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Rassegna Stampa del 05/07/2017

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Indice Articoli

Tempi brevi per i fondi a Tv e radio locali

L’ ultima del Pd: galera per i giornalisti «sgraditi»

«Libero» censurato per aver difeso i cattolici perseguitati

Fondi al “Riformista” e a “Libero”: chiesti 4 anni per Angelucci

Ai giornali di partito regalati 248 milioni Ma chiudono lo stesso Gli 80 euro sono finiti nelle tasche di benestanti e ricchi

Un nuovo manifesto culturale: «Fare rete tra tutti gli operatori»

La Cei e il Vaticano hanno una grana: «Famiglia Cristiana»

«System 24, tre mosse per tornare alla crescita»

RadioMediaset, non solo rock

Sapete quando si smette di essere giovani? La risposta è su 7

chessidice in viale dell’ editoria

Leggo.it rinnova l’ homepage versione pc

Alevi entra in Lucisano col 5,76%

Bbc si apre sui contenuti

Nasce ‘Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica’, il settimanale di enigmistica di Tv Sorrisi e Canzoni, diretto da Aldo Vitali

Mainetti e la Sorgente dei guai di Enasarco nel mirino della vigilanza

Tempi brevi per i fondi a Tv e radio locali

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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«Entro la pausa estiva contiamo di arrivare all’ approvazione del regolamento», aveva detto il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli a giugno durante il RadioTv Forum di Aeranti Corallo. A questo punto i presupposti, almeno sulla carta, ci sono, per arrivare all’ approvazione entro la pausa estiva del regolamento per l’ erogazione dei contributi alle emittenti locali. Il Consiglio di Stato ha dato infatti lunedì l’ ok allo schema di regolamento sui criteri di riparto «tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali», predisposto in attuazione della Legge di stabilità 2016. Lo schema di decreto – approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri a marzo – passa ora alle commissioni parlamentari competenti che hanno 30 giorni di tempo. A seguire il ritorno dello schema al Mise per poi passare all’ approvazione definitiva del Consiglio dei ministri. In ballo ci sono risorse che nel corso degli ultimi anni sono cresciute: si è passati dai 43 milioni stanziati nel 2015 ai circa 100 milioni del 2017 comprensivi dei 50 milioni di recupero dell’ evasione del canone destinati alle emittenti locali, come da Legge di stabilità 2016 e ribaditi dalla legge sull’ editoria (198/2016). L’ ok delConsiglio di Stato è arrivato comunque con osservazioni, rilevando innanzitutto come non sia sufficientemente chiaro se i contributi andranno a tutti i soggetti in possesso dei requisiti o solo ai primi della lista. Tra le atre cose è segnalata la necessità di evitare possibili duplicazioni nell’ assegnazione delle risorse. Le associazioni di categoria (Confindustria Radio Televisioni, Aeranti Corallo e la Alpi), a quanto risulta al Sole 24 Ore si starebbero intanto apprestando a segnalare al Mise osservazioni ritenute migliorative. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L’ ultima del Pd: galera per i giornalisti «sgraditi»

Libero

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FOSCA BINCHER È diventata una delle bandiere della guerriglia politica, e se la danno in testa vicendevolmente soprattutto Pd e Movimento 5 stelle. Ognuno dei due non disdegna di impugnarla come una lancia verso la testata considerata ostile, e quel che sta avvenendo in Italia accade in proporzioni ancora più grandi negli Stati Uniti. Ora la rissa sulle fake news rischia di trasformarsi in qualcosa di assai più serio. Perché un deputato emiliano del Pd, Andrea De Maria, ha appena depositato a Montecitorio un insidiosissima proposta di legge per vietare proprio le fake news. Anche se di moda, il termine forse non è ancora noto a tutti. Noi in italiano lo potremmo tradurre in molti modi. Qualcuno più prosaico, come “balle” che appaiono assai spesso sui social network e di tanto in tanto anche sulla tradizionalissima e antichissima stampa. Qualcun altro più fantasioso, come “leggende metropolitane”, che sembrano più lievi: una vox populi che lentamente e tenacemente fa notizia, penetrando i media tradizionali. Letteralmente “fake news” si traduce con “notizie false”, e il termine è diventando di tendenza negli Stati Uniti prima con la campagna elettorale e poi con la presidenza di Donald Trump. C’ è chi dice che proprio grazie a notizie non esatte, inventate di sana pianta o comunque gonfiate a dismisura rispetto alla realtà, Trump ha conquistato la poltrona più importante negli Usa. Naturalmente lui accusa gli avversari e i media ostili della stesa nefandezza: spargerebbero “fake news” a mani basse per danneggiarlo. Già dirlo così fa capire come i confini di quelle verità false o mezze verità siano assai labili, e opinabili, perché ognuno li definisce a suo vantaggio. Ma anche in Italia ci si è stupidamente convinti che lì sia il fianco debole della politica, e che limitando o vietando le fake news ogni dichiarazione di questo o quell’ onorevole, di questo o quel capo politico, membro del governo, amministratore pubblico, brillerebbe nello splendore della sua verità certificata. Così il buon deputato Pd De Maria non contento dei guai già combinati caricando sui tribunali ogni regolazione di contesa, affida alla magistratura una caccia spietata ai diffusori di leggende metropolitane. Mettendo nelle mani dei pm un meraviglioso bazooka: “Chiunque pubblica o diffonde”, spiega il nuovo articolo 656 del codice penale rivisto dal Pd, “anche mediante l’ utilizzo della rete telefonica o attraverso strumenti telematici o informatici notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ ordine pubblico ovvero ad arrecare danno ingiusto alle persone, è punito- se il fatto non costituisce più grave reato- con la reclusione da tre mesi a cinque anni”. Quindi mano libera ai pm per intercettare telefonini, computer, social network (altrimenti come fanno a punire le notizie esagerate o tendenziose?). E un aggravante prevista: “la pena è aumentata se il fatto è commesso per fini di lucro, ovvero se le notizie riguardano atti di violenza a sfondo razziale, sessuale, o comunque di natura discriminatoria”. Si capisce la buona fede del giovane onorevole, ma chi mai diffonde notizie per fini di lucro? Giornali e giornalisti. Che secondo quel criterio potrebbero marcire tutti in galera per chissà quanto tempo, visto che non mancano i casi di esagerazione delle notizie nei titoli dei quotidiani, e che comunque tutto questo è assai opinabile (per me questa notizia è importante e la esagero, per un altro no e non meriterebbe manco un trafiletto). Anche se l’ arma potrebbe diventare a doppio taglio: perché non è mai mancato in politica chi la spara un tantino grossa, talmente grossa da distanziarsi e di molto dalla realtà. E chissà che l’ ingenuo De Maria con la sua proposta di legge non sia in futuro ricordato come l’ uomo che sterminò il Pd…

