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Rassegna Stampa del 15/01/2018

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Siae, la scalata di Soundreef alla montagna da 800 milioni

Siae, la scalata di Soundreef alla montagna da 800 milioni – segue dalla prima

“Più trasparenza nei rendiconti e tracciabilità dei compensi”

Le fake news di Franceschini. Al Pantheon 2000 visite l’ ora

Corsi & Master

Siae, la scalata di Soundreef alla montagna da 800 milioni

Affari & Finanza
ERNESTO ASSANTE
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[ L’ INCHIESTA] Ernesto Assante C’ è una battaglia che si sta svolgendo nel nostro paese da diversi anni, una battaglia sul diritto d’ autore, più precisamente su chi deve raccogliere e distribuire i soldi derivati dal diritto d’ autore ad autori e editori italiani. Per decine di anni il compito è stato affidato in esclusiva alla Siae, da qualche anno invece in Italia opera anche Soundreef, e quest’ ultima, azienda giovane e digitale che cerca di rubare spazio allo storico colosso Siae, ha portato dalla sua parte negli ultimi tempi molte star della canzone italiana. La battaglia è in corso. Parliamo di un industria della cultura e della creatività che genera più di 41 miliardi di euro, il 2.96% del nostro Pil, occupa 1.028.000 persone e supera settori come quello delle telecomunicazioni, dell’ energia, dell’ automobile e dell’ alimentare. segue a pagina 8.

