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Dazn in rodaggio tra abbonati e tv
“Usciamo dalla semplice cronaca, il calcio per noi non è solo pallone”
La cultura ha bisogno di coesione e voglia di sperimentare
La Rai all’ attacco con reality, fiction e talk show
Senza banda larga il gol di immobile diventa immaginario
Dazn in rodaggio tra abbonati e tv
Corriere della Sera
Stefano Landi
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milano La fame di calcio in Italia è cosa nota. L’ appetito, da sempre, cresce alla prima giornata di campionato. Questione di astinenza, mista a curiosità, dopo le nuvole del calciomercato. Per questo qualcuno non ha preso bene ieri che il sito della nuova piattaforma Dazn, detentrice (per i prossimi tre anni) di tre match a giornata, arrancasse sotto il flusso degli abbonamenti dell’ ultima ora. Il sito ha registrato qualche problema alla vigilia della sua «prima» di campionato con la diretta di Lazio-Napoli, match clou della prima giornata. Dazn si è aggiudicata parte dei diritti sulla Serie A due mesi fa, ma al netto delle vacanze, molti hanno rimandato la questione. Ecco spiegato l’ elevato numero di richieste last minute. «I nostri tecnici non ci hanno segnalato particolari problemi, per noi gli accessi sono stati regolari e fluidi. Come prevedibile, abbiamo riscontrato un incremento delle registrazioni e degli accessi nelle ore e nei minuti precedenti al calcio d’ inizio di Lazio-Napoli» spiega Marco Foroni, direttore di Dazn. In ansia da fischio d’ inizio, in Rete però qualcuno ha alzato la voce, prendendosela contro quello che è stata ribattezzato il «Netflix dello sport». Iscriversi a Dazn è piuttosto semplice, ma forse qualcuno è rimasto tradito dalla frenesia dell’ effetto novità. Basta scaricare l’ applicazione, scegliere il pacchetto di mesi di abbonamento (il primo è gratuito), inserire i propri dati, scegliere una password di accesso (si potranno collegare fino a sei dispositivi e vederne due contemporaneamente), e inserire i dati della propria carta di credito. Dopo la registrazione a qualcuno però è capitato ieri di non ricevere la mail di conferma dell’ attivazione per accedere e a colpi di clic assistere alla programmazione offerta in streaming. In piena astinenza da calcio giocato, difficile spiegare di aver pazienza davanti al messaggio «Gentile cliente ti invitiamo a riprovare più tardi». Anche per qualche abbonato Sky, che ha potuto usufruire dei ticket scontati e abbonarsi tramite il canale satellitare, non ha ricevuto il codice di attivazione in tempo per il fischio d’ inizio. Un altro dibattito si è aperto poi sulla messa in onda: il capolavoro di Immobile, la voce nota di Pierluigi Pardo, l’ intervallo con Diletta Leotta e Andrij Shevchenko tutto a base di calcio parlato senza pubblicità (graditissimo). E come da previsioni, il servizio pensato per tablet e smartphone ha reso al meglio su mobile. Lo vedi quando vuoi e dove vuoi. Magari non nella tv in salotto, dove per molti l’ impatto visivo ha ricordato i primi anni Novanta. Ma con poca nostalgia. Per capire la rivoluzione forse servirà qualche partita in più.
