Quantcast
Channel: Editoria.tv
Viewing all articles
Browse latest Browse all 7931

Rassegna Stampa del 15/12/2017

$
0
0

Indice Articoli

Svolta di Murdoch: la tv a Disney, compresa Sky Italia

La svolta di Murdoch, separa le news dai film

Disney punta sull’ online, sfida a Netflix

Murdoch cede e Disney rileva studios e pay tv

Il passaggio di controllo di Sky apre la partita finale sulle pay-tv

Al tramonto il predominio dello «squalo»

Disney compra Fox per 52,4 mld

New York Times: A. G. Sulzberger sostituisce il padre come editore

chessidice in viale dell’ editoria

Libri, Rcs pronta a ripartire

Nel Regno Unito gli under 35 spendono più tempo a leggere i quotidiani di carta che a navigare sulla versione online del medesimo brand (INFOGRAFICHE)

Censire le case popolari per offrire alle istituzioni strumenti di integrazione tra città e periferia. MM Spa anticipa i risultati dell’ Anagrafe Utenza 2017 e presenta la pubblicazione ‘La tua casa’ (VIDEO)

Sull’ intrattenimento il duello Usa-Europa per la tv del futuro

New York Times, Sulzberger lascia la guida al figlio

Walt Disney prende Fox E lancia la sfida a Netflix

Topolino fa shopping e porta a casa la Fox

Murdoch smembra il suo impero Fox passa a Disney per 52,4 miliardi

Rai Way è in corsa per le antenne tv di Persidera

Diritti tv, bando bis per spingere fondi e banche a investire un miliardo

Svolta di Murdoch: la tv a Disney, compresa Sky Italia

Corriere della Sera
di Massimo Gaggi
link

Ora è ufficiale. Disney ha comprato l’ impero cinematografico di Rupert Murdoch, compresa Sky Italia. Disney pagherà 52 miliardi di dollari in azioni per dar vita al più grosso polo mondiale dell’ intrattenimento. Resta nelle mani del magnate australiano Fox News. a pagina 25.

La svolta di Murdoch, separa le news dai film

Corriere della Sera
Massimo Gaggi
link

NEW YORK Se fosse andato in porto il tentativo fatto anni fa da Murdoch di acquistare Time-Warner o se, più di recente, il governo Usa non avesse posto il veto all’ acquisizione della stessa Time-Warner da parte di AT&T, avremmo assistito a operazioni di integrazione orizzontale o verticale enormi ma, comunque, tradizionali. Il passaggio della Fox alla Disney ufficializzato ieri ha, invece, le stimmate di un’ operazione diversa: fuori dagli schemi, se non, addirittura, rivoluzionaria. La notizia: la multinazionale californiana di Topolino e delle tv compra per 52 miliardi di dollari la 21st Century Fox con le sue attività cinematografiche e molti canali televisivi negli Usa (da FX a National Geographic), in Asia (l’ indiana Star TV) e in Europa dove rileva il 39 per cento di Sky Europe di Murdoch: una società televisiva forte soprattutto in Gran Bretagna, Italia e Germania. Disney avrà anche il 30 per cento di Hulu: diventa, così, padrona di questo gigante dello streaming che controllerà con una quota del 60 per cento. Alla famiglia Murdoch, oltre alla società che fa capo alla NewsCorp nella quale sono confluiti i giornali (dal W all Street Journal al Times di Londra, alle testate australiane), rimangono le reti Fox americane che trasmettono notizie e sport (Fox News, Fox Business, Fox Broadcasting) che confluiscono in una nuova società. Una soluzione che soddisfa il desiderio del vecchio Rupert di continuare a coltivare la passione della sua vita: l’ informazione giornalistica, con l’ influenza politica che ne deriva. E che serve anche ad evitare un’ eccessiva concentrazioni di diritti sportivi (quelli di Fox più quelli di ESPN che è della Disney) sotto un’ unica proprietà: si rischiava un veto dell’ Antitrust. Messa così sembra una cessione: il vecchio guerriero stanco che, padrone di un gruppo potente ma che perde colpi davanti ai nuovi giganti digitali che lo surclassano per dimensioni degli investimenti cinematografici e gli tolgono fette del mercato tv con lo streaming, vende lasciando una ricca dote ai figli. Solo che questa, più che una cessione, è una fusione. La famiglia Murdoch non riceve denaro ma azioni Disney, diventando primo azionista industriale della multinazionale californiana. Alla fine dell’ operazione dovrebbe arrivare a possedere una quota non molto inferiore al 5,9% detenuto dal fondo Vanguard, primo azionista Disney. E qui il romanzo dei destini personali – James Murdoch che, dopo qualche disaccordo gestionale col padre e col fratello Lachlan lascia il gruppo di famiglia per seguire i destini della 21st Centiry Fox, il 66enne Bob Iger, già quasi in pensione, richiamato per gestire questa complicata integrazione fino al 2021 – si mescola con la «rivoluzione permanente» del mondo dell’ entertainment che fa da sfondo a una fusione che ha, a sua volta, l’ aspetto di un work in progress destinato a durare anni. L’ accordo annunciato ieri diventerà operativo a metà del 2018 se supererà l’ esame del governo Usa, ma poi ci saranno problemi regolatori anche negli altri continenti, mentre a Londra andrà avanti il takeover a suo tempo lanciato da Murdoch sul rimanente 61% del capitale di Sky: ma la nuova società dovrà forse ripartire da zero nel tentativo di scalata. Insomma, una «fusione dinamica» per curare le debolezze dei due gruppi che darà loro più forza nello streaming mentre Disney sarà più presente in Asia e in Europa, con un contatto con gli utenti diretto: non più mediato attraverso le piattaforme di terzi. Ma anche un’ operazione di cui oggi nessuno può prevedere con esattezza lo sbocco finale, tra possibili interventi dei regolatori e rapida evoluzione delle tecnologie e del business.

