Indice Articoli
“Orfeo vuole galleggiare in Rai, non cambierà l’ informazione”
“Corriere” segreto: le trattative per liberarsi di De Bortoli
Sole 24 Ore, accordo coi sindacati: 236 esuberi su 812
Siglato accordo tra azienda e sindacati grafici e poligrafici
Marco, per diritto ereditario alla guida di “Stampubblica”
Non è mai troppo tardi per il digitale
Editoria, regole valide per tutti
Le Figaro e Le Monde si alleano
Chessidice in viale dell’ Editoria
Mediaset, analisti cauti e il titolo cala del 3%
Partite Iva, in arrivo il canone tv speciale
Province, la giunta stacca un maxi assegno
“Orfeo vuole galleggiare in Rai, non cambierà l’ informazione”
Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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La riforma dell’ informazione in Rai non vedrà mai la luce e, dunque, neanche il progetto sul web di Milena Gabanelli. Mario Orfeo non ha le caratteristiche per realizzarla e non ne ha nemmeno l’ interesse. Non glielo chiederanno neppure. Dovrà solo gestire l’ esistente. Fossi stato in lui, sarei rimasto al Tg1″. Angelo Guglielmi, colui che tra il 1987 e il 1994 fece diventare grande Raitre scoprendo innumerevoli talenti televisivi e ideando programmi che ancora oggi vanno in onda, guarda sconsolato agli ultimi avvenimenti a Viale Mazzini che, ancora una volta, hanno dimostrato come la vera padrona della Rai sia la politica. “Anch’ io venni nominato direttore grazie a un partito, il Pci, cui la lottizzazione – che allora era più esplicita e forse migliore – aveva attribuito il terzo canale. Ma fui fortunato, perché l’ interesse del Pci in quel momento non era controllare Raitre ma migliorare i suoi numeri. Così ebbi mano libera e gli ascolti decollarono”. Direttore, cosa ne pensa del cambio alla guida di Viale Mazzini? Chiariamo un punto: Campo Dall’ Orto non se n’ è andato, è stato cacciato, proprio quando ha provato a proporre una riforma dell’ informazione ragionevole. Il famoso piano di Verdelli aveva diversi elementi positivi, finalmente si intravedevano delle novità, a partire dal trasferimento del Tg2 a Milano. Lo stesso Verdelli, però, ha capito prima di Campo Dall’ Orto che quel piano non sarebbe mai passato e che il dg non aveva abbastanza potere per portarlo avanti, così se n’ è andato prima di lui. Campo Dall’ Orto ha provato a edulcorarlo, ma non è servito. Qual è stato, secondo lei, l’ errore di Campo Dall’ Orto? Premesso che l’ uomo aveva i suoi limiti, compresa una certa arroganza, ha pensato di avere un’ autonomia dalla politica che non aveva. Grazie alla riforma che dà maggiori poteri al dg e al fatto che avesse la piena fiducia di Renzi, credeva di avere mano libera su tutto. Ha sottovalutato il potere del consiglio d’ amministrazione e della presidente, Monica Maggioni. Negli ultimi mesi entrambi gli hanno remato contro. Il Cda è espressione dei partiti, ogni consigliere agisce su mandato di una forza politica. Del resto, Guelfo Guelfi chi l’ aveva mai sentito nominare? Mentre la presidente, che viene nominata su proposta del capo del governo con il benestare del primo partito di opposizione, quindi Renzi e Berlusconi, si è fatta garante dello status quo aziendale. Così, tra i veti dei partiti e quelli interni all’ azienda, il suo cammino si è fatto in salita. L’ ex dg si è trovato a essere un vaso di coccio tra due di ferro: il cda e la presidente. Dell’ attuale Cda non salva nessuno? Carlo Freccero, che è forse più bravo a parlare che ad agire, ed è anch’ egli un animale politico, ma è anche un grande uomo di televisione, l’ unico ad avere i titoli per stare lì. La Rai controllata dalla politica è storia nota. Cosa bisognerebbe fare? Abolire il Cda, che non serve a nulla, e la commissione di Vigilanza parlamentare, che si muove come un tribunale della Santa inquisizione verso l’ azienda. Poi tutto il resto, sul modello Bbc. Un board di grandi personalità, un cuscinetto tra politica e azienda. Certo, e un dg nominato dal premier che poi abbia pieni poteri e non debba più riferire a lui. Cosa pensa del contratto a Fabio Fazio? È il frutto dello strapotere degli agenti dei campioni televisivi, come accade anche nel calcio. È difficile che un personaggio con introiti milionari possa tagliarsi il compenso. Il tetto dei 240 mila euro per i divi tv non ha senso e infatti sono state fatte le deroghe. Se fossi stato il dg, avrei cercato di tenere Fazio allo stesso prezzo della scorsa stagione. Se non ci stava, l’ avrei lasciato andar via. La Rai è pagata anche con i soldi dei cittadini, vanno bene le deroghe per gli artisti, ma fino a un certo punto. Contro il tetto il più agguerrito è stato Vespa. Su questo punto Vespa ha ragione: la distinzione tra programmi giornalistici e di intrattenimento non ha senso. Ha un suggerimento da dare a Viale Mazzini? Investire sulle grandi fiction di qualità, che abbiano un mercato anche all’ estero. Le nostre sono troppo casalinghe. Poi rispristinare la prima e la seconda serata. I programmi che durano tre ore sono inguardabili, compresi i talk politici. Per fare un buon talk non basta il chiacchiericcio di uno contro l’ altro, ci vuole un’ idea, una sceneggiatura. Come faceva Santoro. Che ora fa bene a esplorare nuove strade.
