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Rassegna Stampa del 02/01/2019

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È anche il crepuscolo delle emittenti locali

Tv, Sony vende i canali in chiaro Mediaset esamina il dossier

Tv, via al ballo delle frequenze

Ubitennis: la pubblicità non paga, così si pensa al paywall

chessidice in viale dell’ editoria

È anche il crepuscolo delle emittenti locali

Il Manifesto

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Come è ribadita l’ incredibile sforbiciata dei tax credit per le librerie e gli esercizi cinematografici previsti dall’ omologa legge dello scorso anno. Una trovata «geniale», vista la perdurante crisi della lettura e delle sale. Scuola, università e ricerca maltrattate costituiscono il filo nero, del resto, di un vero e proprio attacco ai saperi. Ritenuti forse, insieme ai media liberi, troppo ingombranti. Un sintomo ulteriore, anche per la sua gratuità, è il taglio riservato al Museo nazionale delle arti del XXI secolo (Maxxi) di Roma. Ma, non ci si crede, si fanno a fettine pure le emittenti locali. Stupisce che la Lega, da sempre prodiga di attenzioni a quel mondo, abbia accettato le risultanze davvero mediocri del «tavolo 4.0» istituito presso il ministero dello sviluppo economico. E pure proprio il ministro-vicepremier Di Maio inaugurando il tavolo fornì rassicurazioni in materia. Facciamo un passo indietro. La liberazione della banda 700 entro il 2022, per stornare risorse tecniche verso la tecnologia 5G e per il passaggio al digitale di seconda gene razione (Dvbt-2) priva la televisione di una porzione di spettro storica. Le reti nazionali dove malgrado tutto brilla sempre il duopolio Rai -Media set – non si possono toccare. In Italia chi mette le dita nella vecchia intelaiatura di potere prende la scossa. E il governo, dopo le dichiarazioni roboanti di inizio mandato, non smentisce le abitudini consolidate. D’ altronde, il servizio pubblico è sotto assedio e Mediaset è un caso a parte, probabilmente un accordo «sottotesto» del centro -destra da cui la Lega non si è mai distaccata definitivamente. Insomma, da dieci «blocchi di frequenze» nazionali scritti nel piano delle frequenze, si è passati a dodici, lasciando le briciole alle stazioni locali. Non solo. È stato dimezzato lo stanziamento destinato ai contributi previsti dal Dpr n.146 del 2017: da 117 milioni di euro a 50 (sarebbero 62,5; ma 12,5 rivolti alla cosiddetta pubblicità incrementale vale dire gli sgravi fiscali per gli inserzionisti). La quota dedicata alle radio e televisioni nel fondo per il pluralismo è cassata a partire dal 2020. In sostanza, si passa da trecento televisioni a una cinquantina, con un piccolo risarcimento per l’ uscita di scena. Finisce tristemente un capitolo glorioso, per di più scritto da soggetti titolari di concessioni d’ uso ventennali. Si rischia una feroce e inesorabile disoccupazione, essendo 4000 gli addetti del settore, dei quali almeno 2000 giornalisti. Quantità – quest’ ultima superiore ai numeri della Rai e nettamente a quelli di Mediaset. Un pasticciaccio brutto, reso persino brutale se confrontato con la generosità mostrata verso la Rai, che ha a disposizione 100 milioni in due anni per la digitalizzazione, ulteriormente supportata dagli incentivi per l’ acquisto dei nuovi decoder. Quanti misfatti perpetrati in nome del «digitale», declinato solo in Italia come aggettivo della televisione generalista, mentre nella sanità o nella pubblica amministrazione langue. Maglie larghe usate senza giri di parole, poi, verso il Biscione, visto che nel silenzio il gruppo di Berlusconi sta diventando dominante anche nelle «torri» di trasmissione del segnale. E poi la questione di Telecom, che si intreccia al resto per gli interessi mai smentiti della stessa Mediaset alla ricerca di uno sbocco strategico. Il governo tace? Ilmaxiemendamento chiamato Legge di bilancio ha, poi, un’ altra chicca. Si prorogano i termini per la presentazione da parte del ministero della attività culturali del regolamento sugli obblighi di produzione e investimento di film e audiovisivi italiani ed europei. Altra pacca sulle spalle. Anzi. Fa specie che nulla si sia scritto sugli affollamenti di spot, dilatati dalla recente direttiva “Media service” dell’ Unione europea che pure poteva essere recepita in modo più rigoroso. E questa era l’ occasione. Qualcuno spiegherà? O è la «normalità televisiva»?

