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Rassegna Stampa del 30/08/2018

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Indice Articoli

Stallo sul cda Rai, torna l’ ipotesi di Foa presidente

Calcio, il bluff di Dazn tra trucchi e risparmi

«QUANTI RISCHI PER DAZN E SKY»

Quasi duemila euro all’ anno per vedere bene tutte le partite

La Formula 1 che trasforma Milano, una grande festa di sport e pubblico

brevi

Nielsen rileva nella Penisola le audience pubblicitarie di YouTube sul mobile

Watch, la tv di Facebook in Italia

Tv, c’ è uno spot apposta per te

Niente pubblicità pro-Arabia Saudita nelle tv britanniche

Da Buzzati a Lansdale, scrittori a fumetti

Stallo sul cda Rai, torna l’ ipotesi di Foa presidente

Il Fatto Quotidiano

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Stefano Feltri – Sorpresa: il prossimo presidente della Rai, dopo la bocciatura di Marcello Foa in commissione parlamentare di Vigilanza, potrebbe essere Marcello Foa. L’ ultima dichiarazione politica sul punto è quella di Luigi Di Maio, vicepremier M5S , l’ 8 agosto: “Nessuno può obbligare un membro del cda a dimettersi, Foa è una persona di indiscussa capacità professionale”. Riassunto delle puntate precedenti: il governo indica i due membri del consiglio di amministrazione della Rai che gli spettano. L’ amministratore delegato Fabrizio Salini, suggerito dal Movimento 5 Stelle, e il presidente Marcello Foa, prescelto dalla Lega. Mentre Salini diventa subito operativo, per il presidente serve il voto favorevole dei due terzi della commissione di Vigilanza. Il primo agosto Foa ottiene la maggioranza, 22 voti, ma cinque in meno del quorum richiesto di 27. Bocciato come presidente, resta però in cda, in quanto consigliere più anziano ha anche diritto a esercitare pro tempore le funzioni di presidente. Circola per qualche tempo l’ idea di trovargli un altro incarico, magari come direttore di rete, in modo da spingerlo a dimettersi (ha lasciato il suo precedente lavoro da ad nel gruppo Corriere del Ticino) e permettere al governo di indicare un nuovo consigliere capace di raccogliere più consenso come presidente. Secondo quanto riferiscono al Fatto fonti molto vicine al dossier, questa idea è ormai stata abbandonata. Foa è stato bocciato per la rottura tra Lega e Forza Italia che ha votato contro anche se il giornalista ha passato quasi tutta la carriera al Giornale di Silvio Berlusconi. Non era una contrarietà di merito, ma di metodo perché Berlusconi non era stato consultato sul nome con adeguato anticipo. Il Cavaliere pare si fosse convinto, ma un pezzo del partito guidato da Antonio Tajani ha comunque scelto la rottura. Consumata la prova di forza che ha ricordato ai leghisti l’ esistenza di un altro partner in quella che era la coalizione di centrodestra, si può andare avanti. Solo sbloccando Foa si può procedere con le altre nomine, quelle dei direttori di rete e dei telegiornali, una trattativa tutta in mano ai partiti nella quale Forza Italia può reclamare qualche casella in cambio del voto in commissione di Vigilanza. Nel frattempo, l’ ad Fabrizio Salini lavora su tutti i dossier che non sono paralizzati dalla politica, a cominciare da quel rilancio del sito di news che si era arenato nella fase finale della gestione precedente. I palinsesti sono già definiti fino alla primavera ma, una volta superato lo stallo, si capirà se i Cinque Stelle manterranno i loro bellicosi propositi che hanno come primo bersaglio Fabio Fazio con il suo show su Rai1.

