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Rassegna Stampa del 25/07/2017

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Indice Articoli

Gruppo 24 Ore: Radio 24 non è in vendita

Chessidice in viale dell’ Editoria

Agcm, faro sui blog

Il ruolo di garante di Recchi e la spinta di Vivendi per l’ alleanza con Canal+

Diritto d’ autore, botta e risposta Siae-Soundreef

«Basta versare soldi alla Siae» Round a Fedez

Il Garante alle star dei social “Basta pubblicità occulta”

Richiamo a Belén, Ferragni e Pellegrini «Se fate pubblicità siate trasparenti»

No del Sole all’ offerta Rds: «Radio non in vendita, neanche una quota»

Nuova organizzazione per Rizzoli libri

Mondadori riorganizza Rcs Libri

Rizzoli , «non fiction e autori italianiRipartiamo dalla nostra identità »

Food blogger, webstar e influencer stanno uccidendo il giornalismo

Gruppo 24 Ore: Radio 24 non è in vendita

Il Sole 24 Ore

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«Con riferimento al comunicato stampa diffuso da RDS in merito ad un interesse per un’ alleanza industriale e strategica con Radio 24, il Gruppo 24 ORE esclude ogni intenzione di vendita totale o parziale dell’ asset, come più volte ribadito dai vertici dell’ azienda». Così una nota del gruppo editoriale di Confindustria risponde alla manifestazione d’ interesse contenuta in una lettera del presidente e azionista di controllo di RDS, Eduardo Montefusco, al presidente e all’ amministratore delegato del Sole, Giorgio Fossa e Franco Moscetti. Consapevole dell’ importante lavoro di risanamento e rilancio del gruppo Sole 24 Ore che i nuovi vertici aziendali hanno avviato negli ultimi mesi, si legge in una nota di RDS, Montefusco si rende disponibile ad acquisire una quota di minoranza di Radio 24 allo scopo di porre in essere un’ alleanza industriale. «La nostra appartenenza alla grande famiglia di Confindustria – scrive il presidente di RDS – vuole essere una garanzia per tutti gli azionisti del Sole 24 Ore e per i suoi dipendenti attraverso un’ operazione amichevole che ha come unico obiettivo il rafforzamento e il rilancio di un’ emittente che si è saputa imporre sul mercato per i contenuti delle sue trasmissioni». Un’ alleanza industriale e strategica tra Radio 24 e il gruppo RDS, si legge ancora nella manifestazione d’ interesse firmata da Montefusco, «può rappresentare un’ importante operazione di valore industriale che permetta di creare un operatore leader nel mercato dell’ infotainment e di affrontare con successo le sfide tecnologiche e di un mercato in rapidissima evoluzione». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Quattroruote celebra i 70 anni della Ferrari. Per i 70 anni della Ferrari Quattroruote lancia Icons Ferrari 70 anni – Tutte le auto del Cavallino. Il volume di 144 pagine, disponibile insieme al numero di agosto in edicola domani al prezzo totale di 9,9 euro, ripercorre la storia del marchio del Cavallino rampante attraverso le quasi 230 auto, stradali e da corsa, realizzate in questo lungo periodo di successi. Per ogni vettura, ritratta con un disegno di profilo, è presente un testo di presentazione, accompagnato dalla scheda tecnica; di oltre 70 modelli, scelti tra i più rappresentativi tra le gran turismo, le Formula 1 e le Sport-Prototipo, vengono pubblicati anche i disegni tecnici tratti dall’ Archivio Quattroruote e accompagnati da didascalie di approfondimento. DiPiùTv regala gli occhiali di Mariotto. Continuano le collaborazioni tra Cairo Editore e le grandi firme. Saranno oggi in edicola con DiPiùTv, il settimanale diretto da Sandro Mayer, gli occhiali da sole firmati da Gulliermo Mariotto, stilista di Gattinoni e giudice del programma di Rai1 Ballando con le Stelle. Stand By Me sbarca a Milano. La società di produzione tv e multimediale guidata da Simona Ercolani e Francesco Nespega ha inaugurato una nuova sede a Milano in via Andegari. Gli uffici ospiteranno il personale di Stand By Me Comunicazione, business unit orientata al mondo delle imprese con l’ obiettivo di presidiare il mercato tv e digitale, sia in termini editoriali sia di brand solutions. Altra novità per la società è l’ ingresso in azienda di Marta Imbrianti come brand solutions director & business developer. Mondadori compra azioni proprie. Mondadori ha acquistato sul mercato telematico azionario, nel periodo tra il 17 e il 21 luglio 2017, 29.500 azioni ordinarie proprie (pari allo 0,0113% del capitale sociale), al prezzo unitario medio di euro 1,7062 per un controvalore complessivo di 50.331,45 euro.