Disney punta sull’ online, sfida a Netflix

Il Manifesto

link

GIULIA D’ AGNOLO VALLAN New York II Il topo diventa un T -Rex. È stato raggiunto l’ accordo tra Robert Iger e Rupert Murdoch con il quale la Walt Disney Company potrebbe assorbire la maggior parte degli assetts della murdocchiana 21st Century Fox, un pacchetto di proprietà che includono quello che rimane ancor oggi uno degli studi hollywoodiani più prestigiosi e dall’ archivio più ricco (tra le franchisee, X Men, Avatar, Mamma, ho perso l’ aereo, Il pianeta delle scimmie), le produzioni tv della Fox (36 serie, tra cui Modern Family, The Simpsons e Homeland), 22 canali via cavo regionali a tema sportivo, la piattaforma di streaming Hulu, i canali FX e National Geographic e – all’ estero – partecipazioni nella televisione inglese Sky e nell’ indiana Star. La gigantesca iniezione di contenuti, intesa a posizionare la compagnia di Mickey Mouse nel nuovo, ipercompetitivo contesto della distribuzione online pionierizzata da Netflix e Amazon, costerà alla Disney circa 52.4 miliardi di dollari, tutti pagabili in azioni. La Disney prevede di rientrare dei primi due miliardi grazie a quello che il New York Times ha già definito un downsizing della 20th Century Fox, lo studio fondato nel 1935 sotto l’ egida di Darryl Zanuck e reso famoso, tra gli altri, da John Ford, Frank Borzage, Marilyn Monroe, Shirley Temple, Cleopatra e The Sound of Music. Secondo le anticipazioni parte delle operazioni della 20th Century Fox saranno riassorbite nei Disney Sudios e riconfigurate «per la produzione di film destinati all’ online». L’ annuncio non specifica il destino della Fox Searchlight, l’ etichetta autoriale della Major di Murdoch, amata dei registi, che quest’ anno ha due film per cui si attendono parecchie nomination agli Oscar, La forma dell’ acqua e Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Ma sembra che, nel merger, la proprietà dei leggendari teatri di posa di Century City dovrebbe rimanere a Murdoch. Della 21st Century Fox, al tyco on australiano – affiancato alle redini un paio di anni fa dai figli James a Lachlan – resteranno invece Fox News, il network televisivo Fox e alcuni canali sportivi, che verranno ricostituiti in una nuova compagnia il cui focus iniziale sarà su news e dirette di sport. Lachlan Murdoch, ceo della 21st Century, ha definito la mossa «un ritorno alle radici». E se è vero è che questa cessione, da parte dei Murdoch, sembra il segno di zero fiducia nei confronti della centralità (economica) del cinema nel futuro del business, è anche vero che liberandosi di questa fetta enorme di proprietà, la compagnia torna a concentrare tutte le sue forze sul grande amore del patriarca Rupert, ovvero la notizia. Insieme alla News Corp (proprieta Queste affinità elettive potrebbero aiutare i Murdoch a superare lo scoglio dell’ antitrust che ha recentemente bocciato un altro mega -merger hollywoodiano, quello tra AT&T e Time/Warner – su cui pesava la violenta antipatia di Trump per Cnn. Se approvata, l’ acquisizione porterà alla corporation di Topolino (già proprietaria anche dei marchi Pixar, Marvel e Star Wars) un valore aggiunto enorme con cui i rimanenti studi – alcuni dei quali già in apparente difficoltà dovranno fare i conti. Tra le file dei “creativi” il primo a farsi sentire è stato il sindacato degli sceneggiatori che ha condannato l’ accordo in quanto «parte delle tendenza irrefrenabile a eliminare la competizione».

Murdoch cede e Disney rileva studios e pay tv

Il Sole 24 Ore
Marco Valsania
link

new york Disney, o meglio la Walt Disney Co, ha conquistato per 52,4 miliardi di dollari (66 miliardi totali incluso il debito) gran parte degli asset della 21st Century Fox, l’ impero costruito dall’ ottuagenario Rupert Murdoch che ora passa la mano alla grande rivale d’ un tempo. Una fusione che, per dimensioni e influenza dei marchi coinvolti, scuote alla radici gli equilibri di potere nel settore dei media tradizionali e digitali, dentro e fuori gli Stati Uniti. E intensifica la battaglia per la conquista di audience globali e di nuove strade di crescita tra colossi sempre piu’ in in grado di dominare contenuti o piattaforme di distribuzione – e spesso entrambi. L’ operazione è interamente in azioni in ragione di 0,2745 titoli Disney per ciascuna azione Fox. A Disney, che ha battuto Comcast nel corteggiare Murdoch, andranno gli Studios cine-televisivi della Twentieth Century Fox e attività internazionali quali la quota del 39% nella tv satellitare britannica e europea Sky e la Star India. new york Con il content e il rafforzamento del raggio d’ azione fuori dai confini americani, Disney ha in programma una nuova fase di drastica espansione ai quattro angoli del pianeta, forte di inediti servizi di streaming – ieri definiti la «maggior priorità» – e contando su un potenziamento delle operazioni nel piccolo schermo. Di recente Disney aveva comprato per 2,6 miliardi la società di tecnologia streaming BamTech e dovrebbe varare tra il 2018 e il 2019 sia un canale streaming familiare che uno sportivo. Sta inoltre cercando di contrastare con nuovi «pacchetti» multimediali il declino degli abbonamenti alle sue pay-tv, a cominciare dalla sportiva ESPN, che se rappresentavano due terzi degli utili operativi cinque anni or sono adesso contano solo per il 47 per cento. L’ acquisizione è scattata – e forse ha accelerato il passo – mentre vecchi e nuovi media sono in subbuglio, tra fusioni (in gioco c’ è anche AT&T e Time Warner) e spinte alla deregulation oltre che alla costante innovazione capitanata da Google, Facebook, Netflix e Amazon. Ieri la Federal Communications Commission, che aveva già allentato limiti sulla proprietà dei media, ha votato a stretta maggioranza, tre a due, per cancellare la «net neutrality», adottata dall’ ex amministrazione Obama per garantire democraticità su Internet e accusata dalla Casa Bianca di Donald Trump di eccesso di regolamentazione. I colossi integrati delle tlc, con in portafoglio sistemi di cavi e wireless, dovrebbero avvantaggiarsi grazie alla flessibilità nel favorire siti e offrire servizi a diverse velocità, qualità e costi a fornitori e produttori di content. Sollevando così lo spettro di discriminazioni e danni alla concorrenza, soprattutto per società di minori dimensioni. Sono già scattati i primi ricorsi in tribunale contro la mossa della Fcc, a partire da quello dello Stato di New York, e anche Netflix ha annunciato battaglia. Il nuovo impero di Disney, al riparo da simili preoccupazioni, sarà guidato dal veterano amministratore delegato e presidente Robert Iger, che ha esteso il suo contratto dal 2019 al 2021 per gestire il merger. Murdoch stesso ha complimentato esplicitamente Iger e il top executive ha risposto dicendosi onorato della fiducia ricevuta con il passaggio delle consegne sugli prestigiosi asset Fox. Il 66enne Iger, da quando diventò chief executive nel 2005, ha già messo a segno colpi di successo quali l’ acquisto di Pixar, Marvel e Lucasfilm di Star Wars. Con Fox riporterà del tutto a casa gli X-Men, supereroi Marvel ma i cui diritti cinematografici appartenevano a Murdoch, e incasserà quelli di film record quali Avatar e di numerosi tra i più popolari show televisivi. Disney, accanto alle molteplici attività menzionate, riceverà anche la partecipazione di Fox in Hulu e 22 canali sportivi regionali, i Fox Regional Sports Networks. A Murdoch rimarranno invece attività nell’ informazione e nella Tv: la Fox News, Fox Business, la rete Fox Broadcasting e le sue stazioni, Fox Sports 1 e 2 e il Big Ten Network. Verranno scorporate in una separata società quotata, con un giro d’ affari stimato in circa 10 miliardi. La famiglia Murdoch controlla inoltre la News Corp, con attività giornalistiche e editoriali quali il Wall Street Journal. «Questa acquisizione riflette un quadro dei mass media in cambiamento – ha dichiarato Iger nello spiegare la sua scommessa – Che è definito in modo crescente da tecnologie trasformative e da gusti dei consumatori in evoluzione». Iger ha avvertito che la nuova, storica combinazione Disney-Fox non è ancora un dato di fatto: dovrà passare al vaglio di severi controlli dell’ antitrust, che sta già cercando di bloccare AT&T-Time Warner. Le dimensioni del nuovo colosso, anche al netto di alcune eventuali dimissioni e previsti tagli, dovrebbero tuttavia essere tali da tenere a battesimo una nuova stagione di fusioni nel settore. Tra le possibili future prede circolano nomi a loro volta di prestigio ma oggi in affanno del calibro di Cbs e Viacom, Sony Pictures e Lions Gate. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il passaggio di controllo di Sky apre la partita finale sulle pay-tv

