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Rassegna Stampa del 22/12/2018

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Sciopero all’ Ansa: “Equilibrio raggiunto, ora le assunzioni”

Non si può mettere un giornale sotto sequestro

Web tax, l’ incognita sugli editori

Chessidice in viale dell’ Editoria

Web tax in bilico Rischia di penalizzare più le aziende italiane che i giganti tech

Classifica dell’ informazione online in ottobre secondo Audiweb Exploit di Leggo e dei giornali nativi digitali TABELLA

Nessun quotidiano il 25 dicembre, i giornali tornano in edicola il 27. Il calendario Fieg di uscita nelle feste

Fnsi: la crisi dell’ editoria si inquadra in un clima di forte ostilità verso chi fa informazione

Sciopero all’ Ansa: “Equilibrio raggiunto, ora le assunzioni”

Il Fatto Quotidiano

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Ventiquattro ore di sciopero. L’ Ansa , fino alle sette di questa mattina, ha protestato contro le scelte aziendali. E in sciopero, ma da due giorni, sono anche i colleghi di Askanews. “Il Cdr dell’ Ansa – è la nota dei giornalisti dell’ agenzia di stampa – prende atto della volontà dei vertici aziendali di non procedere con un reintegro dell’ organico redazionale al termine del piano di crisi che ha consentito il raggiungimento dell’ equilibrio di bilancio. Il Cdr, consapevole della gravità del quadro generale del mondo dell’ editoria, ritiene comunque imprescindibile che il tema dell’ organico venga urgentemente affrontato. Il Cdr, dopo anni di sacrifici che hanno decimato il corpo redazionale, rigetta inoltre la logica dei soci editori, improntata al mero contenimento dei propri costi”. E hanno proclamato uno sciopero anche i giornalisti dell’ agenzia Askanews “per protestare – si legge in una nota – contro l’ ipotesi di ricorso al concordato preventivo. () L’ assemblea di Askanews condanna e respinge questa ipotesi, () e rimanda al mittente le minacce di ulteriori 27 esuberi”. I giornalisti chiedono un incontro con il premier Giuseppe Conte e con i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Non si può mettere un giornale sotto sequestro

Il Fatto Quotidiano
Giovanni Valentini
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“La libertà di parola e di stampa non sono semplici beni di lusso o un capriccio delle classi benestanti; esse aumentano la possibilità che i governi servano davvero gli interessi della comunità” (da “Republic.com” di Cass Sunstein – Il Mulino, 2003 – pag. 108) Con la competenza e l’ esperienza dell’ ex magistrato, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è intervenuto ufficialmente nell’ inedita vicenda giudiziaria che ha portato al sequestro-confisca delle azioni di Mario Ciancio Sanfilippo, editore della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari e de La Sicilia di Catania, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. In seguito al “grido d’ allarme” rivolto al presidente della Repubblica dai giornalisti del quotidiano pugliese, che rischiano di trascorrere le festività natalizie senza stipendio e senza tredicesima, Emiliano ha convocato i due commissari giudiziari per cercare di sbloccare la situazione che incombe sulla Gazzetta, una testata con 130 di storia al servizio della sua regione e della Basilicata. “La normativa sulle misure di prevenzione antimafia – ha ricordato il governatore, in attesa dell’ incontro previsto per il 28 dicembre – non deve mai provocare la perdita di valori economici, di posti di lavoro e in questo caso di spazi informativi e democratici sacri per ogni comunità”. È la prima volta in assoluto che un’ azienda editrice di un giornale viene sottoposta a sequestro. Senza entrare qui nel merito del processo, per il quale vale comunque la presunzione di innocenza per l’ imputato e su cui il giudizio definitivo spetta ovviamente alla magistratura, non possiamo sottovalutare la straordinarietà del fatto anche in rapporto alla tutela della libertà d’ informazione sancita dall’ articolo 21 della Carta costituzionale. Un’ azienda editoriale non è un’ azienda qualsiasi; non produce automobili o computer, bensì notizie, opinioni, commenti; e in quanto tale svolge un servizio pubblico a favore della collettività. Per questi motivi, non appartiene soltanto al suo legittimo proprietario, bensì alla comunità dei lettori. La sua stessa articolazione interna, fra editore, direzione e redazione, rappresenta una condizione di autonomia e indipendenza garantita anche sul piano contrattuale. Non si può allora sequestrare e confiscare un giornale, abbandonandolo al suo destino quasi fosse una ditta in liquidazione: per paradosso, è come accusare tutti i suoi giornalisti e i suoi lettori di concorso esterno in associazione mafiosa. C’ è un patrimonio di storia e di tradizione da salvaguardare. Ma c’ è anche un ruolo, una funzione da salvaguardare nell’ interesse generale. Se alla crisi dell’ editoria si aggiunge un intervento della magistratura che oggettivamente l’ aggrava, si rischia di compromettere la sopravvivenza di queste due testate mentre il loro editore è in attesa di giudizio, prima ancora che venga assolto o condannato. Il presidente Mattarella, come ricordano gli stessi giornalisti della Gazzetta nel loro appello, è intervenuto recentemente in difesa della libertà d’ informazione e del suo pluralismo. Quale garante della Costituzione, ha l’ alta responsabilità di difendere un principio fondamentale della democrazia che, nel rispetto della legge, deve prevalere anche sull’ amministrazione della giustizia e sugli interessi economici. Tanto più perché è in gioco la sorte di due quotidiani che operano nel Mezzogiorno, in tre regioni come la Puglia, la Basilicata e la Sicilia, dove la crisi è più grave che nel resto d’ Italia e mette a rischio la convivenza civile.

