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Oggi l’ ultimo giorno de ‘La Provincia di Varese’
“Le intercettazioni? Non è un bavaglio ma la legge va testata”
La Rai si regge solo con le fiction Montalbano al top: 43% di ascolti
Le intercettazioni cambiano a parole
Oggi l’ ultimo giorno de ‘La Provincia di Varese’
Avvenire
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D ieci anni dopo la chiusura dello storico settimanale diocesano Luce, un altro duro colpo per il mondo dell’ informazione e per l’ opinione pubblica varesina. Oggi è in edicola l’ ultimo numero del quotidiano La Provincia di Varese. Nell’ editoriale di ieri a firma del direttore Francesco Caielli, con la foto di gruppo di redattori e collaboratori, la conferma di una notizia che circolava da settimane ma che si sperava potesse essere smentita da qualche iniziativa del territorio. «Ecco il pezzo che non avresti mai voluto scrivere », dice Caielli. « La Provincia diVaresetoglie il disturbo: dopo dodici anni, tre mesi e tre giorni di vita dice addio ai suoi lettori. E il pezzo che non avrei mai voluto scrivere può essere solo un pezzo fatto di gratitudine e rabbia». Guardando al panorama editoriale locale, il direttore esprime gratitudine «per chi continuerà a fare questo lavoro in questa città: La Prealpina è un grande giornale fatto da ottimi colleghi ed è stato un onore darle fastidio, VareseNews è un grande giornale fatto da ottimi colleghi ed è stato un onore dargli fastidio». Parole amare anche quelle dell’ editore, Piero Galparoli, costretto, nonostante tutti gli sforzi, a mollare la presa: «In tanti che hanno creduto in me e nel progetto editoriale – dice – da domani resteranno senza lavoro. Questo fardello rimarrà indelebile nel mio cuore. L’ angoscia per aver deluso i lettori ed i miei ragazzi non potrà mai essere mitigata… Ho visto nei loro occhi, più che la preoccupazione, la disperazione per la fine de La Provincia. Sono convinto che la mancanza di una seconda voce sul territorio si farà sentire. Il rimpianto non sarà solo nostro». Galparoli aveva iniziato a collaborare al giornale come direttore generale e, nell’ ottobre 2016, lo aveva rilevato diventandone l’ editore unico. «Molti sicuramente godranno per la nostra chiusura – commenta – ma molti di più ne sentiranno la mancanza». Maria Teresa Antognazza RIPRODUZIONE RISERVATA.
“Le intercettazioni? Non è un bavaglio ma la legge va testata”
La Repubblica
LIANA MILELLA,
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Di che cosa stiamo parlando La nuova normativa sulle intercettazioni accende lo scontro tra i partiti e aperto la discussione tra i magistrati. Il procuratore di Torino Spataro interviene sul tema del presunto strapotere conferito dalla nuova legge alla polizia giudiziaria nei confronti dei magistrati ROMA «Un pm senza poteri verso la polizia? Questo può verificarsi anche oggi». Il procuratore di Torino Armando Spataro polemizza col presidente dell’ Anm Albamonte e della nuova legge sulle intercettazioni dice: «Nessuno, neppure una legge, può imporre censure a un pm». La riforma delle intercettazioni era necessaria dopo le vostre circolari interne? «Assolutamente sì. Non tutte le procure hanno adottato circolari e non tutte le circolari sono omogenee, ma comunque era necessario un intervento del legislatore poiché una materia così delicata non può essere disciplinata con interventi amministrativi». Chi ha ragione tra Orlando e Di Maio, norme di civiltà o un favore a Berlusconi? «Non intervengo in un contrasto politico. Di sicuro non apprezzo critiche solo politicamente orientate, prive di riferimenti tecnici e di attenzione alla tutela costituzionale della privacy». La legge arriva dopo Consip e le telefonate dei Renzi… «Il dibattito sulle intercettazioni risale ad almeno dieci anni fa ed era giusto che si arrivasse finalmente a una legge. La storia del nostro Paese pone periodicamente in luce vicende politicamente rilevanti, ma queste non possono impedire le riforme necessarie: sarebbe una sciocchezza come quelle