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Rassegna Stampa del 21/07/2017

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Indice Articoli

Siae e diritti d’ autore, la Grande Guerra è appena cominciata

L’ apertura di Facebook: notizie online a pagamento

Facebook, notizie online a pagamento

Il cambio di passo necessario

Chessidice in viale dell’ Editoria

Facebook: presto test per far pagare gli articoli

Rai, meno canone dal 2018

Tgr, le redazioni regionali sono state digitalizzate

Carta+digitale, Corsera primo

I dati Ads di diffusione della stampa a maggio per quotidiani, settimanali e mensili. Le stime sono le prime prodotte con il nuovo regolamento sulla diffusione digitale

Avvenire a maggio a quota 113.790 copie

Siae e diritti d’ autore, la Grande Guerra è appena cominciata

Il Fatto Quotidiano
Stefano Feltri
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Una battaglia così non si vedeva dallo scontro tra Uber e i tassisti. Siae contro Soundreef, il monopolio da 796 milioni di fatturato contro la start up basata a Londra che dal mercato italiano ricava appena 2 milioni ma sente di avere tempo e tecnologia dalla propria parte (e punta a 5 milioni nel 2017). Da un lato l’ idea che il sistema di raccolta dei diritti d’ autore sia una specie di servizio pubblico che permette la competizione tra artisti e produttori. Dall’ altro l’ approccio di mercato, quello dei diritti d’ autore è soltanto un business da regolare, come le autostrade o l’ energia. Filippo Sugar, presidente della Siae e capo dell’ etichetta SugarMusic, contro Davide D’ Atri, il manager con la passione della musica che ha scommesso sulla liberalizzazione prima della Commissione europea, che solo nel 2014 ha approvato la direttiva Barnier. Il 14 dicembre 2016 il governo italiano ha approvato uno schema di decreto legislativo per recepirla, che impone trasparenza e puntualità ma conferma alla Siae il monopolio della gestione sul territorio nazionale fissato dalla legge 180 del 1941. Come anticipato dal Fatto, l’ Italia rischia una procedura d’ infrazione: la Commissione Ue ha chiesto chiarimenti e potrebbe proseguire l’ iter (lontano dal concludersi a differenza di quanto scriveva ieri La Stampa). La polemica tra il rapper Fedez e la famiglia Franceschini – Dario, ministro della Cultura, accusato di conflitti di interessi perché la moglie Michela De Biase cura le relazioni esterne di una fondazione culturale legata alla società che gestisce immobili Siae – ha oscurato il dibattito in corso. La Siae ha una lunga lista di argomenti che assomigliano a quelli usati di solito per giustificare i “monopoli naturali” nei settori postali e ferroviari, dove duplicare investimenti, passaggi e pratiche magari riduce i prezzi per gli utenti ma genera caos. La linea del presidente Filippo Sugar è questa: la Siae non ha scopo di lucro, è degli artisti e lavora per gli artisti, soltanto un monopolio che le assicura i ritorni sui grandi artisti (Vasco, Ligabue ecc. ) può giustificare lo sforzo di far pagare i diritti anche in campi meritori ma che valgono spiccioli, dalla lirica al teatro alla musica dal vivo nei piano bar. Il monopolio aumenta il potere contrattuale della Siae che può trattare con i grandi utilizzatori di musica e video – dalla Rai a Netflix – tariffe che gli artisti emergenti non potrebbero mai ottenere. E soltanto un “one stop shop”, cioè un unico interlocutore per artisti e utilizzatori di contenuti può evitare di impazzire nel tentativo di dare a ogni titolare di diritti la sua giusta quota (una singola canzone può avere molte persone come autori). La prova dell’ efficienza della Siae secondo Sugar: a fronte di un mercato discografico da 238,9 milioni nel 2015, la Siae incassa 472 milioni, mentre l’ equivalente tedesco ne incassa 894 su 1178. E con provvigioni più basse, al 15,3 per cento. Se tutto è perfetto, perché Fedez, Rovazzi e Gigi D’ Alessio hanno lasciato Siae per Soundreef? Il fondatore Davide D’ Atri ha le sue spiegazioni: maggiore capacità di analisi – sapere esattamente chi usa cosa e per quanto, senza ricorrere al meccanismo correttivo delle “ripartizioni supplementari” – e pagamenti rapidi. Chi riscuote i diritti tramite Siae incassa sei o 12 mesi dopo l’ utilizzo del brano (a meno di anticipi), chi usa Soundreef, assicura D’ Atri, grazie a monitoraggi sofisticati ha un rendiconto preciso entro una settimana e i pagamenti in 90 giorni. Vantaggi che per gli artisti sono così importanti da spingerli ad accettare commissioni superiori a quelli Siae: per i concerti dal vivo, per esempio, Soundreef trattiene il 25 per cento contro il 20,8 del “concorrente”. Fedez si è affidato a Soundreef come autore ma ha mantenuto in Siae la sua etichetta Zedef (quella di Comunisti col Rolex). “Fummo noi a suggerirglielo, così poteva confrontare i due servizi offerti, tra poco porterà anche quella in Soundreef”, spiega Davide D’ Atri. È solo un pezzo della guerra legale che si sta scatenando. Soundreef vuole chiedere alla Siae milioni di euro per diritti maturati dai suoi artisti ma non incassati o finiti all’ ente guidato da Filippo Sugar. E molti operatori si trovano in un limbo: se diffondono una canzone di Rovazzi e pagano Soundreef violano il monopolio Siae ribadito dal decreto in discussione; se pagano la Siae, l’ artista e Soundreef reclameranno il dovuto. Davide D’ atri propone il modello telefonia: la Siae mantiene l’ infrastruttura della gestione dei diritti e poi si fa la concorrenza soltanto “sull’ ultimo miglio”, quello dei servizi a maggiore valore aggiunto. C’ è un problema: se la concorrenza è solo nella parte profittevole, quella che non rende deve essere sussidiata dallo Stato (come per i treni regionali e i postini che consegnano in montagna). “Oggi la Siae non costa un euro al contribuente, sarebbe un miglioramento cominciare a chiedere soldi allo Stato?”, obietta Filippo Sugar. Un dilemma che non si risolverà con il decreto. Lo scontro è appena cominciato.