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
link

Una tavola contenuta in un’ analisi di Digital Tv Research sulla pay tv è, nella sua essenzialità, fin troppo eloquente. I ricavi della pay tv nel mondo nel 2016 erano superiori ai 202 miliardi di dollari. Al 2022 questo livello scenderà sotto i 200 miliardi. Poca differenza si dirà. Ma solo perché la pay tv che cresce non è in Nordamerica, né tantomeno in Europa. Qui la flessione è conclamata. Con ogni probabilità le ragioni di un’ operazione come quella che ha portato al takeover di Disney su 21st Century Fox vanno ricercate in una situazione familiare che potrebbe aver suggerito a Rupert Murdoch un simile passo. Pare tuttavia fuor di dubbio che il lato industriale giustifichi la scelta che passa anche per la cessione di Sky. Le difficoltà in Uk per l’ acquisto del 61% non ancora di Murdoch avranno poi certamente influito. Va detto però che quello che si va a formare sul mercato è un gigante che concentra gran parte del prodotto di intrattenimento a circolazione globale. Una mossa che sa tanto di arrocco difensivo dinanzi all’ ascesa dei giganti dello streaming (Netflix e Amazon in testa) ma che ha anche un effetto sui competitor delle piattaforme tradizionali. Netflix e Amazon, eventualmente anche i nuovi entranti globali delle offerte videotelevisive (YouTube, Facebook, Apple), devono ora negoziare con una controparte più forte in virtù di un incremento della concentrazione che indubbiamente sarà oggetto di una valutazione sul piano della regolamentazione Antitrust. Dall’ altra parte l’ autonomia produttiva di Netflix e Amazon (il loro original content) è comunque in via di formazione, in crescita, ma deve ancora acquisire una solidità e per questo ci vorranno alcuni anni. A questo punto occorrerà verificare se e quanto i leader dell’ on demand riusciranno a far saltare le finestre di sfruttamento dell’ industria del film ritenute troppo rigide o anche diventare sempre più alternativi al broadcasting storico pay. «La vera sfida per Disney e Sky però – commenta Emilio Pucci di E-Media Insitute – non è quella difensiva, ma è al contrario quella “future proof”, del lancio di una piattaforma globale per competere sul difficile terreno dello streaming che tende a sostituire in parte il consumo storico lineare». Nella disponibilità del nuovo gigante ci sono, come piattaforme, Hulu (partecipata al 30% da Disney e al 30% da Fox), Now Tv e proprio Sky, attiva in Uk, Irlanda, Italia, Germania e Austria. Per i competitor di Sky in Europa l’ unione non darà conseguenze immediate, vista l’ attesa dell’ ok dell’ Antitrust Usa. Ma il problema, per loro come per Sky, della competizione con piattaforme globali resta. Ancora di più dopo questo matrimonio. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Al tramonto il predominio dello «squalo»

Il Sole 24 Ore
Riccardo Barlaam
link

Arriva per tutti nella vita il momento in cui bisogna tirare una linea. Keith Rupert Murdoch, classe 1931, da Melbourne è figlio di sir Keith Artur Murdoch. Giornalista australiano che non dice molto ai più. Ma che ebbe il merito durante la Prima guerra mondiale di denunciare, eludendo la censura militare, «il pasticcio dei comandanti britannici» che fu causa dei «disastrosi insuccessi» nella battaglia di Gallipoli contro l’ alleanza tedesca-ottomana. Cresciuto a pane e giornalismo, con uno straordinario istinto imprenditoriale, il giovane Rupert ha vissuto sempre a duecento all’ ora. Fino a ieri. Appena laureato a 22 anni inizia a costruire il suo impero mediatico con i giornali locali eredidati dal padre: il Melbourne Herald e l’ Adelaide News. Sposta subito i suoi interessi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, sempre a colpi di acquisizioni clamorose: il New York Post, il New York Magazine e poi The Times, simbolo della stampa conservatrice londinese. Nel 1989 dalla carta si butta, famelico, sulle televisioni satellitari e compra Sky Television, l’ anno dopo fusa con British Satellite Broadcasting: nasce BSkyB. Nel 1996 lancia Fox News. Nel 2002 il mogul dei media tedesco Leo Kirch, pieno di debiti, alla fine di un tentativo di joint andato a male definisce Murdoch «uno squalo. Uno squalo con lunghi denti affilati». Soprannome che da allora lo perseguita ma che, più di tutte le parole scritte su di lui, dà un’ idea precisa e nitida dei modi spietati con i quali quest’ uomo è riuscito a a costruire un impero mediatico su cui non tramonta mai il sole. Ed è divenuto tra i più potenti e ricchi al mondo. Sposato quattro volte: dalla hostess di Melbourne Patricia Booker, nel 1956, alla giornalista del Daily Telegraph Anna Tory Mann, nel ’67. Fino, in anni recenti, già vecchio, nel 1999 alla cinese Wendi Deng, vicepresidente di Star Tv. E all’ ultima conquista-preda, appena un anno fa, l’ ex fotomodella e attrice, Jerry Hall, già donna di Brian Ferry dei Roxy Music, già moglie di Mick Jagger degli Stones. Tre figli dalla prima moglie, Elisabeth, Lachlan e James. Più altre due figlie avute in tarda età dalla moglie cinese, Grace e Chloe. Fino all’ ultimo ha cercato di rilanciare il suo impero. Mai sazio, proprio come uno squalo. Nel 2014 prova a scalare Time Warner con un’ offerta da ottanta miliardi. Poi gli screzi con i figli, le differenti vedute sulla gestione del gruppo e la decisione di vendere. Così l’ impero dei media dove non tramonta mai il sole finisce a un topolino. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Disney compra Fox per 52,4 mld

