Indice Articoli
Domande di contributi alle tv locali al via online
Sky al contrattacco su hi-tech e contenuti
Mediaset sperimenta le pubblicità hi-tech
Corsera alla conquista di Torino
Arriva Sky Q, la tv si vede ovunque
Chessidice in viale dell’ Editoria
Smart tv, Publitalia ’80 vara due nuovi format pubblicitari
La Rai cerca immobili a Roma e Milano
Distinguere le «bufale» è sempre più difficile Ormai sono un’ industria
Arriva Sky Q, il decoder che sembra un computer
Multi-visione e navigazione più facile La tv satellitare lancia «Sky Q»
Sky Q nuova frontiera della tv Palinsesto fai da te su tutti gli schermi
STrump mette le ganasce a internet per spennare i giganti dell’on line
Domani i giornalisti in piazza «Non casta, categoria a rischio»
Domande di contributi alle tv locali al via online
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Sono particolarmente soddisfatto perché abbiamo mantenuto gli impegni presi di cambiare le regole farraginose che negli anni scorsi hanno prodotto grandi problemi alle emittenti locali». Il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha commentato così il regolamento che riforma il sistema dei contributi all’ emittenza radiotelevisiva locale che da ieri ha visto l’ entrata in funzione del suo “braccio operativo”: la piattaforma telematica del Mise per la presentazione delle domande del contributo denominata Sicem (Sistema Informativo per i Contributi alle Emittenti Locali). «Con il nuovo regolamento e con l’ aumento delle risorse disponibili grazie al recupero dell’ evasione sul canone Rai, ci sono più certezze per le emittenti radio tv», ha aggiunto Giacomelli. Il nuovo regolamento supera la precedente erogazione a pioggia e, prevedendo criteri selettivi di merito come richieste sul numero dei dipendenti, limiti alle televendite e altro, punta a ridare slancio a un settore che si lecca le ferite: nel solo 2015 (ultimo dato di pubblicazione dei bilanci aggregati) secondo lo Studio economico del settore televisivo privato pubblicato da Confindustria Radio Televisioni le imprese del settore hanno lasciato sul terreno il 10% del fatturato. Le domande per i contributi potranno essere presentate solo in via telematica. Fino al prossimo 21 dicembre le emittenti radio e tv locali potranno presentare le domande online per richiedere i contributi 2016; a gennaio si aprirà la finestra per richiedere i contributi 2017 mentre per i contributi 2018 la presentazione delle domande sarà possibile per tutto il mese di febbraio. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Sky al contrattacco su hi-tech e contenuti
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Quando vedo contenuti che vengono regalati insieme con un’ aspirapolvere sento un po’ di fastidio, lo confesso». L’ amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, non usa giri di parole durante la presentazione di Sky Q, il nuovo set top box di Sky già lanciato in Uk, che ora arriva in Italia e presto sarà disponibile anche in Germania e Austria, a completare la geografia della Sky paneuropea. Il riferimento, tacito ma abbastanza chiaro, sembra in questo senso andare ad Amazon e alla sua offerta Prime Video. È altrettanto evidente però che il ragionamento va a estendersi a tutto l’ universo degli Over the top con cui la tv – e una pay tv come Sky – si trova a competere. «Quello che stiamo presentando oggi – aggiunge Zappia – è il frutto della nostra passione, che abbiamo da sempre e ancora oggi sulla cultura e l’ innovazione, tutto seguendo le regole» Il settore dei media, ha poi spiegato il ceo Sky, «è centrale per la cultura e lo sviluppo di un Paese. Ma solo se i suoi economics sono solidi e trasparenti e se al centro ci sono il lavoro e la creatività delle persone il sistema può reggere». Sky Q, conclude Zappia, «è frutto di investimenti, non arriva per caso, arriva perché ci sono idee, pianificazione, investimenti molto importanti. Tutto questo non ci sarebbe stato senza regole o con regole diverse». La pay tv della galassia Murdoch cala così anche sul mercato italiano quello che dall’ azienda non fanno mistero di considerare un asso hi-tech, «un tassello fondamentale di questa azienda che ha fatto dell’ innovazione tecnologica e culturale il suo tratto distintivo per un impegno che abbiamo quantificato in 32 miliardi di euro generati da Sky nell’ economia del Paese. Siamo un’ azienda con 4.600 dipendenti, cresciuti del 19% negli ultimi cinque anni, un periodo peraltro non facile». Sarà prenotabile da oggi (l’ oferta è a pagamento) e la commercializzazione di Sky Q partirà il 29 novembre. «Non chiamatelo decoder» ha tenuto a precisare Zappia. In sostanza si tratta di un super «set top box» in grado di permettere visione multipla di programmi, su vari device (5 contemporaneamente, per un massimo di due tablet e 3 tv, e fino a 4 registrazioni nello stesso momento), on demand (riprendendo da dove si vuole la visione del programma nello stesso punto in cui è stato lasciato) e attraverso una piattaforma nuova pensata per facilitare il contatto del cliente con le sue preferenze, anche attraverso consigli. «Abbiamo le stesse sensazioni e lo stesso entusiasmo del 2003, quelli degli inizi» ha concluso il ceo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Mediaset sperimenta le pubblicità hi-tech
Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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Pubblicità pensate ad hoc per le smart tv sui canali della tv lineare free. Mediaset è la prima concessionaria in Italia a spingere su questa innovazione hi-tech legata all’ evoluzione degli standard televisivi che, grazie alle tv connesse, permette pubblicità profilata per base geografica e abitudine d’ acquisto anche sul free. «Siamo molto soddisfatti del successo di mercato di questi nostri formati innovativi che rispondono perfettamente alla crescente richiesta di nuove soluzioni di comunicazione da parte di clienti e agenzie. Soluzioni che tengono conto dei cambiamenti del consumatore e delle nuove modalità di fruizione e interazione con contenuti sia editoriali che pubblicitari», ha detto Stefano Sala, amministratore delegato di Publitalia ’80, la concessionaria tv del gruppo di Cologno. Sul versante pratico lo spot tabellare, come spiega una nota di Mediaset, viene potenziato attraverso la sovraimpressione di un overlay interattivo che, con un “ok” dal telecomando, conduce a un informazioni supplementari come filmati di approfondimento, immagini e promozioni. Insomma, un avanzamento hi-tech nell’ adv per dare battaglia sul fronte pubblicitario ai broadcaster diretti competitor, ma anche agli Ott e a quei Google e Facebook che stanno guadagnando quote sul mercato italiano. Quanto al versante televisivo, stando agli ultimi dati Nielsen nel consolidato gennaio-settembre Mediaset (con 1,4 miliardi su 2,6 totali del mercato) ha perso lo 0,8 per cento. Il Gruppo di Cologno si attende, come emerso dall’ ultima presentazione dei conti, una chiusura d’ anno in progresso dello 0,5 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Corsera alla conquista di Torino