Siae, la scalata di Soundreef alla montagna da 800 milioni – segue dalla prima

Affari & Finanza

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I l fatturato di Siae nel 2016, per il 75% derivato dal diritto d’ autore, è stato di 796 milioni di euro, quello della neonata Soundreef di 2 milioni di euro. Ma nel 2017 Soundreef ha più che raddoppiato il fatturato, portandolo a 4.5 milioni di euro. «E’ un mercato molto particolare dice Filippo Sugar, presidente della Siae, la Società Italiana Autori e Editori – il diritto d’ autore riguarda le opere della creatività, quindi è importante che ci sia un contesto normativo che da una lato faciliti la divulgazione e dall’ altro la remunerazione. Con Siae gli utilizzatori hanno accesso a tutte le opere che esistono in Italia. E Siae ha la facilità di poter pagare tutti gli autori e gli editori in un sistema che non discrimina e garantisce a tutti il pari trattamento, nessuna discriminazione, tra autore ricco e povero, tra chi ha mille opere e chi ne ha solo una». Siae, per oltre ottant’ anni, ha agito in una situazione di sostanziale monopolio. Poi le cose sono cambiate, con l’ avvento del digitale e con alcune direttive Ue che hanno modificato lo scenario, come racconta Davide D’ Atri, ceo di Soundreef, la giovane società, nata nel 2011, che sta operando in molti paesi nel mondo, Italia compresa: «Il meccanismo di Siae e delle altre società aveva un senso quando c’ era bisogno di una concertazione collettiva ed era importante il controllo capillare del territorio che poteva essere fatto solo manualmente. Quando non c’ era la musica digitale. Poi nel 2008 c’ è stata la prima decisione dell’ Europa che scaturisce da un broadcaster spagnolo che voleva una licenza paneuropea e che non riusciva a ottenerla. La Commissione Ue disse che anche nel diritto d’ autore le norme europee prevedevano il libero mercato di merci e servizi. Era un’ indicazione che non cambiava la legge, ma seguendo la quale ogni autore o editore si poteva iscrivere alla società che voleva e ogni utente comprava i diritti dove voleva. All’ inizio nulla succede, non si innesca una concorrenza e negli anni successivi, si va avanti fino al 2011 quando nasciamo noi. Poi nel 2014 la Ue fece una direttiva che mirava a regolamentare il settore, la direttiva Barnier. Questa stabilisce che il mercato è libero in Europa, che ci si iscrive e si compra dove vuole, ma introduce un elemento nuovo autorizzando la nascita di enti di gestione indipendente, società private che non sono detenute dai propri membri e che lavorano per profitto. E possono fare concorrenza alle società ufficiali. Quella direttiva è stata recepita da tutti gli stati membri, l’ unico dove rimane una limitazione è l’ Italia». La zona grigia Soundreef infatti lavora in una situazione “grigia”, perché nonostante la direttiva Barnier sia stata recepita dall’ Italia, «l’ attività di intermediario» è ancora «riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori » e Soundreef può operare come una società di collecting straniera. Comunque la si pensi, non c’ è dubbio che Filippo Sugar, sia impegnato in una importante battaglia di rinnovamento della Società Autori e Editori: «L’ impatto del digitale, nel mercato della musica in particolare, è stato fortissimo, le società hanno reagito aggregandosi, sapendo che l’ obbiettivo è quello di ridurre il numero delle società di autori. Ed è proprio nell’ ottica dell’ aggregazione che si inserisce lo sforzo mio nel tentare di dare lustro e performance alla Siae, perché ha una dimensione notevole, è la settima in Europa, e può consentire all’ Italia di fare parte di un’ aggregazione da protagonista ». Ma è altrettanto difficile non dare ascolto alle argomentazioni di D’ Atri: «Quello dell’ integrazione è un argomento che ha ragion d’ essere, ma la risposta è duplice. La prima ipotesi, che abbiamo proposto alle istituzioni e alla Siae è quella di fare concorrenza solo a valle: sul mercato ci sono diversi soggetti, come Soundreef e Siae, ma uno solo va a fare un contratto, al di sopra delle parti, fa i prezzi, il controllo capillare, poi a valle questo soggetto ripartisce i soldi ai vari provider e può farlo in maniera molto veloce, entro trenta giorni. Quindi privati e monopolisti si sfidano a offrire il servizio migliore per l’ utilizzatore. Già accade così nelle telecomunicazioni, con l’ ultimo miglio di Tim, dietro al quale ci sono molte aziende diverse che offrono in concorrenza i loro servizi agli utenti. La seconda risposta – continua D’ Atri – è che un conto è che ci sia un soggetto come Siae, un altro che è tra soggetti diversi si trovi un accordo per semplificare tutto, come abbiamo fatto con la Siae svizzera. Se uno