L’ apertura di Facebook: notizie online a pagamento

Il Sole 24 Ore
Tremolada
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Notizie e articoli a pagamento su Facebook. Il social network guidato da Mark Zuckerberg lavora ad una nuova iniziativa, che consente alle organizzazioni media di di creare un “muro” a pagamento dopo la lettura di dieci articoli. I test del nuovo prodotto inizieranno in ottobre.

Facebook, notizie online a pagamento

Il Sole 24 Ore
Luca Tremolada
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Facebook comincerà a sperimentare da ottobre l’ accesso a pagamento alle notizie. Campbell Brown, la numero uno dei rapporti con i media al Digital Publishing Innovation Summit di New York ha ammesso che l’ indicazione è arrivata direttamente dagli editori. Sostanzialmente come avviene anche sul sito di molte testate online tra cui il Sole 24 Ore gli utenti avranno accesso libero a una decina di notizie prima di essere invitati alla sottoscrizione dell’ abbonamento. La novità sarà probabilmente basata su Instant Articles. Introdotti nel maggio del 2015 sono una iniziativa di Facebook che consente agli editori di pubblicare gli articoli direttamente su Facebook senza rimandare ai siti che li hanno prodotti. Sono contenuti, articoli, notizie ottimizzate per la visualizzazione da smartphone che vengono caricati in maniera molto più veloce e permettono quindi una maggiore leggibilità. Attualmente questo formato, scrivono sul blog i manager di Fb, rende più di 1 milione di dollari al giorno agli editori via Facebook Audience Network e negli ultimi 6 mesi gli RPM (Rotational Product Manager Program) da Facebook Audience Network in Instant Articles sono aumentati più del 50%. L’ impressione è che sulla scia della Google Digital News Initiative anche Facebook si sia messa a lavorare serieamente a una sorta di “give back” per il mondo degli editori tradizionali tradizionalmente tramortiti dallo strapotere di queste grandi piattaforme sovranazionali. L’ agenzia eMarketer stima che nel 2016 Facebook e Google abbiano rastrellato il 60% della spesa in pubblicità su pagine elettroniche nel mondo In questo senso l’ inziativa non chiarisce quanto Mark Zuckerberg chiederà agli editori per raccogliere gli abbonamenti. Se e a quanto ammonterà la commissione? Attualmente, fa sapere Facebook, ci sono più di 10mila editori che usano gli Instant Articles, con una crescita di oltre il 25% soltanto negli ultimi sei mesi. Più di un terzo di tutti i clic sugli articoli su Facebook sono ora indirizzati su questo formato. Di certo gliInstant Articles non paicciono a tutti gli editori. Il programma di Facebook ha il limite di limitare il numero e la tipologia di annunci pubblicitari all’ interno di Instant Articles. In altre parole un editore non guadagna con lo stesso contenuto le stesse cifre che arrivano con gli annunci pubblicitari che compaiono direttamente sui siti. È vero che una quota sempre più consistente delle entrate dal digitale proviene da piattaforme social terze. Peraltro tutti i produttori di contenuti sanno benissimo che, con i suoi oltre 2 miliardi di utenti, Facebook è un megafono straordinario e forse irruniciabile per trovare nuovi lettori. Al tempo stesso affidarsi troppo a piattaforme terze può voler dire per un editore perdere la capacità di mediazione e il rapporto con il pubblico. La questione non è nuova e tocca da vicino il rapporto degli “autori” e le grandi piattafome web. Questa inziativa sicuramente è il segnale che un dialogo nel mondo del giornalismo in qualche modo è iniziato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il cambio di passo necessario

