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Rassegna Stampa del 13/11/2017

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Indice Articoli

Un sostegno a 360° per l’ arte

Tv: Topolino a caccia dello squalo Disney vuole Fox contro Netflix & Co.

Contributi editoriali due rinvii a giudizio

TUTTO L’ORO CHE CI GIOCHIAMO

La Figc senza Mondiale rischia un buco di 100 milioni

Un sostegno a 360° per l’ arte

Italia Oggi Sette
BRUNO PAGAMICI
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In arrivo il codice dello spettacolo e la riforma organica del settore, con agevolazioni fiscali e fondi a favore delle zone terremotate del Centro Italia. Con l’ approvazione, l’ 8 novembre, da parte della Camera del disegno di legge «Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al governo per il riordino della materia», già approvato dal Senato, è stato attuato un intervento normativo finalizzato a dare una risposta legislativa a un settore che attende una riforma da oltre 30 anni. Il provvedimento reintroduce il credito d’ imposta a favore delle imprese del settore, estende l’ Art bonus per favorire le erogazioni liberali a favore della cultura e dello spettacolo, prevede uno stanziamento di fondi per attività culturali nelle zone del Centro Italia colpite dal sisma, semplifica gli iter autorizzativi e gli adempimenti relativi allo svolgimento di attività di pubblico spettacolo, inclusa l’ autorizzazione di pubblica sicurezza. Con la nuova legge, lo spettacolo è riconosciuto come un fattore fondamentale per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale e veicolo indispensabile di diffusione della conoscenza della cultura e dell’ arte italiana in Europa e nel mondo, nonché componente dell’ imprenditoria culturale e creativa e dell’ offerta turistica nazionale. Viene anche richiamato il valore educativo e formativo dello spettacolo, come strumento per favorire l’ integrazione e superare il disagio sociale. La legge inoltre inquadra le attività di spettacolo nella disciplina del terzo settore dettata dal dlgs 117/2017. Delega al governo. Sul piano strettamente normativo, la legge reca una delega al governo ad adottare, entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per: – il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e di quelle regolamentari che disciplinano l’ attività, l’ organizzazione e la gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche; – la riforma, la revisione, e il riassetto della disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche. Al contempo, viene disposto che a ciò si dovrà provvedere mediante la redazione di un unico testo normativo denominato «Codice dello spettacolo». L’ intervento è finalizzato a dotare il settore di un assetto più efficace, organico e conforme ai principi di semplificazione delle procedure amministrative e di ottimizzazione della spesa, ed è volto a migliorare la qualità artistico-culturale delle attività, incentivandone la produzione e l’ innovazione, nonché la loro fruizione da parte della collettività, con particolare riguardo all’ educazione permanente. Tra i principi e i criteri direttivi per l’ esercizio della delega, la nuova legge di riordino dello spettacolo delega la razionalizzazione degli interventi di sostegno dello Stato, a cui sono attribuiti, fra l’ altro: – la gestione del Fondo unico per lo spettacolo (Fus); – la promozione della diffusione delle produzioni italiane ed europee dello spettacolo, nonché delle opere di «giovani» artisti e compositori emergenti, attraverso appositi spazi di programmazione nelle piattaforme radiotelevisive, anche mediante la previsione di specifici obblighi di trasmissione nel contratto di servizio tra il Mise e la Rai; – la promozione tra le giovani generazioni della cultura e delle pratiche dello spettacolo, anche mediante le nuove tecnologie, attraverso misure rivolte alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e agli enti o istituti di alta formazione; – la promozione dell’ integrazione e dell’ inclusione, attraverso attività formative, nonché mediante la pratica e la fruizione delle attività di spettacolo anche in contesti disagiati. Incentivi fiscali. La legge estende il c.d. art-bonus e promuove la produzione musicale delle opere di artisti emergenti. Innanzitutto, viene previsto che il credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura (pari al 65% delle erogazioni effettuate) spetti anche per le erogazioni liberali in denaro effettuate per il sostegno delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione. Inoltre, viene stabilizzato il «credito d’ imposta musica» a favore delle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali, nonché delle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo. Il beneficio fiscale verrà riconosciuto anche per le opere terze. Fondo per lo spettacolo. La legge incrementa la dotazione del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) di euro 9,5 milioni annui per il 2018 e il 2019 e di euro 22,5 milioni annui dal 2020. Inoltre, viene autorizzata per il 2018 la spesa di 4 milioni di euro in favore di attività culturali (spettacoli dal vivo) nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Il Fus, istituito dalla legge 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell’ intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale strumento di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo, e lo è stato, fino al 2016, anche per il settore della cinematografia (per il quale, dal 2017, è stato istituito, ai sensi della legge 220/2016, l’ apposito Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’ audiovisivo). Attualmente, le finalità del Fus consistono nel sostegno finanziario a enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all’ estero. Teatri, spettacoli e carnevali. La legge reca ulteriori principi e criteri direttivi specifici, riferiti ai settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti e delle attività circensi, nonché dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche. Per tutti i settori indicati, si tratta, in particolare, di: – ottimizzare l’ organizzazione e del funzionamento dei diversi settori, sulla base dei princìpi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, efficienza, corretta, migliore e responsabile gestione, economicità, imprenditorialità e sinergia tra i diversi enti e soggetti operanti in ogni settore, o nell’ ambito di settori diversi; – riconoscere il ruolo dell’ associazionismo nell’ ambito della promozione delle attività di spettacolo; – ottimizzare le risorse attraverso l’ individuazione di criteri e modalità di collaborazione nelle produzioni. Giovani. Vengono introdotte norme volte all’ avvicinamento dei giovani alle attività di spettacolo, creando un efficace percorso di educazione delle nuove generazioni. In particolare, alla promozione di programmi di educazione nei settori dello spettacolo nelle scuole di ogni ordine e grado, si prevede che sia destinato (annualmente) almeno il 3% della dotazione del Fondo unico per lo spettacolo. Fondazioni lirico-sinfoniche. Viene posticipato (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il momento a partire dal quale le fondazioni lirico-sinfoniche saranno inquadrate, alternativamente, come «fondazione lirico-sinfonica» o «teatro lirico-sinfonico». Viene prevista inoltre la revisione dei criteri di ripartizione del contributo statale, anche tramite scorporo delle risorse ad esse destinate dal Fus. Lavoratori dello spettacolo. Il legislatore opera inoltre una revisione delle disposizioni in materia di lavoro nel settore dello spettacolo. In particolare, si prevede una disciplina che, in armonia e coerenza con le disposizioni generali in materia, regolamenti il rapporto di lavoro nel settore dello spettacolo in modo sistematico e unitario, con le opportune differenziazioni correlate alle specifiche attività, tenendo conto anche del carattere intermittente delle prestazioni lavorative con riferimento alle specificità contrattuali e alle tutele sociali anche previdenziali e assicurative. Internazionalizzazione. Viene previsto il sostegno alla diffusione dello spettacolo italiano all’ estero e ai processi di internazionalizzazione, in particolare in ambito europeo, attraverso iniziative di coproduzione artistica, collaborazione e scambio, favorendo la mobilità e la circolazione delle opere e lo sviluppo di reti. In particolare viene disposto il sostegno all’ internazionalizzazione delle produzioni di giovani artisti italiani, nonché degli spettacoli di musica popolare contemporanea, anche attraverso iniziative di coproduzione artistica e collaborazioni intersettoriali. © Riproduzione riservata.