“Corriere” segreto: le trattative per liberarsi di De Bortoli
Il Fatto Quotidiano
Gianni Barbacetto
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Non era mai successo che a un direttore di giornale fosse comunicata la sua data di scadenza. Accade a Ferruccio de Bortoli: una nota, il 31 luglio 2014, comunica a lui e ai lettori che a fine aprile 2015 il consiglio d’ amministrazione di Rcs MediaGroup nominerà un nuovo direttore del Corriere della sera. Nei mesi precedenti avvengono movimenti sotterranei, scontri feroci, consultazioni febbrili. Qualcosa ora emerge in superficie, grazie alle intercettazioni a cui era sottoposto (per tutt’ altre vicende: l’ indagine su Ubi banca) Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, azionista di Rcs, da anni il più influente tra i personaggi che hanno il potere di indicare il direttore del Corriere. Al termine dell’ inchiesta in cui Bazoli è indagato per ostacolo alla vigilanza e illecita influenza sull’ assemblea sociale, le intercettazioni sono state messe a disposizioni degli indagati e delle parti civili. Bazoli ha un buon rapporto con De Bortoli, che sente con frequenza. Il 31 marzo 2014, per esempio, i due parlano al telefono e “Bazoli si informa”, si legge nel brogliaccio della Guardia di finanza, “su quale è l’ opinione di Repubblica in merito alla situazione del governo Renzi”. Ma il 4 aprile si manifesta lo scontro che porterà al cambio di direttore: Bazoli chiama De Bortoli, che gli riferisce il contrasto con l’ amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane. Questi pretende bonus per sé e i manager, mentre taglia risorse per il giornale. De Bortoli non ci sta. Racconta al telefono: “Dopo la vicenda dei bonus e il fatto che il management, a cominciare dall’ amministratore delegato, ha fatto marcia indietro sui bonus in occasione di quella giornata, tra l’ altro io avevo minacciato le dimissioni per consentire l’ uscita del giornale con l’ intervista a Obama, loro sono andati avanti a tenere una posizione dura, al rischio di avere una crisi internazionale, perché c’ è stata un’ ora in cui la Casa Bianca ci aveva ritirato l’ intervista”. Conclude: “Se va avanti questa storia dei bonus, io mi dimetto”. Dopo questo episodio, “loro hanno ritirato e sospeso i bonus, il giorno dopo mi ha chiamato Scott Jovane e mi ha detto: ‘Guarda, noi l’ abbiamo fatto per fare un favore a te, perché questo è un nostro diritto sacrosanto sancito da una delibera del cda’”. Tra il direttore e l’ ad è guerra. Lo stesso giorno, chiama Bazoli anche Franco Dalla Sega, presidente della finanziaria Mittel. Bazoli gli dice che John Elkann, presidente della Fiat e grande azionista del Corriere, si è schierato con Scott Jovane e vuole sostituire De Bortoli. Bazoli è contrario, ma ha capito che non può più opporsi. Ecco il brogliaccio: “Riferisce che non si opporrà a tale decisione, ma ne prenderà atto e influirà sulla scelta del sostituto. Bazoli riferisce di Calabresi quale potenziale sostituto”. È il candidato preferito da Elkann. Due giorni dopo, il 6 aprile, a chiamare Bazoli è Paolo Colombo, il presidente di Saipem. Gli riferisce che “stanno succedendo cose inquietanti tutte legate a un tema, che puoi immaginare qual è e che hanno riflessi anche su situazioni che a te stanno particolarmente a cuore”. Il tema, aggiunge l’ estensore del brogliaccio, è “presumibilmente” il Corriere e le “dimissioni di De Bortoli”. Il giorno seguente, chiama Claudio Calabi, ex amministratore delegato di Rcs e presidente di Pandette, la holding del gruppo Rotelli, altro azionista del Corriere. L’ argomento è sempre De Bortoli. Bazoli dice a Calabi di “non fare quel passo l’ incontro mi ha portato di fronte a uno che non accetta più assolutamente nessun compromesso lui vuole distruggere il Corriere, l’ unica speranza è che sia io l’ obiettivo, distruggendo me ma è esasperato, totalmente esasperato”. Poi aggiunge che “la strada indicata da lui è di essere mandato via a testa alta e non in maniera punitiva e che sia scelto un successore che non sia debole”. Prosegue il brogliaccio: “Bazoli riferisce che l’ uomo del quale si parla (De Bortoli) ha indicato come condizione tassativa che ‘il piano sul Corriere deve cambiare radicalmente perché loro vogliono aumentare ancora il prezzo e non ha nessunissimo senso, vogliono abolire le edizioni locali e tutto questo per avere una redditività più elevata di quello che è giusto avere, tutto questo solo per i loro bonus”. Bazoli “dice di non accettare queste cose”. Il 9 aprile Giulia Maria Crespi, storica ex proprietaria del Corriere, chiama Bazoli. “Chiede se è vero che ‘va via Fontana e De Bortoli’. Bazoli riferisce di essere molto preoccupato, ma non sa dare una risposta certa. Riferisce che è in atto uno scontro sul fatto che il consigliere delegato col suo staff hanno richiesto dei bonus; bonus che sono stati ritirati perché c’ è stata una protesta e lo stesso direttore era contrario. Bazoli riferisce che il consigliere delegato è sostenuto dalla Fiat”. Il 12 aprile telefona Filippo Andreatta, professore a Bologna e figlio di Beniamino, grande amico e mentore di Bazoli. I due “parlano della situazione politica generale. Andreatta dice che l’ aveva chiamato perché aveva notizie, in merito al Corriere, dove sembra ci sia una certa pressione per cambiare la direzione. Bazoli conferma. Andreatta dice che queste vengono da Torino”. Cioè dalla Fiat. “Bazoli conferma nuovamente. Andreatta dice di sapere che ci sono anche delle resistenze. Bazoli dice che sta raccogliendo elementi e verificando dei rapporti tra azionisti prima di parlare con Torino, ma non esclude di dover fare un discorso molto duro essendo molto preoccupato. Bazoli dice che questo è frutto di uno scontro tra direttore e consigliere delegato e lui dà ragione al primo, mentre il secondo è difeso da Elkann. Andreatta dice che c’ è bisogno di saggezza ed equilibrio. Bazoli dice che probabilmente non accadrà nulla prima dell’ assemblea”. Poi “Andreatta gli ricorda, come riserva della Repubblica, il loro amico Aldo Cazzullo che è torinese e potrebbe essere una soluzione di compromesso. Bazoli dice che prima c’ è da difendere De Bortoli e poi, nel caso vada via, come è probabile, ci sarà il problema della successione Bazoli dice che questo è un po’ il suo cruccio di questi giorni essendo più tranquillo per la banca”. Il 31 luglio 2014 viene dato l’ annuncio che il direttore cambierà. E 30 aprile 2015 De Bortoli lascia il posto al suo condirettore, Luciano Fontana.