Calcio, il bluff di Dazn tra trucchi e risparmi

Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Un bluff per i tifosi. Ieri, come si pronuncia Dazn. Oggi, come si maledice Dazn. È un attimo. Il telespettatore pagante ha sperimentato già l’ ampia gamma di disservizi del gruppo inglese che, attraverso Internet, trasmette in esclusiva tre gare su dieci di Serie A: immagini sgranate, partite interrotte, ritardi anche oltre i 15 minuti, altro che diretta dai campi di gioco. Quello che il telespettatore pagante ignora, però, è che i dirigenti di Dazn sono consapevoli degli scarsi mezzi tecnici di cui dispongono. Per un semplice motivo: non hanno investito abbastanza per accogliere milioni di tifosi. Per adesso sono 700.000 gli italiani che hanno attivato il mese gratis per due visioni in simultanea a contratto. Più fonti del settore spiegano al Fatto che Perform – la multinazionale che controlla Dazn – ha un rapporto ordinario (si legga, al risparmio) con Telecom, l’ operatore nazionale di rete, e una filiera di “cdn” Akamai – i server per la consegna dei dati al cliente – insufficiente per mantenere le promesse al pubblico: la Serie A in alta definizione su televisori, computer, cellulari, cioè qualsiasi dispositivo connesso. “Non c’ è differenza tra le gare su Dazn e un video live su Facebook di un utente”, chiosa una fonte che ha trattato con gli ingegneri di Dazn. Per placare le proteste dei tifosi, dopo lo sciagurato esordio nel mercato italiano con Lazio-Napoli, James Rushton di Perform ha assicurato il telespettatore pagante e ormai furibondo: lavoriamo con Telecom per perfezionare la piattaforma Dazn. Il lavoro non è concluso, perché non è davvero mai cominciato. Perform e Telecom hanno trascorso assieme parecchie mattine in parecchie riunioni: invano, zero acquisti, zero novità. Così la scorsa settimana, per l’ anticipo del sabato Napoli-Milan, Dazn ha provato con il “nero”: schermo bloccato per guadagnare minuti preziosi e “bufferizzare” – caricare la partita in differita sulla memoria temporanea – il dispositivo e ridurre le pause. Non ha funzionato. E i tifosi di Parma-Juve, l’ evento di Dazn per la prossima giornata di campionato, non saranno più fortunati. Va cerchiata in rosso la data del 26 dicembre: l’ intera Serie A in un’ unica fascia oraria, un festivo fra i festivi, e Dazn ha Inter-Napoli. Con le attuali condizioni il sistema può collassare. Allora Dazn è masochista? No, persegue una strategia. Finché non capisce quanti italiani restano incagliati al contratto – che può essere disdetto, ripetiamo, dopo un mese – non fa spese a lungo termine. È accaduto già in Giappone, Germania, Canada: lì Internet va veloce e arriva ovunque. Al momento, Dazn ha 700.000 clienti in Italia: forse hanno aspettative troppo basse. Anche perché recuperare il denaro speso in Italia con 700.000 telespettatori paganti a 109,89 euro ciascuno all’ anno – reclutati pure con i patti commerciali con Sky Italia, Mediaset e la stessa Tim – è logicamente azzardato. Perform ha conquistato all’ asta un pezzo di Serie A per un triennio a 579 milioni di euro, più altri 66 per la Serie B. I ricavi nel mondo di Dazn, nel 2017, erano di 100 milioni: la metà dei soldi garantiti alla Lega Calcio per una stagione (193). Complicato reperire risorse in Italia. Il miracoloso avvento di Dazn ha soddisfatto un paio di esigenze. Quella dei padroni del pallone di incassare più quattrini per non affondare. Quella di Sky di svolgere il ruolo di monopolista con un concorrente assai debole. Nessuno s’ è chiesto cos’ è Dazn, un modesto satellite di un gruppo che fa affari con le scommesse: offre una multitudine di informazioni agli allibratori per calibrare le quote. In cima a Perform c’ è il russo Leonard Blavatnik, tra gli uomini più ricchi del Regno Unito con un patrimonio di 21 miliardi di dollari, passaporto americano, capo di Warner Music. L’ Antitrust ha aperto un’ istruttoria su Dazn e Sky. I colleghi dell’ Autorità per le Comunicazioni pare siano ancora in vacanza, ma il commissario Antonio Nicita ha annunciato su Twitter che indagheranno. Con notevole ritardo. Come le partite su Dazn.

