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Giorgetti parla di tv: panico a casa Mediaset (e non solo)
Giornalismo economico, c’ è un problema
Sole 24 Ore, la Consob contesta i bilanci fino al 2017
Dalle autostrade alle Tlc: 35mila concessioni nel mirino del governo
Dazn e Tim, via alla trattativa per superare i «buchi» streaming
Entro il 2010 dovevano scomparire i giornali
Reality, il forziere di Canale 5
Chessidice in viale dell’ Editoria
Giorgetti parla di tv: panico a casa Mediaset (e non solo)
Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Con la questione Viale Mazzini irrisolta – dopo la bocciatura in Vigilanza Rai del presidente designato Marcello Foa organizzata da Forza Italia col supporto del Partito democratico – il patron di Mediaset, più che il politico, Silvio Berlusconi avrà ascoltato con apprensione le parole di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista a palazzo Chigi: “Le concessioni statali vanno revisionate, dalle televisioni ai telefonini”. Cosa vuol dire? Dal punto di vista lessicale, le concessioni per le televisioni non esistono più: si chiamano “diritti d’ uso delle frequenze statali”. Alla fine della transizione dall’ analogico al digitale, Mediaset & C. si sono ritrovate con dei pacchetti di frequenze (multiplex) assegnati per vent’ anni e la moltiplicazione dei canali. Il Biscione e la pubblica Rai per trasmettere sull’ intero territorio nazionale – ogni anno e fino a quattro anni fa – dovevano pagare l’ 1 per cento del fatturato. Mediaset e Viale Mazzini assieme spendevano circa 55 milioni di euro. Non una cifra eccessiva. Nel 2012, però, il governo di Mario Monti – su indicazione dell’ Unione europea e con sollievo delle aziende di Berlusconi – ha imposto all’ Autorità di garanzia per le comunicazioni di elaborare un nuovo modello a parità di gettito per tassare non più i produttori di contenuti, ma soltanto gli operatori di rete. La parità di gettito in favore dell’ erario non si è verificata, ma nel 2014 l’ Agcom ha deliberato uno sconto milionario per Mediaset e Rai e una mazzata per Persidera (Telecom e Gruppo Espresso) e per le piccole società. Com’ è finita? Non è mai finita. Il governo renziano ha bloccato la pratica dopo una lunga diatriba e ordinato – in maniera provvisoria e pilatesca – di versare un “acconto”, più o meno 1,5 milioni di euro per ciascun multiplex: Viale Mazzini, Persidera e Mediaset ne possiedono cinque a testa. Per alcuni, era il paradigma Urbano Cairo. Nel 2014, infatti, il proprietario di La7 ha partecipato all’ asta per gli ultimi multiplex rimasti liberi e ne ha conquistato uno per 31 milioni di euro: spalmata su vent’ anni, dunque, Cairo paga una tassa di 1,5 milioni. Rai, Mediaset, Persidera e i piccoli hanno le concessioni blindate fino al 2032, Cairo Communication addirittura al 2034: a cosa si riferisce Giorgetti? Forse a un imminente appuntamento, all’ asta che si terrà in autunno sulla “banda 700”: le televisioni liberano frequenze per consentire a Telecom, Vodafone e via elencando di sviluppare le connessioni internet veloci e poi – nel 2022 – passeranno dall’ attuale digitale terrestre (dvbt) a una seconda generazione (dvbt2). I multiplex nazionali scendono da 20 a 10, quelli locali da 18 a 5: Mediaset & C. subiranno una diminuzione della quantità delle frequenze, ma non sarà intaccata la capacità di trasmissione, anzi ne sarà migliorata la qualità con immagini in 4 k. Questa è l’ occasione per riformulare le tariffe sulle concessioni, pardon sul diritto d’ uso e anche un messaggio per chi pensa – vedi Autostrade per l’ Italia – che la gestione privata di un bene pubblico, sancita da un contratto, sia irrevocabile.
