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Rassegna Stampa del 27/08/2018

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Indice Articoli

BACKSTAGE

Ritorno al barsport

Una mappa del nuovo potere

La Spa in vetta in una serie A senza… difesa

CAOS DAZN SCATTANO I RICORSI

Il Comune prepara la rappresaglia

Diritti del consumatore

CONCESSIONI TANTO PUBBLICO POCO PRIVATO E LO STATO NON GUADAGNA

Mister dazn miliardi, arte, gol e un buco nella rete (web)

Diritti d’ autore, la stretta sui pirati si farà

BACKSTAGE

Affari & Finanza
SIMONE MARCHETTI
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Tra qualche giorno, Chiara Ferragni convolerà a nozze con il cantante Fedez in un evento mediatico che sta intrattenendo l’ Italia e i follower dei due personaggi da parecchi mesi. Sono passati più di dieci anni dall’ ingresso di questa ragazza nel mondo della moda: la sua parabola, oltre le critiche, i proclami, i viaggi, le sponsorizzazioni, gli haters e i seguaci adoranti, ha in realtà molto da insegnare all’ editoria di settore, segmento che al contrario ha vissuto uno dei decenni più difficili della sua storia. L’ avventura di Chiara è resistita a tutto: ai profili di Facebook, che la presero di mira nei primi anni della sua attività, dandola per finita e sbagliando sempre i pronostici. E alle critiche dei giornali, anche quelle di chi scrive. Oltre i social, soprattutto Instagram, negli anni, la sua attività si è diversificata nella produzione di collezioni di moda (segmento che le ha portato molta fortuna) e nell’ editoria online, facendo crescere un sito che però non ha mai raggiunto il successo del suo profilo social. La sua fortuna, infatti, sta nella sua persona e nel suo personaggio: non a caso, molti dei collaboratori che l’ hanno accompagnata fin dall’ inizio, oggi sono altrove mentre il suo percorso continua imperturbato. Quest’ ultimo dato dimostra quanto la ‘personalizzazione’ sia la chiave di volta nel fenomeno degli influencer. Questi nuovi attori nel panorama non sono destinati a scomparire, come in molti sostengono, ma ad evolversi come fossero dei ‘magazine viventi’. Qualcuno di loro ha già intuito la tendenza e sta provando a fare persino il salto di settore, passando dalla moda ai viaggi fino al lifestyle in generale. I periodici, invece, restano fermi al loro format tradizionale. E se, invece, fosse arrivato il momento di mutuare dagli influencer proprio la modalità, ovvero la personalizzazione, iniettando contenuti giornalistici, opinioni e informazioni dove invece oggi si trovano solo post sempre uguali, sorrisi e ammiccamenti? Alla fine, si tratterebbe solo di cambiare un formula che si indebolisce sempre più, mostrandosi ormai un problema più che una soluzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Ritorno al barsport

Corriere della Sera
Laura Vincenti
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«Dazn? A noi ha fatto un piacere, perché molti tifosi non vogliono spendere i soldi per abbonarsi e allora vengono a vedere le partite qui». Chi parla è Massimiliano Morini, titolare di Stadium, nuovo, grande bar sport inaugurato a maggio in viale Liguria, a due passi dal Naviglio Pavese. Vi si ritrovano tantissimi appassionati di calcio: quest’ anno, infatti, la Serie A non va in onda su una sola piattaforma, ma sia su Sky sia su Dazn, costringendo gli spettatori ad avere più abbonamenti. Oltre che per i costi dei canoni, molti fruitori si lamentano anche per i problemi di ricezione. Una soluzione potrebbe essere quella, quindi, di andare a vedere i match in uno dei bar sport della città, come il nuovissimo Stadium, appunto. L’ ambiente è molto grande: disposto su due piani, può ospitare un totale di 500 persone, 200 solo al piano di sopra, che è incorniciato da ben 30 schermi più uno mega di 300 pollici con tanto di tribuna per vedere la partita seduti sulle poltroncine rosse proprio come allo stadio. «Qui trasmettiamo in diretta tutti gli eventi sportivi», continua Morini, «quindi, per esempio, anche la Formula 1 e la Moto GP. Quando ci sono più appuntamenti, li facciamo vedere in contemporanea perché gli schermi sono indipendenti. Ovviamente sul maxischermo mandiamo in onda sempre quello principale». La clientela? Dalle compagnie di giovani amici alle famiglie, dagli stranieri fino ai tifosi più accaniti. «Per esempio il Napoli club qui da noi è di casa, ha anche organizzato una grande festa con un cantanteneomelodico», spiega Morini. «A settembre, poi, partiremo con la musica: l’ idea è anche organizzare dj set dopo le partite così il pubblico potrà fermarsi aballare». In menù carne, molto buona, da bere birre (media 5 euro). «La stagione calcistica è iniziata alla grande, siamo molto contenti: quando ci sono le partite di Serie A, da sabato a lunedì sera (stasera alle 20.30 c’ è Roma-Atalanta), siamo sempre pieni, il sabato sera in particolare perché chi ha problemi a vedere la partita con Dazn viene qui», conferma anche Paolo Marchesi, titolare dello storico Bar Magenta, un punto di ritrovo per gli appassionati di calcio. «Quest’ anno poi l’ Inter gioca in Champions League e il Milan in Europa League, quindi i milanesi verranno qui anche a seguire le partite infrasettimanali delle Coppe». Ci sono 5 schermi, un menù di panini, ma anche un nuovo menù serale con piatti di carne; da bere birre (5 euro) e cocktail. In zona Sempione, 442 è un pub sport caratterizzato dalle sciarpe delle squadre di calcio di tutto il mondo appese alle pareti: 6 gli schermi, in menù hamburger, piadine, panini e poi birre (5/6 euro). E partite di calcio, ma non solo, all’ Offside Sports Pub, che trasmette in diretta tutti gli eventi sportivi, dal rugby al Moto Gp. La cucina è aperta fino a tardi e si può scegliere tra 13 birre alla spina.

Una mappa del nuovo potere

Il Foglio

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Romagnola, del 1960, se fossimo nel mondo della canzonetta lei sarebbe la Tigre di Cesena, dopo l’ Aquila di Ligonchio e la Pantera di Goro, ma Monica Mondardini, detta “la Monda”, non canta. Iperriservata, non frequenta, è invisibile, non canta quando a Repubblica succede di tutto e di più, la coabitazione, un vicedirettore che dopo qualche mese decide di andare a far politica e lei rimane esterrefatta e imbufalita, dicono. La “Monda”, che entrò all’ Espresso e diventò boss di tutto l’ impero debenedettiano, non canta neanche quando da amministratore delegato passa a vicepresidente di Gedi, la società bifronte che incorpora la Stampa e la Repubblica (ad aprile, ceo diventa Laura Cioli, ex Rcs). Proprio lei, la Monda, che pure veniva dai numeri (laurea in Scienze statistiche ed economiche) ma che dei giornali aveva fatto presto a innamorarsi. “Ha la malattia”, ci dissero, nel senso della malattia dei giornali, ed era stata pro prio lei l’ artefice della fusione tra Repubblica e Stampa. Missione compiuta, quindi. La Monda secondo chi la conosce è “dura”, “molto diretta”, non stacca mai, “mangia una fetta di prosciutto o un cracker alla scrivania, non esce dall’ ufficio per pranzo”. “Però quello che ti deve dire lo dice in faccia, i tagli li annuncia lei, non si fa scudo dietro il capo del personale, sta a negoziare fino alle quattro di mattina coi sindacati”. Fuma tanto (come Marchionne: a proposito, il suo nome saltò fuori nei mesi scorsi per la successione a Torino, ma lei smentì: “L’ amministratore delegato Monica Mondardini è molto soddisfatta per l’ operazione che ha portato inizialmente Fca e poi Exor a diventare azioniste del gruppo Gedi, ma ogni ipotesi su un suo futuro professionale in Fca è destituita di fondamento”, disse una rara nota). Politicamente è moderata di area liberale cattolica. Non ha la patente, quindi ha un’ Audi con l’ autista (che a Milano è parcheggiata accanto alla Smart scalcagnata del presidente Cir Rodolfo De Benedetti, noto pauperista automobilistico), le piacciono molto le scarpe, le aziende (ha una mentalità più da imprenditrice che da manager, si appassiona ai prodotti, specialmente al design e alla moda italiana) e appena può torna a Madrid o Parigi dove ha lavorato e mietuto allori. Odia segretamente le info grafiche. Sotto la corazza manageriale, è capace di inaspettata ironia. Meno nota, ma molto considerata all’ estero e soprattutto in Silicon Valley è Paola Bonomo, “business angel” cioè finanziatrice di startup. Dal 2009 Paola è socia di Italian Angels for Growth, all’ in terno del quale investe in startup tecnologiche e segue le opportunità di investimento in ambito digitale. E’ stata capa di Facebook e di eBay per l’ Europa del Sud, siede nei consigli di amministrazione di Axa Assicurazioni e di Piquadro. Soprattutto è presidente dello Stanford Club Italia, è insomma una specie di ambasciatrice della università principale della Silicon Valley in Italia. Un altro italiano “di peso” nella Silicon Valley ma poco noto in Italia è Paolo Bergamo, senior vice president globale di Salesforce, la più grande azienda al mondo di software per il commercio (10 miliardi di fatturato annuo). E poi c’ è il siliconvallico-bresciano Davide Dattoli. Se fossimo in Silicon Valley sarebbe nato in un garage, ma siccome siamo pur sempre in Italia è venuto su in un ristorante. A Brescia, poi, invece che Palo Alto. Ventotto anni, Dattoli è il fondatore o meglio founder di Talent Garden, la più vasta rete di coworking europea, dove per coworking si intendono quelle moderne botteghe rinascimentali dove c’ è l’ equiva lente dell’ artigiano, del fabbro, dello scalpellino, tutto però naturalmente digitale e virtuale, e ci si incuba e ci si contamina tra startup e professionisti, sognando di “scalare” e diventare il nuovo Facebook. Dattoli, figlio di un ristoratore bresciano, mixa la narrativa da start-up con quella di Master chef – il locale della famiglia vede tra i soci anche Iginio Massari, pasticcere nazionale televisivo. Gli spazi di Talent Garden aprono in continuazione, tra gli ultimi Copenhagen e Vienna. “Le stime prevedono che i coworking costituiranno nei prossimi anni il 30 per cento degli spazi lavorativi nel mondo”, ha detto al Foglio. “Il tema vero però è che ognuno comincerà a specializzarsi. Il mondo del coworking diventerà come quello degli hotel, cioè puoi avere il cinque stelle ma anche la pensione della signora Maria. Noi non puntiamo ad avere tantissimi spazi, ma alla selezione, con un focus sul digitale”. Negli spazi di Talent Garden hanno aperto realtà come Deliveroo, MyTaxy, Uber. A San Francisco, dove Dattoli va spesso, imperversa Wework, colosso da 200 centri e 20 miliardi di valore, ormai con tentacoli in ogni angolo d’ America. E’ chiaramente il suo modello da seguire. A San Francisco Dattoli è in prima fila per aprire insieme a Cassa depositi e prestiti un centro di innovazione che faccia da “garage” alle startup italiane insieme al Consolato e all’ Ice. Dattoli sa infatti dialogare bene con pubblico e privato (viene dalla città dei Martinazzoli e dei Montini, in fondo, e la sua rete di contatti va da Di Maio a John Elkann a Peter Thiel. Ma non disdegna poteri più old come quello delle Fondazioni bancarie). Ha la passione della montagna. Uno dei settori più importanti dell’ industria italiana è com’ è ovvio la moda. E anche qui, rispetto a una ventina d’ anni fa, i protagonisti sono cambiati. Alcuni hanno venduto (come Fendi o Gucci), altri pur rimanendo nella aristocrazia del made in Italy hanno lasciato spazio e rilevanza a una nuova catena alimentare alla cui piramide c’ è lei, Miuccia Prada. Ha appena compiuto settant’ anni, ed è la signora di Milano su cui torreggia con le sue torri: se la regina di Milano degli anni Sessanta era Anna Bonomi Bolchini coi suoi cinquemila appartamenti e la proprietà del Pirellone, “la Miuccia” ha disseminato Milano sud delle torri della sua Fondazione. Aspira alla verticalità, col torrione dell’ ex fabbrica di liquori trasformata in museo, tutta laccata in foglia oro come un alambicco o una torre segnaletica per chi arriva in città e sogna di fare i soldi: sembra il deposito di zio Paperone. Accanto, è appena stata completata l’ altra torre, quella dell’ architetto di corte Rem Koolhaas, che ha messo su un parallelepipedo che sembra un po’ una pastamatic, e in coppa c’ è un ristorante dove si mangia la cotoletta più panoramica di Milano (e le prese Usb accanto ai tavoli, perché la Miuccia è milanese dunque pratica). La storia di Miuccia Prada è iniziata nel 1913, ben prima della sua nascita, quando suo nonno Mario aprì un negozio in galleria Vittorio Emanuele II a Milano: non di pelletteria come si vorrebbe ma piuttosto di sfizi coloniali, di bauli e nécessaire dannunziani – di pelle di elefante, tricheco, serpente e alligatore. E lei lì lei ha voluto aprire oggi una succursalina della sua Fondazione, “Osservatorio”, nel punto più alto della galleria, tanto per ricordare che insomma lei vive e regna non solo nella periferia postindustriale ma anche nel salotto come si dice della città. Il 2018 è un anno pieno di anniversari per la gran sciura dei dané (come chiamavano Anna Bonomi): nel 1978 subentrò alla madre alla guida dell’ azienda; l’ anno prima aveva incontrato Patrizio Bertelli, suo compagno, futuro marito, padre dei figli Giulio e Lorenzo. Fu lui a spingerla a disegnare la sua prima collezione, nel 1988, l’ an no dopo il loro matrimonio. Come Anna Bonomi che amava circondarsi solo di prodotti “di casa”, possedendo la Mira Lanza (saponi), la Durban’ s (dentifrici), il marchio Rimmel (trucchi) e il Lyso Form (detersivi), anche la Miuccia compra talvolta trophy asset da tinello, tipo la pasticceria Mar.

