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Rassegna Stampa del 03/08/2017

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Cairo: «Buoni i conti semestrali di Rcs MediaGroup, i frutti si vedono»

Caltagirone Spa, risultati in crescita nel primo semestre

Prelievi e tasse, così la Rai incassa meno dal canone

IN BREVE

Pubblicità in stallo nei sei mesi

Ultima curva per i fondi alle tv locali

Chessidice

Qn apre la sua community

Small direttore di Esquire Italia

Tv -1,9%. Discovery +9,3%, Mediaset +0,2% La7 -1,1%, Sky -7%, Rai -7,1%

Rai in rosso. Dove vanno i soldi del canone?

Cairo: «Buoni i conti semestrali di Rcs MediaGroup, i frutti si vedono»

Corriere della Sera

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Oggi il consiglio di amministrazione di Rcs MediaGroup approva i conti relativi al primo semestre dell’ esercizio 2017 e i numeri vengono quindi comunicati al mercato. Ieri Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato del gruppo editoriale che pubblica il Corriere della Sera , ha detto nel corso di un’ intervista al quotidiano online affaritaliani.it , rispondendo a una domanda sul bilancio del gruppo Rcs MediaGroup : «Rispettiamo le regole di un’ azienda quotata. Posso soltanto dire che i numeri sono buoni e i frutti si vedono».

Caltagirone Spa, risultati in crescita nel primo semestre

Il Mattino

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ROMA. Primo semestre all’ insegna della crescita per il gruppo Caltagirone, grazie anche all’ apporto delle acquisizioni realizzate da Cementir Holding e da Vianini nel corso del 2016. Il cda del gruppo presieduto dal Cavaliere del Lavoro Francesco Gaetano Caltagirone ha dunque approvato i conti della prima metà dell’ anno, archiviata con ricavi pari a 807,5 milioni, in aumento del 24,1% rispetto al primo semestre 2016, mentre il risultato netto del periodo, compresa la quota di pertinenza dei terzi, è stato positivo per 42,6 milioni, in linea con il corrispondente periodo 2016 (42,5 milioni). Il risultato netto di competenza del gruppo si è attestato a 23,4 milioni (22,3 milioni al 30 giugno 2016). Tutti in crescita anche gli altri principali numeri del gruppo attivo nei settori del cemento, dell’ editoria, dei grandi lavori, dell’ immobiliare e del settore finanziario. A partire dal margine operativo lordo che si è attestato a 97,8 milioni, in aumento del 27,7% rispetto al corrispondente periodo del 2016 grazie al contributo, pari a 23,6 milioni, delle società acquisite nel corso del 2016. Il risultato operativo, dopo ammortamenti, accantonamenti e svalutazioni per complessivi 53,2 milioni (44,9 milioni al 30 giugno 2016), è stato pari a 44,6 milioni (31,7 milioni di euro nel primo semestre 2016). Secondo quanto sottolineato dalla stessa nota del gruppo Caltagirone, il risultato della valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto è dunque stato pari a 3,1 milioni di euro (3,5 milioni al 30 giugno 2016). Quanto all’ indebitamento finanziario netto, è stato fotografato a 659,7 milioni (527,9 milioni di euro al 31 dicembre 2016), con un incremento legato alla distribuzione di dividendi, al pagamento della seconda rata di acquisto del Gruppo Domus Italia, alle manutenzioni annuali di produzione del cemento ed al maggior fabbisogno finanziario collegato alle attività operative. Numeri, questi, che permettono di guardare con fiducia al futuro. Nel settore del cemento, precisa la nota «si prevede la prosecuzione del buon andamento delle attività in Scandinavia, Cina ed Egitto, ed il miglioramento dei risultati conseguiti in Malesia e Turchia». E più in generale, si prevede «il raggiungimento degli obiettivi economici e finanziari annunciati per l’ esercizio in corso». Passando al settore dei grandi lavori il Gruppo Caltagirone «proseguirà nel completamento delle commesse in portafoglio, che ammonta oggi a circa 1,02 miliardi». C’ è poi il settore immobiliare, dove «procederanno regolarmente con la consegna e la commercializzazione, sia per la locazione che per la vendita, degli immobili il cui reddito è comunque assistito da garanzie sul canone». Infine, nel settore dell’ editoria andranno avanti «le attività di riorganizzazione nonché le iniziative volte a valorizzare tanto le edizioni cartacee che le versioni multimediali dei giornali del gruppo».