Agcm, faro sui blog

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Anche l’ Antitrust si occupa di blogger, social network e più in generale di tutti gli influencer dell’ universo internet, ossia delle web star che online hanno un folto gruppo di fan. Dopo l’ Istituto di autodisciplina (Iap) e l’ Upa con la Fieg (rispettivamente l’ associazione delle aziende inserzionisti e quella degli editori di giornali), tocca anche all’ Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, presieduta da Giovanni Pitruzzella) addentrarsi nel tema a cavallo tra informazione e pubblicità avviando un’ indagine ad hoc, in attesa che il governo emani la normativa annunciata sulla materia. Quello che preoccupa Antitrust così come Iap, Upa e Fieg è che gli utenti della rete, che sono anche consumatori, seguono spesso i racconti e le comunicazioni varie degli influencer a mo’ di consiglio personale, frutto di un’ esperienza personale diretta. Invece, altrettanto spesso, si tratta di pubblicità dal momento che c’ è un rapporto pregresso, un accordo tra influencer e marchi commerciali. Ecco perché l’ Antitrust, con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha inviato «lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’ indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione», hanno fatto sapere ieri con una nota dalla stessa Agcm. Nelle lettere l’ Authority individua criteri generali di comportamento che prevedono di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale grazie all’ inserimento di hashtag come #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento o, nel caso di un bene a disposizione gratuitamente, #prodottofornitoda. Tutte indicazioni che devono essere seguite dal nome del marchio stesso. Da ultimo, hanno concluso dall’ Antitrust, e «considerato che il fenomeno del marketing occulto è ritenuto particolarmente insidioso, in quanto è in grado di privare il consumatore delle naturali difese che si ergono in presenza di un dichiarato intento pubblicitario, l’ Autorità sollecita tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nel fenomeno a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, fornendo adeguate indicazioni atte a rivelare la reale natura del messaggio, laddove esso derivi da un rapporto di committenza e abbia una finalità commerciale, ancorché basato sulla fornitura gratuita di prodotti».

Il ruolo di garante di Recchi e la spinta di Vivendi per l’ alleanza con Canal+

Corriere della Sera
Paola Pica
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Il messaggio in bottiglia di Vincent Bolloré arriva a tarda sera, affidato a un lancio Reuters del solo notiziario in inglese. La controllata nella pay tv di Vivendi, Canal +, ha proposto a Telecom Italia – si legge – la creazione di una joint venture per l’ acquisizione di diritti audiovisivi e la produzione di serie televisive, secondo quanto affermano fonti «vicine» allo stesso gruppo francese che fa capo all’ imprenditore e finanziere bretone e che di Tim-Telecom è il primo socio con il 23,9%. Le fonti, riporta l’ agenzia, spiegano come l’ operazione «permetterà a Telecom di sviluppare rapidamente contenuti originali per il mercato italiano». Più o meno le stesse parole sono state spese qualche ora prima da Arnauld de Puyfontaine, presidente di Telecom e plenipotenziario di Bolloré in Italia, per tentare di compattare sulle prospettive a breve termine un consiglio di amministrazione provato, quasi al pari dell’ azienda, dalle tensioni che nelle ultime settimane hanno portato all’ uscita Flavio Cattaneo, l’ ottavo amministratore delegato in vent’ anni, quelli passati dall’ offerta pubblica avviata nell’ ottobre del 1997, meglio nota come «la madre di tutte le privatizzazioni». La discussione nel board, come noto, non è mai stata sul «se», ma sul «come». E anzi sul «quanto» riconoscere a un capo azienda al quale, in teoria, non bisognerebbe rinunciare se è vero che il primo gruppo italiano delle telecomunicazioni sta rialzando la testa. L’ esercizio 2016 si è chiuso con il ritorno all’ utile e con il superamento in largo anticipo degli obiettivi del piano che si chiude quest’ anno e già dopodomani, giovedì, il mercato e il consiglio convocato per l’ approvazione dei conti semestrali potranno misurare lo spessore del cosiddetto turnaround. Di fronte alle contestazioni di consiglieri di minoranza e sindaci (questi ultimi si erano rivolti alla Consob qualche mese fa ipotizzando il controllo di fatto di Vivendi) sulla sbalorditiva buonuscita di Cattaneo, de Puyfontaine ha preferito parlare di futuro, aprendo «la nuova fase». Con un riassetto di vertice funzionale alla creazione di quel «modello Netflix» che dovrebbe porre nel sud Europa le condizioni per contrastare l’ avanzata dei concorrenti internazionali e in particolare di Sky. Il disegno si compone dall’ origine anche del tassello Mediaset, nel cui capitale Vivendi è salita fin quasi il 29%. Lo stop dell’ Antitrust ha ridimensionato la corsa in Italia della compagine d’ Oltralpe ma non l’ ha fermata. E ieri i consiglieri di Telecom ne hanno avuto conferma in una riunione relativamente breve (un’ ora e mezza) e condotta, pare, in modo risoluto dal numero uno francese. Che ha individuato nella formula del triumvirato la via per dare stabilità a un gruppo da 51 mila dipendenti solo in Italia. La figura operativa di riferimento sarà il direttore generale, ruolo per il quale è stato scelto «un mago della convergenza» come è stato definito sulla stampa internazionale, il facoltoso imprenditore e manager Amos Genish, origini israeliane, una carriera in Brasile prima di approdare in Europa, a Parigi, dove sta già lavorando per Bolloré. Mentre all’ attuale vicepresidente Giuseppe Recchi saranno attribuite alcune deleghe forti, a partire da quelle per le relazioni istituzionali. E la prima mission di Recchi, già presidente dell’ Eni e della stessa Telecom, è quella di ristabilire un clima con il governo dopo le incomprensioni e le polemiche sul piano per la banda larga.