La Spa in vetta in una serie A senza… difesa

Il Giornale
di; Tony Damascelli
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di Tony Damascelli Domenica di gol e di memoria. Minuto quarantatré, lo stadio Luigi Ferraris spegne le voci, sul maxischermo appaiono i nomi delle vittime del Morandi, il ponte della morte ritrova il ricordo nel numero di chi non c’ è più ma lascia una traccia forte tra la gente di Genova, quarantatré nomi, quarantatré secondi di applausi prima di riprendere la partita, i giochi, la contesa nella quale il Genoa ha imposto la sua freschezza sui toscani dell’ Empoli. Serata precoce di gol, belli e fulminei, in avvio a Milano, a Cagliari, a Udine, a Firenze, voglia di calcio, voglia di tornare a vivere il football che quel maledetto mondiale ci ha tolto in un’ estate malinconica. È stato buffo vedere, sabato, sulle tribune dell’ Allianz di Torino, il citti missing, al secolo Ventura Giampiero, scomparso dai radar del calcio ma non di Zanzibar. È stato un altro colpo al cuore (o forse una gag voluta) per chi ama il calcio e la nazionale. Tornando al turno domenicale, folli notizie dall’ Inter a ribadire le stranezze con il Sassuolo; viva per tre quarti d’ ora, smarrita per il resto, esattamente l’ opposto del Torino che nel primo tempo, più che un Toro è sembrato una podolica al pascolo. Belotti, uno vero da corrida, ha svegliato la comitiva granata, con la partecipazione di Handanovic Vispa Teresa al volo sorpresa, come nel pareggio su autogol di Vrsaljko. La squadra nerazzurra ha denunciato solite e gravi incertezze difensive, il dato riguarda anche le altre di questo turno: disattenzione e errori di lettura, è presto per giudicare ma sono segnali che ribadiscono come la nostra serie A abbia smarrito grandi difensori, di scuola e di personalità. Non può e non deve essere trascurata la vittoria della Spal sul Parma, significa primo posto per i ferraresi in compagnia di Juventus e Napoli, non direi poco, anzi è tanto, anche se trattasi dei primi fuochi di campionato. Torneo che si trascina con l’ equivoco buffo, ma non troppo, di Dazn, storia tipica del sistema Italia, dove prima si incassa e poi si pensa alla fornitura garantita del servizio. La Lega calcio sta zitta, tanto ha intascato il dovuto, non fiatano i presidenti, gli utenti sono furibondi, i centralini di Sky e Mediaset (entrambe innocenti, al massimo si potrebbe ipotizzare un concorso di colpa) sono intasati di proteste pesanti e insulti violenti, Dazn se ne infischia, infatti non risulta avere telefono. Soltanto in questo è più avanti di tutti.

CAOS DAZN SCATTANO I RICORSI

Il Mattino
Angelo Rossi
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Aidacon Consumatori è l’ associazione diventata in queste settimane paladino della battaglia contro i disservizi televisivi. Anche ieri, domenica, centralino tempestato di lamentele da parte di tifosi napoletani delusi per la scarsa qualità offerta da Dazn, ma soprattutto richieste di Sos. «Due flop su due è troppo per chi è costretto a pagare il doppio abbonamento. Peccato perché i tifosi napoletani hanno goduto da casa lo spettacolo delle prime due vittorie della squadra soltanto in parte»: l’ incipit dell’ avvocato Carlo Claps, presidente di Aidacon, introduce la questione della pay-tv, ulteriore e sgradevole palla al piede della tormentata estate azzurra. CONDIZIONI EQUE Se era stato concesso un minimo di tolleranza al debutto di Dazn, perché ci sta che alla prima partita qualcosa possa non filare in maniera ottimale, la pazienza sabato sera ha rotto gli argini. Tantissimi utenti ieri si sono aggiunti a quanti la settimana scorsa avevano lamentato i disservizi della neonata televisione, ecco perché stamattina si è passati alle carte bollate. «Attraverso il reclamo inoltrato in queste ore alla Lega Serie A e all’ Antitrust ha spiegato Claps chiediamo un immediato intervento al fine di creare condizioni più eque per tutti i consumatori. Ci sono centinaia di segnalazioni che arrivano da Milano, significa che tra la scorso week-end e questo anche i tifosi di Inter e Milan hanno patito gli stessi disagi. Il problema principale è costituito dal fatto che se oggi l’ abbonato decidesse di risolvere il contratto a causa del cattivo funzionamento della piattaforma televisiva, resterebbe senza alternativa per le partite della propria squadra del cuore. Infatti l’ attuale sistema di assegnazione portato avanti dalla Lega è assolutamente illegittimo in quanto non tutela i consumatori che si sentono doppiamente beffati». SKY DOMINANTE Il presidente di Aidacon spiega perché pure Sky sarà oggetto di valutazione da parte dell’ Antitrust: «Agli utenti non è stata data facoltà di scegliere un operatore in base al costo o alla qualità del servizio, che sono principi essenziali in un mercato che rispetti la libera concorrenza: il cliente è stato obbligato a sottoscrivere due abbonamenti a condizioni economiche svantaggiose. La posizione dominante di Sky è anomala in quanto costringe i tifosi a pagare il pacchetto della serie A allo stesso prezzo della scorsa stagione, fornendo ai propri clienti la visione di un numero inferiore di partite, senza specificare quali gare il tifoso potrà vedere. Per non parlare poi degli utenti fedelissimi da una vita: pagano tuttora un prezzo ben superiore rispetto a quelli che sottoscrivono soltanto adesso il nuovo abbonamento. I nostri legali hanno raccolto i vari aspetti di questo malcontento generale verso Dazn e Sky e abbiamo inoltrato gli esposti: Lega e Antitrust dovranno risponderci presto e in modo esaustivo». Come si difende la neonata emittente? Preso atto di indubbi malfunzionamenti durante il primo tempo di Napoli-Milan, su tutti il ritardo del segnale tra i 4 e i 5 minuti (il secondo tempo ha fatto registrare meno disservizi), Dazn replicherà soltanto oggi quando si sarà conclusa la seconda giornata per gli approfondimenti e le valutazioni tecniche. Nessun commento nemmeno a proposito della sparizione sulla pagina Facebook dei tanti messaggi di protesta arrivati sabato sera da Napoli: ne erano ottomila, improvvisamente ridotti a 800. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il Comune prepara la rappresaglia

Il Roma
GIOVANNI SCOTTO
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Chi pensa che lo scontro tra il Napoli e il Co mine di Napoli sia finito, o comunque stia volgendo al termine si sbaglia. Il sindaco dovrebbe rientrare oggi dalle vacanze, e si attende la risposta del sindaco, che sicuramente vorrà replicare al duro comunicato di critica nei suoi confronti che il Napoli ha diffuso nella serata di venerdì, e poi ha fatto pubblicare su tutti i giornali ieri, con ben due pagine dove il testo era riportato in modo integrale. Tensione, quindi, per capire che cosa succederà. Di certo non si vedono, ad oggi, margini per ricucire il rapporto, anzi. La rottura sembra, oltre che definitiva, insanabile. LA “BATTAGLIA” tra il Napoli e il Comune non si è sviluppata soltanto attraverso dichiarazioni e comunicati. Lo scontro è proseguito col comunicato del club, diffuso anche l’ acquisto di pagine su quotidiani nazionali perché non ha gradito come siano stati aizzati i tifosi dal Sindaco, ed il Comune ora resta in attesa perché il Calcio Napoli senza convenzione dovrà versare il 10% degli incassi, a cominciare da quello di ieri, passando per quelli ricchi di Champions. Lo stesso assessore Borriello lo ricordò: «Per Napoli -Real incassò 4mln, senza convenzione avrebbe dovuto darci 400mila euro». Ormai è una gara senza esclusione di colpi col Napoli che reclama dal Co mune ben 2,5mln di euro che risalgono ai tornelli, con il Comune che giura “vendetta” a settembre: senza il 10% degli incassi potrebbe non dare il via libera all’ utilizzo del San Paolo dando così tutte le responsabilità a De Laurentiis. Carmine Sgambati, presidente della commissione sport del Comune di Napoli, ha mantenuto la promessa fatta nei giorni scorsi, assistendo al match tra Napoli e Milan in Curva A: «Potete già vedere i lavori effettuati nel San Paolo, sono stati completati come promesso a De Laurentiis, non c’ è stato alcun problema per la prima giornata. Pensasse alla squadra, a farci vincere, che al San Paolo pensiamo noi che ne siamo i proprietari insieme alla città e ai suoi cittadini. Forza Napoli!». SABATO IL SAN PAOLO è apparso tutt’ altro che in forma. La pista d’ atletica, coperta di cemento, è apparsa di un poco gradevole colore nero. Work in progress, senza dubbio, ma di certo lo stadio di Fuorigrotta si presenta in modo pessimo. Le balaustre di sicurezza servivano e faranno il loro lavoro, anche se molti tifosi si sono lamentati perché hanno perso dei posti a dei quali erano abituati. Resta lo sconforto di vedere i sediolini di quel rosa sbiadito. La speranza è che almeno in quel senso qualcosa di possa davvero fare. Quantomeno per dare allo stadio di Fuori grotta un colpo d’ occhio un po’ più di degno di una squadra importante.

