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Rassegna Stampa del 23/08/2018

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L’ ipotesi di una revisione delle frequenze penalizza il titolo

Dati standard per le piattaforme

Chessidice in viale dell’ Editoria

Radio, le big prendono posto in tv

Comcast prolunga l’ offerta Sky

Il New York Times: «Boldrini? Preferisce tacere»

Prolunga l’ Opa su Sky al 12 settembre

“Roma”, una storia lunga 156 nni

L’ Ordine dei giornalisti: «De Laurentiis la smetta»

L’ ipotesi di una revisione delle frequenze penalizza il titolo

Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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Seduta negativa per il titolo Mediaset che a Piazza Affari ieri ha lasciato sul terreno l’ 1,86 per cento. Pesano le dichiarazioni di esponenti politici, a partire dal sottosegretario leghista alla Presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, che ha parlato della necessità di rivedere complessivamente l’ ambito delle “concessioni”. Anche il settore televisivo è stato tirato in ballo e il governo potrebbe ridiscutere la durata dei diritti d’ uso delle frequenze, le “risorse scarse” concesse a operatori che le gestiscono attraverso multiplex. Fra questi c’ è anche Mediaset con Elettronica industriale. I multiplex in Italia sono 20 con diritti d’ uso assegnati a Rai (5); Elettronica Industriale (5); Persidera (5); Cairo Communication (1); Prima Tv (1); 3lettronica (1); Premiata Ditta Borghini Stocchetti (1) della Tbs proprietaria di Retecapri; Europa Way (1). Del tema ha anche parlato il sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni (M5S) che ha segnalato in un’ intervista al Messaggero la necessità di mettere ordine sul versante delle concessioni. Se nel novero degli interventi entra anche l’ ambito delle frequenze televisive, è inevitabile quindi che il discorso cada sulle attività di Silvio Berlusconi. «Noi non facciamo la guerra a nessuno. E non abbiamo pregiudizi», ha replicato Buffagni. Piazza Affari però evidentemente ha letto in questa escalation di messaggi degli ultimi giorni segnali politici lanciati all’ indirizzo del leader di Forza Italia, compagine politica che, solo per citare un esempio di contrapposizione con le forze politiche al Governo, è stata protagonista con il Pd della bocciatura in Commissione di Vigilanza di Marcello Foa (indicato dalla maggioranza gialloverde) alla presidenza della Rai. Insomma questioni tutte politiche con annunci la cui eventuale applicazione pratica sarà tutta da verificare. I diritti d’ uso dei multiplex sono in scadenza nel 2032 (nel 2034 quello acquisito tramite asta indetta dal ministero dello Sviluppo economico dalla Cairo Communication).

