Indice Articoli
Orfeo e i conti del 2017: chiuderemo in pareggio
Telecomunicazioni, il privato è in declino
Rai, allarme di Orfeo: canone in calo, possibile un rosso nel 2018
Canone Rai soldi in calo Verso 2018 in perdita
Il dg Orfeo: la Rai nel 2018 in rosso per 80-100 milioni
Hearst Italia, migliorano i conti
Chessidice in viale dell’ Editoria
Meno minuti a zero ascolto con il superpanel di Auditel
Orfeo e i conti del 2017: chiuderemo in pareggio
Corriere della Sera
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«Stiamo lavorando al nuovo contratto di servizio e contiamo di chiudere e presentarlo all’ attenzione del Parlamento entro fine settembre o inizio ottobre». Così il dg della Rai, Mario Orfeo, ieri in audizione davanti alla commissione di Vigilanza. «Sarebbe un risultato a suo modo storico». L’ ex direttore del Tg1 si è soffermato anche sui conti: «Il calo del canone, e un mercato pubblicitario ancora debole e incerto, porta la gestione operativa in forte tensione con una previsione per il 2017 di sostanziale pareggio, mentre per il 2018 ci potrebbe essere una perdita per 80-100 milioni causata anche dai costi dei grandi eventi sportivi». E sul contratto di Fabio Fazio ha ribadito: «Con questa operazione manteniamo uno degli artisti più prestigiosi. Con 13 puntate già ripagheremo l’ accordo di quattro anni. L’ azienda ci guadagnerà».
Telecomunicazioni, il privato è in declino
Il Manifesto
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Il dato nuovo, interessante -a prescindere – della discussione sulla rete di telecomunicazioni e sulla sua ipotetica “ripubblicizzazione” è l’ evidente declino dell’ era del Privato. È stato un periodo foriero di danni seri. Si potrebbe dire, anzi, che l’ eccesso non ha fatto bene neppure al capitalismo italiano, gracile e subalterno come non mai. Il tema è tornato all’ ordine del giorno in aree diverse tra di loro, a conferma di una tendenza. Pensiamo alla riacquisizione da parte dell’ Istituto Luce degli Studios di Cinecittà; all’ emergenza acqua; alla complessa storia dell’ accennato network della fibra. Quest’ ultima fiammata è davvero sintomatica, vista l’ enfasi con cui a suo tempo (correva l’ anno 1997) fu accompagnata la “madre” di tutte le privatizzazioni. Ora, a fronte della resistenza francese all’ iniziativa di Fincantieri, è cresciuta la voglia di dare un metaforico calcio a Vivendi e di riprendersi Tim -Telecom. Al di là della sfida tra tricolori – accidenti, che disinvol tura dopo gli inni alla gioia di Macron e a valle delle religione globalista – di che si parla, davvero? Passi per il Movimento 5Stelle, che allora proprio non c’ era neanche nella mente di Grillo. Ma dove stavano all’ epoca coloro che oggi discettano sull’ argomento come se fossimo all’ anno zero? Vent’ anni dopo le condizioni reali del sistema sono assai cambiate. Allora la posa dei cavi era la parte per il tutto, la sineddoche che impreziosiva il villaggio. Oggi sovrastano il vecchio comparto gli Over The Top: Apple, Alphabet-Google, Microsoft, Amazon e Facebook valgono tremila miliardi di dollari e ci ammoniscono su come si declina il potere odierno, che preferisce il cielo dell’ icloud alla terra delle condotte. La proposta di separare la rete dai servizi non ebbe successo nell’ era del boom delle tlc (l’ Italia aveva bisogno di soldi: pochi, maledetti e subito per entrare nell’ Euro) e neppure una decina di anni dopo, con le proposte accolte da cori negativi di Angelo Rovati. Ora le cose sono cambiate. Intanto, Tim è in mano a proprietari- a partire dal controllante Bolloré – cui non si può sottrarre come niente l’ infrastruttura. Sarebbe una confisca. Inoltre, nella hit parade è salita l’ Enel, con Open Fiber, che ha pure vinto delle gare pubbliche. Certamente è utile l’ ipotesi avanzata dal presidente della commissione in dustria del senato Mucchetti di realizzare un’ intesa societaria. Tuttavia, per convincere Arnaud de Puyfontaine e colleghi a scegliere una strada difficile ma lineare, non condizionata da qualche società finanziaria per lucrarci, servirebbero delle convenienze. Ci lavorò – proprio inascoltato – anche l’ ex amministratore delegato Franco Bernabé. Ecco il punto. Ri -pubblicizzare è bello e ha la voce in sottofondo di Corbyn se non si limita a uno slogan propagandistico o effimero, pura battaglia navale con i francesi. Sono da riconsiderare, giusto per cominciare, altre modalità di regolazio ne, simili a quelle che presiedono i settori del gas o dell’ elettricità, con tariffe incentivanti. Forse, allora, la rete pubblica passerebbe dalla teoria alla prassi. Infine, un particolare che ci racconta qualcosa della volontà di Vivendi. Ritornerà in scena, con una joint venture, il gruppo mediale di Canal+. Si tratta di un ritorno, dopo la prima avventura del 1996, con l’ acquisizione di Telepiù. Poi arrivò Rupert Murdoch e soppiantò i transalpini. Un po’ di geopolitica. Il rientro in scena non è innocente, bensì una mezza dichiarazione di ostilità verso Sky e Mediaset. Per l’ intanto Rai non pervenuta.
Rai, allarme di Orfeo: canone in calo, possibile un rosso nel 2018
Il Mattino
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La Rai rischia di chiudere il 2018 in rosso per circa 80-100 milioni di euro. In audizione in Commissione di Vigilanza, il direttore generale Mario Orfeo ha sottolineato le possibili difficoltà di Viale Mazzini, che appaiono «non coerenti» con la missione di servizio pubblico che deve sopportare. Il possibile ammanco sarà effetto delle risorse dal canone, che si ridurranno di 140 milioni nel 2017 e fino a 170 nel 2018. Anno segnato anche da importanti esborsi per la televisione di Stato per i grandi eventi sportivi, come le Olimpiadi invernali e i Mondiali di calcio. Orfeo ha assicurato che farà di tutto per limitare i danni grazie a una politica di taglio dei costi che dovrebbe permettere nel 2017 di arrivare a un pareggio. Il direttore generale ha spiegato che il bilancio si può consolidare solo se la Rai sarà capace di trattenere i suoi migliori talenti, come Fabio Fazio. «Il mensile Prima Comunicazione spiega che il gruppo Discovery ha offerto un contratto all’ artista ancora più ricco del nostro. Anche da Mediaset era arrivata una proposta, un quinquennale», ha detto Orfeo. Era vero, dunque, che Fazio poteva andare via e che avrebbe guadagnato di più altrove che restando in Rai. È vero – ha insistito il direttore generale – che Fazio guadagnerà di meno l’ anno prossimo rispetto a quello passato – «circa 10 mila euro» – pur lavorando di più. È vero che assicurerà un importante utile alla televisione pubblica, «tant’ è vero che tutti i direttori interessati hanno dato via libera all’ accordo con lo showman». Il costo medio a puntata di Che tempo che fa sarà di 450.000 euro – calcola Orfeo – a fronte di ricavi pubblicitari netti per puntata di 615.000 euro. «Già con le prime tredici puntate in autunno, Viale Mazzini si ripagherà integralmente l’ accordo quadriennale con l’ artista Fabio Fazio», ha aggiunto. Il dg ha anche spiegato di non provare imbarazzo per il fatto che Fazio sarà anche produttore della sua trasmissione, attraverso una società che controllerà al 50 per cento insieme a Magnolia. Certo, Magnolia è partecipata dal gruppo Vivendi che è anche socio di Mediaset. Ma una situazione simile si era creata anche quando il gruppo Berlusconi controllava Endemol, che produceva alcuni show dell’ artista. Il contratto con Fazio è stato firmato il 30 luglio. Per un big che resta, un altro che va via. Massimo Giletti sarebbe a un passo da La7: mancherebbe soltanto la firma – a quanto si apprende – al contratto che legherà il conduttore all’ emittente di Urbano Cairo, dopo quasi trent’ anni in Rai e dopo la chiusura – tra le polemiche – dell’ Arena (nata nel 2005), che ha guidato con successo nella domenica pomeriggio di Raiuno. Giletti dovrebbe presidiare lo spazio del venerdì sera. L’ indiscrezione – rilanciata ieri – si è fatta sempre più insistente negli ultimi giorni, specie dopo che il 27 luglio, in cda Rai Orfeo aveva ribadito la scelta di mandare in pensione L’ Arena, spiegando che Giletti non aveva risposto all’ offerta di Viale Mazzini (12 prime serate il sabato sera e reportage dai fronti dove sono impegnati i contingenti italiani). A La7 Giletti è destinato a ritrovare Giovanni Minoli, nella cui squadra di Mixer nel 1998 ha iniziato la sua carriera Rai.