di chi afferma che l’ azione penale obbligatoria dei pm, se esercitata nei periodi preelettorali, è politicamente orientata». Scrivere che il pm deve usare solo le conversazioni necessarie, con citazioni essenziali, non è già una censura? «In epoca non sospetta ho scritto che citare negli atti giudiziari solo le intercettazioni rilevanti dovrebbe essere la regola ordinaria e irrinunciabile per pm e giudici. Nessuno potrebbe consigliarci o imporre censure di alcun tipo, neppure con una legge, anche perché saranno solo magistrati e difensori, a valutare cos’ è essenziale o meno per una decisione». Ascolti “irrilevanti”. Il presidente dell’ Anm Albamonte parla di “strapotere della polizia giudiziaria”. «Non condivido in alcun modo le sue valutazioni che non sono quelle di tutta l’ Anm. Un buon pm non si fa condizionare da alcun potere, né in particolare dalla polizia giudiziaria che egli dirige e alla quale può e deve dare disposizioni per un’ informazione precisa e completa anche sulle intercettazioni. E poi sarà lui a decidere. Del resto, se volessimo ipotizzare azioni o omissioni scorrette della polizia, queste potrebbero verificarsi anche con la legge vigente». Lei mi dirà che le intercettazioni non sono fatte per fornire materiale alla stampa, ma non è censura impedire che giornalisti e opinione pubblica possano conoscere l’ intero fascicolo? «Sono stato impegnato per anni al fianco dei giornalisti contro le “leggi bavaglio” per fortuna mai andate in porto. Ma impegnarsi a favore della libertà di informazione non può far dimenticare che le intercettazioni sono finalizzate non a garantire la circolazione delle notizie attraverso la stampa, ma a raccogliere elementi di prova a carico dei ritenuti responsabili dei reati oggetto delle indagini. Detto questo, sono sempre stato d’ accordo con l’ ipotesi di garantire l’ accesso dei giornalisti agli atti depositati (quindi non segreti) e rilevanti, su specifica istanza che consenta ai magistrati di verificare la sussistenza del diritto-dovere di pubblica informazione, da tutelarsi anche secondo i canoni elaborati dalla Cedu». Solo le ordinanze pubbliche tra un anno. E tutto il resto? «Nella relazione di accompagnamento alla legge si parla non a caso di necessità di sperimentazione della normativa in vista, di possibili modifiche ai limiti previsti oggi. Come ogni nuova legge, anche questa dovrà essere sottoposta a verifica, ma è indubbio che ora appare possibile realizzare un doveroso equilibrio fra le esigenze di efficienza investigativa, di tutela della libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione e del diritto all’ informazione». Difesa senza copie cartacee, un regalo agli studi ricchi? «Anche questa è un’ affermazione erronea che dimentica come tutta l’ informatizzazione dei processi civili e penali, ancora in atto, è finalizzata a renderne più accessibili i costi. E ciò vale anche per il rilascio su supporto informatico delle copie delle comunicazioni intercettate che, grazie anche a una sentenza del Consiglio di Stato del luglio 2015, ora costano meno delle copie in cartaceo». Le nuove regole non allungheranno i tempi della giustizia? «Le nuove procedure renderanno più faticosa l’ attività di pm e giudici, specie nei processi complessi con molte e lunghe intercettazioni, ma è un prezzo da pagare anche per garantire il diritto di difesa. Un sacrificio sopportabile se i futuri governi investiranno in risorse umane e tecniche per far funzionare gli archivi riservati. È auspicabile che tutte le Procure, come hanno sin qui fatto le più grandi, siano in grado di interpretare e applicare con modalità omogenee le nuove regole, anche previo confronto con l’ Avvocatura, pur se ciò richiederà uno sforzo organizzativo fuori dal comune». © RIPRODUZIONE RISERVATA Non condivido in nessun modo le posizioni del presidente dell’ Amn, Albamonte. E le sue idee non sono quelle di tutta l’ associazione Procuratore Armando Spataro è procuratore della Repubblica a Torino e coordinatore del Gruppo specializzato in antiterrorismo.