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
link

Disney li ha portati a casa: si è comprata gli X-Men, i Fantastici Quattro e DeadPool per riavere la famiglia Marvel al completo, poi Avatar, I Simpson, tutta una serie di titoli di successo. Ma anche molto altro, compresa una quota importante in Sky. Ieri l’ ufficializzazione della notizia su cui già si è già scritto molto nelle scorse settimane: l’ accordo fra il gigante dell’ intrattenimento e la 21st Century Fox di Rupert Murdoch. Quest’ ultima, una volta fatto lo spin off delle attività che Murdoch vuole tenere, sarà venduta a Disney per un pagamento in azioni da 52,4 miliardi di dollari (44,2 miliardi di euro), un valore totale di 66,1 miliardi di dollari (55,8 mld di euro) se si considerano i 13,7 miliardi di dollari di debito che l’ acquirente si accollerà. Disney, comunque ha piani per un risparmio di costi pari ai 2 miliardi di dollari. L’ operazione, antitrust permettendo, sarà perfezionata entro il 30 giugno del prossimo anno e a quel punto gli attuali azionisti di Fox otterranno il 25% di Disney. Nel dettaglio, a Murdoch resteranno il network di Fox Broadcasting e le relative emittenti, poi Fox News, Fox Business e Fox Sports 1 e 2. Tutte attività che dovranno essere scorporate prima della vendita effettiva. Disney dal canto suo acquisirà le attività di produzione di film e tv (Twentieth Century Fox Film and Television studios), i network via cavo e il business internazionale. «Siamo onorati e grati che Rupert Murdoch ci abbia affidato il futuro delle aziende che ha costruito durante tutta la sua vita», ha dichiarato con una nota Robert A. Iger, presidente e ceo di The Walt Disney Company, «e siamo entusiasti della straordinaria opportunità di aumentare in modo significativo il nostro portafoglio di franchise e contenuti di marca amati per migliorare notevolmente le nostre crescenti offerte dirette ai consumatori. L’ accordo amplierà inoltre la nostra portata internazionale, permettendoci di offrire storytelling di classe mondiale e piattaforme di distribuzione innovative a più consumatori nei mercati chiave di tutto il mondo». In questa frase ci sono i tre pilastri che hanno motivato l’ acquisizione: contenuti che si aggiungono al già florido portafoglio Disney (da sfruttare anche per i parchi divertimenti, non solo in tv e al cinema); piattaforme per l’ offerta diretta ai consumatori, vedi la partecipazione azionaria in Hulu, il servizio di streaming online in cui ora Iger raggiunge il 60%, aggiungendo al 30% iniziale l’ altro 30% di Fox (nella vj restano però anche Comcast e Time Warner); presenza internazionale fra l’ altro in Europa con il 39% di Sky plc, in India con Star, in oltre 170 paesi con i 350 canali di Fox Networks. Un gruppo che arriva agli spettatori di tutto il mondo senza passare per le piattaforme distributive altrui, acquisendo realtà consolidate anziché attendendo che le proprie piattaforme simil-Netflix (marchiati Disney ed Espn) diventino grandi per competere con quelle già esistenti. Per quanto riguarda Sky, Disney ha specificato di voler continuare nel processo di acquisto del restante 61% avviato da Fox e di attendersi che si concluda anche questo entro giugno. Sia il board di Disney che quello di Fox hanno chiesto che Iger resti fino al 2021 anziché ritirarsi nel 2019 come previsto. Questo taglia la testa a una delle ipotesi fatte nei giorni scorsi, ovvero che James Murdoch sarebbe passato alla guida della nuova Disney. Murdoch jr però aiuterà Iger nel passaggio degli asset mentre resta ancora da discutere il suo ruolo futuro. «Ci stiamo ritirando? Assolutamente no», ha specificato Murdoch senior in una conferenza con gli investitori, spiegando che la sua famiglia si sta riorientando su un nuovo obiettivo in un momento cruciale. «È un ritorno alle nostre radici», ha detto Lachlan Murdoch, presidente esecutivo della 21st Century Fox, «come marchio leggero e aggressivo focalizzato sulle notizie e sullo sport imperdibili». © Riproduzione riservata.

New York Times: A. G. Sulzberger sostituisce il padre come editore

Italia Oggi

link

A. G. Sulzberger, membro della famiglia che da oltre 120 anni controlla il New York Times, prenderà dal 1° gennaio il posto del padre alla guida della società editrice del giornale. Arthur Gregg Sulzberger, 37 anni, detto A. G., sostituirà Arthur Ochs Sulzberger, 66 anni, al timone della testata dal 1992. A. G., che ha iniziato la sua carriera da giornalista, era l’ erede designato. Il padre lascia la guida del giornale ma resterà nel gruppo come presidente del board dei direttori. La famiglia Ochs-Sulzberger detiene una quota di minoranza nel capitale del gruppo, ma controlla la maggioranza delle azioni di tipo B, a diritto di voto rinforzate, con le quali designano 9 dei 14 direttori del board.

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

link

De Bellis lascia Gq e approda a Sky. Giuseppe De Bellis, già condirettore del Giornale, abbandona la direzione del mensile maschile di Condé Nast per diventare direttore di Sky Sport 24. Al suo posto, all’ editrice di piazza Castello, prende l’ interim della direzione Luca Dini, ex direttore storico di Vanity Fair. Rolling Stone Italia, Lucarelli guida il web. Selvaggia Lucarelli diventa direttore del mondo web di Rolling Stone Italia, a partire dal prossimo gennaio. Sul web Lucarelli è seguita da 1,2 milioni di follower Facebook, 800 mila su Twitter e 350 mila via su Instagram. L’ edizione digitale di Rolling Stone Italia registra oltre 1,4 mln di utenti unici al mese, più di 7,7 milioni di pagine viste, 394 mila follower Facebook, 158 mila su Instagram e 128 mila su Twitter. Marie Claire in uscita il primo numero firmato Bussi. Antonella Bussi firma il suo primo numero da direttore del mensile edito da Hearst Magazines Italia, in edicola da sabato prossimo. Bussi ritorna a Marie Claire, dove era stata condirettore fino al novembre del 2012. Il Tempo delle Donne alla quinta edizione. La festa-festival è organizzata da Corriere della Sera da un’ idea de La27esimaOra e in collaborazione con IoDonna, Fondazione Corriere della Sera e ValoreD. Il tema 2018 è la felicità. L’ ultima edizione dedicata a Uomini&Cambiamento ha coinvolto 35 mila persone e ha registrato online 500 mila pagine viste da 300 mila utenti unici. CasaFacile, raccolta 2016 a +23%. CasaFacile porta in edicola un numero di dicembre speciale, all’ insegna dell’ atmosfera di Natale. In parallelo è già stato rinnovato Casafacile.it. La raccolta è cresciuta invece del 23%, a fatturato, rispetto al 2016. Verona, ancora polemiche dopo spegnimento antenne tv. Non si fermano a Verona le reazioni dopo il blitz della Guardia di Finanza che, su ordine della procura della repubblica, ha posto sotto sequestro preventivo per occupazione abusiva di suolo pubblico una serie di antenne e ripetitori televisivi e radio da decenni installati sulla Seconda Torricella Massimiliana in area demaniale. Tra le emittenti coinvolte ci sono Telearena, Telenuovo e Telepace.