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Domani il Corriere della Sera debutta ufficialmente col nuovo inserto locale a Torino. E non finisce lì: il quotidiano milanese studia lo sbarco anche in altre città, di cui Genova può essere solo un esempio. Nel frattempo, Corriere Torino arriva nel capoluogo sabaudo con 28 pagine dedicate e una tiratura da quasi 40 mila copie. In pagina, a partire dalla prima con importanti fotografie, c’ è l’ attualità ritenuta di maggior interesse popolare, ci sono le inchieste, molta cronaca sulla città e dalla sua provincia, con una pagina riservata alle Persone del territorio, e ancora c’ è molta attenzione agli spettacoli con tanto di guida agli appuntamenti culturali, ogni giovedì. Lo sport si apre, invece, anche ai tornei amatoriali e inaugura due rubriche, a firma rispettivamente di Massimo Gramellini e Massimo Giletti. Sono questi numeri e strategie editoriali dell’ editore Urbano Cairo e del direttore del Corsera Luciano Fontana, insieme al responsabile del dorso torinese Umberto La Rocca e della sua squadra (la lista completa su ItaliaOggi del 8/11/2017), per conquistare Torino. Una città difficile non foss’ altro perché fortemente affezionata al suo quotidiano storico La Stampa, diretta da Maurizio Molinari, e dove viene diffuso anche il più popolare Cronacaqui. Ma si tratta anche di una città «non così differente da Milano», spiega a ItaliaOggi Fontana. «È la seconda capitale del Nord Italia, con molto da raccontare sulla sua cultura e storia imprenditoriale. Il debutto di domani permette al Corriere di presidiare meglio il Nord Italia, già coperto dall’ Alto Adige fino a Firenze». All’ impresa piemontese contribuiscono anche varie firme del quotidiano meneghino di via Solferino 28, tra cui l’ ex direttore Ferruccio de Bortoli, Ernesto Galli della Loggia, Claudio Magris, Pietro Ichino, Gian Antonio Stella e poi Giangiacomo Schiavi, Fiorenza Sarzanini, Marco Imarisio e Danilo Taino. Domanda. Direttore, perché la scelta è caduta proprio su Torino, a parte che Cairo è piemontese e presidente del Toro? Risposta. Il progetto era in campo da tempo. L’ editore ci teneva come tiene ad altri progetti. Il punto di svolta è stato, come in diverse occasioni, trovare il punto di equilibrio economico. Noi eravamo poco presenti in quell’ area geografica, quindi abbiamo margini per crescere sia nelle vendite sia nelle inserzioni pubblicitarie. D. E dopo Torino l’ espansione continuerà? Per esempio, a Genova o in Veneto? R. Non escludo altre iniziative locali, ma al momento non c’ è nulla in programma. Torino è un punto di partenza, innanzitutto da un punto di vista di copertura dell’ intera regione. Ma prima vanno consolidati i risultati iniziali. In Veneto, abbiamo 5 edizioni locali ed è la seconda nostra regione per vendite. D. Ha sentito il direttore Molinari o Mario Calabresi, direttore di Repubblica (sempre gruppo Gedi e anch’ essa presente a Torino)? Peraltro, ieri Repubblica ha lanciato il suo nuovo corso. Sembra un periodo di concorrenza a colpi di novità… R. Non ho parlato con Molinari o Calabresi. Semplicemente non è capitato. Ma, a proposito di concorrenza, penso che tutti i quotidiani si debbano muovere per costruire una platea di lettori che riconosca il valore del buon giornalismo. Poi ognuno procede individuando il proprio percorso di crescita. D. E non ha timore delle nuove iniziative di Repubblica sul digitale? R. Il Corriere della Sera veleggia verso i 40 mila abbonati digitali al solo sito web, a distanza di solo un anno e mezzo dalla presentazione della nostra nuova offerta commerciale. Complessivamente, superiamo i 100 mila sottoscrittori digitali. E senza cannibalizzazione del traffico per Corriere.it. Sempre in un’ ottica di futuro digitale, infine, è appena approdata in via Solferino Milena Gabanelli con la sua videostriscia di 5′ su attualità, grandi temi e big data. D. Tornando a Torino e al giornale di carta, il Corsera come pensa di fare la differenza? R. Penso a un mix focalizzato anche e soprattutto sulla cronaca locale e sul racconto di una città vivace. Ci concentriamo su Torino e provincia, almeno per il momento. Io ho molti dubbi sulle cronache regionali in un paese come l’ Italia dove ogni provincia ha specificità e campanili propri. Credo che la giusta ricetta editoriale sia molta cronaca locale accompagnata dalla cronaca nazionale. E per farlo abbiamo, in media, 20-24 pagine fino a un massimo di 28. Corriere Torino verrà distribuito in tutta la regione perché le decisioni prese nel capoluogo vengono vissute in tutto il Piemonte. D. E farete meno politica, ché tanto annoia i lettori… R. La politica va coperta sui temi e le decisioni che impattano sulla vita della gente. Se dobbiamo parlare di discussioni, variazioni su un tema sempre uguale o approssimazioni, allora l’ interesse cala. Da Torino ci concentreremo su grandi scenari, momenti di svolta e anche personaggi dal territorio meno conosciuti. D. Almeno la giunta della sindaca 5Stelle Chiara Appendino vi darà molti spunti… Anche se non sempre il Movimento ha rapporti sereni con la stampa… R. La giunta attuale è una novità politica interessante. Nel bene e nel male. È sicuramente una bella esperienza da raccontare.
Arriva Sky Q, la tv si vede ovunque
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Il gruppo Sky Italia, nato nel 2003, ha prodotto, finora, un impatto positivo di 32 miliardi di euro sull’ economia italiana. Lo dice con un certo orgoglio Andrea Zappia, amministratore delegato della media company, che ricorda pure come «al momento Sky Italia ha 4.600 dipendenti, in crescita del 19% rispetto a cinque anni fa». Certo, il numero di abbonati è rimasto più o meno fermo nel corso del medesimo periodo, attestandosi attorno a 4,7-4,8 milioni di unità, e bisognerà vedere se l’ aumento dei prezzi dell’ 8,6%, a partire dallo scorso 1° ottobre, avrà degli impatti negativi sulla base clienti. Dalle parole di Zappia, pronunciate nel corso della presentazione della nuova piattaforma Sky Q, si capisce comunque come il suo gruppo televisivo non veda più in Rai o Mediaset i nemici numeri uno. Con Rai, anzi, si tratta sia per i diritti tv della Formula Uno, sia per l’ asta per i diritti tv 2018 dei Mondiali di calcio in Russia, sia per una eventuale spartizione dei diritti in chiaro della Champions league 2018-2021, mentre con Mediaset c’ è una posizione omogenea sui temi dei calendari della Serie A di calcio e delle partite di cartello da mettere in onda in orari di punta per la tv italiana. C’ è tregua col Biscione, perché i veri nemici sono altri (Amazon, Netflix, YouTube ecc), quelli che vengono da Oltreoceano e sono molto diversi dai tradizionali broadcaster televisivi: «Sky Italia è parte di un gruppo europeo, e compete nel globo. I nostri competitor sono a loro volta globali», spiega Zappia, «ma hanno vantaggi competitivi inimmaginabili rispetto a noi che rispettiamo le leggi, i regolamenti e la fiscalità». Riecheggiano, insomma, le frasi che ripete sempre Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, in testa all’ assemblea annuale dei soci del Biscione. Sky, tuttavia, rivendica una sua peculiarità nella spinta all’ innovazione tecnologica e allo sviluppo di una nuova concezione di approccio e consumo dei contenuti. «E, con la presentazione di Sky Q, per noi è come tornare al 2003, quando tutto è cominciato. C’ è la stessa euforia, stiamo rompendo i paradigmi per migliorare l’ esperienza del cliente». Col nuovo decoder, «ma guai chiamarlo decoder», Sky Q (in vendita dal 29 novembre) cerca di rispondere a tutti i nuovi modi di vedere la tv, lineare, on demand, registrata: in casa si possono collegare cinque schermi tv contemporaneamente, via wi-fi e senza fili, portando la qualità in tutte le stanze e senza «dover tirare fili», interrompendo la visione su uno schermo di una stanza per riprenderla esattamente da quel punto sullo schermo di un’ altra stanza. Di questi cinque schermi tv, tre possono andare contemporaneamente con segnali diversi. L’ hard disk di Sky Q ha una memoria di due terabyte, è possibile