Diritti del consumatore

Il Sole 24 Ore

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Fisco Agevolazioni sulla casa A cura di Marco Zandonà [1913][384286] Annotazione in fatturaper correggere il beneficiarioIl coniuge convivente – non proprietario dell’ immobile su cui sono stati eseguiti lavori di riqualificazione energetica – può detrarre la spesa (che ha effettivamente sostenuto), se ha eseguito i relativi bonifici “parlanti”, ma le fatture sono intestate all’ altro coniuge (proprietario), a nome del quale è stata fatta anche la dichiarazione all’ Enea?M.C.LAURIA La risposta è affermativa, a condizione che le fatture vengano integrate con l’ indicazione del nominativo del coniuge non proprietario (titolare del conto corrente da cui sono stati emessi a suo nome i bonifici di pagamento). Come precisato da ultimo nella circolare 7/E del 2018, la detrazione del 50% (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it) può andare al familiare convivente del possessore o detentore dell’ immobile oggetto dell’ intervento. Per familiari si intendono – a norma dell’ articolo 5, comma 5, del Tuir – il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Per fruire della detrazione non è necessario che i familiari abbiano sottoscritto un contratto di comodato, essendo sufficiente che attestino, mediante una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere familiari conviventi. Lo status di convivenza deve sussistere già al momento in cui si attiva la procedura, cioè alla data di inizio dei lavori. La detrazione spetta al familiare per i costi sostenuti per gli interventi su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza, purché tale immobile risulti a disposizione. Non è invece richiesto che l’ immobile oggetto dell’ intervento sia adibito ad abitazione principale del proprietario o del familiare convivente. Lo stato di convivenza è dimostrato, in sostanza, da un certificato di stato di famiglia o da un’ autodichiarazione.Come precisato nella circolare 7/E/2018, nel caso in cui il soggetto che sostiene le spese sia diverso da quello intestatario delle fatture (a prescindere dal soggetto che emette il bonifico), è necessaria l’ annotazione in fattura, anche successivamente all’ emissione, per indicare il soggetto che, sostenendo effettivamente la spesa, ha diritto alla detrazione. [1914][384263] Ok al 50% se c’ è la ritenutasul bonifico eseguitoNon ritengo corretta la risposta data al quesito n. 1561 del 9 luglio 2018. La procedura prevista dalla circolare 43/E/2016 (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dall’ impresa beneficiaria) è applicabile sia alle spese di ristrutturazione pagate con bonifico ordinario, anziché “parlante”; e sia alle spese per l’ acquisto del box pertinenziale, pagate in assenza di bonifico bancario, ma attestate dall’ atto notarile. In sostanza, la circolare distingue tra le spese di ristrutturazione – in cui dev’ esserci, comunque, un bonifico (ordinario, con attestazione dell’ impresa, o “parlante”) – e le spese per l’ acquisto del box pertinenziale, in cui il bonifico può essere anche assente, in quanto il pagamento è attestato dal notaio (con necessità, ai fini della detrazione, anche in questo caso, della dichiarazione sostitutiva dell’ impresa).C.C.NOVARA Sul punto le pronunce delle Entrate sono poche chiare. Con la cicolare 43/E del 18 novembre 2016, infatti, l’ Agenzia aveva precisato che non si decade dai benefici se il pagamento avviene mediante assegno, ovvero bonifico incompleto. In sostanza, se il bonifico risulta incompleto o mancante, il beneficio è comunque riconosciuto a condizione che l’ impresa esecutrice dei lavori rilasci al contribuente una dichiarazione sostitutiva di atto notorio dalla quale risulti che «i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati inclusi nella contabilità dell’ impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del reddito». Tale soluzione sembrava interpretabile come sempre possibile, e non solo per l’ acquisto del box (fattispecie, quest’ ultima, ripresa nella circolare 7/E del 27 aprile 2018). In particolare, la circolare 7/E/2018 fornisce un’ interpretazione innovativa e favorevole ai contraenti (impresa venditrice e acquirente del box), precisando che, solo in tale ipotesi, è possibile fruire della detrazione del 50% anche quando il pagamento è effettuato con mezzi diversi dal bonifico, purché tale pagamento avvenga in presenza del notaio.Tuttavia, non è chiaro se negli altri casi, invece, occorra comunque un bonifico parlante e, soprattutto, la presenza della ritenuta dell’ 8% all’ atto dell’ accredito nel conto del ricevente (impresa esecutrice dei lavori o venditore dei materiali), che l’ agenzia delle Entrate ha sempre ritenuto indispensabile per l’ accesso alla detrazione. In conclusione, sembra che, salva l’ ipotesi dell’ acquisto del box in presenza di notaio, in via generale, la detrazione possa essere riconosciuta ugualmente nell’ ipotesi in cui il bonifico bancario/postale, effettuato per il pagamento delle spese sostenute, abbia consentito la ritenuta fiscale dell’ 8% (articolo 25 del Dl 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge 122/2010; circolare 7/E del 2018). Sul punto, in ogni caso, sarebbe opportuna un’ ulteriore pronuncia, che superi le contraddizioni risultanti dalle circolari fin qui emesse. [1915][384242] Il diritto al bonus mobilinon si può trasferireQuest’ anno ho acquistato un appartamento ristrutturato nel 2017, e il venditore ha specificato nel rogito che avrebbe mantenuto la titolarità delle relative detrazioni fiscali. Ora devo arredare la casa e vorrei sapere se posso fruire del bonus mobili, nonostante non risulti che io abbia effettuato ristrutturazioni.G.S.BERGAMO La risposta è negativa. Il soggetto che fruisce del bonus mobili dev’ essere lo stesso che fruisce della detrazione per ristrutturazioni: quantomeno in parte, cioè deve aver pagato almeno una quota delle spese di ristrutturazione (circolare 7/E del 2018, articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% e al bonus mobili su www.agenziaentrate.it). Infatti, ci dev’ essere coincidenza tra colui che sostiene le spese di ristrutturazione e colui che paga per l’ acquisto dell’ arredo agevolato (circolare 29/E del 2013). In caso di trasferimento dell’ immobile ristrutturato, il diritto al bonus mobili non si trasferisce mai: né se il bonus edilizio rimane in capo al venditore (con opzione nel contratto di vendita), né se il diritto alla detrazione per le quote residue si trasferisce all’ acquirente. A maggior ragione, il bonus mobili non compete mai all’ acquirente dell’ immobile ristrutturato che non ha sostenuto direttamente le spese. [1916][384240] Documenti da integrarequando il conto è cointestatoVorrei sapere se una cucina, le cui fatture sono intestate a Tizio, possano essere portate in detrazione da Caio, previa annotazione sui documenti. Si specifica che l’ ordinante del bonifico è Tizio, e che il conto corrente è cointestato a Tizio e Caio.R.M.FIRENZE Il soggetto che fruisce del bonus mobili dev’ essere lo stesso che fruisce della detrazione per ristrutturazioni: quantomeno in parte, cioè deve aver pagato almeno una quota delle spese di ristrutturazione (circolare 7/E del 2018, articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 , della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% e al bonus mobili su www.agenziaentrate.it).È quindi necessario che colui che sostiene le spese di ristrutturazione e colui che paga quelle per l’ acquisto dell’ arredo agevolato siano la stessa persona (circolare 29/E del 2013).Pertanto, nel caso di specie, se le spese per l’ acquisto dell’ arredo e per l’ intervento di ristrutturazione sono intestate a un soggetto, entrambi i benefici fiscali (detrazione per ristrutturazioni e bonus mobili) possono essere attribuiti a un soggetto diverso, qualora la documentazione di spesa sia integrata con i dati di chi ha diritto alle due detrazioni. In particolare, se i bonifici provengono da un conto corrente cointestato, sarà sufficiente integrare le fatture indicando il nome del soggetto intestatario e la relativa percentuale (ad esempio, 100 per cento). [1917][384184] Compravendite, detrae chiha opzionato l’ agevolazioneNel caso le spese per lavori edili su parti comuni condominiali siano sostenute nell’ anno di cessione dell’ immobile, ma prima del rogito notarile di trasferimento dello stesso, se nel contratto viene pattuita la conservazione della detrazione in capo al venditore, e l’ amministratore condominiale riporta, nel prospetto di riparto della spesa, il nominativo del venditore (nonché sostenitore effettivo della spesa), il beneficio dovrebbe spettare a quest’ ultimo. È corretto?R.D.TREVISO La risposta è affermativa. Come precisato nelle circolari 19/2012 e 95/2000 (confermate nella circolare 7/E del 2017), per determinare chi possa fruire della quota di detrazione relativa ad un anno, occorre individuare il soggetto che possedeva l’ immobile al 31 dicembre di quell’ anno, anche nell’ ipotesi di opzione di mantenimento della detrazione in capo al cedente (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it).Ciò significa che se, per esempio, al 31 dicembre del 2017, Tizio ha trasferito l’ immobile optando per la conservazione del diritto alla detrazione, anche per le spese condominiali, spetta a lui l’ agevolazione in sede di dichiarazione dei redditi 2018. Se, invece, al 31 dicembre 2017 il rogito non è avvenuto, ma viene stipulato, ad esempio, nel febbraio 2018, con trasferimento del diritto in capo all’ acquirente, in ogni caso in sede di dichiarazione dei redditi 2018, per l’ anno 2017, la detrazione compete al venditore proprietario ancora al 31 dicembre 2017. Naturalmente, se l’ immobile è stato venduto prima del 31 dicembre, ma si è optato per il mantenimento del diritto in capo al venditore, questi conserva il diritto alla detrazione per le spese condominiali, anche se al 31 dicembre non è più proprietario. Dichiarazione dei redditi delle persone fisiche A cura di Alfredo Calvano [1918][384467] Le ritenute da retrocedereall’ ex studio associatoIl socio di uno studio professionale ne esce il 1° gennaio 2018; e ha ritenute maturate nel 2017, retrocedibili all’ associazione da cui è uscito (rigo RN33, colonna 3, Redditi Pf). Vorrei sapere se la qualifica di socio, ai fini della retrocessione delle ritenute, debba sussistere nell’ anno 2017, ancorché la dichiarazione dei redditi viene fatta nel 2018; o se tale qualifica di socio debba sussistere anche nel 2018, indipendentemente dalla formalizzazione della cessione delle ritenute mediante Pec. Ritengo che, anche sulla base della ratio della circolare 56/E del 2009, non vi sia l’ obbligo di essere soci anche nell’ anno della dichiarazione (2018), ma solo nell’ anno in cui maturano le ritenute (2017), in quanto vi sarebbe un’ iniqua disparità di trattamento tra i soci in essere nel 2017. Ciò andrebbe a ledere anche la libertà di “stabilimento” del socio. La circolare non esclude tale casistica, né stabilisce tra gli elementi fondamentali la qualifica di socio nell’ anno della dichiarazione.D.P.MILANO Si ritiene del tutto incontestabile la possibilità di retrocedere all’ ente associativo le ritenute eccedenti maturate in uno specifico periodo d’ imposta, da parte del contribuente che ha rivestito la soggettività di socio o associato nel medesimo periodo d’ imposta, sebbene questi – nell’ anno successivo (in particolare, all’ atto di formalizzare, mediante gli adempimenti dichiarativi nel modello Redditi, l’ avvenuta retrocessione) – non rivesta più tale qualifica. Riferimenti in tal senso sono rinvenibili nelle istruzioni operative e soprattutto nei principi di carattere generale, che regolano la ripartizione dei redditi e delle correlate ritenute degli enti di cui all’ articolo 5 del Tuir, Dpr 917/86, tassati per trasparenza. [1919][384451] La pensione di reversibilità èreddito da lavoro dipendenteMio figlio orfano percepisce una quota di pensione del padre defunto (precisamente 343 euro mensili). Credevo che tale quota fosse considerata come gli alimenti che percepivo dal mio ex marito, quando era in vita, e quindi esenti da dichiarazione. Invece, il patronato sostiene che mio figlio, non solo deve dichiarare tale pensione (perché possiede una Certificazione unica dell’ Inps), ma non è fiscalmente a mio carico finché riceve tali quote. Di conseguenza, non ho potuto detrarre né le tasse universitarie, né le spese mediche molto consistenti (in quanto da circa sette anni soffre di varie patologie, tra cui spondilite anchilosante, gravissima acne e altro). Né tantomeno ha potuto scaricarle lui, perché – essendo pensione di reversibilità – il patronato sostiene che non possa scaricare niente. È vero tutto ciò?V.T.CATANIA La conclusione del Caf è condivisibile, non ricorrendo alcuna delle specifiche ipotesi di esenzione reddituale, elencate dall’ articolo 34 Dpr 601/1973, in relazione alla pensione di reversibilità riconosciuta a favore del figlio superstite. Pensione che concorrerà, quindi, alla formazione del suo reddito complessivo, quale reddito di lavoro dipendente (articolo 49 del Tuir, Dpr 917/86), identificato con il codice 7 della colonna 1 (Tipologia di reddito), rigo RC1 del quadro RC del modello Redditi. Inevitabilmente, questo reddito rileverà quindi ai fini del limite di 2.840,41 euro (limite elevato a 4.000 euro a decorrere dal 2019, riguardo ai figli di età non superiore a 24 anni), previsto dall’ articolo 12 del Tuir, entro cui si può essere considerati familiari fiscalmente a carico. [1920][384450] Ritenute previdenziali Enpam:la gestione per l’ autonomoCome gestire le ritenute Enpam a carico dei medici nelle certificazioni di lavoro autonomo? Un mio cliente ha svolto l’ attività di guardia medica presso la Asl, che ha rilasciato una certificazione come lavoratore autonomo, in cui, nella sezione dei dati previdenziali, ha evidenziato la quota dei contributi Enpam a carico del datore e quella a carico del medico. Posso dedurre nel quadro RP la quota dei contributi a carico del medico?A.G.LECCE Il contribuente lavoratore autonomo deve provvedere ai propri adempimenti impositivi dichiarando il compenso ricevuto dall’ Asl, al lordo della quota parte di contributi previdenziali a suo carico, versata in via sostitutiva dall’ azienda sanitaria, per scomputarla poi in deduzione dal reddito complessivo (quadro RP del modello Redditi). [1921][384436] Prima casa: «finita locazione»per poter detrarre il mutuoHo acquistato un immobile in cui è presente un inquilino con regolare contratto di affitto (4+4), già rinnovato dopo i primi quattro anni. Risiedo nello stesso Comune, a circa 200 metri dall’ immobile, ma in un’ altra via, in un appartamento in affitto da oltre quattro anni, in cui rimarrò fino alla scadenza naturale del contratto di affitto. Per l’ acquisto dell’ abitazione, che è la mia prima casa, ho fruito delle relative agevolazioni, anche sulla concessione del mutuo da parte della banca. Mi è stato però detto che, poiché la casa è locata, non posso “scaricare” gli interessi passivi sul mutuo e gli oneri di notaio e di intermediazione immobiliare. Solo quando sposterò la mia residenza nell’ immobile acquistato, potrò scaricare gli interessi passivi fino a 4mila euro (se ancora in vigore la legge). È corretto?F.M.MILANO Nell’ ipotesi di acquisto di immobile locato, la detrazione degli interessi passivi derivanti dal mutuo ipotecario è conseguibile fin dalla prima rata (insieme alle spese notarili per la stipula del mutuo stesso), a condizione che entro tre mesi dall’ acquisto l’ acquirente notifichi al locatario l’ intimazione di sfratto per finita locazione e che l’ immobile venga adibito ad abitazione principale entro un anno dal suo rilascio. La residenza anagrafica non costituisce un presupposto indispensabile, né in questa particolare circostanza, né in quella ordinaria, essendo necessario e sufficiente il concreto utilizzo dell’ unità immobiliare come dimora abituale. Analogamente, potrà essere detratta la spesa di intermediazione (nel limite del 19% di mille euro), sostenuta per l’ acquisto dell’ abitazione, nel rispetto delle medesime condizioni appena esposte (circolare 19/E/2012, punto 5,2). Redditi dei terreni e fabbricati A cura di Luigi Lovecchio [1922][383347] Affitto, reddito da imputarea entrambi i comproprietariUn’ unità abitativa, posseduta da due comproprietari, viene locata con contratto stipulato da uno solo di loro, che percepisce effettivamente il canone. Il reddito derivante dalla locazione va imputato pro-quota a ciascun comproprietario, secondo l’ articolo 26 del Tuir? Oppure, in base alla sentenza della Cassazione 3085/2016, che circoscrive l’ applicazione dell’ articolo 26 del Tuir esclusivamente ai redditi fondiari (e quindi alla sola rendita catastale), dev’ essere imputato soltanto a colui che effettivamente lo percepisce?E.M.PISTOIA L’ agenzia delle Entrate ha ribadito, nella circolare 24/E del 12 ottobre 2017, in materia di locazioni brevi, che, al di fuori di tale fattispecie, il reddito da locazione deve sempre essere imputato ai proprietari del fabbricato, a prescindere dalla avvenuta percezione dello stesso. L’ orientamento di Cassazione non è stato dunque recepito dalla prassi amministrativa, anche perchè non è chiaro se possa ritenersi orientamento consolidato. Prudenzialmente, quindi, converrà attenersi ai documenti di prassi, anche in considerazione della copertura offerta dall’ articolo 10 delle legge 212/2000, in termini di disapplicazione di sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che si sono attenuti alle indicazioni dell’ amministrazione finanziaria. [1923][383059] Immobili sfitti nel Comune:i requisiti per lo sconto IrpefUna contribuente è proprietaria di tre immobili a uso abitativo, ubicati nello stesso Comune, ma risiede, sempre nello stesso Comune, in un’ abitazione di proprietà del marito. Nella compilazione della dichiarazione dei redditi, deve tassare ai fini Irpef il 50% della rendita dei tre immobili? Oppure il fatto che non risieda in alcuna delle tre case fa venir meno il presupposto?V.P.BERGAMO Affinché trovi applicazione la tassazione al 50% ai fini Irpef delle unità abitative sfitte, possedute nel medesimo Comune in cui è ubicata l’ abitazione principale, occorre che il contribuente sia anche proprietario o comproprietario dell’ abitazione principale. In assenza di tale condizione, questo tipo di tassazione non opera. Ne consegue che, nel caso descritto nel quesito, non vi sarà la tassazione della rendita catastale al 50%, poiché la proprietaria non possiede l’ abitazione principale. [1924][383043] La casa in uso al familiareva dichiarata dal proprietarioHo stipulato una scrittura privata (non autenticata) con la quale è stato costituito, a titolo gratuito, il diritto di abitazione a favore di un familiare. Tale atto è stato poi registrato presso l’ agenzia delle Entrate. Chi deve dichiarare l’ immobile in questione nella dichiarazione dei redditi? Il sottoscritto, utilizzando il codice 10 («abitazione data in uso gratuito ad un familiare») oppure il familiare utilizzando il codice 1 («abitazione principale»).M.S.VICENZA La costituzione, a titolo gratuito, di diritti reali di godimento su immobili concretizza una donazione, che richiede però necessariamente la forma dell’ atto pubblico notarile. In assenza di tale forma, la donazione è inesistente. Ne consegue che l’ appartamento in questione deve essere dichiarato ai