Libri, Rcs pronta a ripartire

Italia Oggi
PAGINA A CURA DI MARCO A. CAPISANI
link

Si chiamerà ufficialmente Solferino – I libri del Corriere la collana di nuovi titoli che Rcs porterà in edicola e libreria a partire dal nuovo anno. Si parte con una prima selezione in uscita di 10-12 libri di vari generi, non solo saggi, firmati da autori differenti, non per forza scelti tra i giornalisti del quotidiano diretto da Luciano Fontana. Ma è comunque prevedibile che i cronisti della testata milanese verranno ampiamente coinvolti. Quando, per esempio, verranno decise le prossime uscite fino a tendere, progressivamente, verso un catalogo vero e proprio con un centinaio di titoli. A sostegno di tutta l’ operazione, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, c’ è un’ intesa commerciale non ancora finalizzata ma prossima alla conclusione con Feltrinelli per la promozione dei libri Solferino – I libri del Corriere e con Messaggerie per la loro distribuzione (peraltro queste ultime due società lavorano già in joint venture nella distribuzione libraria fisica e virtuale). Non solo, anche il gruppo Cairo Communication (che fa capo a Urbano Cairo, editore anche del gruppo Rcs-Corriere della Sera) pubblica libri targati Cairo publishing, al momento distribuiti da Mondadori dopo che il gruppo di Segrate ha acquisito la vecchia Rcs Libri. Quindi, in un’ ottica di sinergie (su cui molto ha puntato Cairo per il rilancio del gruppo milanese), l’ accordo per Solferino – I libri del Corriere potrà essere esteso nel 2018 alle pubblicazioni di Cairo Communication. Ma quello che più importa è che il nuovo editore Rcs Urbano Cairo inizia così a ricostituire di fatto la vecchia Rcs Libri, ceduta a metà dell’ aprile 2016 a Mondadori (prezzo dell’ operazione: 127,1 milioni di euro) dalla gestione dell’ ex a.d. Pietro Scott Jovane. Un’ operazione che Cairo non ha mai giudicato positivamente e su cui, anche di recente (vedere ItaliaOggi del 12/10/2017), ha ribadito: «teniamo all’ attività libri, è importante. Ma abbiamo dei vincoli a seguito della cessione di Rcs Libri a Mondadori, una cessione avvenuta prima della mia scalata e che io non avrei mai fatto». I vincoli cui fa riferimento l’ editore del Corriere e della Gazzetta dello Sport (oltre che di numerosi periodici e del network tv La7 e La7d) riguardano in particolare il tetto di 110 libri pubblicabili e legati al marchio Corriere della Sera (o comunque ad altri brand editoriali già esistenti nel gruppo) e il divieto di fare attività libraria in senso tradizionale. Clausole in vigore postcessione fino alla fine dell’ anno prossimo. Dal gennaio 2019 invece «torneremo liberi di fare quello che vogliamo», ha già annunciato Cairo. Nel frattempo Rcs può tornare a presidiare il mercato dei libri, seppur legati alla testata Corriere ma con un piede già nelle librerie. E in parallelo il quotidiano prosegue con le uscite dei suoi collaterali veri e propri, di cui le ricette culinarie di Angela Frenda sono solo un esempio. A capo della nuova attività libraria è stata scelta Luisa Sacchi con un passato in Rcs. A Giovanna Canton (ex Mondadori) è andata la responsabilità delle acquisizioni dei diritti esteri delle opere. Ieri il titolo Rcs ha chiuso a +0,81 pari a 1,247 euro. © Riproduzione riservata.

Nel Regno Unito gli under 35 spendono più tempo a leggere i quotidiani di carta che a navigare sulla versione online del medesimo brand (INFOGRAFICHE)

Prima Comunicazione

link

Secondo una ricerca comScore e National Readership Survey, i giovani adulti tra 18 e 34 anni, spendono il 30% di tempo in più per leggere l’ edizione cartacea di un quotidiano nazionale che non la versione online del medesimo brand . (Clicca sull’ immagine per ingrandirla) La ricerca, denominata ‘ Has digital distribution rejuvenated readership? Revisiting the age demographics of newspaper consumption ‘, riporta il sito journalism.co.uk , è stata pubblicata sulla rivista Journalism Studies journal . Secondo quanto emerge, l’ 89% dei lettori di quotidiani nazionali è ancora cartaceo. Ecco come è cambiato il numero di lettori dei principali quotidiani nazionali per fasce di età dal 2000 ad oggi: (Clicca sull’ immagine per ingrandirla)

Censire le case popolari per offrire alle istituzioni strumenti di integrazione tra città e periferia. MM Spa anticipa i risultati dell’ Anagrafe Utenza 2017 e presenta la pubblicazione ‘La tua casa’ (VIDEO)