Diritto d’ autore, botta e risposta Siae-Soundreef

Italia Oggi

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Showbees, dopo aver organizzato un concerto di Fedez, dovrà versare a Soundreef il compenso dovuto al cantante per i suoi diritti d’ autore. Lo ha stabilito il Tribunale ordinario di Milano con un decreto ingiuntivo del 19 luglio scorso, visto che l’ agenzia di promozione di spettacoli aveva deciso di pagare soltanto la Siae. Dopo la pronuncia del Tribunale, Showbees avrà 40 giorni di tempo per decidere se pagare anche Soundreef, gestore indipendente dei diritti d’ autore, oppure opporsi al decreto ingiuntivo promuovendo un giudizio ordinario. Ma nel frattempo Soundreef, già impegnata in una lunga querelle con la Siae, ha già segnato il punto sottolineando in una nota come «chi utilizza i diritti d’ autore di un artista o di un editore è tenuto a pagare direttamente i titolari dei diritti (o chi abbia ricevuto da questi ultimi il mandato alla gestione dei diritti) e non può pagare sempre e comunque la Siae anche in relazione a diritti estranei al repertorio dei propri mandanti e associati». «Alcuni organizzatori di concerti non versano a Soundreef quanto dovuto perché sviati e confusi da pratiche commerciali della Siae che formano attualmente oggetto di un procedimento davanti all’ Antitrust», ha spiegato l’ avvocato Guido Scorza, legale della stessa società fondata dall’ a.d. Davide D’ Atri. «Questa decisione, per quanto pronunciata in sede sommaria, potrebbe contribuire a chiarire ciò che dovrebbe essere ovvio: nessuno, Siae inclusa, può gestire diritti d’ autore e incassare compensi in assenza di un mandato da parte del titolare dei diritti. La volontà di un autore deve essere sempre e comunque rispettata e non c’ è questione di mercato né esclusiva che possa travolgere questo principio elementare». Contro la presa di posizione del gestore indipendente di diritti d’ autore di artisti come Fedez e J-Ax, non s’ è fatta attendere la replica della Società italiana autori ed editori (presieduta da Filippo Sugar): «non conosciamo il provvedimento; prendiamo atto che la stessa Soundreef lo definisce sommario. Riteniamo utile segnalare che ad oggi la normativa sul diritto d’ autore in Italia non è in alcun modo cambiata e che Siae ha il dovere di incassare per tutte le opere che ha in tutela, a protezione di quel diritto d’ autore che si cerca di scardinare e quindi a salvaguardia di tutto il mondo degli autori ed editori». In particolare, sempre secondo Siae, la sua esclusiva sul mercato italiano viene definita «saldissima», confidando che «col tempo si chiarirà ogni equivoco, o peggio strumentalizzazione, attorno ad essa». Ma D’ Atri sposta l’ asticella dello scontro un po’ più in là e confida «nell’ Antitrust che ha appena aperto un’ istruttoria per abuso di posizione dominante nei confronti di Siae e nella Commissione Ue, che secondo diverse fonti, starebbe per avviare una procedura di infrazione contro il governo italiano proprio in merito all’ esigenza di garantire libertà nel mercato dell’ intermediazione dei diritti d’ autore. La decisione del Tribunale di Milano, dunque, è solo un primo passo nella direzione auspicata».