Dati standard per le piattaforme

Il Sole 24 Ore
Antonio Dini
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A quasi tre mesi dall’ entrata in vigore del Gdpr, più di mille giornali online americani non sono disponibili in Europa. I quotidiani Usa hanno avuto due anni di tempo per prepararsi alla normativa europea sulla protezione dei dati, ma un terzo dei cento più grandi quotidiani americani ha preferito bloccare l’ accesso a chi si connette dal Vecchio continente. È solo la punta più evidente dell’ iceberg di un conflitto tra le aziende Usa che basano il proprio modello di business sui dati degli utenti (monetizzandoli tramite la pubblicità o per altri scopi) rispetto alla normativa voluta dall’ Europa. Ma c’ è un cambio di passo. Infatti, mentre «la “old economy” dell’ informazione diventa protezionista e antidemocratica», come scrive Jeff South, professore di giornalismo alla Virginia Commonwealth University, i big della Silicon Valley cambiano strategia. E lanciano il Data Transfer Project. L’ iniziativa è guidata da alcuni dei big della tecnologia: Google, Facebook, Microsoft e Twitter. È un’ iniziativa tecnologica, open source – quindi aperta al contributo di tutti, disponibile sulla piattaforma online di Microsoft, GitHub, e testabile con la tecnologia dei “container” sponsorizzata da Google – e ha l’ obiettivo di creare un modo semplice e sicuro per gli utenti di servizi online di trasferire i propri dati. La regolamentazione del Gdpr peraltro lo prevede come inedito diritto dei cittadini della rete, ma la mossa dei big del digitale va oltre un semplice adempimento. «I marchi Usa – dice Sarah Toporoff della Global Editor Network – devono imparare come servire il pubblico all’ interno dei parametri del Gdpr. Non farlo è decisamente antidemocratico». Scegliere una serie di standard aperti e condivisi per l’ estrazione e lo spostamento dei dati personali può paradossalmente rendere ancora più efficace la vita per i big come Facebook e Google, rendendo più “liquido”, cioè con meno frizione, il mercato dei dati degli utenti. L’ interoperabilità dei dati in questo senso è soprattutto interoperabilità fra i grandi, e la possibilità di creare nuove attività collaterali di brokeraggio e disintermediazione dei datataset degli utenti. Il prototipo sperimentale (“beta”, nel gergo dei programmatori) del Data Transfer Project permette già oggi di supportare con un click il trasferimento di diversi tipi di dati personali come foto, mail, contatti, calendari e task. In futuro permetterà di estrarre tutto direttamente dal web, oppure tramite app di terze parti che forniranno questo tipo di servizio. O magari, perché no, da nuovi social network che facciano gli aggregatori di dati già presenti in rete (con il consenso degli utenti, ovviamente) e che vogliano facilitarne l’ entrata o l’ uscita da differenti social network. Da questo punto di vista è interessante Mastodon, un social network senza pubblicità e peer to peer, cioè di proprietà della comunità che lo usa: il codice è open source, l’ implementazione avviene sui server di soggetti diversi, aziende e volontari. «Mastodon – spiegano i creatori – non è solo un sito web, ma è una federazione: pensate a Star Trek. Migliaia di comunità indipendenti che gestiscono Mastodon formano una rete coerente, dove mentre ogni pianeta è diverso, l’ essere parte di uno è parte del tutto». Il punto dei costi è centrale: come si fa a fare senza la pubblicità? C’ è chi propone da tempo di smetterla con profilazione e monetizzazione degli utenti, e mettere invece i servizi social in abbonamento: «Io pagherei per il privilegio di poter usare Twitter sulla app che preferisco», dice John Gruber, uno dei più influenti proponenti della campagna anti pubblicità online. I numeri sarebbero diversi ma il flusso di cassa enorme lo stesso. Ma cosa succederà invece ai sistemi di tracciamento digitale avanzato, in grado di seguire gli utenti attraverso il web? È il cosiddetto Adtech, vero motivo dello scontro tra aziende Usa e regolamento europeo. Secondo Doc Searls, autore del Cluetrain Manifesto e del libro “Economia delle intenzioni”, il Gdpr finirà con far saltare tutta l’ economia dell’ advertising automatico basato sul tracciamento. «L’ Adtech non è pubblicità, ma direct marketing senza consenso, e ha già portato al più grande boicottaggio della storia: un anno fa più di 1,7 miliardi di persone hanno scaricato strumenti per bloccare il tracciamento dei servizi Adtech». Un’ Europa senza Facebook e Google sarebbe un durissimo colpo per milioni di piccoli e piccolissimi business, oltre ad associazioni non profit, comitati, fondazioni, che basano sulla comunicazione mirata il loro modello di comunicazione. Non esistono studi che spieghino nel dettaglio quanta parte dell’ economia informale e del terzo settore basino le proprie attività sulle piattaforme social. Ma sarebbe altrettanto devastante per il modello di business di Facebook e C. Al centro infatti non ci sono aziende o attività di business, ma persone. Anzi, le reti, i collegamenti tra le persone. E perdere o veder mutilata parte di questa enorme rete di connessioni fa diminuire in maniera sostanziale il valore di tutto il business digitale dei grandi social. La Silicon Valley lo sa bene e ha presente un altro, tremendo precedente. In Cina sta crescendo una generazione di persone che non ha mai usato un social network occidentale, bloccato dal Grande Firewall Cinese. Il New York Times racconta la storia di Wei Dilong, 18 anni, vive nella città di Liuzhou (Cina meridionale), ama il basket, la musica hip-hop e i film di supereroi di Hollywood. Ha in programma di studiare chimica in Canada quando andrà all’ università nel 2020. E non ha mai sentito parlare di Google o Twitter. Solo una volta di Facebook, ma non l’ ha mai visto. Il soft power digitale americano bloccato alle porte della terza economia del pianeta, abitata da 1,5 miliardi di persone, tutti potenziali clienti persi forse per sempre. Un errore che la Silicon Valley non vuole ripetere con l’ Unione europea. Il Data Transfer Project potrebbe essere la sua garanzia sul futuro. © RIPRODUZIONE RISERVATA @antoniodini.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Ascolti Rai, The Good Doctor sfiora i 4 mln. Si conferma ancora un successo la serie tv The Good Doctor, che in prima serata su Rai1 martedì 21 agosto ha ottenuto una media di 3 milioni 923 mila spettatori con i due nuovi episodi e uno share del 22,4% risultando nettamente il programma più visto della serata. Su Rai2 il film Troppo napoletano ha realizzato 1 milione 59 mila spettatori e uno share del 6,2%, mentre su Rai3 l’ altro film Rocky Balboa ha registrato 767 mila e il 4,4%. Continua la serie positiva di Reazione a Catena che nel preserale di Rai1 ha fatto registrare 3 milioni 779 mila spettatori con il 27,8% di share. Anche Techetechetè si conferma negli ascolti dell’ access prime time con 3 milioni 994 mila spettatori, share del 22,3%. Sempre molto seguite le edizioni principali dei Tg: il Tg1 delle 13,30 ha segnato 3 milioni 210 mila spettatori e uno share del 23,7%, che alle 20 sono diventati 4 milioni 504 mila e il 27,9%; il Tg2 delle 13 ha raggiunto 1 milione 885 mila e il 14,5%, saliti alle 20.30 a 1 milione 982 mila e l’ 11,2%. Il Tg3 delle 14,20 ha segnato 1 milione 611 mila e il 13,4%, quello delle 19 è stato visto da 1 milione 490 mila e il 12,2%. Le edizioni regionali hanno avuto un seguito di 2 milioni 265 mila alle 14 con il 17,7% e di 2 milioni 16 mila con il 14,1% alle 19,35. Bene anche l’ informazione non stop di RaiNews24 che tra le 9 e il 12 di ieri ha raggiunto il 4,3% di share e oltre 150 mila spettatori. Peppa Pig sbarca in Cina con Alibaba Pictures. Entertainment One e Alibaba Pictures, il braccio di film e intrattenimento digitale di Alibaba Group hanno annunciato i piani per la loro prima coproduzione che segnerà il debutto sul grande schermo di Peppa Pig nelle sale cinematografiche di tutta la Cina. Basato sulla serie televisiva Peppa Pig, la co-produzione Peppa celebra il Capodanno cinese uscirà in Cina il 5 febbraio 2019 e sarà distribuita da Alibaba Pictures. Il film è stato sviluppato appositamente per un pubblico cinese, ed è anche programmato per coincidere con l’ anno del maiale. Peppa celebra il Capodanno cinese incorporerà elementi tradizionali cinesi nella sua trama, tra cui la danza del drago e l’ avvolgimento di gnocchi e saranno introdotti nuovi personaggi, come i «Panda gemelli».