Tv: Topolino a caccia dello squalo Disney vuole Fox contro Netflix & Co.

Affari & Finanza

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Stefano Carli V enderà o non venderà? La domanda cruciale attorno all’ affare Disney-Murdoch che ha infiammato listini, analisti e banche all’ inizio della scorsa settimana è tutta qui. Perchè la sola certezza nell’ ipotesi circolata a seguito di un lancio della Cnbc (il canale di business news che fa capo alla Comcast)e che non ha ricevuto alcun commento da nessuna delle due parti interessate, è che Disney ha tutte le intenzioni di comprare. Ma non si sa se la famiglia Murdoch sia davvero disposta a vendere la fetta più grossa del gruppo Fox: canali tv via etere e via cavo, gli studios di produzione della Fox e perfino le due grandi partecipazioni internazionali, Sky in Europa e Star in India, per tenersi solo Fox News e Fox Sport. Da un punto di vista industriale l’ operazione c’ è tutta. Il settore media negli Usa è alle prese con il ciclone della streaming tv: Netflix e Amazon stanno sconvolgendo, ancor più che in Europa, più tradizionalista, gli ascolti tv. «Le major hanno bisogno per poter competere di avere accesso diretto a piattaforme di distribuzione -spiega Augusto Preta, direttore di ItMedia Consulting – e soprattutto devono poter controllare direttamente il canale online per operare sullo stesso piano delle streaming tv. Anche perchè sono queste ultime che si stanno avvantaggiando del cosiddetto “cord cutting”, ossia il passaggio degli utenti da abbonamenti impegnativi come quelli delle pay tv, con vincoli contrattuali e costi elevati, a sistemi come Netflix, appunto, in cui si paga mese per mese un forfait onnicomprensivo. E tutto questo finisce così per erodere la base clienti delle pay tv tradizionali». Nel mondo prima di internet le major producevano e le tv compravano e a caro prezzo. Ora però con i grandi network tv sotto scacco tutto si complica. Come in una reazione a catena, la maggior richiesta di contenuti pregiati ha dapprima creato pressione sui prezzi dei diritti, a cui le streaming tv, sempre Netflix e Amazon in testa, hanno risposto iniziando a loro volta a produrre ed entrando in competizione diretta con le major. Come sempre in questi casi la risposta da parte del mercato è: concentrazione. A questo risponde la logica dell’ acquisizione da parte di At&t,la telco numero uno del mercato Usa, di Time Warner, operazione al momento ferma in attesa di autorizzazioni antitrust che stanno tardando più del previsto. Ma alla stessa logica risponde l’ offerta, anche questa in corso, da parte del gruppo Fox, per acquisire il 100% del gruppo Sky (pay tv via satellite in Italia, Germania e Gran Bretagna) di cui possiede il 39%. Detta così sembra poco ma è un’ Opa da 11 miliardi di sterline. Tutto assieme il gruppo Fox non è un boccone piccolo: 30 miliardi di dollari di ricavi sul mercato Usa, 50 d i capitalizzazione. È un gruppo in crisi? No, non oltre la media del settore. Certo, ha sofferto lo stop ricevuto tre anni fa al tentativo di acquisire a sua volta il gruppo Time Warner (ma all’ epoca venne stoppata anche una quasi contemporanea offerta di Comcast) ma non si può dire che il presente sia problematico. Anzi, mercoledì scorso, due giorni dopo l’ indiscrezione della Cnbc, sono usciti i dati della trimestrale che sono stati sopra le attese dei mercati, con ricavi pubblicitari in crescita. I problemi sono caso mai più dalla parte di Disney, la “House of Mouse” è un gigante. Oltre 55 miliardi di dollari di ricavi, 150 di capitalizzazione, il triplo di Fox. Negli scorsi anni ha fatto molto shopping tra