Prelievi e tasse, così la Rai incassa meno dal canone

Il Messaggero
MICHELE DI BRANCO
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Il canone nella bolletta elettrica ha stanato milioni di evasori incalliti ma ha fulminato i conti Rai. «Le risorse a disposizione risultano non essere coerenti con l’ attuale assetto industriale e con la relativa struttura dei costi dell’ azienda» ha ammonito due giorni fa il Direttore generale, Mario Orfeo, di fronte alla Commissione di Vigilanza. Un paradosso, almeno in apparenza. Con il canone Rai in bolletta, evadere è diventato praticamente impossibile, tanto che il tasso delle frodi è crollato dal 30 al 4%. Ma la riforma non ha portato benefici ai bilanci di Viale Mazzini e, nel prossimo futuro, rischia di aggravarli ulteriormente. IL PARADOSSO Come si spiega il paradosso? Una chiave storico-tecnica di lettura l’ ha fornita lo stesso Orfeo ricordando i prelievi che si sono succeduti negli ultimi anni che hanno sgonfiato le casse: dapprima il prelievo straordinario sul canone del 2014 (taglio una tantum di 150 milioni di euro) e successivamente la riduzione del 5% degli introiti da riconoscere a Rai a partire dal 2015. Ecco, quest’ ultimo punto è il più importante. È vero che c’ è una platea più ampia, 22 milioni, di abbonati (che pagano meno rispetto a prima però) ma è anche vero che la torta degli incassi viene divisa in maniera più penalizzante per la Rai. I ricavi da canone nel 2017 ha spiegato Orfeo si riducono di circa 140 milioni sul 2016, mentre nel 2018 la diminuzione dovrebbe attestarsi a circa 170 milioni. Nel dettaglio, il canone quest’ anno frutterà 2 miliardi di euro ma la Tv pubblica incasserà 1,7 miliardi, ai minimi da sette anni, in quanto 300 milioni finiranno allo Stato come tasse. Questo calo, si è lamentato ancora Orfeo, accompagnato da «un mercato pubblicitario ancora debole ed incerto, porta la gestione operativa in forte tensione con una previsione per il 2017 di sostanziale pareggio e con un 2018 in perdita per 80-100 milioni di euro a seguito della presenza dei costi dei grandi eventi sportivi». Va ricordato che i proventi della lotta all’ evasione non affluiscono per intero della casse di Viale Mazzini ma vengono suddivisi secondo uno schema che, progressivamente, è destinato a dare meno alla Tv di Stato. Un ulteriore indebolimento del gettito potrebbe presto arrivare dall’ innalzamento del tetto, da 6 mila 700 a 8 mila euro di reddito, per l’ esenzione dal canone in favore degli over 75.

IN BREVE

Il Sole 24 Ore

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Un pacchetto di quattro giorni di sciopero è quanto l’ assemblea dei redattori di Condé Nast ha affidato al Comitato di redazione (Cdr) dopo l’ annuncio del gruppo di voler chiudere le testate Vogue Bambini, Vogue Uomo, Vogue sposa e Vogue gioiello, in cui lavorano 14 giornalisti. L’ associazione lombarda dei giornalisti contesta una decisione che prevede «circa 40 esuberi giornalistici, da gestire a settembre con una finestra di incentivo all’ esodo di 40 mensilità e poi, a fine anno, con i licenziamenti». «Un’ azienda editoriale deve fare business investendo e innovando nei prodotti – dice il presidente dell’ Alg, Paolo Perucchini – chiusure e tagli al personale sono una alchimia contabile, di corto respiro». Anna Del Freo, segretario generale aggiunto Fnsi, annuncia la richiesta «immediata di un altro incontro all’ azienda. È un film già visto nella casa editrice». Priorità alla lotta alle fake news Si è insediato il nuovo consiglio direttivo di Assorel, l’ associazione che raggruppa le imprese della comunicazione e delle relazioni publiche guidata dalla presidente Filomena Rosato. Il nuovo direttivo ha tra gli impegni per il prossimo biennio la lotta alle fake news, e una politica associativa con al centro la crescita delle imprese associate. Vice presidente è stata nominata Carolina Mailander.