«Basta versare soldi alla Siae» Round a Fedez

Il Messaggero
MARCO MOLENDINI
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LA VERTENZA «Al borghese viene rabbia quando il proletario sbanca» cantano Fedez e J.Ax nella loro Comunisti col Rolex. Per ora quella canzone e il tour che da quella canzone è nato la rabbia l’ ha fatta venire alla Siae e, sicuramente, ha reso più calda la guerra intrapresa da qualche tempo da Soundreef, l’ arrembante start up italiana con sede a Londra che vuol fare concorrenza a quel monolite del diritto d’ autore che è, appunto, la Siae. Succede che il Tribunale di Milano ha inviato un decreto ingiuntivo nei confronti della Show Bees srl, che ha organizzato la data del 13 marzo all’ Unipol Arena di Bologna del tour dei due rapper (Fedez, un anno fa ha affidato la raccolta dei propri copyright a Soundreef). Secondo il giudice Silvia Giani i 3849 euro (più interessi e spese legali), maturati dal cantante in quella serata, e che la società ha corrisposto alla Siae, devono invece andare «entro 40 giorni» a Soundreef. Il provvedimento, che sarà ovviamente impugnato (e quindi non diventa automaticamente esecutivo) va molto al di là dei tremila e passa euro di cui si discute, perché tocca uno dei nodi della riscossione del diritto d’ autore, ovvero il compito della Siae ad avere l’ esclusiva del collecting per tutte le opere che ha in tutela e che viene contrastata da Soundreef, start up fondata da Davide D’ Atri con l’ ok delle autorità inglesi a operare sul mercato della raccolta dei diritti d’ autore in ambito musicale, sulla base della direttiva europea Barnier. I COMUNICATI Questo provvedimento può valere come precedente? Mette in discussione il ruolo della Siae sancendo che, chi utilizza i diritti d’ autore di un artista o di un editore non può pagare sempre e comunque la Società degli autori e degli editori? «Bisognerà attendere gli esiti dell’ eventuale ricorso», ammette l’ avvocato di D’ Atri Guido Scorza. La Siae ha reagito indubbiamente con rudezza: «Soundreef è campione di disinformazione», ha sintetizzato il dg Gaetano Blandini. Mentre in un comunicato ufficiale si risponde: «Non conosciamo il provvedimento, prendiamo atto che la stessa Soundreef lo definisce sommario e cioè emesso sulla base della sola rappresentazione dei fatti da parte di Soundreef. Riteniamo utile segnalare che la normativa sul diritto d’ autore in Italia a oggi non è in alcun modo cambiata. L’ esclusiva di Siae è saldissima e col tempo si chiarirà ogni equivoco, o peggio strumentalizzazione, attorno a essa». Non c’ è dubbio, però, che questo è il primo provvedimento di un’ autorità giudiziaria che mette in discussione un quadro stabile del settore e, quindi, in qualche modo il provvedimento che riguarda Comunisti col Rolex ha in sé qualcosa di storico. «Questa decisione, per quanto pronunciata in sede sommaria, potrebbe contribuire a chiarire ciò che dovrebbe essere ovvio: nessuno, Siae inclusa, può gestire diritti d’ autore e incassare compensi in assenza di un mandato da parte del titolare di quei diritti sostiene l’ avvocato di Soundreef – La volontà di un autore deve essere sempre e comunque rispettata». Lo stesso Fedez aveva denunciato: «La Siae continua a incassare in modo indebito i diritti su miei concerti». E D’ Atri, ieri, ne ha approfittato per rilanciare, allargando il discorso a un altro campo: «Continuiamo a confidare nell’ Antitrust che ha appena aperto un’ istruttoria per abuso di posizione dominante nei confronti di Siae». Riferimento, questo, all’ accusa secondo cui «alcuni organizzatori di concerti non versano a Soundreef quanto dovuto perché sviati e confusi da pratiche commerciali della Siae». Secondo l’ ad di Soundreef, inoltre, «la Commissione europea starebbe per avviare una procedura di infrazione contro il governo italiano in merito all’ esigenza di garantire libertà nel mercato dell’ intermediazione dei diritti d’ autore». IL DECRETO Sulla questione ieri è intervenuto anche il responsabile della società Show Bees Gianmario Longoni: «La Siae non ha nulla a che vedere con il decreto ingiuntivo. Riguarda il rapporto diretto tra la mia società e Soundreef, della cui validità peraltro discuteranno i miei avvocati in Tribunale. È, del resto, evidente che Soundreef opera in condizione di voluto equivoco e al di fuori delle previsioni di legge, chiedendo compensi a essa non dovuti». La start up di D’ Atri oltre a Fedez fra i suoi iscritti ha Gigi D’ Alessio, Fabio Rovazzi, Nesli, Maurizio Fabrizio, il direttore d’ orchestra Adriano Pennino e Tommaso Pini. Marco Molendini © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il Garante alle star dei social “Basta pubblicità occulta”