«Libero» censurato per aver difeso i cattolici perseguitati

Libero

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L’ Ordine dei giornalisti di nuovo all’ attacco di Libero. Dopo i procedimenti disciplinari nei confronti del direttore responsabile, Pietro Senaldi, e del collega Filippo Facci, il primo per il titolo su Virginia Raggi, il secondo per le proprie opinioni su l’ Islam, è toccato ad Andrea Morigi, finire nel mirino del Consiglio di disciplina. Al collega della redazione di Milano, esperto del mondo cattolico e di Islam, è stata confermata la sanzione dell’ avvertimento, essendo stato respinto il ricorso presentato a seguito dell’ apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, relativamente all’ articolo apparso sul quotidiano fondato da Vittorio Feltri il 15 maggio del 2015, con il titolo «Piccoli talebani crescono a casa nostra». Il procedimento disciplianare puntava a «verificare se vi sia violazione delle norme deontologiche che presiedono alla professione di giornalista». Per il Consiglio di disciplina dell’ ordine, confermando l’ avvertimento, c’ è stata la violazione del Codice deontologico sul trattamento dei dati personali, «sotto il profilo razziale». Secondo il Consiglio di disciplina dell’ ordine dei giornalisti della Lombardia, nonostante «la notizia dell’ aggressione da parte di un bambino musulmano ad una compagna di scuola cattolica per strapparle il crocifisso di dosso» fosse stata pubblicata da diversi quotidiani e siti, il collega Morigi ne avrebbe fatto «un esempio lampante della impossibilità di una pacifica convivenza fra italiani e immigrati islamici». Non solo. L’ Ordine contesta al collega il fatto di non aver verificato «la notizia appresa dall’ agenzia». Nella memoria difensiva presentata dall’ avvocato Valentina Ramella è stata evidenziata «l’ assenza di qualsivoglia finalità discriminatoria», che «risiede nel fatto che nessuna contestazione è stata mossa nei confronti della ricostruzione operata dal Morigi con riferimento agli altri, numerosi, accadimenti citati». Anche perché l’ intento del giornalista era unicamente quello di suscitare un dibattito intorno al fenomeno di intolleranza verso la religione cattolica e questo è ravvisabile in molti passaggi del testo contestato». Tutto ciò, evidentemente, non è servito a far cambiare idea al Consiglio di disciplina dell’ ordine. Del resto che vi sia una sorta di opera di «controllo», con relative sanzioni, su Libero è un datto di fatto. Il direttore, Pietro Senaldi, è stato censurato dal Consiglio di disciplina dell’ Ordine dei giornalisti della Lombardia per il titolo («Patata bollente») comparso sul quotidiano lo scorso 10 febbraio, mentre Filippo Facci è stato sospeso per due mesi dalla professione e dallo stipendio. Tutto ciò a causa di un articolo pubblicato su Libero il 28 luglio 2016, dal ttolo «Perché l’ Islam mi sta sul gozzo». Le regole saranno pure regole, ma la libertà di stampa e d’ opinione rischiano d’ essere messe seriamente in discussione. ENRICO PAOLI riproduzione riservata.

Fondi al “Riformista” e a “Libero”: chiesti 4 anni per Angelucci

Il Fatto Quotidiano

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Tentata truffa e falso. Questi reati contestati dalla Procura di Roma al parlamentare di Forza Italia Antonio Angelucci per il quale è stata chiesta una condanna a 4 anni di carcere nell’ ambito di un processo legato ai contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani Libero e Il Riformista. Per gli altri due altri imputati, i rappresentanti legali delle sue società Editoriale Libero e Edizioni Riformiste, che editavano i quotidiani, Arnaldo Rossi e Roberto Crespi, il pubblico ministero Francesco Dall’ Olio ha sollecitato una condanna a 3 anni e sei mesi. Il pm al termine della requisitoria ha dichiarato prescritta l’ accusa di truffa consumata. Per questa vicenda, nel giugno del 2013, la Guardia di Finanza eseguì un sequestro preventivo di 20 milioni nei confronti delle due società. Secondo l’ impianto accusatorio le due società, nel 2006 e nel 2007, hanno dichiarato di appartenere a editori diversi per aggirare il divieto di richiedere contributi pubblici per più di una testata da parte dello stesso editore.

Ai giornali di partito regalati 248 milioni Ma chiudono lo stesso Gli 80 euro sono finiti nelle tasche di benestanti e ricchi

La Verità

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Ai giornali di partito regalati 248 milioni Ma chiudono lo stessoI giornali di partito negli ultimi 20 anni hanno intascato 248 milioni di soldi pubblici eppure molti sono falliti. L’ Unità si è mangiata 62,5 milioni, ma dallo scorso mese non esce più in edicola. Non hanno fatto meglio La Padania (38,5 milioni), Liberazione (31,9) o Europa (32,5). Sono solo tre i giornali sopravvissuti: tra questi il Secolo d’ Italia, che di milioni ne ha presi 28,2, e ora è disponibile solo online. Gli 80 euro sono finitinelle tasche di benestanti e ricchi Il bonus voluto da Matteo Renzi, rivela l’ Istat, è andato a rimpinguare le tasche delle fasce medio-alte anziché di quelle medio-basse. Dei 9,4 milioni di famiglie che ne hanno beneficiato 2,4 sono concentrate nella fascia dei benestanti, 1,6 in quella dei ricchi e solo 1,4 milioni nella fascia dei poveri. Un paradosso.