Il Sole 24 Ore
Luca de Biase
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Facebook si pensava come mera azienda tecnologica. Le sue scelte, però, unite al suo successo planetario, sono dense di conseguenze su alcune questioni sociali, dalla privacy all’ algoritmo per filtrare le informazioni. Le polemiche sulle notizie false – di grande impatto politico – hanno accelerato un cambiamento. Che qualche editore apprezza. Già. Un’ azienda tecnologica pensa di offrire una tecnologia abilitante. E ritiene che l’ uso che se ne fa sia responsabilità altrui. Ma la consapevolezza delle conseguenze di certe scelte tecnologiche, nel tempo emerge. E conduce a una pressione sociale che impone cambiamenti. Un po’ quello che è successo alle fabbriche inquinanti di sessant’ anni fa: le emissioni erano considerate “esternalità negative” della produzione e non responsabilità delle aziende. Il rischio che alcune scelte tecniche di Facebook – operate per servire gli utenti che hanno bisogno di un filtro contro l’ information overload – generino un sistema che incentiva l’ aggregazione di utenti che si piacciono indipendentemente dalla qualità di quello che hanno da dire e favoriscano la confusione tra “fake news” e notizie documentate, rinnova il concetto di esternalità negative nel quadro dell’ ecologia dei media. E abbassa il valore dell’ esperienza complessiva di chi passa il tempo su Facebook. Il che, col tempo, diventa anche percepibile per gli utenti. Ma per Facebook questo è un rischio da contrastare. Non basteranno legioni di correttori di “fake news” pagati da Facebook per limitare quel fenomeno. La strategia fondamentale è quella di chiamare in causa “terze parti” che facciano un lavoro di factchecking e che aumentino la qualità complessiva dell’ informazione che circola sul social network. Gli editori tradizionali sono buoni canditati a svolgere questo ruolo. Purché abbiano di che campare. E l’ annunciato servizio che Facebook offrirà agli editori che vogliano far pagare l’ accesso alle loro notizie può essere letto anche come frutto della nuova attenzione che l’ azienda fondata da Mark Zuckerberg sembra voler riservare a questa particolare categoria di clienti. Il problema è se gli editori dovrebbero gioire di questo nuovo atteggiamento di Facebook o no. In realtà, la maggior parte del problema, gli editori se lo sono creati da soli, non comprendendo internet in tempo e lasciando che piattaforme come Google e Facebook diventassero padrone del traffico in rete, togliendo centralità alle aziende editoriali tradizionali. E allo stesso modo, il grande recupero strategico degli editori avverrà quando, avendo finalmente compreso la rete, come pare stia avvenendo, ne daranno un’ interpretazione tale da valorizzare la qualità del metodo con il quale i loro giornalisti raccolgono e riportano l’ informazione. Se tale qualità esiste davvero e se verrà veicolata con tecnologie innovative, adatte alla contemporaneità, anche i lettori ne riconosceranno il valore. E Facebook sarà, quello che è giusto sia: una piattaforma che ha un grande peso nell’ ecologia dei media. Senza diventare una monocoltura totalizzante. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Vanity Fair, Malcom Pagani alla vicedirezione. Dal 1° settembre il giornalista ex Fatto Quotidiano e più di recente ex Messaggero (dove è approdato il 21 marzo scorso a capo di cultura&spettacoli) passa ora al settimanale diretto da Daniela Hamaui, al posto di Antonella Bussi che, a sua volta, va a dirigere il mensile Marie Claire. Condé Nast, Albani director of digital operations & content commerce. Roberto Albani arriva in Condé Nast e supervisionerà tutte le operation digitali, con particolare attenzione all’ accelerazione della monetizzazione dei progetti di content commerce. Albani ha lavorato nel gruppo De Agostini, nell’ ambito del digital business e dell’ e-commerce, e prima ancora in Mondadori e Bertelsmann. Fatto e Zerostudio’ s di Santoro, sciolta la partecipazione reciproca. Fine anche formale dei rapporti societari fra Michele Santoro e il Fatto Quotidiano: ieri l’ assemblea degli azionisti dell’ editrice del quotidiano ha deliberato l’ operazione di permuta delle rispettive partecipazioni azionarie: la Zerostudio’ s aveva infatti il 7% del Fatto mentre la Società Editoriale il Fatto aveva il 46,48% della prima. L’ operazione arriva dopo che già il progetto televisivo era stato trasferito all’ interno della società editoriale. Santoro «con spirito di amicizia e d’ intesa reciproca», ha anche rassegnato le dimissioni dal Comitato dei garanti del Fatto Quotidiano. Riccardo Cucchi alla Domenica Sportiva. La signora del racconto sportivo Rai cambierà volto, ma anche studio, completamente rinnovato, e linea editoriale. A condurla la confermata Giorgia Cardinaletti che affiancherà Riccardo Cucchi, storico radiocronista di Radio Rai, l’ uomo che urlò in radio, nel 2006, «Campioni del mondo!». Anas e Radio Italia insieme per l’ infoviabilità. Anas e Radio Italia solomusicaitaliana hanno definito un accordo per lanciare un nuovo servizio di infoviabilità sul traffico stradale e autostradale di interesse nazionale. Si tratta di quattro appuntamenti al giorno nelle fasce orarie di maggior interesse, 7 giorni su 7, con informazioni sul traffico, sempre in diretta, su tutta la rete stradale e autostradale: in caso di criticità sono previsti bollettini supplementari e collegamenti ad hoc. Fcp: Massimo Martellini riconfermato alla presidenza. L’ Assemblea generale Fcp ha confermato con voto unanime Massimo Martellini presidente della Federazione concessionarie pubblicità per il prossimo biennio. La Federazione, attiva dal 1951, riunisce oggi 50 tra le maggiori concessionarie italiane rappresentate da organismi che operano sul singolo mezzo: Fcp-Assoquotidiani, Fcp-Assoperiodici, Fcp-Assotv, Fcp-Assoradio, Fcp-Assointernet, Fcp-Associnema, Fcp-Assogotv. «La congiuntura rimane particolarmente complessa», ha dichiarato Martellini. «Gli equilibri tra i diversi player del mercato e gli stessi mezzi stanno cambiando. La Federazione è più che mai impegnata a raccogliere i migliori contributi dei propri Associati per tutelarne gli interessi, fare sistema e rapportarsi alle altre Associazioni della industry per condividere soluzioni su cui innestare un adeguato processo di crescita». Fox: delusa dalla decisione del governo Uk di scrutinare ancora l’ operazione Sky. 21st Century Fox si è detta rammaricata per il fatto che il governo britannico vuole sottoporre l’ offerta di acquisizione da 15 miliardi di dollari per il 61% di Sky Plc a un ulteriore scrutinio regolatorio. Karen Bradley, segretario alla Cultura, digitale, media e sport vuole deferire la questione all’ antitrust Uk. La preoccupazione dei regolatori del Regno Unito è che il deal possa intaccare la pluralità del mondo britannico dell’ informazione.