fini Irpef dal proprietario, come abitazione data in uso al famiiliare, a condizione peraltro che tale uso gratuito sia poi nei fatti comprovabile (ad esempio, con la residenza anagrafica del familiare). [1925][382864] Il diritto di abitazione si perdesolo con una rinuncia formaleSono proprietario al 100% di un immobile gravato da un diritto di abitazione a favore di mia mamma che è seguita da un amministratore di sostegno e che è stata ricoverata in una casa di riposo in via definitiva, tanto che ha preso la residenza presso la struttura. È infatti escluso, per ragioni mediche, che mia mamma possa tornare a vivere nell’ immobile, all’ epoca la sua casa coniugale. Vista la situazione, posso affittare l’ immobile – che attualmente è disabitato – e godere del relativo reddito anche se l’ immobile è gravato dal diritto di abitazione? È necessaria, a questo scopo, l’ autorizzazione dell’ amministratore di sostegno? E ai fini Imu, come mi devo comportare?F.D.TREVISO Il diritto di abitazione, di cui all’ articolo 540 del Codice civile, non si perde per il solo fatto del mancato utilizzo dell’ immobile. Affinché il diritto sia estinto, occorre un atto di disposizione del titolare (ad esempio: una rinuncia formale). Ne consegue che, nel caso descritto nel quesito, la madre del lettore continua a essere titolare del diritto di abitazione sull’ immobile, anche se non risiede più in tale unità. Affinché il figlio, proprietario del bene, possa procedere ad affittare l’ immobile, egli dovrà munirsi del consenso della mamma, espresso nei modi di legge. Sarà, pertanto, necessario contattare l’ amministratore di sostegno. Ai fini Imu, l’ immobile sarà assoggettato a imposta sempre in capo alla mamma, in quanto per l’ appunto titolare del diritto di abitazione. Trattandosi di abitazione locata, non potrà applicarsi alcuna fattispecie di esenzione. Contribuenti minori, minimi e regimi contabili A cura di Paolo Meneghetti [1926][384139] Semplificata, senza l’ opzioneè opportuno il ravvedimentoUn contribuente in contabilità semplificata per l’ anno 2017 utilizza – ai fini reddituali – il criterio delle registrazioni Iva, ma non barra la relativa opzione nel quadro VO della dichiarazione annuale.Si accorge dell’ omissione solo in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, nella parte relativa allo studio di settore. Riscontrata la mancanza, barra il rigo F41 dello studio di settore (opzione per il criterio delle registrazioni) e compila le richieste successive dello studio. Il comportamento concludente e l’ opzione nello studio di settore mettono il contribuente al riparo da ogni eventuale controversia e sanzione o è opportuno che egli presenti la dichiarazione annuale Iva integrativa?L.S.AREZZO La scelta del metodo della registrazione Iva, quale adempimento contabile nel regime semplificato, avviene tramite il comportamento concludente, come ha affermato la circolare 11/E/2017, al paragrafo 6.5. Pertanto, l’ eventuale omessa indicazione di tale scelta nell’ apposito quadro della dichiarazione Iva non fa venir meno l’ opzione. Tuttavia, per evitare la sanzione di cui all’ articolo, 5 comma 6, del Dpr 471/1997 (posto che l’ indicazione della scelta eseguita nel modello Iva è obbligatoria ancorché non decisiva in merito agli effetti dell’ opzione stessa) è opportuno eseguire un ravvedimento del modello Iva, presentando la dichiarazione annuale Iva e aggiungendo l’ opzione nel quadro VO. A cura di Giovanni Petruzzellis [1927][384420] Il compenso della formazioneè fuori dai limiti del forfaitSono un medico che ha aperto la partita Iva in regime forfettario nel 2017, anno in cui ho svolto solo attività lavorativa in libera professione rimanendo sotto la soglia dei 30mila euro. Da gennaio 2018, però, sono entrato nel corso di formazione in medicina generale della mia regione, corso per cui ricevo un compenso direttamente dalla Asl in forma di reddito assimilato a lavoro dipendente. Continuo ad esercitare la libera professione (guardie mediche e sostituzioni) nei limiti imposti dal corso. Al raggiungimento del tetto dei 30 mila euro, contribuisce solo il reddito percepito per lavoro in forma autonoma o anche il reddito percepito come lavoro assimilato a lavoro dipendente?F.N.GORIZIA Il compenso corrisposto al medico in formazione costituisce un reddito assimilato a quello da lavoro dipendente e non osta alla possibilità di applicare il regime forfettario. Tale regime è, infatti, compatibile con lo svolgimento di attività di lavoro dipendente. In generale, i soggetti che intendono applicare il regime forfettario non devono aver percepito nell’ anno precedente un reddito di lavoro dipendente o assimilato superiore a 30mila euro (articolo 1, comma 57, lettera d-bis, legge 190/2014). A sua volta, l’ articolo 50, comma 1, lettera c, del Tuir (Dpr 917/1986) comprende fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente anche «le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale». Il limite di 30mila euro riguardante lo svolgimento di attività di lavoro dipendente o assimilato opera su un piano distinto rispetto all’ ulteriore condizione prevista dalla legge 190/2014 che, relativamente alle attività professionali, impone il mancato superamento dalla soglia di 30mila euro di compensi percepiti nell’ anno precedente. [1928][384265] No ai componenti irrilevantiall’ interno dei registri IvaIn caso di adozione della contabilità semplificata per le imprese minori, di cui all’ articolo 18 del Dpr 600/73, avvalendosi della modalità ordinaria di rilevazione dei ricavi e delle spese nel registri degli incassi e dei pagamenti, è possibile rilevare i componenti positivi e negativi di reddito non rilevanti sul fronte Iva solo sui registri degli incassi e dei pagamenti (ad esempio: per le polizze assicurative, gli interessi sui finanziamenti, le imposte pagate, i canoni di locazione, eccetera) oppure è necessario registrare il documento attestante la spesa anche sui registri Iva per poi riportarlo nel registro pagamenti?M.T.TERNI L’ annotazione sui registri Iva dei componenti positivi e negativi di reddito che non assumono rilevanza ai fini di tale imposta è prevista esclusivamente nel caso in cui il contribuente decida di non istituire i registri degli incassi e dei pagamenti, avvalendosi delle semplificazioni previste dai commi 4 e 5 dell’ articolo 18 del Dpr 600/73. Il comma 4 del citato articolo 18, infatti, consente l’ esonero dalla tenuta dei registri degli incassi e pagamenti purché sui registri Iva siano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione ai fini dell’ imposta sul valore aggiunto. L’ obbligo di separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini Iva è previsto anche in caso di esercizio dell’ opzione per il cosiddetto «criterio delle registrazioni» (articolo 18, comma 5), in base al quale si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento. Nel caso esposto dal lettore, la tenuta dei registri degli incassi e pagamenti consente, pertanto, di non dover annotare sui registri Iva i componenti positivi e negativi di reddito non rilevanti ai fini del tributo . [1929][384143] A 36 anni transizione naturaledai minimi al forfettarioSono un agronomo iscritto al regime dei minimi (aliquota al 5%) dal 2013. Oggi ho 34 anni, nel 2017 ho “compiuto” cinque anni nel regime dei minimi. Posso rimanere in tale regime solo fino al compimento dei 35 anni? Se sì, come posso passare al forfettario? Quali opzioni dovrei effettuare sulla dichiarazione dei redditi?D.S.MATERA Il regime dei minimi continua ad essere applicabile, fino alla scadenza naturale, soltanto da coloro che vi abbiano aderito entro il 2015, essendo stato abrogato dal 1° gennaio 2016.In particolare, l’ articolo 27, comma 1, del Dl 98/2011 ne sancisce l’ applicabilità per il periodo d’ imposta di inizio dell’ attività e per i quattro successivi. La stessa norma dispone, per coloro che allo scadere del quinquennio non avessero ancora compiuto 35 anni, la possibilità di prolungare l’ applicazione del regime fino al periodo d’ imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età. Nel caso prospettato dal lettore, pertanto, l’ applicazione del regime dei minimi continua ad essere possibile fino al 2019 (compreso), ossia fino al periodo d’ imposta in cui si verificherà il compimento del 35° anno di età. Dal 1° gennaio 2020, riscontrata la sussistenza dei requisiti di applicazione, il lettore transiterà automaticamente nel regime forfettario. Trattandosi di un regime naturale per il contribuente, non sarà necessario manifestare una specifica opzione, rilevando esclusivamente il comportamento concludente. Iva A cura di Giorgio Confente [1930][384400] E-fattura, se non c’ è obbligoserve l’ ok del clienteLa fatturazione elettronica delle prestazioni rese da subappaltatori e subcontraenti è obbligatoria dal 1° luglio 2018 (se si è provveduto alle comunicazioni prescritte dal Dlgs 50/2016, Codice degli appalti pubblici). Siamo fornitori di clienti che hanno rapporti con la Pa (quindi abbiamo clienti potenziali appaltatori), i quali, alla domanda se dobbiamo presentare loro la fatturazione elettronica, non sempre sono in grado di dare una risposta certa e precisa. Questo rallenta tutto e ci mette non poco in difficoltà. Se decidessi, in presenza di Cig (Codice identificativo di gara) e Cup (Codice unico di progetto), di effettuare sempre la fatturazione elettronica, andrei contro qualche normativa? Continuerei la fatturazione analogica in tutti gli altri casi, ma semplificherei l’ operatività e standardizzerei un ciclo aziendale così dinamico, come quello della fatturazione.S.Z.MILANO La soluzione proposta dal lettore è praticabile, considerato che non è sempre immediata l’ individuazione dei casi in cui sussiste l’ obbligo di fatturazione elettronica, alla luce delle indicazioni fornite dall’ agenzia delle Entrate nella circolare 13/E/2018. Infatti, nel periodo transitorio (dal 1° luglio al 31 dicembre 2018), si possono trasmettere fatture elettroniche tramite il sistema di interscambio, su base volontaria. D’ altra parte, si deve ricordare che, nelle ipotesi in cui non sussiste uno specifico obbligo normativo, la fatturazione elettronica è subordinata all’ accettazione del cliente, in base all’ articolo 21 del Dpr 633/1972. Quindi, nel caso esposto, la soluzione di semplificazione proposta dal fornitore potrebbe trovare la resistenza di qualche cliente. [1931][384297] Carburanti, sì all’ agevolazionecon unico pagamento mensileLa scheda carburante mantiene la sua validità fino al 31 dicembre 2018 ed è il documento che consente la deducibilità del costo e la detraibilità dell’ Iva, se il pagamento viene effettuato con mezzi tracciabili. Una Srl ha la consuetudine di fare il rifornimento di carburante delle proprie autovetture presso lo stesso esercente, pagando a fine mese con assegno o bonifico. È una prassi che si può continuare ad adottare, o è necessario fare un singolo pagamento per ogni singolo rifornimento nella stessa data dell’ erogazione del servizio?E.B.GENOVA È possibile effettuare un unico pagamento mensile. L’ articolo 1, commi 922 e 923, della legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018), con decorrenza dal 1° luglio 2018, impone la tracciabilità dei pagamenti per la deducibilità del costo e la detraibilità dell’ Iva, ma non richiede che sia effettuato un apposito pagamento per ciascun rifornimento. A cura di Giampaolo Giuliani [1932][384605] I cancelli di recinzioni esternesono sempre beni significativiUna ditta che costruisce cancelli (relativi alle recinzioni esterne) vorrebbe sapere se, anche alla luce della nuova circolare sui beni significativi, possa continuare a considerare questi beni come “beni significativi”, con applicazione dell’ Iva al 10% solo sul doppio della manodopera e aliquota Iva ordinaria sul residuo.S.B.RAVENNA L’ agenzia delle Entrate, con la circolare 15/E del 12 luglio 2018, ha trattato la disciplina dei beni significativi alla luce della norma di interpretazione autentica dell’ articolo 7, comma 1, lettera b, della legge 488/1999, introdotta dall’ articolo 1, comma 19, della legge 205/2017 (legge di Bilancio 2018).Sulla base di quanto espresso nella circolare, «il valore dei beni è costituito dal relativo costo di produzione, comprensivo degli oneri che concorrono alla realizzazione del medesimo bene (il costo di produzione non può, in particolare, essere inferiore al costo delle materie prime utilizzate ed al costo della manodopera impiegata)». Si tratta di una precisazione che non modifica le precedenti posizioni dell’ Agenzia, per cui i cancelli relativi alle recinzioni esterne continuano a essere considerati beni di valore significativo e la determinazione dell’ aliquota dev’ essere calcolata secondo i termini sopradetti. A cura di Gian Paolo Tosoni e Marcello Valenti [1933][383843] Produttore agricolo: esoneroanche senza operazioniUn pensionato, titolare anche di partita Iva agricola, nel 2017 non ha effettuato operazioni agricole. Può essere considerato “produttore agricolo” in regime di esonero? Il dubbio riguarda il requisito della prevalenza per due terzi delle operazioni agricole. In caso di risposta affermativa, ne deriva anche l’ esonero dall’ obbligo di presentazione della dichiarazione Iva?S.B.ASTI L’ articolo 36, comma 6, del Dpr 633/1972 prevede un regime di esonero generalizzato dagli obblighi documentali e contabili, nonché dagli obblighi in materia di dichiarazione Iva, per i produttori agricoli che, nell’ esercizio precedente, hanno realizzato un volume d’ affari inferiore a 7mila euro, di cui almeno due terzi derivanti dalla cessione di prodotti agricoli. Nel caso di un soggetto che non ha effettuato operazioni, il volume d’ affari è pari a zero e dunque inferiore alla soglia di 7mila euro, ma al contempo non può essere verificato il rispetto della condizione relativa ai due terzi di operazioni agricole. A tale proposito, il ministero delle Finanze si è espresso con la risoluzione 441248 del 1992, chiarendo che, in caso di assenza di operazioni, il contribuente debba essere considerato in regime di esonero.Di conseguenza, nel caso esposto, il pensionato titolare di partita Iva, che non ha effettuato operazioni, può essere considerato in regime di esonero e dunque non è tenuto a presentare la dichiarazione Iva. Accertamento/Contenzioso A cura di Salvina Morina e Tonino Morina [1934][384636] Atto da annullare se l’ ufficionon ascolta il contribuenteIn seguito a una verifica della Guardia di Finanza, ho presentato all’ ufficio, entro 60 giorni dalla consegna del Pvc (processo verbale di constatazione), le memorie illustrative, secondo l’ articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, legge 212/2000. L’ ufficio non ne ha tenuto conto, e ha emesso l’ accertamento “copiando” i rilievi della GdF. Forse perché ha “smarrito” le osservazioni presentate, l’ ufficio non ha fornito alcuna risposta, costringendomi ad aprire il contenzioso: l’ accertamento, infatti, non riporta alcun riferimento alle mie memorie. Questa “dimenticanza” può comportare l’ annullamento dell’ accertamento?S.A.enna L’ accertamento emesso dall’ ufficio è nullo, se è stato emesso senza avere preso in considerazione le memorie presentate dal contribuente. Infatti, la Cassazione, con l’ ordinanza 17210/2018, ha affermato che la colpevole dimenticanza dell’ ufficio comporta l’ annullamento dell’ atto. Per la Suprema corte, quindi, va annullato l’ accertamento dell’ ufficio che non ha visionato (o almeno valutato) le memorie difensive al processo verbale di constatazione. In tema di imposte sui redditi e Iva, ex articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (sui diritti del contribuente), la nullità dell’ accertamento consegue alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie, tali da impedire la produzione di ogni effetto; nonché al mancato obbligo di (almeno) valutare le osservazioni del contribuente, pur senza esplicitare detta valutazione nell’ atto impositivo. Secondo la Cassazione, «il problema non è dunque quello della mancata motivazione su atti che avrebbero comunque dovuto costituire oggetto di valutazione, ma è piuttosto quello di aver omesso un preciso adempimento fissato per legge, ossia di prendere visione delle memorie». L’ articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, impone all’ ufficio di valutare le “osservazioni e richieste” del contribuente, anche nel rispetto dell’ articolo 97 della Costituzione, cioè del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Ne consegue che potrà riscontrarsi una (oggettiva) valutazione, come imposto dalla legge, esclusivamente in presenza di oggettiva motivazione da riportare nell’ avviso di accertamento, pena il vizio di motivazione dell’ atto impositivo, ex articolo 42, secondo comma, del Dpr 600/1973. Perciò, nel momento in cui il contribuente sostiene di avere ragione, contestando i rilievi fatti, l’ ufficio accertatore, per dimostrare di avere valutato (oggettivamente) le memorie ed osservazioni presentate, dovrà “demolire” punto per punto le doglianze del contribuente; e se quest’ ultimo ha indicato formule matematiche, dovrà essere l’ ufficio a dimostrare matematicamente l’ errore. [1935][384629] Il lieve ritardo nel pagamentonon pregiudica la rateazioneHo ricevuto un avviso bonario, con richiesta di pagamento per oltre 30mila euro. Ho presentato una richiesta di rateazione che è stata accolta, pagando regolarmente la prima rata entro la scadenza. Ho versato tutte le altre rate, delle 20 previste, entro i termini di scadenza; tranne la seconda rata, pagata con due giorni di ritardo. Di conseguenza, il sistema automatizzato delle Entrate mi ha cancellato la rateazione, ha elaborato gli importi dovuti, per imposte e sanzioni nella misura piena del 30%, e ha comunicato gli importi dovuti all’ agente della riscossione, che mi ha notificato la cartella di pagamento. Mi è stato detto che, in questi casi, la rateazione può essere salva nel rispetto del lieve inadempimento. È davvero così? Che significa?F.E.matera La risposta è affermativa. Il ritardo di due giorni nel pagamento di una rata non pregiudica il piano di rateazione. Si applica, infatti, il principio del cosiddetto “lieve inadempimento”, che vale anche per le violazioni commesse in passato. Si veda, in questo senso, quanto deciso dalla Commissione tributaria regionale di Sicilia, sezione staccata di Catania, che ha escluso l’ applicazione della sanzione del 30% e “salvato” il piano di rateazione (sentenza 2773/5/2018 depositata il 4 luglio 2018). Per i giudici, «il ritardo di due soli giorni nel pagamento di una sola rata non può che evidenziare l’ accidentalità dell’ evento (Cassazione n. 6905/11) e non quindi l’ intenzionalità di sottrarsi a un pagamento di imposte dovute e legittimamente richieste; manca, quindi, nel caso in esame quell’ intenzionalità sanzionabile a termini di legge. Inoltre, la misura eccessiva della sanzione per due soli giorni di ritardo non appare in linea con i precetti costituzionali della logica coerenza, oltre che della commisurazione alla capacità contributiva dei soggetti delle imposte anche sotto il profilo sanzionatorio». L’ illogicità delle sanzioni è riconosciuta dallo stesso legislatore che, con il comma 31 dell’ articolo 23 del Dl 98/2011, ha esteso a tutti i tributi l’ ulteriore riduzione a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo, per i versamenti fatti con un ritardo non superiore a 15 giorni. A norma dell’ articolo 13 del Dlgs 472/1997, in