Indice Articoli
Ci rubano gli articoli Editori e politici dormono alla grande
LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT E L’ALGORITMO DELLA LEGALITÀ
Dazn, debutto al rallentatore sulla rete più scarsa d’ Europa
“Tu a che minuto sei?” i 90′ dell’ Italia divisa
Connessione ultra veloce solo per una famiglia su 10 1 giga Una famiglia su 10 ha la connessione …
La falsa partenza di Dazn nel Paese dello slow Internet
«Dalla Rai a Mediaset per sfidare Mentana»
Legal Award, ecco gli studi che, per il mondo, valgono
Ci rubano gli articoli Editori e politici dormono alla grande
Libero
link
VITTORIO FELTRI La nostra eccellente collaboratrice Paola Tommasi mi informa che su internet esiste un servizio di messaggistica istantanea, Telegram, simile a Whatsapp, su cui è stato creato un canale, vale a dire un grande gruppo pubblico che chiunque può consultare, dove ogni dì vengono resi noti i contenuti di ogni quotidiano italiano. Lo slogan è il seguente: «Non spendere soldi in edicola, ci pensiamo noi». Il sistema ha la bellezza di 23 mila iscritti. Nel periodo di Ferragosto ha interrotto l’ attività e la riprende oggi. Bene, ci fa piacere. I suoi utenti hanno facoltà di trovare i giornali che preferiscono, tra i quali Libero, il quale il 2 agosto, giornata di picco delle letture, è stato scaricato 9,1 mila volte. Però! Il Corriere 5,2, il Fatto e il Giornale 5,5 volte, Repubblica 6,1 e La Stampa 6,4. Il primato mi lusinga, conforta tutta la redazione che lavora con impegno. Tuttavia ci girano i santissimi all’ idea che il nostro impegno in campo informativo si disperda nella gratuità. Intendiamoci, non ce l’ abbiamo con i signori che su Telegram sfruttano le nostre fatiche probabilmente senza commettere reati e, pertanto, supponiamo agiscano legittimamente. Però ci domandiamo perché il prodotto cartaceo che mandiamo sul mercato sia riciclato a prezzo zero quando compilarlo comporta sacrifici remunerati solo attraverso l’ edicola e non da chi lo preleva senza pagare un centesimo di euro. Si tratta di un’ ingiustizia grave. È teoricamente illecito violare i diritti d’ autore, ma in pratica si può fare poiché non c’ è un cane che intervenga e disciplini la materia. I responsabili di questo scempio sono gli editori della carta stampata, che riescono ad essere più cretini dei giornalisti, i più danneggiati. I quali percepiscono uno stipendio per scrivere articoli destinati alle pagine dei loro giornali, e poi se li trovano, senza ricevere una monetina, sugli schermi del computer e degli iPad. I suddetti editori non sono stati mai capaci, in un ventennio, di stabilire un accordo con gli specialisti del web affinché i pezzi firmati dai redattori tradizionali vengano a pagamento diffusi via telematica. I famosi siti rubano servizi vergati da noi e li mandano in rete senza riconoscere agli autori e ai padroni dei quotidiani il becco di un quattrino. È assurdo e disonesto nella sostanza. Ma gli editori non fanno una piega in quanto svolgono anche altri mestieri e non capiscono un cazzo del nostro. Cosicché internet ci frega lettori e acquirenti ai quali offre gratis i nostri testi. Più fessi degli editori in questione ci sono soltanto i legislatori, che meditano di toglierci contributi statali e si guardano dalla necessità di introdurre norme che garantiscano a noi sfigati quanto ci spetterebbe in via equitativa. Che i governanti siano ignoranti è notorio, ma li invitiamo lo stesso a prendere atto del problema e a risolverlo in fretta, altrimenti adotteremo contromisure onde sottolineare la loro imbecillità. Non vogliamo omaggi ma ciò che ci spetta. riproduzione riservata.
LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT E L’ALGORITMO DELLA LEGALITÀ
L’Economia del Corriere della Sera
link
La riforma europea del copyright è stata rimandata a settembre, sotto la pressione degli oligopoli digitali: a trarne beneficio non è la libertà della Rete ma la criminalità che prospera sulla pirateria, danneggiando gli artisti, i talenti e l’ industria creativa. Il tutto avviene con la benevolenza interessata di un vasto pubblico, che forse non ruberebbe una saponetta al supermercato ma trova perfettamente normale scaricare film, articoli o musica dai siti pirata. «Di recente è stato calcolato da Ipsos per Fapav, la federazione contro la pirateria audiovisiva, che il 37% degli adulti italiani ha fruito illecitamente di film e serie tv nel 2017, con circa 631 milioni di atti di pirateria compiuti. Cifra che non tiene conto del live streaming degli eventi sportivi e dell’ accesso illegale ai contenuti televisivi attraverso appositi decoder. La relazione Baruffi del 2017, atto finale della commissione parlamentare d’ inchiesta su contraffazione e pirateria della scorsa legislatura, ha evidenziato come in Italia ogni giorno le visioni abusive sopravanzano quelle legali». Il brano è tratto da un articolo di Emanuele Coen e Fabio Macaluso (quest’ ultimo tra i maggiori esperti della materia), pubblicato da L’ Espresso. In assenza della riforma, continua a valere il principio dell’ irresponsabilità degli operatori di Internet e delle telecomunicazioni, stabilito da una direttiva europea del 2000. Secondo la direttiva, questi soggetti non sono tenuti a verificare il traffico di informazioni sulle proprie infrastrutture: sono obbligati ad attivarsi e a rimuovere i contenuti soltanto quando l’ illecito venga segnalato dai legittimi proprietari, autori o editori. Questo sistema non regge più: solo su YouTube, ogni minuto sono postate circa quattrocento ore di contenuti. Per questo, la nuova direttiva prevede che operatori come Google e Facebook si dotino di strumenti automatici per controllare la circolazione di contenuti protetti da copyright. Troppo difficile per i maghi della tecnologia creare l’ algoritmo della legalità?