Un nuovo manifesto culturale: «Fare rete tra tutti gli operatori»

Il Mattino
FRANCESCO DURANTE
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Il Pd e tutti i risvolti partenopei stavolta non c’ entrano. Perché il presidente democrat Matteo Orfini ieri è a Napoli solo per discutere di temi culturali. Ovvero una tavola rotonda tra gli operatori alla ricerca di un nuovo manifesto di politica culturale. Prima di varcare però le sale della chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia Orfini, accompagnato dal consigliere delegato alla Cultura regione Campania Sebastiano Maffettone e dal consigliere di Scabec Nicola Oddati, tiene visitare il museo Madre di Napoli. E qui si sofferma sulla collezione site-specific del museo con le opere di Bianchi, Clemente, Fabro, Koons, Kapoor, Paladino, Kounellis, Horn, Paolini, Serra, Long e Lewitt ed al secondo piano che ospita le opere la mostra retrospettiva di Roberto Cuoghi «Perla Pollina 1996-2016». «Il Madre è una vera eccellenza che merita di essere non solo visitata ma anche curata e sostenuta il più possibile perché di esempi come questo non ce ne sono tanti nel nostro paese», spiega il presidente democrat. In sala ad attenderlo i partecipanti della tavola rotonda con l’ obiettivo di costruire un nuovo discorso sulla cultura in cui il fare si trasformi in «azione reale, concreta ed urgente sia per lo sviluppo del territorio sia per sollecitare protagonisti sociali consapevoli in una città intesa come una vera e propria residenza culturale». Con l’ obiettivo di creare occupazione. «L’ industria culturale – spiega Oddati che è tra gli organizzatori – è quella su cui puntare. In Italia dà lavoro ad un milione di persone ma si potrebbe arrivare ad 1,5. Ma l’ obiettivo è puntare sul comparto con l’ idea di creare formazione e lavoro senza cercare solo il consenso a breve termine». «L’ ambizione – aggiunge il filosofo Massimo Adinolfi – è creare qualcosa di stabile e duraturo coinvolgendo tutti gli operatori culturali affinché facciano rete». In tutti i campi delle arti magari tornando alla metà degli anni 90 quando la città era un fermento di iniziative nate però dal basso. Dalla letteratura alle arti passando per il cinema di quella nouvelle vague napoletana che entusiasmò i critici. «In questo momento in città ci sono al lavoro ben 19 set al lavoro», ricorda Maffettone. Ma subito dopo Angelo Curti, leggendario produttore dei vari Martone, Capuano, Incerti e Corsicato di quella meravigliosa e irripetibile stagione aggiunge: «Quel nuovo cinema napoletano di cui si dibatteva non era però fatto solo di set ambientati qui ma prodotto interamente a Napoli. Per questo occorre creare un nuovo modello di fertilità». Sulla letteratura e sull’ editoria è invece il turno di Francesco Durante e Diego Guida. Il primo, organizzatore di «Salerno Letteratura», propone che «si faccia rete tra eventi e organizzatori in tutta la Campania» mentre il secondo (appena nominato presidente dei piccoli editori) racconta di come da mesi lavori come un matto per riportare a Napoli un salone del libro che manca dall’ arenamento di quella galassia Gutemberg che era un appuntamento di rilievo nazionale. «Ho fatto grandi giri – racconta Guida – per proporre l’ evento ma non ho visto, nei fatti, tanto entusiasmo. Poi con due gazebo in piazza sono riuscito a raccogliere ben 12mila firme per organizzare un salone a Napoli. E, per ora, il Comune ha offerto una quota della tassa di soggiorno e il complesso di San Domenico Maggiore». «Una discussione sulla cultura e sulle politiche pubbliche a suo sostegno deve essere orientata a rendere la cultura un asset strategico e produttivo. E prevedere sistemi di verifica puntuali e oggettivi sull’ efficacia delle scelte operate», ragiona invece Ciro cacciola, direttore del Mav di Ercolano, nel suo intervento. Orfini ascolta e prende appunti silenzioso. Poi, prima cita in maniera positiva il bonus cultura per i giovani varato dal governo Renzi, e chiude: «Occorre sostenere la domanda del mercato culturale ma la domanda di fondo è come creare un rapporto tra realtà urbane e creatività culturale». Specificando, infine: «una città come Napoli può e deve essere un luogo dove non solo si distribuisce cultura ma vi si produca anche». ad.pa. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

La Cei e il Vaticano hanno una grana: «Famiglia Cristiana»