La Repubblica
ALDO FONTANAROSA
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ROMA. Sembrano dei selfie, degli autoscatti, delle foto innocenti. In realtà possono nascondere forme occulte di pubblicità. Per questo il Garante dei consumatori (l’ Antitrust) prende di mira alcuni artisti sospettati di costruire modalità non trasparenti di promozione commerciale. Il luogo del presunto inganno sono i loro spazi social. Scarpe firmate bene in vista su Facebook, commenti entusiastici sugli occhiali indossati via YouTube, deliziosi vestiti mostrati su Instagram con tanto di link al sito dello stilista. Queste abili tecniche – segnalate in un esposto dall’ Unione Nazionale Consumatori – sono ormai nel mirino del Garante, che mette in guardia dai siparietti informali, innocui, caserecci. A guardar bene, invece, interessati e ingannevoli. Tra i destinatari delle lettere – amichevoli, almeno per adesso – ci sono Fedez, Chiara Ferragni, Anna Tatangelo, Melissa Satta e Belen Rodriguez. E le contestazioni hanno raggiunto anche alcune aziende di grido, come Alberta Ferretti, Adidas e Louis Vuitton, che avrebbero ingaggiato almeno alcuni di questi personaggi. Il Garante vuole che le star dei social rivelino ai loro fan se stanno promuovendo una marca e un prodotto in cambio di denaro. Per far presente che quella foto o quel video sono pubblicità basterà aggiungere un hashtag, cioè una targa eloquente, del tipo: #sponsorizzato, #advertising. Quando un artista mostra dei pantaloni oppure un cellulare perché li ha ricevuti in regalo, dovrà mettere la targa #prodottofornitoda. Le lettere del Garante sono amichevoli, dunque. Ma questi personaggi e questi brand, in ogni caso, sono sospettati di aver violato l’ articolo 22 del Codice del Consumo, che regola le pratiche commerciali ingannevoli. I fan degli artisti sono indotti a comprare dei prodotti, si immagina, soltanto per emulare i loro divi. Ma la decisione di acquisto – pensa l’ Antitrust – non è sufficientemente informata e consapevole. Nel caso i personaggi e le imprese proseguiranno su questa strada, rischiano l’ apertura di un procedimento. Se condannati, una forte multa. A giugno, e il Garante ne ha tenuto conto, il governo ha fatto proprio un Ordine del giorno a firma del deputato Sergio Boccadutri (del Pd). Il testo, associato al disegno di legge sulla Concorrenza, invoca una norma severa sulle pubblicità occulte via social. Un altro deputato del Pd, Anzaldi, chiede che la Rai verifichi subito la condotta dei suoi artisti in materia. Sempre a giugno il nostro Istituto per l’ Autodisciplina pubblicitaria ha presentato la sua “Digital Chart” per descrivere le tecniche promozionali in Rete, legittime oppure oscure. D’ altra parte il problema delle inserzioni non trasparenti ha dimensioni globali. Ad aprile, negli Usa, l’ Agenzia Federale per il Commercio (la Fta) ha spedito 90 lettere a stelle dello spettacolo e imprese perché rendessero espliciti i loro rapporti commerciali. L’ iniziativa, dopo un attento monitoraggio di Instagram, il social forse più adatto ad architettare forme di promozione occulta. ©RIPRODUZIONE RISERVATA CHIARA FERRAGNI Nata come fashion blogger, a 30 anni è anche stilista e imprenditrice. Ex studentessa della Bocconi, gestisce il blog “The blonde salad” e su Instagram ha 10 milioni di fan.

Richiamo a Belén, Ferragni e Pellegrini «Se fate pubblicità siate trasparenti»

Corriere della Sera
Francesco Di Frischia
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ROMA L’ Antitrust avvisa Belén Rodriguez, Chiara Ferragni e Federica Pelegrini e tanti altri che in Rete hanno milioni di ammiratori: «La pubblicità deve essere sempre trasparente». Anche su Twitter, Instagram e sugli altri social network . Basta quindi al marketing occulto che spesso priva il consumatore di quelle naturali difese che scattano automaticamente quando ci si trova di fronte a un dichiarato intento pubblicitario. L’ Autorità garante della concorrenza e del mercato, con la collaborazione del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di finanza, per ora si è limitata a inviare lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’ indicazione esplicita della possibile natura promozionale della comunicazione sul web: tra i destinatari delle missive attrici, cantanti, campioni dello sport e fashion blogger. Nell’ elenco figurerebbero pure Fedez, Alessia Marcuzzi, Anna Tatangelo e Melissa Satta e alcuni marchi (Alberta Ferretti, Adidas e Yves Saint Laurent). Tra qualche mese, però, il garbato richiamo potrebbe trasformarsi in salatissime multe se gli interessati non si uniformeranno al Codice del consumo. Esulta l’ Unione nazionale dei consumatori che definisce l’ iniziativa «una nostra vittoria». Qualche mese fa un’ analoga indagine era stata aperta dal Federal Trade Commission (l’ Antitrust Usa) e anche dall’ analogo organismo in Gran Bretagna. Intanto l’ Autorità, guidata da Giovanni Pitruzzella, ha individuato una serie di criteri generali di comportamento per vip e aziende: in sostanza è stato chiesto di «rendere chiaramente riconoscibili la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante i social media attraverso l’ inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda». A queste diciture «bisogna far sempre seguire il nome del marchio», precisa il Garante del mercato. E il discorso vale sia se siamo di fronte a un messaggio pubblicitario classico, che se l’ azienda dovesse fornire gratuitamente il prodotto. Il fenomeno dell’ influencer marketing è esploso negli ultimi anni sui social network : Facebook, Twitter, YouTube, Snapchat, Instagram e Myspace, solo per citare le più affollate piazze virtuali, sono piene zeppe di foto, video e commenti di star (anche ventenni) che mostrano ai milioni di seguaci (soprattutto teeneger) vestiti, profumi, orologi e scarpe fino agli integratori alimentari. Ogni post può valere anche 10-15 mila euro. In molti casi, però, il messaggio lanciato non assomiglia a una vera e propria pubblicità. Anzi. Sembra che il consiglio ad acquistare quel prodotto derivi dall’ esperienza personale del vip. Inoltre, rivela il Garante, le immagini del brand in evidenza sul profilo social si alternano ad altre nelle quali non compare alcun marchio, dando così l’ impressione di narrare la vita privata del vip. Infatti le immagini a volte immortalano un ambiente domestico – fa notare l’ Antitrust – e sono realizzate con tecniche non ricercate, altre volte le riprese e gli scatti tradiscono tutta la preparazione richiesta in un set professionale. E l’ evidenza data ai marchi può anche variare come intensità e modalità essendo molto eterogenee le tipologie di post e dei personaggi stessi. Tutto ciò finisce per confondere il consumatore che non ha ben chiaro il limite tra pubblicità e scelta personale del vip nello scegliere un marchio e un prodotto. Sull’ indagine dell’ Antitrust interviene il deputato Michele Anzaldi (Pd): «Anche la Rai dovrebbe intervenire autonomamente adeguandosi alle regole dell’ Authority».