Sole 24 Ore, accordo coi sindacati: 236 esuberi su 812
Il Fatto Quotidiano
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I vertici del gruppo Sole 24 Ore hanno siglato presso la sede Fieg (associazione degli editori) di Roma con le rappresentanze sindacali nazionali e territoriali Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e le Rsu dei Poligrafici Milano e Carsoli, dei Grafici delle sedi di Milano, Roma, Carsoli, Trento, l’ accordo nazionale relativo al piano di riorganizzazione in presenza di crisi per i lavoratori grafici e poligrafici. Il piano industriale 2017-2020 per assicurare la continuità aziendale e il raggiungimento della sostenibilità economico-finanziaria del gruppo, prevede riorganizzazione delle principali aree di attività e taglio del 30% dell’ attuale costo del lavoro entro la fine del primo semestre 2019. L’ attuazione del nuovo modello produttivo comporta un esubero complessivo di 236 unità su un organico totale di 812 lavoratori. Il gruppo e le organizzazioni sindacali hanno raggiunto l’ intesa sull’ attivazione di ammortizzatori sociali di settore attualmente disponibili per un periodo consecutivo di 24 mesi, a partire dal 17 luglio 2017, a fronte di 215 eccedenze poligrafiche e grafiche su un totale di 729 unità.
Siglato accordo tra azienda e sindacati grafici e poligrafici
Il Sole 24 Ore
R. Fi.
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I vertici del Gruppo 24 Ore nella giornata di mercoledì 5 luglio, dopo un primo incontro presso il Ministero del Lavoro, hanno siglato presso la sede Fieg di Roma con le rappresentanze sindacali nazionali e territoriali Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e le Rsu dei Poligrafici Milano e Carsoli, dei Grafici delle sedi di Milano, Roma, Carsoli, Trento, l’ accordo nazionale relativo al piano di riorganizzazione in presenza di crisi per i lavoratori grafici e poligrafici. L’ accordo è stato raggiunto dopo una serie di incontri avviati a partire da aprile 2017 in cui è stato presentato alle organizzazioni sindacali il piano industriale 2017-2020 che, per assicurare la continuità aziendale e il raggiungimento della sostenibilità economico-finanziaria del Gruppo, prevede la riorganizzazione delle principali aree di attività e interventi di razionalizzazione dei costi finalizzati alla riduzione strutturale del 30% dell’ attuale costo del lavoro entro la fine del primo semestre 2019. L’ attuazione del nuovo modello produttivo comporta un esubero complessivo di 236 unità su un organico totale di 812 lavoratori dislocato in tutte le sedi ed unità produttive. Il Gruppo e le organizzazioni sindacali hanno raggiunto l’ intesa sull’ attivazione di ammortizzatori sociali di settore attualmente disponibili per un periodo consecutivo di 24 mesi, a partire dal 17 luglio 2017, a fronte di 215 eccedenze poligrafiche e grafiche su un totale di 729 unità. Il Gruppo 24 Ore prosegue quindi nell’ opera di implementazione del piano industriale e di risanamento e rilancio della società. L’ accordo prevede: l’ attivazione di un contratto di solidarietà con riduzione oraria del 22%, a partire dal 17 luglio 2017 fino al 30 giugno 2019; un piano di smaltimento ferie e permessi maturati e non goduti al 31 dicembre 2016; l’ adozione di misure di gestione tra cui incentivi all’ esodo di personale in eccedenza, il ricorso a part time, iniziative di insourcing e/o di riduzione delle attività attualmente esternalizzate, compatibilmente con le professionalità esistenti, anche attraverso possibili riqualificazioni, nel rispetto della necessaria sostenibilità economica; il mancato rinnovo di contratti a termine in essere e la riduzione di collaborazioni esterne. È previsto che i vertici del Gruppo e le organizzazioni sindacali si incontrino entro il 31 marzo 2019 per esaminare l’ andamento del piano e il raggiungimento degli obbiettivi prefissati. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Marco, per diritto ereditario alla guida di “Stampubblica”
Il Fatto Quotidiano
Giovanni Valentini
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” Erano tempi duri per la Fiat, e l’ Avvocato proclamò che chi si occupa di fabbricare automobili non deve interessarsi di giornali (Stampa ovviamente esclusa) per ragioni di pubblica moralità ” (da un articolo di Eugenio Scalfari – Repubblica, 7 ottobre 1984) Chi è Marco De Benedetti, il nuovo presidente del gruppo Gedi che controlla la mega-concentrazione editoriale denominata “Stampubblica”? E cioè: La Stampa di Torino (Fiat), Il Secolo XIX di Genova (famiglia Perrone), Repubblica e tutto il gruppo De Benedetti, con il glorioso settimanale L’ Espresso e una costellazione di quotidiani locali, dal Veneto alla Toscana fino alla Sardegna. Marco De Benedetti è il secondogenito dell’ ingegner Carlo De Benedetti. In questa carica, succede al padre per diritto ereditario, come in un regime monarchico, secondo le vecchie regole del “capitalismo familiare” italiano. In vita sua, ha fatto il top-manager a Tim e a Telecom, poi il finanziere di Carlyle Group, uno dei maggiori fondi internazionali. Ma in realtà non s’ è mai occupato di editoria, se non per curare gli interessi di famiglia. Il fatto più sconcertante, però, è che nel 2005 Marco De Benedetti è stato – per così dire – il procacciatore dell’ infausto accordo fra il padre e Silvio Berlusconi, che prevedeva una partecipazione paritaria di 50 milioni di euro nel fondo “Management & Capitali” per la ristrutturazione e il rilancio di imprese in crisi. No, non parliamo qui di Sorgenia, la società per le energie alternative guidata dal fratello Rodolfo che accumulò un debito di quasi 2 miliardi di euro ed è stata salvata con l’ intervento decisivo del Monte dei Paschi di Siena che di suo aveva erogato 650 milioni. Parliamo dell’ accordo finanziario fra l’ Ingegnere e il Cavaliere, all’ epoca in cui questi era ancora presidente del Consiglio, che fortunatamente naufragò per l’ opposizione di Carlo Caracciolo e di Eugenio Scalfari, sostenuti dall’ esterno dal politologo Vanni Sartori, dall’ economista Paolo Sylos Labini che lo definì addirittura “un’ alleanza immorale” e dal “popolo dei fax” che insorse in difesa dell’ identità e dell’ immagine di Repubblica. Oggi, a distanza di dodici anni, l’ ideatore e artefice di quel “patto con il Diavolo” si ritrova per diritto dinastico a guidare la concentrazione editoriale di cui proprio il quotidiano fondato da Scalfari è il perno e l’ asset