Indice Articoli
Mediaset umilia la Rai: si prende i Mondiali russi
Rai e non solo, nuova geopolitica dell’ informazione
Contenuti Mediaset a Tim La posta si alza a 460 milioni
Editoria, sorpasso dei ricavi diffusionali sulla pubblicità
Niente taglio del canone Rai La manovra sconfessa il Pd
L’ editoria «brucia» 2 miliardi E i ricavi digitali restano mini
RaiPlay Radio, la piattaforma per il web
Editoria, Mediobanca vede segnali di miglioramento
Chessidice in viale dell’ Editoria
Mediobanca, editoria punta ancora sulle copie
Editoria, in 5 anni ricavi in flessione del 25,7 per cento ma il calo rallenta
Ricavi in calo ma sta rallentando la crisi dell’ editoria
Utenti della tv «graziati» Resta a 90 euro nel 2018
Editoria, la crisi continua ma si attenua
Mediaset umilia la Rai: si prende i Mondiali russi
Il Fatto Quotidiano
Marco Maroni
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Per la prima volta da quando in Italia il calcio è in tv, a trasmettere le partite dei Mondiali (senza però la Nazionale) non sarà la pubblica Rai, ma la privata Mediaset. Il gruppo televisivo della famiglia Berlusconi si è assicurato infatti i diritti di tutte le gare di Russia 2018. Saranno trasmesse in chiaro da Canale 5, Italia 1 e Rete 4. La notizia non è ancora ufficiale, “aspettiamo una comunicazione dalla Fifa, probabilmente in settimana “, dicono a Mediaset. Ma fonti bene informate riferiscono anche del prezzo: attorno ai 78 milioni di euro, contro i 65 che aveva offerto Viale Mazzini. La cifra sarebbe meno della metà di quella pagata per i diritti degli ultimi due tornei, Sudafrica e Brasile nei quali, però, l’ Italia giocava. Da poco digerita la mancata qualificazione al torneo, la perdita per soli 10 milioni di euro del calcio mondiale in tv, evento che comunque tra giugno e luglio terrà incollati al televisore milioni di spettatori (la partita d’ esordio dei mondiali 2014, Brasile-Croazia, la guardarono su Rai1 più di 9 milioni di italiani), è uno smacco per la Rai, che alimenterà, prevedibilmente, proteste da parte di chi paga il canone e malumori politici. Si tratta invece di un bel risultato per il gruppo milanese, che con Mediaset España si era già assicurato, il primo dicembre scorso, l’ esclusiva per trasmettere le partite del Mondiale 2018 nell’ etere spagnolo, con i match più importanti che saranno trasmessi da Telecinco e quelli minori da rete Cuatro. L’ acquisto dei diritti tv sui mondiali da parte di Mediaset sembra confermare la lenta uscita del gruppo tv di Berlusconi dagli anni difficili. Una crisi cui aveva contribuito il mancato rispetto del contratto di vendita della malmessa pay tv Mediaset Premium da parte del promesso sposo francese Vivendi (azionista di riferimento di Telecom). I due ufficialmente se le stanno ancora dando a colpi di carte bollate in Tribunale. Due le azioni legali intentate da Mediaset: una da 1,5 miliardi di euro di danni, avviata l’ estate scorsa per la marcia indietro sulla pay tv, l’ altra per il rastrellamento di azioni Mediaset che nel 2016 ha portato il gruppo guidato dal finanziere Vincent Bolloré a detenerne il 29,9 per cento del capitale. La prossima udienza davanti al giudice civile di Milano è stata rinviata, su richiesta delle parti, al 27 febbraio prossimo. Quello che le parti stanno cercando, infatti, è un accordo. Visto che i contenuti rendono più delle reti, o meglio, le reti senza contenuti rendono poco, nel comparto media ormai la parola d’ ordine è “convergenza”. E Mediaset la partita la sta giocando con il gruppo Vivendi, controllore di fatto di Tim. La trattativa in corso verte sulla possibilità per Mediaset di vendere a Tim vision, joint venture tra Tim (60%) e Canal Plus (40%), eventi sportivi da mandare in onda nei prossimi sei anni per una cifra attorno ai 600 milioni di euro. Il pacchetto potrebbe comprendere la Serie A e altri eventi calcistici internazionali. Non è escluso (si capirà quando verrà ufficializzato l’ accordo) che questi in ultimi possano rientrare, al volo, i mondiali di Russia 2018. L’ idea è quella di creare un campione mediterraneo dei contenuti e del broadcasting in grado di contrastare i player anglosassoni, specialmente Rupert Murdoch. Il magnate australiano dei media la settimana scorsa ha concluso un accordo tra la sua 21st Century Fox e l’ americana Walt Disney; un matrimonio da 52 miliardi di dollari che comprende, nella dote, il 39% della pay tv Sky europe. Il giorno dopo, a concludere un accordo con Murdoch è stata British Telecom (Bt): scambierà con Sky serie tv e sport, da trasmettere sulle rispettive piattaforme digitali telefoniche e televisive.