Pubblicità in stallo nei sei mesi

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Questa volta neanche le corazzate Google e Facebook riescono a far girare in positivo il mercato pubblicitario nei primi sei mesi dell’ anno. Secondo i dati Nielsen i 4,24 miliardi di euro raccolti (comprensivi della parte search e social – e quindi sostanzialmente Google e Facebook – per la quale Nielsen non ha dati ma solo stime indicative) sono lo 0,4% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. A giugno è andato perso il 4,7%. In questo quadro, al +6,8% nel gennaio-giugno della parte web e al +5% della radio fanno da contraltare il -1,9% della raccolta pubblicitaria in tv, il -2,7% nel direct mail, il -5,9% negli altri mezzi e il -9,3% di quotidiani e periodici. Risultato: tre quarti degli investimenti si concentrano fra tv (47,6% del totale) e digital (28,8%), con una radio che cresce ma che resta residuale nel panorama generale (4,8%) e la stampa cartacea che scende al 12,6%. È evidente comunque che senza Google e Facebook il trend nel mercato pubblicitario sarebbe ben peggiore: calo del 3% in totale – con un gap di 100 milioni di euro andati persi fra un anno e l’ altro – e -1,7% nel solo comparto web. Ancora una volta emerge quindi come i due colossi d’ oltreoceano rappresentino realtà che fanno incetta delle scelte delle 12.674 aziende investitrici che Nielsen stima esserci state nel primo semestre dell’ anno: +22% sul 2016. Del resto, è difficile pensare il contrario a proposito di realtà che – almeno stando ai numeri diffusi dall’ istituto americano – in un anno sarebbero in grado di raccogliere, nel complesso, 2 miliardi di euro di pubblicità, visto che Nielsen stima a 3,24 miliardi il dato della raccolta senza search e social e a 4,24 miliardi (un miliardo in più in sei mesi) la raccolta nel novero comprensivo di Google e Facebook. Per quanto riguarda i settori solo farmaceutica e automobili hanno una performance positiva. Andamento particolarmente negativo invece per telecomunicazioni (-3%), alimentari (-3,8%) e distribuzione (-11,5%). «La flessione del mese di giugno, largamente prevista e annunciata per i noti motivi di stagionalità degli anni dispari, si è manifestata ed è esattamente speculare a quanto successo nel 2015, l’ anno seguente ai mondiali di calcio. Dovremmo cominciare a vedere una risalita già nei prossimi mesi, se non da luglio, sicuramente da settembre», spiega Alberto Dal Sasso di Nielsen. «Il mercato pubblicitario – aggiunge – è in fase di consolidamento. Nel semestre, gli investimenti dei 40 top spender sono cresciuti dell’ 1%, a fronte di una cosiddetta coda lunga di piccoli inserzionisti che è aumentata nel numero, ma si è ridotta nella quota di mercato e nell’ investimento medio: abbiamo infatti rilevato che le aziende piccole investitrici hanno perso nel semestre il 18,8 per cento. Uno scenario di mercato in cui le aziende si muovono a due velocità, con crescita di quelle più evolute dal punto di vista della comunicazione, fa comunque ben sperare per la seconda parte dell’ anno». Intanto sul versante tv – che, come detto, è quello anche ancora vale di più con il 47,6% – si fanno i conti con un calo e solo due dei broadcaster monitorati in crescita. Secondo le elaborazioni del Sole 24 Ore, al +0,2% di Mediaset (a 1,14 miliardi: il 57% del totale mercato tv) e al 9,3% di Discovery (122,4 milioni) fanno da contraltare il -7% di Sky (248,5 milioni) e il -7,1% di Rai (422,4 milioni) appesantite entrambe dal confronto con un anno in cui hanno trasmesso grandi eventi sportivi. In rosso anche La7 (-1,1% a 82,9 milioni), con Cairo che però si prepara alla nuova stagione con i suoi acquisti: Corrado Guzzanti, Zoro e, appena arrivato da Rai, Massimo Giletti.