Dazn, debutto al rallentatore sulla rete più scarsa d’ Europa
Il Giornale
; Tony Damascelli
link
di Tony Damascelli H a ragione James Rushton: «Dazn è il futuro». Siamo d’ accordo. Il problema è il presente. Laureato a Birmingham, l’ ex dirigente del club calcistico dei Blues, mister Rushton, oggi amministratore delegato di Dazn, è fiero, insieme con il suo staff, per lo sbarco in Italia di questo nuovo servizio streaming on line che si è garantito i diritti di trasmissione di alcune partite del nostro campionato di calcio. Un buon affare per i dirigenti del calcio, un po’ meno per i tifosi nel senso di utenti, abituati a Mediaset Premium e Sky, dunque roba normale sul digitale e sul satellitare, bastava sottoscrivere gli abbonamenti, ricevere la card relativa, inserirla nel decoder, accendere il televisore e guardare l’ evento. Ma oggi no, troppo semplice, troppo antiquato, troppo easy. Lazio-Napoli è andata in circolo all’ insaputa di molti che hanno tentato di stabilire la connessione. Problemi tecnici subiti risolti, hanno comunicato quelli di Dazn che ha una etimologia misteriosa e romantica, legata a una famiglia ottocentesca proveniente da Washington, ma questi sono dettagli. In verità Dazn non ha risolto un bel niente. La trasmissione su vari dispositivi (loro dicono device) ha incontrato difficoltà che non si riscontravano dai tempi di Guglielmo Marconi o della tv in bianco e nero, l’ immagine saltava, il collegamento pure, sopravviveva l’ audio, ritornava il video ma nel silenzio, il pirandelliano (uno, nessuno, centomila) Pardo Pierluigi, a un certo punto della contesa, ha detto testualmente «fasi poche chiare», accennava al gioco ma forse alludeva ai guai che erano intercorsi, dopo l’ esibizione dell’ incantevole e incantata Leotta e del leggendario reduce Sheva. La partita, intanto, proseguiva all’ Olimpico di Roma mentre le immagini, quelle resistenti, arrivavano con 55 secondi di ritardo, poi aumentati come il ritardo di certi treni pendolari nostrani. Ho scoperto che Dazn allunga la vita. Momenti di rabbia, di insulti al cielo, buffonata più che buffering, ripensando a Rojadirecta, il portale in streaming, clandestino e illegale, che regalava le immagini in diretta di qualunque partita mondiale ma gratuitamente, senza bisogno di ricorrere a belle femmine e campagne stampa colossali e paesane. Rojadirecta resiste ma Dazn ha le spalle forti, così assicurano. In verità sarebbe bastato consultare la mappa a colori della velocità di internet in Europa per rendersi conto, nel giro di un nano secondo, che l’ Italia è in rosso profondo, all’ ultimo posto, insieme con la Grecia, per Megabit per secondo. Un esempio? Noi siamo a 8,73 Mbps, la Francia a 31,51, la Spagna a 27,29, la Germania a 26,78, l’ Inghilterra (casa Rushton) a 29,41, la Svezia 45,59. Totale, siamo i più lenti d’ Europa ma abbiamo avuto la presunzione e la furbizia di riempire la cassa dei club e di lasciare come fessi gli utenti, con la solita propaganda mai chiara. Volete un altro esempio? Dazn non ha linea telefonica, comunica soltanto su Facebook, non risponde alle mail. Volete un’ altra chicca? Chi possiede un televisore datato ante 2015, è fuori, non può scaricare l’ applicazione relativa, deve fornirsi di un accrocco (Chrome Cast e roba del genere, Xbox, Playstation 4) per collegarsi da smartphone, I pad e affini ma sempre con il rischio, anzi la certezza, della connessione farlocca e debole, come il cuore di chi vede svanire, oltre ai denari, anche la possibilità di assistere all’ incontro. Probabilmente quando leggerete queste righe le partite trasmesse da Dazn non saranno ancora finite. Si replica, come nelle migliori farse. E’ il bello della diretta. O della Diletta.
“Tu a che minuto sei?” i 90′ dell’ Italia divisa
La Repubblica
ANTONIO DIPOLLINA
link
Un Paese dove tutti si lamentano perché non funziona niente. Ma ora basta parlare di politica, parliamo del fantasmagorico debutto di Dazn del calcio in tv: per gli appassionati di pallone un’ esperienza che non dimenticheranno facilmente. E il punto è: mettiamo che ci siano stati nelle ultime due sere un milione di spettatori che si sono fiondati sul nuovo servizio streaming. Ebbene, nessuno di loro ha visto le partite allo stesso modo in cui le ha viste un altro. Ognuno con la sua connessione, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro il malumore di molti, vedi la domanda: ma era proprio necessario? E anche la soddisfazione di altri, non si sa quanti. Perché c’ è chi Lazio-Napoli o Sassuolo-Inter (soprattutto quest’ ultima) le ha viste benissimo, meglio sul computer, a livelli ottimi: ma è meglio non raccontarlo a quelli a cui non è andata così, rumorosissimi sui social, nelle chat private, una imprecazione via l’ altra, telefonate roventi. E non vale la distinzione di spesa connessione e investimento, si lamentano uomini dabbene con la fibra ultraevoluta mentre funziona tutto a chi ha una connessione antica, oppure il contrario, oppure chissà. Nei casi migliori, ironie feroci, tormentoni, battute: la questione del ritardo delle immagini per esempio, dai trenta secondi in su ma se scatta il buffering (mistero buffering, cit.) tutto si impalla, scatta la rotellina al centro dello schermo e poi si riprende da dove si era bloccato tutto, accumulando ritardi. Si narra di casi di tre minuti e oltre di partita, in racconti che hanno del mitologico quasi quanto quello di Zoff che segna su calcio d’ angolo. E le gag, sui ritardi medesimi, che vanno via a milioni, via twitter (“Sono così in ritardo su Sassuolo-Inter che sulla panchina dei primi c’ è ancora Iachini” e così via). Con tutte le varianti, annesse e connesse, vedi quello che si vanta con gli amici di avere una connessione internet così sensibile e friendly da essersi fermata su un primo piano molto circoscritto di Diletta Leotta, roba da abbonarsi due volte. Ma quel ritardo – già sperimentato in passato ai tempi delle prime contemporanee tra tv in chiaro e pay – innesca altra nuova letteratura di genere: tu a che minuto sei, da te ha già segnato Immobile? etc. E già compaiono all’ orizzonte quelli che di fronte al buffering e alle immagini sfocate hanno rinunciato, hanno acceso la radio e hanno urlato il gol in tempo reale urlando contro il muro del vicino di casa. La casistica è destinata a infittirsi. C’ è da ridere? C’ è da piangere? Anche qui la miscela è perfetta, si fa a metà. E questo sarà il futuro ma molti, di fronte a un futuro siffatto, hanno ripreso a invocare il secondo tempo di una partita di calcio registrata alle 19 e Tutto il calcio minuto per minuto e le partite da vedere contro il muro. L’ atteggiamento social di Dazn è di quelli in voga ora: si fa finta di niente e si resiste, si professa e diffonde ottimismo sperando che ci credano almeno quelli che la partita l’ hanno vista bene, magari al computer (a quanto pare il mezzo dove tutto funziona meglio, ma anche su tablet e smartphone) e intanto, si spera, si mette mano ai sistemi, ai server, alle diavolerie in ballo perché tra meno di un mese finisce il famoso mese gratuito e a quel punto toccherà pagare. Il tutto mentre i pessimisti di partenza cantano vittoria, gli apocalittici esultano e sul web si diffondono gli appelli a Sky a riprendersi tutto il maltolto per ridare fiducia alle genti (non si può fare per legge, ma metti che diventi un’ emergenza nazionale). Morale, l’ intera vicenda è passibile di sviluppi multiforma e multistrato: magari qualche settimana di aggiustamenti e va tutto a posto, ma intanto il divertimento misto a rabbia e malumore è ai massimi, soprattutto perché alla fine noi si voleva solo vedere una dannatissima partita di calcio. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Connessione ultra veloce solo per una famiglia su 10 1 giga Una famiglia su 10 ha la connessione …
La Repubblica
link
Connessione ultra veloce solo per una famiglia su 10 1 giga Una famiglia su 10 ha la connessione ultraveloce che permette di scaricare un giga di dati in un solo secondo 5 In Germania, dopo problemi di visione delle gare, Dazn ha portato da 4 a 5 le settimane di visione gratuita 574 mila I telespettatori di Lazio-Napoli nel 2017 (297mila su Sky, 277mila su Premium). Partita di grande richiamo.