principale. Il che, evidentemente, la dice lunga sull’ ispirazione politico-culturale che ha orientato fin dall’ inizio questa controversa operazione. Se le aziende – in particolar modo quelle dell’ informazione – si possono giudicare dalla storia e dall’ estrazione degli uomini che le dirigono, la presenza di Marco De Benedetti alla testa della Gedi equivale a un’ ipoteca sul futuro di “Stampubblica” e delle altre testate del Gruppo. Tanto più che, a quanto pare, l’ avvicendamento fra padre e figlio al vertice della holding è stato provocato da un dissenso fra la Fiat e De Benedetti sulla gestione attuale di Repubblica. “Non avevo ancora capito che questa è una grande community”, confidò a suo tempo l’ Ingegnere dopo aver fatto precipitosamente marcia indietro ed essersi pentito di quell’ approccio con Berlusconi. Resta da verificare ora se anche il figlio Marco, neo-presidente di “Stampubblica”, ha avuto modo nel frattempo di ricredersi. Ma, come si sa, “business is business” e per il “capitalismo familiare” l’ obiettivo prioritario è sempre quello riassunto nel detto anglosassone “make money”: fare denaro. Quanto alla commistione con i giornali, come predicava l’ Avvocato, resta una questione di “pubblica moralità”.
Non è mai troppo tardi per il digitale
Il Foglio
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La decisione di Mediaset di lanciare all’ inizio dell’ anno prossimo una piattaforma gratuita su smart tv e su vari dispositivi mobili per la diffusione di contenuti della televisione generalista è solo l’ ultima dimostrazione della migrazione sul digitale dell’ intrattenimento. Lo storico broadcaster privato italiano della famiglia Berlusconi ieri ha pagato in Borsa le notizie incerte sul futuro dei diritti Champions League e quindi della pay tv Premium i cui risultati consigliano un cambio di strategia. Con lo spostamento sul digitale Mediaset si aggiunge a concorrenti – seppur tutti con modelli di business diversi tra loro – come Sky (Now Tv) e Rai (Rai Play) in un segmento popolato da società di distribuzione di contenuti televisivi e cinematografici in streaming o download come l’ americana Netflix, fenomeno mondiale, o l’ italiana Chili, realtà europea. La tendenza alla diffusione di contenuti digitali per incrementare le entrate pubblicitarie d’ altronde è palese e determinata dalle preferenze dei consumatori italiani. Secondo il rapporto Univideo sul settore dell’ intrattenimento domestico, elaborato dalla società di ricerche di mercato GfK, il fatturato del digitale si è confermato in crescita a 82,5 milioni di euro (il 21,6 per cento del mercato), mentre il fatturato dei supporti fisici (dvd e blue -ray) è statico a 299 milioni (il 78,4 per cento del mercato) con gli acquisti nelle edicole e il videonoleggio che perdono gradualmente appeal. Inoltre la pirateria online di contenuti diffusi via streaming senza licenza raggiunge la cifra stimata di 686 milioni di euro di giro d’ affari. Chi utilizza un contenuto senza pagarlo dice che lo fa per risparmiare. Ma la seconda motivazione è la velocità nel reperimento del contenuto. Quello che gli operatori di mercato intendono garantire.
Shopping tv, Qvc compra Hsn
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Il canale di shopping tv e online Qvc si compra la storica concorrente Hsn per 2,1 miliardi di dollari, ossia 1,8 miliardi di euro. L’ operazione punta non solo a fare massa critica sul mercato delle vendite retail ma anche e soprattutto ad arginare l’ avanzata dei colossi internet come Amazon o di quelli tradizionali, come Walmart, che hanno investito massicciamente nell’ e-commerce. Qvc è presente anche in Italia sul piccolo schermo (al canale 32 dtt e tivùsat, canale 132 tivùsat hd, canale 475 di Sky e Sky hd). Allargando la visuale, comunque, l’ acquisizione del rimanente 61,8% di Hsn che Qvc ancora non detiene fa parte di un progetto più ampio di John Malone, miliardario americano, acerrimo nemico di Rupert Murdoch nel mondo dei media e patron del gruppo Liberty (a cui fa capo Qvc tramite Liberty Interactive). L’ intenzione, secondo indiscrezioni di stampa Usa, è riunire tutte le attività retail di Qvc (Quality value convenience), Hsn (Home shopping network) e Zulily (specializzata in commercio elettronico e comprata due anni fa per 2,1 miliardi di euro) in un unico nuovo gruppo rinominato Qvc group. Mentre tutti gli altri business (compresa la tv via cavo Charter) rimarranno sotto Liberty Interactive. Il punto di partenza di questa rivoluzione sono i dati di vendita di Qvc (in fase di rallentamento) e quelli di Hsn (-3% l’ anno scorso, scontando anche l’ uscita dell’ a.d. Mindy Grossman). Con l’ unione delle due insegne, la previsione è di rafforzarsi creando un polo che realizzi vendite per oltre 12 miliardi di dollari (10,5 miliardi di euro). Business che proviene per circa 8,7 miliardi di dollari da Qvc (7,6 mld di euro) e per i rimanenti 3,5 miliardi di dollari da Hsn (3,1 mld di euro). Come in ogni fusione poi, anche se Hsn rimarrà una società a sé stante sotto Qvc, si punta sulle sinergie, l’ abbattimento dei costi e il maggior potere contrattuale nei confronti dei fornitori. Le stime aziendali parlano di una forchetta tra i 75 e i 110 milioni di dollari di risparmi (rispettivamente 65,8 e 96,5 milioni di euro). Se l’ operazione verrà finalizzata come preventivato nell’ ultimo trimestre di quest’ anno, tra pochi mesi nascerà un’ unica società (la terza in tutti gli Stati Uniti per ordine d’ importanza) con un pubblico di consumatori da 23 milioni di persone, 2 miliardi di visite online all’ attivo e 320 milioni di pacchi spediti. A livello tv, poi, si arriverà a produrre molte più ore di contenuti, format e trasmissioni d’ intrattenimento vario. Quindi, i benefici del matrimonio tra Qvc e Hsn sono chiari ma, hanno avvertito alcuni analisti americani, la vera sfida si gioca nel saper attrarre consumatori e trattenerli nel proprio ecosistema digitale, prima che emigrino verso le piattaforme internet stile Amazon. Una soluzione prospettata dagli analisti sono nuove forme di fidelizzazione, sulla falsariga di Amazon Prime. Dalla loro, però, Qvc e Hsn hanno già diversi anni di esperienza di vendite retail e, anche se altre insegne del calibro di American Apparel sono andate fuori mercato, Qvc e Hsn hanno saputo sviluppare attrattiva verso i clienti coinvolgendo volti famosi, creando veri palinsesti tv e allargando sensibilmente il loro catalogo.