Canone Rai soldi in calo Verso 2018 in perdita
La Stampa
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I ricavi da canone «nel 2017 si riducono di circa 140 milioni sul 2016, mentre nel 2018 la diminuzione dovrebbe attestarsi a circa 170 milioni». Lo ha detto Mario Orfeo in Vigilanza. Il dg Rai fa i conti guardando al futuro: «Il calo delle entrare porta la gestione operativa in forte tensione con una previsione per il 2017 di sostanziale pareggio e con un 2018 in perdita per 80/100 milioni di euro a seguito della presenza dei costi dei grandi eventi sportivi».
Il dg Orfeo: la Rai nel 2018 in rosso per 80-100 milioni
Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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Riduzione del canone e costo dei grandi eventi sportivi porteranno «i conti della Rai in perdita per 80-100 milioni nel 2018». A dirlo è il dg Rai, Mario Orfeo, durante l’ audizione in Commissione di Vigilanza, ieri in serata. Durante questa sua prima audizione il dg ha evidenziato le difficoltà che si paventano per la situazione finanziaria della Rai che dal «pareggio del 2017» dovrebbe peggiorare con il canone a 90 euro. Intanto la Rai «sta lavorando al nuovo schema di contratto di servizio con il Mise» e punta ad «approvare il testo» da portare in Vigilanza «tra fine settembre e inizio ottobre, in modo da terminare l’ iter entro fine anno». Punti forti della discussione con i parlamentari anche il tanto discusso contratto di Fazio («la Rai guadagnerà con il prodotto Fazio, il cui costo unitario si ridurrà del 16%», dice il dg), Piano news e destino di Milena Gabanelli («Superata questa prima fase di emergenza abbiamo iniziato a esaminare con il Cda il tema», da affrontare in «un tempo ragionevole»).
Hearst Italia, migliorano i conti
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Migliorano i conti del gruppo Hearst in Italia. Non tanto per merito della società principale, Hearst magazines Italia, che edita la gran parte delle riviste presenti sul mercato tricolore, e che, come già anticipato da ItaliaOggi del 20 dicembre 2016, ha ancora un risultato operativo 2016 negativo per un milione di euro. Quanto per effetto delle società partecipate: Hearst advertising worldwide (al 100%) che chiude l’ esercizio con 2 milioni di utile; m-Dis (10%) con 4,8 milioni di utile; Hearst Marie Claire Italia (49%) con 987 mila euro di utili. L’ unica partecipata in perdita nel 2016 è la Hearst Digital sa (la ex Hearst magazines Switzerland) con un rosso vicino ai 380 mila euro. I proventi da partecipazioni consentono quindi a Hearst Italia di presentare all’ azionista americano un esercizio 2016 con un fatturato complessivo in leggero calo rispetto ai 90 milioni di euro del 2015, ma con 1,93 milioni di euro di utili, in confronto ai 915 mila euro di perdite 2015. Pure in Hearst, come d’ altronde sta accadendo in questi giorni in Condé Nast, un paio di ingredienti per il rilancio sono piuttosto consueti: chiusura dei collaterali (già avvenuta nel 2016) che non portano più i risultati di un tempo e riduzione del costo del lavoro (l’ obiettivo è scendere a 100 giornalisti in Hearst magazines Italia, dopo essere scesi a quota 30 in Hearst Marie Claire): i contratti di solidarietà al 12%, per 24 mesi, sono scaduti il 14 gennaio 2017. E dal 15 gennaio è seguita una cassa integrazione a rotazione, della durata di 12 mesi, con riduzione dei compensi del 13,9%, relativa alla gestione di 32 esuberi (di cui 15 da prepensionare, 10 da incentivare all’ esodo, e sette con contratto a tempo determinato che non è stato rinnovato alla scadenza). Perlomeno originale, invece, il modo nel quale Hearst sta gestendo la sua evoluzione digital: da inizio 2017 è partito il trasferimento da Milano in Svizzera «dei content team digitali dedicati a elle.it, marieclaire.it, cosmo.it , gioia.it e elledecor.it, così da favorire la fertilizzazione delle competenze