La falsa partenza di Dazn nel Paese dello slow Internet
La Repubblica
ALDO FONTANAROSA
link
Il gruppo Perform ha proposto più di 19mila eventi. Eppure era partito male anche in altre nazioni, prima del flop italiano causato da rete carente e pochi investimenti tecnici ROMA I tifosi di Lazio e Napoli – che hanno visto a singhiozzo la partita di sabato sera – sono stati traditi da Dazn. La tv via web di passaporto inglese fallisce alla gara più attesa qui in Italia come in Germania nel 2016, come in Giappone e Canada l’ anno scorso. I tifosi sono stati traditi, poi, dalla rete Internet nazionale. Imperfetta, arretrata, perfino nelle grandi città. E ci ha messo lo zampino anche l’ estate. Le centinaia di famiglie che sono in vacanza a Roccaraso (in Abruzzo), a Diamante ( in Calabria), a Gaeta nel Lazio – mete abituali del turismo napoletano – hanno generato una domanda di dati che le tre piccole località non hanno mai conosciuto nella loro storia. Questi piccoli centri – come decine di altri nel Paese – non sono strutturalmente in grado di reggere un traffico Internet grande come sabato. Il gruppo inglese Perform – proprietario di Dazn – nella sua storia ha proposto più di 19 mila gare in diretta. Dazn, a sua volta, trasmissioni live per 20 milioni di ore. Questa è gente esperta di Internet, autostrada dei suoi programmi. Perform però è anche zavorrata da un indebitamento altissimo ( 787,7 milioni di sterline al 31 marzo). Per questo Perform e la controllata Dazn – dopo aver speso 193 milioni di euro per il calcio italiano – ora hanno il fiato corto quando si tratta di investire nella produzione tecnica delle partite. Dazn sa bene che la rete italiana zoppica. Mentre le società di Internet sbandierano coperture eccezionali, il Garante per le Comunicazioni ( l’ AgCom) ha accertato che appena una famiglia ogni dieci ha una connessione con velocità massima da un Giga al secondo ( Repubblica lo ha scritto il 13 luglio). La soluzione tecnica alle trappole della rete esiste e si chiama Cdn, che sta per ” content delivery network”. In sostanza, le tv via web sono solite comprare una capacità di trasmissione aggiuntiva per avvicinare i contenuti (cioè le partite) alle case degli sportivi. Ma questa capacità aggiuntiva venduta dalle società di Internet, anche da colossi come Amazon lungo i Cdn – ha prezzi proibitivi. Dazn ha puntato su questa soluzione ma – fa sapere – « uno dei canali Cdn sabato ha dato problemi » . Problemi che ieri invece sarebbero stati risolti. Ma anche all’ estero non è filato tutto liscio. Come in Germania, a settembre 2016, quando la trasmissione del derby inglese tra Manchester United e City fu una mezza catastrofe. Tanto che Dazn prolungò di una settimana il mese gratuito offerto ai clienti. Come in Giappone ( Gamba Osaka contro Ventforet Kofu, a febbraio 2017) che fece infuriare gli appassionati nipponici della J- League. Un’ altra cattiva figura in Canada, a ottobre 2017, con le gare della Nfl. Contro Dazn, in Italia hanno giocato anche circostanze particolari. Lazio- Napoli è una partita di richiamo. Il 20 settembre del 2017 venne seguita da oltre 574 mila spettatori tra Sky e Premium ( in un turno serale di mercoledì con otto gare su dieci in contemporanea). Il mese di prova gratuito, che Dazn propone anche qui da noi, ha spinto decine di migliaia di tifosi ad abbonarsi per sperimentare il servizio. Tanti fra loro hanno cercato di vedere Lazio-Napoli e Sassuolo- Inter ( ieri sera) da piccoli borghi turistici con una capienza Internet piccola o piccolissima. E poi c’ il marketing. All’ estero, spesso Dazn è stata definita la ” Netflix del calcio”. Il problema è che Netflix, quella funziona bene perfino in Italia. Intanto le sue fiction sono più ” leggere” perché non sono in diretta. Soprattutto Netflix può adattare la qualità delle immagini alla capacità di banda di ogni singolo abbonato con la tecnica dell’ adaptive streaming. Cavalcare il paragone con Netflix sarebbe un autogol. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il volto nuovo Diletta Leotta, 27 anni, a bordocampo per Lazio-Napoli. Quest’ estate è passata da Sky a Dazn CLAUDIO PERI/ ANSA.