Editoria, regole valide per tutti
Italia Oggi
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I ricavi della stampa in 10 anni si sono dimezzati: un dato che incide sulla sostenibilità economica delle imprese che fanno informazione professionale e che hanno necessità di fare investimenti. Per questo c’ è l’ esigenza di regole valide per tutti per un mercato che sia realmente competitivo e soprattutto di un’ adeguata tutela del diritto d’ autore online al fine della valorizzazione dei contenuti editoriali di qualità. In mancanza di questo non è possibile fare investimenti e garantire un prodotto professionale. Lo ha detto giovedì scorso il direttore generale della Fieg Fabrizio Carotti in un incontro organizzato nella sede della Federazione degli editori a Roma sulle nuove interazioni tra giornalismo tradizionale e le neonate forme del comunicare dell’ era digitale organizzato da Fieg e Ferpi (la federazione relazioni pubbliche). Durante l’ incontro sono intervenuti anche Daniele Chieffi, consigliere nazionale Ferpi e head of digital pr Eni, Andrea Falessi, direttore relazioni esterne Open Fiber e Paolo Iammatteo, responsabile comunicazione di Poste Italiane. Lo spunto è arrivato dalla presentazione del manuale di Diomira Cennamo e Carlo Fornaro Professione brand reporter. Brand journalism e nuovo storytelling nell’ era digitale, edito da Hoepli. Secondo i due autori «etica» e «verità» sono le due parole-chiave a fondamento dell’ attività di credibili comunicatori (e giornalisti) oggi, per una comunicazione che metta al centro il destinatario e che sappia usare con competenza e al meglio gli strumenti del digitale. Questo accanto al senso dì responsabilità. Nel percorso disegnato dal libro, ha detto Fornaro, si scopre che il giornalismo praticato in azienda può essere una voce importante all’ interno del ciclo di vita della notizia, contribuendo al meccanismo di ricostruzione dei fatti da parte di coloro che operano sulla scena dell’ informazione oggi, tra brand editoriali tradizionali e attori inediti. Un antidoto al dilagare delle fake news.
Le Figaro e Le Monde si alleano
Italia Oggi
DA PARIGI GIUSEPPE CORSENTINO
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All’ inizio della settimana, i primi ad allearsi a mettere insieme i big data, cioè tutte le informazioni profilate e geo-localizzate, dei propri lettori sono stati gli editori di periodici, da Lagardère Active a Prisma Presse a Condé Nast (vedere ItaliaOggi del 5 luglio scorso), a cui s’ è aggiunto il gruppo Les Echos (primo quotidiano economico del Paese) e Le Parisien (il più diffuso quotidiano parigino). A fine settimana, come aveva annunciato ItaliaOggi nella stessa corrispondenza da Parigi, sono i due grandi quotidiani nazionali – Le Figaro che fa capo al gruppo aeronautico Dassault e Le Monde controllato dal terzetto di finanzieri e tycoon BNP (Bergé-Niel-Pigasse) – a mettere insieme le proprie concessionarie pubblicitarie che operano nel segmento del web-advertising, la raccolta pubblicitaria online con l’ obiettivo di contenere lo strapotere commerciale dei colossi americani, Google-Apple-Facebook- Amazon (Gafa), che ormai coprono quasi il 70% del mercato. Gli editori di periodici, forse con una visione più aperta sul futuro e sugli sviluppi della tecnologia, hanno deciso di condividere i big data, come s’ è detto, all’ interno di una piattaforma comune che è stata battezzata Alliance Gravity quasi a volere trasmettere il «peso» di un sistema di vendita comune. Gli editori dei due maggiori quotidiani francesi, forse gelosi della loro storia e ben attenti a presidiare il perimetro dei propri mercati di riferimento, hanno preferito, invece, un’ alleanza più tradizionale – una joint venture operativa tra concessionarie – e l’ hanno battezzata Skyline, forse nella speranza di poter volare alti e di tracciare, loro da soli, il profilo del mercato del web-advertising che verrà. Come se in Italia fossero il Corriere della Sera e La Repubblica a voler egemonizzare il mercato dell’ online. I dati di partenza autorizzano un certo ottimismo: sommando i visitatori unici dei siti di Le Monde e del Figaro si arriva alla bella cifra di 35 milioni di lettori digitali al mese, appena un milione in meno di quelli di Microsoft, e non distanti dai 40 milioni di Facebook e i 44 milioni di Google. In più, si tratta di lettori diversi, meno erratici dei visitatori dei siti dei Gafa, più fedeli in qualche modo alla testata, abituati a cercare le notizie sulle piattaforme dei due quotidiani. «In ogni caso, i nostri lettori rappresentano l’ 80% di tutti gli internauti e i mobinauti francesi», spiegano all’ unisono, davanti a un gigantesco pannello con la scritta «Skyline, direct marketplace», il direttore generale del gruppo Le Figaro, Marc Feuillée, e il suo collega Louis Dreyfus, presidente del direttorio del gruppo Le Monde. Il modello di business di Skyline è semplice: disintermediare i tanti soggetti, tecnici e commerciali, presenti nella lunga catena della raccolta pubblicitaria; concentrare gli sforzi e offrire agli investitori una serie di prodotti (dai pop-up ai banner ai video e quant’ altro) ben inseriti all’ interno di contenuti di qualità. Che gli inserzionisti possono scegliere al momento dell’ acquisto. Nel senso che i loro annunci possono essere inseriti all’ interno di sei aree tematiche dei siti due quotidiani – attualità, economia, lifestyle, costume, cultura e high-tech) – seguendo una pianificazione ben precisa che non prevede spazi invenduti (e quindi regalati all’ inserzionista). «Gli inserzionisti non hanno bisogno di passare attraverso i centri media: trovano tutte le soluzioni più adatte rivolgendosi a Skyline», aggiunge la presidente della concessionaria di Le Monde, Laurence Bonicalzi Bredier, considerata una delle donne più potenti dell’ industria pubblicitaria francese. Resta aperta la questione finale: Gravity (periodici) e Skyline (quotidiani) finiranno per allearsi contro il comune nemico Gafa? Tutto dipende se l’ Union Sacrée della pubblicità riuscirà a contenere l’ avanzata americana. © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Sole, accordo con i sindacati sul piano di riorganizzazione. Mercoledì è stato siglato l’ accordo fra i vertici del gruppo 24 Ore e i sindacati di grafici e poligrafici sul piano di riorganizzazione in presenza di crisi. Alla base il piano piano industriale 2017-2020 che per assicurare la continuità aziendale e il raggiungimento della sostenibilità economico-finanziaria del gruppo prevede una riduzione del 30% dell’ attuale costo del lavoro entro la fine del primo semestre 2019 con esubero complessivi di 236 dipendenti su un organico totale di 812 in tutte le sedi ed unità produttive. Per quanto riguarda grafici e poligrafici si tratta di 215 esuberi su 729. L’ accordo prevede l’ attivazione di un contratto di solidarietà con riduzione oraria del 22%, a partire dal 17 luglio fino al 30 giugno 2019; un piano di smaltimento ferie e permessi maturati e non goduti; l’ adozione di misure di gestione tra cui incentivi all’ esodo di personale in eccedenza, il ricorso a part time, iniziative di insourcing e di riduzione delle attività attualmente esternalizzate, compatibilmente con le professionalità esistenti, anche attraverso possibili riqualificazioni; il mancato rinnovo di contratti a termine in essere e la riduzione di collaborazioni esterne. Vianello e Fasulo vicedirettori di Rai 1. Nuovo incarico per Andrea Vianello, ex direttore di Rai 3: sarà vicedirettore di Rai 1 e si occuperà in particolare del pomeriggio per ridare slancio ai programmi di infotainment. Assieme a lui il d.g. Mario Orfeo ha nominato vicedirettore anche Claudio Fasulo che avrà responsabilità su intrattenimento ed eventi. Anzaldi (Pd): sui costi di Fazio la Rai faccia vera trasparenza. «È positivo che la dirigenza Rai abbia iniziato a fare chiarezza sul contratto a Fabio Fazio, diffondendo alcune cifre sulla stampa. Ora, però, anche per facilitare il lavoro della corte dei conti che ha aperto un’ indagine su questo, ci sia vera trasparenza». È quanto scrive su Facebook il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi. «Se la previsione di 615 mila euro di incassi pubblicitari a puntata è fondata è necessario che la Rai faccia una vera operazione trasparenza», ha proseguito Anzalzi, chiedendo se questa cifra sia lorda o netta e in ogni caso quali saranno le conseguenze se non sarà raggiunta. Così come Anzaldi chiede chiarimenti anche sui costi, quantificati in 450 mila euro a puntata. «È giusto che venga fatta chiarezza sulle cifre perché parliamo di soldi dei cittadini che pagano il canone. Resta poco comprensibile perché Fabio Fazio, un conduttore che dalla terza rete passa alla prima, abbia un tale trattamento di favore da essere il più pagato della Rai, con cifre che vengono definite fuori mercato sia dall’ amministratore di Mediaset che dal presidente del gruppo La7. La sua professionalità non è in discussione, ma sulla base di quali valutazioni la Rai gli garantisce questo mega compenso, peraltro nel momento in cui si era impegnata a ridurre le prime serate del 30%?». Antonio Sassano verso la presidenza della Fondazione Bordoni. Dovrebbe essere il docente universitario e consulente dell’ Agcom Antonio Sassano il prossimo presidente della Fondazione Bordoni. Lo ha anticipato il presidente di Confindustria Radio-Tv Franco Siddi durante l’ assemblea dell’ associazione. Sassano è uno dei massimi esperti italiani in tema di frequenze. Noi Messaggero Veneto, il primo caffè del direttore per aprire la redazione ai lettori. I lettori in redazione, ma non solo come ospiti. Al Messaggero Veneto, nell’ ambito del progetto di membership NoiMV, è stato organizzato il primo «Caffè del direttore». Una decina di lettori si sono iscritti all’ incontro con il direttore Omar Monestier e sono stati accolti nella sede di Udine. Il caffè, una chiacchierata sul funzionamento del giornale, il collegamento da Roma con il direttore editoriale dei quotidiani locali, Roberto Bernabò, e un giro in redazione per mostrare come si compongono le pagine, come si lavora al sito. Poi la riunione del pomeriggio insieme all’ ufficio centrale. Il direttore Monestier ha coinvolto i lettori nel dibattito, nella scelta dei titoli e della gerarchia delle notizie. DiPiù con il caricatore portatile. Il settimanale di Cairo Editore diretto da Sandro Mayer sarà in edicola da oggi con il caricatore portatile universale per cellulare, una delle otto iniziative estive di DiPiù.