registrare quattro cose mentre se ne vede una quinta. Le cose che si vedono sugli schermi delle tv di casa possono essere riprese pure su due device mobili. Che poi, fuori casa, possono comunque consentire la visione dei contenuti downloadati o registrati, senza consumare giga. Le serie tv on demand saranno fruibili «alla Netflix», nel senso che alla fine di un episodio parte subito il successivo, ci sarà una home di Sky Q con una sezione My Q che proporrà contenuti raccomandati in base ai gusti di ciascun singolo cliente. Saranno pure caricate varie app, sia di Sky sia di partner esterni. Entro marzo 2018 si partirà con i contenuti in 4K HDR (e qui l’ invito è di cambiare la tv, per gustare al meglio l’ innovazione), e verrà commercializzato anche uno Sky Q più basico (il Black, che si differenzia dal Platinum). Nell’ estate 2018 sarà la volta di Soundbox, in collaborazione con Devialet, con un software per sentire ogni sport e ogni film o serie con livelli audio tarati ad hoc. Ed entro settembre del prossimo anno il nuovo telecomando di Sky Q attiverà il servizio a comandi vocali. Come detto, dal 29 novembre sarà possibile, in tutte le case con una connessione internet fissa, installare Sky Q Platinum e un mini Sky Q in un’ altra stanza al costo di 199 euro. I mini Sky Q aggiuntivi costano invece 69 euro ciascuno. Le funzionalità Sky Q Plus comporteranno spese aggiuntive mensili da 4 euro (per i clienti di lungo corso) a 15 euro (clienti nuovi o con meno di sei anni di anzianità). © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Al via richiesta dei contributi per tv e radio locali. Fino al 21 dicembre le emittenti radio e tv locali potranno presentare le domande online per richiedere i contributi 2016; a gennaio si aprirà la finestra per richiedere i contributi 2017 mentre per i contributi 2018 la presentazione delle domande sarà possibile per tutto il mese di febbraio. È quanto ha reso noto ieri con una nota il ministero per lo sviluppo economico. Dopo 40 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Regolamento che disciplina i nuovi criteri per la concessione dei contributi annuali di sostegno all’ emittenza radiotelevisiva locale e dopo l’ adozione lo scorso 20 ottobre del decreto ministeriale (pubblicato sulla G.U. del 10 novembre), è disponibile da ieri la piattaforma telematica per la presentazione delle domande del contributo, denominata Sicem (Sistema informativo per i contributi alle emittenti locali), realizzata grazie a un progetto congiunto messo a punto da due direzioni generali (Dgrob e Dgscerp) del Mise. I brand digitali del gruppo Mondadori su Google Play Edicola. Tra i siti che vanno ad arricchire il catalogo di Google Play Edicola sono già disponibili: Casabella, CasaFacile, Donna Moderna, Focus, Focus Junior, Giallo Zafferano, Grazia, Icon, Icon Design, Il mio Papa, Interni, Nostrofiglio, Panorama, Panorama Auto, Sale&Pepe, Starbene, Tustyle, Tv Sorrisi e Canzoni. Google Play Edicola è la app di Google attraverso la quale è possibile attivare un abbonamento, gratuito o a pagamento, a riviste, blog e giornali e leggerne i contenuti ottimizzati per la fruizione da smartphone o tablet. Vanity Fair su Amazon Prime Now. Per la prossima stagione dello shopping natalizio Amazon Prime Now, il servizio di consegna entro un’ ora oppure in finestre a scelta di due ore, consentirà ai propri abbonati di aggiungere al carrello di ogni acquisto Amazon una copia di Vanity Fair gratis. È la prima volta in Italia che un giornale viene consegnato da Amazon. L’ operazione sarà attiva a Milano e in 46 comuni dell’ hinterland: Al via Gazzetta Fan News. Ha debuttato ieri la piattaforma partecipativa Gazzetta Fan News, pensata per dare voce e rilevanza al contributo di tutti gli appassionati che hanno sempre sognato di scrivere di sport: sarà realizzata con contenuti completamente prodotti dagli utenti. Il progetto, selezionato da Google per il round 2016 di Dni (Digital News Initiative), è stato sviluppato in meno di un anno ed è pronto in versione beta all’ indirizzo www.gazzettafannews.it. Per partecipare basta registrarsi al sito e inviare una candidatura con un breve articolo di prova. La Gazzetta dello Sport sceglierà gli autori migliori pubblicando gli articoli più interessanti tra quelli ricevuti. Gli utenti di Facebook potranno scoprire di aver seguito Fake News russe. Gli utenti di Facebook potranno presto scoprire se abbiano seguito dei contenuti falsi creati dai russi durante la campagna presidenziale statunitense. Il social network ha annunciato che creerà un portale dove i suoi utenti potranno scoprire se abbiano seguito o messo un «like» a una delle 290 pagine Facebook o account di Instagram creati da una società russa per portare avanti una campagna di disinformazione durante la scorsa campagna elettorale. Lo strumento di ricerca, ha fatto sapere Facebook con un post sul suo blog, sarà operativo alla fine dell’ anno nel Facebook Help Center. YouTube e Twitch, più pubblicità per far fronte a costi elevati. La fine della cosiddetta «net neutrality», la neutralità della rete, proposta dal presidente della Fcc, Ajit Pai, potrebbe costare caro ai servizi di streaming come YouTube di Alphabet e Twitch di Amazon, che utilizzano la banda larga. A dichiararlo è l’ analista Michael Pachter di Wedbush Securities. Al contrario di Netflix e altri servizi streaming, YouTube e Twitch offrono i propri contenuti in modo completamente gratuito, perciò si troverebbero ad affrontare le nuove eventuali spese per avere banda senza poter usufruire del contributo degli utenti. Tali piattaforme saranno costrette, probabilmente, a pubblicare un maggior numero di annunci pubblicitari in modo da compensare le spese più elevate. Integer per X Factor Music District. Integer, l’ agenzia di shopper retail marketing, eventi e promo&activation del Gruppo TBWA Italia, ha collaborato con Sky Italia alla realizzazione di X Factor Music District, l’ area milanese (in Corso Garibaldi 115) dedicata al talent show di Sky e ai suoi artisti. I fan potranno assistere gratuitamente a concerti e live session dei loro beniamini che si esibiranno sul palco e sarà anche presente la radio partner ufficiale, Rtl 102.5, con le dirette live quotidiane.
Smart tv, Publitalia ’80 vara due nuovi format pubblicitari
Italia Oggi
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Publitalia ’80 lancia nuovi formati pubblicitari per smart tv. La concessionaria del gruppo Mediaset presenta infatti Add+Plus, le soluzioni promozionali per smart tv, on air sui canali dell’ emittente lineare in chiaro, da Canale5, Italia1 e Rete4 a tutti i canali tematici della tv di Cologno Monzese, vicino Milano. Nel concreto, con Add+Plus lo spot tabellare viene potenziato attraverso la sovraimpressione di un overlay interattivo, o interfaccia (Add+Over) che, con un semplice ok dato col telecomando, permette al brand di estendere la campagna all’ interno di un minisito televisivo con informazioni supplementari a disposizione del telespettatore. I contenuti aggiuntivi possono essere filmati di approfondimento, immagini e promozioni. Col formato Add+Inside, invece, viene portata in primo piano, all’ attenzione del pubblico tv, una cornice creativa all’ interno dello stesso contenuto editoriale che, a sua volta, consente l’ accesso al minisito. «Le campagne, on air dallo scorso luglio, hanno generato oltre 37 milioni di view e restituito ottime evidenze in termini di engagement dell’ utente», hanno precisato ieri con una nota dalla concessionaria del gruppo Mediaset guidata dall’ amministratore delegato Stefano Sala.