le case di produzione e se il contenuto è il re, la Disney dovrebbe essere il suo regno. Ma è un regno senza infrastrutture. Soprattutto una volta andata in porto l’ operazione At&t-Time Warner, resterebbe “isolata”. Comcast è un gruppo integrato: è il maggiore operatore via cavo Usa, ha poi iniziato ad offrire connettività internet e ha un suo servizio di streaming tv. E indiscrezioni uscite sulla stampa Usa dicono che se davvero i Murdoch vendessero, anche Verizon, il concorrente di At&t, potrebbe entrare in partita. A spingere Disney verso l’ ipotesi di formulare un’ offerta per Fox potrebbe poi essere il fallimento di un tentativo di creare una sua streaming tv in casa. Lo ha fatto nel Regno Unito, lanciando due anni fa Disney Life, una streaming tv di cartoni e contenuti per bambini a 9,99 sterline al mese, ma la cosa non ha funzionato. Segno che la gestione di abbonati, pagamenti e software non è cosa che si possa inventare. Ora Bob Iger, il ceo di Disney, è corso ai ripari e si è rivolto al mercato, come già dieci anni fa, all’ inizio della rivoluzione internet e del trattamento digitale delle immagini, quando risolse i suoi ritardi comprando la Pixar. Nei mesi scorsi ha infatti perfezionato l’ acquisizione di Bam-Tech, una streaming video company creata dalla Major League di baseball: un investimento da 2,6 miliardi di dollari. Nelle scorse settimane ha annunciato il lancio di due nuovi servizi online nei prossimi 18 mesi. Uno legato allo sport (ma senza andare ad intaccare il ricco portafoglio di diritti di basket e baseball che la sua Espn vende alle pay tv), l’ altro di film. Ma, come si vede dalla tempistica, non sono soluzioni in grado di dare effetti nel breve periodo. Di qui le voci su un’ operazione più corposa. Gli incontri ci sarebbero dunque stati. Non alla presenza di banchieri d’ affari e avvocati ma solo di manager. Non si sarebbe quindi parlato di cifre né di aspetti operativi. Potrebbe anche essere stato solo un ballon d’ essay per vedere anche le reazioni dei mercati (positive per entrambi i titoli). Un’ iniziativa che oltretutto non bloccherà, come qualcuno aveva temuto all’ inizio, l’ Opa sul 100% di Sky, attualmente in attesa di un ok definitivo da parte del governo britannico, che tarderà ancora per i tentennamenti del debole premier Theresa May, ma che dovrebbe infine arrivare. C’ è però una possibilità più minimalista: che Disney e Fox si siano incontrati anche per decidere il futuro di Hulu, la streaming tv di film senza pubblicità nata in parte gratis e in parte in abbonamento. Hulu è nata nel 2007, un anno prima dello sbarco online di Netflix, ha circa 12 milioni di abbonati, un marchio ormai noto negli Usa ma è un’ arma commercialmente spuntata perché ha troppi azionisti pesanti. È infatti controllata con il 30% ciascuno da Disney, Fox e Comcast, con un ultimo 10% di Time Warner. Alla fine resta l’ incognita delle reali intenzioni dei Murdoch. Certo, molto dipenderà dall’ assegno che le casse di Topolinia potrebbero staccare in loro favore. Ma al fondo c’ è che si tratta di un impero familiare e le strategie del vecchio Rupert nel corso degli anni non hanno mai distolto lo sguardo dall’ obiettivo di preparare un passaggio del testimone ai figli James e Lachlan. Anche nel caso, un paio di anni fa, della divisione in due degli asset tra NewsCorp e Fox. Suona comunque singolare che alla fine i Murdoch possano ritrovarsi a fare la stessa cosa da cui sono partiti molti anni fa: news e giornali. Sicuramente però di gran lunga più ricchi. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Contributi editoriali due rinvii a giudizio