No del Sole all’ offerta Rds: «Radio non in vendita, neanche una quota»

Il Giornale

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Rds si fa avanti per Radio 24 proponendo all’ emittente del gruppo 24 Ore un’ alleanza industriale e strategica. Ma dal Sole l’ offerta viene subito rispedita al mittente: «Il gruppo esclude ogni intenzione di vendita totale o parziale dell’ asset, come più volte ribadito dai vertici dell’ azienda». Radio Dimensione Suono (oltre 6 milioni ascoltatori giornalieri, un fatturato di 65 milioni e circa 270 dipendenti nelle sedi di Roma e di Milano) ha messo nero su bianco la manifestazione d’ interesse in una lettera firmata dal presidente e azionista di controllo, Eduardo Montefusco, e inviata al presidente e all’ ad del Sole, Giorgio Fossa e Franco Moscetti. «Consapevole dell’ importante lavoro di risanamento e rilancio del gruppo Sole 24 Ore che i nuovi vertici aziendali hanno avviato negli ultimi mesi, l’ editore di Rds si rende disponibile ad acquisire una quota di minoranza di Radio 24 allo scopo di porre in essere un’ alleanza industriale», scrive Montefusco che è stato anche vicepresidente dell’ Unione degli Industriali e delle Imprese di Roma con delega a «Roma per l’ Expo di Milano 2015».

Nuova organizzazione per Rizzoli libri

Il Giornale

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Nuova organizzazione per Rizzoli Libri: la Direzione Rizzoli Trade e Publishing and Rights Development fa ora capo a Massimo Turchetta, nell’ ambito dei Libri Trade del Gruppo Mondadori affidati a Enrico Selva Coddè. La struttura vede Michele Rossi alla Narrativa italiana, Rossella Biancardi alla Varia, Manuela Galbiati alla Saggistica, Stefano Magagnoli alla Narrativa straniera; Federica Magro è responsabile della Narrativa Young Adult. A Luisa Colicchio la gestione dell’ ufficio stampa ed eventi Rizzoli, BUR, Fabbri Editori.

Mondadori riorganizza Rcs Libri

Italia Oggi
MARCO LIVI
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Il gruppo Mondadori riorganizza Rizzoli Libri all’ interno della divisione trade di Segrate, che fa capo a Enrico Selva Coddè. La nuova struttura di Rizzoli Libri, precisamente Rizzoli trade e publishing and rights development sotto la guida di Massimo Turchetta, vedrà Michele Rossi alla narrativa italiana e Rossella Biancardi alla varia. Poi, si aggiunge alla squadra Manuela Galbiati cui viene affidata la saggistica. C’ è poi la narrativa straniera che verrà coperta da Stefano Magagnoli mentre Federica Magro, già a capo di Bur, vintage e del digital publishing, assume anche la responsabilità della narrativa young adult di Rizzoli e Fabbri editori, della varia Fabbri ed Etas. A Luisa Colicchio, responsabile della comunicazione, è affidata infine la gestione dell’ ufficio stampa e dell’ ufficio eventi delle case editrici Rizzoli, Bur, Fabbri editori. Alla base della riorganizzazione, hanno fatto sapere dalla stessa casa editrice guidata dall’ a.d. Ernesto Mauri e presieduta da Marina Berlusconi, la decisione di «dare continuità al grande lavoro svolto negli ultimi anni dalle case editrici Rizzoli, Bur e Fabbri Editori», volendo inoltre «premiare il team di professionisti maturati all’ interno di Rizzoli Libri, ai quali viene affidata la responsabilità diretta sui settori strategici di propria competenza». Invece, il funzionamento della nuova struttura poggia sulla decisione che «i responsabili delle diverse aree in cui sono organizzate Rizzoli, Bur e Fabbri Editori riportino direttamente a Turchetta». La riorganizzazione arriva dopo che Mondadori ha comprato a metà aprile scorso Rcs Libri dal gruppo milanese del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, allora guidata dall’ a.d. Pietro Scott Jovane. Acquisizione con un controvalore pari a 127 milioni di euro che non solo ha generato una serie di polemiche per la concentrazione conseguente del mercato ma soprattutto ha portato all’ intervento dell’ Antitrust, che ha finito per imporre la cessione di alcuni marchi come Bompiani e Marsilio. Il primo è andato a Giunti nel settembre del 2016, la partecipazione quasi totalitaria nel secondo è stata venduta a Cesare De Michelis, storico patron della casa editrice. Prima di Bompiani e Marsilio, peraltro, da Rcs Libri si era già staccato Adelphi che è rientrata completamente sotto la proprietà di Roberto Calasso, fondatore e socio di minoranza dell’ editrice, avendo esercitato l’ opzione di prelazione sulla quota di maggioranza messa sul mercato, così come previsto nei caso di cambio di proprietà. © Riproduzione riservata.