Rai e non solo, nuova geopolitica dell’ informazione
Il Manifesto
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Èstato votato il parere dovuto dalla commissione parlamentare di vigilanza sul contratto di servizio Stato -Rai, che ora torna al governo per il varo definitivo previsto prima di Natale. Il testo non si discosta granché da quello che già si è avuto modo di commentare. In breve, l’ articolato risalta per la continuità con il E sì, perché il vituperato «partito -Rai» non esiste più, da tempo. Vale a dire quel complesso di forze politiche e culturali che aveva a cuore le sorti del servizio pubblico, sentimento perseguito anche con eccessi corporativi e con il peccato della lottizzazione. Tuttavia, per anni l’ azienda di viale Mazzini è riuscita a reggere il colpo. Nel caso del gruppo Fininvest-Mediaset – a fasi alterne competitore o alleato -viera sullo sfondo il conflitto di interessi mai seriamente regolato. Ecco, il contratto di servizio-nella sua debolezza «stra tegica» – è un indizio di un clima mutante. Infatti, nella stesura, appena ritoccata dal parere della commissione di vigilanza, non si trovano o non sono compiutamente affrontati alcuni nodi cruciali. È il servizio pubblico un pezzo di un’ alternativa pubblica nell’ aggregazione dei dati rispetto ai vari Google? Come dialoga, al di là della retorica o dei richiami deontologici, con l’ universo della rete che ci interpella – ora che è finita l’ età dell’ innocenza – su come il vecchio mondo generalista si deve trasformare comprendendo le nuove attitudini del consumo? E poi il brutto affare degli agenti, che spadroneggiano nella programmazione delle reti, oil superamento di una nomenclatura dei generi degna della mediologia del dopoguerra. Ancora: la lotta al precariato. Non si tratta di incertezze o timidezze. La verità è che la Rai è scesa di rango nella geopolitica, sempre meno considerata la punta di diamante del consenso. Ci sono occasioni, apparentemente minori, che raccontano come stanno le cose. E questa è una, come un’ altra è il trattamento poco felice riservato al settore pubblico dalla legge di bilancio, che contiene assurdamente una miniriforma delle frequenze nel variopinto contenitore della norma finanziaria. Non solo. Il sintomo della discesa di una delle facce del «duopolio» è la crescente spavalderia di Mediaset. In una recente intervista Pier Silvio Berlusconi ha fatto rullare i tamburi, andando dritto al punto: la Rai con la pubblicità non va bene. Vecchia storia, che ora viene rilanciata perché in un periodo di vacche magre qualche decina di milioni di euro è utile per ripianare le perdite delle avventure calcistiche. Il grido di dolore si concretizza in azioni concrete. Gli emendamenti (respinti o ritirati) di Forza Italia in commissione di vigilanza tesi a interpretare il limite del 4% settimanale sulla raccolta di spot non sul complesso dell’ offer ta (come interpretò, dopo la legge Mammì, la relazione al parlamento nel 1992 dell’ allora Garante Santaniello), bensì per ogni singolo canale, sono un indizio… Uno scherzo da 100 milioni. Cui si aggiunge un atto di indirizzo proposto nella stessa commissione persino su sconti e linee di vendita delle inserzioni (e l’ autonomia aziendale?). Ancor più netto è l’ esposto presentato dal biscione all’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni su omologa materia. E l’ Agcom dovrebbe decidere oggi. Sullo sfondo il matrimonio – dopo le baruffe – con Tim e Vivendi. Dal «duopolio» al monopolio e mezzo, più i comprimari ridimensionati di Sky e La7. Si prefigurano scenari politici, in tutta evidenza.
Contenuti Mediaset a Tim La posta si alza a 460 milioni
Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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L’ udienza al Tribunale di Milano, per la lite Mediaset-Vivendi, è stata rinviata dal giudice Vincenzo Perozziello al 27 febbraio. Come previsto, dato che erano le parti a volerlo per avere più tempo e cercare di chiudere la mediazione in corso. Se per fine febbraio non sarà stato raggiunto un accordo extra-giudiziale inizierà il dibattimento nel merito che, nello specifico, riguarda il contratto firmato l’ 8 aprile del 2016 che prevedeva il passaggio di Mediaset Premium sotto le insegne francesi e uno scambio azionario tra i due gruppi, con l’ assunzione reciproca di una partecipazione del 3,5%. Contratto che a fine luglio dell’ anno scorso Vivendi non ha più voluto onorare. Il “pretesto tecnico” del rinvio è stata però l’ istanza di riunificazione presentata da Fininvest delle due diverse cause promosse da Mediaset e dalla holding azionista nei confronti di Vivendi, istanza che verrà appunto discussa nell’ udienza fissata il 27 febbraio, salvo che si raggiunga prima un accordo. Mediaset, la prima a muoversi, aveva chiesto «l’ esecuzione coattiva» del contratto su Premium e il risarcimento dei danni subiti «pari a 50 milioni per ogni mese di ritardo nell’ adempimento» a partire dal 25 luglio 2016, con un danno complessivo comunque «non inferiore a un miliardo e mezzo di euro». Fininvest, a sua volta, ha chiesto «il risarcimento dei gravi danni» che «ammontano a una cifra non inferiore a 570 milioni di euro, correlati fra l’ altro alla diminuzione di valore delle azioni Mediaset in conseguenza dell’ accaduto, al mancato apprezzamento delle stesse ove si fosse dato corso all’ esecuzione del contratto, nonchè all’ evidentissimo danno di immagine». Successivamente, nel giugno 2017, è stata presentata un’ ulteriore rivendicazione da parte del gruppo di Cologno Monzese nei confronti di Vivendi. In questo caso i legali hanno chiesto al Tribunale di «ordinare a Vivendi la dismissione della partecipazione in Mediaset (superiore al 10%) da effettuarsi secondo modalità e tempi non elusivi della pronuncia e tali da non alterare il corso di Borsa del titolo, fissando la somma di denaro dovuta dalla stessa Vivendi per ogni giorno di ritardo nell’ esecuzione della condanna». Anche se i tempi sono ormai maturi per trovare un accordo – e il fatto che Vivendi non si sia presentata, neanche per interposta persona, all’ assemblea Mediaset che venerdì ha blindato il consiglio, depone a favore – non è questione così semplice quando si devono definire i dettagli. Il tavolo passa dal contratto per l’ acquisto dei contenuti che Telecom – “controllata di fatto” da