Radio, le big prendono posto in tv

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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A gennaio di quest’ anno il ritorno di Radio Deejay sul digitale terrestre, al canale 69, a due anni dall’ uscita dalla tv e dalla vendita della numerazione Lcn da parte del gruppo Espresso. Ora si attende lo sbarco nel Dtt di un altro grande marchio della radiofonia, quello di Virgin Radio. Paolo Salvaderi, a.d. di RadioMediaset, aveva annunciato che sarebbe nata una Virgin Tv già alla fine dello scorso anno, e la deadline era stata fissata a giugno-luglio scorsi. Il canale, in realtà, ancora non è nato, ma dovrebbe vedere la luce entro l’ anno, anche perché di recente l’ a.d. ha ribadito la volontà di lanciarlo. Fra i grandi nomi della radiofonia che sbarcano in tv ci sono poi altre realtà, soprattutto a livello locale, che si sono mosse nella stessa direzione soprattutto nell’ ultimo anno. Si tratta di una delle strategie messe in campo dalle emittenti radiofoniche per prepararsi a un futuro in cui l’ ascolto sarà sempre più differenziato e meno riservato al ricevitore tradizionale che sta scomparendo dalle case. Anche il passaggio al Dab, il digitale radiofonico, non sembra che possa riportare il semplice ricevitore via etere nelle abitazioni: potranno esserci dispositivi ibridi etere-online, ma soprattutto nelle case si vedranno sempre più smartspeaker, in cui se l’ ascolto radiofonico live ci sarà (cosa non garantita, vista la tendenza verso l’ on demand) non sarà in Fm o Dab ma via Internet. In casa, però, ci saranno sempre i televisori, ed ecco che garantirsi già oggi una presenza in questo mezzo è importante. I dati aggiornati del Tavolo editori radio sugli ascolti nei diversi dispositivi arriveranno fra qualche settimana, ma quelli dello scorso anno già davano delle indicazioni: 24.312.000 persone nel 2017 hanno ascoltato il mezzo con l’ autoradio, 11.201.000 tramite un ricevitore tradizionale, 4.550.000 via tv, e 3 milioni via Internet. Le prime due piattaforme sono ancora di gran lunga predominanti, e lo saranno per molto tempo, ma il resto serve a completare gli ascolti. Oggi ci sono sette radio nazionali che hanno un proprio canale e in testa per copertura sul mezzo c’ è il gruppo Rtl di Lorenzo Suraci che per primo e con forza ha creduto a questa modalità di diffusione. Per altro a livello nazionale è l’ unico gruppo che fa la cosiddetta radiovisione, con la trasmissione anche in video di ciò che succede in radio a Rtl 102,5, Radio Freccia e Radio Zeta. Per gli altri il quadro è vario: Deejay tv ha solo Linus e Nicola Savino in diretta e per il resto videoclip autonomi, come indipendente è la programmazione di Radio Italia. Prodotti che servono a rafforzare il brand, al di là che siano in simulcast oppure no. Ora le mosse sono attese soprattutto da Mediaset, che nonostante sia un gruppo principalmente televisivo (o forse proprio per questo), ha finora fatto aspettare la radio in tv. Unica presenza quella di R101 Tv alla numerazione 167, mentre Virgin Tv dovrebbe arrivare al tasto 157, in cui attualmente c’ è uno schermo nero che nel menu del televisore compare come 105 Tv. Chi invece non sembra ancora essersi convinto è Eduardo Montefusco, il patron di Radio Dimensione Suono, seconda emittente per ascolti in Italia dopo Rtl 102,5. Lo stesso Urbano Cairo mesi fa avrebbe proposto a Montefusco una partnership per portare Rds in tv sul proprio mux, ma non c’ è stato niente da fare. All’ inizio di luglio in realtà è stata lanciata sul satellite una versione test di Rds Social Tv, lo stesso prodotto che si può vedere online e che mette insieme in un’ unica schermata le clip dei brani e le schermate dei social network della radio. Periodicamente inoltre tornano le voci di uno sbarco sul digitale terrestre, ma dal gruppo arrivano solo smentite in tal senso. Un filone che si sta sviluppando è quello delle visual radio: non semplici trasmissioni di videoclip, non radiovisione, ma un’ ibridazione, in cui all’ audio dell’ emittente si sovrappongono grafiche e altri contenuti alla stregua di ciò che può accadere su un sito web, solo ottimizzato per la tv. Da dicembre partirà a Roma un esempio in tal senso, NSL Radio TV, un’ emittente radio-televisiva ibrida che trasmetterà su satellite, digitale terrestre e Internet, legata a Nsl Italia, gruppo di cliniche private della capitale. Secondo la società di consulenza Consultmedia, che ne ha supportato la realizzazione, è questo uno dei tasselli della cosiddetta Radio 4.0, la necessaria evoluzione dell’ fm per le sfide del futuro. © Riproduzione riservata.