Prima Comunicazione

link

Matteo Rigamonti – Censire le case popolari per offrire alle istituzioni strumenti di integrazione tra città e periferia. Prevenendo sprechi di soldi pubblici e nuove forme di abusivismo. Ma avvicinando al tempo stesso l’ ente pubblico agli inquilini e alle loro legittime esigenze. È questo il senso dell’ Anagrafe Utenza, lo strumento che consente a MM Spa di avere una situazione chiara e aggiornata di ogni famiglia assegnataria di immobili di edilizia residenziale pubblica ; nonché del progetto presentato questa mattina presso la sede di via Vecchio Politecnico: ‘La tua Casa. Atlante del patrimonio residenziale pubblico del Comune di Milano’. Un libro, suddiviso in due volumi, ricco di documentazione fotografica e informazioni potenzialmente utili tanto al pubblico quanto al privato. Da sinistra: Gabriele Rabaiotti, Davide Corritore, Stefano Cetti, Stefano Zanini Alla presentazione sono intervenuti Gabriele Rabaiotti, assessore ai Lavori pubblici e alla Casa del Comune di Milano, Davide Corritore, presidente di MM Spa, Stefano Cetti, direttore generale di MM Spa, e Stefano Zanini a capo della divisione Casa della società milanese. “I quartieri dove sorgono le case popolari sono nati per rispondere a un’ esigenza di separazione funzionale”, ha esordito Rabaiotti, “e cioè quella di accogliere le migrazioni, prima dal Veneto e dal Sud Italia, e poi dal Sud del Mondo, da parte di chi cerca nuove occasioni di lavoro a Milano”. Una città che, ha ricordato Corritore, cresce con un moltiplicatore di 2,5/3 volte superiore alla crescita del Pil in Italia. Con l’ Anagrafe Utenza, ha spiegato il presidente di MM Spa, abbiamo “censito il patrimonio immobiliare”, ad oggi circa 18mila alloggi di edilizia residenziale popolare per 50mila inquilini, al fine di “classificarlo e stabilire eventuali interventi necessari” e aiutare il Comune a “indirizzare sempre meglio gli investimenti” e “definire la riassegnazione degli appartamenti”. Inoltre, ha aggiunto Corritore, “è stata un’ occasione per conoscere gli inquilini, le famiglie con tutte le loro esigenze e i problemi quotidiani“, ma anche per “creare momenti di aggregazione sociale, momenti culturali e di svago nei cortili”. Da qui è nata l’ idea, in via di definizione, di coinvolgere a partire dal 2018 enti, aziende e soggetti privati in un’ opera di risposta alle esigenze più comuni. Il tutto, ha precisato il presidente di MM Spa, “senza gravare sui bilanci pubblici”. A beneficiarne potrebbero essere, per esempio, gli anziani, se si considera che il 53% dei nuclei censiti è formato da over 65 o ha almeno un componente over 65. Mentre solo il 17% dei nuclei ha presenza di minori e il 22% ha almeno una persona straniera nel nucleo familiare. I Paesi di origine più frequenti sono: Egitto, Marocco, Filippine, Sri Lanka. (Clicca per ingrandire l’ immagine) L’ opera di censimento, realizzata con il supporto delle 4 sedi territoriali di MM Spa e 63 punti in totale istituiti anche temporaneamente presso portinerie, spazi comuni, locali affittati e persino due parrocchie, ha permesso anche di recuperare circa 2 mila immobili “fantasma” che si sapeva esistessero dai libri contabili ma si credevano occupate e invece non lo sono. Case che, una volta restaurate, potranno tornare utili per rispondere ai bisogni. Un contributo dal gestore è stato dato anche alla riduzione delle occupazioni abusive, ora poco più di 1.200. A illustrare che cosa può cambiare in positivo con un’ anagrafe aggiornata sono stati il dg Cetti e il collega Zanini: per esempio, intervenire sulla trasformazione a metano dei complessi di riscaldamento a gasolio, entro la fine del 2018, nonché rendere più efficiente il sistema di segnalazioni di problemi come il classico ascensore che si blocca evitando che passino giornate intere prima dell’ intervento dell’ azienda manutentrice e risparmiando sui costi. Ma il progetto dell’ Anagrafe Utenza è stato anche occasione per sfatare un luogo comune sulla qualità della vita nei quartieri popolari: ciò che è emerso da un sondaggio, hanno spiegato i vertici di MM Spa, è che ci sono quartieri dove la percezione della sicurezza è superiore alla media della città. Mentre moltissimi sono gli immobili curati con attenzione notevole dai loro inquilini che, in media, li abitano da 33 anni.

Sull’ intrattenimento il duello Usa-Europa per la tv del futuro

La Stampa
ALBERTO INFELISE
link

Certe sfide si combattono all’ OK Corral. Spargimento di sangue, sguardi torvi, pistole sguainate le une contro le altre, chi spara per primo spara due volte, specie se fa centro. Altre si vincono semplicemente perché l’ avversario non si presenta: perché ha capito che non può vincere, perché fatica a mettersi d’ accordo con i compagni di avventura, perché sceglie di combattere un’ altra battaglia. Dopo anni passati a disegnare sul taccuino del futuro le fattezze di una grande televisione europea, capace di produrre, distribuire e imporre sul mercato una via franco-italiana all’ intrattenimento, Vivendi e Mediaset sembrano aver perso lo slancio in coincidenza con la mossa del cavallo avversario. Il matrimonio targato Hollywood tra Fox e Disney annunciato ieri è di quelli capaci di spiazzare un intero settore a livello internazionale. Due giganti che uniscono le loro forze con un accordo maturato in un silenzio quasi totale, realizzato in tempi brevissimi, con la sfrontatezza di chi sa che velocità, discrezione e ambizione sono armi fondamentali per chi vuole giocare il gioco duro dei duri. Il gruppo Murdoch e la Disney si somigliano per attitudine e visione, ma anche per origine culturale. Tra Vivendi e Mediaset sembrano essere entrati in campo aspetti culturali, prima ancora che di impresa, che hanno portato prima alle difficoltà, poi alla diffidenza reciproca e alla difficoltà di portare a casa un vero progetto comune. Francesi e italiani sanno come non amarsi, quando capiscono che non è il caso di amarsi. E non hanno timore di farselo capire a vicenda. Questo non vuol dire che in un futuro anche vicino non possa esserci un nuovo progetto a livello europeo delle tv generaliste che scelgono di puntare sul mercato free, con alleanze strategiche tra Mediaset, ProSieben in Germania, TF1 in Francia e Channel Four in Gran Bretagna. Il risultato è che oggi il duello Hollywood-Parigi sul modello di sviluppo dell’ intrattenimento ha un vincitore. O meglio, due. Disney acquista una qualità che in passato non aveva mai posseduto in Europa: la capacità capillare di parlare ai propri utenti porta a porta. Attraverso la rete di 21st Century Fox, Disney arriverà direttamente nelle case di milioni di clienti europei attraverso i canali di Sky. Sky a sua volta entra in un mondo con un patrimonio e una libreria di contenuti di dimensioni sconfinate. Ma non basta. Se dal punto di vista internazionale è chiaro che l’ affare tra Fox e Disney configura la nascita di un gigante pronto alla battaglia della vita con nuovi competitor come Netflix e Amazon, guardando la vicenda in ottica europea si intuisce come, all’ interno della famiglia Murdoch, sia stato James (quarto figlio del patriarca Rupert, quarantacinquenne da due giorni) a muoversi tra le righe per portare in dote all’ unione la nuova capacità e vivacità produttiva del vecchio continente in materia di fiction. «Babylon Berlin», «Young Pope» e «Gomorra» sono gli ultimi esempi di produzioni capaci di far stare l’ azienda nel mercato più difficile, quello dei consumatori di fiction di fascia alta, quegli appassionati che stanno sempre più sostituendo la mania per le serie tv a quella per il cinema consumata dai loro genitori (e nonni). La nuova sfida è chiara. Chi sarà capace di stare sul mercato dovrà vedersela con Netflix e con i suoi quasi cento milioni di utenti nel mondo. Disney e Fox ieri hanno messo le fondamenta di una fortezza attrezzata per combattere. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

New York Times, Sulzberger lascia la guida al figlio

La Stampa

link

Cambio della guardia generazionale al New York Times: l’ editore Arthur Ochs Sulzberger Jr. dal primo gennaio sarà sostituito dal figlio Arthur Gregg (rispettivamente a sinistra e a destra nella foto). Sulzberger padre ha 66 anni, era editore Times dal 1992 e resterà come presidente della New York Times Company. Il figlio sarà il sesto membro della famiglia a rivestire la carica di editore da quando il patriarca Adolph S. Ochs acquistò il giornale nel 1896.