e dei talenti digitali in una struttura focalizzata al 100% sullo sviluppo del business». In pratica, tutta la produzione dei contenuti digitali delle testate di Hearst Italia viene traslocata nella Federazione elvetica. E sarà così anche per l’ eventuale debutto del sistema Esquire Italia (solo digitale, non è prevista una versione cartacea del mensile maschile) nel prossimo autunno. Anche per il mensile femminile Cosmopolitan, negli ultimi tempi, si sta peraltro pensando a una eventuale evoluzione solo digitale, abbandonando la carta. Il trasloco del digitale di Hearst in Svizzera suscita ovviamente qualche preoccupazione negli occupati della sede milanese: anche perché il trasferimento a Chiasso implica nuovi contratti di diritto elvetico, con livelli remunerativi magari leggermente più alti, ma con tutele del lavoro giornalistico molto più allentate rispetto all’ Italia. Queste, comunque, le risposte decise dall’ amministratore delegato Giacomo Moletto alla crisi che indubbiamente attanaglia l’ editoria ma che sembra aggredire Hearst Italia meno di altri: tanto per dire, nel 2016 i ricavi diffusionali di Hearst magazines Italia (Gioia, Gente, Elle, Cosmopolitan, esclusi quelli del sistema Marie Claire) sono pari a 19,4 milioni di euro (-8,5% sul 2015), quelli da pubblicità su carta però tengono (36,3 milioni, in linea col 2015), così come quelli da pubblicità digitale (4,7 mln, rispetto ai 4,6 mln del 2015). Nel frattempo il personale del gruppo è calato a 336 unità nel 2016, con un numero di dirigenti rimasto inalterato (28), quattro giornalisti in meno (121) e impiegati e quadri a quota 187 unità (erano 193 nel 2015).
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Massimo Giletti va a La7. Manca soltanto la firma, come confermato dall’ agenzia stampa Ansa, al contratto che legherà il conduttore all’ emittente di Urbano Cairo, dopo quasi trent’ anni in Rai e dopo la chiusura tra le polemiche dell’ Arena (trasmissione nata nel 2005). Giletti dovrebbe presidiare lo spazio del venerdì sera. Non è escluso un suo successivo passaggio alla domenica pomeriggio. Vivendi, più dettagli ad Agcom sulla posizione in Mediaset. Lo ha reso noto ieri, con una nota, l’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni spiegando di aver ricevuto lunedì scorso «una comunicazione da parte della società volta ad integrare e modificare parzialmente il piano di ottemperanza presentato da Vivendi il 19 giugno 2017, finalizzato ad eliminare la posizione di influenza notevole in Mediaset». «In attesa di nuove interlocuzioni, che si rendono necessarie, tra gli uffici competenti e la società Vivendi al fine di dettagliare le modalità attraverso cui la suddetta società intenda rimuovere strutturalmente la posizione vietata, l’ Autorità ricorda che, in caso di inottemperanza all’ ordine impartito», la società francese sarà sanzionata con una multa del valore tra il 2% e il 5% del fatturato. Corsera, edizione locale a Torino? Vediamo, dice Cairo. Resta vago Urbano Cairo sull’ ipotesi di aprire un’ edizione locale del Corriere della Sera a Torino, attesa per l’ autunno. Il presidente Rcs risponde ai giornalisti: «Il Corriere a Torino? Si vende regolarmente in edicola. Edizione locale? Vediamo, vi candidate?». F racconta l’ opposizione venezuelana. In esclusiva sul settimanale femminile di Cairo Editore, in edicola da oggi, esce l’ intervista a Vanessa Ledezma, figlia di Antonio Ledezma, ex sindaco di Caracas e oppositore del regime. Feltrinelli e Barcolana insieme per il 2° anno. Prosegue il legame tra il gruppo editoriale e la regata in programma a Trieste dal 29 settembre all’ 8 ottobre. Al via c’ è una serie di iniziative dedicate al rapporto letteratura-mare. A veleggiare nell’ Adriatico ci sarà anche una barca Feltrinelli, su cui saliranno alcuni autori e, per la prima volta, una delegazione di lettori che verranno selezionati attraverso un concorso.