Comcast prolunga l’ offerta Sky

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Comcast dà ancora tempo agli azionisti di Sky: ieri il gigante dei media americano ha deciso di prolungare il periodo di accettazione per la sua offerta in contanti di 25,9 miliardi di sterline (33,46 miliardi di euro) per il gruppo Sky, dopo aver ottenuto un basso numero di adesioni. Gli azionisti di Sky hanno infatti finora giocato ad attendere per capire se il prezzo offerto per i loro titoli sarebbe aumentato. Il gruppo proprietario di Nbc Universal guidato da Brian L. Roberts, che sta combattendo contro la 21st Century Fox di Rupert Murdoch per il controllo di Sky da aprile, ha dichiarato di aver ricevuto adesioni per circa 3,84 milioni di azioni di Sky, ovvero lo 0,21% del capitale azionario, entro la prima scadenza che era fissata ieri alle 12 orario di Londra. Il periodo di accettazione è stato così esteso alle 12 del 12 settembre prossimo, fra tre settimane. L’ offerta di Comcast per Sky è di 14,75 sterline (16,4 euro) per azione ed è stata raccomandata dal board di Sky. Questa offerta si confronta con quanto messo sul piatto da Fox, pari a 14 sterline per azione (15,6 euro) per il 61% di Sky che non è già in suo possesso. Tale offerta originariamente aveva il sostegno del consiglio di Sky, sostegno ritirato dopo che Comcast ha aumentato la propria offerta l’ 11 luglio. Nonostante sia più bassa, la proposta di Murdoch resta ancora in piedi: la prima scadenza entro la quale gli azionisti di Sky possono accettarla è alle 12 del 17 settembre. Fox ha anche tempo fino al 22 settembre per rivedere la sua offerta attuale per l’ operatore satellitare, che lo valorizza a 24,5 miliardi di sterline (27,2 miliardi di euro) con uno sconto del 5% rispetto all’ offerta attuale di Comcast. Qualsiasi rilancio va concordato prima con la Disney dell’ a.d. Bob Iger, visto che con quest’ ultima Fox ha già un accordo di vendita dei propri asset tra cui Star India, studi cinematografici e televisivi, reti via cavo dedicate all’ intrattenimento e la quota nel servizio di video in streaming Hulu, e appunto Sky. Fox ha lanciato la sua proposta per consolidare la proprietà di Sky a dicembre 2016, ma l’ accordo è stato bloccato dalle autorità di regolamentazione britanniche. Comcast si è presentato come pretendente di Sky a febbraio, confermando l’ offerta di acquisizione in aprile. Comcast era in lizza prima che per Sky, per l’ acquisizione di tutti gli asset di Fox, ma a fine luglio ha annunciato che non vuole più proseguire nell’ offerta che riguarda le attività di proprietà di Murdoch e che si sarebbe concentrato soltanto sul gruppo satellitare, ormai multipiattaforma, presente in Uk, Germania, Austria e Italia. © Riproduzione riservata.