Vivendi, secondo la Consob – sta cercando di preparare in modo condiviso, per essere pronto alla firma subito dopo l’ eventuale pace tra la media company che fapo a Vincent Bolloré e il gruppo televisivo controllato dalla famiglia Berlusconi. A quanto risulta, l’ importo d’ acquisto dei contenuti Mediaset da parte di Tim è lievitato a 460 milioni (senza il calcio, che è a parte), includendo anche un diritto di “first look” su contenuti non opzionati in prima battuta. Importo che sarebbe da spalmare su sei anni di durata. Qui però ci sarebbe già una prima questione da risolvere, perchè l’ acquirente sarebbe Tim che poi girerebbe i contenuti alla joint venture con Vivendi (partner al 40%), che però, per cercare di superare le forche caudine dei rapporti con parti corrrelate di maggior rilevanza e la relativa contestazione del collegio sindacale, ha dimezzato formalmente l’ impegno a tre anni. Dopodichè, altro nodo riguarda l’ ingresso, con il 20%, di Mediaset nella joint venture con Tim e Vivendi, voluto dai francesi per rivestire l’ accordo “riparatorio” dell’ aurea di un’ alleanza industriale, ma corredato di una cautelativa way-out a favore di Mediaset. L’ ostacolo, in un terreno minato da un intrinseco conflitto d’ interessi (come hanno sottolineato i due consiglieri di minoranza, Lucia Calvosa e Francesca Cornelli, nella dissenting opinion finita gli atti di Tim), potrebbe rivelarsi la reazione di Sky, verso la quale Tim ha avviato una causa, pur non avendo rispettato i minimi garantiti del contratto quinquennale firmato nel 2015, causa che non sta andando nella direzione auspicata dalla compagnia telefonica. L’ emittente guidata da Andrea Zappia non ha ricevuto alcuna offerta formale e da un paio di settimane non risulta avere avuto altri contatti con il gruppo di tlc, ma, secondo le voci, Telecom starebbe considerando anche la possbilità di mettere sul piatto una cifra dell’ ordine di 300 milioni per l’ acquisto di altri contenuti e chiuderla lì. Poi toccherebbe a Telecom far tornare i conti. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Editoria, sorpasso dei ricavi diffusionali sulla pubblicità
Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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A guardare il settore dell’ editoria nella retrospettiva di qualche anno, come ha fatto R&S-Mediobanca, si individuano un po’ meglio i trend sottostanti a quella che, vista dall’ Italia – con alcune eccezioni – sembra essere una crisi senza fine. Il giro d’ affari dell’ industria dell’ informazione (quotidiani) è in continua erosione: nel 2016 si è attestato a 153 miliardi di dollari, l’ 8,4% in meno sul 2012. Ma se si spacchettano le voci, si vede che a pesare è stato soprattutto il calo della pubblicità cartacea (-26,9% dal 2012 al 2016), quando invece i ricavi diffusionali sono cresciuti del 3,4%. Il risultato è che si è consolidato il sorpasso delle vendite sulla pubblicità, dato che il 56% dei ricavi dei quotidiani origina dalla vendita dei contenuti, mentre la pubblicità digitale, pur in crescita del 32% dal 2012, fornisce ancora un contribuito esiguo all’ editoria “tradizionale”: il 6,3% dei ricavi totali a fronte del 2,2% contribuito dalla diffusione digitale (il 91,6% del giro d’ affari mondiale proviene ancora dalla carta). Infatti, a far la parte del leone nel settore sono gli over the top: per ogni euro speso in pubblicità digitale, 61 centesimi vanno a rimpinguare i conti delle “advertising tech companies”, che magari utilizzano anche i contenuti prodotti dai professionisti dell’ informazione senza pagarli. Google, con 75 miliardi di euro nel 2016, ha la maggior quota di introiti pubblicitari digitali, principalmente attraverso il motore di ricerca e You tube. Segue a distanza Facebook con 26 miliardi, poi ci sono le cinesi Baidu (9 miliardi) e Tencent (4 miliardi). In Italia la diffusione “cartacea” dei quotidiani è calata di un terzo rispetto al 2012, passando da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno. In Europa la diffusione cartacea nello stesso periodo risulta in flessione del 20,5%, mentre il calo è più contenuto nel Nord America (-11,6%) e in Sud America (-12,1%). Il comparto in Italia è sempre stato più “ristretto” rispetto ad altri mercati europei, ma orami la diffusione complessiva nella Penisola è appena di un soffio superiore a quella della somma dei due principali quotidiani tedeschi, la popolare Bild Zeitung e il più serio Frankfurter Allgemeine. Il prezzo non sembra essere un fattore competitivo, se si considera che i nostri quotidiani (non “popolari”) costano in edicola 1,5 euro, mentre per una copia del francese Le Monde si pagano 2,4 euro e per il quotidiano economico tedesco Handelsblatt 2,8 euro. Ogni mercato, però, ha le sue specificità: difficile esportare le ricette che funzionano altrove. Il dimagrimento del settore è confermato dall’ aggregato dei primi nove gruppi editoriali in Italia, che evidenzia per il 2016 ricavi a 3,7 miliardi, in calo del 25,7% rispetto al 2012, pur con un rallentamento della flessione nell’ ultimo anno. I primi tre gruppi per fatturato restano Mondadori (1,26 miliardi), Rcs (968 milioni, mentre Cairo Editore ne ha fatturati 96) e L’ Espresso (586 milioni, cui aggiungere “proforma” i 123 milioni di Itedi-La Stampa consolidata da metà 2017). Anche l’ occupazione è in contrazione, con 3.422 unità in meno dal 2012 per 13.038 addetti nel 2016: solo Cairo Editore nel quinquennio ha aumentato gli organici, del 6,4%. Ciononostante l’ aggregato ha concluso il periodo 2012-2016 con perdite nette per 2 miliardi. Hanno sempre chiuso in utile solo Cairo – che nel 2016 ha riportato un margine Ebit del 14,3% – e L’ Espresso – che lo scorso anno ha registro una redditività operativa positiva del 4,7%. In mezzo, nel 2016, c’ è Mondadori che ha recuperato un margine operativo positivo del 5,2%. La panoramica europea vede nel 2016 ricavi editoriali in calo dell’ 1,8%: sono però in controtendenza le testate economiche che aumentano invece i ricavi del 2,7 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Niente taglio del canone Rai La manovra sconfessa il Pd
Il Giornale
ANTONIO SIGNORINI