«QUANTI RISCHI PER DAZN E SKY»

Il Mattino
Bruno Majorano
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Non solo parole ma anche fatti. Ecco perché adesso quanto trapelato nei giorni scorsi circa un procedimento da parte dell’ Antitrust nei confronti di Sky e Dazn – le due emittenti che trasmettono le gare del campionato di serie A – potrebbero davvero essere fondate. «L’ Antitrust è molto pignola e, se decide di procedere, è perché ha davvero qualcosa in mano». Ne è sicuro Marco Lo Bue, avvocato palermitano esperto di Antitrust e proprietà intellettuale. «Tuttavia, nelle prossime settimane le parti potranno impegnarsi a modificare la propria condotta e ad evitare le sanzioni». LE ACCUSE Ma andiamo con ordine. L’ Agcm (Autorità garante della concorrenza del mercato) ha preso in analisi le condotte di Sky e Dazn circa la pubblicità e la vendita dei pacchetti delle gare del campionato in corso. «Avendo lavorato in Agcm credo che ci siano sufficienti elementi per andare avanti – spiega l’ avvocato Lo Bue – ed è difficile che non si assuma una decisione, si tratti di una multa o di un impegno a cambiare le condizioni per i consumatori». IL PRECEDENTE Secondo l’ avvocato Lo Bue, infatti, c’ è già un contenzioso aperto tra Agcm e Sky, cosa che potrebbe rendere ulteriormente accesa la vicenda. «Sono in guerra con Sky e hanno già procedimenti aperti. Nel 2016 il gruppo televisivo è stato sanzionato per svariati milioni per un’ intesa con Mediaset. Procedimento ancora pendente perché il Tar ha annullato il provvedimento». Ma nel caso attuale la sanzione potrebbe essere comunque limitata. «Essendo un procedimento promosso dall’ Agcm a tutela dei consumatori, infatti, la sanzione può essere al massimo di 5 milioni. I consumatori potrebbero poi fare un’ azione dinnanzi al tribunale e ricevere ulteriori risarcimenti». DAZN E poi c’ è la vicenda legata a Dazn, che nel caso di specie ha una duplice problematica: da una parte quella legata allo slogan pubblicitario «Quando vuoi e dove vuoi» e l’ altra connessa alla sottoscrizione di un contratto gratuito per il primo mese. «Ci sono effettivamente delle limitazioni al servizio che non può essere consumato ovunque. Innanzitutto per limitazioni tecniche e poi l’ esperienza delle prime due giornate che ne ha evidenziato le criticità. Non puoi dire quando vuoi e dove vuoi e poi non fai arrivare il servizio», spiega l’ avvocato Lo Bue. E poi la vicenda legata al contratto. «Bisogna specificare che seppure il primo mese sia gratuito, il contratto c’ è. E una volta che hai firmato se non fai nulla sei legato a loro». Alla luce di questi elementi, però, sorge spontaneo capire se le tematiche siano risolvibili. LA DIFESA «Le parti potranno argomentare le proprie tesi e presentare degli impegni che limiteranno la portata delle condotte potenzialmente illecite. Se fossi l’ avvocato delle parti presenterei immediatamente degli impegni precisi. Per Dazn, invece, il problema rischia di essere più grave perché se ci sono delle problematiche tecniche bisognerebbe prima risolvere quelle. Per la pubblicità, invece, basterebbe interromperne la diffusione. A questo punto se gli impegni vengono accolti non partiranno neanche le sanzioni perché cambia la condotta delle parti e il risultato viene raggiunto dall’ Autorità». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Quasi duemila euro all’ anno per vedere bene tutte le partite