Dai big data nasce Airbnbmag
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Non l’ hanno scritto dei giornalisti robot ma tutti gli articoli di Airbnbmag sono stati suggeriti da un computer. Quello di Brian Chesky, cofondatore e a.d. della piattaforma online di case in affitto per brevi periodi. Il suo computer ha monitorato infatti su quali contenuti hanno cliccato maggiormente gli utenti di www.airbnb.com. Ne è nato un flusso di big data che ha guidato anche la strategia pubblicitaria, indirizzandosi verso istituti di credito e compagnie aeree, verso marchi della cosmesi o dell’ occhialeria. Ha debuttato così il primo numero di Airbnbmag, con una foliazione di 146 pagine e una tiratura complessiva di 350 mila copie (tra 50 mila in vendita in aeroporti ed edicole Usa, 200 mila distribuite gratuitamente agli iscritti più fedeli del portale e le restanti 100 mila inviate agli utenti che sono anche abbonati alle riviste americane di Hearst, casa editrice che cura l’ editing di Airbnbmag). La testata si può comprare anche online e il prezzo di copertina è di 3,99 dollari (3,4 euro) ma, al momento, la promozione di lancio offre 6 numeri con lo sconto di circa il 37% (a 15 dollari, ossia 12,7 euro). A chi storce il naso nel vedere la direzione editoriale di un periodico in mano a una piattaforma di case in affitto e, operativamente, a un pc, c’ è da ricordare non solo che sempre più aziende diventano editori e pubblicano le loro riviste in un mercato globalmente da rivitalizzare, ma anche e soprattutto che su Airbnbmag, nella fattispecie, ci scrivono firme che sono al contempo autori di testate più blasonate e di alcune serie tv. Seguite anche in Italia. Ne sono solo due esempi Ariel Levy, giornalista di The New Yorker, e Issa Rae che scrive sceneggiature per il network Hbo (Time Warner). E i temi trattati da Airbnbmag? Tutti quelli che hanno a che a fare con viaggi, case e design, divertimenti e vita notturna, senza dimenticare la copertina del primo numero dedicata a Cuba, quindi sempre legata al turismo ma anche strettamente collegata all’ attualità dopo la storica apertura tra Barack Obama e Raúl Castro. Dell’ isola caraibica parla un servizio di 11 pagine con tanto di foto. Tra le altre destinazioni raccontate in pagina ci sono la Slovenia e Detroit e anche Savannah, città americana della Georgia. In lavorazione sono previsti altri due numeri di Airbnbmag e poi Chesky deciderà il da farsi, anche perché non è la prima volta che tenta di creare un magazine. Pineapple (ananas, ndr) è stato il suo primo tentativo nel 2014, con alle spalle 18 mila copie tirate. Dal nome del frutto che simboleggia l’ ospitalità nei Caraibi e nel Sud degli Stati Uniti, la rivista e le sue 128 pagine non sono riuscite ad arrivare al secondo numero. Come mai? La pubblicità non è bastata a coprire i costi. E infatti, questa volta, secondo Chesky, «questa esperienza riuscirà se farà aumentare il numero di utenti di Airbnb o di quelli che ne parlano». Mentre, più lapidaria, Joanna Coles, chief content officer di Hearst Magazines, ha dichiarato: «Io voglio guadagnarci dei soldi». Ma, se il nodo sono sempre i soldi, perché non fare una rivista online? «Un magazine di carta può essere conservato», ha sottolineato Chesky. «Non è effimero come i contenuti di un sito web che svaniscono».