Facebook: presto test per far pagare gli articoli

Italia Oggi

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«Stiamo lavorando a uno strumento per supportare gli abbonamenti all’ interno degli Instant Articles e contiamo di iniziare a testarlo con un piccolo gruppo di partner entro la fine dell’ anno». Lo ha annunciato ieri ufficialmente Facebook, dopo che ormai da settimane si parla di colloqui degli editori con il social network per arrivare a trovare un metodo di pagamento per i contenuti dei giornali. In un blog post di aggiornamento sul Facebook Journalism Project, il social ha spiegato che non esiste un modello di abbonamento valido per tutti, «perciò stiamo lavorando a stretto contatto con diversi partner nel mondo per determinare quale possa essere una potenziale soluzione. Come per ogni nuovo prodotto, dovremo continuare a metterlo a punto per fare in modo che funzioni sia per gli utenti sia per gli editori presenti su Facebook. Continueremo ad ascoltare e ad accogliere i feedback che i nostri partner vorranno fornirci nei prossimi mesi». Facebook ha anche annunciato un nuovo strumento di analisi in partnership con Nielsen, che fornirà agli editori più informazioni su come funzionano i loro contenuti sugli Instant articles. Il nuovo strumento permetterà agli editori di vedere complessivamente le performance delle loro storie, consentendo loro di fare un confronto con i dati sulle consultazioni dei loro articoli da parte degli utenti attraverso i link tradizionali che inviano i lettori a una pagina web. All’ inizio, la nuova funzione fornirà una panoramica dei dati fondamentali sui propri contenuti, ma la società ha in programma di creare opzioni aggiuntive per dare maggiori dettagli, come ad esempio i dati Paese per Paese.