“Usciamo dalla semplice cronaca, il calcio per noi non è solo pallone”
Il Fatto Quotidiano
Alessandro Ferrucci
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Ritiro, preparazione, tattica sui tempi, “acquisti” strappati alla concorrenza (Paolo Pablito Rossi è il nuovo arrivato), un nuovo schema di gioco: Giorgia Cardinaletti conduttrice unica. È la Domenica Sportiva, la regina delle trasmissioni Rai dedicate allo sport, il calcio in particolare, una delle poche istituzioni nazional-popolari in grado (ancora) di resistere a streaming, calendario spezzatino, social e polemiche d’ ordinanza. “Una sorta di tempio, e quando varchi la soglia di quello studio avverti una responsabilità non da poco”. È il suo terzo anno La prima volta mi tremavano le gambe. Il tremolio si è affievolito con il passare delle puntate ma non lo dimenticherò. Lei non viene dallo sport. Questa è l’ accusa che mi hanno rivolto più spesso. La risposta? Conta saper raccontare la realtà, come quando stavo a Rainews24. Cronaca, politica, esteri. Il mondo del calcio non è avulso dai meccanismi classici del giornalismo; il mondo del calcio è una parte importante della realtà, dove contano la competizione, il business, le interazioni, i riflessi concatenati, le emozioni. E quindi? È uno specchio importante della società, e chi non lo valuta così, sbaglia. Non è solo “spogliatoi”. E non inizia e finisce dentro al rettangolo di gioco, e non lo dico io A chi pensa? Alle partite in periferia di Pasolini o a film di Salvatores: il momento del pallone è centrale nelle sue pellicole, a partire da Mediterraneo. Il calcio è un mondo molto chiuso. La maggior difficoltà è uscire dalla cronaca, andare oltre l’ episodio immediato, ampliare il ragionamento: il subito è ovviamente in pole E poi? Con l’ esplosione dei social tutti sanno tutto, mentre un tempo chi si collegava con la trasmissione televisiva, aspettava quei momenti per scoprire e vedere i propri beniamini Oggi sono perennemente sotto i riflettori. Postano in continuazione, ci sono giocatori che hanno prodotto dei diari di vacanza, o che raccontano la propria vita secondo per secondo. Marketing. Anche. L’ unica salvezza è scavare oltre l’ apparenza. Spesso le interviste con i calciatori sono pura banalità. Non perdiamo di vista un punto: sono ragazzi di 20 o 30 anni, e si aggrappano alle frasi fatte per uscire dall’ imbarazzo. Sono la certezza di sfangarla davanti a un microfono. Il suo indice per capire se la puntata ha funzionato Oltre l’ Auditel e il gruppo di lavoro? Sì. Il fruttivendolo sotto casa, il lunedì mi aspetta e discutiamo. Chi conduce la Ds diventa la donna del calcio. Premesso: non mi sono sottratta alla foto con il pallone. Però Non è quella che mi rappresenta di più: dobbiamo andare oltre il sorriso, il fisico e il pallone, altrimenti si scade in stereotipi per fortuna superati. Com’ è Tardelli? Schietto, super corretto, ovviamente conosce alla perfezione il mondo del calcio. E inoltre studia. Difetto. Un po’ permaloso. Su questo lo stuzzico. Però sui social stuzzicano anche lei. Li leggo, però non rispondo, servirebbero giornate intere solo per quello. Quindi incassa in silenzio? Non mi appassionano, esattamente come le critiche dietro le spalle. Chi parla o fa parlare male, lo trovo poco elegante. Ma fa parte del gioco. Chi conduce la Ds deve essere super partes Allora niente pronostico. Però l’ arrivo di Ronaldo sposta parecchio gli equilibri Ma non dimentichiamoci che c’ è anche tanto altro che va raccontato.