o più soggetti pensano sia meglio mettersi insieme è ragionevole, e la decisione è giustamente lasciata alla libera scelta delle imprese». Di certo ad aiutare l’ affermazione sul mercato di Soundreef, che ad oggi amministra i repertori di oltre 25.000 autori e editori nel mondo, è stata in parte anche la Siae stessa, per molti anni commissariata, responsabile di errori di gestione anche gravi, percepita come vecchia e polverosa. «Io credo che sia una percezione in parte vera, in parte alimentata e voluta – tiene a sottolineare Sugar – Quando ci furono le scorse elezioni molti hanno messo cartelli con scritto “vogliamo una Siae Sugar free”. E’ vero, quando sono arrivato non ero molto amato, ma ero convinto, vedendo il mercato, della straordinaria importanza di salvare la Siae. Quando ho accettato questa sfida l’ ho fatto per cambiare le cose. Certo non si cancellano tanti anni di cattiva reputazione in poco tempo, ma ci siamo impegnati per farlo. E abbiamo avuto una coincidenza molto fortunata avendo in questi anni un ministro della cultura come Franceschini che crede nella cultura come grande opportunità di crescita per il Paese. L’ industria culturale e creativa è il terzo datore di lavoro in Italia, dopo le costruzioni e il settore alberghiera. E vive di diritto d’ autore, che è l’ elemento centrale per lo sviluppo di questa industria». «Possiamo vedere i passi avanti fatta da Siae ma sappiamo bene che gli autori continuano a lamentarsi – ribatte D’ Atri perché questo è un settore rivoluzionato dalla tecnologia, che ci consente di fare cose che non si potevano fare prima. Noi rilasciamo dati in tempo reale, offriamo servizi innovativi, possiamo retribuire gli artisti prima, e gli artisti possono tracciare ogni uso e esecuzione. Oltretutto la tecnologia vive di concorrenza, abbiamo ingegneri che operano tutti i giorni per migliorare sempre di più. Il mondo occidentale non conosce altro modo di fare innovazione se non attraverso la concorrenza. E la concorrenza nel nostro caso è in favore di autori e editori». Ovviamente Sugar non ne è convinto: «Oggi si scontrano due visioni, quella europea continentale, con Italia e Francia in testa, che è più monopolista, e quella anglosassone che prevede un mercato molto competitivo. A mio avviso i mercati competitivi sono meno efficienti localmente, perché la competizione non funziona, le società incassano meno, distribuiscono peggio. La direttiva europea è fatta male». Di fatto, però, artisti di un certo peso, come Fedez, J-Ax, Maurizio Fabrizio, Gigi D’ Alessio, Enrico Ruggeri, Nesli, solo per citarne alcuni, hanno lasciato Siae per Soundreef, anche per qualche errore fatto da Siae in passato. «No, non credo che abbiamo sbagliato – replica Sugar – Non ho negatività con personaggi come Ruggeri o Maurizio Fabrizio, li rispetto, ma penso che la loro scelta venga strumentalizzata. Si fa passare come una scelta per un servizio migliore, ma dubito che lo sia». Rivedere le norme Che sia vero o no lo sapremo con il tempo, ma restano in campo due argomenti che pensano molto: le vecchie leggi sul diritto d’ autore sono ancora utili, così come sono, in un mondo che è stato letteralmente travolto dalla rivoluzione digitale? Non andrebbero riviste, rinnovate, adattate ai nuovi tempi, ai nuovi media? Sugar pensa di no: «In realtà mi viene molto difficile pensareche il copyright abbia frenato l’ innovazione. Anni fa andai a incontrare il commissario europeo all’ agenda digitale, Neelie Kroes, sosteneva fortemente che il diritto d’ autore venisse cambiato per abolire le barriere nazionali. Noi non pensavamo fosse così, per noi era solo un problema di accordi. Il tempo ha dimostrato che avevamo ragione. Oggi Spotify ha la licenza in tutti i paesi e la legge non è cambiata. In realtà il diritto d’ autore è uno strumento modernissimo, e bisognerebbe imparare dal comparto musicale per capire come affrontare lo stesso ordine di problemi in altri settori colpiti dalla rivoluzione digitale». L’ altra materia scottante è se possibile ancora più complessa, perché mette a confronto visioni del mercato della cultura decisamente contrapposte, come sottolinea D’ Atri: «Il problema non è solo economico: il fatto è che in Italia sono ancora in molti a essere infastiditi dall’ idea che si faccia business con l’ arte e la cultura. Per carità, le regole ci devono essere e ci deve essere un comparto pubblico con le sue logiche, ma questo non significa che se ci sono soggetti di impresa che fanno business sulla cultura tu le debba combattere. In Inghilterra cultura e business vanno d’ accordo, e la cultura non ci ha certo perso qualcosa, qui sono due parole in antitesi». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