Giornalismo economico, c’ è un problema
Il Fatto Quotidiano
Stefano Feltri
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Due recenti vicende hanno reso palese un problema del giornalismo economico italiano e dunque del dibattito pubblico: la morte di Sergio Marchionne e il caso Autostrade. Marchionne è stato beatificato in un modo che neanche lui avrebbe apprezzato. Nessuna sfumatura critica nelle celebrazioni, nessuna distinzione tra i profitti degli azionisti di Fiat e gli impatti sul Paese. E poi le Autostrade: gli stessi giornali, piccoli e grandi, che in passato invocavano mercato, liberalizzazioni e privatizzazioni oggi difendono il diritto della famiglia Benetton di accumulare rendite miliardarie a spese dei contribuenti. Come se lo stato di diritto e la democrazia stessa dipendessero dalla tutela di privilegi ottenuti grazie a leggi su misura, conflitti di interesse (Gian Maria Gros Pietro vende Autostrade ai Benetton dall’ Iri e poi va a presiedere Autostrade) e presidio degli asfittici salotti buoni della finanza (e dei giornali). Lo status quo del settore autostradale, così come quello dell’ energia e di molti altri settori regolati, è contestabile a prescindere dalle tragedie. Ma le stesse testate e gli stessi editorialisti che sono prontissimi a pretendere l’ applicazione della direttiva Bolkestein (gare obbligatorie) per ambulanti e balneari, si profondono in untuosi distinguo quando si tratta dei potenti concessionari autostradali o dei grandi gruppi dell’ energia, di cui si evita addirittura di parlare. Non è sempre stato così. Anche in un Paese di editori impuri con mille interessi da presidiare, ci sono sempre state voci forti, anche nei giornali dell’ establishment, che difendevano le ragioni del mercato contro la rendita parassitaria. Quelle voci ora sono spente o laterali. Questo non è soltanto deprimente, ma è un pericolo per la categoria e per i lettori, privati di strumenti di comprensione. Dopo il crollo di Genova grandi giornali e tg sono sembrati gli ultimi difensori di un sistema che elettori e lettori stanno cercando in ogni modo di abbattere.
Sole 24 Ore, la Consob contesta i bilanci fino al 2017
Il Fatto Quotidiano
Lorenzo Bagnoli
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La Consob, l’ autorità di vigilanza sulla Borsa, contesta al Sole 24 Ore i bilanci del 2015, 2016 e 2017. Lo rende noto la stessa azienda con uno stringato comunicato stampa diffuso il 13 agosto. Il procedimento dell’ autorità di vigilanza “riguarda la rilevazione da parte di Consob di alcune criticità in relazione alle valutazioni effettuate in occasione del bilancio 2015 e, conseguentemente, nella successiva modalità di rilevazione di alcune correlate svalutazioni nel bilancio consolidato 2016 nonché, per effetto di quanto precede, nei dati comparativi 2016 presentati nel bilancio consolidato al 31 dicembre 2017”. Come sempre, alla società ora è data la possibilità di integrare con nuove informazioni. Finora sembrava che il procedimento della Consob dovesse riguardare i bilanci che Gabriele Del Torchio, ex amministratore delegato del Sole 24 Ore, aveva cominciato a revisionare prima della sua sostituzione nel novembre 2016. Si tratta delle relazioni finanziarie che vanno dal 2012 al 2015. Durante la semestrale del 2016, Del Torchio rivela una perdita netta di quasi 50 milioni di euro (per la quale serviva una nuova ricapitalizzazione del giornale), evento che ha innescato all’ interno del gruppo editoriale una crisi ancora lontana dalla conclusione. A ottobre di quell’ anno, però, il rapporto tra l’ ad del gruppo e l’ allora presidente di Confindustria Giorgio Squinzi si è incrinato, fino alla rottura. Da quel momento in poi non si è più messo mano ai bilanci passati del Gruppo 24 Ore. Per altro va ricordato che la caduta libera dei conti del Sole non è cominciata nel 2012 ma già dopo la quotazione, avvenuta il 6 dicembre 2007. Non che oggi la situazione sia più rosea. Il giornale di Confindustria ha chiuso i bilanci degli ultimi tre anni con molta fatica: nel 2015 la perdita netta era di 21,2 milioni, nel 2016 era di 96,2 milioni di euro e nel 2017 – dati al 30 giugno – era di 45,5 milioni. Nella nota di sintesi del 27 ottobre 2017 si leggevano alcune preoccupazioni, in particolare in merito a nuove svalutazioni da aggiungere: il patrimonio netto nel 2016 è “al valore negativo di euro 11,7 milioni”. Il risultato è stato ottenuto dopo che l’ impairment test (il procedimento di verifica delle perdite) “ha condotto ad effettuare svalutazioni su alcune poste per euro 18,9 milioni”. La nota di sintesi però riporta come causa del rosso la “contrazione del mercato pubblicitario, la cui flessione dipende principalmente dall’ andamento negativo della stampa (con una contrazione sia dei quotidiani sia dei periodici) e di Internet”. Nulla a che vedere con i problemi giudiziari legati al quotidiano di via Monterosa. Ora l’ ultimo passaggio sta alla procura di Milano, dalla quale ci si aspetta a breve l’ avviso di chiusura delle indagini per decidere o meno chi mandare a processo. A marzo 2017 sono stati iscritti in dieci nel registro degli indagati. Per false comunicazioni compaiono tra i nomi eccelli quelli dell’ ex direttore del giornale Roberto Napoletano, l’ ex presidente del gruppo Benito Benedini e l’ ex ad Donatella Treu, mentre per appropriazione indebita ci sono l’ ex parlamentare Stefano Quintarelli (al Sole come direttore dell’ area digitale) e l’ ex direttore finanziario del gruppo Massimo Arioli. Tra gli esposti recapitati alla Procura milanese nel 2016 ce n’ era stato anche uno presentato da Adusbef in cui si ipotizzava il falso in bilancio.