Il Tempo
SIMONE PIERETTI
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Le categorie di consumatori protestano e presentano esposti per il doppio abbonamento necessario per vedere il campionato di Serie A, l’ Antitrust indaga. La nuova rivoluzione tecnologica che ha investito il mondo del calcio va a colpire direttamente le tasche degli italiani, e non sono certo i sessanta euro che chiede Dazn per dare accesso alla visione delle partite ad allarmare i potenziali spettatori. Se la gabella fosse soltanto questa, alla fine un appassionato potrebbe anche cedere alla tentazione. Ma al di là della visione più o meno fluida delle partite, c’ è molto di più da sapere. E soprattutto, molto di più da spendere. E necessario un passo indietro per tornare al punto di partenza; nella passata stagione l’ intero campionato si vedeva con un abbonamento a Sky Calcio. Più la corrente elettrica necessaria per far funzionare tv e decoder. Oggi, non basta più neanche la tv, perché se non è una Smart Tv di nuova generazione, non può avere accesso all’ applicazione di Dazn sullo schermo. Il costo medio di una tv pronta per l’ uso (a seconda del modello, delle funzioni, e della grandezza dello schermo) si aggira intorno ai 500 euro. La Smart Tv, a questo punto nuova di zecca, serve per avere l’ accesso a internet. Ma per far funzionare la rete, è necessaria la banda larga, serve una connessione veloce per la trasmissione dati. In media, visitando le offerte proposte dalle varie compagnie telefoniche, un abbonamento costa 25 euro al mese (centesimo più, centesimo meno). Il conto sale a 800 euro. Ma siamo ancora all’ inizio. Perché una volta acquistata la tv con l’ imprescindibile abbonamento a banda larga, è necessario sottoscrivere i due abbonamenti. Se un appassionato è arrivato a comprare un nuovo televisore per collegarlo a internet, a questo punto – tra un vecchio decoder di Sky, e il nuovo Sky Q – opterà per la scelta migliore, ovvero la seconda. Il costo annuale per abbonarsi a Sky Q, con l’ accesso a Sky Sport e a Sky Calcio costa 880 euro per 12 mesi. A questo punto, per vedere anche le tre partite prodotte da Dazn, basteranno i famosi 60 euro annuali del ticket. Il totale è di 1740 euro. Il discorso è ovviamente differente qualora l’ appassionato abbia già una Smart Tv (ammesso sia recente) con l’ abbonamento a banda larga. A quel punto sarebbero necessari soltanto i due munque la stessa. Intanto non si placano le polemiche da parte delle Associazioni dei consumatori che continuano a soffiare sul fuoco; ieri Assoconsumo è tornato sulle criticità che hanno caratterizzato le prime due giornate di campionato. «Nelle prime due giornate i consumatori hanno fatto da tester e non hanno potuto vedere le partite – ha dichiarato il portavoce Ivo Tarantino – Dazn deve quindi garantire un mese gratis extra per tutti gli abbonati».

La Formula 1 che trasforma Milano, una grande festa di sport e pubblico

Italia Oggi

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Due Ferrari (e due Sauber) non fanno un Gran Premio ma a bordo transenna, al Milan festival organizzato ieri dal circuito di Formula 1 (Liberty Media) e dal Comune di Milano sulla Darsena dei Navigli gli spettatori, turisti e milanesi, inclusi tanti bambini entusiasti, ci credono davvero: «Vedrete che lo faranno un percorso cittadino, come a Monte Carlo», dice un signore tra il pubblico che da anni segue le corse e andrà al prossimo Gran Premio di Monza (si terrà domenica). Che si voglia credere o meno al sogno, intanto sui Navigli e per le strade cittadine è grande festa e durerà altri tre giorni. La tappa milanese ha colto molti di sorpresa e, soprattutto entusiasmato. Più che «una macchina da soldi e gas di scarico» come ieri un comunicato del M5s ha avuto l’ ardire di definire, l’ evento ha mostrato ciò che la Formula 1 è capace di calamitare evidenziando anche il lato quasi ingenuo del fronte dei commercianti. L’ unico rivenditore di merchandising ufficiale in Darsena accoglieva con «do you speak english?» e non ha aperto che alle 15, risultando quindi irraggiungibile ai più. Né sono state prese misure d’ assalto per il pubblico: niente ambulanti con cappellini o generi di prima necessità. Sarebbero serviti: ieri qualsiasi bar con un piccolo chiosco esterno con l’ acqua e una cassa avrebbe fatto l’ incasso del mese, anche perché i capannelli sono cominciati alle 12, mentre dal team Ferrari ci si prestava alle foto di rito con i bambini. La festa che ha trasformato la curva di via D’ Annunzio in una Portier meneghina, e ha portato i meccanici della Ferrari e della Sauber davanti all’ elettrauto Colella di via Gian Galeazzo, ha avvicinato spettatori e auto senza strafare. Né i locali su strada, né il tessutaio Raponi, un’ istituzione della zona, hanno pensato ad esempio ad appendere stoffa a scacchi e coccarde rosse. Insieme all’ asfalto nuovo che il quartiere eredita c’ erano gli sponsor a bordo pista (Pirelli, Sky, Ferrari, fra gli altri) e le presenze dei brand in Darsena (inclusa una matitona di Ikea). Ma ieri era tutto troppo bello per essere notato e l’ entusiasmo ha coperto i mugugni dei residenti e la botta presa dal Ferrarista Sebastian Vettel. Il rosso della Formula Uno (e della Ferrari) che colora Porta Ticinese e la Darsena ha evidenziato la passione per lo sport e per i motori. © Riproduzione riservata.