“Più trasparenza nei rendiconti e tracciabilità dei compensi”

Affari & Finanza

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Roma L asciare la Siae e andare con Soundreef. Provare i giovani e nuovi per poi passare alla solidità della società storica? Sono in molti tra gli artisti a porsi queste domande. Assisteremo a un andirivieni continuo nei prossimi anni? E’ probabile, perché se le due società continueranno ad operare e ci sarà una sempre più forte concorrenza, gli artisti avranno più possibilità di scelta. Intanto in molti lo stanno già facendo, e gli ultimi a cambiare squadra sono stati, alla fine della scorsa settimana, i napoletani 99 Posse, passati dalla Siae a Soundreef. «Le motivazioni sono molte dice Marco Messina, esponente del gruppo – prima di tutto le notizie che mi arrivavano dai colleghi che mi dicevano di trovarsi bene, poi le novità tecnologiche, la possibilità di vedere già dopo pochi giorni quanto hai maturato da un concerto cosa che con Siae non riuscivo a capire nemmeno dopo mesi. E poi quelli di Soundreef mi sono sembrati attivi e convincenti». Il dato tecnologico è quello dominante nei commenti degli artisti che hanno lasciato Siae, come sottolinea Gigi D’ Alessio: «Ho preso la decsione perchè mi ha convinto la trasparenza della rendicontazione al contrario di quella Siae che non è analitica e non chiarisce con esattezza da dove arrivano i proventi. Non era per me una scelta facile ma ho creduto nel progetto di questi giovani e credo nel libero mercato. Laddove c’ è il monopolio il mercato non cresce». Fedez, il primo dei grandi a scegliere la società di Davide D’ Atri, sottolinea dei valori importanti: «Ho scelto di affidarmi a loro perché voglio sostenere chi fa della trasparenza e della meritocrazia un valore fondante». Mentre per il giovanissimo Rovazzi l’ elemento generazionale è altrettanto rilevante: «Basta andare su internet e controllo subito quello che mi riguarda. Sono giovane e sto con i giovani, ho ventitré anni e mi piace poter pensare che ci sia una società fresca che fa bene il suo lavoro”. Ma più in generale è l’ idea di una sana concorrenza che non dispiace agli artisti. «Da quando esiste Soundreef la Siae si è svegliata – sottolinea ancora Messina – e questo rinnovamento è figlio di questa concorrenza, l’ esistenza di Soundreef ha spinto la Siae, che era diventata un dinosauro immobile, a mettersi in cambiamento e questo è comunque positivo». Talmente positivo che qualche giovane artista ha già fatto il passo al contrario, lasciando Soundreef per tornare in Siae, passaggio che potrebbe continuare, perché il rinnovamento del colosso diretto da Sugar è senza dubbio solo all’ inizio. Ma per alcuni autori storici, come Maurizio Fabrizio, non servono polemiche o scontri, siamo piuttosto nel campo delle scelte personali: «Ho lavorato con la Siae per 45 anni, non mi lamento di nulla. Semplicemente, mi piacciono le persone di Soundreef, mi è piaciuta la proposta che mi hanno fatto, arrivata al momento giusto della mia vita». Come a dire: si tratta di denaro, senza dubbio, ma cambiare, provare cose nuove, non è mai un male per un artista. (e.as.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Il cantante Gigi D’ Alessio.