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Qualche misura rilevante, come la Web tax riformulata o le detrazioni per i figli a carico. Una sforbiciata al bonus bebè. Poi pioggia di micromisure, che secondo i deputati di Forza Italia, hanno trasformato la Camera dei deputati in «un suk, un luogo di mercanteggio spudorato, dove l’ attenzione è rivolta più al futuro prossimo, le elezioni politiche, che alle prospettive di crescita dell’ economia e al bene del Paese». La legge di Bilancio approderà in ritardo nell’ Aula di Montecitorio. Le modifiche sono proseguite anche ieri. Tra questa, la conferma del canone Rai del 2018 allo stesso livello del 2017, cioè a 90 euro. La tassa sul possesso di apparecchi di ricezione Tv è calata di dieci euro rispetto al 2016. L’ ex premier Matteo Renzi tempo fa annunciò «altre sorprese», cioè ulteriori riduzioni in caso di recupero dell’ evasione, che effettivamente c’ è stato. Il ministero dell’ Economia ha deciso di intraprendere questa strada. L’ emendamento presentato dal relatore della Legge Francesco Boccia ha fissato il prossimo canone a 90 euro. Un’ altra stretta decisa ieri dalla commissione Bilancio riguarda il bonus bebè. Nella versione modificata dalla Camera, ci sarà solo per il primo anno di vita del bambino e solo per i nati nel 2018. Eliminati gli stanziamenti per il 2020 e la stabilizzazione della norma. Ieri è stato votato l’ emendamento che porta da 2.740 euro a 4 mila euro la soglia di reddito dei figli fino a 24 anni di età sotto la quale sono considerati a carico dei genitori. Tra i nodi politici affrontati ieri, quello dei contratti a termine. Una proposta della sinistra Pd puntava a limitare la durata massima dei contratti a termine da 36 a 24 mesi. Tentativo andato a vuoto dopo un duro confronto all’ interno del partito di maggioranza. Un’ altra, approvata dalla commissione Lavoro, prevedeva l’ incremento delle indennità per i licenziamenti senza giusta causa dagli attuali 4 mesi a 8 mesi. Entrambe sono state ritirate. L’ ultima, ripresentata dal M5S, è stata votata e bocciata. Per quanto riguarda il mondo delle professioni, sono passate le attese modifiche alla norma dell’ equo compenso dei professionisti. È passato un emendamento firmato Nunzia Di Girolamo (Fi) che riporta il testo alla versione originaria del governo. «Si rischiava, molto più in generale, di aver fatto una legge spot che non tutelasse, di fatto, i professionisti», ha spiegato l’ esponente azzurra. «oggi la politica ha fatto il suo lavoro, cioè portare a casa un Paese un po’ più giusto di ieri», ha commentato Sandra Savino, componente di Forza Italia in Commissione Finanze. Tra le novità, particolarmente apprezzate dai sindacati, il via libera l’ emendamento riformulato che fissa in via strutturale dal gennaio 2018 il pagamento delle pensioni dal primo giorno del mese o, in caso in cui si tratti di una giornata festiva o «non bancabile», da quello successivo. Il pagamento il primo del mese era ancora sperimentale. Anche nel passaggio alla Camera, la legge di Bilancio si è arricchita di micro misure. Dagli incentivi per i lampioni solari, alla legge sugli educatori socio-pedagogici. Stanziamenti alle sempreverdi province per la gestione delle strade e quelli per singole opere viarie. Un «Suk» secondo le opposizioni di centrodestra. Per Forza Italia «continua l’ assalto alla diligenza, continuano le mance e le marchette, con l’ approvazione irresponsabile di emendamenti legati solo e ad interessi particolari».
L’ editoria «brucia» 2 miliardi E i ricavi digitali restano mini
Il Giornale
Cinzia Meoni
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Cinzia Meoni In cinque anni i nove editori italiani, a cui fanno riferimento i maggiori quotidiani, hanno visto evaporare un quarto dei ricavi (il calo mondiale è stato dell’ 8,4%) e hanno perso complessivamente 2 miliardi. In tutto tra il 2012 e il 2016 sono svaniti 3,7 miliardi di fatturato, oltre a 3.422 posti di lavoro e 300mila copie giornaliere (-33,3% rispetto al 2012). Ridotti all’ osso gli investimenti: 24 miliardi nel 2016 dai 77 del 2012, si tratta del peggiore tasso in Europa. È quanto emerge dallo studio settoriale condotto da R&S Mediobanca: la diffusione dei quotidiani in Italia (2,6 milioni) è praticamente pari alle vendite dei primi due giornali tedeschi (Bild e Frankurter Allgemein vendono 2,5 milioni di copie al giorno) e inferiore alla diffusione di The Sun e Daily Mail in Gran Bretagna (3,3 milioni). E magra consolazione è che, nell’ ultimo anno, il crollo è rallentato rispetto agli esercizi precedenti: i ricavi 2016 sono diminuiti del 5% sul 2015 (+0,7% in Gran Bretagna) e i margini di redditività dell’ 1,3% (contro il +7,4% in Germania). Sul podio in Italia ci sono Mondadori (1,16 miliardi il fatturato 2016), Rcs Mediagroup (968 milioni) e L’ Espresso (586 milioni). A livello di redditività invece i migliori per margine operativo sono Cairo Editore (14,3%), Mondadori (85,2%) e L’ Espresso (4,7%); in coda ci sono Il Sole 24 Ore (-15,4%) e Class (-21,8%). In Europa vince la tedesca Axel Springer: 3,29 miliardi di giro d’ affari. Lo studio evidenzia poi come nel mondo, nonostante la crescita del digitale, il 91,6% del giro d’ affari dei quotidiani (153 miliardi di dollari) provenga ancora dalla carta stampata. Il modello di business, tuttavia, sta cambiando: dal 2014 i ricavi diffusionali sono diventati la fonte principale del settore (nel 2016 rappresentano il 56% del fatturato), superando così il fatturato.
RaiPlay Radio, la piattaforma per il web
Il Giornale
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Tutti i contenuti live e on demand di Radio1, Radio2, Radio3, di Isoradio e GrParlamento e dei cinque specializzati (Radio Tutta Italiana, Radio Classica, Radio Techetè, Radio Live, Radio Kids), un solo spazio dove trovarli: è RaiPlay Radio, la nuova piattaforma per ascoltare e riascoltare Rai Radio tramite web e app. Un servizio semplice e innovativo, per una nuova esperienza radiofonica: contenuti personalizzati, playlist dei preferiti, interazione diretta con i programmi e soprattutto l’ intero palinsesto a disposizione su smartphone, tablet e pc con pochi semplici click. Informazione, intrattenimento, musica, cultura e molto altro: con RaiPlay Radio la radio della Rai accompagna gli ascoltatori sempre e ovunque. «È stato un lavoro meraviglioso fatto a quattro mani con Roberto Sergio – ha detto Carlo Conti, che a primavera condurrà La Corrida -. Sono stati mesi in cui la radio ha avuto un’ accelerazione incredibile».