Rai, meno canone dal 2018

Italia Oggi
GIORGIA PACIONE DI BELLO
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Le previsioni di incasso del canone tv in bolletta elettrica destano qualche preoccupazione sui conti della Rai nei prossimi anni. Il bilancio 2016, infatti, è stato messo a posto dal boom di entrate da canone (+16,6% rispetto al 2015). E, nonostante questo, ha chiuso con un utile modesto di 18 milioni di euro. Per il 2017 le cose dovrebbero andare ancora bene, poiché, secondo quanto riportato dalla nota illustrativa presente nel Disegno di legge n. 2875/II sulle «Disposizioni per l’ assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’ anno finanziario 2017», l’ incasso previsto per il 2017 relativo al canone tv in bolletta dovrebbe essere pari a 1,812 miliardi di euro. Una somma rivista al rialzo, rispetto alle precedenti previsioni che fissavano l’ incasso a 1,6 mld di euro, con un aumento pari a 211 milioni spiegato dal fatto che «nelle somme relative al 2017 sono stati inseriti anche i versamenti fatti dalle società elettriche a gennaio di quest’ anno riferiti al canone tv 2016, pari a 56,8 mln di euro. Per quest’ anno, invece, gli incassi fino al mese di maggio 2017 sono stati pari a 20,8 milioni di euro». La situazione, tuttavia, cambia, e peggiora, per il 2018 e il 2019: qui, infatti, si parla di un previsionale pari a 1,6 miliardi di euro annui. Non solo. A questa somma devono inoltre essere ancora sottratti il 4% dell’ Iva e la tassa di concessione (5%). La Rai, insomma, nel 2018 e nel 2019 si porterà a casa, quanto a canone pubblico, meno di quanto aveva incassato nel 2013 (1,7 miliardi di euro). Il calo è dovuto a due fattori. Il primo è legato all’ ammontare del canone: nel 2017 la quota di canone tv da versare è stata abbassata di 10 euro, rispetto al 2016, raggiungendo quota 90 euro. Questo inevitabilmente influirà sul totale delle entrate. L’ effetto d’ altra parte si è palesato già negli incassi del 2017 (1,6 mld senza l’ aiuto delle entrate da canone tv 2016). Il secondo motivo è legato alla spartizione del tesoretto «canone tv in bolletta». Nel 2016 le quote dell’ incasso andavano per i 2/3 alla Rai e per 1/3 allo stato; dal 2017 in poi la storia cambia e le quote per la Rai si riducono. L’ incasso viene infatti spartito equamente al 50% tra i due soggetti. Lo stato dovrebbe dunque riuscire a garantire non meno di 200 milioni di euro per i fondi per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione, per l’ esenzione del pagamento del canone tv e per il fondo per la riduzione della pressione fiscale, mentre per la Rai non c’ è nulla di sicuro. Peraltro, in caso di effettiva riduzione delle entrate da canone, la Rai non può neppure sperare di incrementare sensibilmente le entrate pubblicitarie, tenuto conto dei vincoli di affollamento e, anzi, dei divieti a trasmettere pubblicità imposti dal 2016 su Rai Yo-Yo e su Rai 5. L’ unica strada per sistemare i bilanci sarebbe quindi quella della riduzione dei costi. Una via che, però, dalle parti di Viale Mazzini, sembra ineluttabilmente impraticabile. © Riproduzione riservata.

Tgr, le redazioni regionali sono state digitalizzate

Italia Oggi

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Con la Testata giornalistica regionale della Campania si è completato ieri il processo di digitalizzazione delle redazioni regionali Rai. L’ obiettivo di migrare tutte le redazioni regionali in un’ organizzazione del lavoro moderna e integrata, ha spiegato una nota, si inserisce nell’ ambito del progetto di trasformazione in media company di tutta l’ azienda. Il progetto ha visto l’ installazione di 21 nuovi impianti di post-produzione, la formazione di circa 1.500 risorse tra giornalisti, impiegati, tecnici e montatori, e investimenti su tutto il territorio nazionale. Il direttore generale Rai, Mario Orfeo, ha spiegato che si proseguirà nella stessa direzione anche per il lancio di un’ adeguata offerta web regionale». Intanto ieri il consiglio di amministrazione della Rai, riunito sotto la presidenza di Monica Maggioni, ha approvato i piani di produzione e trasmissione per i palinsesti autunnali 2017 che vanno da settembre al 31 dicembre.