La Rai si regge solo con le fiction Montalbano al top: 43% di ascolti
Libero
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I bilanci di fine d’ anno, a volte, portano con sé particolari interessanti. Le fiction «Made in Rai», stando alle cifre elaborate da Viale Mazzini, battono tutti. Le 101 serate proposte in prima visione su Rai Uno, nel 2017, hanno ottenuto il risultato più alto dal 2009 totalizzando il 22,2% di share e 5,5 milioni di ascolto medio. Al top Il Commissario Montalbano, (Rai Uno, 2 serate, ascolto medio 11.315.447, pari al 42.68% di share); seguito da I bastardi di Pizzofalcone (sempre Rai Uno, 6 serate, 26,36% di share); infine C’ era una volta Studio1 (Rai Uno, 2 serate 26,76% di share). Tutto bello, tutto anche possibilmente vero. Ma se la Rai è solo fiction, visto che sui programmi di approfondimento, lo sport, l’ intrattenimento perde in modo generalizzato, allora perché pagare il canone per intero? Non sarebbe il caso di dividerlo fra gli operatori presenti sul mercato? La7 per i talk show, SkyTg24 per l’ informazione e Mediaset per tutto il resto? Nel frattempo il 2018 delle fiction inizia l’ 8 gennaio su Rai Uno con Romanzo Familiare.
Le intercettazioni cambiano a parole
Libero
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FILIPPO FACCI Dopo tanti anni di casino sulle intercettazioni, dovuto ad ambigue interpretazioni di legge, c’ è il rischio di nuovi anni di casino sulle intercettazioni, dovuto ad ambigue interpretazioni di legge: ma di una legge nuova. Intendiamoci, scontentare tutti non è per forza un difetto: che la legge sulle intercettazioni, definitivamente approvata nei giorni scorsi, non piaccia a tutti i protagonisti del circolo mediatico giudiziario (magistrati e avvocati e giornalisti) poteva essere un buon segno, visto che trattasi delle categorie che hanno sempre marciato sul casino imperante: non tanto lucrando su un vuoto legislativo, ma procedendo a una devitalizzazione giurisprudenziale di norme che, già dal 1989, vietavano la pubblicazione di atti durante le indagini preliminari. Queste norme avrebbero potuto bastare, se le citate categorie l’ avessero davvero voluto. Ora però è diverso. C’ è un atmosfera postbellica ed è come se tutti (o quasi) fossero arresi all’ idea che qualcosa, tanto, prima o poi bisognava farla. Quest’ ultima legislatura e quest’ ultimo ministro guardasigilli, Andrea Orlando, si prestavano a una svolta soft, e infatti, tra mugugni proteste di rito, la filosofia della riforma non farebbe una piega: l’ obiettivo è non limitare l’ uso delle intercettazioni, ma solo l’ abuso – parole del premier Paolo Gentiloni – selezionando le intercettazioni alla fonte, dopodichè, nelle richieste dei pm e nelle ordinanze dei giudici, si dovranno porre dei vincoli alla trascrizione delle conversazioni, lasciando solo quei passaggi di intercettazione che si ritengano essenziali. Bello, no? Presso l’ ufficio del pm, per ogni evenienza, ci sarà un archivio con tutte le intercettazioni, integrali e segrete, sotto la responsabilità del procuratore capo della Repubblica; l’ accesso sarà permesso solo a giudici e difensori e tecnici autorizzati, un po’ come per «l’ archivio prove» che si vede nei film americani. Fermiamoci anche solo qui – la legge è più articolata – e passiamo dalla filosofia alla pratica. Dunque. Il primo livello che dovrà prestabilire che un’ intercettazione sia «penalmente irrilevante» (quindi non dovrà esistere, rimanere segreta) lo stabilisce la polizia giudiziaria, che