La Rai cerca immobili a Roma e Milano
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FOSCA BINCHER La Rai è pronta a fare i classici scatoloni del trasloco e a cambiare sede per il suo quartiere generale di Roma e per gli studi televisivi di Milano. L’ azienda presieduta da Monica Maggioni e guidata da Mario Orfeo ha infatti pubblicato due indagini di mercato per la ricerca di immobili per le sue nuove sedi. In entrambi i casi cerca contratti di affitto tradizionali con la formula 6+6 per fare traslocare chi oggi occupa il celebre palazzo centrale di viale Mazzini davanti a cui c’ è il cavallo dello scultore Francesco Messina, e chi è sparso nel capoluogo lombardo in diversi studi di registrazione. A Roma la ricerca riguarda un palazzo con superficie fuori terra fino a 30 mila metri quadrati in grado di ospitare nei suoi uffici fino a 1.400 postazioni di lavoro. La sede deve essere all’ interno del grande raccordo anulare, e preferibilmente nei quartieri di Roma Nord, non troppo distante dall’ attuale palazzo di viale Mazzini, da cui si deve andare via da tempo per fare terminare la bonifica delle strutture che contenevano ancora amianto. È possibile però risolvere il problema anche offrendo una distribuzione di quelle 1.400 postazioni di lavoro anche in più palazzi, con la sola condizione che non siano di superficie inferiore ai 7 mila metri quadrati lordi fuori terra, dotati di almeno 300 postazioni lavoro. Nel capitolato tecnico pubblicato la Rai spiega di avere bisogno di due uffici con annessa segreteria e sala riunioni per la Maggioni e Orfeo, più 60 uffici chiusi direzionali, 320 posti di lavoro in uffici chiusi singoli, 400 posti di lavoro in uffici chiusi doppi e 600 postazioni lavoro in open space. Gli uffici direzionali dovranno avere una superficie oscillante fra 18 e 36 metri quadrati, che potranno essere anche fra 18 e 27 metri quadrati per gli uffici chiusi doppi dove non andranno i super dirigenti. Ogni postazione dell’ open space dovrà oscillare invece fra 4,5 e 7 metri quadrati. Nel palazzo dovranno esserci non solo sale riunioni, sale per l’ archivio, locali per la pulizia e aree break, ma anche sale convegni da almeno 200 posti, un ristorante aziendale da 300 posti, una banca, una infermeria, un bar-caffetteria, un ufficio posta, un centro stampa e una biblioteca-sala da lettura di almeno 200 metri quadrati. A Milano invece Rai cerca fra 16 mila e 20 mila metri quadrati il più possibile vicini al centro Rai di corso Sempione. Al suo interno dovranno essere riuniti gli studi televisivi sparsi per la città, e quindi trovare spazio uno studio grande fra 1.200 e 1.500 metri quadrati, tre studi televisivi medi fra 600 e 800 metri quadrati e due studi televisivi piccoli con una superficie compresa fra 500 e 600 mq. Nello stesso palazzo che si sta cercando dovranno esserci «uffici modulabili con una superficie compresa fra 2 mila e 2.500 mq» e «altre aree di supporto logistico e tecnico per circa 10 mila-12 mila mq». I soffitti degli studi più grandi dovranno essere ad almeno 10 metri da terra, quelli degli studi più piccoli a 6,5 metri da terra. riproduzione riservata.
Distinguere le «bufale» è sempre più difficile Ormai sono un’ industria
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FRANCESCO SPECCHIA «Perchè sporcare con la verità un così bel racconto?…» ironizzava il Pulitzer Bob Woodward. Il quale riteneva che nel giornalismo – sin dai tempi delle Hoax, i reportage/frottola del cronista Mark Twain- la verità assoluta non esistesse; e che, al massimo, il giornalista potesse impegnarsi nella «miglior versione possibile della verità». Woodward non conosceva il network di Giancarlo Colono. Colono è titolare della Web365, azienda a conduzione familiare composta da sei persone più un team di giornalistiper diffondere in maniera deliberata bufale, notizie copiate e disinformazione. Un vero network di 170 domini Internet e diverse pagine che fa i soldi spacciando per notizie le bufale, i pezzi di carattere religioso oppure post che puntano sul sensazionalismo anti immigrati e sul clickbaiting, (la tecnica di costruire titoli sensazionalistici per attrarre clic dagli utenti). Un’ inchiesta di BuzzFed ha smascherato il business. Ma ha anche illuminato la fragilità di noi paladini della libera stampa. Solo l’ altro giorno, autorevoli testate nazionali sono cascate nell’ inganno della bambina islamica picchiata dal padre e nella cancellazione totale della Domenica in delle Parodi. Non c’ è da puntare il ditino, ci saremmo potuti cascare tutti. Il filosofo Maurizio Ferraris nel saggio Postverità e altri enigmi (Il Mulino) ritiene che la predisposizione all’ informazione striata di menzogna sia «un’ emergenza che definisce una caratteristica essenziale del mondo contemporaneo: l’ alleanza tra la potenza modernissima del web e il più antico desiderio umano, quello di aver ragione a tutti i costi». Infatti, Ferraris ha ragione. Certo, noi tutti cronisti di mezz’ età, l’ ultima generazione cresciuta sul sudore da suole di scarpe e sul riscontro quasi ossessivo delle fonti, potremmo chiudere il discorso imputando l’ omesso controllo ai colleghi più giovani inchiodati al desk e alle fatiche del copia- e incolla. Ma sarebbe una soluzione semplicistica al problema. La colpa è molto più diffusa. Ed è vero che le fake news, le bufale, sono sempre esistite. Io stesso, nel 1998, ad una Mostra del Cinema di Venezia lanciai nel deserto di notizie, una fake con la complicità dei colleghi delle agenzie di stampa, su una presunta associazione pseudoreligiosa di maschilisti che voleva mettere a ferro e fuoco il Lido per l’ eccessiva presenza di attrice donne. L’ associazione Ri. Ma. , Rifondazione maschilista, esisteva (ne facevo parte); ma non aveva la minima intenzione di fare dichiarazioni bellicose. Ricordo che quella sòla fu ripresa da tutti i quotidiani nazionali; il Tg2 ci aprì perfino il suo approfondimento. Quella goliardata, oggi , è caduta in prescrizione, ma le redazioni potevano evitarla. Oggi è diverso. Oggi vige il “giornalismo a rete” (definizione di Charlie Beckett): chiunque può accedere a molte fonti di informazione e allo stesso tempo «creare un contenuto informativo con bassi costi e alte potenzialità di distribuzione». Le fake sono un’ industria, il fenomeno oramai è incontrollabile. Chi usa notizie false per influenzare le opinioni politiche o per motivi commerciali può, per esempio, contare sull’ «effetto-bolla» dei social network; e Facebook e Google News impaginano le notizie in una modalità omogenea, uguale sia per il Washington Post che per i siti terribili, appunto, di Giancarlo Colono. Quindi la capacità di controllo delle fonti da parte di noi giornalisti è messa a durissima prova. E molti di noi si rendono complici involontari di misinformazione, cioè di condivisione di informazioni false. Altro problema è che i giovani colleghi, privati della consuetudine all’ inviatura e inchiodati al pc in un’ impaginazione talora ai limiti delle catatonia, sempre più spesso difettano di capacità di factchecking, di controllo immediato dei fatti (figuriamoci, non lo facciamo più, ormai demoralizzati, noi vecchi). Tutto questo ci porta ad un concetto di verità molto più lasco di quello di Bob Wooward… riproduzione riservata.