Dalle autostrade alle Tlc: 35mila concessioni nel mirino del governo
Il Sole 24 Ore
Giuseppe Latour Manuela Perrone
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«Incassare risorse e difendere gli interessi dei cittadini». Dal governo sintetizzano così l’ obiettivo della revisione delle concessioni pubbliche avviata dopo il disastro di Genova. Un’ impresa ambiziosa – quelle attive sono 35mila, i soli contratti prossimi a scadenza valgono 1,4 miliardi di canoni annui – e nient’ affatto nuova. Il Programma nazionale di riforma contenuto nel Def 2017 del governo Gentiloni lanciava la riforma delle concessioni proprio con il target di «valorizzare le entrate per la Finanza pubblica e la concorrenza». Ma il piano è rimasto lettera morta. Sopravvive la premessa, identica nonostante il cambio di maggioranza: la convinzione di un rapporto squilibrato tra i canoni e i profitti, a vantaggio dei privati. Il progetto dell’ esecutivo Conte è alle battute iniziali: non ce n’ è traccia nel contratto di governo, è andato prendendo forma dopo il crollo del ponte Morandi. Con una sorta di cabina di regìa a Palazzo Chigi, in prima linea i sottosegretari Giancarlo Giorgetti (Lega) e Stefano Buffagni (M5S), affiancati dai ministeri coinvolti, in primis Infrastrutture, Mise e Mef. Imprescindibile il confronto con regioni ed enti locali. Sulla scia del percorso già avviato su strade, dighe e impianti idroelettrici, si parte da una «ricognizione» delle concessioni in scadenza o scadute nei settori indicati da Giorgetti: acque minerali, “sorvegliate speciali”, idrocarburi, frequenze per tv e telefonia. Nessun riferimento a spiagge né ambulanti, che insieme valgono 850 milioni (750 per i comuni) di quegli 1,4 miliardi. Non è un caso. Il governo ha deciso di accantonare i dossier, complice la storica sensibilità della Lega alle ragioni dei balneari e del M5S a quelle degli ambulanti, messe in pericolo dalla Bolkestein. Qui il contratto di governo è chiaro: «Ci impegneremo nel superamento degli effetti pregiudizievoli per gli interessi nazionali derivanti dalla direttiva Bolkestein». Sugli altri ambiti invece l’ esecutivo vuole andare avanti. Finita la ricognizione, deciderà caso per caso: dall’ aggiornamento di canoni e condizioni al non rinnovo a scadenza. Senza escludere il rientro del pubblico quando ci siano competenze e strutture. Vale per le dighe in Valtellina, indicate da Giorgetti, come per le autostrade. Sempre che le vedute di M5S e Lega coincidano. In linea teorica, allora, il governo potrebbe mettere le mani in un universo variegato. Perché le concessioni sono utilizzate sia a livello statale che locale. E perché coinvolgono, con una strumentazione simile, comparti con assetti totalmente differenziati: gestori di grandi infrastrutture come autostrade e aeroporti, terminalisti portuali che operano con passeggeri o merci, mercati comunali per gli ambulanti, concessioni nel settore delle dighe e in quello di energia, acqua e rifiuti ma anche sale bingo, slot e scommesse. Le autostrade A parte il caso di Autostrade per l’ Italia, per la quale il Mit ha avviato la procedura di decadenza, nel settore gli effetti della nuova politica del Governo resteranno poco percepibili ancora per anni: non di rado, la scadenza delle concessioni è tanto lontana da non far escludere che nel frattempo le regole saranno ulteriormente cambiate. Per esempio, la concessione della Sitaf (Torino-Bardonecchia) scade a fine 2050, quella della Sat (Livorno-Civitavecchia, incompleta) nel 2046, quella della Aspi nel 2042 (almeno in teoria) e quella della Tangenziale di Napoli nel 2037. Ma a quel punto le novità saranno doppie: le nuove concessioni rientreranno sotto la competenza dell’ Autorità di regolazione dei trasporti, facendo terminare l’ anomalia creata già dalla legge che nel 2011 istituì l’ authority sottraendole le concessioni in essere. Nel frattempo, si stringe sulla vigilanza ministeriale (ammesso che le strutture del Mit reggano): il premier Conte ha annunciato che a settembre i concessionari saranno convocati per portare un «programma dettagliato degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione». Le tlc Nel settore tlc il regime concessorio è in generale stato superato con le liberalizzazioni. Si opera in base a licenze e autorizzazione generale in base all’ articolo 25 del Codice di comunicazione elettronica. E non si tratta di un numero chiuso. La polpa però sta nell’ assegnazione delle frequenze, le “risorse scarse”. I cui diritti d’ uso sono passati e passano attraverso aste, come accadrà per le frequenze per il 5G a settembre. In questo caso le varie bande di frequenze alle telco sono assegnate attraverso 55 lotti (la sola asta del 2011 per i lotti Lte a 800, 1.800 e 2.600 Mhz ha portato all’ incasso di 4 miliardi), ora nelle disponibilità di quattro soggetti: Tim, Vodafone, Wind Tre e Iliad. Sempre in ambito tlc, di concessione si può parlare per la rete Infratel nelle “aree bianche”, data in concessione ventennale a Open Fiber. In ambito televisivo, oltre al servizio pubblico (convenzione con contratto di servizio) c’ è sempre il tema frequenze. I multiplex in Italia sono 20 con diritti d’ uso assegnati a Rai; Elettronica Industriale; Persidera; CairoCommunication; Prima TV; 3lettronica; Premiata Ditta Borghini Stocchetti; Europa Way. La disponibilità è fino al 2032. C’ è poi tutto l’ ambito delle tv locali. L’ ultima analisi di Aeranti Corallo indica 588 mux locali. Le spiagge Il capitolo delle spiagge, che secondo i numeri del Mef assicura ogni anno canoni per oltre 100 milioni di euro, potrebbe seguire una logica autonoma. Qui pesa da anni la questione dell’ allineamento alla direttiva Bolkestein che prevede l’ apertura alle gare, tra le altre, proprio delle concessioni balneari: il settore andrà riformato entro la fine del 2020. E l’ obiettivo dell’ esecutivo è quello di trovare una formula che consenta di tutelare la posizione dei concessionari uscenti. Anche se questo non pare compatibile con le norme europee. hanno collaborato Andrea Biondi,Maurizio Caprino e Carmine Fotina
Dazn e Tim, via alla trattativa per superare i «buchi» streaming
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Evitare di incappare nel gorgo delle problematiche tecniche dello scorso weekend di campionato, ma anche mettere a punto un ampliamento della partnership sui contenuti. È attorno a queste due linee guida che si stanno svolgendo (anche ieri a quanto risulta al Sole 24 Ore) incontri fra rappresentanti di Dazn e di Tim, alla ricerca di due quadrature del cerchio: la prima (quella sul versante tech) da trovare al più presto; la seconda in tempi più o meno brevi anche se non necessariamente immediati. Brucia la stecca all’ esordio per Dazn, la “Netflix del calcio”, che ha acquisito i diritti esclusivi per 3 partite su 10 di ogni giornata di Serie A. Un «un weekend storico per lo streaming di contenuti sportivi, che ha segnato l’ inizio di un nuovo modo di guardare lo sport per i tifosi italiani» hanno comunque commentato domenica sera con una nota da Dazn, la piattaforma streaming della Perform controllata dal miliardario Len Blavatnik. Certo è che i disguidi di Lazio-Napoli (soprattutto) sabato e in parte anche di Sassuolo-Inter domenica hanno generato un caso. Del resto il calcio è merce che scotta. Già il “doppio abbonamento” per tutto il campionato (visto che la polpa con 7 partite su 10 alla settimana e 16 big match su 20 è su Sky) è questione non da poco. Il fatto che per la prima volta si assegni al web e allo streaming una parte del calcio in un Paese in cui quanto a “banda ultralarga” si va spesso in coda alle classifiche europee è ugualmente non indifferente. Ritardi, buffering e interruzioni non possono quindi che fare da detonatore, come dimostra anche l’ annuncio del Codacons di ricorrere all’ Antitrust contro Dazn ma anche contro Sky i cui abbonati, scrive l’ associazione, «lo scorso anno vedevano tutte le partite del campionato, ora nel pacchetto vedranno solo 7 partite su 10 di serie A, ma non potranno sapere quali». In rete c’ è poi chi, nel commentare i disguidi di Dazn, non ha mancato di fare il confronto con Netflix -paragone comunque improprio visto che