritorno sulla spesa pubblicitaria, ndr.) fra il 200 e il 500 per cento». Altra modalità sta nell’ avvio di campagne programmatic «utilizzando i dati Amazon per raggiungere utenti interessati, all’ interno ma anche al di fuori di Amazon». Il gigante dell’ e-commerce, spiega ancora Montesano, «ha fatto accordi con editori per far comparire banner pubblicitari sui loro siti» e raggiungere così quegli utenti che possono avere lasciato tracce di interesse per determinate categorie merceologiche. Le scelte strategiche. In un quadro come questo, al momento, alcuni settori sembrano essere maggiormente interessati di altri dal fenomeno Amazon. Elettronica, beauty ed entertainment sono i settori più “presenti”. Ottimi margini di miglioramento ha il food che però ancora rimane indietro. «Amazon è, alla base, un marketplace», spiega Alessio Angiolillo, managing director di Performics Italia, l’ agenzia di performance marketing appartenente al gruppo Publicis Media. E importante, aggiunge, è anche considerare «la crescente attitudine del consumatore a utilizzare il canale online per fare acquisti». In questo quadro, «ci sono studi che stimano che in Italia il 55% delle ricerche per fare acquisti avvenga su Amazon. Quelle più informative si fanno su Google, ma quelle per acquisto, invece, di più su Amazon». Risultato? Prevedere pianificazioni con il colosso guidato da Jeff Bezos è sempre più da tenere in conto. Ma a fare il primo passo è Amazon o sono i centri media? «Da entrambe le parti» risponde il managing director di Performics Italia che un punto di debolezza in tutta questa costruzione lo vede «nella dispinibilità in tempo reale dei risultati. Qui il sistema lo trovo un po’ non ancora evoluto come i competitor». La «disruption» nel settore. È evidente che per un player come Amazon i margini di crescita siano imponenti, con un giro d’ affari che è previsto in grande aumento nei prossimi anni e soprattutto nell’ adv. A pagarne lo scotto, secondo gli esperti, sarà la raccolta sui mezzi tradizionali e non tanto quella dei big Google e Facebook. Accanto a questo resta il problema di ciò che l’ avanzata di player come Amazon, Google o Facebook può rappresentare anche per il mondo degli intermediari della comunicazione come le centrali media. «Con l’ arrivo delle nuove tecnologie – replica Angiolillo – il rischio di disintermediazione è solo legato a una naturale evoluzione. Non si vive solo però di pianificazione. Noi abbiamo la fortuna di trovarci su una collina e vedere quel che accade di sotto. E di questo ci sarà sempre bisogno». Concorde sul punto il direttore digital di Omd, Antonio Montesano: «Noi serviremo sempre in un mondo in cui la comunicazione è un’ ecosistema. Quando si parla di Amazon è meglio concentrarsi su altri aspetti della discussione. Come per esempio il fatto che ci troviamo dinanzi a un player che dà fattivamente la possibilità di chiudere il processo dalla comunicazione alla vendita. E questo in futuro peserà». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Chessidice in viale dell’ editoria
Italia Oggi
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Raisport, 3 giorni di dirette per il Gran Premio d’ Italia di F1. Tre giorni di dirette a cura di Rai Sport per il Gran Premio d’ Italia di Formula 1 dall’ autodromo di Monza: dalle libere di oggi alla gara della domenica con un lungo pre gara e un post gara per l’ analisi della corsa. In cabina di commento Gianfranco Mazzoni con Emanuele Pirro (ex pilota F1 e 5 volte vincitore di Le Mans) e l’ ingegnere Marco Fainello (veicolista della scuderia Ferrari negli anni d’ oro Schumacher). Nel Paddock Marco Franzelli avrà al suo fianco l’ ex pilota Ferrari Felipe Massa e l’ opinionista storico della Gazzetta Pino Allievi per i commenti. Il segnale internazionale sarà personalizzato con le interviste da parte degli inviati Ettore Giovannelli e Stella Bruno con 4 telecamere. Sandro Iacobini si occuperà del coordinamento giornalistico. Si comincia oggi con Pit Lane in onda su Raisport dalle 10.45 alle 12.45 e si prosegue il pomeriggio con le prove libere dalle 14.45 alle 16.45. Nella mattina di domani ancora appuntamento con Pit Lane per le 3 prove libere dalle 11.45 alle 13.10 su Rai Sport. Nel pomeriggio, su Rai2 dalle 14.15 alle 16.20, la diretta delle prove