caso di ravvedimento, è dovuta una mini-sanzione dello 0,1% giornaliero, per ogni giorno di ritardo, fino a un massimo dell’ 1,4% per 14 giorni di ritardo.Secondo i giudici dell Ctr Sicilia è quindi applicabile l’ articolo 15-ter, comma 3, del Dpr 602/1973, che esclude la decadenza della rateazione in caso di lieve inadempimento dovuto a: insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10mila euro; tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni. Le stesse regole per lieve inadempimento si applicano anche al versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute a seguito di definizione dell’ accertamento con adesione, o al versamento in unica soluzione delle somme dovute a seguito di controlli automatizzati delle dichiarazioni (articolo 2, comma 2, Dlgs 462/1997) o a seguito di controlli formali delle dichiarazioni presentate (articolo 3, comma 1, Dlgs 462/1997). Per le violazioni commesse, vale il principio del “favor rei”, secondo cui: «Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, Dlgs 472/1997). [1936][384628] Le Entrate devono provareche i conti dei soci sono fittiziDopo una verifica a una Srl, l’ ufficio ha esteso l’ indagine bancaria anche sui conti correnti dei soci, accertando maggiori imponibili, con conseguente richiesta di imposte, sanzioni e interessi di rilevante importo. Faccio presente che alcuni dei soci sono titolari di attività commerciali o professionali a titolo personale. È giusto tale comportamento, per cui è stato letteralmente “copiato” il verbale della Guardia di Finanza, senza fornire alcuna prova che i versamenti dei soci siano riferibili alla società?C.T.ROMA Il comportamento dell’ ufficio è sbagliato. Se non “prova” che le risultanze dei conti dei terzi sono riconducibili al soggetto indagato, l’ accertamento dev’ essere annullato. È questo l’ orientamento, univoco e dominante, dei giudici di legittimità. In particolare, con l’ ordinanza 9212/2018, la Cassazione ha annullato un accertamento dell’ ufficio, relativo all’ anno 2002, che non aveva “provato” che i versamenti rilevati sui conti personali del socio e della figlia fossero effettivamente riferibili alla società. Al fine di contestare la fittizietà dei conti bancari a terzi – afferma la Corte – è sempre «necessario che l’ Agenzia provi che i conti, se pure a costoro intestati nella realtà, siano comunque utilizzati, anche in parte, per operazioni riferibili alla contribuente anche tramite presunzioni, sia pure senza necessità di provare altresì che tutte le movimentazioni di tali rapporti rispecchino operazioni aziendali (in termini, tra varie, Cassazione 21 aprile 2016, n. 8112, 13 giugno 2014, n. 13473)».L’ onere di provare che le risultanze dei conti dei terzi sono riconducibili al soggetto indagato incombe sull’ amministrazione finanziaria. L’ ufficio, nel caso della pronuncia in esame, «non ha dedotto elementi atti a consentire di affermare che i movimenti rilevati sui conti personali dell’ amministratore e della figlia, della quale non è chiarita la qualità in seno alla società, fossero effettivamente riferibili a questa». Ravvedimento operoso A cura di Rosanna Acierno [1937][384407] Proroga comunicata tardi:sanzioni sull’ intera durataNel caso di un contratto di locazione 3+2 e di proroga successiva alla prima, con pagamento con ravvedimento dopo sei mesi, la sanzione e gli interessi per il pagamento ritardato si calcolano solo per il primo anno oppure per l’ intera proroga (due anni)? In entrambi i casi, quanti righi del Modello F24 Elide si devono compilare?G.M.VARESE Per i contratti senza cedolare secca, entro 30 giorni dal verificarsi della cessione, risoluzione o proroga del contratto di locazione, il contribuente deve: autoliquidare l’ imposta di registro e versarla con F24 Elide o mediante addebito automatico sul conto corrente e comunicare all’ agenzia delle Entrate l’ evento mediante modello RLI. Ciò premesso, per quanto riguarda la misura dell’ imposta dovuta in caso di proroga, trovano applicazione le aliquote ordinarie e la base imponibile è costituita dal canone di locazione dovuto relativamente al periodo per cui opera la proroga ovvero sulle singole annualità in caso di pagamento annuale. Pertanto, qualora nel caso esposto dal lettore non si fosse optato per il pagamento annuale, ai fini del ravvedimento per la tardiva comunicazione della proroga, l’ imposta la sanzione e gli interessi andranno calcolati con riferimento ai due anni di proroga, indicando nel modello F24 Elide il codice tributo 1504 per il pagamento dell’ imposta di registro e degli interessi e il codice 1511 per il pagamento della sanzione dovuta. [1938][384142] Multa per l’ integrativa solose è presentata oltre i terminiUna dichiarazione dei redditi relativa all’ anno d’ imposta 2016 che riportava un credito Irpef è stata corretta. Con l’ integrativa, tuttavia, la dichiarazione chiude a debito. Dobbiamo quindi riversare il credito risultante dalla prima dichiarazione? Quali sono le sanzioni eventualmente ravvedibili?G.L.BRESCIA La dichiarazione presentata a correzione di una precedente entro i termini di trasmissione ordinaria non è considerata integrativa, ma, così come precisato dall’ Agenzia delle Entrate con la risoluzione 325/E/2002 di dichiarazione «correttiva nei termini», per la quale non è dovuta alcuna sanzione. Premesso questo, se nel caso di specie la dichiarazione a correzione della precedente è stata presentata oltre il termine ordinario di trasmissione, ossia oltre il 30 settembre 2017, trattandosi di dichiarazione integrativa a sfavore, occorrerà versare la maggiore imposta a debito da essa risultante, oltre agli interessi legali e alla sanzione da infedele dichiarazione, ex articolo 1 del Dlgs 471/97, pari al 90% della maggiore imposta, in misura ridotta a seconda di quando avverrà il versamento in base alla disciplina del ravvedimento operoso di cui all’ articolo 13 del Dlgs 472/97. [1939][384092] Così si ripara nel casodi dichiarazione omessaLa dichiarazione per l’ anno d’ imposta 2016 non è stata inviata nei tempi: risultava a debito Irpef di 9 euro, con un acconto dovuto a titolo di addizionali comunali per l’ anno 2017 pari a 22 euro. Si tratta di omessa dichiarazione? Oppure è sufficiente ravvedere l’ acconto con F24 e presentare la dichiarazione per l’ anno 2017 indicandolo come pagato?S.G.CUNEO Nel caso prospettato, poiché la dichiarazione relativa al periodo d’ imposta 2016 non è stata trasmessa entro il 30 settembre 2017 né entro i 90 giorni successivi, si considera omessa. Tuttavia, nonostante, nel caso di omessa dichiarazione, il ravvedimento operoso non sia ammesso, è comunque opportuno presentare la dichiarazione omessa entro il 30 settembre 2018, corrispondere le imposte che ne derivano, versare gli interessi legali e le sanzioni da tardivo versamento pari al 30% in misura ridotta ad 1/7. In tal caso, infatti, l’ agenzia delle Entrate notificherà un atto di irrogazione sanzione fissa da 150 euro a 500 euro (trattandosi di dichiarazione dei redditi), che potrà essere definita mediante il pagamento entro 60 giorni con riduzione ad 1/3. [1940][383871] La cartella per la rata scadutapagata senza ravvedimentoHo pagato una rata di un avviso bonario entro il termine della scadenza di quella successiva, senza però calcolare il ravvedimento. Come posso sanare la mancanza? Quali sono le conseguenze? E come posso regolarizzare il tutto?R.Z.UDINE Così come stabilito dall’ articolo 15-ter del Dpr 602/73, in assenza di ravvedimento operoso, pur rimanendo validi la dilazione e i pagamenti finora effettuati, le Entrate procederanno automaticamente con l’ iscrizione a ruolo della sanzione di cui all’ articolo 13 del DLgs 471/97 del 30% commisurata all’ importo pagato in ritardo, e dei relativi interessi. La relativa cartella di pagamento dovrà essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ ultima rata del piano di dilazione, così come stabilito dall’ articolo 25 del Dpr 602/73. Enti non profite onlus A cura di Salvina Morina e Tonino Morina [1941][384638] Nessuna sanzione se la normaviolata in passato è decadutaUn’ associazione sportiva dilettantistica, che applica il regime agevolato di cui alla legge 398/1991, a seguito di un controllo fiscale, nel 2010, è stata dichiarata decaduta dalle agevolazioni fiscali per avere violato la norma sulla tracciabilità dei versamenti, con conseguente contenzioso. Ho presentato ricorso che è stato respinto in primo grado. Ho quindi presentato l’ appello alla commissione tributaria regionale e sono in attesa della fissazione dell’ udienza. Ho saputo che non esiste più la violazione della decadenza dai benefici fiscali spettanti, ma è applicabile solo una sanzione variabile da 250 a 2mila euro. È così?V.P.napoli La risposta è affermativa. Dal 1° gennaio 2016, la violazione dell’ obbligo di tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti, se di importo pari o superiore a mille euro, non comporta più la decadenza dal regime agevolativo, come avveniva in passato, ma soltanto l’ applicazione della sanzione variabile da un minimo di 250 euro a un massimo di 2mila euro (circolare 18/E/2018). Questa norma è valida anche per le violazioni commesse nel passato. Vale cioè il principio del “favor rei” secondo il quale «salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, Dlgs 472/1997). Il comma 2 ha introdotto nel sistema sanzionatorio tributario il cosiddetto principio del “favor rei”: questo principio trova applicazione sia nei casi in cui la legge posteriore si limita ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’ obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell’ ipotesi in cui viene eliminato l’ obbligo strumentale e, quindi, indirettamente, la previsione sanzionatoria.In proposito, la circolare 180/E/1998, nel commentare il comma 2 dell’ articolo 3 del Dlgs 472/97, avverte che «se diviene lecito un comportamento posto in essere nella vigenza di una norma che in precedenza lo sanzionava, può accadere che, al momento dell’ abolizione:a) la sanzione non è stata ancora irrogata;b) la sanzione è stata irrogata, ma l’ obbligato non ha ancora pagato alcuna somma;c) l’ obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione in dipendenza di un provvedimento non ancora definitivo;d) l’ obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione a seguito di provvedimento definitivo.Nel primo caso (a) nessuna sanzione può essere irrogata; nel secondo (b) nessuna somma può essere pretesa; nel terzo (c) la somma versata va restituita; nel quarto (d) la somma versata non può essere restituita». Si può affermare che la legge che sopprime un adempimento superfluo esclude che la passata inosservanza della formalità bocciata possa essere: rilevata; sanzionata per vicende tramontate; posta in riscossione. Al riguardo, è importante quanto affermato nella relazione governativa al Dlgs 472/97, nella parte in cui, illustrando il principio del favor rei, precisa che «nel caso di violazione non più sanzionata, il provvedimento, ancorché definitivo, non costituisce titolo per la riscossione delle somme non ancora pagate». [1942][384637] Comportamento concludente:salvi i benefici della legge 398Le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che, nel corso del periodo d’ imposta precedente, hanno conseguito proventi da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro, possono optare per il regime fiscale agevolato ex legge 398/1991. Ma cosa succede se ci si dimentica di esercitare l’ opzione per il regime agevolato?C.P.TERNI Nei casi di omessa comunicazione dell’ opzione per il regime agevolato, di cui alla legge 398/1991, è applicabile una sanzione variabile da 250 a 2mila euro. Tuttavia, secondo l’ agenzia delle Entrate (circolare 18/E/2018), il comportamento concludente “salva” le agevolazioni fiscali, se le associazioni o le società sportive si sono “dimenticate” di comunicare l’ opzione per il regime speciale.Questo regime prevede modalità di determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell’ Iva, nonché norme di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi. E possono optarvi le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che, nel corso del periodo d’ imposta precedente, hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro. Per i soggetti di nuova costituzione, l’ opzione può essere esercitata se questi ritengono di conseguire nello stesso periodo d’ imposta proventi commerciali non superiori a 400mila euro. Per i soggetti di nuova costituzione, con periodo d’ imposta coincidente con l’ anno solare, nel caso in cui il primo periodo di gestione dell’ ente sia inferiore all’ anno solare, il limite si determina rapportandolo al periodo d’ imposta computato a giorni.Secondo l’ agenzia delle Entrate, considerata la particolarità della disciplina, per l’ individuazione dei proventi conseguiti nell’ esercizio di attività commerciali si deve avere riguardo al momento in cui è percepito il corrispettivo. Si fa presente, tuttavia, che, se prima di percepire il corrispettivo viene emessa fattura, dovranno essere considerati gli importi fatturati anche se non riscossi. In caso di superamento del limite dei proventi commerciali di 400mila euro, si decade dal regime agevolato dal mese successivo a quello in cui sono cessati i requisiti per la fruibilità; mentre resta fermo che il regime agevolato si applica dall’ inizio del periodo d’ imposta fino al mese in cui è avvenuto il superamento. Nel caso particolare in cui il limite sia superato nell’ ultimo mese del periodo d’ imposta, il regime agevolato si applica per tutto il periodo d’ imposta in cui è avvenuto il superamento del limite dei proventi commerciali di 400mila euro.Le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro devono comunicare la scelta del regime prima dell’ inizio dell’ anno solare per il quale si intende fruirne, con effetto dall’ inizio dell’ anno, alla società italiana degli autori ed editori (Siae), competente in relazione al domicilio fiscale, e all’ agenzia delle Entrate. L’ opzione ha effetto fino a quando non è revocata con le stesse modalità ed è vincolante per un quinquennio. È stabilito che: «l’ opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’ imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili» e che «la validità dell’ opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’ inizio dell’ anno o dell’ attività» (articolo 1, Dpr 442/1997).Pertanto, in presenza di comportamento concludente delle associazioni o delle società sportive, la mancata presentazione della comunicazione alla Siae non comporta la decadenza dal regime agevolativo, poiché tale comunicazione non ha natura costitutiva ai fini della fruibilità del regime speciale. A cura di Romano Mosconi [1943][384499] Attribuzione del codice «Lei»obbligatoria anche per l’ ApsSono consulente di un’ associazione di promozione sociale (Aps) che non ha personalità giuridica, non compie alcuna operazione commerciale, non è iscritta alla camera di commercio. Il patrimonio dell’ associazione è investito in obbligazioni, soprattutto titoli di Stato. La banca che gestisce il conto corrente e il conto titoli pretende che l’ associazione acquisisca il codice Lei (legal entity identifier), mentre io penso che non vi sia l’ obbligo. Ho ragione?I.S.CREMA Dal gennaio 2018, per operare sui mercati finanziari da parte di soggetti diversi dalle persone fisiche, è richiesta l’ attribuzione del codice Lei. Si tratta di un codice universale costituito da 20 caratteri alfanumerici e composto in base allo standard internazionale ISO 17442:2012. In Italia, fra i soggetti obbligati all’ attribuzione del codice Lei, rientrano tutti gli iscritti a pubblici registri quali l’ anagrafe tributaria o i registri regionali delle Aps previsti dalla legge 383/2000. Al codice Lei sono collegate una serie di informazioni che consentono di individuare il soggetto operante sul mercato finanziario. Conseguentemente, anche per una Aps riconosciuta e senza personalità giuridica sarà obbligatoria l’ attribuzione del codice Lei. Controversielegali A cura di Daniele Ciuti [1944][384401] Ingiurie in sede di mediazionepunibili con pena pecuniariaSono stata coinvolta in una mediazione per una diatriba con l’ amministratore del condominio. Nel corso del primo incontro, quando è stata data la parola all’ amministratore, egli mi ha offeso definendomi «un’ arpia». Dopo essere stato ripreso da uno dei due mediatori presenti, ha continuato a offendermi, chiamandomi «grande maleducata». Di nuovo, gli è stato fatto presente di non usare certi termini nei mie confronti. Alla scena, oltre ai due mediatori e alle due parti – io e l’ amministratore -, erano presenti gli avvocati di entrambi, per un totale di sette persone. So che l’ ingiuria non è più un reato penale, ma nemmeno nel caso avvenga durante una mediazione presso la Camera di commercio? Cosa posso fare?I.D.UDINE L’ articolo 594 del Codice penale, che prevedeva il reato di ingiuria, è stato abrogato dal Dlgs 7/2016. In base all’ articolo 4 del citato decreto, l’ offesa all’ onore e al decoro di una persona presente è stata derubricata a illecito civile, sottoposta a sanzione pecuniaria. Tale sanzione viene applicata al termine del giudizio dal giudice civile competente a conoscere della domanda di risarcimento del danno, se accoglie l’ azione risarcitoria. [1945][384296] No al cambio di serraturadeciso da un comproprietarioIn una comunione ereditaria con due componenti ciascuno dei quali detiene il 50%, uno dei comproprietari prende iniziative personali senza dare comunicazione all’ altro proprietario. Per esempio, entra negli immobili di proprietà, cambia le serrature di accesso, chiude le utenze e altre cose del genere. È corretto questo comportamento? Cosa prevede la normativa in materia?M.B.BOLOGNA L’ articolo 1102 del Codice civile regola l’ uso del bene in comunione, che ciascun comproprietario può utilizzare anche in via esclusiva, purché non ne modifichi la destinazione, o ne impedisca eguale uso agli altri partecipanti alla comunione.Pertanto, mentre sono lecite le modifiche fatte a proprie spese per il migliore utilizzo del bene, devono invece considerarsi vietati tutti quegli atti – ad esempio, appunto, la disdetta di utenze o il cambio della serratura di accesso senza fornire le chiavi all’ altro comproprietario – che di fatto escludono quest’ ultimo dalla possibilità di utilizzare l’ immobile. Peraltro, tali comportamenti potrebbero preludere a una successiva rivendicazione da parte del comproprietario-agente all’ acquisto in via esclusiva del bene per usucapione. Nella situazione descritta, è opportuno pertanto che l’ altro comproprietario diffidi il primo a desistere da simili comportamenti e tracci, se necessario anche con uno specifico atto di citazione, la propria volontà di non tollerare un utilizzo esclusivo del bene da parte del coerede. [1946][384244] Nulla la vendita di una casanon conforme al catastoNella casa in cui abito viene venduto un appartamento non conforme a visualizzazione catastale, in quanto sono stati fatti lavori che hanno comportato lo spostamento di pareti e il cambiamento del numero dei vani. Venditore e acquirente sono d’ accordo di fare la compravendita comunque. Vorrei sapere se un terzo, che abita nella stessa casa, possa impugnare la vendita.G.G.TRENTO Il Dl 31 78/2010, convertito nella legge 122/2010, ha imposto dal 1° luglio 2010 la verifica della regolarità catastale dei fabbricati prima del rogito di compravendita o di trasferimento