Editoria, Mediobanca vede segnali di miglioramento
Corriere della Sera
di Sergio Bocconi
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Per l’ editoria mondiale il giro d’ affari continua a diminuire, ma il quadro è meno negativo e anche nel nostro Paese la flessione rallenta. È il quadro delineato dall’ ultimo focus di R&S Mediobanca sull’ editoria che comprende il periodo 2012-2016 (e i 9 mesi 2017 per i big italiani). Il fatturato mondiale dei quotidiani è sceso nel quinquennio dell’ 8,4% da 167 a 153 miliardi di dollari. Il calo riguarda però solo i ricavi da pubblicità sulle edizioni cartacee, diminuiti del 26,9% da 80 a 58 miliardi di dollari: quelli da diffusione (sempre cartacea) sono invece saliti del 3,4% (complice l’ aumento del 40% della copie in Asia – boom in India – mentre in Europa il calo è del 20,5% e in Usa dell’ 11,6%). Le cifre vengono solo ritoccate dal digitale, i cui ricavi da diffusione sono aumentati del 254% e quelli da pubblicità del 32%: il 91,6% del giro d’ affari dell’ editoria mondiale viene però ancora dalla carta. La sola pubblicità digitale,del resto «garantisce agli editori margini esigui: su ogni euro, 61 centesimi vanno alle Big del web e in particolare a Google e Facebook. Nel 2014 si è dunque realizzato nell’ editoria mondiale un sorpasso: i ricavi diffusionali, pari nel 2012 al 48% del totale, oggi si attestano al 56%. Perciò, sottolinea R&S, impegno prioritario del settore giornalistico diventa sempre più «incoraggiare la fiducia e costruire una comunità di lettori fidelizzati». In Italia (dove i quotidiani costano meno) la diffusione cartacea totale è diminuita nel 2016 di 300 mila unità, da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno: il calo sul 2012 è del 33,3%. Nel quinquennio i ricavi aggregati dei nove gruppi editoriali maggiori sono calati del 25,7%, da 5 a 3,7 miliardi. Anche da noi la raccolta pubblicitaria è diminuita più della diffusione: il 28,4% contro il 18,6% e l’ incidenza dei ricavi diffusionali è aumentata dal 37,9 al 41,5%, mentre il peso della pubblicità è diminuito dal 36,6 al 35,2%. Le minori vendite hanno ridotto l’ occupazione, che dal 2012 al 2016 è calata del 20,8% coinvolgendo 3.400 dipendenti. Viene sottolineato che solo Cairo editore ha incrementato i posti di lavoro, passati da 202 a 215 unità. Il calo dei ricavi ha «imposto» un forte contenimento dei costi», diminuiti nel quinquennio del 28,9%. È lievemente migliorata perciò la redditività. Nel 2012 «si erano distinte Cairo editore, Espresso e Mondadori come le uniche con redditività industriale positiva, mantenuta anche nel 2016. In miglioramento Rcs MediaGrooup, passata da redditività negativa del 2012 a positiva (4,3%) nel 2016». La «reazione» alla crisi si è tradotta anche in operazioni importanti: Cairo ha acquisito il controllo del gruppo Rcs MediaGroup che dal 1 settembre 2016 è consolidato in Cairo Communication e dal 1 luglio 2017 Itedi è consolidata in Editoriale l’ Espresso (ridenominata Gedi). Al 30 settembre 2017 Mondadori (che ha rilevato Rcs libri) è prima per fatturato con 925 milioni, seguita da Cairo communication con 811 milioni e Gedi con 440. Per quanto riguarda la redditività il rapporto sottolinea che per Rcs, consolidata da Cairo, si registra un sensibile miglioramento: il risultato netto è passato in 12 mesi da negativo per 2,4 milioni a positivo per 3.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Contratto di servizio Rai, ok dalla Vigilanza al parere. È stato «approvato il parere sul contratto di servizio Rai-Mise da parte della commissione di vigilanza: il testo base, frutto della condivisione tra Mise e Rai, era già ampiamente positivo, ma il parere lo migliora». Lo ha reso noto ieri il senatore Pd Salvatore Margiotta. Nasce RaiPlay Radio. I contenuti live e on demand di Radio1, Radio2, Radio3, dei canali tematici Isoradio e GrParlamento e di specializzati Radio Tutta Italiana, Radio Classica, Radio Techetè, Radio Live, Radio Kids vengono riuniti in RaiPlay Radio, piattaforma via web e app. Il Tirreno e la biblioteca di Viareggio. Sulla spinta del quotidiano Il Tirreno diretto da Luigi Vicinanza, lettori, scrittori, editori, amministratori in carica ed ex si sono ritrovati alla biblioteca comunale di Viareggio per festeggiarne il 1° compleanno dalla rinascita.