è impossibile che film o serie tv possano avere i picchi del calcio – e con Now Tv: il servizio di Sky (qui però le partite vengono trasmesse). Ora in casa Dazn, in attesa che l’ ex Spotify Veronica Diquattro a settembre passi operativamente alla guida, si sta lavorando per mettersi alle spalle il weekend da incubo. E il tempo stringe visto che sabato è in programma un’ altra sfida di cartello: Napoli-Milan. Gli incontri con Tim vanno letti sotto questa luce. Del resto, chi gestisce la distribuzione dei contenuti e non gestisce le sottostanti reti di telecomunicazioni, deve essere in grado di garantire al cliente la qualità del servizio “end to end”, tanto più se si parla di calcio e quindi di inevitabili picchi (440mila visualizzazioni durante Sassuolo-Inter). Così i colloqui fra Tim e Dazn si stanno concentrando sulla fornitura delle soluzioni ” infrastrutturali”, primi fra tutti i “Cdn”: Content delivery network (reti di server che garantiscono capacità aggiuntiva). Dazn si avvale di varie piattaforme, tutti provider di eccellenza, ma a favore di Tim giocherebbe la capillarità della rete di cache sul territorio. Le discussioni stanno andando avanti anche sul versante “contenuti”. Su Timvision a breve sarà disponibile la visione di alcune partite dell’ offerta Dazn. Le due società stanno studiando come aumentare l’ offerta per i clienti Timvision. A fronte però, va detto, sempre di un doppio abbonamento. In fondo, questo permetterebbe a Tim di portarsi in casa un po’ di Serie A. E in tempi di assalto sui prezzi nelle tlc e di una Iliad che fa tremare i polsi, portare contenuti e servizi distintivi è tutt’ altro che secondario. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Entro il 2010 dovevano scomparire i giornali
Italia Oggi
MARINO LONGONI
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La fine della carta stampata segnerà la fine anche della democrazia? Non è un caso se la nascita e il consolidamento dei sistemi democratici è storicamente andato di pari passo con l’ abitudine alla lettura e con l’ acquisto di giornali, riviste, libri. È solo grazie all’ esame critico dei problemi, alla discussione, alla polemica, al confronto delle idee, reso possibile per strati sempre più ampi della popolazione, che si è realizzata la trasformazione dei sudditi in cittadini che votano, pagano, pretendono. Ma la carta stampata ha ancora un futuro? Quindici anni fa i soliti guru americani profetizzarono la scomparsa dei giornali entro il 2010. Ma la notizia si è rivelata perlomeno prematura. Ora ci si sta rendendo conto che internet consente la diffusione di notizie, immagini, idee, parole, in tempi più rapidi e con costi molto più bassi, rispetto a quelli dei media tradizionali, ma questo evidente vantaggio competitivo ha generato un’ overdose informatica, nella quale per farsi notare è necessario urlare sempre di più e dove l’ algoritmo di Google decide quale informazione sarà letta e quale sarà ignorata. Non è un caso se anche l’ agenda delle dichiarazioni dei politici è ormai determinata dai Google trends. Quasi nessuno è disposto più a pagare l’ informazione, ma siccome produrre notizie costa, ecco che il metodo più semplice è quello di copiare una notizia trovata (e pagata) da altri (secondo la Fieg ogni notizia prodotta da una testata giornalistica tradizionale viene copiata illecitamente sul web da 4 a 15 volte), oppure le notizie vengono manipolate per raggiungere altri fini. Polpette avvelenate. Internet ha agevolato la diffusione di fakenews di tutti i tipi, impossibili da controllare e sanzionare (non essendoci sui social un direttore responsabile e nessun rischio di querela). Un ritorno al medioevo, quando la gran parte della popolazione veniva pasturata con informazioni utili alla causa dei potenti, mentre le notizie importanti, erano monopolio dei prìncipi e alla loro cerchia? Quanto potranno resistere ancora le democrazie occidentali di fronte alle ondate sempre più violente e strutturate di falsificazione e di demolizione degli ecosistemi che permettono la convivenza pacifica e civile? © Riproduzione riservata.