brevi

Italia Oggi

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Nonno Nanni di nuovo on air. Nonno Nanni torna in comunicazione a fianco di Saatchi & Saatchi con una nuova campagna pubblicitaria che ha per protagonista lo Stracchino. Dopo gli spot da 20″ e 15″ andanti in onda a partire dal 5 agosto, dal 2 all’ 8 settembre ripartirà un nuovo film da 15″ pianificato sulle principali emittenti del digitale terrestre e satellitari: 39 reti tra Rai, Mediaset, Cairo e Sky, con l’ obiettivo di raggiungere 585 milioni di contatti. La strategia di comunicazione ha visto inoltre interessate le più rilevanti piattaforme video, tra cui Mediamond e Raiplay, diversi portali femminili, di cucina e dedicati al mondo dell’ informazione. La direzione creativa dello spot è di Alessandro Orlandi e Manuel Musilli, la casa di produzione Think Cattleya con la regia di Michael Sewandono. 3 rinnova l’ app per il servizio clienti. 3 ha rinnovato la propria applicazione mobile di self-care Area Clienti 3, che ora si chiama My3. Nuova interfaccia grafica e funzionalità innovative, grazie anche all’ introduzione dell’ assistente digitale ‘Trelpy’. In particolare, l’ app My3 permette di accedere ai servizi di assistenza direttamente dal dispositivo mobile, in totale semplicità e autonomia. È possibile, ad esempio, visualizzare l’ offerta attiva, monitorare i consumi, consultare le fatture, ricaricare e gestire le proprie sim. Euronics al Restart. Dal 30 agosto al 12 settembre sarà attiva Restart, la nuova campagna di Euronics che prevede tagli di prezzi su un’ ampia selezione di prodotti e un’ iniziativa per rottamare il vecchio Portatile e portarsi a casa una nuova console playstation Sony. L’ attività promozionale dell’ insegna dell’ elettronica di consumo è curata dall’ agenzia di entertainment marketing Wepromo. Grindr, in collaborazione con Bucksense, lancia un prodotto pubblicitario self-service. Grindr, il social network rivolto a un target maschile gay, bisessuale e transessuale, e la piattaforma programmatica Bucksense hanno annunciato ieri il lancio di Grindrads.com, il nuovo servizio self service che, grazie a Directopub (la nuova piattaforma di Bucksense) consentirà agli investitori pubblicitari di qualsiasi dimensione e budget di entrare in contatto con la comunità LGBTQ.

Nielsen rileva nella Penisola le audience pubblicitarie di YouTube sul mobile

Italia Oggi

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Nielsen ha introdotto in Italia e Australia la rilevazione delle audience degli annunci pubblicitari (video e banner) nell’ applicazione mobile di YouTube, tramite Nielsen Digital Ad Ratings (Dar). Il servizio amplia la misurazione delle inserzioni, finora attiva nel nostro paese solo su browser (sia desktop che mobile), fornendo agli investitori una panoramica indipendente e completa delle performance pubblicitarie su YouTube. Grazie a questa nuova funzionalità di Nielsen Dar, il mercato avrà a disposizione un’ analisi totale del pubblico esposto agli annunci pubblicitari su YouTube: gli investitori della Penisola potranno conoscere le caratteristiche demografiche (età e sesso) degli utenti che visualizzano le pubblicità su browser e sull’ app mobile, oltre a ottenere le consuete metriche di copertura, frequenza e Grp. La misurazione degli annunci su YouTube segue una metodologia coerente con quella utilizzata per la misurazione di tutti gli altri contenuti pubblicitari rilevati tramite Dar, consentendo agli investitori di valutare e ottimizzare la propria pianificazione pubblicitaria indipendentemente dalle piattaforme utilizzate, avvalendosi di una misurazione basata su individui de-duplicati cross-piattaforma. Con Nielsen Dar, inserzionisti, editori e agenzie potranno conoscere più a fondo il proprio pubblico pubblicitario su YouTube utilizzando metriche comparabili a quelle già utilizzate sui mezzi tradizionali, tv inclusa. «Le audience dei contenuti video su piattaforme e dispositivi digitali sono in grande espansione», commenta Luca Bordin, general manager media sales & solutions di Nielsen. «È quindi fondamentale per il mercato pubblicitario avere a disposizione una misurazione completa della piattaforma YouTube: Digital Ad Ratings è oggi in grado di fornire anche in Italia un quadro completo e indipendente per la post-valutazione e l’ ottimizzazione delle campagne su questa piattaforma, che rappresenta una grossa quota della pubblicità video mobile. Considerando la complessità e la frammentazione delle audience digitali e dei contesti di fruizione siamo particolarmente orgogliosi di questo nuovo lancio, che offre un ulteriore contributo di trasparenza e consapevolezza agli investitori italiani». Le rilevazioni Dar dell’ applicazione mobile di YouTube sono già disponibili negli Stati Uniti da giugno 2017, in Canada e Giappone da ottobre 2017 e in Regno Unito, Francia e Germania da gennaio di quest’ anno.