Meno minuti a zero ascolto con il superpanel di Auditel
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Discovery Science domenica 23 luglio tra le 8,30 e le 9,30: zero telespettatori secondo Auditel. Stesso canale e stesso orario domenica 30 luglio: 2.389 spettatori. Dalle 10 alle 10,30 il discorso è uguale: zero persone sintonizzate la prima domenica, 5 mila la seconda. Ora, 5 mila persone non sarà un’ audience da strapparsi i capelli, ma rispetto a zero e in epoca di frammentazione degli ascolti fanno la differenza. E Discovery Science è solo un esempio, perché i canali con la stessa situazione, ovvero con buchi nella rilevazione, erano tanti. Il motivo di queste differenze sta tutto in una parola: superpanel. Da domenica 30 luglio i dati sugli ascolti televisivi sono rilevati utilizzando un campione di 16.100 famiglie, triplicato rispetto alle 5.700 precedenti. Fino all’ altro giorno ogni individuo del panel mediamente rappresentava 4.500 persone. Pertanto bastava che il panelista entrasse o uscisse dall’ ascolto di una rete o di una fascia oraria con pochi ascoltatori, che la curva d’ ascolto presentava una alternanza di picchi e cadute molto accentuate. Dal 30 luglio, ogni individuo rappresenta mediamente 1.500 persone. Quindi la curva d’ ascolto risulta molto più regolare e con una notevole riduzione dei minuti a zero, ovvero in cui non risultano ascoltatori. Una prima analisi che ha fatto Media Italia, l’ agenzia media del gruppo Armando Testa, mostra come questi buchi nella rilevazione siano diminuiti in generale: ci sono sempre qua e là degli zeri, ma meno. Nella fascia 7,00-2,00 di domenica 30 luglio tutte le reti esaminate hanno visto ridursi la quota di minuti a zero ascolto rispetto alla domenica precedente. Per Discovery Science, di cui si è parlato, sul target Individui i minuti a zero ascolto erano il 40% del totale prima dell’ allargamento del panel e poi si sono praticamente azzerati. Non solo, per questo canale gli ascolti totali sono anche aumentati dai 3.500 ai 5.500, anche se non sempre accade questo. «Con il panel triplicato i dati sono molto meno ondivaghi e soggetti al comportamento di pochi individui», spiega Valentino Cagnetta, ceo di Media Italia. «Per dimostrare ciò abbiamo calcolato un indice di variabilità dei dati d’ ascolto, tecnicamente chiamato coefficiente di variazione. Minore il suo valore, maggiore la stabilità dei dati. Sempre nel caso di Discovery Science tale indicatore si è ridotto del 26%. Tale andamento, sia pure con diversa intensità, è generalizzato a quasi tutte le reti esaminate». Ovviamente tutto questo serve a chi deve pianificare la pubblicità ed è ancora più evidente se si considerano singole fasce di popolazione, per esempio i giovani fra i 15 e i 34 anni. Sul canale Giallo non ci sono buchi di ascolto, ma considerando solo i 15-34enni domenica 23 luglio quasi metà dei minuti erano a zero. Domenica scorsa, grazie alla triplicazione del panel, la quota di minuti a zero è scesa al 14% e gli ascolti sono risultati molto più stabili. Così anche i canali per bambini, che vengono pianificati per le responsabili acquisti, risultano meno difficili da rilevare. Per Rai Yoyo (anche se in questo caso non vale il discorso pubblicità), Media Italia ha registrato una riduzione dei minuti a zero dal 14 al 6% e dell’ indice di variabilità del 23%, mentre per il canale Boing la riduzione della quota di zeri è ancora più consistente: dal 54 al 27%, con contrazione dell’ indice di variabilità del 16%. «Queste prime analisi confermano che il nuovo panel Auditel è in grado di fornire al mercato stime d’ ascolto più solide e più stabili», conclude Cagnetta, «per tutti quei casi in cui prima vi erano scarse basi d’ ascoltatori, ovvero per le reti e per le fasce orarie a minore ascolto e con target molto segmentati».