non la trascrive neanche. Poi, di questa o altre intercettazioni che ha ritenuto irrilevanti, la polizia informa il pubblico ministero fornendo gli estremi per reperirle. Già qui c’ è un palese squilibrio, perché è improbabile che il singolo magistrato vada a ricontrollare a caso delle intercettazioni (spesso migliaia) che la polizia ha ritenuto irrilevanti: da qui un potere di scrematura, quello della polizia, forse un po’ troppo squilibrato. Da questa scrematura in poi, comunque, scatta anche la possibilità per gli avvocati di leggere queste intercettazioni irrilevanti, ma, a differenza della pubblica accusa, loro avranno solo 10 giorni per analizzarle (senza, attenzione, poterne avere copia) a margine di un’ indagine che i pm conducono magari da mesi. Va detto che gli avvocati sono già incazzati, di per loro, perché la riforma non ha previsto il divieto di ascoltare i loro colloqui con gli assistiti. Tutta questa procedura, comunque, riguarda la parte delle intercettazioni irrilevanti (quelle che finiscono nell’ armadio) ma poi si passa all’ acquisizione di quelle rilevanti, quindi utilizzabili, e il giro ricomincia. Insomma: una polizia che fa il bello e cattivo tempo, dei pm che lavorano su materiale pre-selezionato, degli avvocati come comparse mordi e fuggi, e chi manca? I giornalisti, che sono scontenti della nuova legge perchè restano convinti che frugando tra le intercettazioni rilevanti ma anche irrilevanti (per loro è lo stesso, e secondo una stima a essere irrilevante è il 98 per cento delle intercettazioni) avrebbero potuto consinuare a scovare notizie di «interesse pubblico» e perciò, secondo loro, degne di pubblicazione: una sorta di «controllo sociale» esercitato dal grande orecchio delle redazioni, ognuna delle quali, ovviamente, avrà concetti di interesse pubblico molto differenziati. La mancanza di questa possibilità, politicamente, è stata lamentata anche dai grillini. Bene: ma, in definitiva, queste intercettazioni rilevanti quando si possono pubblicare? Risposta: dopo un «contradittorio» tra avvocati e pm sullo stralcio delle intercettazioni irrilevanti o meno, cui seguirà un’ ordinanza del giudice. Poi ci sono cose che non si capiscono e all’ apparenza gridano vendetta: gli ordini d’ arresto, per esempio, saranno pubblicabili subito e interamente a partire dal 2019 (non chiedeteci perché) ma i documenti e le intercettazioni su cui si basano invece no; vietata invece la pubblicazione di successive ordinanze, tipo una sentenza di scarcerazione che invalida proprio l’ arresto. Perché? Mistero. Comunque la linea ufficiale dei giornalisti sulle intercettazioni (a parte i fautori del Far West) resta questa: prima era il caos perché non c’ era una legge sulle intercettazioni, poi sarà il caos perché c’ è. riproduzione riservata LA NUOVA LEGGE Il provvedimento che regola l’ uso delle intercettazioni, in estrema sintesi, prevede che non vi sia più la trascrizione di quelle conversazini ritenute «irrilevanti» ai fini delle indagini; e poi nuove regole per l’ utilizzo dei virus-spia come il Trojan. Infine solo «brani essenziali» e quando «è necessario» nelle ordinanze di custodia cautelare. NUOVO REATO Un nuovo reato viene introdotto nel Codice penale: ovvero la «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente». Questo nuovo delitto verrà punito con la reclusione fino a 4 anni. Previsto, infine, l’ accesso «legittimo» dei giornalisti alle ordinanze del gip, soltanto dopo che le parti interessate ne hanno avuto copia.