e/o costituzione di diritti reali. Con il Dl 50/2017, è stata introdotta la possibilità di confermare gli atti privi dell’ attestazione di conformità catastale con una successiva dichiarazione da parte degli intestatari, purché la mancanza non sia dipesa dall’ inesistenza della planimetria o dalla difformità dello stato di fatto. Il notaio deve verificare se l’ immobile è regolarmente censito in catasto a nome del proprietario o del titolare di diritto reale. Inoltre, raccoglie la dichiarazione del venditore in merito alla conformità e corrispondenza dei dati catastali e della planimetria depositata in catasto allo stato di fatto del bene. Se la planimetria catastale non riproduce fedelmente la situazione attuale, l’ intestatario deve presentare, con l’ intervento di un tecnico abilitato, una domanda di variazione alla planimetria attuale. La difformità catastale impedisce la stipula del negozio di trasferimento.Se il notaio rogante non può all’ evidenza accertarsi personalmente della veridicità di quanto affermato dal venditore, a volte propone all’ acquirente un servizio ausiliario di verifica tramite un proprio tecnico di fiducia. La dichiarazione falsa o mendace può comportare conseguenze penali a carico del venditore e la nullità dell’ atto.La nullità è la forma più grave di invalidità di un negozio giuridico, determinata da un vizio che rende il negozio non idoneo a produrre i suoi effetti. Le cause di nullità sono tipiche e specificamente previste dall’ articolo 1418 del Codice civile e dalle leggi speciali. Può essere rilevata da chiunque vi abbia interesse e di ufficio dal giudice (articolo 1421). Pertanto nell’ azione di nullità l’ attore deve dimostrare il proprio interesse, ovvero la lesione di un diritto o un apprezzabile pregiudizio che gli derivi dal negozio nullo. A cura di Alessandro Sartirana [1947][383947] L’ Ape non può essere redattodallo staff del costruttoreA breve dovrei acquistare da un’ azienda territoriale per l’ edilizia residenziale un appartamento che la stessa azienda ha costruito nel 1980 tramite conferimento di relativo appalto. Siccome, all’ atto di compravendita, deve necessariamente essere allegato l’ attestato di prestazione energetica (Ape) redatto da un esperto qualificato e indipendente (dal venditore), a pena di nullità dell’ atto, gradirei sapere se il requisito di indipendenza sia posseduto anche da un esperto qualificato che sia un dipendente dell’ azienda costruttrice/venditrice e, quindi, se una tale attestazione Ape possa essere validamente allegata al rogito.M.S.ROMA La risposta è negativa. L’ articolo 2 del Dpr 75/2013, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 27 giugno 2013,nel ribadire che il tecnico certificatore debba assicurare indipendenza e imparzialità di giudizio, richiede che lo stesso, all’ atto di sottoscrizione dell’ attestato di prestazione energetica, debba dichiarare, nel caso di certificazione di edifici già esistenti, l’ assenza di conflitto di interessi, da intendersi come non coinvolgimento diretto o indiretto con i produttori dei materiali e dei componenti in esso incorporati nonché, in senso lato, con il costruttore e/o venditore dell’ immobile.Il notaio, al rogito, dovrà quindi verificare che l’ attestato di prestazione energetica possieda i requisiti minimi richiesti dalla legge, tra cui la suddetta sottoscrizione. Quindi la redazione e sottoscrizione dell’ attestato non deve essere effettuata da un dipendente della ditta costruttrice. Tutela delconsumatore A cura di Maurizio Di Rocco [1948][384272] L’ aumento della pay tve il diritto di recessoSono abbonato alla pay tv Sky. In sede di rinnovo con pagamento annuale della fattura, mi è stato applicato un’ aumento dell’ 8% che, secondo le spiegazioni avute dal call center, si riferisce «alla fattura mensile a 28 giorni». Tale aumento, escogitato dalle pay tv e dalle società telefoniche, era stato bocciato dall’ Agcom, poiché ritenuto illegittimo. Perché, dunque, è stato applicato nei miei confronti? Inoltre, la mia fattura è annuale, non mensile.P.S.GENOVA Intorno alla questione della fatturazione a 28 giorni si è assistito a una vera e propria prova di forza tra gli operatori telefonici e delle pay tv, da un lato, e l’ Agcom e le associazioni di consumatori dall’ altro. Per quanto riguarda la pay tv Sky, la stessa società, a gennaio di quest’ anno, nell’ ufficializzare il proprio ritorno alla fatturazione mensile, ha comunque sottolineato che il costo dell’ abbonamento sarebbe rimasto comunque invariato rispetto all’ aumento già effettuato nell’ ottobre 2017, quando venne introdotta la fatturazione a 28 giorni. In sostanza la società si è, quindi, limitata a dividere l’ importo annuale dell’ abbonamento, già comprensivo del precedente aumento, per 12 mensilità, senza fornire alcun diritto di recesso ai propri utenti. Tale comportamento, tuttavia, è stato stigmatizzato dal consiglio dell’ Agcom che, oltre ad avviare nuovi procedimenti sanzionatori, ha espressamente diffidato questa e altre società di telefonia, per il mancato rispetto delle prescrizioni in materia di chiarezza, trasparenza e completezza delle informative rese agli utenti. L’ Agcom, in particolare, ha sottolineato l’ esigenza che gli operatori chiariscano che le eventuali modifiche dei costi di abbonamento sono conseguenza esclusiva delle loro scelte e non del ripristino della fatturazione su base mensile, evidenziando, altresì, come l’ aumento dei costi debba comportare, in ogni caso, il riconoscimento del diritto di recesso a favore degli utenti, senza penali né costi di disattivazione, anche con riferimento ai canoni previsti per modem o decoder forniti dall’ operatore, nonché di ulteriori oneri relativi a costi di attivazione. [1949][384191] I termini per la sostituzionedel prodotto difettosoDurante un viaggio ho acquistato un faro Led presso un supermercato di una catena. Giunto a casa, lo stesso giorno dell’ acquisto, mi sono accorto di un difetto del prodotto. Il giorno successivo, quindi, ho contattato il servizio clienti della catena, esponendo il caso. Mi hanno detto di restituire il prodotto nel supermercato in cui l’ avevo acquistato, ma, trovandosi in una località a quasi 500km di distanza da quella dove abito, mi hanno detto di andare nel punto vendita più vicino. Mi sono recato immediatamente al negozio, dove hanno verificato di avere un prodotto identico, ma mi hanno detto che il cambio sarebbe stato possibile solo dopo la ricezione di una mail di autorizzazione da parte del servizio clienti. Dopo quattro telefonate e due ore e mezza in negozio, mi è stata data risposta negativa: il prodotto non poteva essere sostituito immediatamente, ma il negozio avrebbe dovuto «aprire un ticket di garanzia» e ritirare il prodotto, per poi farmi sapere in seguito.Ho già inviato una mail di protesta e di sollecito alla sede dell’ azienda. In termini di tutela del consumatore, è corretto questo comportamento per un prodotto (peraltro difettoso) riconsegnato il giorno dopo l’ acquisto in un negozio della stessa società? L.A.GENOVA Nel caso descritto dal lettore assumono rilievo due diversi articoli del Codice del consumo (Dlgs 206/2005), ovvero l’ articolo 130 e l’ articolo 132. Quest’ ultimo stabilisce che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna si presume esistessero già a tale data, sicché il consumatore è esentato dall’ onere di provarne la sussistenza. L’ altro articolo, invece, stabilisce che le riparazioni o le sostituzioni dei beni difettosi devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. Alla luce di tali disposizioni, il comportamento tenuto dal venditore appare piuttosto inadeguato, almeno sotto il profilo del customer care, sebbene non possa essere definito scorretto. Resterà comunque da vedere quale decisione verrà assunta in ordine alla richiesta di restituzione formulata dal cliente. [1950][383999] L’ uso abusivo della fognaturaè indebito arricchimentoIl Comune in cui risiedo mi ha inviato una diffida per l’ allaccio alla fognatura pubblica. Io ho risposto affermando che fruisco già della fogna pubblica. La domanda di allaccio, infatti, era stata fatta solo dal proprietario dell’ immobile al piano superiore (vivo in una villetta con piano terra e primo piano appartenenti a proprietari diversi, ma con canale di scarico fognario unico, consortile). L’ Acquedotto pugliese, previo sopralluogo, mi ha però addebitato tutti i canoni fognatura da 10 anni ad oggi, inviandomi una fattura da 1.900 euro, applicando la prescrizione decennale. Io ho contestato la fattura, invocando invece la prescrizione a cinque anni. L’ Acquedotto, però, ha insistito sulla prescrizione decennale, eccependo l’ indebito arricchimento. Dipende dal fatto che io non ho mai chiesto formalmente l’ allaccio (cosa che invece il mio vicino ha fatto)? Personalmente, non ho mai avuto nessun intento “doloso” e mi sono accorto solo in seguito a questa vicenda di non aver pagato la fognatura. L’ ente può invocare l’ arricchimento? Ed è davvero escluso, in tal caso, l’ articolo 2948, n.4, del Codice civile?G.D.BRINDISI Quanto contestato al lettore da parte dell’ ente di gestione dell’ acquedotto pare fondato. In assenza di qualsivoglia contratto sottoscritto tra le parti, l’ utilizzo “abusivo” del sistema fognario ha rappresentato una forma di indebito arricchimento per il lettore e la relativa azione, disciplinata dagli articoli 2041 e 2042 del Codice civile, si prescrive in 10 anni. Naturalmente, va ricordato che l’ azione di arricchimento ha carattere sussidiario, e dunque non può essere fatta valere quando il soggetto danneggiato può esercitare un’ altra azione per farsi indennizzare dal pregiudizio subito. Quanto alla prescrizione quinquennale invocata dal lettore, questa sarebbe effettivamente applicabile solo nel diverso caso in cui tra le parti fosse stato sottoscritto un contratto, rimasto poi inadempiuto. A cura di Alessandro Sartirana [1951][384193] Diffida al tour operatorper i disagi durante il viaggioMia sorella ha acquistato un pacchetto viaggio di un tour operator tramite un’ agenzia di viaggi. Un tour in Norvegia con 39 partecipanti “complessivi”. Giunta all’ aeroporto, tuttavia, ha scoperto che il volo di linea Milano-Oslo era stato cancellato. Da lì è iniziata un’ odissea, condita solo da notizie frammentarie, finché una parte del gruppo (circa 30 persone) è stata condotta in autobus da Milano a Pisa per prendere un volo alternativo, mentre il resto dei viaggiatori (tra cui mia sorella) è stato trasferito in albergo. A quel punto, mia sorella ha contattato il tour operator per recedere dal contratto e tornare a casa, ma le è stato detto che avrebbe perso quanto pagato. La mattina successiva è stata prelevata dall’ hotel e portata in aeroporto dove, tuttavia, è riuscita a partire in serata, arrivando a destinazione solo a notte inoltrata. I trenta membri del gruppo partiti da Pisa il giorno precedente, nel frattempo, avevano già cominciato il tour e mia sorella e gli altri viaggiatori si sono ricongiunti a loro solo la sera successiva, perdendo, di fatto, quasi tre giorni sui sette previsti nel pacchetto. Cosa può fare per far valere i suoi diritti? C.S.PARMA Al rientro dal viaggio, entro il più breve tempo possibile e comunque in via tempestiva, sarà necessario diffidare formalmente il tour operator, mediante comunicazione scritta con prova di ricevimento, al fine di denunciare l’ inadempimento, la mancata fruizione dei servizi previsti e la divergenza tra quanto indicato nel contratto e quanto effettivamente goduto. Si potrà richiedere il rimborso del prezzo nella misura di cui al mancato godimento e il ristoro dei danni ulteriori eventualmente subiti ed adeguatamente documentati. In caso di responsabilità concorrente o esclusiva dei vettori aerei, sarà altresì possibile agire nei loro confronti per ottenere gli indennizzi previsti dalla carta dei diritti del passeggero. Condominio A cura di Pierantonio Lisi [1952][384007] Teleriscaldamento, la spesanon è divisibile in parti ugualiL’ amministratore, nonostante un articolo del regolamento di condominio reciti che qualsiasi spesa ordinaria/straordinaria va ripartita in relazione ai millesimi di proprietà, ripartisce la spesa riguardante il sistema di teleriscaldamento – deliberata dall’ assemblea – in parti uguali. Per completezza aggiungo che la spesa è stata deliberata e approvata dall’ assemblea a maggioranza dei presenti e nel verbale nulla si dice in merito alla sua ripartizione. È possibile che sia ripartita in questo modo?G.C.ROMA In assenza di una delibera sulla ripartizione di una specifica spesa, qualora l’ amministratore provveda a suddividere tale spesa tra i condòmini applicando un criterio diverso da quello al quale avrebbe dovuto attenersi, il condomino che si ritiene leso può non versare quanto richiesto. In tal caso, però, farebbe bene a versare quanto da lui ritenuto dovuto, inviando contestualmente una raccomandata o una Pec all’ amministratore in cui spiegare chiaramente le ragioni della sua condotta. L’ amministratore, a questo punto, potrebbe convocare un’ assemblea per l’ approvazione di una delibera di ripartizione. Potrebbe anche, però, chiedere e ottenere un decreto ingiuntivo per la differenza, che gli sarebbe concesso – con tutta probabilità – non provvisoriamente esecutivo. Il condomino ingiunto, in questa ipotesi, dovrà opporsi nei termini di legge e, se il criterio di ripartizione utilizzato dall’ amministratore non risulterà corretto, sarà totalmente vittorioso nel giudizio. Nel caso esposto dal lettore non c’ è dubbio che la spesa non possa ripartirsi in parti uguali, criterio mai menzionato dalla legge o dal regolamento di condominio. [1953][383937] Multiproprietà, in assembleaun delegato da nominareChi partecipa all’ assemblea condominiale tra i diversi proprietari di un singolo immobile in multiproprietà?M.S.TOLENTINO Nel diritto italiano i multiproprietari di un’ unità immobiliare, nella gran parte dei casi, sono assimilati ai comproprietari. In mancanza di una specifica disciplina, quindi, una sola persona potrà partecipare all’ assemblea tra i multiproprietari di una stessa unità immobiliare. Per la nomina occorre convocare tutti i comproprietari (ovvero i multiproprietari di una determinata unità immobiliare) e designare uno di essi – o un estraneo quale delegato – alla partecipazione a una determinata assemblea di condominio o, anche, all’ amministrazione in genere della cosa comune (articoli 1106 del Codice civile e 67, comma 2, delle disposizioni di attuazione). Il singolo multiproprietario, quindi, deve preventivamente informarsi sull’ eventuale nomina di un delegato, che potrebbe essere stata effettuata ben prima del suo acquisto. [1954][383926] Segnalazioni, non è assicuratol’ anonimato del mittenteNei mesi estivi, nel mio condominio, si verificano una serie di problemi tra cui quello di alcuni condòmini che non rispettano l’ orario del silenzio nel giardino condominiale. Ho segnalato il problema all’ amministratore che mi ha risposto di poter solo fare una lettera di richiamo ai condòmini, indicando la lamentela sollevata da me. Ai fini della privacy non ho autorizzato a scrivere nella circolare i miei dati personali, ma l’ amministratore in assenza di tale autorizzazione non vuole procedere con la lettera di richiamo. È corretta questa procedura? Egli non dovrebbe intervenire con maggiore prontezza e in modo più incisivo?C.T.PADOVA L’ amministratore può inviare una lettera di invito al corretto utilizzo delle parti comuni a uno o alcuni condòmini sulla base di una segnalazione di uno o più condòmini, indicando o non indicando i nomi di questi ultimi. In ogni caso conserverà le segnalazioni ricevute in modo da poter giustificare in ogni momento il suo operato. A parere di chi scrive, però, non si può pretendere che l’ amministratore si attivi senza indicare i nomi dei condòmini segnalanti. Occorre ricordare, infatti, che l’ amministratore rappresenta tutti i condomini e ogni comunicazione, invito o diffida inviata all’ amministratore è come se fosse inviata a tutti. Per altro verso, a qualunque condomino deve essere consentito l’ accesso a ogni tipo di documentazione condominiale, ivi compresa la corrispondenza condominiale. Ai destinatari dell’ invito formulato dall’ amministratore, cioè, l’ amministratore non potrebbe negare la possibilità di prendere visione delle lettere di segnalazione dei comportamenti non corretti. Non è possibile, dunque, assicurare l’ anonimato ai condòmini che richiedono l’ intervento dell’ amministratore. A cura di Matteo Rezzonico [1955][383910] Le opportunità per sbloccarel’ assenza del quorumSono proprietario di un appartamento che si trova in un condominio con circa 20 proprietari. L’ attuale amministratore, pur convocando regolarmente l’ assemblea, non riesce a svolgere la riunione condominiale per mancanza del quorum di maggioranza. Si può chiedere la nomina di un amministratore giudiziario, considerato che la maggior parte dei condòmini (morosi) non si presenta alla riunione condominiale?D.C.SALERNO Ferme le doverose azioni di recupero crediti, l’ articolo 1129, comma 1, del Codice civile dispone che «quando i condomini sono più di otto, se l’ assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’ autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’ amministratore dimissionario». E, dunque, nel caso del lettore, in cui l’ amministratore è già nominato (salvo sue dimissioni), non pare necessaria la nomina giudiziale (ex articolo 1129 del Codice civile). Ove non si prendano i provvedimenti necessari all’ amministrazione della cosa comune, per mancanza delle maggioranze necessarie (e dopo aver convocato l’ assemblea), si può presentare ricorso a norma dell’ articolo 1105, ultimo comma, del Codice civile, per il quale, «se non si prendono i provvedimenti necessari per l’ amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore». Si veda, in questo senso, la sentenza 5889/2001 della Cassazione secondo cui l’ articolo 1105, comma 4, del Codice civile presuppone il ricorso alla autorità giudiziaria «in ipotesi tutte riconducibili a una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta ed effettiva amministrazione della cosa comune (per mancata assunzione dei provvedimenti a tal fine necessari, o per assenza di una maggioranza ovvero per difetto di esecuzione della delibera adottata)». A cura di Cesarina Vittoria Vegni [1956][383933] Fornitura d’ acqua comune:scatta il supercondominioTre condomìni sono serviti da una sola presa d’ acqua. Uno degli amministratori riceve le bollette e provvede all’ addebito in capo ai singoli condomìni, in base alle letture che vengono dichiarate dai singoli amministratori. Tale sistema è regolare oppure occorre costituire un supercondominio?Alcune letture dei singoli utenti sono palesemente incongruenti. Come si può agire (anche giudizialmente) per controllare che i singoli contatori siano mantenuti efficienti?F.F.TORINO Così come il condominio, il supercondominio è una situazione di fatto. Si verifica quando vi è uno o più impianti o parti in comune fra più condomini. In questo caso, si applica la disciplina di cui agli articoli 1117 del Codice civile e seguenti. In particolare, si può disciplinare il servizio in comunione con un regolamento ex articolo 1138 del Codice civile, con maggioranza ex articolo 1136, comma 2, del Codice, e la nomina di un amministratore per il supercondominio. Se i comproprietari sono più di 60, bisognerà (ex articolo 67 delle .