La Verità

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lorenzo bertocchiTre giorni di sciopero dei giornalisti che lavorano a Famiglia cristiana, Credere e Jesus, noti periodici delle Edizioni San Paolo. È stata una scelta forte, «una decisione molto grave» che non ha precedenti e che ha coinvolto il 100% del personale laico. Oggi alle 9.30 nuova assemblea di redazione.Hanno bloccato perfino gli aggiornamenti del sito web di Famiglia Cristiana. «Il sito è l’ unica piattaforma veramente in crescita, mentre le vendite delle riviste sono in calo costante da anni», dicono alla Verità alcune fonti che preferiscono restare anonime. I giornalisti della redazione non hanno gradito il merito e il metodo con cui l’ azienda ha comunicato la disdetta di tutti gli accordi di secondo livello, dal premio di produzione al premio per gli articoli online agli straordinari forfettizzati. Anche perché piove sul bagnato, visto che i 34 giornalisti coinvolti sono ormai al quarto anno di cassa integrazione; per gli impiegati non giornalisti si arriva a riduzioni dello stipendio che vanno dal 50 al 70%. «Con casi di persone», si legge nel secondo comunicato della redazione, «che sono state messe letteralmente su una strada». Quello che lamentano è soprattutto l’ atteggiamento «aggressivo» con cui i vertici dell’ azienda, l’ amministratore delegato è don Rosario Uccellatore, un sacerdote paolino, hanno comunicato le decisioni con scadenza al 31 dicembre 2017. Nel frattempo è stata proposta una trattativa a cui, però, i giornalisti non credono. I cronisti sono convinti di potersi mettere seduti al tavolo solo quando sarà tolta dallo stesso quella che ritengono essere «una pistola carica».Le cose non vanno bene in casa San Paolo, una realtà editoriale fondata dal beato Giacomo Alberione che credeva nei mezzi di comunicazione come «nuova frontiera» dell’ evangelizzazione. La crisi dell’ editoria è una realtà nota, ma l’ emorragia di copie di Famiglia Cristiana è comunque grave. Negli anni Sessanta sfondò per la prima volta il tetto del milione di copie stampate, nel 1992 tirava ancora oltre il milione di copie, ma già quando la direzione passò a don Antonio Sciortino nel 1999, le copie erano circa 750.000. Nel 2016, quando è entrato l’ attuale direttore don Antonio Rizzolo, il giornale viaggiava intorno alle 200.000 copie. In venticinque anni Famiglia Cristiana ha perso circa 800.000 copie.Gli ultimi bilanci non sono particolarmente brillanti. Dopo un consuntivo 2013 con un passivo di 12 milioni di euro, nel 2015 la perdita era di 50.000 euro e per il 2016 la previsione è di una perdita che non dovrebbe superare il mezzo milione di euro. Ufficialmente l’ editore non vuole chiudere testate, ma l’ impressione, come si dice, è che si vogliano fare le nozze con i fichi secchi. Quattro anni di cassa integrazione alle spalle e un futuro fatto di prepensionamenti e ancora cassa integrazione, più ridefinizione di tutti gli accordi di secondo livello. I giornalisti che si dicono preoccupati per la «serenità» loro e delle loro famiglie hanno qualche motivo valido per stare in guardia.Il direttore Rizzolo è vicino alla redazione, ma anche lui è un sacerdote paolino e come tale si trova in una situazione piuttosto delicata. «Da parte dell’ amministrazione c’ è poca progettualità», ecco il commento che emerge tra le pieghe della faccenda. In effetti le ultime dichiarazioni dell’ amministratore delegato Uccellatore, che ha parlato di «privilegi» dei giornalisti, non hanno migliorato molto il clima. Peraltro lo stesso amministratore ha già ridotto di oltre la metà il numero dei dipendenti di San Paolo libri e la situazione nei vari rami del gruppo editoriale non è proprio delle migliori. Ad esempio c’ è il caso eclatante di Telenova, l’ emittente televisiva milanese affiliata al gruppo San Paolo, in cui sono andati in onda licenziamenti collettivi e i pochi rimasti sono letteralmente sul lastrico.Sembra dunque scricchiolare paurosamente un impero editoriale importante. Quando don Alberione fondò Famiglia Cristiana, la rivista era il punto di riferimento soprattutto del mondo rurale cattolico del Settentrione. Quel mondo in buona parte è stato perso. Famiglia Cristiana lo si trovava nel banco della «buona stampa» in fondo alle chiese, te lo portavano a casa ragazzi di buone speranze, te lo regalavano i parroci quando ci si sposava. Poi venne la stagione della Famiglia Cristiana politicamente impegnata, con uno sguardo aperto a sinistra, soprattutto con la direzione di don Leonardo Zega, dal 1980 al 1998, quindi, dopo una parentesi dovuta al «commissariamento» dei paolini, con quella di don Alberto Sciortino fino al 2016. La stagione del cardinale Camillo Ruini presidente Cei segnò una svolta nei rapporti tra chiesa italiana e Famiglia Cristiana, il cardinale non nascose le sue perplessità rispetto alla linea politicamente schierata a sinistra.Oggi la crisi in atto nel gruppo San Paolo potrebbe anche ribaltarsi sul tavolo della Cei e del Vaticano, con cui pure non esistono legami aziendali formali. Ed è una grana che né il Vaticano né la Cei vorrebbero.

«System 24, tre mosse per tornare alla crescita»

Il Sole 24 Ore
R.I.T.
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milano La strada per il ritorno alla crescita di System 24, la concessionaria pubblicitaria del Gruppo 24 Ore, passa attraverso tre mosse: «L’ adeguamento dei prodotti core business ai mutati scenari di mercato, la crescita del perimetro con l’ acquisizione di nuove concessioni, la focalizzazione sui target che funzionano». A parlare è Massimo Colombo, direttore generale commerciale del Gruppo 24 Ore che, a poco più di un mese dal suo insediamento, mette a fuoco le strategie di rilancio. Partendo dai “fondamentali”: «Il sistema Sole – spiega – ha tre pilastri che sono il quotidiano, Radio 24 e l’ online. La prima sfida che ci poniamo è adeguare questi prodotti core a uno scenario di mercato in continua evoluzione». In questo senso, il Gruppo 24 Ore ha commissionato una ricerca a Gfk con lo scopo di raccogliere feedback dal pubblico di riferimento su come riorganizzare l’ offerta. «Temi quali il formato del quotidiano – dice Colombo – ma anche l’ accesso ai contenuti del sito o la valorizzazione della radio che rappresenta un formidabile strumento di intrattenimento economico, qualcosa di unico nel suo genere, vanno declinati nel massimo rispetto della platea con la quale ci confrontiamo». Il sistema Sole raggiunge giornalmente quasi 3 milioni di individui con il quotidiano, mentre radio e sito web del gruppo arrivano a più di 15 milioni di utenti al mese. «Aspetto da non trascurare – dice Colombo – è il fatto che il Sole 24 Ore ha un tasso di penetrazione del 71% presso la business community di riferimento». Meglio di quanto nei loro Paesi facciano giornali di taglio analogo come Les Echos (55%), Expansion (51%), Handelsblatt (39%) o addirittura il Financial Times (23%). Per quanto riguarda la diffusione del quotidiano, Colombo ha annunciato che il Gruppo 24 Ore non ha comunicato ad Ads le copie digitali multiple di maggio 2017: il dato che dovrebbe essere pubblicato entro il mese «sarà zero». Ora si lavora al recepimento del nuovo regolamento. «Alla luce delle regole Ads – ha sottolineato Colombo – è necessario recuperare il dato della “adoption” delle copie digitali multiple, ossia il loro reale utilizzo. Un’ operazione complessa che comporta un confronto con i clienti a volte, anche per problemi di privacy, non pronti a fornire i riferimenti delle persone che utilizzano le copie da loro acquistate. Non è facile per noi e presumo non lo sarà neanche per gli altri gruppi editoriali. Da parte nostra, comunque, nessun tono polemico nei confronti di Ads ma la massima volontà a collaborare». Con il vecchio regolamento di Ads, in ogni caso, il Sole «oggi conterebbe 60mila copie multiple digitali». La concessionaria del gruppo punta intanto ad allargare il proprio portafoglio: «Al momento – ha sottolineato il dg – la nostra offerta spazia dai prodotti del sistema Sole a quotidiani come Libero e Osservatore Romano, magazine come 11 e Studio, prodotti digital come i siti di Lei e Famiglia Cristiana, solo per citarne alcuni, passando anche l’ area Cultura ed Eventi del gruppo e i giornali internazionali (come Financial Times e Washington Post, ndr) per i quali presidiamo il mercato italiano. L’ obiettivo, – dice Colombo – in un contesto che va verso le concentrazioni, è di fare massa critica». Radio e web, ha rimarcato il dg, offrono grandi potenzialità di sviluppo. Terzo punto importante, per Colombo, è la «focalizzazione sui target che funzionano: il sistema Sole, per esempio, ha il filone dei professionisti per il quale il quotidiano ma anche i prodotti di approfondimento sono veri e propri strumenti di lavoro, così come il filone del lusso che gode di un notevole seguito. Si lavora per comprendere al meglio come sviluppare questi settori». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