Watch, la tv di Facebook in Italia

Italia Oggi
MARCO LIVI
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La tv di Facebook arriva anche in Italia. A un anno dal lancio negli Stati Uniti, il social di Mark Zuckerberg sta portando la sua piattaforma di video Watch negli altri paesi. La società ha annunciato con un post ieri sul blog che la Watch sarà disponibile a livello globale, e nelle prossime settimane si avrà l’ aggiornamento dell’ app che ne permetterà la visione. Facebook Watch sarà disponibile su dispositivi iOS e Android nell’ app Facebook, oltre che su Apple TV, Samsung Smart Tv, Amazon Fire TV, Android Tv, Xbox One e Oculus TV. «Abbiamo lanciato Watch negli Stati Uniti un anno fa per offrire alle persone un posto su Facebook in cui trovare i loro programmi e creator di video più amati e per avviare conversazioni in merito con amici, altri fan e persino i creator stessi», si legge nel post. «Nell’ ultimo anno, abbiamo reso l’ esperienza più social, ad esempio consentendo di vedere con più facilità i video che gli amici hanno condiviso o a cui hanno messo «Mi piace», creando programmi incentrati sulla partecipazione del pubblico e aprendo Watch ai video delle Pagine. Questi aggiornamenti hanno aiutato le persone a scoprire e interagire in modo maggiore con i video che amano, da Red Table Talk con Jada Pinkett Smith, al programma dietro le quinte del magnate del settore della cosmesi Huda Kattan, Huda Boss, fino alle partite in diretta della MLB (la Lega maggiore di baseball americano, ndr)». Per altro è lo sport uno degli ambiti in cui ci si aspetta più presenza della tv di Facebook nei prossimi anni. Facebook spiega inoltre che l’ espansione di Watch a livello globale comporta anche nuove opportunità per i creatori di contenuti video e per gli editori. La società sta ampliando il programma di ad break, gli inserti pubblicitari, in modo che un numero maggiore di partner possa guadagnare dai propri video, oltre a offrire nuovi dati statistici, strumenti e best practice per realizzare i contenuti. © Riproduzione riservata.