Walt Disney prende Fox E lancia la sfida a Netflix

Il Giornale
Cinzia Meoni
link

Cinzia Meoni Topolino conquista i Simpson. Dopo una lunga trattativa, la Walt Disney Company ha sbaragliato la concorrenza di Comcast (ovvero Universal) e ha raggiunto un accordo miliardario per comprare le reti via cavo (compreso il 39% di Sky), gli studi televisivi e cinematografici oltre allo sterminato catalogo di serie tv e film (da Titanic a Die Hard, dal Pianeta delle scimmie e Avatar a «Episodio IV-Una Nuova speranza», il primo film della serie di Guerre stellari) di Rupert Murdoch. Praticamente buona parte della 21 Century Fox, l’ impero costruito dallo «squalo» australiano in decadi di strategie di espansione. Più in dettaglio Disney offrirà 0,2745 azioni per ogni titolo 21 Century Fox detenuto, per un valore di 52,4 miliardi di dollari a cui saranno aggiunti 13,7 miliardi di debiti per 66,1 miliardi complessivi. Al termine delle operazioni gli azionisti di Fox avrebbero il 25% del nuovo gruppo. La transazione è condizionata al via libera delle autorità Antitrust. E non è detto che sia semplice ottenerlo: gli ostacoli, come dimostrato dall’ opposizione alle nozze tra AT&T e Time Warner, potrebbero non mancare. All’ 86enne imprenditore australiano, oltre al 5% del nuovo gigante dell’ intrattenimento, rimarrà l’ informazione e lo sport: Fox News, Fox Sports, Fox Business e la rete di 28 stazioni di emittenti locali americane che, prima della chiusura dell’ accordo con Disney, saranno scorporati per dar vita a una nuova società. Secondo alcune voci di mercato queste ultime attività potrebbero essere oggetto di un secondo round, sempre con l’ impero fondato tra Topolinia e Paperopoli, anche se non manca chi ipotizza una fusione tra New Fox e News Corp, l’ altro gioiello della corona di Murdoch. Per la famiglia Murdoch, la decisione di vendere si tradurrà anche nella possibile uscita di scena di James, presidente di Sky e per cui si parlava di un ruolo dirigenziale nella Disney. Al momento tuttavia non c’ è niente di definitivo, anzi. Robert Iger, ad di Disney, ha rinviato la pensione di tre anni, al 2021. «L’ accordo offre a Disney l’ opportunità di riunire sotto lo stesso tetto X-Men, Fantastici Quattro e Deapool (il cui franchising è in mano a Fox, ndr) con la famiglia Marvel (acquisita nel 2009 per 4 miliardi, ndr) e di creare mondi più ricchi di personaggi e storie interconnesse» spiega il gruppo di Burbank. In realtà le nozze offrono molto. In questo modo il gruppo californiano si rafforzerà nello streaming con un ulteriore 30% di Hulu, oltreché sui contenuti per poter affrontare la concorrenza sempre più accesa dei colossi del video on demand come Netlix (leader nel settore con 104 milioni di abbonati) e Amazon e le web star come Google e Facebook per quanto riguarda la pubblicità digitale. Non solo. Il nuovo polo avrà una maggiore diversificazione internazionale: grazie a Sky, Disney potrà sbarcare nel mercato europeo e con Star India nel continente asiatico. Dal punto di vista finanziario infine dall’ integrazione tra i due gruppi dovrebbero derivare due miliardi di sinergie di costi.

Topolino fa shopping e porta a casa la Fox

Il Messaggero
GLORIA SATTA
link

IL CASO Hollywood cambia pelle, il mercato si trasforma, il pubblico scopre nuovi orizzonti e Topolino si mangia la Volpe. La Walt Disney acquista le attività cinematogratiche, televisive e il business internazionale di 21st Century Fox. Valore dell’ affare, destinato a smembrare l’ impero mediatico di Rupert Murdoch in tre decenni: 52,4 miliardi di dollari. Passeranno di mano Sky, Star India, una serie di pay-tv fra cui Fx e National Geographic mentre rimarranno nella scuderia di Murdoch il canale Fox News, la rete sportiva FS1 e il network Fox negli Usa. Disney si accollerà anche i circa 13,7 miliardi di dollari di debiti della Fox. Se sarà approvato dall’ antitrust Usa, l’ accordo sarà una rivoluzione per i media hollywoodiani: Disney con Fox avrà più armi per contrastare Netflix e Amazon, sempre più agguerriti nella produzione e sempre più accettati nel circuito del cinema d’ autore internazionale. Intanto la Casa Bianca in serata ha smentito le indiscrezioni su contatti fra Trump e Murdoch prima dell’ accordo con la Disney. «Complimenti a tutti per l’ affare, l’ occupazione crescerà», ha dichiarato il presidente. Intanto reagisce la Borsa dove, all’ annuncio dell’ accordo, i titoli Fox sono saliti del 2,69 per cento, mentre Disney ha perso lo 0,15 per cento. Guadagna anche Netflix (l’ 1,10 per cento). Ma se le autorità bloccheranno il matrimonio, come qualcuno profetizza, Disney pagherà a 21st Century Fox 2,5 miliardi di dollari. L’ azienda che inventò Topolino non è nuova a operazioni di questo genere: ha già acquisito Marvel e Pixar (fumetti e cartoon) e nel 2012 si è aggiudicata la Lucas Film versando a George Lucas 2,2 miliardi di dollari in contanti e 37,1 milioni di titoli Disney. Queste cifre danno la misura di un mercato globale che deve fare i conti con le trasformazioni tecnologiche e le nuove abitudini dei consumatori. E cerca di sopravvivere attraverso concentrazioni, fusioni, creazioni di monopoli. Più grandi, più forti: è la filosofia che prende piede nel mondo dell’ audiovisivo. Con buona pace del cinema indipendente e della differenziazione dell’ offerta. Alla luce del mega-accordo Disney-Fox il mondo del cinema s’ interroga preoccupato: in futuro vedremo solo supereroi, effetti speciali, cartoni animati? Se la fusione tra Disney e Fox fosse avvenuta l’ anno scorso, fanno notare gli analisti del cinema, il nuovo mostro avrebbe incassato nelle sole sale nordamericane 4,5 miliardi di dollari aggiudicandosi il 40 per cento del mercato. Un risultato mai nemmeno sognato da un singolo studio, una realtà capace di ridurre ai minimi termini il potere contrattuale degli esercenti, costretti ad ospitare solo un genere di film. Gli stessi analisti si domandano: per contrastarlo, dovranno sposarsi anche Sony e Paramount? L’ uscita del nono episodio di Star Wars (film Disney) prevista nel 2019, e del primo sequel di Avatar, prodotto da Fox e atteso nelle sale nel 2020, lasciano prevedere sfracelli. PADRE E FIGLIO Il primo a parlare, ieri, è stato Bob Iger, ad della Walt Disney destinato a rimanere alla guida della società fino al 2021: «Siamo onorati del fatto che Rupert Murdoch abbia creduto in noi per il futuro delle sue attività che ha costruito in una vita», ha detto, «questa intesa allarga il nostro portafoglio di marchi e contenuti rafforzando la nostra offerta ai consumatori». Il magnate australiano ha ribattuto: «Sono convinto che questa unione, sotto la leadership di Iger, si tradurrà in una della maggiori aziende al mondo. Sono contento che Bob abbia deciso di restare». Intanto è pronto un posto nella nuova società per James Murdoch, il figlio di Rupert. Sempreché l’ antitrust non bocci l’ accordo e il monopolio dei supereroi. Gloria Satta © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Murdoch smembra il suo impero Fox passa a Disney per 52,4 miliardi