L’ e-commerce va avanti tutta
Italia Oggi Sette
PAGINA A CURA DI SABRINA IADAROLA
link
Crescita a doppia cifra per l’ e-commerce in Italia che segna per il 2018 un +15% raggiungendo un valore di 27 miliardi di euro, 3,6 miliardi in più rispetto allo scorso anno. I dati presentati al Netcomm Forum 2018 mostrano una crescita evidente, nonostante la fotografia complessiva segni, come già evidenziato nel report Eurostat di inizio anno, che la media italiana degli acquisti online tra gli utenti Internet nell’ ultimo anno è ancora del 43%. Un risultato ben al di sotto della media europea (68%). La domanda e-commerce sarà trainata dai prodotti e in particolare da quei settori ormai definiti storici che crescono con un ritmo più vicino alla media: informatica ed elettronica (+18%) con 4,6 miliardi di euro; abbigliamento (+21%) che passa da 2,4 miliardi nel 2017 a circa 3 miliardi nel 2018; l’ editoria (+25%) con 1 milione di euro. I settori che da qualche anno vengono connotati come emergenti segnano, invece, performance superiori: food & grocery (+34%) che passa da 0,83 miliardi di euro del 2017 a 1,1 miliardi; beauty (+29%) con quasi 430 milioni; arredamento e home living (+44%) a quota 1,26 miliardi; auto e ricambi (+26%) che sfiorano i 610 milioni. Lo sviluppo prosegue anche per quanto riguarda i servizi, seppur a ritmi meno sostenuti: sia il settore turismo e trasporti (9,7 miliardi di euro) che quello delle assicurazioni (oltre 1,3 miliardi di euro) crescono del 5%. Quel che soprattutto emerge però è l’ omnicanalità, in cui si richiede sempre maggiore integrazione tra online e offline. Il consumatore resta la figura chiave di questa evoluzione: nella sua esperienza di «onlife commerce», l’ acquisto rappresenta soltanto una parte di un processo relazionale più ampio con il brand e il venditore, che va personalizzato grazie a big data e algoritmi intelligenti in grado di riconoscere i comportamenti e creare offerte coerenti a essi, soddisfacendo appieno le aspettative dell’ utente. «Nel 2018, i merchant italiani investono il 4% del proprio fatturato online in advertising. Il canale online attrae il 77% dell’ investimento, mentre i media tradizionali (Tv, carta stampata, radio) il restante 23%», afferma Riccardo Mangiaracina, direttore scientifico dell’ Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano. «Per quanto riguarda i formati, la spesa online rimane focalizzata su soluzioni di search advertising (50% dell’ investimento). Seguono le soluzioni di display advertising (42%), principalmente nelle componenti banner (19%) e social (20%) e poco nella componente video (3%). Nonostante la bassa incidenza, la componente video è in forte crescita anche grazie alle numerose innovazioni tecnologiche a disposizione dei merchant per le campagne online. Infine, la quota degli investimenti nell’ email marketing è pari all’ 8%». Molto incide anche la piattaforma utilizzata. In Italia a oggi si contano più di 100 piattaforme eCommerce attive sul mercato e la scelta di ogni merchant è fortemente condizionata dagli obiettivi da perseguire e dalle risorse (denaro, persone, competenze) disponibili. Tra i principali trend in ambito piattaforme, l’ evoluzione verso l’ approccio omnicanale prevede un’ integrazione tra la piattaforma eCommerce e i relativi database con tutti gli altri sistemi informativi aziendali, come soluzioni in cloud e moduli software costruiti ad hoc per l’ online. Spesso il consumatore abbandona il sito per una scarsa usabilità o per la mancanza dei prodotti desiderati: il conversion rate, ossia la percentuale di visitatori che completa l’ ordine di acquisto, è pari solamente all’ 1,6%. Ed è questa la vera scommessa per piccoli e grandi esercenti: la conversione della propensione all’ acquisto nell’ acquisto vero e proprio. «Studiando il comportamento dei consumatori attraverso il tasso di abbandono nelle diverse fasi del customer journey emerge che il 43,9% dei visitatori abbandona la pagina pochi secondi dopo l’ accesso (bounce rate)», aggiunge Valentina Pontiggia, direttore dell’ Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano. «Sono invece pari al 42,8% gli utenti che lasciano il sito durante la navigazione e la ricerca del prodotto (research abandonment rate). Nella fase successiva, ossia quella di check-out, l’ 11,7% degli utenti abbandona il carrello senza finalizzare l’ acquisto (cart abandonment rate). Ne consegue che il conversion rate medio, cioè la percentuale di visitatori che completa l’ ordine di acquisto, è pari all’ 1,6%». Un valore che può variare, anche significativamente, in funzione del comparto merceologico (food delivery o editoria hanno cart abandonment rate più bassi del turismo o dell’ informatica ed elettronica di consumo poiché i beni di consumo sono più standard e meno costosi), della tipologia di iniziativa (i siti di flash sales hanno cart abandonment rate più bassi poiché il modello a tempo e l’ elevato sconto favoriscono l’ acquisto di impulso) e del device utilizzato (la versione smartphone converte meno di quella desktop).