RadioMediaset, non solo rock

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Il 12 luglio Virgin Radio compie dieci anni. Nata da una intuizione geniale di Alberto Hazan, ora l’ emittente fa parte del gruppo RadioMediaset, ovvero il braccio armato del Biscione in fm. Un comparto, quello della radio, sempre più strategico nelle logiche di Cologno Monzese, soprattutto tenendo conto del fatto che la raccolta pubblicitaria complessiva del mezzo in Italia è in salute (+4,1% nei primi cinque mesi del 2017, +14,8% in maggio). Per questo il polo con tre network nazionali, a breve, potrebbe essere consolidato con nuove acquisizioni. Al momento c’ è infatti 105 che gioca per le posizioni di vertice nella classifica degli ascolti; c’ è Virgin Radio, con il suo style rock a quota 2,5 milioni di ascoltatori nel giorno medio e una programmazione dove la musica italiana è sotto al 5%; e infine R101, anch’ essa con musica molto internazionale e poco tricolore. RadioMediaset, allora, potrebbe crescere proprio nel bacino della musica italiana. Non può farlo, per legge, attraverso acquisizioni di network nazionali. E allora la strategia del Biscione è quella di consolidarsi attraverso una serie di acquisizioni di importanti radio macroregionali, senza snaturarle, smontarle o cambiare loro il nome, ma provando a inserirle in un sistema e puntando decisamente sulla musica italiana. Radio Subasio potrebbe essere uno degli obiettivi, ma non il solo. Il tutto entro il 2020, quando poi per RadioMediaset non sarà proprio più possibile crescere facendo shopping in Italia. A governare il mondo radiofonico di Mediaset c’ è l’ amministratore Paolo Salvaderi, che parla a ItaliaOggi reduce da una nottata di festa con i Coldplay dopo il concerto a San Siro, Milano. Domanda. Il 12 luglio del 2007, alle ore 12, iniziò la storia di Virgin Radio con un disco dei Ramones. Una radio nata su iniziativa di Alberto Hazan, che ebbe grandi intuizioni e seppe mostrare come realizzare una nuova emittente, l’ ultima nata ad avere grande successo, sulle ceneri della fallimentare esperienza di Play Radio targata Rcs. Perché Virgin funzionò sin da subito? Risposta. Alberto Hazan, da grande editore, è stato capace di vedere le cose prima degli altri, prima delle ricerche di mercato. Virgin è un progetto nato tutto nella sua testa, e poi Hazan ha avuto anche il guizzo di non partire con un marchio nuovo e sconosciuto, ma di utilizzare il brand Virgin, proponendo una formula di style rock molto larga, e all’ interno della quale riuscì a infilarci tanti generi. È un format senza eguali a livello internazionale, con un pubblico molto segmentato, ma non di nicchia. Di nicchia era quello di Rock Fm, che aveva 60 mila ascoltatori. D. E adesso come sta cambiando Virgin Radio? R. Quando è partita non aveva conduzione, non aveva programmi. Ora, invece, io punto molto sui programmi e sulla conduzione, per fidelizzare di più il pubblico, aumentare la permanenza e quindi gli ascolti. C’ è ovviamente Ringo, che fu il primo ad andare in onda e che preserva lo spirito iniziale anche in qualità di direttore creativo di Virgin Radio. Poi abbiamo rilanciato il morning show, ci sono Beppe Severgnini, il programma di Paola Maugeri, e, ancora, Andrea Rock e Giulia Salvi. In rotazione va pochissima musica italiana, meno del 5%, ed è più probabile trovare i Litfiba o i Subsonica piuttosto che Vasco Rossi o Ligabue. L’ audience non deve essere una ossessione per Virgin Radio, è una emittente che può accrescere gli ascolti con tranquillità, senza sporcare il palinsesto e senza allargare troppo i generi. Il prossimo step sarà quello di migliorare la rete di distribuzione del segnale, sia armonizzando le frequenze all’ interno del nostro gruppo, sia scambiandole con editori terzi o acquistandole sul mercato. D. Per tanti anni Virgin Radio è stata quasi monopolista sul mondo del rock, seppur nella sua versione allargata. Ora c’ è qualche timore per la concorrenza di Radiofreccia, lanciata da Lorenzo Suraci, patron di Rtl 102,5, nell’ ottobre del 2016? R. I dati di ascolto non ci sono ancora. Diciamo che dai nostri indicatori, sia i social sia i vari strumenti di relazione con il pubblico, non abbiamo percezioni o sintomi di disaffezione su Virgin. Poi anche i target sono diversi. Piuttosto, mi preoccupa una cosa D. Che cosa? R. Beh, se Mediaset avesse lanciato una radio con le modalità con cui è stata lanciata Radiofreccia, avremmo i carri armati sotto casa. Comunque ci sono le autorità preposte che faranno tutte le verifiche del caso. Ma di sicuro molte cose non sarebbero mai state concesse a Mediaset. D. Per esempio? R. Radiofreccia ha una concessione di radio comunitaria, e non si capisce esattamente cosa voglia dire. Ha un tetto dell’ 8% di affollamento pubblicitario. Vorrei sapere se la raccolta pubblicitaria va a finire in attività di beneficenza o cosa. Poi, col fatto che è radio comunitaria, può andare in giro per l’ Italia a cercare frequenze libere, e riempirle senza chiedere permessi. Questo è un bel vantaggio competitivo rispetto agli altri. Anche perché spesso le frequenze vengono lasciate libere proprio per non dare fastidio ad altri segnali. Riempiendole, invece, si va a danneggiare il segnale di emittenti concorrenti. D. Però è comprensibile che un imprenditore come Suraci, trovandosi di fronte a un colosso nato nel giro di un anno come RadioMediaset, abbia voglia di reagire provando a sua volta a costruire nuove offerte R. Certo, costruire più network ha un senso, si profila meglio l’ ascolto, si fanno sinergie che migliorano il conto economico. Io tutto questo lo capisco. Poi, però, si tratta di discutere sulle modalità. Diciamo che serve più regolamentazione sul punto. D. RadioMediaset edita 105, Virgin Radio e R101. Ha un accordo commerciale con Rmc, ha dovuto lasciare la raccolta di Radio Italia a fine 2016 per questioni di Antitrust, e lo stesso dovrà fare a fine 2017 con Kiss Kiss. È vero che vi volete comprare Radio Subasio? R. Non entro nel merito. È vero che la nostra crescita potrebbe passare attraverso acquisizioni di radio territoriali molto forti. Vorremmo avere una offerta più importante sulla musica italiana, integrando una serie di emittenti macroregionali. Non saranno acquisizioni per smontare, svuotare, ribrandizzare. Ma per dare forma ad eccellenze locali, puntando sulla musica italiana. © Riproduzione riservata.