Tv, c’ è uno spot apposta per te

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Una pubblicità per Maria e un’ altra per Franca, che pure stanno guardando lo stesso programma tv e nello stesso momento. Solo che a Maria appare lo spot della catena di supermercati locali, mentre a Franca, che abita a 1.000 chilometri di distanza e non è così votata all’ economia domestica, compare quella di un cosmetico strepitoso. Miracoli dell’ addressable tv, la tv indirizzabile, in cui la pubblicità è personalizzata sul telespettatore staccandosi dal flusso televisivo tradizionale. Un po’ quello che accade su Internet, insomma, e infatti il presupposto perché ci possa essere l’ addressable tv è il collegamento del televisore o del set top anche alla rete. Ancora il fenomeno è marginale e non ci sono dati completi: qualche mese fa eMarketer aveva stimato che negli Usa l’ addressable tv avrebbe raggiunto quest’ anno i 2,25 miliardi di dollari di raccolta ovvero il 3% dell’ investimento totale in tv, in crescita del 79% sul 2017. L’ anno prossimo dovrebbe raggiungere i 3 miliardi di dollari, il 4% del totale. In ogni caso la certezza è che l’ addressable tv sarà parte naturale del mezzo in futuro, quando i dispositivi sul mercato saranno tutti ibridi e non ci si accorgerà nemmeno che si sta guardando un video broadcast o dalla rete. Certo detto oggi con i problemi di Dazn suona strano, ma accadrà. L’ Italia è piuttosto in ritardo su questo fronte. Il motivo è che nel paese la tecnologia che abilita l’ addressable tv è stata adottata soltanto lo scorso anno, quindi solo i nuovi apparecchi la incorporano. Si tratta della HbbTv, Hybrid Broadcast Broadband TV, che permette a un televisore o a un set top box di essere ibrido, unendo le trasmissioni lineari (digitale terrestre, sat o altro) con Internet. Secondo le stime degli operatori sono 4 milioni attualmente i televisori HbbTv installati nella penisola, mentre a livello europeo sarebbero 44 milioni. Già Mediaset ha realizzato campagne di addressable tv a partire dall’ anno scorso, mentre Sky a livello europeo e poi in Italia ha lanciato AdSmart potendo utilizzare i propri decoder MySky anche per salvare gli spot personalizzati da mostrare al momento opportuno. Si stanno muovendo poi anche gli altri operatori come Discovery e Viacom che nelle scorse settimane hanno lanciato campagne per alcuni grandi marchi di diversi settori, in collaborazione con smartclip, una società che opera nell’ addressable tv controllata dal gruppo media tedesco Rtl e presente in Italia dal 2011. «Questa per noi è una fase preliminare», racconta Luca Di Cesare, che guida smartclip in Italia. «La sostituzione degli spot video con quelli personalizzati presenta ancora qualche complicazione: con connessioni e televisori ancora lenti c’ è il rischio che compaia il nero al posto dello spot, e se sulla rete si aspetta normalmente di caricare i video, in tv questo non è accettabile. Perciò oggi ci si sta concentrando su un tipo nuovo di pubblicità display per la tv: banner a forma di L, una sorta di cornice che restringe il contenuto per qualche secondo. Non sono all’ interno dei break tradizionali e non vanno in sovraimpressione. Inoltre sono interattivi perché basta premere un tasto sul telecomando per avere contenuti e informazioni ulteriori. Ovviamente hanno tutte le caratteristiche dell’ addressability e compaiono in tempi e con contenuti diversi da spettatore a spettatore». Smartclip è insieme una concessionaria di pubblicità e piattaforma tecnologica che collabora con altre concessionarie. In Europa ha accordi con una settantina di canali tv e una decina in Italia: brand di Discovery e Viacom, già citati, e Hse24 fra gli altri. Per i broadcaster si tratta di spazio pubblicitario supplementare perché non rientra nei break tradizionali e quindi non viene conteggiato nell’ affollamento televisivo. Questo perché le norme attuali ovviamente non contemplano tale forma di pubblicità e sarà da vedere quello che accadrà in futuro. Per contro un broadcaster sa esattamente quante persone hanno visto una determinata pubblicità. Altro capitolo è poi quello dell’ invasività dei banner: sul web gli stessi operatori si stanno autoregolamentando per evitare di infastidire l’ utente con pubblicità eccessive e invasive che porterebbero a un calo dell’ audience. Probabilmente i grandi operatori televisivi, che investono nei loro palinsesti, staranno attenti già da subito a non allontanare telespettatori con i banner dell’ addressable tv. Infine ci sarà ovviamente la questione privacy da affrontare, alla stregua di quello che già accade con la pubblicità online. «Nei prossimi tre-cinque anni tutta la pubblicità televisiva userà questa tecnologia», conclude Di Cesare. «Ma per il consumatore cambierà poco, perché oggi c’ è il flusso della tv tradizionale, domani quello internet con sostituzione degli spot uguali per tutti a favore di quelli personalizzati. Questo potrebbe essere un vantaggio per il telespettatore: vedrebbe inserzioni sulla base dei propri interessi e non sarebbe sovraesposto allo stesso messaggio troppe volte».

Niente pubblicità pro-Arabia Saudita nelle tv britanniche

La Repubblica

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Donne al volante, cinema nuovi di zecca, atlete in pista? No, grazie. Almeno se arrivano dall’ Arabia Saudita. Ofcom, l’ autorità garante per le telecomunicazioni del Regno Unito ha proibito la messa in onda di spot che pubblicizzino Vision2030, il piano di riforme con cui il principe ereditario Mohammed Bin Salman vuole cambiare volto a uno dei Paesi più conservatori del mondo. Gli spot erano andati in onda in occasione delle visita di Mbs nel Regno Unito: solo Sky 1, riporta il Guardian, li aveva trasmessi 56 volte in tre giorni. Ma per Ofcom la pubblicità ha uno scopo politico: e per questo va bocciato. L’ ultimo colpo in una relazione che è molto fiorente dal punto di vista politico – anche grazie ai milioni di dollari di armi che Londra vende a Riad – ma che l’ opinione pubblica britannica non vede affatto di buon occhio. – Francesca Caferri.