«Dalla Rai a Mediaset per sfidare Mentana»
Libero
PIETRO SENALDI
link
La domanda è inevitabile: ma chi te l’ ha fatto fare? «In Rai io ci sono nato, allievo del primo biennio della scuola di Perugia che sforna i mezzobusti del tg, poi inviato, corrispondente per dodici anni da New York, dall’ 11 settembre a Obama, infine conduttore, ad Agorà, dove abbiamo di fatto inventato un format, e poi direttore del Gr Rai e di Rai Radio 1». E quindi? «Il percorso era compiuto. Il passaggio non è stato improvviso, con i vertici Mediaset ci annusavamo da due anni, poi quando è diventato concreto il progetto di trasformare Rete4 in una tv di informazione, si sono create le condizioni. Che vuoi che ti dica? Credo nel libero mercato e nelle scommesse professionali». Classe 1966, Gerardo Greco è ‘uomo del telemercato estivo. Dopo 25 anni di Rai si è trasferito a Mediaset, destinazione Rete4, per assumere la direzione del Tg4, ma l’ incarico non finisce qui. «La missione», spiega «è allargare il pubblico e mutare il dna della rete, trasformandola da emittente narrativa a tv d’ attualità. Avremo cinque serate dedicate all’ informazione, io condurrò il giovedì Viva l’ Italia, non sarà un talkshow, non mi piacciono, ma un programma di approfondimento, cronaca e analisi. Tutte le sere introdurrò il telegiornale delle 19 con un racconto della prima pagina della giornata, per poi passare la conduzione alla redazione, la natura corale dell’ informazione Mediaset deve restare». L’ obiettivo dichiarato è la sfida a La7 di Mentana, lo spauracchio da cui fuggire è il Tg4 di Fede, ma Greco scappa da entrambi gli scomodi paragoni: «La7 è molto politicistica», taglia corto, noi ribaltiamo il canovaccio e partiamo dalla realtà. E poi non cerchiamo la faziosità». La prova generale è stata lo speciale sul crollo di Genova. «Ero a Roma» racconta il direttore, «ho preso la macchina e sono partito. Devo dire che la redazione ha reagito prontamente, non mi aspettavo questa potenza di fuoco, quando sono arrivato avevo una telecamera piazzata in posizione ottimale e siamo partiti. In Rai, con la burocrazia che c’ è, era impensabile allestire uno speciale così su due piedi». A Viale Mazzini eri in grande crescita: perché questo salto? «La Rai è una fabbrica straordinaria di cultura, che mi ha dato più di quanto potessi immaginare nei miei sogni più pazzi, ma ha un grande limite: l’ eccessiva rotazione dei vertici, costantemente sottoposi ai cambi di equilibri della politica. Da che sono rientrato dagli Usa, nel 2013, si sono avvicendati quattro direttori generali, il che significa che l’ azienda ha cambiato per quattro volte linea editoriale e idee. Un girotondo simile finisce per stressare anche il corpo più in salute di ogni azienda». Ovvero il tuo? «Ma no Se consideri che solo per rendersi conto di come funzionano le cose uno ci mette un anno e mezzo e quando finalmente ci arriva deve fare le valigie, capisci come in realtà la tv pubblica sia nelle mani sempre degli stessi dirigenti amministrativi, il che la rende un elefante, con una burocrazia forte e sclerotizzata e una dirigenza fragile, in perenne ricerca di un Papa straniero, qualcuno da fuori sul quale fare conto». Allora come ti spieghi lo scontro fratricida su Foa presidente Rai, se la dirigenza è così debole? «Infatti non me lo spiego, la presidenza Rai è sovrastimata. Lo scontro su Foa è una questione cresciuta nella politica, legata a una mancanza di comunicazione all’ interno del centrodestra, attraversato attualmente da tendenze aggreganti e disgreganti. Penso comunque che l’ incidente sia in via di soluzione, se non addirittura risolto, è stata solo una questione di disattenzione». La tua storia però non è quella di un Papa straniero: da praticante a direttore, tutta carriera interna. Sei stato una lenza? «Il mio segreto di sopravvivenza sono stati i dodici anni in Usa, ero vissuto come un marziano un po’ naif. Quando sono rientrato a Roma per ragioni di famiglia, in Rai c’ era Gubitosi, che avevo conosciuto a New York, e mi propose la conduzione di Agorà, trasmissione politica. Io non sapevo neppure chi fossero Gasparri e Brunetta». E la nomina a direttore, in quota Renzi? «Guarda che non fu Campo Dall’ Orto a nominarmi ma Orfeo. Era la Rai di Gentiloni, un momento di passaggio in cui la politica contava poco. Sono diventato direttore per sbaglio, all’ alba di un cupo tramonto, in piena dissoluzione del mito renziano». Confessa: la tua è stata una fuga dalla nuova Rai grillina-leghista? «Ma se ad Agorà invitavo Salvini una volta a settimana». Ma come, non sai che in Mediaset sono volate teste autorevoli di colleghi accusati di aver tirato la volata a Salvini e Grillo durante le elezioni con format gialloblu? «Tutti hanno contribuito a far vincere Salvini, anche io: lui ha alzato le antenne prima degli altri e noi, raccontando l’ Italia, abbiamo inevitabilmente raccontato anche lui e i Cinquestelle. Non si può fare solo una tv alta, parlando ex cathedra dei massimi sistemi, sarebbe folle». Allora in che modo la tua Rete4 segnerà una discontinuità con il passato? «Ogni format è figlio del suo tempo, Del Debbio e altri puntavano a movimentare la piazza, e allora c’ era; ora passiamo dalle grandi piazze ben raccontate a storie più umane e private, faremo una tv di strada. Nella piazza perdi razionalità e logica, mentre nella storia dei singoli recuperi emotività, hai più tempo per ragionare, passi dalla collettività al soggetto». Secondo te l’ indignazione della gente sta scemando? «Per nulla, però l’ indignazione è una macchina che divora tutto e si propaga anche contro chi l’ ha cavalcata. Pensa a Salvini linciato perché la sera del crollo di Genova a una festa della Lega in Sicilia ha mangiato un pezzo di torta. Immagino che tra chi lo ha attaccato in molti abbiano festeggiato il Ferragosto, eppure Io voglio dare fiato all’ indignazione, ma poi vorrei anche parlare e dare spazio all’ emozione, altrimenti restiamo sempre alle torte in faccia». Ho capito, ha ragione chi ti accusa di essere il direttore del nuovo Nazareno «È una critica facile. Magari lo fossi, vorrebbe dire che sarei il direttore del tg d’ opposizione, che da sempre è quello più interessante e autorevole, visto che può raccontare la realtà senza filtri e permettersi la critica al governo, mentre gli altri tg sono necessariamente celebrativi. In realtà nei mie anni di tv credo di aver fatto capire al pubblico che sono un giornalista e basta, ho sempre tutelato il confronto». Di sinistra? Agorà ha fama di programma bolscevico «Perché va in onda su Rai3, se la mettessi su Rai1 diventerebbe un’ altra cosa». Parlami di Viva l’ Italia: hai chiesto il permesso a De Gregori di rubargli il titolo della sua canzone? «Beh, almeno non dice che ho voluto fare il verso a Forza Italia. È un titolo di speranza». Anche un po’ amaramente ironico? «No, non vuole esserlo. Sarà una prima serata larga, dalle 21.30 a mezzanotte e passa, non di politica pura, quella la farà Nicola Porro il lunedì. Partirà dalla cronaca, con i fatti della settimana, per arrivare al dibattito. Ci sarà molta narrativa, sceneggeremo la realtà attraverso un telefilm, come una fiction». Lo faceva anche Santoro «Noi saremo più alla Montalbano. Ma con una scenografia suburbana, metropolitana di periferia». A che pubblico punti? «A quello di Rai 1, la pancia del Paese, quella maggioranza silenziosa che, come diceva Nixon, poi ti fa vincere le elezioni». Tutto diverso da La7, che parla alle élite? «Dicono che La7 sia di sinistra, ma per me sta diventando populista. Ha fatto meglio degli altri la tv antisistema e si è molto esposta su quel tipo di racconto. Forse l’ ha fatto senza rendersene conto, pensando di essere tv dell’ elite e parlare a un lettore serioso; invece, inseguendo gli ascolti, ha mosso la pancia degli italiani, che in questo momento sono interessati ai temi della sicurezza e degli immigrati, avvertiti come più forti anche dell’ onestà, il cavallo di battaglia di M5S». Quanto dura questo governo con forze così diverse? «Il potere è un collante forte, si è visto anche nella gestione del crollo di Genova, che ha riaperto il tema grandi opere, dove Lega e M5S sono agli antipodi ma non hano rotto. Il governo non cadrà almeno fino a quando non ci sarà una chiara alternativa a esso, che può essere una ripresa del dialogo tra M5S e Pd oppure l’ opa definitiva di Salvini sulla destra, o ancora il ritorno della pace nel centrodestra». Quindi reggerà anche alla finanziaria? «Ci sono problemi oggettivi derivanti dalla diversa visione economica tra M5S e Lega, il popolo del reddito di cittadinanza contro quello dei piccoli imprenditori». Mediaset è forte al Sud, ti toccherà fare il grillino? «È forte anche nel Nordest, me lo ricordo dai tempi delle sfide di Agorà con Mattino5». Ti dovrai tagliare la barba, a Berlusconi non piacciono i peli in faccia «Ma la mia è una barba rada, regolata tutte le mattine. È la barba di Mangiafuoco, fa personaggio, è funzionale al racconto». riproduzione riservata.