Mediaset, analisti cauti e il titolo cala del 3%
Italia Oggi
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Mediaset (-3,07% a 3,22 euro) paga consistenti vendite in Borsa e segna i nuovi minimi dell’ anno a 3,18 euro. Il titolo è stato penalizzato dal downgrade di Exane Bnp Paribas che ha tagliato la raccomandazione sull’ azione da neutral a underperform, con prezzo obiettivo che scende da 3,5 a 2,7 euro. Secondo Exane Bnp Paribas, nonostante il rally delle azioni dovute all’ incremento della quota di Vivendi «i fondamentali restano preoccupanti». Gli esperti sono comunque pronti a cambiare la propria visione nel caso in cui «i rapporti con Vivendi dovessero migliorare». Anche Equita Sim ha abbassato il prezzo obiettivo del titolo a 3,7 da 3,9 euro (rating hold) in quanto «resta l’ incertezza sulla situazione di Premium». Dalla presentazione dei palinsesti di Mediaset è «emerso che la società è disponibile a cedere i diritti della Champions per un anno a Sky se il prezzo sarà adeguato». Pier Silvio Berlusconi «parla inoltre di una raccolta pubblicitaria incluse le radio attorno al +2% nel 1° semestre (+2,3% nel 1° trimestre) con un mercato complessivo in calo del 2,5-3%. Stimiamo quindi che nel 2° trimestre la raccolta sia in crescita dell’ 1,7% circa». Mediobanca Securities ritiene che «anche se la crescita della raccolta pubblicitaria è limitata a livello organico è giusto dire che Mediaset sta sovraperformando il mercato di riferimento» e che sembra esserci un miglioramento nel secondo trimestre dell’ anno.
Partite Iva, in arrivo il canone tv speciale
Italia Oggi
GIORGIA PACIONE DI BELLO
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Canone tv speciale in arrivo per tutti i detentori di partite Iva. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi da fine giugno la Rai ha iniziato a inoltrare diverse lettere a tutti coloro che hanno aperto una partita Iva tra il 2012 e il 2016. Il canone tv speciale deve essere però pagato solo da chi detiene un apparecchio atto alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive in «esercizi pubblici, locali aperti al pubblico o comunque fuori dall’ ambito familiare» (artt. 1 e 27 del rdl del 21/2/1938 n. 246 e dall’ art. 2 del dllt 21/12/1944 n. 458). Il mancato pagamento della tassa, può essere rilevato in qualsiasi momento dal personale Rai incaricato e dall’ Autorità di controllo, e può comportare una sanzione fino a 619 euro. A differenza del canone tv che dal 2016 è stato incorporato all’ interno della bolletta elettrica, il canone tv speciale è rimasto scorporato dalle altre utenze domestiche ed è compito della Rai inviare i bollettini ai soggetti interessati dalla tassa. Quest’ anno però sono arrivate le lettere di pagamento anche a chi non ha un esercizio pubblico, e dunque non è soggetto al canone tv speciale. Nella lettera recapitata si legge che «le vigenti disposizioni normative impongono l’ obbligo del pagamento del canone speciale a chiunque detenga, fuori dall’ ambito famigliare, uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni televisive» e continua qualche rigo sotto specificando che «nel caso in cui non aveste ancora provveduto al pagamento del canone, vi invitiamo ad effettuare il relativo versamento per evitare così di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge». Il tutto viene firmato dal direttore della direzione canone. Ma non finisce qua perché nella busta, assieme alla lettera, sono presenti il bollettino del pagamento e un questionario. Il bollettino contiene una somma pari a 242,47 euro, per il semestre giugno-dicembre 2017, ed è già tutto perfettamente compilato con i dati del soggetto in questione. Nel questionario che è «da compilare e restituire imbustato o no alla Rai» si deve, invece, indicare se «ha iniziato un nuovo abbonamento speciale» se «è già titolare di abbonamento speciale», la «corretta intestazione abbonamento con codice fiscale o partita Iva», «eventuale aggiornamento dell’ indirizzo dell’ abbonamento», «dichiarazione di non possesso Tv/eventuali altre comunicazioni».