Ultima curva per i fondi alle tv locali

Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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È arrivato anche l’ ok delle commissioni Trasporti e Cultura della Camera, in seduta congiunta, allo schema di regolamento sui criteri per l’ erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’ informazione in favore delle emittenti radiotelevisive e radiofoniche locali. Ieri le due Commissioni hanno dato il placet a uno schema che ora passa al Mise e a Palazzo Chigi per la validazione finale. «Entro la pausa estiva contiamo di arrivare all’ approvazione del regolamento», aveva detto il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli a giugno durante il RadioTv Forum di Aeranti Corallo. A questo punto i presupposti, almeno sulla carta, ci sono per rendere operativo un atto cui le tv e le radio locali guardano con estremo interesse in un periodo di grossa difficoltà per il comparto. «Il testo approvato – rendono noto Michele Anzaldi e Roberto Rampi, relatori del provvedimento, rispettivamente, per la Commissione Trasporti e Cultura – che arriva anche dopo il confronto con le principali associazioni di categoria del settore, contiene delle grandi innovazioni. I criteri con cui vengono individuati i soggetti beneficiari sono stati concepiti in modo da ridurre l’ annoso problema della polverizzazione delle risorse». Ne esce privilegiato, dunque, «chi tutela maggiormente il lavoro». Viene poi «introdotta una maggiore semplificazione delle procedure, che verranno concentrate presso il Mise, cui spetterà l’ esame delle domande di contribuzione, superando in questo modo lo schema troppo macchinoso dei Corecom». Si conferma dunque l’ impostazione con graduatoria nazionale invece delle graduatorie regionali stilate dai Corecom. «Di grande importanza, tra le fattispecie che fanno scattare la revoca dei contributi – aggiungono i relatori – è l’ inserimento dei casi in cui la testata televisiva o radiofonica crei o diffonda fake news». Su questo punto andrà verificata l’ effettiva soddisfazione delle emittenti, chiamate a un più incisivo “controllo editoriale”. In ballo ci sono risorse che negli ultimi anni sono cresciute: dai 43 milioni stanziati nel 2015 ai circa 100 milioni del 2017 comprensivi dei 50 milioni di recupero dell’ evasione del canone destinati alle emittenti locali, come da Legge di stabilità 2016 e ribaditi dalla legge sull’ editoria (198/2016).

Chessidice

Italia Oggi

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Monocle pubblica Repubblica. Dalla settimana prossima il magazine internazionale dedicato a cultura, design e business ospiterà un articolo tradotto in inglese del quotidiano italiano diretto da Mario Calabresi, che ha annunciato l’ iniziativa via Twitter. Axel Springer, utile su del 13%. Axel Springer archivia il secondo trimestre con utili in aumento trainati dalla crescita dei ricavi derivanti dai media digitali. L’ editore tedesco ha quindi alzato le stime sui ricavi per l’ intero esercizio fiscale. I ricavi sono stati pari a 858,8 milioni di euro (+7,1%), l’ utile netto a 69,9 mln (adjusted pari a 91,5 mln, su del 13%). Il gruppo editoriale della Bild, tra gli altri, ha reso noto di aver raggiunto un accordo con United Internet Ag per fondere le proprie compagnie Awin e Affilinet in un’ unica piattaforma di marketing per connettere editori e inserzionisti. Italiaonline, risultato netto sale a 6,3 mln. Nel primo semestre del 2017 Italiaonline ha registrato un risultato netto di 6,3 milioni di euro, in crescita del 64%. I ricavi sono stati pari a 166,4 milioni (-12,1% rispetto al dato proforma di 189,4 milioni del primo semestre 2016) e la posizione finanziaria netta è positiva per 68,8 milioni di euro, rispetto a 122,1 milioni al 31 dicembre 2016. L’ ebitda si è attestato a quota 36,1 milioni (+24,2% rispetto al proforma 2016) e l’ ebit è in crescita a 16,6 milioni (nel primo semestre dello scorso anno era negativo per 0,5 mln). Notorious Pictures, nuova alleanza con Sky Italia. Notorious Pictures ha firmato un nuovo accordo con Sky Italia per la concessione dei diritti di 44 film. Il valore complessivo dell’ accordo è di 3,4 milioni di euro. Sole 24 Ore, Pedretti rappresentante dei soci con azioni speciali. L’ assemblea degli azionisti titolari di azioni di categoria speciale del gruppo Sole 24 Ore ha nominato il nuovo rappresentante comune: si tratta di Marco Pedretti, che rimarrà in carica per gli esercizi 2017-2018-2019, ha fatto sapere ieri con una nota lo stesso gruppo editoriale che fa capo a Confindustria.