Il Tempo
RICCARDO DI VANNA
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Riccardo Di Vanna M Sarà il tribunale a stabilire se dietro i contributi ricevuti dalla Nuove Politiche Editoriali, tra il 2009 e il 2012, si celi o meno un raggiro. Il giudice per l’ udienza preliminare di piazzale Clodio ha infatti rinviato a giudizio Francesco Nucara, già segretario del Partito Repubblicano Italiano, e Giancarlo Camerucci, legale rappresentante della società cooperativa. Secondo la procura, la presunta condotta degli imputati – ai quali contesta i reati di truffa e falso – avrebbe portato fondi a sei zeri all’ editrice che si occupava del giornale di partito. In particolare, stando agli inquirenti, i due, ciascuno con il pro prio ruolo, avrebbero stipulato due contratti quantomeno sospetti. In altre parole, il rappresentante del Pri e quello di Nuove Politiche Editoriali, «al fine di generare in favore di quest’ ultima» alcuni costi «inesistenti» o esistenti solamente in parte, avrebbero sottoscritto contratti «simulati». I costi caricati sulla società, come quelli relativi all’ affitto della sede, della distribuzione o del “servizio banca dati e archiviazione”, sarebbero poi stati regolarmente presentati al dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tratta in inganno, quest’ ultima struttura avrebbe poi erogato oltre un milione di euro all’ editrice.