Arriva Sky Q, il decoder che sembra un computer
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In quel tempo c’ era la televisione e gli italiani più poveri si radunavano nelle case di quelli ricchi per guardare Sanremo, le partite o lo sbarco sulla Luna. In quel tempo la tv la si guardava in 10 o anche 20 cristiani tutti assieme. Poi la tv se la sono messa in casa un po’ tutti. Qualcuno l’ ha messa pure al cesso. Poi sono arrivate le tv a pagamento. E i decoder. E le piattaforme che «paghi quel che vedi». L’ inutile preambolo serve solo per introdurre Sky Q: il punto di arrivo di tutto il cucuzzaro. Sky Q è un affare clamorosamente moderno. Avete presente il vostro decoder? Ecco, quello è il Medioevo. Sky Q ha forma simile, ma come dice Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia e forse anche del Paradiso «non chiamatelo decoder, è più simile a un computer». Questa sorta di computer ti permette di realizzare molti video-desideri: lo piazzi in zona-tv, accendi con il nuovo telecomando a prova di smarrimento (se ti finisce sotto il culo e non lo trovi, quello suona e ti dice dov’ è) e subito fai amicizia con la piattaforma. Succede che non devi più aspettare l’ inizio del film o di quel che ti pare, ma guardi il contenuto quando vuoi e lo interrompi alla bisogna. Puoi registrare fino a mille ore di programmi, il menù è immediato, il My Q ti mostra le ultime novità, puoi vedere uno show e in contemporanea un altro con la modalità «schermo nello schermo», la tecnologia 4k hdr (a disposizione entro marzo) ti consente di vedere il mondo più bello di quello che è, il soundbox ti fa ascoltare tutto come se Rambo o Genny di Gomorra fossero in casa tua, mentre il Voice Control (opzione attiva entro settembre 2018) ti permette di «chiedere» direttamente al telecomando e «ottenere» in tempo reale («fammi vedere tutti i film con Edwige Fenech!». E lui te li spiattella sullo schermo in un amen). Il rischio è che ti venga voglia di stare a casa anche oltre il dovuto. Oddio, c’ è la possibilità di vedere la qualunque anche sui vari device («device» = «altri affari tipo il cellulare») grazie allo Sky Go Q, ma è qui che ci sentiamo in dovere di introdurre sua maestà lo Sky Q Platinum. Lo Sky Q Platinum già dal nome è l’ equivalente del fantozziano «Megadirettore», è l’ apparecchio che ti permette di collegare la televisione centrale a tutte le altre in giro per la casa grazie all’ abbinata con i cosiddetti Mini. I Mini sono apparecchietti che «ragionano» con il Platinum senza il bisogno di cavi e cavetti e permettono al papà di vedere la partita in salone, alla mamma di vedere il documentario in cucina e al figlio di rubare indisturbato 20 euro dal portafoglio dei due. Lo Sky Q Platinum è praticamente la salvezza di ogni coppia italiana che oggi arriva al divorzio perché «quell’ infame mi ha fatto vedere Chelsea-Crotone mentre Fedez eliminava Giuditta a X-Factor: signor giudice, pretendo gli alimenti»). In alternativa al Platinum, a partire da primavera, sarà a disposizione lo Sky Q Black, ovvero la versione valida solo per la tv principale e i device. E uno si chiede: «E i prezzi?». Lo Sky Q Platinum compreso di Sky Q Mini costa 199 euro più 4 euro di canone mensile per chi è abbonato da oltre 6 anni e 15 al mese per gli altri. Lasciamo la chiusura a Zappia: «Questo per noi è un nuovo inizio». Non ha davvero tutti i torti. FABRIZIO BIASIN riproduzione riservata Sky Q con il telecomando a prova di smarrimento.
Rivoluzione tecnologica
Il Mattino
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Vietato chiamarlo decoder, termine antiquato cui va preferito piattaforma, una sorta di ecosistema televisivo disegnato come fosse un abito intorno alla figura e ai gusti degli utenti. Più simile a un computer, Sky Q, presentato ieri da Andrea Zappia – promette di trasformare la casa – ma con molte opportunità di visione anche in mobilità – in un ambiente di visione integrato, senza cavi. La navigazione wireless sarà possibile giostrando tra più apparecchi e device, fino a 5 contemporaneamente nello stesso appartamento, con grandi spazi per la registrazione, fino a mille ore in HD, una memoria in pratica illimitata. Di uso piuttosto facile, intuitivo, con un nuovo telecomando che presto sarà fruibile anche tramite la voce, Sky Q promette nei prossimi mesi altri passi importanti verso il futuro, compresa una capacità di riproduzione sonora, di film, documentari, musica, del tutto sorprendenti. Sarà più semplice e rapido cercare i programmi dell’ archivio on demand, chiedendo ad esempio tutti i film disponibili con un certo attore: la televisione come gioco e culla da cui risulterà sempre più difficile staccarsi, anche grazie all’ accesso immediato delle app dedicate all’ informazione, sport compreso. La commercializzazione di Sky Q inizierà il 29 novembre. enzo gentile © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Con il precariato per i giovani rischiamo l’ assottigliamento dell’ attività giornalistica, dice Laura Boldrini, incontrando i rappresentati dei giornalisti. Necessari rigore contro hate speech e fake news
Prima Comunicazione
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“Gli editori sono affetti da una malattia, la miopia. Se non ci sarà nei giornali il ‘lavoro buono’ per i giovani, anziché il precariato, avremo un assottigliamento dell’ attività giornalistica. Non si può chiedere l’ approfondimento e il riscontro dei fatti a un giovane se lo paghi 10 euro a pezzo”. Lo ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini , ricevendo nel suo studio i rappresentanti degli organismi di categoria del giornalismo italiano. Tra i presenti il segretario e il presidente della Fnsi , Raffaele Lo Russo e Beppe Giulietti, il presidente dell’ Ordine Carlo Verna, la presidente dell’ Inpgi Marina Macelloni e il presidente del Fondo per le pensioni complementari Enrico Castelli. Laura Boldrini (foto Olycom) Il segretario Fnsi Lo Russo ha illustrato a Boldrini i motivi della manifestazione in piazza Montecitorio dei giornalisti italiani, parlando di un “attacco concentrico all’ informazione e, indirettamente, ai cittadini e al loro diritto di essere informati”. Al centro delle critiche dei giornalisti il decreto legislativo sulle intercettazioni, la legge per arginare le ‘querele temerarie’ – ferma in quarta lettura in Senato -, e la situazione di precariato: “gli editori sostituiscono il lavoro regolare con i co.co.co”. #giornalisti in #piazza a #Roma #Fnsi #Odg #Casagit #Inpgi pic.twitter.com/E2tX85NGIV – FNSI (@FnsiSocial) 22 novembre 2017 Dalla presidente della Camera è arrivato un appello al mondo del giornalismo perché metta in campo “più rigore” contro il ” discorso d’ odio ” e gli insulti che compaiono sui quotidiani, e contro quei giornalisti che scrivono su siti che diffondono ‘bufale’. ” Le fake news – ha osservato Boldrini – sono un acido che corrode anche l’ informazione ‘mainstream’ , e gli editori non sembrano esserne consapevoli. Occorre difendere il diritto dei cittadini ad essere informati, il che richiede un lavoro che non può essere gratis, richiede formazione e investimenti”. Boldrini ha preso spunto da una osservazione del presidente dell’ Ordine, Carlo Verna, sui recenti titoli del quotidiano ‘Libero’ che sono stati latori di messaggi d’ odio contro i musulmani e contro Renzi. “Tralascio il fatto che la mia persona sia stata spesso oggetto di insulti ma questi cosiddetti giornali dovrebbero destare preoccupazione non solo nei soggetti colpiti in modo persecutorio, ma in tutta la vostra categoria che viene infangata da questi comportamenti”, ha detto ancora Boldrini, rimarcando: “dovrebbe preoccupare tutti per la nostra democrazia che è inondata da una violenza verbale che intossica”. “Penso che certi titoli e certe affermazioni – ha aggiunto – non abbiano riscontro all’ estero; siamo un unicum in Europa”. Boldrini ha sollevato il tema degli insulti che dilagano tra i commenti agli articoli sui siti dei quotidiani: “alcune persone hanno timore di dire la propria opinione per lo squadrismo che li colpirebbe. Questi dibattiti sui siti andrebbero moderati, anche perché sappiamo chi sono quelli che insultano”. La Presidente della Camera ha quindi invitato a vigilare anche su quei giornalisti che scrivono sui siti specializzati in fake news. “C’ è una rete struttura che fa disinformazione, e alcuni di quelli che ci scrivono sono iscritti all’ Ordine dei giornalisti. Occorre più rigore su questo”. “Voi avete un ruolo centrale – ha proseguito – anche perché la politica non si rende conto del problema”. “C’ è una disinformazione messa in campo da altri Paesi per inquinare il dibattito e influenzare i risultati elettorali. Questo non è complottismo, qui c’ è una indagine del Congresso americano, e ci vorrebbe una capacità di indagine anche in Italia”. “Serve una presa di consapevolezza non solo nella politica ma anche nel giornalismo, anche perché non siamo in una situazione normale e l’ Italia non è fuori dal resto del mondo”, ha concluso.