Il New York Times: «Boldrini? Preferisce tacere»

Il Giornale
FMal
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Ieri ha «twittato» sul caso Diciotti, ma di commenti sull’ affaire Argento neanche l’ ombra. E sì che Laura Boldrini di Asia è amica, avendo condiviso con lei le molte battaglie contro il sessismo dei maschi. Eppure alla richiesta di intervista da parte del New York Times, il quotidiano che ha sollevato il polverone, l’ ex presidente della Camera ha risposto con un cortese rifiuto: forse per mancanza di argomenti difensivi, forse per non aumentare ulteriormente la pressione mediatica su un caso che è tornato come un boomerang sul grugno del movimento femminista e che potrebbe – almeno da noi – averlo danneggiato in modo permanente. Questa almeno è la tesi dello stesso New York Times, che in un articolo intitolato «Lo scandalo Asia Argento ha aperto la caccia grossa al movimento #MeToo in Italia» racconta come la Argento sia stata «oggetto di un’ ampia e feroce gogna sulle prime pagine praticamente di tutti i quotidiani, con titoli spietati come Asia Weinstein». «La signora Argento non ha mai scaldato i cuori degli italiani – continua il quotidiano newyorkese – in parte riflettendo la persistente resistenza al progresso che il movimento #MeToo ha aperto per le donne in alcuni altri Paesi». E conclude facendo notare come «persino alcuni di quelli che un tempo avevano difeso a gran voce la Argento hanno poco da dire». Tra questi, appunto, Laura Boldrini che appena quattro mesi fa al «Women in the World Summit» raccontava la sua esperienza di linciaggio social-mediatico con accanto Asia che invece raccontava delle violenze subite da parte di Harvey Weinstein. Ha dunque ragione il Nyt, questo scandalo ha ucciso il #MeToo italiano? Non è detto, perché le idee sono qualcosa di diverso da chi – più o meno degnamente – le esprime. Di sicuro però non ha scelto bene le sue portabandiera… FMal.

Prolunga l’ Opa su Sky al 12 settembre

Il Giornale

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Comcast ha deciso di estendere fino al 12 settembre il periodo di adesione all’ offerta lanciata sull’ operatore britannico Sky per a 25,9 miliardi di sterline in contanti. Fino ad ora infatti le adesioni sono state scarse: i soci di Sky stanno aspettando che 21st Century Fox alzi la sua offerta.