Mediobanca, editoria punta ancora sulle copie
Italia Oggi
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In Europa gli editori tedeschi e britannici portano a casa un leggero aumento del loro giro d’ affari tra il 2015 e il 2016. Fanalino di coda Francia e Italia, seppur con un rallentamento della flessione. La migliore redditività industriale è registrata dalla Germania con un ebit margin del 7,4% nel 2016, mentre Italia (al -1,3%) e Francia (a quota -3%) sono in negativo. È quanto emerge dallo studio di R&S Mediobanca che analizza i principali nove gruppi editoriali italiani cui fanno capo i maggiori quotidiani nazionali d’ informazione, fotografati attraverso i conti nel periodo 2012-2016, inclusi i primi nove mesi 2017. Nel dettaglio e sempre nel periodo 2015-16, i ricavi delle società editoriali europee prese in esame sono scesi mediamente dell’ 1,8% mentre sono in controtendenza i ricavi delle società che editano testate economiche (+2,7% in media). Tra i principali trend generali la rifocalizzazione sulle copie vendute dato che la pubblicità digitale garantisce poco margine. In Italia, poi, il podio per fatturato nel 2016 è occupato da Mondadori (1,26 miliardi di euro), Rcs MediaGroup (968 milioni di euro) e L’ Espresso (586 mln di euro). La classifica per margine ebit 2016 vede, invece, al primo posto Cairo Comm. (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’ Espresso (4,7%). L’ occupazione in particolare continua a ridursi: le 3.422 unità perse nel 2012-16 portano la forza lavoro totale a quota 13.038 dipendenti nel 2016 (-20,8% sul 2012). Nel corso del quinquennio, solo Cairo Communication è in controtendenza (organici a +6,4%). Due le curiosità dello studio: nel 2016 la diffusione dei quotidiani italiani (2,6 milioni di copie) corrisponde a poco più di quanto registrato dai primi due quotidiani tedeschi (Bild e Frankfurter Allgemeine, insieme poco meno di 2,5 milioni di copie) ma è inferiore a quella dei primi due britannici (The Sun+Daily Mail a quota 3,3 milioni). Per quanto riguarda i prezzi: i quotidiani europei sono mediamente più cari di quelli italiani, tra cui la singola copia del francese Le Monde costa 2,40 euro, quella del tedesco Handelsblatt 2,8 euro.
Nuove strategie per Sky Sport
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Oggi Federico Ferri, direttore di Sky Sport, presenterà ufficialmente alla redazione le linee guida editoriali per la prossima stagione e la nomina di Giuseppe De Bellis a responsabile di Sky Sport 24 e Skysport.it, con lo spostamento di Matteo Marani, che andrà invece a occuparsi di tutti gli eventi sportivi Sky legati al calcio. De Bellis, che si insedierà formalmente dalla metà di gennaio, lascia quindi la direzione del mensile GQ (un giornale che non trova pace quanto a direzioni: Gabriele Romagnoli nominato nel marzo 2011, cui succede Carlo Antonelli nel giugno 2013, Emanuele Farneti nel dicembre 2015, De Bellis nel marzo 2017, e poi interim al direttore editoriale di Condé Nast, Luca Dini da gennaio 2018, in attesa di trovare un nuovo direttore, il sesto in meno di sette anni). Il nuovo condirettore vicario con delega a Sky Sport 24, tuttavia, conserverà un contratto di consulenza per la casa editrice Condé Nast. De Bellis si occuperà infatti di una brand extension di GQ, Inc., supplemento trimestrale dedicato al mondo dell’ economia e della finanza che verrà lanciato nel 2018. Il progetto, in realtà, poteva partire già nel giugno del 2017, in modo da anticipare il debutto del concorrente Forbes (in edicola in Italia da settembre), ma le strategie della Condé Nast hanno poi consigliato il rinvio al nuovo anno.
News online, a ottobre -1,5%
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Ottobre si conferma un mese poco dinamico per i siti italiani: calo più o meno generalizzato rispetto a settembre, che gode del rinnovato interesse dei navigatori al rientro delle vacanze, situazione invece varia se si confronta il dato con quello di ottobre dello scorso anno, con brand che crescono e altri che invece cedono utenti. Evidentemente gli avvenimenti del mese non sono stati particolarmente coinvolgenti: dal referendum per l’ indipendenza della Catalogna a quello in Veneto e Lombardia alla serie di accuse sulle molestie ad Hollywood, e non solo, che sono continuate. La conferma arriva dai numeri della categoria di Audiweb che raggruppa i siti di informazione, Current events and global news: gli utenti mensili di ottobre sono diminuiti dell’ 1,5% a 21 milioni contro i 21,35 milioni di settembre, mentre rispetto allo stesso mese del 2016 si è avuta una crescita del 2,7%. Passando ai dati sugli utenti unici giornalieri presenti nella tabella in pagina (perimetro omogeneo senza aggregazioni), si nota subito che sul podio il Corriere della Sera è tornato a riprendere il secondo posto, dopo averlo ceduto da luglio al TgCom24 di Mediaset. Di fatto sia Repubblica che TgCom sono calati rispetto a settembre, il primo del 14,9% e il secondo del 16,8%, mentre il Corriere (l’ unico ad avere un paywall) ha retto meglio, con un -3,9%. Al quarto posto Citynews, con un numero di utenti simile a quello di settembre (621,6 mila, -0,2%), ha scalzato la Gazzetta che cala del 16%, mentre al sesto, settimo e ottavo si confermano Stampa (-8,6%), Ansa (-14,3%), Messaggero (-18,6%). Al nono posto sale di una posizione Donna Moderna (-4,5%) e il Sole 24 Ore arriva al decimo dal dodicesimo (-7,2%). Spostamenti che come si vede non dipendono tanto da quanto un sito sia cresciuto, ma se sia calato meno degli altri. Scorrendo i numeri delle altre testate nazionali in pagina, si trova il Fatto a -22,5%, mentre Quotidiano.net e il Giornale sono fra i pochi in crescita, +1,1% e +10,1% rispettivamente. Libero è al -0,8%, Leggo fa un salto del +31,1%, TuttoSport -15,8%, Corriere dello Sport +0,4%, Milano Finanza +24,4%. Da citare inoltre le crescite del Post, +12,5%, Affaritaliani +10,8%, Dagospia +9,6%. Diverso l’ andamento dei siti della tv fra i quali si trovano molti incrementi. In particolare da notare l’ andamento di SkySport Hd: +125,3% rispetto a ottobre per 246,6 mila utenti giornalieri. Cosa sia successo si può capire vedendo che gli utenti mobile sono passati dai 30,6 mila di settembre ai 171,7 mila di ottobre grazie alla rilevazione anche dell’ app di SkySport, prima non presente. Anche Sky.it ha introdotto nella rilevazione la sua app, sebbene il risultato sia meno eclatante: +5%. In crescita nella categoria anche Mediaset.it Live e On demand, +19,7%, Rai Play +14,8% e Rai News +10,3%. Infine, per quanto riguarda le radio, unica emittente a rientrare fra i primi 100 siti per numero di utenti è ancora soltanto Deejay che nel mese è calata del 7,6% (a 103,7 mila navigatori). © Riproduzione riservata.