Tv, Sony vende i canali in chiaro Mediaset esamina il dossier

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Per la tv in chiaro in Italia va preparandosi un nuovo risiko. E questa volta a fare da motore sarebbe Sony. A quanto risulta a Il Sole 24 Ore la multinazionale giapponese sta valutando di vendere i due canali della tv in chiaro, vale a dire il 45 e il 55. Due spazi che entrerebbero in circolo, dunque, in un mercato italiano della tv free che è fra i più competitivi del mondo e in cui a darsi battaglia ci sono, oltre a Rai, Mediaset, La7, anche Sky, Discovery e Viacom fra gli altri. Al momento c’ è un dossier arrivato da Londra – a gestire la questione è l’ headquarter europeo di Sony Pictures Entertainment – sui tavoli di vari operatori. Secondo indiscrezioni di mercato i più attenti sulla questione sarebbero Mediaset, Discovery e Viacom con quest’ ultima media company indicata come la maggiormente papabile in caso di vendita dei due canali. Il che vorrebbe dire cessione delle due posizioni – acquisite dalla Tbs di Costantino Federico, l’ editore di ReteCapri, a marzo 2017 – ma anche in qualche modo della parte programmi sulla quale Sony ha investito creando i suoi due canali: Cine Sony (al 55 del digitale terrestre) e il canale per bambini Pop (al 45). Per entrambi la raccolta pubblicitaria è affidata a Viacom Pubblicità & Brand Solutions. Anche per questo il mercato considera che l’ interlocutore principale in caso di vendita dovrebbe essere quella Viacom che in Italia nel free to air è già presente con Paramount Channel, Spike e VH1, ma anche con Super! (canale 47, per bambini e ragazzi, in joint venture con De Agostini). Va detto in particolare che Viacom è forte nell’ area “kids” con i suoi canali a brand Nickelodeon in esclusiva su Sky. Discovery – che nel free to air ha 8 canali fra cui Nove, Real Time, K2 e Frisbee – e Mediaset avrebbero comunque attenzionato il dossier per il quale la parola definitiva potrebbe arrivare fra gennaio e febbraio. Lo scenario che agli addetti ai lavori appare più probabile è quello della vendita, anche se non sono da escludere soluzioni come partnership e joint venture. In teoria non è esclusa neanche la prosecuzione dell’ attività anche se evidentemente in Sony sotto la lente è finito l’ andamento di questi due canali la cui share complessiva è dello 0,49% in questa prima parte di stagione. Per Cine Sony si parla di un dato di giorno medio attorno allo 0,3%: un numero che in assoluto non può soddisfare, ma che – va detto – arriva a neanche due anni di attività del canale che si trova al 55, quindi non propriamente in posizione immediatamente raggiungibile e che comunque sta crescendo negli ascolti. Certo, con l’ eventuale vendita dei due canali Sony chiuderebbe nei fatti un’ esperienza da editore tv che va avanti da anni: nel 2005 è apparso Axn, canale dedicato all’ azione, trasmesso sulla piattaforma Sky, poi seguito, sempre sulla pay satellitare, da Axn Sci-Fi. Nel 2017 l’ uscita da Sky, per mancato accordo, è avvenuta in contemporanea con lo sbarco sul digitale terrestre free. Un altro canale – Focus Tv (35) – il Gruppo di Cologno l’ ha avviato a maggio. Visto questo duplice e ravvicinato impegno c’ è maggiore scetticismo su eventuali ulteriori investimenti da parte di Mediaset. Ma per ora l’ interesse a vedere le carte sul tavolo da gioco non è mancato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tv, via al ballo delle frequenze