Il futuro della carta stampata tra brand reporter e rivoluzione digitale al centro del convegno Fieg-Ferpi. I nuovi soggetti devono assumersi la responsabilità del ruolo che stanno giocando
Prima Comunicazione
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Interazioni tra giornalismo tradizionale e nuove forme di comunicare dell’ era digitale al centro del dibattito organizzato da Fieg e Ferpi. Presenti, direttamente dal mondo della comunicazione: Fabrizio Carotti, direttore generale Fieg; Daniele Chieffi, consigliere nazionale Ferpi e head of digital pr di Eni, moderatore dell’ incontro; Andrea Falessi, direttore relazioni esterne Open Fiber; Paolo Iammatteo, responsabile comunicazione Poste Italiane. Lo spunto dalla presentazione del manuale di Diomira Cennamo e Carlo Fornaro , presenti all’ evento, ‘Professione Brand Reporter. Brand journalism e nuovo storytelling nell’ era digitale’, edito da Hoepli: “una sistematizzazione accurata – così Fabrizio Carotti – dei temi trattati e un’ analisi non superficiale delle nuove tendenze in atto”. Carotti nella sua introduzione fornisce alcuni dati di sintesi sulla situazione dell’ editoria oggi. I ricavi della stampa in 10 anni si sono dimezzati: un dato che incide sulla sostenibilità economica delle imprese che fanno informazione professionale e che hanno necessità di fare investimenti. Negativo anche il trend degli investimenti pubblicitari sui giornali, il 2016 sul 2015 registra una riduzione per i quotidiani del 7% e per i periodici del 4%. La diffusione dei primi 5 mesi del 2017 (dati Ads) per i quotidiani è scesa del 10% e per i periodici dell’ 6%. L’ ultimo dato riguarda la quota di mercato della pubblicità: a fronte di una raccolta pubblicitaria dell’ insieme della stampa quotidiana e periodica di 1 miliardo e 150 milioni, c’ è quella, solo stimata peraltro, degli Over the top, superiore ai 2 miliardi e 400 milioni e tendenzialmente in crescita. “C’ è quindi l’ esigenza – ha detto Carotti – di regole valide per tutti per un mercato che sia realmente competitivo e c’ è l’ esigenza, soprattutto, di un’ adeguata tutela del diritto d’ autore on line al fine della valorizzazione dei contenuti editoriali di qualità”. Il recente ‘ Libro Bianco sulla comunicazione digitale ‘ realizzato da Fieg, Upa e altre sei associazioni della comunicazione, “sarà elemento fondamentale di guida per la trasparenza del mercato digitale”. Quanto alla figura del “Brand reporter” descritta nel libro, Carotti immagina che sia una delle figure che potrebbero, avendo chiaro il legame diretto tra la realtà della notizia e i suoi effetti economici, di preservare e spiegare l’ importanza della notizia che garantisca qualità e veridicità. Da sinistra in alto in senso orario: Daniele Chieffi, Dimomira Cennamo, Fabrizio Carotti, Carlo Fornaro Anche per Andrea Falessi l’ etica è un aspetto fondamentale. L’ azienda ha una grande responsabilità quando deve comunicare il valore di un prodotto o di un servizio. Davvero qui il fact checking è rigoroso. Ma soprattutto le aziende possono fare brand journalism quando seguono un percorso vero di sostenibilità reale e concreta che consenta loro di presentare un prodotto o servizio altrettanto sostenibile. Daniele Chieffi ha sottolineato la complessità di uno scenario della comunicazione e dell’ informazione in cui c’ è una moltiplicazione degli attori che giocano la partita allo stesso livello degli attori tradizionali, i giornalisti, tra influencer e aziende, queste ultime che hanno la necessità di comunicare direttamente con i propri stakeholder, e hanno dovuto accogliere figure professionali come video reporter, grafici web, brand journalist, web writers. Va riaffermato tuttavia il ruolo dell’ editoria giornalistica tradizionale, oggi in crisi, che deve recuperare presa, autorevolezza e credibilità. Ma anche i nuovi soggetti devono assumersi la responsabilità del nuovo ruolo che stanno giocando. In sintesi, cercare la qualità nella comunicazione e nell’ informazione. Paolo Iammatteo è partito da un episodio occorso proprio a Poste Italiane per evidenziare i rischi per la reputazione di un’ azienda che derivano dalla diffusione virale in Rete di notizie false o non completamente rispondenti ai fatti. Più in generale, ha ricordato come “il giornalismo e la comunicazione sono due facce diverse di una stessa medaglia con le quali le aziende si confrontano quotidianamente, in un periodo storico in cui la disintermediazione e il digitale hanno cambiato e stanno ancora modificando profondamente le relazioni tra aziende, giornali, editori e in cui ovviamente c’ è il web come nuova modalità di comunicazione, territorio immediato, misurabile, che ha degli impatti sui media tradizionali e digitali assolutamente significativi. Tutte le aziende devono lavorare in quest’ ottica, devono ‘saper fare’ e lavorare per la loro reputazione con modalità completamente differenti rispetto al passato”.
Province, la giunta stacca un maxi assegno
La Nuova Sardegna
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CAGLIARIAlle quattro Province e alla Città metropolitana di Cagliari la giunta regionale ha assegnato in tutto 54 milioni, compresi i 600mila euro necessari per il funzionamento del museo di Man di Nuoro. Sempre dal Fondo unico per gli enti locali, che è il pacchetto dei trasferimenti dalla Regione agli enti locali, arrivano anche i 12 milioni destinati alle Unioni dei Comuni, che avranno a disposizione altri nove milioni di contributi statali. «È la quota nazionale – scrive in una nota l’ assessore agli enti locali Cristiano Erriu – più alta in Italia, perché «direttamente proporzionale alle risorse messe in campo dalla Regione».Intanto i segretari provinciali sardi del Pd hanno accolto con soddisfazione il nuovo impegno del governo, confermato dalla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, di un finanziamento nazionale – dovrebbe essere intorno ai 100 milioni – per «far fronte alla delicata situazione economica delle Province e delle Città metropolitane». Questo trasferimento di importante risorse economiche – hanno scritto – «sarà indispensabile per permettere agli enti locali intermedi di garantire quei servizi essenziali attesi dai cittadini».Le delibere. Sempre la giunta per sostenere l’ editoria sarda e la stampa periodica regionale, ha stanziato 200mila euro come aveva proposto l’ assessorato alla cultura. Il finanziamento è destinato ad abbattere i costi di prestampa per le aziende editrici che si occupano di periodici e dovrà puntare a migliorare anche la distribuzione delle copie stampate. Infine, la giunta ha approvato le linee guida dei piani regolatori dei porti d’ interesse regionale e l’ elaborazione degli stessi piani sarà delegata ai Comuni.Le interrogazioni. Il consigliere regionale Francesco Agus, Campo progressista, ha denunciato che «dal 2105 gli inoccupati attendono l’ esenzione dal pagamento dei ticket per le prestazioni sanitarie». Secondo l’ interrogazione, «le promesse, come previsto nella Finanziaria di due anni fa, non sono state mantenute nonostante esista una legge regionale che equipari gli inoccupati ai disoccupati, che da sempre hanno invece l’ esenzione» È rivolta invece all’ assessore all’ agricoltura l’ interrogazione presentata dal capogruppo dell’ Udc Gianluigi Rubiu, che sollecita nuove regole per l’ assegnazione dei pascoli pubblici permanenti. «Le ultime disposizioni dell’ Unione Europea – è scritto nell’ interrogazione – ancora non sono state applicate, mentre in altre regioni sono servite per risolvere i problemi dell’ allevamento nei territori svantaggiati».