Sapete quando si smette di essere giovani? La risposta è su 7

Corriere della Sera
Rossella Tercatin
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«Non so se il mio scalpo è nell’ ufficio della Maggioni (presidente Rai ndr ). Spero di no per lei, ma non mi interessa personalizzare». L’ esperienza tattile, visiva, olfattiva di un anno in Rai «cominciato e finito con un cactus»: sul nuovo numero di 7 in uscita domani con il Corriere della Sera , Carlo Verdelli, nominato direttore dell’ informazione di viale Mazzini nel novembre 2015 e dimessosi dopo soli tredici mesi di lavoro, racconta ad Antonio D’ Orrico i retroscena di quella che continua a definire «un’ avventura meravigliosa», a dispetto delle difficoltà che ne hanno scritto prematuramente la parola fine. «Un servizio pubblico con le dimensioni della Rai darebbe anche modo di ascoltare gli italiani. Il problema dell’ informazione nazionale, e non solo dell’ informazione (vedi l’ astensione elettorale), è che non ascolta più i cittadini», sottolinea Verdelli, che a proposito della scelta di lasciare spiega: «Il 3 gennaio 2017 mi sono dimesso perché ho capito che da lì dovevamo andare alla guerra. Ma perché? Era nell’ interesse della Rai? No! E allora basta. Sai, io tifo per la Rai, e non perché ci ho passato un anno, ma perché è la cosa con cui è cresciuta la mia famiglia». Quando si smette di essere giovani? A trent’ anni secondo Eurostat, ufficio statistico dell’ Unione Europea, a 52 secondo i greci (e a 65 è già tempo di pensione…). L’ inchiesta di copertina è divisa in due. Maurizio Ferrera, editorialista del Corriere esperto di temi dello stato sociale, parte da una domanda capace di fotografare epoche, società e generazioni. Edoardo Boncinelli, genetista classe 1941, racconta cosa vuol dire per lui invecchiare, a partire dal giorno in cui, a 45 anni, si ritrovò a indossare il primo paio d’ occhiali per la presbiopia («La vecchiaia? Una sorpresa dopo l’ altra»). Una penna speciale risponde alle domande di Stefania Chiale nell’ Intervista Disegnata, David Silverman, che dal 1987 anima i mitici Simpson. Tra i soggetti dei suoi schizzi per 7 una ciliegia (per colazione), una tuba (lo strumento musicale) e naturalmente lui, l’ unico e inimitabile Homer Simpson. Ancora, sul numero di 7 in edicola domani, Paolo Di Stefano e Francesco Battistini si confrontano in un derby tra ebook e libro di carta. Poi due reportage: la giovane scrittrice Claudia Durastanti racconta Lisbona, nuova mecca dei creativi europei; Alessandra Testoni, veterana della cooperazione, narra un’ Etiopia fantascientifica, il triangolo di Afar, «l’ angolo di mondo che è quanto più simile a Marte esista sulla Terra».

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Marie Claire, Bussi alla direzione. Alla fine di quest’ anno in cui si celebrano il 30° anniversario della testata e il 10° anniversario della sua direzione, Antonella Antonelli lascerà la guida di Marie Claire Italia. Prenderà il suo posto (come anticipato da ItaliaOggi del 20/6/2017) Antonella Bussi, già condirettore di Marie Claire ed ex vicedirettore di Vanity Fair. Bussi arriverà in Hearst a settembre, inizialmente per occuparsi di un nuovo progetto aziendale e poi firmare il primo numero di Marie Claire a gennaio 2018. Internet, raccolta a +7,5%. A maggio, secondo l’ Osservatorio Fcp-Assointernet, gli investimenti online sono cresciuti del 7,5% per un totale di 182,3 milioni, a fronte del web che contrae dell’ 1,1%, il mobile che cresce dell’ 84,1%, dei tablet a +116,6% e di smart tv-console su del 30,4%. «L’ incremento di maggio è il più elevato da gennaio 2015», ha dichiarato il presidente Fcp-Assointernet Giorgio Galantis. «Il risultato recupera la flessione del primo quadrimestre spostando in terreno positivo il dato progressivo gennaio-maggio, al +0,6%». Italiaonline lancia Iol Advertising. Italiaonline si fa la concessionaria di pubblicità online nazionale: Iol Advertising. Tra i suoi clienti ci sono Lettera 43, 3BMeteo e FattoreMamma. Iol Advertising poggia sull’ audience delle property di Italiaonline, dai portali alla mail passando per i siti verticali. Tre le parole d’ ordine della nuova concessionaria: audience, brand safety, innovazione tecnologica. SportItalia si allea con Sportradar. SportItalia, canale tv in chiaro sul dtt (canale 60) e sul satellite (canale Sky 225), ha chiuso un accordo pluriennale con Sportradar. SportItalia fornirà i contenuti mentre la società svizzera metterà a disposizione la piattaforma e la tecnologia per lo streaming e l’ on demand. Audible distribuisce Gems. La società di Amazon, specializzata nella produzione e distribuzione di audiobook digitali, ha firmato un accordo di distribuzione con il gruppo editoriale Mauri Spagnol. Radio Italia con Elite Model Look Italia. Radio Italia è la radio ufficiale dell’ edizione 2017 di Elite Model Look Italia, il model scouting contest promosso dall’ agenzia Elite.