La cultura ha bisogno di coesione e voglia di sperimentare
Il Sole 24 Ore
Pier Luigi Sacco
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Nel secondo dopoguerra, l’ industria culturale e creativa italiana ha conosciuto un momento di straordinaria fioritura, i cui effetti benefici si sono protratti per tutti gli anni sessanta e per buona parte dei settanta: cinema, design, editoria, musica, radio-televisione, comunicazione e pubblicità sono tutti settori nei quali il nostro Paese ha vissuto una stagione straordinaria. Un simile, prolungato stato di grazia creativa si deve anche ad uno scambio profondo, che potrebbe essere visto come una vera e propria simbiosi, con quei settori di produzione culturale che pur non essendo (e non potendo essere) organizzati industrialmente, costituiscono un laboratorio indispensabile di ricerca e sperimentazione: in primis, le arti visive e quelle performative. Una simbiosi che caratterizza anche la di poco successiva esplosione dell’ industria della moda e in parte quella ancora successiva dell’ industria del gusto. Quella stagione così importante della nostra storia recente è oggi purtroppo in gran parte finita, e pur essendo le ragioni di una simile evoluzione inevitabilmente complesse, vale la pena sottolineare come una delle cause profonde della crisi sia stata proprio la frammentazione di questo dialogo, che non si è mai veramente interrotto ma non è più avvenuto, con l’ eccezione della moda, con la stessa continuità ed intensità. Non è un errore che abbiamo commesso solo noi: è anzi piuttosto comune, purtroppo, “leggere” strategicamente le industrie culturali e creative come una collezione di settori che presentano sì delle innegabili interdipendenze, ma che poi seguono in gran parte ciascuno una propria logica industriale. E invece la lezione degli anni sessanta e settanta italiani è stata in gran parte proprio quella di aver saputo concepire la produzione culturale e creativa come un ecosistema, nel quale una grande varietà di personalità e figure professionali si spostava fluidamente da un ambito all’ altro, sperimentando con l’ ibridazione dei linguaggi e delle idee, e confrontandosi con una cultura organizzativa e aziendale che spesso si era formata nello stesso humus sociale e culturale. Considerazioni come queste non vogliono essere un ennesimo esempio delle solite lamentazioni sui bei tempi andati dell’ Italia del miracolo economico, o più in generale sulle nostre glorie passate, quanto piuttosto un invito a riflettere su quanto sarebbe importante, ancora oggi, tornare a ragionare sulla nostra produzione culturale e creativa non solo come una possibile leva di sviluppo economico, ma come uno straordinario motore di cambiamento sociale e culturale – come è in effetti stato in quegli anni così vivaci e così importanti. Nell’ Italia di oggi si parla continuamente, quasi ossessivamente, della nostra identità collettiva e della sua relazione con la cultura e la creatività (quasi sempre quella del passato remoto, peraltro), ma il risultato sembra essere il costante rifugiarsi negli stereotipi e nelle rievocazioni nostalgiche pur di sfuggire al disagio di confrontarci con un’ attualità che tutto sommato restiamo incapaci di raccontare in primo luogo a noi stessi, rifugiandoci il più delle volte in una autoironia soltanto apparentemente consolatoria. Il nostro atteggiamento nei confronti della cultura, e della produzione culturale in particolare, si è irrigidito, e in un certo senso si è impoverito. Irrigidito perché quello che un tempo era il problema della distinzione sociale associata a determinati modelli di produzione e consumo culturale, affrontato con ironia corrosiva ma senza un vero intento delegittimante (e incarnato da episodi-simbolo: Sordi alla Biennale di Venezia, il Villaggio-Fantozzi della Corrazzata Potemkin) è ora divenuto una cesura sociale profonda, che segna un distacco quasi totale tra “la cultura” e “la gente”, trasformando la non lettura e l’ analfabetismo funzionale in forme di distinzione sociale a contrario. Impoverito perché il frutto avvelenato di questa cesura è stato un crescente, generalizzato disprezzo per le idee non familiari o per ciò che si fa fatica a comprendere, vissuto in genere come una dichiarazione di “autenticità” che purtroppo è soltanto una rinuncia a capire il mondo che ci circonda. Se il nostro Paese non riesce a reinventare un rapporto nuovo con la propria produzione culturale, e in particolare con la cultura come forma di auto-civilizzazione, sarà difficile che la nostra produzione culturale e creativa possa rivivere i fasti di un tempo anche non troppo lontano. Come fare? Magari iniziando di nuovo, con pazienza ed umiltà, a sperimentare. E ricostruendo, prima di tutto simbolicamente, quei luoghi nei quali il dialogo tra le tante anime della produzione culturale e creativa torni a svolgersi con fluidità e con naturalezza, possibilmente non solo negli spazi chiusi delle istituzioni culturali, ma anche e prima di tutto nello spazio pubblico e con il pubblico. Vaste programme, direbbe qualcuno. Ma se fosse facile, la cultura non avrebbe quell’ immenso potenziale che ha. E non ne abbiamo mai avuto tanto bisogno quanto oggi.