Carta+digitale, Corsera primo

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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A maggio il Corriere della Sera è il quotidiano italiano più diffuso complessivamente su carta e digitale, seguito da Quotidiano Nazionale-Qn (dorso sinergico di Giorno, Nazione e Resto del Carlino), a distanza di 100.442 copie. Al terzo posto c’ è Repubblica con 9.434 copie che la separano da Qn. Giù dal podio si classificano la Gazzetta dello Sport, la sua edizione del lunedì, il Sole 24 Ore e ancora la Stampa, il lunedì del Corriere Sport-Stadio, il Messaggero e infine Avvenire. Una top ten che registra alcune novità rispetto alle precedenti classifiche ma sono tutte novità emerse, in discontinuità, dopo che è stato applicato per la prima volta il nuovo regolamento Ads. Regolamento che, a partire da maggio scorso, non solo ha re-inserito i dati sulle copie digitali multiple (influenzando così la somma totale delle diffusioni carta+digitale) ma prevede anche che il monitoraggio continui a perfezionarsi nei prossimi censimenti. Perché? Perché oggi mancano nella categoria copie multiple, per esempio, quelle gestite tramite intermediari (ossia società che comprano copie dagli editori, per poi rivenderle a terzi) così come alcuni editori devono ancora adeguarsi completamente ai nuovi obblighi informativi per i pacchetti con più copie digitali vendute attraverso un unico contratto. Aspettando le prossime implementazioni attese per luglio, hanno fatto sapere da Ads, il nuovo regolamento ha già eliminato «la soglia di prezzo prevista» per le copie digitali che ora «sono suddivise per fasce di prezzo e vengono rappresentate per la prima volta anche le copie digitali promozionali e omaggio per le quali sono previste le nuove regole di certificazione valide anche per le copie multiple». Insomma, si tratta di novità non da poco se si considera che, tra le altre, le copie digitali multiple sono state sospese da Ads a giugno dell’ anno scorso, con riferimento ai dati di aprile 2016. La sospensione dei dati, quindi, è durata quasi un anno. Ma adesso con il nuovo corso il focus è e resta la «centralità dell’ utente finale», hanno sottolineato dalla società Accertamenti diffusione stampa, ossia volendo trasversalmente verificare «l’ esplicita volontà di fruizione della copia da parte dell’ utente finale e l’ adozione di evoluti strumenti tecnologici di controllo dell’ avvenuta attivazione». Unica avvertenza: i dati resi noti ieri riguardano in contemporanea i trend a maggio delle testate quotidiane, settimanali e mensili. Ma con la prossima comunicazione, in calendario il 7 agosto, saranno disponibili i dati di giugno 2017 per i soli quotidiani e settimanali. Per conoscere i risultati dei mensili bisognerà aspettare l’ 11 settembre, sempre con i dati riferiti a giugno. Lo stesso 11 settembre saranno pronti per il mercato anche le performance successive, di luglio, di quotidiani e settimanali. Tornando invece ai dati di maggio scorso, ossia quelli comunicati ieri, nelle rilevazioni delle copie totali carta+digitale ci sono anche il nuovo quotidiano la Verità e il Tempo, edito ora dalla famiglia Angelucci. Il primo segna 22.862 copie complessive tra edizione cartacea e quelle digitali, il secondo18.196. La Verità registra poi 22.122 copie in edicola, il Tempo 14.861. A proposito di edicola, peraltro, con il nuovo regolamento Ads il ranking a 10 vede primo Qn (sempre considerando insieme le sue tre edizioni locali: Giorno, Nazione e Resto del Carlino). Al suo attivo ha 203.125 copie. Al secondo gradino del podio si piazza il Corrriere della Sera con 196.438 copie (e 6.687 copie di differenza con Qn, in un alternarsi continuo tra i due quotidiani). A seguire, terzo, c’ è il lunedì della Gazzetta dello Sport sulla soglia delle 176.940 copie e a 19.498 copie di distanza dal secondo classificato (peraltro entrambi editi dal gruppo Rcs). In fila successiva si riordinano Repubblica, la Gazzetta dello Sport nel resto della settimana, la Stampa, il Corriere dello Sport-Stadio al lunedì, il Messaggero e ancora il Corriere dello Sport-Stadio degli altri giorni e infine TuttoSport del lunedì. Spostandosi poi sul fronte delle copie digitali, questo segmento di vendita è quello maggiormente interessato dal nuovo regolamento Ads, non foss’ altro perché eliminando la soglia minima di prezzo di vendita è cresciuto il perimetro di copie che si possono conteggiare. Nel ranking, comunque, il primo quotidiano in ordine decrescente che s’ incontra è il Corriere della Sera (92.031 copie digitali considerando tutte le tipologie oggi rilevate), il secondo è il Sole 24 Ore (87.643 copie), il terzo è Repubblica (29.028 copie), il quarto è la Stampa (25.741), il quinto il lunedì della Gazzetta dello Sport (13.296) mentre le sue edizioni negli altri giorni della settimana si attestano dopo sulla soglia delle 12.745 copie. In settima posizione c’ è il Fatto Quotidiano (10.917), in ottava il Messaggero (9.824). Chiudono la classifica le 9.075 copie del Gazzettino e le 7.895 copie di Avvenire.