Reality, il forziere di Canale 5
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Si parte l’ 11 settembre con un ritorno e insieme una novità: Simona Ventura condurrà su Canale 5 la prima edizione di Temptation Island Vip, il debutto della versione celebrity del reality show in cui sei coppie mettono alla prova il proprio legame passando 21 giorni separate in un villaggio per essere tentate da single avvenenti. In questa edizione che si svolgerà a Santa Margherita di Pula, in Sardegna, la Fascino di Maria De Filippi che la produce ha pensato bene di includere fra i partecipanti anche l’ ex marito della Ventura, Stefano Bettarini, con la sua giovane compagna, così come Valeria Marini, un personaggio che nei reality dà il meglio di sé. Sempre a settembre sulla rete ammiraglia Mediaset ancora una versione vip di un reality storico, quella del Grande Fratello, condotta da Ilary Blasi. Successivamente durante la stagione televisiva arriveranno a ruota l’ Isola dei famosi con Alessia Marcuzzi, il talent Tù sì que vales con Belén Rodríguez, Amici a metà novembre e C’ è posta per te a gennaio entrambi della De Filippi. Per il Grande Fratello in versione tradizionale un po’ di attesa, dopo qualche scivolone della passata edizione condotta da Barbara D’ Urso, ma dovrebbe arrivare. Dopotutto il vicepresidente e a.d. di Mediaset, Piersilvio Berlusconi, lo aveva detto qualche tempo fa: per Canale 5 l’ idea è di avere un reality permanente. Il motivo si può capire dando uno sguardo alle tabelle in pagina elaborate dall’ Istituto Barometro di Luigi Ricci: talent e reality sono tutt’ ora seguitissimi e danno grandi soddisfazioni all’ ammiraglia del Biscione garantendo ascolti medi superiori alla media della programmazione prime time della rete anche nell’ anno di grandi eventi sportivi come i Mondiali o la Champions. Mettendo in fila i risultati, si scopre come il programma che è andato meglio in questa categoria è Tù sì que vales, in onda al sabato da settembre a dicembre dello scorso anno e prodotto dalla Fascino con EndemolShine Italy. Ha totalizzato oltre 5,2 milioni di telespettatori in media con il 28,1% di share, che sale a quasi il 30% fra i giovani 15-34enni e al 30,4% nel target 15-54 anni, quello più pregiato per la raccolta pubblicitaria. A seguire il Grande Fratello Vip, andato in onda fra settembre e dicembre del 2017 e prodotto da Endemol: 4,86 milioni di spettatori in media e il 25,7% di share che sale al 36% fra i più giovani e al 30,6% fra i 15-54. La media d’ età dei telespettatori non è bassissima: 53 anni per Tù sì e 50 anni per il Gf Vip. In realtà con questi dati si guarda solo a parte del pubblico, quello che vede i programmi sulla tv tradizionale (che comunque è sempre più giovane rispetto al pubblico di Rai 1). Ma Mediaset registra picchi sul web periodicamente proprio grazie ai video di reality e talent ed è questa la modalità di visione previlegiata dai giovanissimi. Quando Auditel terminerà il processo di rinnovamento della rilevazione, e rilascerà i dati che comprendono anche la visione online, la media dovrebbe rispondere meglio alla realtà degli spettatori. Il Gf Vip, aveva dichiarato lo stesso Piersilvio Berlusconi, con la casa in chiaro 24 ore su 24 ha generato 112 milioni di video visti e raccolto 65 milioni di voti. A seguire per ascolti c’ è l’ Isola con 4,46 milioni e il 24,1% di share che sale al 31% fra i giovanissimi, poi Amici con oltre 3,9 milioni in media e il 21,4% (30,6% fra i 15-34enni) e ancora il Grande Fratello (3,9 milioni e il 23,3% che sale al 33,5%) e Temptation Island (3,87 milioni e il 22,6% con il picco del 38,5% fra i 15,34enni). In totale le 62 serate di Reality/Talent, suddivise in otto titoli, hanno registrato una media del 24,3% di share con 4,4 milioni di spettatori. Ben sopra la media della programmazione di prime time di Canale 5, sempre nello stesso periodo, pari al 16,8%, con 3,5 milioni di spettatori, una media, sottolinea Barometro, che include le partite di Champions