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Per la rivoluzione nelle frequenze della televisione italiana si riparte dal 31 gennaio. Ora che la legge di Bilancio è stata approvata definitivamente, infatti, il percorso di liberazione degli spazi in banda 700 (che andranno alle tlc entro il 2022 per il 5G) può ricominciare. Non che si sia fermato mai ufficialmente, ma rallentato di molto sì: l’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a giugno aveva pubblicato il nuovo Pnaf, il piano nazionale di assegnazione delle frequenze, come prevedeva la legge di Bilancio dello scorso anno che aveva stabilito la road map verso il 2022 accogliendo le norme europee in materia. Di lì a poco, però, la stessa Agcom aveva mandato una segnalazione al governo, avvertendo che quanto previsto dalla manovra 2018 presentava «elementi di criticità», uno dei quali era la scarsità di spazi per le tv nazionali una volta fatto il passaggio e quindi la necessità di rimodulare la destinazione delle frequenze, che per legge fino a quel momento erano riservate per un terzo alle emittenti locali. Il ragionamento dell’ Agcom era stato che dimezzando i multiplex disponibili per gli operatori nazionali, da 20 a 10, non era possibile garantire la trasmissione dello stesso numero di canali attuali, o meglio non era possibile continuare ad avere la stessa capacità trasmissiva pur passando al digitale terrestre di nuova generazione. Di qui l’ invito a rivedere la riserva di un terzo delle frequenze alle tv locali. Così è stato, ma la manovra non si è limitata a eliminare questo vincolo e il quadro che è stato dipinto di qui al 2022 è in molte parti diverso rispetto a quello prospettato dal governo Gentiloni, in parte anche in seguito al lavoro con gli operatori del Tavolo Tv 4.0 presieduto dal ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio. Entro il 31 gennaio, quindi, l’ Agcom dovrà aggiornare il Pnaf 2018 (che si chiamerà soltanto Pnaf) tenendo presenti i cambiamenti portati dalla nuova manovra: alla Rai non dovrà più essere assegnato un multiplex in banda Vhf sul quale trasmettere Rai 3, ma semplicemente un mux in Uhf come gli altri operatori che ha la garanzia di essere ricevuto anche nelle zone dove i cittadini non hanno più le antenne adatte al Vhf. Quest’ ultima banda, per contro, sarà riservato alla radio digitale (Dab) e solo se necessario a coprire esigenze della televisione. Il servizio pubblico non avrà inoltre l’ obbligo di ospitare sul proprio mux una quota di emittenti locali come prevedeva la manovra 2018. Gli operatori locali, invece, oltre a questi spazi, perderanno altri due mux rispetto ai quattro precedenti. Il testo della legge di Bilancio prevede che l’ Agcom nel piano stabilisca che alle locali siano riservate in ciascuna area «più frequenze» di cui almeno una con copertura al 90% della popolazione dell’ area, Poi ci sono gli spazi da destinare agli operatori nazionali: ciascuno riceverà di fatto la metà dei multiplex che attualmente possiede (Rai, Mediaset e Persidera ne hanno cinque ciascuno e quindi ne vedranno assegnati 2,5, mentre ne hanno uno a testa Cairo, H3G, Prima Tv, Europa Way, Retecapri e ne otterranno mezzo ciascuno). Messe insieme tutte queste cose nel Pnaf, l’«ulteriore eventuale capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale», sarà messa a gara fra gli operatori nazionali entro prossimo 30 novembre. Di fatto si sa che saranno due i multiplex da mettere a gara senza rilanci, quelli ricavati dalle locali. E saranno spezzettati in lotti da mezzo multiplex ciascuno che dovrebbero andare a Rai, Mediaset, Persidera e Cairo. La gara, infatti, terrà conto dell’ offerta economica, ma anche di una serie di altri elementi che vanno dalla qualità della rete a quella dei contenuti garantendo gli operatori che più hanno investito sul digitale terrestre. Tutto questo è solo parte del percorso i cui effetti cominceranno a vedersi nel 2020 con i primi spostamenti nell’ etere e termineranno nel 2022. Un percorso non facile che obbligherà molti cittadini all’ acquisto di un nuovo tv o decoder nel caso quello che abbiano non sia adeguato al Dvb-t2. Per questo la manovra ha aumentato i contributi destinati ai cittadini, da 100 a 151 milioni da distribuire nel 2020. © Riproduzione riservata.