La Repubblica
federico rampini,
link

L’ obiettivo del compratore è fare concorrenza a Netflix e Amazon puntando sullo streaming tv. L’ accordo cambia gli equilibri a Hollywood Dal nostro corrispondente new york L’ acquisizione del secolo nel mondo della tv e del cinema americano è dettata dalla paura. Così gli esperti, e in parte gli stessi protagonisti, descrivono l’ operazione da 52,4 miliardi di dollari con cui la Walt Disney Company conquista il controllo di gran parte dell’ impero Fox, ceduto da Rupert Murdoch e dai figli. La paura, come sempre di questi tempi, ha come oggetto i giganti dell’ economia digitale. Netflix e Amazon soprattutto, in parte anche Google ( YouTube), Apple ( iTunes) e Facebook, sono i nuovi protagonisti del consumo di video che si sposta velocemente dagli schermi (tv e cinema) ai mini-schermi dei tablet e smartphone. Netflix e Amazon invadono a gran velocità anche la creazione di contenuti. Perfino un “dinosauro” del cinema come Woody Allen – un autore che si è formato sui film di Ingmar Bergman e Federico Fellini – ormai si fa produrre da Amazon. E così la famiglia Murdoch dopo intensi travagli interni è giunta a una conclusione che può suonare sorprendente: è troppo piccola per competere con Amazon e Netflix. I Murdoch perciò si ritirano in quel settore che fu la vocazione iniziale di babbo Rupert e cioè l’ informazione, tenendosi la Fox News. Quasi tutto il rimanente, a cominciare dalla leggendaria casa di produzione hollywoodiana 21st Century Fox (fondata nel 1935, lanciò Marilyn Monroe e poi ” Guerre stellari”), passa alla Disney. La quale vuol andare al contrattacco. Unendo i suoi marchi di produzione Disney, Marvel, Pixar e Lucasfilm con gli studi della Fox che produce tra l’ altro le serie tv ” The Simpsons” e ” Homeland”, offrendoli sulla piattaforma digitale di streaming Hulu, la Disney spera di reggere l’ offensiva di Amazon e Netflix. Nel nuovo perimetro societario che nascerà da questa acquisizione – se l’ antitrust non obietta – la Disney si prende pure le reti tv Abc e Espn (sport) che vanno a unirsi a 22 canali di cable-tv locali del gruppo Fox. C’ entra anche il controllo della Sky ( Gran Bretagna) e della Star ( India) di cui i Murdoch cedono la maggioranza, nonché il network National Geographic. Poiché l’ acquisizione viene pagata interamente con azioni della Disney, almeno per una fase iniziale la famiglia Murdoch sarà tra i maggiori azionisti del nuovo gruppo, anche se a dirigerlo rimane Robert Iger. I commenti dei protagonisti sono trionfali, annunciano l’ avvento di un nuovo colosso deciso a rivoluzionare i rapporti di forze sia a Hollywood che nella Silicon Valley. Gli osservatori sono più scettici, sottolineano il carattere difensivo dell’ operazione. L’ agenzia Bloomberg ha riassunto i dubbi sull’ operazione paragonandola al famigerato matrimonio tra Aol e TimeWarner all’ inizio del millennio, che venne annunciato come una straordinaria novità nel mondo dei media e fu invece l’ inizio del tramonto per entrambe. Il problema della Disney è il suo legame con un modello di business che sta invecchiando rapidamente come la sua audience. Mentre i giovani consumano video sempre di più in streaming dalle piattaforme Netflix e Amazon, la Disney continua a inseguire quegli abbonati alla cable- tv che pagano un canone mensile per avere accesso a un pacchetto di alcune centinaia di canali in diretta più alcuni servizi premium di sport e cinema. In quest’ ottica aggiungere le produzioni Disney alle produzioni Fox nel breve termine rafforza il potere contrattuale del nuovo gruppo e gli consente di estrarre pagamenti maggiori da chi vende i pacchetti della cable- tv ( tipicamente operatori telecom come Comcast, Verizon o l’ ex- TimeWarner ora ribattezzato Spectrum). Ma a lungo termine la vera sfida è conquistare con Hulu quel pubblico che compra videostreaming da Amazon e Netflix. La qualità tecnologica di questi due non è facile da replicare. Tant’ è che la stessa Disney finora si era rassegnata a offrire su licenza i propri contenuti alla piattaforma Netflix. Solo nel 2019 li ritirerà per metterli in esclusiva sul proprio servizio streaming, attualmente in preparazione. La famiglia del tycoon torna a concentrarsi sull’ informazione cedendo le società che fanno spettacolo REUTERS/ BRENDAN MCDERMID.

Rai Way è in corsa per le antenne tv di Persidera

La Repubblica

link

ROMA Rai Way, la società pubblica delle antenne tv, quotata in Borsa, ha presentato una «manifestazione di interesse non vincolante» per Persidera, operatore in tecnica digitale terrestre controllato al 70% da Telecom Italia e al 30% dal gruppo Gedi. Rai Way precisa di essere consapevole dei vincoli regolamentari presenti sul tappeto. Questa società è già titolare di 5 reti nazionali di trasmissione (multiplex). Dunque non può acquisire anche le frequenze di Persidera, pena una clamorosa violazione delle norme nazionali contro le concentrazioni. Telecom Italia vende Persidera su invito della Commissione europea. Il diktat della Commissione è scattato perché sia Telecom e sia il colosso tv Mediaset hanno in Vivendi un azionista di primissimo piano.

Diritti tv, bando bis per spingere fondi e banche a investire un miliardo

Corriere della Sera

link

(m. col.) La Lega di A prepara il piano B nel caso in cui, dal bando per i diritti tv del campionato 2018-2021, le offerte da Sky, Mediaset e Internet non raggiungano un miliardo, obiettivo di Infront ( nella foto l’ ad De Siervo). È previsto un secondo bando rivolto a intermediari indipendenti: in ogni caso, le offerte in busta chiusa dovranno pervenire entro il 22 gennaio (il 4 approvazione dei bandi). La Roma sarebbe la big esclusa dal pacchetto di 8 club satellitare-digitale.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 7931

Trending Articles