Lavoro sostenibile
Italia Oggi Sette
PAGINA A CURA DI FILIPPO GROSSI
link
Via a due nuovi corsi di laurea organizzati dall’ università degli studi dell’ Insubria di Varese. Si tratta del corso di laurea triennale in Storia e storie del mondo contemporaneo e del corso di laurea magistrale in Ingegneria ambientale e per la sostenibilità dell’ ambiente di lavoro. In particolare, il primo corso di laurea attivato segue tre percorsi culturali principali, quali: approfondimento degli eventi e delle dinamiche che hanno costruito il mondo contemporaneo e il presente; riflessione critica sulle interpretazioni storiche, filosofiche e sulle applicazioni scientifiche della contemporaneità e, infine, studio comparato delle forme, dei linguaggi e delle strategie dell’ industria culturale (cinema, televisione, editoria, musica, visual arts, ambiente digitale). L’ obiettivo è quello di formare operatori culturali che conoscono il loro tempo, sanno tradurlo in uno storytelling articolato, trasversale, rivolto al futuro e sono in grado di rispondere agli stimoli che provengono dal mondo dell’ industria culturale e massmediatica, dagli sviluppi scientifico-tecnologici, ma anche dalle innovazioni recentemente introdotte nel settore scolastico. Il corso apre a sbocchi professionali presso enti pubblici e privati, nei settori dei servizi culturali e nel campo della formazione. Il corso in Ingegneria ambientale e per la sostenibilità dell’ ambiente di lavoro, invece, rappresenta l’ unico corso di laurea magistrale in Italia orientato sia all’ ambiente che alla sicurezza sul lavoro e rappresenta l’ ideale completamento della laurea triennale in Ingegneria per la sicurezza del lavoro e dell’ ambiente già presente all’ università dell’ Insubria. Il corso di studio dura due anni e gli insegnamenti erogati approfondiscono tematiche che vanno dalla gestione e progettazione ambientale ad ampio spettro, alla sicurezza negli ambienti di lavoro. Più precisamente, il corso è orientato alle tradizionali tematiche della protezione e tutela ambientale a cui si aggiungono i temi della sostenibilità del lavoro, ovvero la sicurezza negli ambienti di lavoro e nei processi produttivi. Per iscriversi, entro l’ 1 ottobre, e per avere ogni informazione, occorre consultare il sito www.uninsubria.it.
Legal Award, ecco gli studi che, per il mondo, valgono
Italia Oggi Sette
PAGINE A CURA DI ALBERTO GRIFONE
link
Moltissimi avvocati, tantissimi studi, conseguentemente una marea di premi e riconoscimenti. Forse troppi, secondo molti dei pluridecorati, che tuttavia preferiscono il silenzio ad una presa di posizione decisa sul fenomeno della proliferazione degli awards nazionali per legali. Fatto sta che, se si esce dai confini strettamente nazionali, alla fine sono pochissimi, e quasi sempre gli stessi, gli studi e i professionisti che vincono degli award internazionali, salendo così agli onori della cronaca per i riconoscimenti. La parte del leone la fa, da sempre, BonelliErede, con riconoscimenti a pioggia in differenti settori. Nessun commento diretto da parte dello studio, ma solo la lista dei principali riconoscimenti ottenuti. Così, scorrendola, si nota che nel biennio giugno 2016-giugno 2018, è stato proclamato studio italiano dell’ anno dai Chambers Europe Awards 2018 in quanto eccellenza del panorama giuridico italiano, che vanta team di primo livello per l’ assistenza stragiudiziale e giudiziale, con una crescente reputazione per la sua practice di diritto amministrativo. L’ organizzazione guidata dai due co-managing partner Stefano Simontacchi e Marcello Giustiniani, ha seguito, tra le altre cose, i principali deal nazionali e internazionali, che includono l’ assistenza fornita al Gruppo Luxottica in relazione alla fusione da 50 miliardi di euro con Essilor. Poi, Who’ s Who Legal 2018 sulla base delle ricerche e delle interviste condotte dalla directory in riferimento agli ultimi dodici mesi, ha premiato BonelliErede per il lavoro svolto dal team in Italia nell’ ultimo anno. E ancora, studio italiano dell’ anno Transfer Pricing, European Tax Awards 2018 per essersi distinto nel settore fiscale in termini di innovazione apportata e tipologia e complessità di mandati seguiti nell’ ultimo anno. FT Innovative Lawyers Report 2017, assegnato dal Financial Times, ha premiato BonelliErede, sulla base di una ricerca annuale che il quotidiano britannico conduce per fare emergere le law firm che si sono maggiormente distinte in progetti e iniziative dal forte contenuto innovativo. BonelliErede è stato premiato in due categorie, in particolare: «Enabling business growth» per il ruolo svolto nell’ Opas di Cairo Communication su Rcs e «Managing complexity and scale» per il lavoro svolto al fianco delle quattro banche italiane alle prese con la normativa sulla risoluzione delle crisi bancarie (Brrd). Non sazio, lo Studio è stato insignito del riconoscimento di Studio italiano dell’ anno dal The Lawyer European Awards 2017. La giuria ha voluto mettere in evidenza «l’ eccezionale sviluppo internazionale» di BonelliErede, facendo esplicito riferimento all’ apertura di due nuove sedi in Africa. Interessante anche il palmares di Studio Toffoletto De Luca Tamajo. Ad aprile 2017 e Marzo 2018 lo Studio è stato confermato in Band 1 per l’ Employment dalla directory legale internazionale Chambers & Partners Europe. Franco Toffoletto, Managing partner di Toffoletto De Luca Tomajo, è stato riconosciuto come l’ unico Star Individual. Nello stesso periodo lo studio è stato confermato in Tier 1 per l’ Employment dalla directory legale internazionale da Legal 500 Emea . Who’ s Who Legal nel 2018 ha confermato Toffoletto De Luca Tamajo studio italiano con il più alto numero di professionisti segnalati per il diritto del lavoro. «Nella maggior parte dei casi non siamo noi a cercare premi a cui partecipare, sono le organizzazioni che ci cercano perché hanno riconosciuto in una determinata attività una best practice. Così è stato in occasione dell’ Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano. Negli