Da Buzzati a Lansdale, scrittori a fumetti

La Stampa
STEFANO PRIARONE
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Colleghi e amici, quando per caso vengono a sapere che io leggo volentieri le storie di Paperino, ridono di me, quasi fossi rimbambito. Ridano pure. Personalmente sono convinto che si tratta di una delle più grandi invenzioni narrative dei tempi moderni. Così comincia l’ introduzione di Dino Buzzati per il primo Oscar Mondadori dedicato al fumetto, Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni , uscito nell’ agosto del 1968, 50 anni fa, che ristampava alcune celebri storie del ricco papero disneyano a opera del suo creatore Carl Barks. Per l’ epoca, vista la bassa considerazione della quale godeva il medium fumetto è una sorta di «coming out» da parte dell’ autore del Deserto dei Tartari , che paragona Paperino e Paperone ai «personaggi di Molière, o di Goldoni, o di Balzac, o di Dickens». Lo stesso Buzzati l’ anno successivo pubblica Il poema a fumetti , una delle prime graphic novel italiane e senz’ altro il primo romanzo a fumetti scritto e disegnato da un romanziere. Nel mondo anglosassone, dove comunque i fumetti, come in Italia, non erano molto ben visti, già allora era più facile per uno scrittore passare da un medium all’ altro. L’ americano Harlan Ellison, noto autore di fantascienza (scomparso lo scorso 28 giugno a 84 anni) nel 1971 sugli albi della Marvel aveva creato Jarella, l’ affascinante principessa di un mondo subatomico, che si innamorava dell’ Incredibile Hulk. Dieci lustri dopo, qualcosa è cambiato. In primavera uscirà (per la Bao), la graphic novel scritta da Roberto Saviano, sempre per la Bao nel 2016 era uscito, a fumetti, il seguito del romanzo Fight Club , scritto sempre da Chuck Palahniuk e disegnato da Cameron Stewart. Se per l’ occasione Palahniuk aveva fatto un breve corso di sceneggiatura, sono sempre di più gli sceneggiatori di fumetti che scrivono romanzi, come il torinese Pasquale Ruju: adesso sono contemporaneamente usciti una sua storia di Dylan Dog, un albo di Tex e un thriller ( Stagione di cenere ). Ma si tratta comunque di forme di scrittura diverse. Personalmente, non riesco a fare le due cose insieme, nel senso che sono due mestieri simili ma anche differenti – dice Ruju – . Nel mio caso, la sceneggiatura è un lavoro quotidiano, scandito in giornate e ore, disciplinato. Il libro invece è più “avvolgente”, richiede una immedesimazione completa. Mi capita di lavorarci anche a tarda notte, o in treno, o in aereo. Mi prendo cinque o sei settimane in estate per la prima stesura, che poi completo e rivedo nei mesi successivi. Non alterno mai nella stessa giornata o settimana sceneggiatura e scrittura. Dal romanzo al fumetto Non è soltanto il cinema a saccheggiare il romanzo in cerca di storie. Fra le ultime serie della Bonelli di Tex ci sono adattamenti da romanzi e racconti: Il Commissario Ricciardi è tratto dai romanzi di Maurizio De Giovanni, ambientati nella Napoli degli Anni 30. La miniserie western Dedwood Dick , invece, adatta due racconti e un romanzo western dello scrittore texano Joe Lansdale. Un West comunque più crudo e ironico rispetto a quello di Tex, con protagonista un avventuriero afroamericano. Nat Love, alias Deadwood Dick è un personaggio realmente esistito, ma nei miei racconti ho fatto un mix di vari personaggi di colore – dice Lansdale – . Nel mio romanzo Paradise Sky con Nat Love ho voluto rendere omaggio al contributo dei neri all’ epopea western. Lansdale, classe 1951, è cresciuto con i fumetti, ha alcuni albi di Tex, ne apprezza i disegni e si rammarica di non saper leggere l’ italiano. Ho imparato a leggere con i fumetti, sin da piccolo adoravo i disegni, i colori, le storie. In lui, che ha anche sceneggiato storie a fumetti, si respira lo stesso amore per i comics di Buzzati. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

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