Multi-visione e navigazione più facile La tv satellitare lancia «Sky Q»
Il Giornale
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Passare da una stanza all’ altra di casa continuando a vedere la stessa serie nello stesso punto dove l’ hai interrotta su un altro schermo. In parole complicate «un ecosistema disegnato intorno alla persona per trasformare la casa in un ambiente integrato». È uno dei nuovi miracoli tecnologici che Sky offre da fine mese. Si chiama Sky Q e, in sostanza, è un nuovo set top box che permette ai clienti della tv satellitare di vedere i propri programmi preferiti in maniera più agile e diffusa. Insomma è indirizzata a chi ha proprio voglia di guardare la tv in ogni momento libero. Sky Q permette appunto la multi-visione, che connette tra di loro tutti gli schermi di casa in modalità wireless (fino a due schermi tv e tre device, grazie a quattro Q Mini). Molto importante è anche il fatto che la schermata di Sky sarà molto più fruibile dello stato attuale (anche fuori casa), con maggiore rapidità nel passaggio tra una funzione e l’ altra, con il telecomando che ha il bip per essere ritrovato quando sparisce (nel divano), e soprattutto con la possibilità di vedere le serie una di seguito all’ altro senza dare il comando ogni volta. Molto più potente poi la memoria che consente di registrare fino a mille ore. Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia, lo definisce «un nuovo inizio», come quando 14 anni fa fu fondato il ramo italiano del broadcaster. Il costo dell’ installazione è di 149 euro, con un canone mensile aggiuntivo di 4 euro o 15 a secondo della fedeltà dell’ abbonato. LR.
Sky Q nuova frontiera della tv Palinsesto fai da te su tutti gli schermi
La Stampa
LUCA DONDONI
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Arriva in Italia, riservato naturalmente agli abbonati Sky, il nuovo sistema di visione denominato Sky Q. Serve spiegare subito che si tratta di una nuova piattaforma tecnologica e per questo servirà un nuovo decoder, che promette un’ esperienza di visione «più evoluta» rispetto a quanto accaduto finora. Sky ha capito da tempo quanto la «facilità d’ uso» messa in campo da un concorrente come Netflix sia uno dei motivi per cui il pubblico sceglie di abbonarsi al servizio di streaming online. Ora con Sky Q arriva una risposta. Il nuovo decoder, collegato alla parabola e alla rete Internet, connette tra loro tutti gli schermi della casa. Il decoder principale comunica con gli altri televisori di casa (fino a cinque) e con i device mobili, tablet o smartphone. La visione si può interrompere in qualunque momento e riprendere quando si vuole, sullo stesso schermo o su un altro. Mille ore di contenuti Sky Q Platinum, sul quale sono disponibili tutti i canali satellitari e migliaia di titoli on demand, ha una memoria di due terabyte che consente di registrare fino a mille ore di contenuti in alta definizione e fino a quattro programmi contemporaneamente (mentre se ne vede un quinto). Ieri, l’ amministratore delegato di Sky Italia Andrea Zappia ha spiegato queste «meraviglie tecnologiche» annunciando che sarà possibile prenotare Sky Q già da oggi, mentre la commercializzazione inizierà il 29 novembre. «Il percorso di Sky è iniziato 14 anni fa – ha detto Zappia -, ma ci sono momenti che segnano un vero punto di svolta e il lancio di Sky Q è uno di questi. Oggi proviamo lo stesso entusiasmo e senso di trasformazione che abbiamo provato nel 2003 con la nascita di Sky Italia». Tecnologia nel quotidiano Per vivere l’ esperienza Sky Q sulla tv del salotto e su quella di un’ altra stanza è necessario avere uno Sky Q Platinum e un box, installati al costo di 199 euro. Per avere invece accesso alle funzionalità di Sky Q, è necessario sottoscrivere il pacchetto Sky Q Plus che Sky offre a condizioni vantaggiose ai clienti abbonati da almeno sei anni. Per raccontare ancora meglio di cosa si tratta basti pensare che tutti i programmi lineari, on demand o registrati, con Sky Q sono disponibili con immediatezza e, grazie alla nuova interfaccia grafica la scelta dei diversi programmi diventa semplice e intuitiva. «Con Sky Q la tecnologia entra nella quotidianità – ha aggiunto il dirigente -. Non a caso una delle parole chiave della campagna di lancio di Sky Q sarà “Tecnologioia”, proprio per dare il senso di come la tecnologia possa migliorare la vita delle persone». Dopo un periodo di qualche mese dal lancio Sky Q nei prossimi mesi si arricchirà con una serie di nuovi servizi e funzionalità. In primavera arriverà anche Sky Q Black, in 4K HDR, un nuovo standard di definizione delle immagini. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
STrump mette le ganasce a internet per spennare i giganti dell’on line
Libero
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UGO BERTONE Internet, si cambia. In America, per ora. La Fcc, la commissione federale Usa che si occupa delle comunicazioni, ha deciso di proporre a maggioranza (tre a due) l’ abolizione della “net neutrality”, ovvero del principio che obbliga gli internet provider, cioè chi mette a disposizione i binari su cui viaggia il sistema, a trattare allo stesso modo tutti i contenuti ricevuti dall’ utente, impedendo di rallentare o velocizzare determinate fonti per seguire logiche aziendali o commerciali. Al contrario, se tra qualche settimana (probabilmente non più di un paio), cadrà l’ obbligo di trattare tutti allo stesso modo, gli utenti dovranno scegliere se accontentarsi di un Internet lento (un regionale, per proseguire nella metafora ferroviaria) o se accedere, a pagamento, ad un Frecciarossa, che consentirà di scaricare dati, film o altri contenuti ad alta velocità. La novità, ad opera del neo presidente della Fcc, Ajit Pai, il repubblicano poco più che quarantenne, che Donald Trump ha voluto promuovere per cancellare le norme volute da Barack Obama avevano sancito il primato della net neutrality, riguarda naturalmente solo gli Stati Uniti. Ma non è difficile prevedere che la svolta Usa, il mercato leader dell’ era digitale, finirà con il dettare le sue soluzioni un po’ ovunque. Del resto, anche in Europa, dove solo l’ Olanda ha disposto per legge l’ osservanza della net neutality, non mancano esempi di promozione commerciale in cui il provider si allea con il fornitore di contenuti. In Spagna, ad esempio, chi compra il pacchetto video può guardare tutti i contenuti di Netflix, HBO, YouTube e Dailymotion sul proprio smartphone senza consumare dati e pagando 17 o 8 euro al mese, dipende se li vuole in HD oppure no. In America, se passerà il provvedimento, verranno avvantaggiate le vaie telecom (At&t, Verizon, Comcast per citare alcuni Big) che potranno decidere se creare corsie veloci (tipo i fast track in aeroporto per saltare la coda) oppure privilegiare i servizi creati in caso o offerti in esclusiva ai propri abbonati. Basterà disporre di una chiave o password per entrare nel mondo degli eletti. Anche in questo caso il precedente Usa è meno distante dalla realtà di casa nostra di quel che non si creda. Proprio in questi giorni, nell’ ambito della possibile pace tra Vivendi e Mediaset, si sta trattando la cessione di alcuni contenuti del Biscione alla joint venture tra Tim e Vivendi. Tra questi, potrebbero, ad esempio, figurare anche le partite della serie A. E chi non intende pagare per fruire dei servizi del web? I provider permetteranno un accesso limitato ad alcuni servizi, naturalmente a velocità ridotta. Un vincolo che sta già suscitando fiere proteste per l’ accesso alla Rete ormai considerato, specie negli States, alla strenua di un diritto. Ma non tutti sono d’ accordo con questa linea. Secondo la Fcc, che fa notare