Leggo.it rinnova l’ homepage versione pc

Italia Oggi

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Debutta oggi la nuova homepage di www.leggo.it. Il sito internet della testata gratuita edita da Caltagirone Editore rimodella la sua prima pagina per pc in modo da poter variare formati e posizioni dei contenuti. Intorno al singolo articolo della testata diretta da Alvaro Moretti, poi, ci sarà un’ offerta completa d’ informazioni, dall’ articolo vero e proprio fino a interazioni social e multimediali. Il focus? Rimane lo showbiz, hanno fatto sapere dal gruppo editoriale romano.

Alevi entra in Lucisano col 5,76%

Italia Oggi

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Paola Ferrari De Benedetti entra con il 5,76% in Lucisano Media group, società quotata sul mercato Aim di Borsa Italiana e specializzata in produzione, distribuzione nel settore audiovisivo e gestione multiplex. L’ acquisto portato avanti attraverso la società Alevi ha un valore complessivo di 3 milioni di euro. Hanno ceduto quote i soci Fulvio Lucisano (per lo 0,96%), Federica e Paola Lucisano (ognuna per il 2,40%). L’ accordo sarà operativo da settembre e si concretizzerà in un patto parasociale di durata triennale e rinnovabile. In parallelo Paola Ferrari De Benedetti (che è impegnata anche in Visibilia Editore di Daniela Santanché) entra nel cda di Lucisano Media group come responsabile dell’ area docufilm documentari e new media.

Bbc si apre sui contenuti

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Bbc manderà in onda un palinsesto con molti più programmi di generi differenti, pur di arginare la fuga degli spettatori (soprattutto più giovani) verso internet e pur di combattere la concorrenza di nuovi operatori alla Netflix e Amazon. Quindi, secondo il nuovo piano di sviluppo firmato dal d.g. Tony Hall e dal presidente David Clementi, si partirà per esempio investendo 14,4 milioni di sterline in più (16,4 milioni di euro) nei programmi per bambini e ragazzi. A disposizione c’ è un budget complessivo di 124,4 milioni entro il 2019-2020 (141,7 milioni di euro), di cui 31,4 milioni riservati all’ online (35,8 milioni di euro). Ma le risorse aggiuntive non serviranno solamente per produrre nuovi format tv, oltre a quelli esistenti che proseguiranno, ma dovranno anche e soprattutto arricchire il ventaglio dei contenuti delle singole trasmissioni. Tra l’ altro, si vogliono lanciare sul mercato clip, blog e videoblog, podcast e applicazioni. Non solo, aumenteranno le news legate all’ attualità, il mix di musica trasmesso da Radio 1, i contenuti locali da Scozia, Galles e Nord Irlanda e le trasmissioni in streaming sulla piattaforma iPlayer e ancora i servizi di Reality Check contro le fake news. «La sfida è reinventarsi per andare incontro alle nuove generazioni», ha dichiarato Hall. «Esploriamo le ultime tecnologie» come la realtà virtuale, l’ attivazione vocale e ancora l’ intelligenza artificiale. In questo modo, sempre secondo il direttore generale, «vogliamo mantenere la nostra reputazione nella tv lineare e, al contempo, pianifichiamo uno degli investimenti più importanti per i giovani. Quello che vogliamo raccontare è la Gran Bretagna che cambia, le differenti realtà dentro la stessa nazione». Come la Gran Bretagna, di recente, che ha votato «leave» dalla Ue e ha spinto l’ emittente pubblica di Sua Maestà a rilanciare il servizio Internazionale. Certo non è tutto rose e fiori nella sede londinese della tv, che in passato è stata accusata di interessarsi maggiormente dei suoi ascolti e meno di assolvere ai compiti del servizio pubblico (pur essendo in Italia spesso usata come modello di riferimento per la Rai). Infatti a rovinare le aspettative ci sono i conti che non hanno permesso grandi manovre in questi anni. Nel 2016, per esempio è stato presentato un piano di contenimento dei costi per 550 milioni di sterline (626,2 milioni di euro). E in questo piano è rientrata con 80 milioni di sterline attesi di efficienze (oltre 90 milioni di euro) Bbc News, che proprio oggi si è tornati a sostenere. Il giusto compromesso? «Non rinunciare alla qualità dei contenuti e alla dimensione del racconto», ha concluso Hall, «armi contro le quali neanche Amazon e Netflix possono resistere».

Nasce ‘Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica’, il settimanale di enigmistica di Tv Sorrisi e Canzoni, diretto da Aldo Vitali

Prima Comunicazione

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Nasce ‘Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica’, settimanale di enigmistica di Tv Sorrisi e Canzoni, in edicola dal 4 luglio con una tiratura complessiva di un milione di copie. “Da tempo tanti lettori ci chiedevano un giornale dedicato ai cruciverba e ai giochi enigmistici. Abbiamo perciò pensato a un nuovo settimanale che anche tra parole crociate, rebus e quiz mantenesse un legame con Sorrisi e il mondo dello spettacolo, che è protagonista di alcuni nuovi giochi”, spiega il direttore Aldo Vitali. Con una foliazione di 48 pagine a colori, in un formato di 19×23,5 centimetri, il magazine presenta ogni settimana 100 giochi, dai classici dell’ enigmistica come cruciverba di cultura generale, rebus, sudoku, incroci di parole, enigmi, passatempi e vignette umoristiche, fino ai giochi dedicati a tv, musica e cinema. Per il lancio, spiega una nota stampa, è stata realizzata una campagna di comunicazione pianificata su tv, quotidiani, settimanali, radio, web, locandine sul punto vendita e visibilità nelle principali catene della grande distribuzione. La creatività, con il claim ‘Il Big Bang dell’ Enigmistica, la nuova origine del divertimento intelligente’, è stata ideata dall’ agenzia White Label. La realizzazione editoriale di Tv Sorrisi e Canzoni Enigmistica è curata da PRS Editore.