Qn apre la sua community

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Tu chiamala se vuoi membership o, in italiano, comunità di lettori ma il risultato è uguale: sempre più quotidiani in Italia costruiscono una serie di servizi editoriali e non per i loro lettori più fedeli. Dopo i casi tra gli altri del Fatto Quotidiano e di alcuni giornali locali Finegil (gruppo Gedi), adesso anche Giorno, Nazione e Resto del Carlino iniziano a seguire il modello cosiddetto Guardian, dal nome del quotidiano britannico che offre sia i propri contenuti editoriali e quelli aggiunti come le newsletter sia la partecipazione a eventi e incontri. Nel caso delle tre testate di Poligrafici Editoriale, riunite nel dorso sinergico Quotidiano Nazionale-Qn, si parte oggi con la vendita delle copie replica digitali sulla nuova piattaforma Zuora (che non a caso ha tra i suoi clienti proprio il Guardian, oltre che Financial Times, e nella Penisola Editrice Domus). All’ indirizzo abbonamenti.quotidiano.net (tramite carta di credito, eccezion fatta per la pubblica amministrazione) sarà possibile acquistare da novembre anche le copie cartacee. In ogni caso al lettore che si abbonerà o comprerà la copia singola verranno proposti progressivamente servizi promozionali aggiuntivi come il biglietto alla prima del Teatro comunale di Bologna o quelli per seguire la squadra di calcio della propria città in Lombardia o in Toscana, considerando i territori di riferimento dell’ editrice guidata dal vicepresidente e a.d. Andrea Riffeser Monti. Sono previsti abbonamenti settimanali (al prezzo di 4,99 euro), mensili, semestrali e annuali (179,99 euro). La singola copia cartacea costa 1,99 euro. Sempre online ma dai siti delle rispettive testate è allo studio anche il paywall o lettura a pagamento secondo gradi da definire. I servizi prettamente editoriali, invece, comprendono per esempio la disponibilità della cronaca nazionale di Giorno, Nazione e Resto del Carlino su copia replica già a partire dalla mezzanotte mentre, da un punto di vista commerciale, si può rateizzare il pagamento degli abbonamenti o eventualmente si può posticipare l’ inizio dei primi versamenti. Insomma, «un anno fa abbiamo iniziato a profilare maggiormente il nostro lettorato», spiega a ItaliaOggi Debora Peroni, direttore marketing di Poligrafici editoriale e Monrif.net (società del gruppo specializzata sulle attività internet). «Adesso creiamo uno storico che sarà sempre più significativo e ricco d’ informazioni, per permetterci di costruire la nostra community». E ogni programma in questo senso passa e passerà «unicamente attraverso Zuora», aggiunge Cesare Navarotto, direttore operativo di Monrif.net, «motore di gestione che ci consente flessibilità nell’ ideare le iniziative promozionali, differenziandole per esempio sul territorio o a seconda del grado di fidelizzazione raggiunto dal lettore».