Le fake news di Franceschini. Al Pantheon 2000 visite l’ ora

Il Fatto Quotidiano
Vittorio Emiliani
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Un fragore festante di trombe e grancasse ha accompagnato le “cifre strabilianti” (così l’ ufficio stampa del ministero dei Beni culturali) annunciate da Dario Franceschini su ingressi e incassi di musei e monumenti. Ma davvero meritavano queste ovazioni “velinare”? O i 50 milioni di visitatori e i 193,6 milioni di introiti non andavano analizzati seriamente? Qualcuno, oltre a chi scrive, ha fatto le pulci all’ annuncio-lampo (in genere i dati si davano, in dettaglio, mesi dopo): Andrea Cionci su La Stampa, Angelo Crespi su Il Giornale e lo storico dell’ arte Tomaso Montanari. Sul quale ha così twittato, dopo aver suonato la tromba nel proprio Tg1, il giornalista del servizio pubblico, Marco Frittella: “Il bilancio della riforma dei musei italiani è eccezionale: in 4 anni +12 milioni di visitatori (+31%) e +70 milioni di euro di incassi (+53%). Risorse preziose per la tutela che tornano ai musei con un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà”, anticipato da “Non ditelo a Tomaso Montanari, gli dareste un dolore”. Presidente e direttore generale della Rai dovrebbero preoccuparsi e magari vergognarsi di questo telegiornalismo precotto e “frittellato”. Perché, in realtà, il prezzo dei biglietti risulta aumentato del 5,23 % di media, uno dei maggiori dell’ ultimo periodo, da solo genera introiti per svariati milioni in più. Anche se, altro dato che mette la sordina alle trombe, i paganti risulterebbero aumentati soltanto del 5% e i non paganti (dati, questi, ufficiali) del 15 %. Attendiamo dunque analisi più dettagliate. “Cifre strabilianti” sono di sicuro gli 8 milioni di ingressi gratuiti al Pantheon. Tanti quanti i visitatori del Louvre; 1 milione più di quelli del Colosseo; il 70% in più del 2010: 8 milioni fanno 22.000 ingressi al giorno in spazi limitati, anche dalle funzioni religiose del tempio, e poi in 8-10 ore di apertura. Una Curva Sud si riverserebbe ogni giorno al Pantheon. Ma chi l’ ha vista? Qualcuno deve avere un po’ ecceduto al Collegio Romano. Viene poi la calca delle domeniche gratis: ufficialmente si parla di 3,5 milioni di ingressi. A spanne, visto che le biglietterie sono chiuse e si usa il conta-persone. Figurarsi. Ma poi, la Reggia di Venaria e il Museo Egizio di Torino sono ancora Musei statali? A rigore non più. Sono Fondazioni partecipate solo in parte dal ministero dei Beni culturali: la prima con oltre 1 milione di visitatori, il secondo con 845.237 e un leggero calo malgrado l’ impagabile serata di Zumba danzata fra le mummie. Fanno 1,9 milioni di visitatori da sottrarre agli oltre 50 milioni di ingressi. Lo stesso per i loro introiti complessivi stimabili (i dati esatti non ci sono) in 12 milioni di euro. Il boom già si sgonfia. Molti dei musei o dei siti in crescita in realtà non fanno parte di quelli resi autonomi dalle “riforme” e “miracolati” dalle pozioni di Frà Dario: non Pompei già autonoma (+7,6%), non Castel Sant’ Angelo, il Castello di Miramare (+14,3%), o la Grotta Azzurra di Capri (+10,4%). Ma l’ euforico comunicato ministeriale non distingue. Due Musei autonomi invece flettono: il Palazzo Ducale di Mantova (-11,10%), un anno fa lodatissimo per il tourbillon di mostre e il Museo Nazionale Romano (-1,80%), ora diretto da una storica dell’ arte. Costretti a “far soldi, soldi, soldi”, i super-direttori sono diventati impresari di matrimoni, banchetti, feste di laurea, compleanni fastosi (o pacchiani) e altro ancora, alcuni sbracando (Italia Nostra di Caserta ha già chiesto le dimissioni del direttore della Reggia Mauro Felicori). Pure i partecipanti a quei turbinosi “eventi” vengono conteggiati fra i visitatori. Tanti soldi, tutti per lo Stato? No, per la mancata riforma delle società di servizi aggiuntivi, il 20 % degli incassi va ad esse. Con ciò si scende a 155 milioni di introiti reali. Meno i 12 milioni di Venaria ed Egizio, si cala a 143 Ovviamente si tace sulla primavera-estate favorevolissima al turismo e sul calo di arrivi, a causa del terrorismo, a Parigi, in Nord Africa, Libia, Egitto e Turchia (-40% solo i tedeschi) a nostro favore. Da noi i tedeschi sono i più presenti e i cinesi salgono a 5,4 milioni di presenze. Torniamo agli introiti “strabilianti”, e quindi ai rincari: soltanto agli Uffizi da 8 a 12,5 euro (+ 4,5 euro che, moltiplicati per 2,2 milioni ingressi, fanno una decina di milioni di euro in più) e a Pitti da 8 a 13,5 euro (+ 5,5 che, moltiplicati per 580.000, fanno più di 3 milioni di euro), ecc. Agli Uffizi si pagano 38-39 euro con audioguida, mentre al Louvre un tour guidato ne costa solo 35. Venaria Reale è più cara di Versailles: 47 euro per 90 minuti di visita guidata (55 per Reggia e giardini) contro 18 euro con audioguida (al giorno), 20 con accesso ai giardini e 35 per un tour guidato. Cioè 20 euro in meno che alla Venaria. Al Museo Egizio il biglietto più richiesto, 2 ore con audioguida, costa 47 euro. Ragazzi, a far soldi così son buoni tutti, senza essere i super-direttori voluti da Franceschini. Ma chi lo racconta agli italiani? Chi sgonfia le balle? Pochissimi per ora. Suonano le trombe. E i tromboni.