I dati Ads di diffusione della stampa a maggio per quotidiani, settimanali e mensili. Le stime sono le prime prodotte con il nuovo regolamento sulla diffusione digitale

Prima Comunicazione

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I dati Ads stimati dagli editori, riferiti al mese di maggio per tutte le testate (quotidiani, settimanali e mensili). Ads – Accertamenti Diffusione Stampa è la società che certifica e divulga i dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica di qualunque specie pubblicata in Italia. A seguito dell’ entrata in vigore del nuovo Regolamento Ads edizioni digitali, orientato alla centralità dell’ utente finale – segnala una nota della società – riprende anche la comunicazione dei dati relativi alle copie multiple, con la verifica dell’ esplicita volontà di fruizione della copia da parte dell’ utente finale e l’ adozione di evoluti strumenti tecnologici di controllo dell’ avvenuta attivazione. Anche i dati relativi alle copie multiple gestite tramite intermediari saranno a breve disponibili, a completamento della prima fase del processo di accreditamento di ciascun soggetto, a partire da luglio 2017. E’ stata eliminata la soglia di prezzo prevista dal precedente regolamento: le copie digitali sono suddivise per fasce di prezzo e vengono rappresentate per la prima volta anche le copie digitali promozionali e omaggio per le quali sono previste le nuove regole di certificazione valide anche per le copie multiple. Il 7 agosto, segnala infine Ads, saranno disponibili i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di giugno 2017 per le testate a periodicità quotidiana e settimanale e I’ 11 settembre 2017 saranno disponibili i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di giugno 2017 per le testate a periodicità mensile e i nuovi dati mensili stimati relativi al mese di luglio 2017 per le testate a periodicità quotidiana e settimanale. In arrivo su Primaonline.it la rielaborazione grafica sui dati dei quotidiani realizzata da L’ Ego Editoriale per Primaonline.it QUOTIDIANI – I dati dei quotidiani a maggio 2017 (.xls) SETTIMANALI – I dati dei settimanali a maggio 2017 (.xls) MENSILI – I dati dei mensili a maggio 2017 (.xls)

Avvenire a maggio a quota 113.790 copie

Avvenire

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In maggio Avvenire, in base ai dati certificati Ads, ha fatto segnare una diffusione complessiva (copie medie digitali più carta) di 113.790 copie. Il dato risulta in flessione rispetto alle 116.451 del mese precedente soprattutto per la componente digitale, a seguito dell’ introduzione, a partire proprio da questa rilevazione, del nuovo regolamento Ads. L’ aggregato carta più digitale vede Avvenire al sesto posto fra i quotidiani d’ informazione italiani dopo il Corriere della Sera (330.074 copie complessive), la Repubblica (220.198 copie), Il Sole 24 Ore (187.721 copie) e La Stampa (169.173) e Il Messaggero (114.339 copie). Seguono QN-Il Resto del Carlino (103.499), QN-La Nazione (75.309), il Giornale (61.539) e Il Gazzettino (61.191).


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