Rizzoli , «non fiction e autori italianiRipartiamo dalla nostra identità »

Corriere della Sera
Cristina Taglietti
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«Dopo la lunga marcia nel deserto, adesso si mette il piede sul terreno solido per ripartire». Massimo Turchetta, 56 anni, una qualifica lunghissima – Direttore Rizzoli Trade e Publishing and Right Development -, e un passato ai vertici di Mondadori, sintetizza così la nuova struttura editoriale del marchio da un anno trasferito a Segrate. Una riorganizzazione che arriva a seguito di un esodo massiccio di professionalità editoriali dalla casa editrice. Che cosa è successo? «È stato un lungo periodo impegnativo. Prima i due anni di procedure per arrivare alla vendita al gruppo Mondadori, poi un altro anno di adattamento a una realtà diversa che io conosco a fondo e che non ho dubbi farà risaltare le grandi potenzialità di Rizzoli. È vocazione naturale mia e della Rizzoli investire costantemente sugli autori e formare nuove generazioni di editor che con loro lavorano all’ interno delle case editrici. La conseguenza è che professionisti bravi, che hanno maturato esperienze e competenze, possono trovare altri spazi. Certo ci sono anche persone che non riescono a mantenere il passo in una grande realtà diversa». Nel frattempo qualcosa si sta muovendo nel mercato italiano. «Si sono create alternative di aziende per il momento piccole ma che hanno una dimensione internazionale. Fino a un anno fa non c’ erano. Lo scenario è cambiato e cambierà ancora. Dopo che l’ editoria italiana è stata per quasi cinquant’ anni ferma, con l’ acquisizione realizzata da Mondadori si sono aperte nuove opportunità. Tutto il sistema si sta ridisegnando e sta cercando un punto di equilibrio che potrebbe anche essere positivo». L’ ingresso di grandi player internazionali come HarperCollins e Planeta non fa paura a un gruppo come Mondadori? «È una situazione che può sprovincializzare il panorama italiano e farà bene a Mondadori e alle altre realtà nazionali. Noi, attraverso Rizzoli International, abbiamo sempre avuto una naturale dimensione internazionale, più di altre case editrici. Si farà fatica ma questa transizione potrebbe portare a uno scenario più promettente. La vera partita è diventare più veloci, sviluppare procedure più snelle». Qual è la logica della nuova struttura Rizzoli? «È una squadra costruita intorno a professionisti giovani. Avremo quattro linee con quattro responsabili, tre dei quali vengono dall’ interno: Michele Rossi alla Narrativa italiana, Rossella Biancardi alla Varia, Manuela Galbiati alla Saggistica. Per la Narrativa straniera arriva Stefano Magagnoli, uno che ha visto tutto, una specie di araba fenice dell’ editoria italiana. Alla guida di Lizard abbiamo un outsider di talento come Simone Romani, una specie di capotribù dei fumettari di qualità. Battitore libero anche Michele Dalai, come talent scout. Federica Magro resta responsabile della Bur che in questi anni ha fatto molto bene e sviluppa tutta una serie di saggistica pratica, di manualistica che risponde a bisogni anche psicologici come gestire situazioni di conflitto che vanno dalle nascite ai lutti. Quello che fa, per esempio, Daniele Novara. Federica Magro avrà anche il compito di sviluppare la Fabbri e tutta la parte Young Adult, che in ottobre pubblicherà il nuovo romanzo di John Green». Come farete a convivere dentro un gruppo che ha anche il marchio Mondadori, vostro naturale concorrente? «Continueremo a crescere nella parte in cui già siamo più forti, la non fiction, e sugli autori italiani. Diventa essenziale lavorare sul nuovo. Costruire i grandi autori dei prossimi anni e lavorare sulla nostra identità di non fiction che è il nostro dna. So benissimo che Dan Brown e Ken Follett sono pubblicati da Mondadori, preferisco competere per trovare il nuovo John Green che per strappare autori di quel calibro. Questo vale rispetto a Mondadori ma anche rispetto agli altri editori». Questo in pratica che cosa significa? «Investiremo su Lizard per farla crescere ulteriormente, esploreremo nuovi filoni di saggistica, faremo due nuove collane di narrativa, inizialmente italiana, che poi accoglieranno anche gli stranieri. Saranno dedicate al nero italiano e al femminile di qualità, ma sempre cercando voci nuove. Stiamo cercando di intercettare nuovi fenomeni. Un bravo editore fa quello che il pubblico vuole, un bravissimo editore fa quello che il pubblico non sa ancora di volere». Cercate il nuovo, ma intanto a ottobre in libreria ci sarà Andrea Camilleri. «Sì, ha deciso di darci un libro che sono i suoi esercizi di memoria, i suoi ricordi: quando era bambino in Sicilia, la guerra, la gioventù a Roma, insomma la sua vita. Una delle magie di Camilleri è lui che racconta, è un grandissimo narratore orale. C’ è immediatezza, velocità. È un libro molto emozionante».