anni abbiamo coltivato alcuni rapporti che riteniamo tra i più rilevanti, come il Financial Times Innovative Lawyers e l’ Osservatorio del PoliMi. Per noi sono occasioni anche di confronto con realtà diverse, internazionali, con cui intraprendere relazioni di collaborazione o di business», spiega Franco Toffoletto. Proprio nel 2017 Toffoletto ha ottenuto il premio Professionista Digitale 2016/17 per la categoria Avvocati da parte dell’ Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano. Si tratta di un riconoscimento, dedicato agli Studi che si sono distinti per capacità innovativa a livello organizzativo e di business con l’ utilizzo delle tecnologie digitali, è stato conferito per la tecnologia e la digitalizzazione dello studio, unica nel panorama legale italiano. «I riconoscimenti hanno due effetti importanti: all’ interno dello studio e nel posizionamento del brand attraverso la comunicazione. Nel primo caso i premi rappresentano una gratificazione personale per il professionista ma anche per il team di appartenenza e per tutto lo studio e ciò contribuisce a creare maggiore motivazione e senso di appartenenza. Con riguardo al secondo profilo, i riconoscimenti indubbiamente aumentano l’ aspetto reputazionale del brand, anche se solo i riconoscimenti di standing elevato hanno davvero un peso e vengono utilizzati nelle attività di comunicazione. Possono essere considerati una conferma dell’ impegno dello studio in determinati ambiti: professionale o per le caratteristiche dello Studio (innovazione, tecnologia, organizzazione o altro)» aggiunge. Altra realtà spesso premiata è Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners. È stato insignito del titolo di Law Firm of the Year per l’ Italia da Chambers Awards 2017 perché si è maggiormente distinto per lavoro eccezionale, notevole crescita strategica ed eccellenza nel servizio al cliente. Quest’ anno ha ottenuto il Client Service Law Firm of the Year per l’ Italia – Chambers Awards 2018 in quanto «i clienti apprezzano la flessibilità, la disponibilità e l’ alta qualità del lavoro. Un cliente elogia la capacità del team di gestire ogni dettaglio, anche i più delicati, dell’ operazione e che gli avvocati sono in grado di affrontare efficacemente ogni aspetto della questione». E ancora, è stato proclamato Welfare Champion durante l’ evento Welfare Index Pmi 2018, evento promosso da Generali Italia, per il livello di welfare aziendale adottato. Lo studio ha ottenuto il punteggio più alto, Rating 5W, che premia le realtà caratterizzate dal sistema di welfare più ampio (almeno 8 aree attivate) e che si contraddistinguono per numerosità e intensità delle iniziative, grado di coinvolgimento dei lavoratori e impegno economico e organizzativo nel welfare aziendale. In particolare la giuria ha apprezzato le iniziative di Gop a favore dell’ equilibrio tra vita privata e lavorativa (work-life balance) e i congedi extra per i neo papà. Lo Studio, fanno sapere dal quartier generale, riceve numerosi inviti di partecipazione a premi italiani e internazionali. Dunque, all’ interno dello studio, lo scouting è innanzitutto un’ attività di analisi e selezione da parte dell’ Ufficio Marketing dei premi più significativi e riconosciuti dal mercato, oltre che affini alle nostre specifiche aree di attività. «Sono importanti per rafforzare la relazione con clienti e istituzioni, che trovano in questi riconoscimenti un riscontro tangibile delle nostre competenze e capacità. Per questo motivo, cerchiamo di dare la giusta visibilità ai premi che otteniamo attraverso tutti i canali di comunicazione dello studio, per esempio sul sito web, sui social network, in particolare LinkedIn, sui materiali promozionali e di presentazione dello studio, e attraverso attività di informazione che coinvolgono i media e i giornalisti di settore». Altro nome di spicco è quello di La Scala Società tra Avvocati, insignito del Commended for New Business and Service Delivery Models for Npl practice – Financial Times Innovative Lawyers 2017 in quanto «La Scala si è distinto per i nuovi modelli adottati nella gestione dei non performing loans e per i processi di industrializzazione implementati per competere nel mercato dei crediti deteriorati. Lo studio si è inoltre distinto da studio legale tradizionale istituendo funzioni di staff e di back office, e ora gestisce oltre 5 miliardi di euro di crediti». La Scala è uno degli unici due studi italiani a essere stato incluso nei ranking del Financial Times Innovative Lawyers e ad avere ricevuto un riconoscimento di prestigio in una competizione alla quale partecipano annualmente oltre 100 studi internazionali. «Il team dedicato alla comunicazione e al marketing è da sempre attivo nella ricerca di premi e survey, con l’ obiettivo di valorizzare la propria identità», spiega il senior partner Giuseppe La Scala. Un’ attenta selezione viene effettuata dapprima prendendo in esame i riconoscimenti del mondo legale, con focus sulle practice dello studio. Lo Studio non si preclude inoltre la candidatura a premi che rispecchino i propri valori e che non siano strettamente connessi al settore legale, quali riconoscimenti e survey sui temi dell’ innovazione, del benessere aziendale, del patrimonio artistico e culturale aziendale» Che valorizzazione che ne viene fatta sull’ esterno e verso i dipendenti? «Lo Studio valorizza i riconoscimenti ottenuti tramite i propri canali di comunicazione, in primis attraverso le piattaforme social e attraverso Iusletter (portale di informazione giuridica): oltre 10.000 follower e 4.000 contatti della nostra mailing list, composta da clienti, amici e collaboratori, vengono informati in tempo pressoché reale del riconoscimento ricevuto. Inoltre, una sezione del sito istituzionale è dedicata esclusivamente ai riconoscimenti, individuali e di studio, ricevuti nel corso degli anni. Al contempo i riconoscimenti vengono tutti menzionati e valorizzati nelle nostre presentazioni istituzionali e commerciali, nelle Request for proposal e nei pitch e