Ubitennis: la pubblicità non paga, così si pensa al paywall

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Ubaldo Scanagatta, 70 anni il prossimo agosto, è un giornalista con una carriera invidiabile. Dopo un discreto trascorso come tennista, inizia infatti a scrivere di tennis sul quotidiano La Nazione nel 1972, in un periodo nel quale lo sport della racchetta è piuttosto seguito anche in Italia, per una età dell’ oro che culminerà nel 1976 con il trionfo di Adriano Panatta a Roma e Parigi, e con la vittoria della Coppa Davis. A partire dagli anni 80, tuttavia, l’ Italia resta priva di veri campioni, ma Scanagatta è bravissimo a convincere il suo editore che il tennis è argomento importante e molto seguito. E, fino al 2008, il giornalista copre per La Nazione in prima persona per 35 anni i tornei del Grande Slam, molti altri eventi Atp, sempre in trasferta in giro per il mondo e collaborando pure alle telecronache della magica squadra, prima Tele+ e poi Sky, formata da Rino Tommasi, Gianni Clerici e Roberto Lombardi. Quando il tennis, tuttavia, viene riconosciuto come sport minore in Italia e lo spazio sui giornali si riduce parecchio, Scanagatta non si scompone. E, nel 2008, fonda il suo sito Ubitennis, quotidiano online dedicato al mondo di racchette e palline, con un approccio a tutto tondo dal punto di vista sportivo, manageriale e di business. Ubitennis è edito da Ubisporting srl, con sede a Firenze e controllata al 90% dallo stesso Scanagatta e al 10% da Tiziana Tordini. Lo scorso 10 maggio Ubitennis ha compiuto 10 anni. Ma l’ anniversario non è stato festeggiato al meglio, visti i deludenti risultati dal punto di vista dei ricavi. Nonostante Ubitennis abbia numeri di audience in crescita (30 milioni di visualizzazioni di pagina al mese, +30% sul 2017), i conti traballano parecchio: nel 2017 il bilancio si è chiuso con ricavi complessivi per 117 mila euro, in calo del 25% rispetto ai 156 mila euro del 2016. E con una perdita di 20 mila euro, rispetto ai 24 mila euro di utili del 2016. Come spiegano gli stessi amministratori della società, ovvero Scanagatta, nella assemblea dei soci dello scorso 16 luglio, «è un difficile momento del settore pubblicitario e promozionale sportivo al quale i prodotti editoriali si indirizzano». Perciò, che fare? Lo ha spiegato lo stesso Scanagatta pochi giorni fa: in sostanza, dice il direttore e fondatore, il tennis in Italia resta uno sport minore, i ricavi languono, ma gli sforzi per dare una informazione corretta e completa sul mondo del tennis sono piuttosto costosi. Nel 2018, per esempio, sono stati messi online, in media, 12,5 articoli al giorno in italiano. Per un totale di 4.422 pezzi, cui sommare i 3.139 in inglese e gli oltre 3 mila in spagnolo (e in effetti già nel 2017 i costi per servizi erano raddoppiati, passando da 65 mila a 135 mila euro, con un impatto negativo sul bilancio, in sofferenza per il calo dei ricavi). «Ubitennis segue con i suoi inviati più di 30 tornei all’ anno, a volte con 3-4 accreditati, per un totale di 80 collaboratori presenti agli eventi. I costi per le trasferte e per la gestione di un gruppo di cronisti così vasto sono crescenti. Ma», dice Scanagatta, «oggi il 70% del traffico arriva da mobile, e solo il 30% da desktop. Sul cellulare, tuttavia, la pubblicità sembra più invasiva, e i lettori la aprono meno». Insomma, diventa difficile vivere di solo advertising nonostante la gran parte degli articoli sia scritta per passione e con retribuzione piccolissima. Quindi Ubitennis, seguendo l’ esempio dell’ 80% dei giornali americani, «sta pensando di optare per un modello paywall nel 2019», introducendo, cioè, un piccolo pagamento al raggiungimento di una certa soglia di articoli letti al mese. «Si parte da una base di 10 mila lettori di Ubitennis che già ora aprono il sito almeno 15 volte al mese. Potrebbero pagare un euro al mese». Intanto Scanagatta si trova anche a dover riformulare l’ organigramma del sito, poiché «il mio vice-primario Carlo Carnevale non ci sarà più nel 2019». Lo chiama proprio vice-primario. E in effetti, visti i tempi che corrono nell’ editoria italiana, forse è più utile un vice-primario di un vice-direttore per rianimare il settore. © Riproduzione riservata.