TUTTO L’ORO CHE CI GIOCHIAMO

Corriere dello Sport

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Il calcio italiano, a livello diretto, incide per circa l’ 11% del Pil (Prodotto interno lordo) del calcio mondiale. Secondo i dati pubblicati nell’ ultimo bilancio integrato (2014-15), la Figc sviluppa attraverso le sue molteplici attività, in ambito domestico e all’ estero, ricavi operativi per 153,5 milioni di euro, un volume d’ affari di una grande impresa a livello nazionale. Il nostro sistema, nel complesso, è al quarto posto, in Europa, per numero di “calciatori tesserati” (1.062.294), dietro solo a Francia (1.744.071), Inghilterra (1.852.374) e Germania (2.220.234). Siamo un prodotto di assoluto valore economico -sportivo. É per questa ragione che la Fifa, massimo organo di governo del calcio, è seriamente preoccupata per una possibile esclusione dell’ Italia dalla fase finale della prossima Coppa del Mondo (Russia2018). La mancata partecipazione degli azzurri, infatti, ridurrebbe del 50% il valore dei diritti tv della competizione iridata per il nostro mercato. Il tutto è rafforzato dal fatto che la Nazionale italiana crea, da sempre, economia per se stessa e per le aziende che vi si legano, perché rappresenta, idealmente, la valorizzazione dell’ italianità come “brand value” (soprattutto all’ estero). Le sponsorizzazioni collegate agli azzurri valgono, a oggi, circa 57 milioni di euro. Non qualificandosi si perderebbero immediatamente 1,3 milioni di euro (parte variabile inserita nei contratti); altri 600mila euro per una serie di contratti in fase di definizione e infine 2 milioni di euro da aziende interessate a entrare solo se gli azzurri saranno presenti in Russia. In totale mancherebbero all’ appello circa 4 milioni di euro in sponsorizzazioni. LA TORTA DEI RICAVI FIFA. La mancata partecipazione a Russia 2018 può trasformarsi in un’ apocalisse, come sottolineato dallo stesso presidente della Figc (Carlo Tavecchio), soprattutto in ambito economico. Nel 2018, la Fifa metterà sul piatto delle 32 squadre iscritte al Mondiale una “torta” del valore di 345 milioni di euro. Una redistribuzione dei ricavi in crescita costante da oltre 10 anni: in Germania, nel 2006, aveva toccato la quota record di 200 milioni, per arrivare, otto anni più tardi, in Brasile, a 310 milioni. Qualificarsi a Russia2018 farà scattare, immediatamente, un bonus di 8,2 milioni di euro (in questa cifra sono inclusi anche 1,3 milioni, a copertura dei costi logistici e di preparazione). L’ ingresso negli ottavi di finale vale altri 3,4 milioni, così come per i quarti. Ulteriori 17,6 milioni di euro sono previsti in caso di semifinale e conquista del titolo, per un totale di oltre 32,7 milioni (24 milioni di euro per la finalista). Praticamente più del 20% di un fatturato medio della Figc, al di fuori dalla partecipazione alla Coppa del Mondo. L’ impatto di una mancata qualificazione è altrettanto forte anche all’ interno dei confini nazionali, soprattutto se si pensa agli investimenti pubblicitari a supporto della Nazionale in occasione delle gare ufficiali. Nel 2016, per esempio, il numero complessivo di telespettatori, che hanno assistito a programmi, con immagini e contenuti relativi alla Nazionale “A” e all’ Under21 (audience cumulata), è stato pari a 1,7 miliardi di contatti (2,2 miliardi, e una durata delle trasmissioni pari a 5mila ore, se si allarga l’ analisi al mercato mondiale), garantendo agli sponsor Figc circa 270 ore di esposizione televisiva. A conferma dell’ importanza del prodotto Nazionale di calcio, nelle prime 50 posizioni della classifica italiana dei programmi più visti di sempre in tv, figurano 49 partite di calcio, di cui 45 proprio collegate alle imprese sportive degli azzurri. La trasmissione più seguita nella storia dell’ Auditel (società che raccoglie e analizza i dati sull’ ascolto tv) è la semifinale del campionato Mondiale di calcio del 1990, in Italia, tra gli azzurri e l’ Argentina: 27,5 milioni di telespettatori, con uno share dell’ 87,25%).

La Figc senza Mondiale rischia un buco di 100 milioni

Il Messaggero

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IL FOCUS dal nostro inviato MILANO A San Siro, ma distanti. In tribuna e anche nel caso Nazionale. Giovanni Malagò, numero uno del Coni, e Carlo Tavecchio, presidente della Figc, saranno ovviamente allo stadio. Rigorosamente separati, però. Perché all’ unità deve pensare Ventura che è anche quello messo peggio. Il ct rischia di restare senza panchina anche se centra la qualificazione, il capo della Federcalcio, invece, non lascerebbe il Palazzo. Almeno spontaneamente. Se l’ Italia non ce la fa, in Consiglio Federale troverà subito chi gli si metterebbe di traverso, a cominciare dai Dilettanti del suo vicario Sibilia. Tavecchio non pensa alle dimissioni, ma sa bene che qualcuno proverà a spingerlo a lasciare. Ieri sera è andato a cena alla Pinetina per stare accanto al ct e ai giocatori: è la conferma di quanto pesa il risultato del playoff sulla sua gestione. CROLLO DA EVITARE Questione di faccia, quella che perderebbero Ventura e gli azzurri, e di cassa, quella che si svuoterebbe in via Allegri. Il bilancio della Federcalcio pagherebbe le conseguenze dell’ eliminazione, vedendo impoverito il suo asset principale: senza mondiale, il danno economico è stato calcolato in circa 100 milioni. Sono in ballo almeno 20 milioni che si incassano dalla Fifa fino all’ ingresso nei quarti (le prime 16 eliminate ricevono comunque 8 milioni). Ma sarebbe soprattutto il brand azzurro a svalutarsi: difficile quantificare le perdite. Di sicuro sono chiari gli introiti commerciali: 70 milioni tra sponsor (43) e contratti tv (26). La mancata qualificazione a Russia 2018 avrebbe poi un effetto depressivo sugli accordi da stipulare con i partner per il quadriennio che porta a Qatar 2022. E salterebbero alcuni bonus (soprattutto quelli della Puma). Ripercussioni anche sui contratti televisivi: perché ora la Rai versa 26 milioni all’ anno, ma le prossime partite avrebbero un appeal ben diverso se l’ Italia non andrà in Russia. U.T. © RIPRODUZIONE RISERVATA.


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