Small direttore di Esquire Italia

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Va detto che l’ incubatrice della nuova generazione di direttori 3.0 sembra proprio essere la scuola di Rivista Studio e Undici, i bimestrali controllati dalla News 3.0 di Matteo Arpe, periodici colti, patinati e fighetti che tutti, nell’ ambiente giornalistico, citano perché «sono fatti bene», «sono originali», che però molti meno leggono veramente, e che finora, tra l’ altro, faticano a produrre margini. Prima è stato il turno di Giuseppe De Bellis che, ok, era anche condirettore del Giornale, ma che è stato scelto in marzo da Condé Nast come nuovo direttore di GQ soprattutto perché nel 2014 fonda e dirige Undici (periodico dedicato al calcio da un punto di vista letterario e analitico), con l’ idea che «la carta abbia ancora un senso e un futuro». Nel mercato dell’ editoria italiana si va un po’ a ondate. Ed è chiaro che Condé Nast ed Hearst magazines Italia si marchino stretti. Nei giorni scorsi si è conclusa la selezione per il nuovo direttore di Esquire Italia, edizione tricolore del celebre mensile maschile di Hearst, che partirà in autunno solo in versione digitale. La scelta è caduta su Timothy Small, 35enne nato e cresciuto a Milano, con un curriculum notevole nonostante la giovane età, storico collaboratore di Rivista Studio e sodale di Federico Sarica (fondatore di Studio nel 2011 con Alessandro De Felice) sin dai tempi del debutto di Vice in Italia. Come spiega lo stesso Small in una intervista rilasciata qualche tempo fa, «a 17 anni sono andato in Inghilterra. Ho studiato, poi ho fatto un master a Londra. Scrivevo, ero un ragazzino, e quelli di Vice mi presero per uno stage. Nell’ ufficio di Londra eravamo in sette, una situazione completamente diversa da quella attuale. C’ erano solo Vice Usa, Vice Inghilterra e Vice Giappone». Conosce Andrea Rasoli, che poi diventerà il publisher di Vice Italia. E con lui, nel giugno del 2005, lancia il primo numero di Vice Italia: «Eravamo io, Federico Sarica e Fabrizio Ferrini. Poi abbiamo imboccato strade separate». Small è direttore di Vice Italia dal 2005 al 2012, «ma a 30 anni ho mollato, ho vissuto la mia vita, accumulato esperienze diverse e visto i miei interessi andare in altre direzioni». Ha iniziato a collaborare in maniera continuativa con GQ Italia, Studio, Rolling Stone, L’ Uomo Vogue, ha fondato la casa editrice di fumetti e letteratura The Milan review con l’ amico Riccardo Trotta, ed è a capo dei contenuti di Alkemy (consulenza digitale per aziende) dove guida il Digital content Lab. Adesso la sfida di Esquire. Con un modello di business piuttosto nuovo per l’ Italia: storico brand editoriale al via solo in versione digitale, per il mercato italiano ma con un team concentrato a Chiasso, in Svizzera, così come da recenti strategie di Hearst in cui, da inizio 2017, è partito il trasferimento da Milano al Canton Ticino dei content team digitali dedicati a elle.it, marieclaire.it, cosmo.it, gioia.it ed elledecor.it, così da favorire la fertilizzazione delle competenze e dei talenti digitali in una struttura focalizzata al 100% sullo sviluppo del business. Al momento Esquire sarà l’ unico storico brand Hearst ad avere una declinazione solo digitale e non cartacea in Italia. Esclusi, invece, progetti tricolori per Harper’ s bazar, altra prestigiosa testata femminile della scuderia Hearst nel mondo.

Tv -1,9%. Discovery +9,3%, Mediaset +0,2% La7 -1,1%, Sky -7%, Rai -7,1%

Italia Oggi

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Gli investimenti pubblicitari sulla tv chiudono i primi sei mesi dell’ anno con una flessione dell’ 1,9%, raggiungendo quota 2,02 miliardi di euro. Un risultato sul quale incide l’ andamento di giugno (a -10,9%) che si confronta con lo stesso mese dell’ anno scorso nel quale i campionati europei di calcio avevano attratto gli inserzionisti sul mezzo. In un semestre in cui prevalgono i segni negativi, in evidenza ci sono i dati di Discovery, che ha visto crescere la raccolta del 9,3% a 122,4 mln di euro contro i quasi 112 mln della prima metà del 2016. In positivo anche gli investimenti in comunicazione sulle reti Mediaset: il gruppo del Biscione ha archiviato il periodo con un +0,2% e oltre 1,14 miliardi di pubblicità. In leggera frenata invece La7 (-1,1%), che si attesta su 82,9 milioni rispetto a 83,9 milioni registrati a fine giugno dello scorso anno. A risentire maggiormente dei minori introiti da spot sono Sky e la Rai. La piattaforma televisiva di Rupert Murdoch ha realizzato infatti nel semestre 248,5 milioni di raccolta, in calo del 7%, mentre la tv pubblica ha registrato una diminuzione del 7,1% e 422,4 milioni di pubblicità.

Rai in rosso. Dove vanno i soldi del canone?