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Rai, 6,7 milioni e 40% di share per il discorso del presidente Mattarella. Il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, trasmesso lunedì 31 dicembre a reti unificate su Rai1, Rai2, Rai3 e Rainews24 dalle 20.30 alle 20.44 è stato seguito complessivamente da 6 milioni 790 mila spettatori, con uno share del 40%, in crescita rispetto all’ anno scorso. Sulla rete ammiraglia il discorso di fine anno del Presidente è stato visto da 5 milioni 133 mila spettatori con uno share del 30,3%, su Rai2 da 777 mila spettatori (share 4,6%), su Rai3 da 821 mila spettatori (share 4,8%), RaiNews24 ha registrato lo 0,34% di share con 59 mila persone collegate. La prima serata di Rai1 con L’ Anno che verrà, l’ evento dedicato al Capodanno condotto da Amadeus in diretta (anche radiofonica su Radio1) da Matera, è stato scelto da 5 milioni 552 mila telespettatori, con uno share del 35,1%. Allo scoccare della mezzanotte Rai1 ha raggiunto il 54,4% e 8 milioni 599 mila telespettatori. Bocca lascia la vicedirezione di SkyTg24. Il giornalista Riccardo Bocca, dopo poco più di un anno lascia la vicedirezione di SkyTg24 alla quale lo aveva chiamato Andrea Scrosati, ora uscito da Sky. Da ieri inoltre Giuseppe De Bellis si è insediato alla direzione di SkyTg24 al posto di Sarah Varetto. De Bellis riporterà al vicepresidente di Sky Italia, Riccardo Pugnalin. Ordine dei giornalisti della Lombardia: ridotte del 30% le spese. «Abbiamo rivisto tutti i contratti di fornitura di beni e servizi di vario genere, riducendo di oltre il 30% tutte le spese. La spending review, che ci ha occupato a tempo pieno nei primi mesi della Consiliatura, era urgente e indifferibile per evitare il default dell’ Ogl, che aveva chiuso tutti gli ultimi 10 esercizi annuali in forte perdita finanziaria». Lo ha detto il presidente dell’ Ordine dei giornalisti della Lombardia Alessandro Galimberti, nella comunicazione di fine anno agli iscritti. Fra le altre cose si ricorda che durante l’ anno passato l’ ordine ha ribassato del 37% l’ affitto della sede, canone mai rinegoziato dal 2005 fino al 2017. Timvision, da oggi il film Tito e gli alieni. Presentato in anteprima nazionale al 35 TFF, premiato per la miglior regia al BIF&ST, per il miglior attore protagonista al Premio Ferzetti e più recentemente al Festival dei Due Mondi di Spoleto con il premio «Carlo Tagliabue» al miglior film, Tito e gli alieni arriva finalmente sulla piattaforma Timvision in prima visione in esclusiva. Il film è la seconda opera di Paola Randi, regista milanese che si è formata tra Italia e Berlino, ed è tra le produzioni di Timvision Production, qui insieme a Bibi Film e a Rai Cinema, per la distribuzione di Lucky Red. Il Professore (Valerio Mastandrea) da quando ha perso la moglie vive isolato dal mondo nel deserto del Nevada accanto all’ Area 51. Dovrebbe lavorare ad un progetto segreto per il governo degli Stati Uniti, ma in realtà passa le sue giornate su un divano ad ascoltare il suono dello spazio. Il suo solo contatto con il mondo è Stella, una ragazza che organizza matrimoni per i turisti a caccia di alieni. Un giorno gli arriva un messaggio da Napoli: suo fratello sta morendo e gli affida i suoi figli, andranno a vivere in America con lui. Anita, 16 anni, e Tito, 7, arrivano aspettandosi Las Vegas e invece si ritrovano in mezzo al nulla, nelle mani di uno zio squinternato, in un luogo strano e misterioso dove si dice che vivano gli alieni. Mediaset sospeso lo spot «Obiettivo risarcimento». In attesa della valutazione dell’ Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, Mediaset ha sospeso temporaneamente uno spot controverso, «Obiettivo Risarcimento» relativo a temi di tutela sanitaria.

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