come, in media, le famiglie americane utilizzino almeno due provider, è arrivato il momento di mettere ordine nella gestione degli accessi. A rendere indispensabile una distinzione tra il traffico di prima classe e gli altri vagoni è non solo la crescita esponenziale del traffico, ma le nuove esigenze dell’ economia digitale. La linea dedicata superveloce, ad esempio, si rende necessaria per la gestione del traffico automobilistico. Già oggi, ancor prima dell’ avvento delle vetture a guida autonoma, molti servizi legati all’ auto “intelligente” richiedono connessioni veloci e sicure che non possono essere messe a rischio da un improvviso affollamento di richieste (per giunta a gratis) a YouTube. Ovviamente, dietro il dibattito si agitano interessi multimiliardari: la fine della net neutrality danneggia, almeno sulla carta, Facebook e Google, comunque abbastanza potenti per farsi carico di costi aggiuntivi (da caricare altrove). Sotto tiro è senz’ altro Netflix. Anche se il colosso dello streaming ha già avviato una politica di alleanze e promozioni (anche in Italia) che lo mettono al riparo da brutte sorprese e, in compenso, alza una barriera nei confronti dei concorrenti più deboli. Dal punto di vista politico la decisione segna senz’ altro un punto a favore dei provider a danno dei giganti del web, da Amazon o Google, ostili al president. Ma non va dimenticato che mister Pai aveva promesso di abrogare la net neutrality fin dal suo insediamento alla Fcc nello scorso aprile: prima o poi, la squadra di Trump, rispetta gli impegni presi. Un vizio che nel Bel Paese si stenta a capire. riproduzione riservata La trasformazione digitale «non è il lavoro di una sola azienda, è un compito per il Paese». Amos Genish, amministratore delegato di Tim, ha anticipato le linee generali del Piano industriale 2018-2020 a margine dell’ evento “Digital Horizon”, che farà dell’ azienda «un player digitale puro, non più un operatore delle comunicazioni». Ma, soprattutto, ha aperto a una piena collaborazione col governo. «Abbiamo tutte le intenzioni di conformarci alle indicazioni del Golden power», ha assicurato ai cronisti, parlando di «un obbligo base per Tim», dal momento che si tratta di «una decisione basata sulla sicurezza nazionale e sull’ evoluzione dei servizi essenziali che servono al Paese». Le uniche anticipazioni del manager israeliano sono di contesto generale, che prevedono per la società «l’ inizio di un lungo ciclo di investimenti». E la «domanda chiave non è quanto investiremo ma in cosa e dove», chiarendo che non si punterà più sulle vecchie reti ma sulla tecnologia. «Questo – ha assicurato – sarà il grande cambiamento e porterà risultati migliori per i consumatori e al Paese». Parole evidentemente apprezzate dai mercati: a Piazza Affari il titolo Tim ha infatti chiuso in progresso dell’ 1,32% a 0,69 euro. Il top manager ha assicurato – commentando l’ ipotesi di collaborazione con la concorrente Open Fiber – è disponibile a lavorare con «chiunque per realizzare la copertura del Paese in banda larga». Anche se solo pochi giorni addietro era stata escluse un’ eventuale fusione dell’ infrastruttura Tim con quella di Open Fiber, lasciando socchiusa la porta a possibili accordi commerciali. riproduzione riservata BUDDY FOX «E quindi uscimmo a riveder le stelle», le stelle come meta e sollievo, sono le stelle che Dante “abbraccia” all’ uscita dall’ inferno e sono sempre le stelle, intese come le eccellenze italiane, il settore che negli ultimi anni è riuscito a tracciare la linea e a trascinare Piazza Affari fuori dalle tenebre di questa lunga crisi economica e finanziaria. Ma ci sono stelle e stelle, anche nel bellissimo firmamento di Piazza Affari, non tutte brillano con la stessa intensità, talune sono visibili anche di giorno, altre rischiano l’ opacità. E proprio in quest’ ultima categoria, rischia di finire Ima, un’ eccellenza italiana, oggi a causa di un’ operazione goffa, rischia l’ appannamento. Mi riferisco al 2 ottobre scorso, quando Ima presenta alla platea Gima TT, la Ferrari della sua scuderia, la scorpora e la quota in borsa. Risultato: il primo giorno di contrattazione, il titolo Gima TT pur collocato al prezzo massimo della forchetta, 12,5 euro, strappa al rialzo del 22%, mentre le Ima rimangono ferme, ma già il giorno successivo mentre la prima resta in alto, la capogruppo cala. La forbice inizia ad allargarsi. Un’ eccellenza in più entra a far parte di Piazza Affari, scorporandola Ima la valorizza, dove sta il problema? Il problema è per i vecchi azionisti di Ima, che passivamente assistono all’ operazione. Se al Barcellona togli Messi, senza reinvestire il ricavato, i catalani restano sempre una grande squadra, ma perdono molto potenziale. Certo, i cassettisti di Ima non si possono lamentare, da quota 8 euro del 2009 siamo arrivati a 80 euro, il tutto corredato da ottimi e costanti dividendi, ma si sa che l’ azionista guarda sempre davanti. Un dividendo straordinario potrebbe essere un ottimo contentino. Un altro atteggiamento sarebbe riuscito nell’ intento di mantenere la botte piena e la moglie ubriaca. Come fece Marchionne con la quotazione di Ferrari, agli azionisti di Fca diede in omaggio azioni del cavallino. I Vacchi ora promettono nuovi acquisti. Basteranno per sostituire Messi? PIAZZA AFFARI: come ho scritto la scorsa volta, a 22.000 la mini correzione poteva considerarsi conclusa. La conferma nel dopo EMA, una bocciatura che invece di penalizzare la borsa, le ha dato nuovo slancio. Sopra 22.500 ci prepariamo per il rally di Sant’ Ambrogio. IMA – GIMA TT: la soluzione è nello “switch”, dalla madre alla figlia. Anche per la borsa l’ incantesimo si è rotto. Meglio traslocare, o anche solo spezzare, una parte fedele a Ima e l’ altra sul nuovo cavallo. CARIGE: Malacalza come non era Re Mida ai tempi di Pirelli, così non è diventato uno sciocco con Carige. Da questo aumento o si esce brillanti, o si è seppelliti dentro la banca. Io aderisco all’ aumento. TWITTER: l’ uccellino vola senza far rumore. Questa volta andiamo su, molto su. AEDES: in trepidante attesa del ballo del mattone. Sopra 0,63 si incendieranno anche gli warrant. BE: e quando parli di stelle può dimenticare lei? La nostra preferita, fedeli da ormai 5 anni. Siete pronti? Allacciate le cinture, si riparte per i massimi. Una piccola stella che prima o poi verrà notata dai giganti. paninoelistino@gmail.com riproduzione riservata Amos Genish, amministratore delegato Tim Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump Amos Genish, amministratore delegato Tim Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump
«Rilanciamo le edicole»
La Gazzetta del Mezzogiorno
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a È possibile rilanciare le edicole cittadine. Ne è convinto Gianni Porta, consigliere comunale di Rifondazione, che, forte del protocollo siglato, nelle scorse settimane, tra Anci e Federazione editori giornali, invita l’ amministrazione a convocare i gestori, insieme ai sindacati, per ragionare insieme sul protocollo. «Il 2 ottobre l’ Anci e la Fieg – sottolinea Porta – hanno sottoscritto un protocollo teso a rilanciare il ruolo delle edicole nella vendita dei giornali e periodici, salvaguardare la rete esistente ammodernandola e potenziandola e moltiplicare le occasioni di incontro tra le testate e il lettore. Ciò che vi è di nuovo nell’ accordo – continua – è l’ intenzione di garantire nuove fonti di reddito agli edicolanti attraverso l’ amplia mento delle categorie di beni e di servizi offerti al pubblico e la possibilità di svolgere l’ inter mediazione di servizi a valore aggiunto a favore delle amministrazioni territoriali». [l.d’ a.]