League e i Mondiali di Russia. © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Addio al vignettista Vincino. Si è spento ieri il vignettista del Foglio Vincenzo Gallo, noto a tutti come Vincino. Ad annunciarlo è stato lo stesso quotidiano con un cinguettio sul proprio profilo Twitter. Nato a Palermo 72 anni fa, era malato da tempo. Vincino aveva iniziato a collaborare a L’ Ora ed era stato tra i fondatori della rivista Il Male. Dopo aver lavorato per Il Corriere della Sera e Cuore, dal 1995 disegnava per Il Foglio. Inpgi, il Tar respinge i ricorsi contro il contributo di solidarietà. Il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi presentati contro il contributo straordinario di solidarietà introdotto dall’ Inpgi nel 2016 da applicare, in via temporanea per la durata di tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2017, a tutti i trattamenti di pensione erogati dall’ ente previdenziale dei giornalisti con percentuali crescenti. La III Sezione del Tribunale amministrativo, accogliendo le argomentazioni difensive dell’ istituto, ha confermato la legittimità dei provvedimenti decisi dall’ Inpgi, adottati, secondo il Tar «nel perseguimento del fine di riequilibrio finanziario, giustificato, se non imposto, dalla crisi contingente e grave del sistema previdenziale nel quale opera». Il prelievo, che incide solo sulle pensioni più elevate, è atto «oggettivamente sostenibile, rispetta il principio di proporzionalità, e, soprattutto, è previsto come misura una tantum, durando tre anni, senza possibilità di reiterazione», ha aggiunto il Tribunale. Asia Argento nega le accuse di molestie lanciate dal New York Times. «Nego e respingo il contenuto dell’ articolo pubblicato dal New York Times che sta circolando nei media internazionali. Sono profondamente scioccata e colpita leggendo notizie che sono assolutamente false. Non ho mai avuto alcuna relazione sessuale con Bennett». Asia Argento nega seccamente in una nota le accuse di molestie sessuali rivoltele dall’ attore per le quali avrebbe versato 380 mila dollari per raggiungere «un accordo» per non far proseguire la vicenda nei tribunali. La Argento parla apertamente di una «persecuzione». «Non ho altra scelta che oppormi a tutte le falsità e proteggermi in ogni modo». Nel frattempo una portavoce del dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles ha detto che non esiste «nessuna indagine aperta», ma che «verranno fatte delle indagini». Torna il Festival Internazionale del Documentario. Si terrà a Milano dal 13 al 16 settembre il Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà, l’ appuntamento con il cinema del reale, aperto al pubblico con ingresso gratuito, organizzato dalla società di produzione Frankieshowbiz con la direzione artistica di Fabrizio Grosoli. Molte le novità e i contenuti della quarta edizione del Festival che si svolgerà presso la Triennale di Milano, sede principale della rassegna, il centro culturale Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci: sono previsti 13 film documentari in anteprima assoluta, 10 anteprime italiane di titoli internazionali, 6 film documentari fuori concorso e 6 progetti documentari work in progress che verranno presentati al parterre di professionisti del settore per la sezione dedicata all’ Industry Visioni Incontra. Digital Bros, a febbraio il videogame Otwd su console. Per l’ anno fiscale che si chiuderà a fine giugno 2019, Digital Bros ha confermato la guidance sui ricavi che si attende nella forchetta compresa tra 145 e 190 milioni di euro. L’ indicazione è contenuta in una nota nella quale il gruppo attivo nel settore dell’ intrattenimento digitale e quotato al segmento Star di Piazza Affari ha annunciato che il videogioco Overkill’ s The Walking Dead sarà rilasciato negli Stati Uniti il prossimo 6 febbraio per piattaforme Ps4, Psn, Xbox One e Xbox Live, per poi approdare due giorni dopo in Europa e nel resto del mondo.
L'articolo Rassegna Stampa del 22/08/2018 proviene da Editoria.tv.