La Rai all’ attacco con reality, fiction e talk show
Il Tempo
marida caterini
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Manca oramai poco all’ inizio della stagione televisiva autunnale. Per le reti Rai il big day, in cui i palinsesti si svuotano delle innumerevoli repliche e si riempiono di nuovi contenuti è il 10 settembre. In questa data torna la versione invernale di UnoMattina con i riconfermati Franco Di Mare e Benedetta Rinaldi. Subito dopo riprende il suo posto al timone di Storie italiane, Eleonora Daniele: il suo programma si allunga di mezz’ ora per poi lasciare il posto, alle 11.30, alla prima novità di stagione: La prova del cuoco con la conduzione di Elisa Isoardi. Anche per il cooking show promozione sul campo: due lunghe ore di diretta fino alle 13.30. Pur nel rispetto della formula, ci saranno molte variazioni. Il day time pomeridiano è appannaggio di Caterina Balivo che festeggia il rientro su Rai1 con il talk show dal titolo Vieni da me. Le aspettative sono elevate, la pretesa è di ispirarsi al celebre “The Ellen DeGeneres show” il talk che, dal 2003, appassiona il pubblico d’ oltre oceano. Alle 16.30, sempre dal 10 settembre, ecco la versione autunnale di La vita in diretta con la new entry Tiberio Timperi accanto a Francesca Fialdini riconfermata. La speranza è che, almeno questa volta, non si indulga in maniera così plateale alla cronaca nera ed alla conseguente retorica di mestiere. Dall’ 11 settembre riprende il suo posto nella seconda serata di Rai 1 anche Bruno Vespa con l’ ultraventennale Porta a porta. Sarà in video dal martedì al giovedì. Bisogna attendere il 14 settembre per ritrovare il prima serata su Rai 1 Tale e quale show giunto all’ ottava edizione. Con un cast tutto rinnovato, che comprende tra gli altri, Vladimir Luxuria, Raimondo Todaro e Matilde Brandi, torna Carlo Conti. Anche la giuria è cambiata. Accanto alla confermata Loretta Goggi ci sono Vincenzo Salemme e Giorgio Panariello. Una scelta che evidenzia la volontà di puntare mag giormente sulla comicità. Inizia anche la nuova stagione di Rai Fiction. Tre i primi titoli su Rai 1. L’ 11 settembre torna Gigi Proietti con la terza stagione della serie Una pallottola nel cuore. Il 13 settembre al via la seconda stagione di Non dirlo al mio capo con Vanessa Incontrada e Lino Guanciale. E il 16 settembre, la nuova serie La vita promessa con Luisa Ranieri. Passiamo a Rai 2 dove, dal 10 settembre, arriva Bianca Guaccero nell’ inedita veste di conduttrice. Sarà al timone di Detto Fatto il programma lasciato orfano da Caterina Balivo volata a Rai 1. Appuntamento dalle 14, dal lunedì al venerdì, con la presenza di Giovanni Ciacci. Subito dopo va in onda la nuova edizione del docu- reality Ci vediamo in tribunale con storie di controversie risolte solo dinanzi alla Legge. Cinque giorni dopo, il 15 settembre, l’ altra novità di Rai 2: uno spazio tutto dedicato alla Serie B con Andrea Delogu e Gabriele Corsi accanto ai quali ci saranno Gigi Ross. Si inizia alle 13.30 e si racconta tutto quanto ruota intorno al campionato cadet to di calcio. La rete diretta da Andrea Fabiano propone, sempre dal 10 settembre, Access Lucci. Si tratta di sette puntate condotte da Enrico Lucci, in onda alle 21.05 per raccontare aspetti inediti del nostro Paese. Ed eccoci a Rai 3 che riapre i battenti il 5 settembre con una puntata speciale, in prime time, di Prima dell’ alba condotta da Salvo Sottile. L’ 11 settembre torna Carta bianca in prima serata con la conduzione riconfermata di Bianca Berlinguer. Il talk show dovrà vedersela con l’ agguerrita concorrenza di Giovanni Floris con DiMartedì in onda su La7. Batte tutti per la velocità del rientro in video, Riccardo Iacona che già dal 3 settembre riprende il suo posto al timone di PresaDiretta. Condurrà nove nuove puntate dedicate ai te midi più stretta attualità. Il 9 settembre arriva Sopravvissute, docu- reality in seconda serata che dà voce a donne vittime di violenza riuscite, fortunatamente, a salvarsi.