“Roma”, una storia lunga 156 nni

Il Roma

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Ieri il 156° anniversario del “Roma”, fondato nel 1862 da Pietro Sterbini (direttore) e Diodato Lioy (editore), garibaldini e mazziniani che intendevano lanciare l’ ultima sfida risorgimentale per Roma capitale d’ Italia. Nella sua lunga storia, il quotidiano durante la monarchia fu la voce dei repubblicani e dei mazziniani, nel 1930 divenne proprietà del Banco di Napoli. Nel 1942 fu acquistato dall’ armatore Achille Lauro, nell’ ottobre 1943 venne sospeso dagli Alleati, come tutti gli altri giornali compromessi col fascismo. Dopo la seconda guerra mondiale Lauro rientrò in possesso del quotidiano. Lo potenziò: inviò il tecnico Salvatore Di Salvatore in Germania per acquistare nuove rotative tedesche, a Mannheim; Di Salvatore portò a Napoli i nuovi macchinari; altre rotative, di minori dimensioni, furono trasportate sulla nave “Achille Lauro”, che funse da tipografia (unica nave in Italia a stampare un giornale). Con Lauro il quotidiano si collocò politicamente a destra. Nel dopoguerra il “Roma” è stato diretto, tra gli altri, da Alfredo Signoretti (1950-1958), Alberto Giovannini (1958-1972 e 1976-1978), Piero Buscaroli e Pietro Zullino; ne fu critico letterario e capo servizio Cultura Francesco Bruno. Nel 1978 Achille Lauro cedette il giornale al figlio Ercole che, nel tentativo di risanarne i bilanci, decise di abbandonare posizioni politiche di destra e collocare il quotidiano al centro, affidandone la direzione ad Antonio Spinosa. Il tempo di far terminare il praticantato a quattro nuovi assunti (tra cui Antonio Sasso, futuro direttore) e dal 2 novembre 1980 il giornale interruppe le pubblicazioni sotto la direzione di Franco Grassi. Il nuovo “Roma” riaprì nel novembre 1990 grazie all’ imprenditore Pasquale Casillo: nel 1991 il nuovo direttore Domenico Mennitti rilanciò le edizioni provinciali in Puglia. Ma la storica testata chiuse nuovamente nel novembre del 1993. Nel 1996 il “Roma” fu rilanciato dal deputato Giuseppe Tatarella come organo d’ informazione del movimento politico -culturale “Mediterraneo”, allineato su posizioni di centro -destra ma con l’ idea di divenire una voce meridionalista. Successivamente fu siglato un accordo con “Il Giornale di Napoli”, che dal 1998 uscì in allegato al “Roma”. Direttore della nuova serie fu Gennaro Sangiuliano, affiancato da Antonio Sasso, che ne rilanciò la presenza culturale nel Mezzogiorno, mentre dal 2001 è subentrato prima Gigi Casciello e poi di nuovo Antonio Sasso (dal luglio 2002), che hanno dato al giornale una maggiore presenza sul ter ritorio. L’ informazione locale è stata rinforzata a partire dall’ impaginazione del giornale: le prime pagine sono state riservate in prevalenza a fatti napoletani e campani. Il quotidiano ha avuto per alcuni anni due supplementi: “Ultimissime” e “Ultimissime Sport”. Dal 2004 al 2009, in Campania il “Roma” uscì in abbinamento obbligatorio con “Il Giornale”. Il 28 febbraio 2013 la società editrice cessò le pubblicazioni andando in liquidazione. I giornalisti e i poligrafici dopo essersi trovati per molti mesi senza stipendio, continuando tuttavia a lavorare come sempre, fondarono una nuova cooperativa (“Nuovo giornale Roma scarl”) riuscendo a far uscire il giornale regolarmente. La linea editoriale è svincolata da indirizzi politici, ma è molto attenta e critica sull’ attività delle amministrazioni locali, qualunque sia il loro colore politico. Il “Roma” è un giornale che ha vissuto tante vite, fondato da rivoluzionari, ultimo della città a cedere al fascismo, inghiottito dal fallimento dell’ impero di Lauro, rinato due volte negli anni ’90, prima – come detto – grazie al “re del grano” Pasquale Casillo, poi per l’ iniziativa dell’ ex vicepresidente del Consiglio Pinuccio Tatarella. Nel 2013, mentre rischiava un nuovo disastroso naufragio, è stato rilevato dalla cooperativa costituta dai giornalisti che ci lavorava e che, quotidianamente, lo porta nelle mani dei lettori. Riportare il giornale in edicola è stata un’ avventura incredibile, straordinaria, per la quale ognuno ha investito moltissimo della propria vita: soldi, tempo, a volte, affetti. Ogni giorno mandare il quotidiano in tipografia è un piccolo miracolo.

L’ Ordine dei giornalisti: «De Laurentiis la smetta»

Il Roma

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NAPOLI. «E questa volta De Laurentiis minaccia azioni civili contro i giornalisti. Solidarietà da parte dell’ Ordine della Campania a Umberto Chiariello e Canale 21, emittente nel mirino del proprietario del Napoli. Ora basta. La smetta. Saremo in ogni sede al fianco di Chiariello, di Canale 21. La smetta di minacciare e accetti il sano principio della critica che è il cuore della nostra professione. La smetta». Queste le parole di Ottavio Lucarelli, presidente dell’ Ordine dei Giornalisti della Campania.

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