di qualificazione. Gran Finale su Rai1 domenica con Pole Position dedicato alla gara dalle 14 alle 16.45 e poi il post gara Victory Lane dalle 16.45 alle 17.15. Rai Ragazzi, L’ ora di tuffarsi. Si terrà lunedì 3 settembre a Roma, presso la sede Rai di via Teulada, l’ iniziativa «L’ ora di tuffarsi», ideata da Rai Ragazzi e rivolta ai giovani autori di animazione. Dopo aver risposto al bando diffuso online nel giugno scorso ed essere stati selezionati, gli 11 giovani partecipanti avranno la possibilità di presentare i loro 10 progetti inediti (uno è a doppia firma) davanti alla struttura Cartoni animati di Rai Ragazzi e ad altri esperti del settore, tra cui una delegazione di produttori indipendenti. I selezionati hanno un’ età media di 25 anni: le più giovani sono due ragazze di 22 anni, una di Milano, l’ altra di Messina. Ogni partecipante avrà a disposizione 30 minuti per presentare il proprio progetto e rispondere alle domande.
Sky tratta il rinnovo con Eurosport
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Gli abbonati a Sky appassionati di tennis vivono giorni di ansia. Oggi infatti scade il contratto che lega Eurosport, e gli altri canali televisivi di Discovery Italia, alla piattaforma a pagamento di Sky. E, da un punto di vista formale, da domani, in caso di mancato rinnovo, il segnale di Eurosport, che in questi giorni sta trasmettendo in esclusiva gli Us Open di tennis da New York, verrà spento su Sky, restando disponibile solo su Eurosport Player, su TimVision, e per i vecchi abbonati a Premium Calcio di Mediaset. I vertici dei due gruppi televisivi stanno trattando in queste ore in maniera serrata. E, ovviamente, è tutta una questione di soldi. I canali di Eurosport hanno ottimi ascolti su Sky, e Alessandro Araimo, numero uno di Discovery in Italia, e la sua squadra provano a strappare il contratto più ricco possibile facendo forza su una notevole serie di esclusive, che vanno dal tennis al golf, al basket o al ciclismo passando per gli sport invernali, l’ atletica leggera, il nuoto, lo snooker ecc. Ci si confronta, tuttavia, con un team di Sky che dall’ amministratore delegato Andrea Zappia ha ricevuto un mandato preciso: contenere i costi per i prossimi esercizi, riducendo al massimo ogni possibile fronzolo non così indispensabile. Sky Italia, infatti, a seguito delle ultime aste per i diritti tv della Serie A di calcio, della Champions league e della Europa league, si troverà a spendere almeno 600 milioni di euro in più all’ anno per i prossimi tre anni. Necessario tirare la cinghia dove si può. E, in questo senso, ne ha già fatto le spese Fox Sports, canale in esclusiva su Sky che a fine giugno ha chiuso i battenti dopo il mancato rinnovo del contratto da parte di Zappia e co. C’ è già un recentissimo precedente che non depone a favore delle capacità di accordarsi da parte dei due gruppi: in gennaio Sky e Discovery-Eurosport discussero a lungo per la trasmissione delle Olimpiadi invernali a Pyeongchang, in Corea del Sud. L’ evento olimpico era in esclusiva su Eurosport, che tuttavia chiedeva sia a Sky, sia a Premium una fee aggiuntiva rispetto al normale compenso, poiché riteneva i Giochi un contenuto speciale. Premium concesse la fee, Sky tenne il punto, e le Olimpiadi di Pyeongchang, tra il 9 e il 25 febbraio, si videro solo su Premium, mentre Sky rinunciò all’ evento. Insomma, tenuto conto dei vari dossier in campo, in questa trattativa di fine agosto Sky sembra avere il coltello dalla parte del manico: tira sul prezzo e sa bene che Discovery non ha altre piattaforme così efficienti cui rivolgersi per la distribuzione dei suoi canali. Peraltro, cosa che a Sky piace sempre di meno, i canali di Eurosport non sono una esclusiva per il gruppo guidato da Zappia, poiché sono visibili pure su TimVision, su Premium (fino alla estate 2019) e sull’ ott Eurosport Player, che inoltre fornisce molti altri contenuti aggiuntivi. Una piattaforma di live streaming, quella di Eurosport Player, che nel corso del tempo ha comunque dimostrato di essere efficiente, fornendo un segnale buono ai clienti. Non esattamente quello che sta facendo Dazn in questi primi esperimenti di live streaming della Serie A di calcio, dove i problemi di ricezione del segnale sono stati diffusi in tutta Italia. © Riproduzione riservata.