Libero

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Il canone in bolletta doveva essere la soluzione di tutti i mali della Rai. Risorse certe e lotta all’ evasione, il principio che ha ispirato l’ azione del governo guidato da Matteo Renzi. E così, con la regia del sottosegretario Antonello Giacomelli, la tassa più odiata dagli italiani è diventata una voce della fattura relativa alla fornitura di energia elettrica. Ma non tutte le soluzioni sono perfette, dato che l’ importo del canone è destinato a calare a 90 euro e il gettito complessivo finisce nella fiscalità generale. Le famose risorse certe, in questo modo, diventano probabili. Mentre restano stabili, anzi granitche nelle loro dimesioni, le spese dell’ azienda. A partire dai contratti delle star, passando per il costo del personale, sostanzialmente stabile attorno al miliardo di euro, e alle consulenze. Qualche cifra rende meglio l’ idea. Il canone in bolletta, nel 2016, ha portato nei forzieri di Viale Mazzini quasi 2 miliardi di euro, 1.793 milioni per l’ esattezza. Nonostante l’ operazione «paga la tassa e taci» la Rai, nel 2018, rischia di ritrovarsi con un buco nei conti pari ad almeno 100 milioni di euro. A spiegarlo è stato il direttore generale, Mario Orfeo, sentito dalla Commissione di Vigilanza. Il prossimo anno il calo di entrate derivanti dal canone sarà di «circa 170 milioni di euro». Anno, il 2018, su cui peseranno gli esborsi per i grandi eventi sportivi (i diritti costano cari) e la debolezza del mercato pubblicitario, in caduta libera. Il Dg si è impegnato a fare «di tutto» per limitare i danni, grazie a una politica di taglio dei costi. Belle parole. Peccato che i fatti vadano in tutt’ altra direzione. L’ ultima relazione sul controllo dei conti fatta dalla Corte dei conti, ha sottolineato la necessità di «tagliare» ulteriormente i costi. Perché di sprechi e inefficienze ce ne sono ancora troppi. Tanto che che la magistratura contabile ha «invitato» l’ azienda a riportare all’ interno del perimetro della Rai le attività, concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche. Tradotto significa che viale Mazzini deve realizzare i programmi con le proprie risorse, smettendo di ricorrere agli appalti esterni. Come ha fatto con Fabio Fazio e il suo mega contratto. Un’ operazione che costerà alla Rai, con i suoi 4 anni di contratto, qualcosa come 83 milioni di euro, senza avere reali certezze di recuperarli, vista l’ agonia del mercato pubblicitario e l’ abbassamento del canone. Non solo. Il cosiddetto «indotto» Rai, ovvero gli investimenti nel prodotto (Rai Fiction, Rai Cinema, intrattenimento) assorbe complessivamente 383 milioni di euro ed è in crescita. Soldi che, ovviamente, escono dalle casse di viale Mazzini. Per quanto riguarda i costi, come sottolinea la Corte dei Conti, c’ è stato un decremento di 77,3 milioni rispetto al 2014 (-3,3%), ma soltanto perché nel 2015 non ci sono stati grandi eventi sportivi. E qui si apre un altro fronte. Con la pubblicità in caduta libera e il canone che cala di anno in anno, drenando risorse alla Rai, era davvero necessario sostenere uno sforzo titanico per un solo artista sapendo che lo sport costa ma è uno dei prodotti più seguiti? I grandi eventi sportivi a cui fa riferimento Orfeo sono le Olimpiadi invernali e i Mondiali di calcio, mica i giochi di quartiere. E, soprattutto, perché l’ azienda non ha approfittato di una legge dello Stato, aggirata con interpretazioni e cavilli giurici aggredibili in corso di ricorso da parte di chicchessia, che fissava un tetto anche ai compensi delle star? Oltre ad un evidente processo di risparmio, Viale Mazzini avrebbe innescato anche un meccanismo di calmierizzazione del mercato, riportando tutte le cifre entro limiti ragionevoli. Invece tanto il governo, sempre per mano del sottosegrario Giacomelli, quanto il vertice aziendale hanno deciso di far saltare il tetto e spendere tutto ciò che è possibile spendere. E ora Orfeo è costretto a chiedere l’ aiuto di Palazzo Chigi. Perché l’ allarme lanciato in Vigilanza serve solo e soltanto a questo: dateci più soldi dal canone. Oppure aumentate l’ importo… twitter@enricopaoli1 riproduzione riservata Mario Orfeo è nato a Napoli il 21 marzo 1966. Direttore generale della Rai da giugno, ha sostituito Antonio Campo Dall’ Orto. Ieri è stato contestato dal M5S: «Orfeo è confuso, in commissione di Vigilanza ha risposto alle domande su piano news e palinsesti dando pochi chiarimenti. È positiva l’ intenzione di far partire Rai24, ma non abbiamo capito tempi e modi del progetto. Una cosa sembra certa: Milena Gabanelli non sarà direttore», ha detto Alberto Airola


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