Corsi & Master

Italia Oggi Sette

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Sono ancora aperte le iscrizioni al corso di formazione avanzata in Digital editor organizzato da Ied Milano. Obiettivo del corso, in partenza il 25 gennaio 2018, è quello di formare una nuova figura professionale con competenze poliedriche nella creazione e nell’ editing del content, materia prima del web. In un mondo dominato dai nuovi linguaggi della rete che, in continua evoluzione, richiedono un aggiornamento costante, il corso si rivolge in particolare a chi vuole diventare un professionista della comunicazione online. Mirato a fornire l’ how to riguardante la manipolazione delle immagini, alla produzione di contenuti video e testuali legati ai linguaggi della rete, il corso indaga e mette in luce gli scenari attuali della comunicazione online. Il digital editor abbina, infatti, alle capacità tecniche e creative un’ etica funzionale sia nell’ ambito del lavoro autonomo sia in quello aziendale. Al termine del corso, i partecipanti potranno lavorare in proprio come liberi professionisti o presso un’ azienda o una casa editrice, in qualità di content provider editor, content manager, content developer e community manager. Per iscriversi e per avere maggiori informazioni, occorre consultare il sito web: www.ied.it/milano. C’ è tempo fino al 16 febbraio per iscriversi alla nuova edizione del master in Economia e gestione immobiliare (Megim), organizzato dall’ Università di Roma Tor Vergata e giunto quest’ anno alla XII edizione. Il corso, che si terrà a Roma dal 10 marzo 2018 al 20 febbraio 2019, nasce con l’ obiettivo di formare figure professionali in grado di organizzare, gestire e valorizzare patrimoni immobiliari, sia pubblici sia privati, nonché di operare nell’ intermediazione immobiliare anche connessa ai mercati finanziari. In particolare, tali figure sono idonee ad assumere compiti operativi e direzionali nelle istituzioni, nelle imprese di costruzione e di intermediazione immobiliare, nelle banche, nelle imprese assicuratrici e nelle libere professioni. Il master si rivolge a laureati e diplomati universitari e sono disponibili dieci borse di studio offerte da Inps. Per iscriversi e per avere ulteriori informazioni, occorre consultare il sito web: www.megim.it. Fino al 25 gennaio è possibile presentare la domanda di iscrizione al master executive online in Finanza e controllo di gestione organizzato dall’ Università di Pisa. Il percorso formativo, giunto alla dodicesima edizione, ha durata annuale tenendosi dal 23 febbraio 2018 al 23 febbraio 2019. L’ attività didattica combina apprendimento a distanza con moduli online ed esperienze di formazione in aula: attraverso una piattaforma e-learning sarà infatti possibile accedere ai 16 moduli del corso, mentre altri cinque saranno quelli sviluppati presso l’ Università di Pisa. La formazione online, in particolare, consente agli studenti di specializzarsi e di arricchire le proprie conoscenze, calibrando i ritmi si studio con gli impegni professionali e familiari. Inoltre pur non essendo un corso che si svolge interamente in sede, il master garantisce agli iscritti una costante e solida interazione con tutor, docenti e allievi. Per conseguire il titolo, il master prevede la realizzazione di un project work al termine del percorso accademico. Per iscriversi e per avere maggiori informazioni, occorre consultare il sito internet: www.unipi.it È ancora aperta la possibilità di iscriversi al corso di formazione in Gestione dei grandi mammiferi organizzato dall’ università degli studi di Siena. Il corso si propone di fornire competenze professionali specifiche nella gestione di popolazioni di grandi mammiferi (carnivori e ungulati), attraverso lezioni frontali, tenute da docenti con esperienza pluridecennale nel settore, e dimostrazioni pratiche presso strutture esterne con notevole esperienza nella gestione faunistica (Ente Parco Regionale della Maremma e Dream Italia, agenzia formativa riconosciuta dalla Regione Toscana). Le lezioni si svolgeranno durante otto giornate – tra febbraio e giugno 2018, con inizio previsto il 16-17 febbraio – e affronteranno numerosi temi, all’ interno di vari ambiti legati alle più attuali tendenze ed esigenze del settore: metodi di cattura, conteggi faunistici, basi di uso del Gis nella gestione faunistica, prevenzione di danni da ungulati, impostazione di un piano di gestione degli ungulati e rilevamento di dati biometrici da capi abbattuti. A conclusione del corso, che è diretto dal professor Francesco Ferretti, verrà rilasciato un attestato di frequenza. Tutte le informazioni, le modalità di iscrizione e il bando sono consultabili alla pagina web: www.unisi.it/didattica/post-laurea/corsi-formazione/gestione-dei-grandi-mammiferi.


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