Il modello di business dell’ editoria mondiale si sta rifocalizzando sulla vendita visto che la pubblicità digitale garantisce margini esigui (il grosso se lo prendono i big della Rete). R&S Mediobanca: in Italia dal 2012 perse 300mila copie e …
Prima Comunicazione
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Rallenta la flessione del giro d’ affari dell’ editoria in Italia, anche se il comparto, su scala internazionale continua ad essere in affanno. E’ questo il dato che emerge dal focus che R&S Mediobanca ha dedicato al settore, analizzando la situazione dei nove principali gruppi editoriali del Paese cui fanno capo i maggiori quotidiani nazionali d’ informazione, attraverso i conti nel periodo 2012-2016 (inclusi i primi nove mesi 2017). Lo studio comprende il confronto con i maggiori editori di quotidiani in Europa e un’ analisi del settore editoriale a livello mondiale. Dall’ analisi emerge che il giro d’ affari mondiale dell’ industria dell’ informazione è in diminuzione, attestandosi nel 2016 a 153 miliardi di dollari, in calo dell’ 8,4% sul 2012. La riduzione, però, riguarda esclusivamente i ricavi da pubblicità cartacea (-26,9% nel 2012-16), mentre aumentano quelli da diffusione cartacea (+3,4%), da diffusione digitale (un notevole +254,4%) e da pubblicità digitale (+32%). Nonostante la crescita del digitale, nel 2016 il 91,6% del giro d’ affari mondiale proviene ancora dalla carta stampata, segno di come a livello globale la gran parte degli investimenti pubblicitari e delle vendite si concentri ancora sui canali tradizionali. Nel mondo dell’ editoria mondiale – le cui tre piazze principali sono USA, Giappone e Germania – sta cambiando il modello, passando da un paradigma centrato sulla pubblicità a uno focalizzato sulla vendita. Continua infatti l’ inversione di tendenza iniziata nel 2014, quando i proventi da diffusione hanno superato quelli pubblicitari: nel 2016 il 56% del giro d’ affari mondiale dell’ industria dei quotidiani proviene dai ricavi diffusionali. In questo contesto la pubblicità digitale garantisce all’ industria dell’ editoria margini di guadagno esigui: su ogni euro speso in pubblicità digitale, ben 61 centesimi vanno alle cosiddette “advertising tech companies”, soprattutto alle BigWeb companies: Google, con 75mld nel 2016, si accaparra la maggiore quota di ricavi da pubblicità digitale (principalmente attraverso Google Search e YouTube), seguita da Facebook, con 26mld; al terzo e quarto posto le cinesi Baidu (9mld) e Tencent (4mld). Diffusione e prezzi dei quotidiani in Italia e negli altri Paesi Nel 2016 in Italia la diffusione cartacea complessiva è diminuita di circa 300mila unità, passando da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno (-33,3% rispetto al 2012). In Europa le cose non vanno molto meglio: la diffusione cartacea registra un -20,5% sullo stesso periodo. A livello globale il calo risulta invece più contenuto in Nord America (-11,6%) e in America Latina (-12,1%), mentre l’ Oceania è il continente che registra la diminuzione maggiore (-30,7%). In Asia invece la diffusione aumenta, grazie soprattutto all’ apporto dell’ India, e segna ben +40,1% nel quinquennio in esame. Quest’ ultimo dato incide fortemente sulla dinamica diffusionale mondiale, portandola in segno positivo a +21%. (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Nel 2016 la diffusione dei quotidiani italiani (2,6 milioni di copie) corrisponde a poco più di quanto fatto registrare dai soli primi due tedeschi (Bild e Frankfurter Allgemeine, la cui diffusione aggregata è di poco inferiore a due milioni e mezzo di copie) e inferiore a quella dei primi due britannici (la somma della diffusione di The Sun e Daily Mail arriva a 3,3 milioni di copie). (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) La top 10 dei quotidiani d’ informazione più diffusi in Italia nel 2016 per copie medie al giorno (dati ADS): al primo posto il Corriere della Sera (268mila), a cui segue La Repubblica (232mila), La Stampa (161mila), Il Sole 24 ORE (131mila), Il Messaggero (113mila), Avvenire (108mila), QN-Il Resto del Carlino (105mila), QN-La Nazione (80mila), Il Giornale (72mila) e Il Gazzettino (56mila). Capitolo a parte è quello relativo ai prezzi: i quotidiani europei sono mediamente più cari di quelli italiani: ad esempio la singola copia del francese Le Monde costa 2,40, quella del tedesco Handelsblatt 2,80. Bild, The Sun e Daily Mail costano meno della metà degli altri quotidiani di informazione, ma hanno una diffusione di circa cinque volte superiore. (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Qual è lo scenario dei principali gruppi editoriali italiani? I ricavi aggregati dei nove principali Gruppi editoriali italiani continuano a diminuire, attestandosi nel 2016 a 3,7mld (-25,7% sul 2012). Tuttavia il confronto 2016-2015 indica un rallentamento della flessione del giro d’ affari. La top 3 per fatturato nel 2016 è composta da Mondadori (1,26mld), RCS MediaGroup (968mln) e L’ Espresso (586mln). (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Anche l’ occupazione si riduce. Considerando le 3.422 unità perse nel periodo 2012-16, la forza lavoro del comparto si attesta a quota 13.038 dipendenti nel 2016 (-20,8% sul 2012). Nel corso del quinquennio, solo Cairo Editore ha aumentato gli organici (+6,4%). (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Passando ai conti, i maggiori Gruppi editoriali italiani hanno cumulato nel periodo 2012-16 perdite nette per 2mld; solo Cairo Editore e L’ Espresso hanno sempre chiuso in utile. Anche la redditività industriale è stata negativa nel quinquennio, pur con una forte dispersione fra i singoli Gruppi: la classifica per ebit margin 2016 vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’ Espresso (4,7%); in coda Il Sole 24 ORE (-15,4%) e Class Editori (-21,8%). (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Nel 2016 la struttura