Mainetti e la Sorgente dei guai di Enasarco nel mirino della vigilanza

Il Fatto Quotidiano
Giorgio Meletti
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Un mese fa, inopinatamente, Il Foglio si è lanciato nell’ elogio di un’ esponente M5S . Roberta Lombardi, si è letto su colonne consacrate di regola al dileggio dei vari Raggi, Dibba e Di Maio, “tra i grillini della Capitale, che vanno in brodo di giuggiole quando la vedono, si muove come una regina: sorridente e affabile con tutti”. “Il lato scaltro del M5S ” (“dove gli altri grillini balbettano o sono aggressivi, lei è avvolgente”), “la più amata” a Roma, è stata designata dal Foglio come prossima presidente della Regione Lazio: “Se il bis del governatore del Pd Nicola Zingaretti fino a qualche tempo fa era quasi scontato, adesso forse lo è un po’ meno”. Forse non è un caso che pochi giorni prima dell’ elegiaco ritratto, Lombardi abbia firmato un’ interrogazione preoccupata per gli interessi del proprietario del Foglio Valter Mainetti, da tre anni coinvolto in una durissima controversia con l’ Enasarco, ente previdenziale che deve dare la pensione a 250 mila agenti di commercio. Il gruppo Sorgente, di cui Mainetti è proprietario, gestisce un quinto del vasto patrimonio immobiliare Enasarco. L’ ente possiede il 97,6 per cento del fondo immobiliare Megas, iscritto a bilancio per 340 milioni (ma Mainetti ha sostenuto in Parlamento che ne vale 600), e il 50,5 per cento del fondo Michelangelo 2, a bilancio per 90 milioni, anche se Sorgente Sgr (società di gestione del risparmio) dice che il fondo vale in tutto 400 milioni. Gli altri quotisti sono l’ Enpam (ente dei medici), l’ Inpgi (ente dei giornalisti) e la Banca popolare di Bari. Secondo Lombardi le gestioni di Mainetti hanno fruttato a Enasarco “un rendiconto annuale positivo pari al 2,93 per cento”. Covip, l’ ente che vigila sui fondi pensione, è invece preoccupata per il patrimonio di Enasarco: sostiene che Michelangelo 2 ha sommato quel rendimento in tutti i suoi anni di vita, mentre altre Sgr, come Idea Fimit e Prelios, facevano guadagnare ai loro clienti dieci o venti volte tanto. Per questo il braccio di ferro tra Enasarco e Mainetti sta degenerando. L’ ente, accusando Sorgente di gravi irregolarità, ha minacciato nel 2015 di revocare il mandato di gestione. Mainetti a quel punto ha trattato, firmando il 10 marzo 2016 gravosi impegni, tra cui la promessa di rilevare immobili dai due fondi a valore di libro (190 milioni), operazione che avrebbe consentito a Enasarco di ridurre la sua esposizione sul difficile mercato immobiliare, come raccomandato dalla vigilanza. Nella primavera 2016 Gianroberto Costa è diventato presidente di Enasarco al posto di Brunetto Boco, accusato da Mainetti (e dalla Lombardi) di “ripetuti comportamenti coercitivi e vessatori, lesivi della reputazione di Sorgente”. Costa, vicino a Comunione e liberazione, recentemente soccorsa da Mainetti rilevando il mensile Tempi, riceve una lettera in cui Mainetti lo invita a “uscire dalla gabbia di spunta pedissequa degli adempimenti declinati dall’ Accordo quadro”, un modo forbito per dire di azzerare gli accordi. Il presidente di Enasarco lo asseconda e scoppia il caos. Mainetti ha fatto causa a Boco e all’ ex direttore finanziario di Enasarco Roberto Lamonica, licenziato in tronco da Costa. Boco ha denunciato Costa alla Corte dei Conti, sostenendo che, non pretendendo da Mainetti l’ adempimento del contratto del 10 marzo 2016, avrebbe causato un danno da 200 milioni alla cassa previdenziale. La Corte dei Conti, che vigila sul denaro pubblico, ha aperto un fascicolo e il 9 giugno scorso gli avvocati di Mainetti hanno denunciato l’ Enasarco, quindi Costa, chiedendo danni milionari con questa tesi: intimorendolo con la minaccia di revocargli il mandato gli avrebbero estorto la firma di un contratto suicida. Ma nel frattempo Bankitalia, che vigila sulla gestione delle Sgr, aveva ispirato alla Covip una considerazione lapalissiana: se l’ accordo del 10 marzo era così pieno di trappoloni, come sostiene oggi Mainetti, Sorgente “avrebbe avuto il dovere, come gestore professionale soggetto a sua volta all’ obbligo di sana e prudente gestione, di rappresentarli come elementi impeditivi prima della definizione contrattuale, piuttosto che lamentarne l’ onerosità quattro mesi dopo”. Intanto la Consob, che vigila su correttezza e trasparenza delle Sgr, ha fatto un’ ispezione a Sorgente sgr e ha mandato una segnalazione alla Procura. Non solo. Il 6 febbraio scorso il presidente della Consob Giuseppe Vegas ha allertato la Covip, chiedendole una valutazione del caso. Il 31 marzo la Covip ha mandato una relazione al ministero del Lavoro che si è ricordato di girarla all’ Enasarco solo il 10 maggio. La relazione Covip è severa con Mainetti e con Costa, accusato tra le righe di voler favorire Sorgente a danno dell’ ente previdenziale che amministra. Intanto Inpgi e Enpam, per il fondo Michelangelo 2, hanno mandato alla Banca d’ Italia due distinti esposti contro Mainetti, accusandolo di gravi irregolarità e sollecitando provvedimenti. In un sistema in cui i soldi delle pensioni sono vigilati in concorso da Consob, Bankitalia, Covip, Corte dei Conti, ministeri dell’ Economia e del Lavoro, il rischio è di trovarci tra qualche anno a contare i danni senza trovare risposta alla domanda: dov’ era la Vigilanza? Sul punto Mainetti è sicuro di sé. Tre mesi fa ha detto in Parlamento: “Noi ci siamo sempre comportati con grande correttezza perché la nostra Sgr è governata, oltre che da noi, anche da ex esponenti di Banca d’ Italia”. Quindi siamo a posto. Gli ex esponenti si chiamano Rodolfo Cutino e Claudio Patalano. “Insieme abbiamo impostato il business plan e chiesto le autorizzazioni a Banca d’ Italia”, raccontava orgoglioso Mainetti all’ esordio della sua Sgr. Le porte girevoli non si fermano mai.


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