Domani i giornalisti in piazza «Non casta, categoria a rischio»
Il Giorno (ed. Milano)
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– MILANO – DOMANI alle 11 i giornalisti manifestano in piazza della Scala. Con l’ Associazione lombarda dei giornalisti, per portare l’ attenzione dei politici e dei cittadini su quella che il sindacato inquadra come «una vera emergenza per la categoria». In Lombardia, motore dell’ editoria italiana, nel 2017 si contano 4.301 giornalisti con contratto da dipendente, il 16% in meno dei 5.114 di cinque anni fa; quelli col contratto principale Fnsi-Fieg dal 2012 sono diminuiti del 17%, da 4.600 a 3.829. Le loro retribuzioni del doppio, il 33%. Per i freelance le retribuzioni medie sono passate dai 19.580 euro annuali del 2012 a 18.389 l’ anno scorso, e se un 50enne guadagna in media 20.800 euro gli under 30 si fermano a 10.100, gli under 40 a 15.700. I co.co.co prendono 14.348 euro rispetto ai 15.000 del 2012 e sono diminuiti da 2.109 a 1.708. «Niente casta, ma una categoria impoverita, a rischio» sottolinea l’ Alg: più precaria e ricattabile, il che «mette in pericolo il bene primario per la democrazia di un’ informazione di qualità, libera e indipendente». «Chiediamo un nuovo patto sociale con gli editori – spiega il presidente della Lombarda Paolo Perrucchini -, un rinnovo contrattuale che tenga conto delle nostre esigenze. Al Governo e alle istituzioni chiediamo iniziative ad hoc».
I rappresentanti dei giornalisti in piazza: “Un giornalismo precario rende precaria la democrazia” – Articolo21
Articolo21
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TweetFnsi, Ordine, Inpgi, Casagit, Fondo di previdenza complementare, associazioni che lottano per la libertà di stampa, tra cui Articolo21 e la rete NoBavaglio, cronisti minacciati e sotto scorta insieme per chiedere a governo e parlamento interventi in tema di occupazione regolare, abolizione del carcere, contrasto alle querele temerarie e a nuovi e vecchi bavagli. Il 6 dicembre incontro con il presidente Paolo Gentiloni.Giornalisti provenienti da tutta Italia si sono ritrovati oggi in piazza, davanti a Montecitorio, con i rappresentanti degli enti di categoria per denunciare l’ inerzia di governo e parlamento sui problemi del mondo dell’ informazione e per richiamare l’ attenzione delle istituzioni e dell’ opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere informati. Temi ribaditi anche ai presidenti di Camera e Senato, che hanno chiesto di incontrare i rappresentanti dei giornalisti. Anche il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha convocato i vertici della categoria per il prossimo 6 dicembre. «Il diritto di cronaca è sotto attacco da più parti e con esso la libertà di stampa. I temi delle querele bavaglio, del carcere per i giornalisti, delle minacce e delle aggressioni ai cronisti, i pericoli contenuti nel decreto di riforma delle intercettazioni – ha detto il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti aprendo i lavori – sono gli stessi che sottoponiamo a politica e istituzioni dall’ inizio di questa legislatura».Insieme a questi temi si impone sempre più il problema del precariato dilagante nel settore del giornalismo. «Il motto di questo presidio, “Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie”, in definitiva significa democrazia precaria. A chi ha espresso solidarietà ai giornalisti minacciati e aggrediti negli ultimi giorni – ha spiegato il segretario generale Raffaele Lorusso – chiediamo di adoperarsi in parlamento per dare via libera ai provvedimenti a difesa del diritto di cronaca. E al governo facciamo notare che, a fronte degli interventi economici disposti in favore degli editori, nulla è stato fatto per rilanciare l’ occupazione regolare e contrastare l’ uso improprio del lavoro autonomo nelle redazioni. Giornalisti senza diritti sono giornalisti più deboli e ricattabili. Ne va del diritto dei cittadini ad essere informati».In piazza, insieme ai consiglieri nazionali della Fnsi e ai rappresentanti delle Associazioni regionali di Stampa, anche il Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti, il direttivo dell’ Ordine dei giornalisti del Lazio, gli attivisti di Libera, l’ Usigrai, l’ Unione giornalisti pensionati, i rappresentanti delle associazioni che lottano per la libertà di informazione, come Articolo21 e la rete Nobavaglio. «Senza libertà di stampa la democrazia soffoca, siamo qui con i colleghi di Inpgi, Casagit, Fnsi e Fondo di previdenza complementare per ribadirlo tutti insieme», ha osservato il presidente nazionale dell’ Ordine, Carlo Verna.La presidente dell’ Inpgi, Marina Macelloni ha ricordato che «nel solo 2017, dopo 5 anni di crisi, sono stati persi 800 posti di lavoro stabile. Lavoro che manca e lavoro senza diritti indeboliscono l’ istituto e questo è un danno per tutti i giornalisti». Il presidente della Casagit, Daniele Cerrato, ha rilevato come un giornalismo senza diritti renda «le vite dei giornalisti sempre più precarie». E il presidente del Fondo di previdenza complementare, Enrico Castelli, ha ribadito l’ unità dei rappresentanti della categoria per la difesa del giornalismo libero e autorevole, pilastro della democrazia. Mentre il presidente dell’ Unci, Alessandro Galimberti, ha chiesto norme a tutela del segreto professionale, «per la tutela delle fonti dei giornalisti e del diritto dei cittadini a sapere cosa accade nelle loro città».In piazza anche giornalisti precari minacciati per via del loro lavoro e i giornalisti costretti a vivere sotto scorta. «Con il nostro lavoro – ha concluso il responsabile per la legalità della Fnsi, Michele Albanese – tuteliamo il diritto dei cittadini ad essere informati. Lo facciamo con grande sforzo e grandi sacrifici, ma con la consapevolezza di lavorare al servizio della libertà del Paese e dei nostri concittadini».Prima del presidio presidente dell’ Ordine e segretario generale e presidente della Fnsi sono stati ricevuti dal presidente del Senato, Pietro Grasso. A conclusione del sit-in una delegazione più ampia, composta dai rappresentanti di Ordine e Fnsi e dai presidenti degli enti di categoria, ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini.Le iniziative di mobilitazione promosse dagli organismi di rappresentanza dei giornalisti per richiamare l’ attenzione delle istituzioni e dell’ opinione pubblica sulla necessità di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati, le iniziative legislative contro le “querele temerarie” e l’ abolizione del carcere per i giornalisti, i temi al centro del colloquio con il presidente Grasso.Con la presidente Boldrini si è discusso di precariato nel settore giornalistico e dello stretto rapporto tra le condizioni di precarietà in cui sono costretti a lavorare sempre più giornalisti e il valore di una informazione di qualità nel contrasto alle fake news.«Gli editori sono affetti da una malattia, la miopia. Se non ci sarà nei giornali il “lavoro buono” per i giovani, anziché il precariato, avremo un assottigliamento dell’ attività giornalistica. Non si può chiedere l’ approfondimento e il riscontro dei fatti a un giovane se lo paghi 10 euro a pezzo», ha ribadito la presidente della Camera.«Questa miopia degli editori, che precarizzano il lavoro giornalistico, è nemica di quella qualità dell’ informazione necessaria a contrastare le fake news, che sono un acido che corrode anche l’ informazione “mainstream”, ma gli editori non sembrano esserne consapevoli. Occorre difendere il diritto dei cittadini ad essere informati, il che richiede un lavoro che non può essere gratis, richiede formazione e investimenti», ha ribadito la presidente Boldrini, che ha poi lanciato un appello al mondo del giornalismo perché metta in campo «più rigore» contro i “discorsi d’ odio” e gli insulti che compaiono sui quotidiani, e contro quei giornalisti che scrivono su siti che diffondono fake news.