CONCESSIONI TANTO PUBBLICO POCO PRIVATO E LO STATO NON GUADAGNA

L’Economia del Corriere della Sera

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Alessandra Puato – Nazionalizzare? Ma cosa, visto che è già quasi tutto pubblico? Dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, con i tanti morti, il governo ha annunciato la revisione di tutte le concessioni, oltre all’ avvio dell’ iter per la revoca di quella ad Autostrade per l’ Italia, gruppo Atlantia, Benetton, che il ponte aveva in gestione. Ma a guardare la lista delle concessioni in Italia ci si accorge che la gran parte sono di società partecipate dallo Stato, quando non da Comuni e regioni. Il punto è che dare in concessione a terzi un bene o un servizio dei cittadini è un atto di fiducia, come dare le chiavi di casa. Deve restituire sicurezza, benessere e, se previsto, ricavi congrui. Non sempre avviene. Dalle 24.833 concessioni di Tesoro e Demanio attive nel 2015 – rilevazione parziale del 2017 su impianti ricreativi di mari, laghi e fiumi; idrocarburi e risorse geotermiche; acque minerali e termali; frequenze radio-tv-telefoniche e aeroporti – sono stati incassati solo 657 milioni. Briciole, se si pensa che una media banca come Bper fa 300 milioni di utile in un semestre. È un sistema opaco senza regole generali né mappe, dove si parla inutilmente di riordino da anni, un patrimonio di cui nemmeno lo Stato conosce il valore. Ci voleva un disastro come Genova per accorgersene. Dice Edoardo Reviglio, docente di Economia alla Luiss, co-autore di ricerche sul tema per Astrid con Franco Bassanini e capo economista in Cdp: «Il rapporto fra chi dà e chi riceve la concessione va reso equo. Poi se la concessionaria dà un servizio di qualità, remunera il giusto gli azionisti e fa gli investimenti nell’ interesse anche dei cittadini, non importa che il gestore sia pubblico o privato». Partiamo dai privati. A loro vanno le concessioni per le autostrade, innanzitutto: Atlantia, i gruppi Gavio e Toto gestiscono con altri la maggioranza della rete. Quindi ci sono le lotterie e giochi, dall’ ippica al bingo: qui i protagonisti sono la Snai di Investindustrial (Andrea Bonomi) e Palladio (Giorgio Drago) e la Lottomatica di De Agostini. Altro affidamento, le frequenze, di telefonia mobile e radio-tv: a Telecom da un lato, a Mediaset e al gruppo Cairo (La 7) dall’ altro, più la miriade di emittenti locali. Ai privati (per l’ 87,6%, dicono i dati Mef 2015 appena elaborati) va anche la ghiotta torta delle acque minerali: gruppi come Nestlé e San Benedetto, Ferrarelle e Norda, Lete e persino Coca Cola (Fonti del Vulture). E poi ci sono le spiagge, con decine di migliaia di concessionari che, denuncia uno studio di Astrid firmato fra gli altri da Bassanini e Reviglio (settembre 2013), in un caso su due non pagano: «I meccanismi di riscossione sono generalmente inefficienti e l’ evasione è stimata pari al 50%». E chi paga, paga poco. Settore di rilievo per il turismo, e c’ è chi fa bene. Ma la legge di riordino in cantiere dal 2017 è ancora bloccata. Il resto delle concessioni è in capo a società a partecipazione pubblica, che al Tesoro garantiscono fra l’ altro lauti dividendo. È l’ Enel che gestisce molte reti di distribuzione locale dell’ energia e diverse centrali idroelettriche ed è l’ Eni che estrae gli idrocarburi (dopo gara, però). È Terna che trasmette e dispaccia l’ elettricità, Italgas che distribuisce il gas e Snam che lo immagazzina. È il fondo F2i, socia Cdp, a gestire i grandi aeroporti (Malpensa e Linate, Napoli e Bologna, Torino e Alghero), a parte Fiumicino che è di Atlantia (e dopo gli investimenti ha vinto in marzo il premio Skytrax: «Migliore rilancio al mondo»). È l’ Anas che ha in affidamento la metà delle strade e l’ Open Fiber di Cdp ed Enel che deve costruire e gestire la rete in fibra ottica per il web veloce nelle aree non a mercato. E poi, certo, c’ è la Rai, concessionaria «per il servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale». Ci sono le utility come A2A e Iren, Hera e Acea per l’ energia, l’ acqua, i rifiuti. E gli acquedotti, in testa il Pugliese: fallaci e bisognosi d’ investimenti che i comuni non possono permettersi. Servono 5 miliardi l’ anno, non si arriva alla metà. Che cosa manca? Già, le Ferrovie. Un ginepraio. È la loro Rfi che ha le concessioni. Possiede i binari e ha ricavi annui per circa 2 miliardi: uno da pedaggio e un altro circa dal contratto con lo Stato «parte servizi», prevalentemente di manutenzione ordinaria. In più ha il contratto «parte investimenti» (17 miliardi stanziati negli ultimi due anni), in attesa di rinnovo per il 2017-2021: se non si approva, gli investimenti frenano. E per ammodernare e gestire la rete Rfi ha speso 22 miliardi in 5 anni, oltre 4 all’ anno. A lato ci sono poi i contratti di servizio di Trenitalia con lo Stato (per i treni a lunga percorrenza, anche non redditizi) e con le Regioni (per i locali). Altro caso, le Poste, che più che una concessione hanno anche loro un contratto per portare lettere anche dove non conviene: ricevono 262 milioni l’ anno, a fronte di una perdita operativa 2017 del settore Corrispondenza di 517 milioni. Ma hanno superato gli obiettivi sui tempi di consegna, dice l’ AgCom. In questo minestrone non ci sono lavori tutti uguali. Le concessioni autostradali, per esempio, godono (oltre che dello slittamento delle gare) di un clamoroso vantaggio: il pagamento in anticipo. L’ automobilista al casello versa subito i contanti, poi la società farà gli investimenti che, se riconosciuti, le verranno remunerati con gli aumenti tariffari (al galoppo da anni). Senza contare che «stesse società di uno stesso gruppo applicano modelli tariffari diversi», ha detto già nel 2015 l’ Autorità dei Trasporti che per riequilibrare un po’ le cose ha appena introdotto (ma solo per i pochi nuovi contratti) nuovi parametri di calcolo per la concessione, come il tempo di percorrenza medio e lo stato della pavimentazione. Le partecipate dallo Stato come Terna e Snam, invece, seguono lunghe procedure che coinvolgono cittadini, Comuni e Regioni, e più ministeri. Devono ottenere prima le approvazioni territoriali e ambientali, poi la certificazione sui lavori svolti, l’ ok con decreto, solo alla fine incassano. E l’ Arera, l’ Autorità di regolazione, deve assicurarsi che i benefici per la collettività siano sempre superiori al costo sostenuto, con premi e penalità. L’ energia, primo settore liberalizzato in Italia, è vista perciò come il punto virtuoso del sistema concessionario italiano. Terna (quotata in Borsa, come Snam e Italgas) ha investito 11 miliardi sulla rete elettrica negli ultimi anni e ne ha previsti 12 nell’ ultimo piano decennale. Per Snam la concessione è solo sullo stoccaggio di gas, che copre un quinto dei ricavi ma deve garantire l’ equilibro e la sicurezza del sistema energetico nazionale. I giacimenti esauriti di metano, che riutilizza, non vanno alterati. Quanto a Italgas, ottiene l’ affidamento partecipando alle gare ed è remunerata per il capitale effettivamente investito. Esegue, sostiene, «circa il doppio dei controlli previsti dall’ Autorità» (sempre l’ Arera). Anche il modello delle utility quotate sembra funzionare. Al contrario degli acquedotti, sui quali non a caso vorrebbe intervenire il nuovo vertice di Cdp. Per non parlare delle acque minerali: nessuna gara per scegliere i concessionari (una su 295, nel 2015) e introiti risibili in rapporto al fatturato del settore: lo 0,68% nel 2015. Lo dice il rapporto del Tesoro appena pubblicato. L’ unico sulle concessioni, finora.