ai quali partecipiamo, al fine di rafforzare la nostra brand awareness. Ogni riconoscimento è inoltre oggetto di un’ azione di comunicazione interna ben mirata: tutti i componenti dello studio vengono coinvolti fin dalle fasi «decisionali», in modo da poter seguire gli sviluppi del processo di selezione, fino all’ eventuale proclamazione/riconoscimento. Ciò per accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione di ogni professionista, che si rispecchia così in quanto è stato riconosciuto allo Studio», conclude. «Ricevere premi nel proprio paese è già esaltante ma ricevere riconoscimenti all’ estero da una soddisfazione incredibile», dice ricorda Silvestro Pasquale, resident partner presso la sede di Bucarest di Tonucci & Partners e coordinatore dei rapporti tra gli uffici in Romania e Serbia e le sedi italiane. «Ricordo con grande soddisfazione l’ Award di Confindustria Romania per la “Legalità”, conferito per il 2018 al nostro studio e alla società di certificazione Rina per i successi derivanti dall’ attività congiunta di formazione ed implementazione della standard Iso 37001 sull’ anticorruzione in Romania, paese dove siamo leader da circa 20 nell’ assistenza legale verso le aziende italiane presenti nel territorio e dove attualmente rivesto il ruolo di Resident Partner. Sempre in Romania, dove alcune nicchie di assistenza, come quella dell’ energy, richiedono una competenza multidisciplinare nei vari settori, abbiamo ricevuto da Legal Community, il premio come “Country Energy Award” nel 2016. Un settore nel quale continuiamo a ricevere riconoscimenti è quello dello Sport, a 360°. Tonucci&Partners è consulente di alcune Federazioni Sportive Nazionali e del Coni ma oggi anche protagonista in tante importanti operazioni di M&A nel mondo del calcio, AS Roma in primis» «Un premio consente anche di misurare il grado di penetrazione e gradimento dello studio e del professionista in uno specifico ambito di operatività. Consente anche di avere visibilità presso potenziali clienti attratti dalla visibilità che dello stesso viene data. Insomma il premio non deve essere mai motivo di vanto fine a se stesso ma, invece, uno stimolo ed uno strumento in più di client development», conclude. Roberta Crivellaro, managing partner di Withers in Italia ricorda che «lo studio ha ricevuto lo scorso 14 giugno il prestigioso premio Transatlantic Private Client Team of the Year. Il premio è stato assegnato per l’ operazione che ha coinvolto i professionisti sia italiani (Withers Studio Legale) che statunitensi (Withers Bergman Llp) su un solo importante cliente: in particolare l’ assistenza al gruppo Umana nell’ attività di restructuring di gruppo affinché si potesse costituire il primo Blind Trust per l’ ultimate beneficiary ovvero il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che è stato così il primo politico italiano ad aver costituito un Blind Trust». Quali attività di scouting e follow up viene gestita dallo studio? «Lo studio per promuovere questa importante operazione ha fatto un’ intensa attività di media relations con la pubblicazione di un comunicato stampa, oltre a organizzazione di round table su temi di Wealth planning e successione patrimoniale rivolti sia a collaboratori dello studio che a contatti e clienti che operano nel settore. Inoltre sono state portate avanti attività di docenza in alcuni Master in gestione patrimoniale e wealth management. Poter esporre questo tipo di premio, oltre a quelli ricevuti a livello nazionale, contribuisce ad aumentare la reputazione dello studio sul mercato di riferimento. La condivisione sui social media ha permesso un’ esposizione e un incremento dell’ interesse non solo da parte del nostro target market, ma anche un’ affermazione in ambito istituzionale. La rilevanza che questi riconoscimenti hanno per lo studio e i professionisti nella relazione con clienti e istituzioni rilevanti è fondamentale. Questa tipologia di premi viene ovviamente sempre citata nelle presentazioni e pitch di studio», conclude. Altro studio molto premiato, anche con i suoi partner di maggior prestigio, è Gatti Pavesi Bianchi. In base agli ultimi premi attribuiti e alla lista dei professionisti che sono inseriti nelle classifiche delle due principali guide del settore, Chambers e Legal 500 lo studio è sicuramente oggi tra i primi 3-4 più prestigiosi studi italiani. «Per prassi, non facciamo davvero nulla per sollecitare candidature a questi premi» spiega Stefano Valerio, Managing Partner. «A dire il vero non c’ è una vera e propria valorizzazione di questi premi, nel senso che, nel solco di quell’ understatement che era stato di Carlo d’ Urso, l’ idea è che il premio sia il riconoscimento del settore per quanto fatto non uno strumento di promozione per quello che si dovrà fare. Quindi, a livello esterno non vedo particolari vantaggi competitivi. A livello interno, il premio può essere invece un utile elemento per motivare ancora di più i giovani, facendo comprendere loro di far parte di un team di successo», conclude. Infine, sempre riconoscimenti sono, da segnalare lo studio legale Portolano Cavallo, l’ unico studio legale selezionato tra i 15 luoghi di lavoro più innovativi d’ Italia. A decretarlo, l’ istituto Great Place to Work® Italia che ha comunicato i risultati della propria ricerca sui Best Workplaces Italia for Innovation che ha coinvolto 127 aziende ascoltando la voce oltre 109.000 collaboratori in Italia e nel mondo. Sempre nel 2018 lo studio legale Portolano Cavallo è stato premiato come Best firm in Italy e Best National firm for talent management, per il settimo e il sesto anno consecutivo, dall’ Euromoney Legal Media Group, nell’ ambito degli European Women in Business Law Awards’. Un riconoscimento all’ impegno dello studio nella costante promozione della diversità di genere e dell’ affermazione delle donne nella professione legale, nonché nella valorizzazione e la crescita interna dei talenti. © Riproduzione riservata.
L'articolo Rassegna Stampa del 20/08/2018 proviene da Editoria.tv.