Hearst Italia mantiene l’ utile
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Il 2017 per Hearst Magazine Italia non è stato un anno brillante se si guardano le variazioni sulle diffusioni e sulla raccolta pubblicitaria. Ma è andato comunque bene se si fa il confronto con l’ andamento del mercato di riferimento e si guarda l’ ultima riga di bilancio che riporta ancora un segno positivo. Il gruppo guidato da Giacomo Moletto lo scorso anno ha messo in atto azioni di razionalizzazione i cui risultati si vedranno in bilancio quest’ anno, senza contare che le riduzioni dei costi sono proseguite anche nella prima metà del 2018. Ma la novità imminente per Hearst è di tipo editoriale: lunedì ci sarà un importante annuncio su cui la società in queste ore sta mantenendo riserbo, ma che secondo quanto risulta a ItaliOggi riguarderà la direzione di Elle, rimasta sguarnita dopo che a febbraio Danda Santini è passata a Io Donna di Rcs. Nuovo direttore dovrebbe essere Maria Elena Viola che attualmente sta facendo un buon lavoro con Gioia ed è probabile che da settembre regga entrambi i magazine. Moletto potrebbe non fermarsi a questo e secondo rumors l’ annuncio riguarderebbe anche altre decisioni dell’ a.d sulle testate. Tornando ai conti 2017, come detto, i ricavi sono stati in flessione: 68 milioni di euro in totale, -3,6% rispetto ai 70,5 milioni di un anno prima. A soffrire maggiormente sono state le diffusioni: 18 milioni di euro, in calo del 7% con le vendite di collaterali praticamente azzerate. Dalla pubblicità, poi, arriva la fetta maggiore dei ricavi come al solito: 35,4 milioni la raccolta su carta, in calo del 2,7%, e oltre 5 milioni da quella digitale, in crescita questa volta dell’ 1%. In ogni caso i numeri mostrano come il gruppo ha retto in fatto di raccolta, soprattutto perché opera in un settore difficile come quello dei periodici (-6% il dato di mercato). A fronte di una flessione dei ricavi c’ è stato però anche un calo dei costi. Fra gli altri il costo del personale è diminuito del 6,9% dopo la cassa integrazione a inizio 2017 e le varie uscite, dai prepensionamenti agli esodi volontari, che hanno interessato 32 dipendenti (e all’ inizio di quest’ anno si è proseguito con un altra tranche di esodi). Alla fine, con varie altre azioni su accantonamenti e svalutazioni, il risultato operativo del 2017 è risultato in miglioramento rispetto a quello del 2016 (-162 mila euro contro -1,1 milioni) e l’ utile ante imposte pari a 285 mila euro contro i 450 mila precedenti. L’ utile netto è stato di 232 mila euro, in sostanziosa diminuzione rispetto agli 1,9 milioni di un anno prima, ma quel risultato era stato beneficiato parecchio dai proventi riguardanti la tassazione consolidata di gruppo. La società italiana ha comunque distribuito un bel dividendo alla controllante, la International Publications Holding Bv con sede in Olanda: non solo la maggior parte dei 232 mila euro del 2017 ma anche 1,78 milioni dalla riserva utili portati a nuovo. © Riproduzione riservata.
L'articolo Rassegna Stampa del 31/08/2018 proviene da Editoria.tv.