Mister dazn miliardi, arte, gol e un buco nella rete (web)

L’Economia del Corriere della Sera
di Isidoro Trovato e Maria Elena Zanini
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Pur non essendo laziale, Leonard Blavatnik sabato sera era probabilmente uno dei più furiosi per l’ esito di Lazio-Napoli. Quella infatti era la gara di esordio di Dazn sul territorio italiano e Blavatnik è il maggiore azionista di Perform, proprietaria di Dazn. Al ricco magnate ucraino non saranno di sicuro piaciuti i buffering e gli inciampi che hanno fatto steccare la prima italiana della «Netflix dello sport». Eppure il rischio era evidente: l’ Italia possiede una tra le reti meno veloci (e più a macchia di leopardo) del continente, ma anche il pubblico calcistico più accanito. Malgrado tutto, al quartier generale londinese devono aver sottovalutato il problema se è vero che solo adesso sono in corso le trattative con Tim per rafforzare la capillarità del servizio. Per carità, piccoli inciampi ancora rimediabili ma di sicuro fastidiosi come un granello di sabbia in un ingranaggio perfetto. Blavatnik infatti è abituato a fare le cose in grande e nel suo universo Dazn è solo l’ ultima galassia. Si perché l’ oligarca ucraino nel suo palmarès può vantare proprietà come la Warner Music, acquisita nel 2011 per circa 3,3 miliardi di dollari aggiudicandosi un colosso che produce Madonna, Ed Sheeran, i Coldplay e i Pink Floyd, giusto per citarne alcuni. La «corsa all’ oro» di Blavatnik inizia nel 1978 quando il giovane Leo arriva a Brooklyn insieme alla sua famiglia in cerca di fortuna. Il destino, dopo una laurea alla Columbia e un Mba ad Harvard, cambia radicalmente (in meglio) quando Boris Eltsin dà il via al piano di privatizzazioni che crea una pattuglia di neo miliardari destinati a stravolgere il mercato dell’ energia, tra cui Blavatnik. La sua ascesa infatti inizia con l’ alluminio che lo porta a diventare uno dei maggiori player del mercato russo nel settore, per poi passare al carbone accumulando una fortuna grazie a una miniera in Kazakistan. Per approdare infine a Tnk, colosso petrolifero russo, dalla cui vendita a Rosneft, nel 2013, Blavatnik ha ricavato 7 miliardi di dollari. Negli anni successivi però Leo decide di diversificare radicalmente il business. Arrivano allora gli investimenti in moda (con marchi come Tory Burch), Real Estate (a Manhattan ha comprato un intero isolato) e media (con la creazione di Perform). Però l’ uomo con un incredibile fiuto per gli affari, quello sempre al posto giusto nel momento giusto, decide che vuole essere ricordato per qualcosa in più. E da diverso tempo Blavatnik si distingue per la sua inclinazione alle donazioni e alle iniziative benefiche. Con la Blavatnik Family Foundation infatti da oltre 25 anni supporta istituzioni culturali come la National Gallery, il Metropolitan Museum, la Royal Academy of Arts. L’ Università di Tel Aviv ha ricevuto una donazione di 20 milioni. Spiccioli rispetto ai 117 milioni donati dal magnate ucraino alla Oxford University per la creazione della Bsg, la Blavatnik School of Government, suscitando anche qualche perplessità da parte dei detrattori del personaggio. Con un patrimonio stimato in oltre 15 miliardi di sterline (16,7 miliardi di euro) Leonard Blavatnik è il terzo uomo più ricco del Regno Unito, il cinquantesimo al mondo. La sua cassaforte è Access Industries (fondata nel 1986) che a oggi conta quattro principali rami: risorse naturali e petrolchimico; tecnologia (con Snapchat, Yelp, Zalando, Spotify, Deezer…); Real Estate (con un portfolio di hotel e residenze di lusso in Usa, Europa, Sud America e Caraibi). E media e telecomunicazioni, area che comprende iniziative su vasta scala. Per esempio, in Israele il gruppo possiede un terzo di Rge, cui fanno capo Channel 10, Noga Communication e Sport Channel. In Russia controlla la maggioranza di Amedia società che possiede i diritti esclusivi per Hbo (che ha prodotto la serie cult Games of Thrones). In Inghilterra dal 2014 controlla Perform, il media group completamente dedicato allo sport che nel 2016 ha lanciato Dazn, catapultando gli sportivi nella visione live streaming dei match. È qui che parte la sfida più recente di Blavatnik. Ed è qui che cominciano anche i guai. Quando Dazn arrivò in Canada due anni fa, la reazione degli spettatori canadesi fu la stessa di quelli italiani. Rabbia, per lo più. Si verificarono molti problemi tecnici e nonostante le scuse, le partite dell’ Nfl (National Footbal League) della domenica, tornarono per qualche tempo in televisione. I problemi in Canada non sono ancora del tutto risolti: basta fare un giro su Twitter sull’ account DaznSucks (la traduzione è superflua) per rendersi conto della lunga strada che la piattaforma deve ancora percorrere. Ai tifosi italiani non basteranno le dichiarazioni dell’ amministratore delegato, James Rushton, che ha minimizzato gli inconvenienti del debutto affermando che «l’ effetto buffering ha riguardato solo il 10% degli utenti per una ventina di minuti». E non basterà a Blavatnik scegliere Cristiano Ronaldo come «Global ambassador» di Dazn. Bisognerà fornire servizi adeguati agli standard qualitativi europei. Anche perché, a conti fatti, l’ avvento di Dazn ha comportato un aumento dei costi per chi vuole vedere l’ intera serie A. Non a caso sono in tanti (Codacons e Usigrai in testa) a sospettare un «cartello» tra Dazn e Sky per fare lievitare i prezzi e abbattere i costi con la libera circolazione di risorse e volti (Diletta Leotta è il caso più eclatante). Ecco perché nelle prossime settimane ci si attende un colpo d’ ala da parte della piattaforma inglese che adesso dovrà tappare le falle del sistema, investendo in tecnologia e non solo in marketing. I colloqui con Tim vanno in questa direzione se è vero che (come ha detto Rushton) la colpa dei disguidi è tutta da attribuire a un Cdn (la rete di server che veicola i contenuti video) che non ha funzionato a dovere. Se invece la «terribile rotellina» dovesse ripresentarsi, trasformando le partite in lunghi fermo-immagine, non basteranno Ronaldo, Maldini e Shevchenko a placare l’ ira dei tifosi. Anche perché per ora ogni inconveniente pesa meno visto che nessuno sta pagando (il primo mese di abbonamento a Dazn è gratis) ma tra poco la scelta varrà molto di più e per tenere i 400 mila device finora collegati servirà una connessione stabile. In fondo, l’ unica cosa che i tifosi chiedono è di non intuire il gol dal grido del vicino di casa che ascolta la radio.

Diritti d’ autore, la stretta sui pirati si farà

L’Economia del Corriere della Sera

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La riforma del diritto d’ autore europeo si è rivelata uno dei nodi più controversi del progetto di mercato unico digitale a causa dei molti interessi in gioco, delle diverse grandi industrie coinvolte e dell’ assuefazione alle norme rimaste praticamente invariate per anni. Non ha aiutato poi il fatto che il processo decisionale dell’ Ue non sia sempre chiaro. Per questo provo prima a riassumerlo: la Commissione europea redige e presenta una proposta legislativa, poi il Parlamento e il Consiglio Ue (che rappresenta i governi di tutti gli Stati membri) devono ognuno prendere posizione sulla proposta della Commissione e da qui iniziano i negoziati inter-istituzionali in vista di un accordo a tre su un testo definitivo. La Commissione ha presentato la proposta di riforma del diritto d’ autore a settembre 2016. Su questa proposta i governi dell’ Ue hanno trovato un accordo a maggio. Il Parlamento ha invece rinviato la sua presa di posizione a settembre. Intanto la pressione esercitata dai gruppi di interesse di tutti gli schieramenti è stata straordinaria. Ciascuno sostiene che i rispettivi concorrenti soffocheranno la creatività, o l’ innovazione, o Internet… o le tre cose contemporaneamente. Questo non è un sano dibattito ma solo slogan ed esagerazioni. La proposta della Commissione mette a disposizione gli strumenti necessari per: 1) aumentare la quantità di contenuti culturali disponibili a livello transfrontaliero tra gli Stati membri; 2) migliorare il compenso di creatori e artisti ed espandere le loro opportunità di mercato; 3) sostenere la creatività e l’ innovazione digitale, 4) ampliare l’ acceso alla cultura online per gli utenti del web; 5) proteggere la libertà di espressione nell’ era digitale. Due punti in particolare hanno alimentato il disaccordo. Il primo riguarda il nuovo diritto per gli editori di giornali di negoziare con le piattaforme digitali le condizioni di utilizzo delle loro pubblicazioni (diritto di cui i produttori discografici, cinematografici e le emittenti godono già) senza però limitare la libertà degli utenti di creare i meme o i link ipertestuali agli articoli sul web, elemento fondamentale del libero dibattito online. L’ altro punto riguarda la protezione degli artisti: nella nostra proposta, le principali piattaforme digitali (che permettono agli utenti di caricare grandi quantità di video, foto e altri contenuti) dovrebbero, insieme ai titolari dei diritti d’ autore, individuare il materiale protetto per garantire il giusto compenso agli artisti. Per certi versi è simile a quello che fanno le stazioni radiofoniche quando contano le canzoni trasmesse. La Commissione non ha proposto modifiche sulla responsabilità delle piattaforme online, ma il Parlamento europeo e i governi dell’ Ue hanno voluto un adeguamento. È una loro prerogativa ma allora è necessario evitare il rischio di creare norme che portino all’ applicazione di filtri su larga scala, tutelare la libertà di espressione e garantire strumenti contro la rimozione ingiustificata di contenuti leciti e contro qualsiasi monitoraggio generalizzato del web. La riforma del diritto d’ autore tocca anche molti altri aspetti: 1) agevola la realizzazione, da parte dei musei, di copie digitali di importanti opere non più protette dal diritto d’ autore per preservarle e abbassa i loro costi per acquisire i diritti necessari a preservare una singola opera audiovisiva; 2) permette agli insegnanti di utilizzare più facilmente il materiale protetto durante i loro corsi; 3) semplifica l’ estrazione di testo e di dati da parte dei ricercatori per analizzare grandi insiemi di documenti; 4) rende disponibili molte più opere audiovisive tra Stati membri dell’ UE. Non proseguire con la riforma del diritto d’ autore significherebbe rinunciare a tutti questi aspetti positivi e questo non sarebbe nell’ interesse di nessuno. Oggi il dibattito sembra essersi polarizzato tra proteggere gli artisti o proteggere Internet. Personalmente, non sono d’ accordo. Dovremmo proteggerli entrambi: assicurare un equo compenso per gli artisti e, al tempo stesso, proteggere la libertà di espressione e la creatività sul web. Su questi elementi è stata elaborata la proposta della Commissione. Le reazioni alla relazione del Parlamento, sia all’ interno che all’ esterno, mi fanno pensare che essa non sia un compromesso accettabile. Spero che il Parlamento si avvicini alla nostra proposta originale per il voto di settembre, perché senza falsa modestia la ritengo davvero solida e in grado di bilanciare gli interessi di tutti. Spero che potremo avviare i negoziati a tre in autunno. E anche se so che raggiungere un compromesso ragionevole sarà tutt’ altro che facile, sono convinto che sia possibile, a patto che ci siano la volontà politica e la flessibilità necessarie per traghettare il diritto d’ autore verso l’ era digitale. *Vice presidente Commissione Ue Single Digital Market.

L'articolo Rassegna Stampa del 27/08/2018 proviene da Editoria.tv.


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