Food blogger, webstar e influencer stanno uccidendo il giornalismo

La Verità
ANDREA RADIC
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Andrea RadicGiornalista gastronomicoHo letto sulla Verità del 20 luglio una interessante, anzi illuminante, intervista alla gentile signora Anna Maria Pellegrino, di professione blogger. La prima cosa che ho imparato è che per farsi fotografare in divisa da cuoco, anzi da chef, non si deve né studiare all’ istituto alberghiero, né tantomeno lavorare lunghi anni in cucina e neppure dimostrare nulla a nessuno, se non a sé stessi. Ma si sappia almeno che quella divisa, quella giacca, erano, ai tempi di Pellegrino Artusi sicuro, ma anche più recentemente a quelli di Gualtiero Marchesi e persino agli odierni tempi degli chef televisivi, un simbolo di un raggiunto ruolo, il premio di fatiche e di impegno. Tanto quanto una toga da avvocato o un tesserino da giornalista. Persino in televisione, nel noto contest Hell’ s kitchen, la giacca viene tolta o lasciata indossare come un moderno totem professionale. Scordatevi tutto questo, basta diventare blogger, anzi food blogger. Come racconta con malcelato orgoglio la signora Pellegrino, basta saper cucinare in famiglia (piuttosto comune direi) e avere un amico ristoratore compiacente che ti faccia fare, alla faccia delle regole e delle normative su lavoro, alcuni mesi di esperienza in cucina, per essere liberi di spadellare allegramente su Internet, dispensare consigli sulle cotture e, soprattutto, indossare il simbolo di una categoria orgoglio del nostro Paese: la giacca da cuoco con tanto di bandiera dell’ Unione europea e sponsor vari. Ricapitolando: scrivono come Montanelli, cucinano come Marchesi e fotografano come Toscani, dimenticavo, filmano come Sorrentino, sono i food blogger, almeno nell’ intervista affresco comparsa sulla Verità. Ecco, scrivere come giornalisti dicevamo, ma anche per quello a dispetto dell’ era dei social, serve ahimè un maledetto esame di Stato, senza le cui prove scritta e orale, desolato, non ci si può presentare come giornalisti. Certo il Web rende liberi, consente di essere ciascuno di noi editore di sé stesso, possiamo pubblicare video e foto liberamente per raccontare ciò che più ci piace e che pensiamo piaccia a molti altri. Tutto vero, tutto legittimo e anche interessante da leggere e cliccare, «taggare» e «likare», ma non si tratta di giornalismo, si tratta di altro. Chiamiamola, se volete, libera narrazione e libera informazione. Ma il giornalismo, anche quello gastronomico è cosa diversa, rappresenta un settore lavorativo regolato da norme e consuetudini precise e non può, né deve essere paragonato, troppo spesso con immotivata invidia, al bloggerismo.Voglio sottolineare che esistono giornalisti e blogger cialtroni come blogger professionisti e giornalisti della stessa capacità. Non si tratta di medesimi soggetti di serie A e serie B, si tratta proprio di due categorie distinte e distanti. Ma le differenze di percorso restano, se non esiste una normativa per l’ informazione che sia estranea al giornalismo, può esser proposta è discussa nelle sedi opportune, ma non inventata di sana pianta. La letteratura editoriale americana ci insegna che i primi blog sono nati per hobby, luoghi virtuali, bacheche del Web dove poter raccontare le proprie personali esperienze. Anche l’ iconografia cinematografica segna la differenza, tra l’ intimità domestica del blogger e le concitate redazioni dei giornali, dove appunto lavorano i giornalisti. Tra i blogger è diventato di moda lanciarsi contro i giornalisti, accusandoli di disprezzo verso i blog e difesa della casta dell’ informazione. Ma vogliamo invece riconoscere ai giornalisti il diritto di definirsi tali? Se domani compro un camice e mi presento davanti alla sala operatoria definendomi «chirurgo per passione» non prenderò neppure un like e sopratutto mi terranno a distanza, perché la sanità è cosa seria. Ma se voglio informare il pubblico senza essere autorizzato a farlo e senza avere doveri deontologici, apro un blog e nessuno mi ferma.


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