Senza banda larga il gol di immobile diventa immaginario
La Stampa
beniamino pagliaro
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Quando Ciro Immobile ha controllato il pallone con sicurezza mandando a pascolare tre difensori del Napoli, sicuramente non ci stava pensando, ma stava per segnare il primo gol della Serie A nell’ epoca digital-first, quella in cui potremo guardare le nostre benedette partite di pallone non «anche con app e pc», ma «per forza con app e pc». La novità è che a vincere parte dei diritti tv (i soldi che pagano i conti del calcio mondiale) è stato un gruppo inglese, Perform, che spera di replicare nello sport l’ esperienza travolgente di Netflix con cinema e tv. Il marchio con cui si presenta a noi tifosi è Dazn (la conduttrice Diletta Leotta ci ha insegnato: si pronuncia Dazòn). Come Netflix, l’ abbonamento si fa direttamente online, ha un costo contenuto (ma per ora offre solo tre partite di Serie A per giornata), si può cancellare con un clic e vedere dal telefono o dal computer, non ha pubblicità, proprio perché punta a vivere solo grazie ai ricavi degli utenti. La storia breve di Dazn racconta molto della moderna economia in cui l’ attenzione degli utenti si compra un clic alla volta. Le partite di calcio sono una formidabile calamita per la nostra attenzione (durano perfino più di una serie tv!) e in tutto il mondo i giganti come Facebook e Amazon iniziano a comprare i diritti. Se dunque studiassimo il fenomeno sul medio-lungo termine, per noi utenti-tifosi, si prepara una grande occasione. Più concorrenza significa prezzi più bassi, rincorsa per la qualità, in un tripudio di offerte seducenti. Ma prima del mercato e delle strategie, ovviamente, ci sono le nostre maledette domeniche. E al venticinquesimo minuto, quando Immobile ha effettivamente fatto gol, molti di noi erano ancora umanamente alle prese con piccoli e grandi problemi tecnici. Alcuni non sono riusciti proprio ad abbonarsi, altri non avevano la rete Internet abbastanza veloce, altri ancora avevano tutto pronto ma non il cavo per collegare il pc alla tv. Spesso, per esempio al minuto 62, la partita sembrava improvvisamente incantata. Qualsiasi tecnico ci potrebbe spiegare saggiamente: la connessione dati sta ancora scaricando il video. Meglio spegnere e accendere il modem. Ma chi glielo spiega, al tecnico, che così saremmo già arrivati al minuto 65, e che guardare la partita significa guardare tutta la partita? E come sopravvivere alla retrocessione, questa sì sul campo, dalla coccola del Super Hd di Sky al lento ritorno dei video pixelati? E come abituarci ad amici lontani pochi chilometri che però sono avanti a noi nel minutaggio e dunque ci possono anticipare il palo di Acerbi al novantesimo? Non è colpa di Dazn, è la rete, ora lo sappiamo. Così infine l’ Italia in coro si alzerà e chiederà ai governanti illuminati di dotarci tutti della famosa banda larga. Prima lo chiedevano le imprese e vabbè, ora c’ è il calcio e la questione è seria.
L'articolo Rassegna Stampa del 19/08/2018 proviene da Editoria.tv.