finanziaria resta mediamente solida, ma molto eterogenea, con i mezzi propri che rappresentano in media 1,4 volte i debiti finanziari. I più solidi nel 2016 sono Cairo Editore (senza debiti finanziari) e Caltagirone Editore, mentre i più fragili sono Il Sole 24 ORE e RCS MediaGroup. Sul fronte investimenti si registra un forte ridimensionamento: gli 24mld del 2016 segnano un calo del 69% sul 2012. Il confronto con l’ Europa Escludendo l’ Italia, i Gruppi editoriali europei con il maggior fatturato per il 2016 sono il tedesco Axel Springer (3,29mld) che edita i quotidiani Bild e Die Welt, e due società del mercato UK: l’ Associated Newspapers Ltd. (759mln) a cui fa capo il Daily Mail e il News Group Newspapers Ltd. (521mln) che edita il The Sun. (Infografica elaborata da R&S Mediobanca) Come vanno i big player dei principali Paesi europei? Il confronto tra Italia, Francia, Germania e UK vede il nostro Paese e la Francia capofila per contrazione del giro d’ affari nel 2016-15, con Germania e UK che segnano invece un leggero aumento, e fanalino di coda per quanto riguarda la solidità finanziaria; Italia ultima per tasso di investimento nel 2016. La migliore redditività industriale è registrata dalla Germania con un ebit margin del 7,4% nel 2016, mentre Italia (-1,3%) e Francia (-3%) sono in negativo. Nel periodo 2015-16 sono scesi mediamente dell’ 1,8% i ricavi delle società editoriali europee prese in esame a cui fanno capo i quotidiani d’ informazione, mentre sono in controtendenza i ricavi delle società che editano testate economiche (+2,7% medio). – Leggi o scarica il comunicato stampa (.pdf) – Scarica l’ infografica riassuntiva (.pdf) – Leggi o scarica il testo integrale (.pdf) – Scarica la presentazione completa (.pdf)
Editoria, in 5 anni ricavi in flessione del 25,7 per cento ma il calo rallenta
Il Messaggero
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Rallenta la flessione del giro d’ affari nell’ editoria italiana. I ricavi aggregati dei nove principali gruppi del Paese nel 2016 si sono attestati a 3,7 miliardi: ancora in netto calo (-25,7% dal 2012), ma con un rallentamento nell’ ultimo anno (-5%). Tra il 2012 e il 2016, emerge poi, si sono persi 3.422 posti di lavoro, con un calo del 20,8% nel quinquennio. Nel complesso i maggiori gruppi editoriali hanno registrato perdite per 2 miliardi. È quanto emerge dallo studio condotto da R&S Mediobanca. Nel periodo 2012-2016 anche la redditività industriale è stata negativa. La classifica per ebit margin 2016 vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’ Espresso (4,7%). I più solidi nel 2016 erano Cairo Editore (senza debiti finanziari) e Caltagirone Editore, mentre i più fragili erano Il Sole 24 Ore e Rcs MediaGroup.
Ricavi in calo ma sta rallentando la crisi dell’ editoria
La Repubblica
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ROMA La frenata dei ricavi nell’ editoria italiana continua, ma l’ entità del calo è contenuta, segno che il settore si riorganizza e rilancia. Il fatturato aggregato dei nove principali gruppi del Paese è sceso del 25,7% a 3,7 miliardi (tra il 2012 e il 2016). Ma la flessione è contenuta al 5% nel 2016. Lo studio annuale R&S Mediobanca sul settore editoriale precisa che – sempre tra il 2012 e il 2016 – i giganti editoriali del Paese hanno cumulato perdite nette per 2 miliardi. Solo Cairo Editore e il Gruppo L’ Espresso (oggi Gedi) hanno sempre chiuso in utile. Mentre la redditività industriale è stata negativa, pur con differenze tra i singoli. La classifica degli “ebit margin” (nel 2016) vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’ Espresso (4,7%). In coda Il Sole 24 Ore (-15,4%) e Class Editori (-21,8%). Persi 3.422 posti di lavoro tra il 2012 e il 2016.
Utenti della tv «graziati» Resta a 90 euro nel 2018
Il Tempo
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Per il 2018 non si mette di nuovo mano al Canone Rai. L’ importo resta di 90 euro da pagare sempre con l’ addebito nella bolletta dell’ energia elettrica. Lo prevede uno degli 11 emendamenti presentati ieri in Commissione Bilancio della Camera da Francesco Boccia (Pd). Con l’ entrata in vigore delle legge di bilancio chi dal primo gennaio 2018 non è in possesso di un apparecchio televisivo deve comunicarlo all’ Agenzia delle Entrate fino al 31 gennaio 2018, utilizzando il modello di dichiarazione sostitutiva di non detenzione, disponibile online. Tuttavia, dal momento che la prima rata del Canone tv per l’ anno 2018 scatta già a partire da gennaio, per evitare il primo addebito – e quindi di dover poi richiedere il rimborso – è preferibile presentare la dichiarazione sostitutiva in via telematica entro la fine di dicembre (o entro il 20 dicembre se viene presentata per posta in forma cartacea).
Editoria, la crisi continua ma si attenua
La Stampa
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Continuano a calare i ricavi dell’ editoria italiana, per una crisi costata 3422 posti di lavoro tra il 2012 e il 2016 (-20,8% dell’ occupazione). Il fatturato aggregato dei 9 principali gruppi del Paese è sceso nel quinquennio del 25,7% a 3,7 miliardi, con una flessione contenuta però nel 2016 al solo 5%, e questo suggerisce che la caduta possa fermarsi. Lo rileva lo studio annuale R&S Mediobanca. Nel periodo i big hanno cumulato perdite nette per 2 miliardi. Solo Cairo Editore e L’ Espresso hanno sempre chiuso in utile. Mentre la redditività industriale è stata negativa: la classifica per «ebit margin» (un indice di redditività) del 2016 vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), poi Mondadori (5,2%) e L’ Espresso (4,7%). In coda Il Sole 24 Ore (-15,4%) e Class Editori (-21,8%). Sul fronte degli investimenti si registra un ridimensionamento: 24 miliardi, in calo del 69%. La diffusione cartacea nel 2016 in Italia è diminuita di 300 mila unità passando da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno (-33,3% dal 2012).