Web tax, l’ incognita sugli editori

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Mediaset, Mondadori, Rcs, Sky e persino la Rai potrebbero dover pagare dal prossimo anno la web tax che si sta per varare con la legge di Bilancio. Queste aziende editoriali, infatti, superano la soglia dei 750 milioni di euro di fatturato indicata nell’ emendamento presentato dal governo ed è probabile che abbiano anche il secondo requisito, ovvero realizzare introiti da servizi digitali in Italia (in questo caso la pubblicità che deve essere targetizzata) per almeno 5,5 milioni di euro. Se così dovrebbero versare alle casse dello Stato il 3% dei ricavi dai servizi digitali in aggiunta alla normale tassazione e concorrerebbero al gettito atteso di 150 milioni il prossimo anno e 600 milioni all’ anno dal 2020. Già la Fieg ha espresso la propria preoccupazione per bocca del presidente, Andrea Riffeser Monti, che giovedì ha lanciato l’ allarme su «una nuova tassazione per le imprese italiane del settore» mentre al contrario la web tax avrebbe dovuto riequilibrare il mercato facendo pagare le imposte a chi non lo fa nella Penisola, ovvero i grandi di Internet. In questo modo, invece, lo squilibrio rimarrebbe e anzi sarebbe aggravato. I decreti attuativi chiariranno meglio chi sarà soggetto all’ imposta ma per il momento il rischio esiste e i gruppi precedenti potrebbero non essere gli unici a essere colpiti: i 750 milioni di fatturato infatti si calcolano su qualsiasi attività del gruppo (non solo della singola impresa e nemmeno soltanto quella editoriale, anche all’ estero) anche se contemporaneamente le aziende devono ricavare 5,5 milioni dal digitale in Italia (vale la geolocalizzazione), grazie alla pubblicità mirata, alla trasmissione dei dati raccolti dagli utenti che usano la piattaforma oppure alla messa a disposizione di un interfaccia digitale che consenta agli utenti di essere in contatto e interagire fra loro anche al fine della «fornitura diretta di beni o servizi» (un social oppure un servizio di affitto di case, per esempio). Tutti elementi da precisare meglio in seguito, comprese le norme sulla geolocalizzazione, la territorialità e il pagamento dell’ imposta. Una precedente proposta, sul tema, quella di Massimo Mucchetti, per evitare la doppia tassazione prevedeva un credito di imposta dello stesso importo della web tax per chi già pagava le imposte in Italia, in modo da neutralizzarne l’ effetto. Ma quali sarebbero le conseguenze? Ammettendo che un’ azienda fatturi 1 miliardo di euro e il 30% arrivi dai ricavi digitali in Italia negli ambiti precedenti (300 milioni), si troverebbe a pagare 9 milioni di euro (che sia in utile o in perdita). Ipotizzando che Google fatturi 1,5 miliardi in Italia (ma sono soltanto cifre indicative, non c’ è una dichiarazione), si parlerebbe di 45 milioni di euro. Iab, l’ associazione che raggruppa oltre 170 aziende della pubblicità digitale, è convinta che la norma sarà positiva per le aziende italiane e che nell’ attuazione si troverà il modo di imporre una tassazione equa che impatti soltanto sulle situazioni di reale abuso senza che gravi sulle altre aziende. Carlo Noseda, presidente di Iab Italia ha sottolineato come l’ emendamento «sembra utile per tutelare le pmi italiane» e non colpisce «l’ e-commerce, la manifattura, il digitale e lo sviluppo del web», si tratterà di «attendere l’ approvazione, prima, e l’ implementazione, poi, della norma, che ci auguriamo si muova nei limiti già chiariti dall’ emendamento del governo».

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Internet, pubblicità a novembre su dell’ 8,7%. «Il fatturato pubblicitario monitorato dall’ Osservatorio Fcp-Assointernet relativo al mese di novembre registra un sensibile incremento rispetto all’ anno precedente con un +8,7%, risultato rilevante trattandosi del mese col fatturato maggiore dell’ anno con 52,8 milioni di euro», ha dichiarato il presidente Fcp-Assointernet Giorgio Galantis. «Il dato progressivo si porta a circa 424 milioni, con un +5% e 20 milioni in più rispetto al 2017. Anche la componente smartphone nel mese mette a segno il miglior risultato del 2018, portando il fatturato progressivo a circa 107 milioni, con un 32,4% di crescita percentuale». Radio, raccolta di novembre in crescita del 7,2%. Secondo l’ Osservatorio Fcp-Assoradio (Fcp-Federazione concessionarie pubblicità), il fatturato pubblicitario del mezzo registra nel mese di novembre un dato pari a +7,2% rispetto al corrispettivo 2017. Tale dato corrisponde a un fatturato totale di 39,718 milioni di euro. «A ridosso della chiusura d’ anno tutti gli indicatori mostrano un andamento più che positivo del mezzo. A novembre, che nel 2017 è stato il mese più importante per volume di fatturato, registriamo un ulteriore progresso del 7,2% sull’ anno precedente e del 16,7% sul 2016», ha spiegato Fausto Amorese, presidente Fcp-Assoradio. «Rileviamo inoltre una crescita del prezzo medio che in generale si mantiene stabile o in incremento durante tutti i mesi dell’ anno. Il fatturato cumulato gennaio-novembre si porta a +5,3%. Le iniziative di sistema, come la campagna Laradiorende, hanno dato ulteriore impulso a una tendenza positiva che dura ormai da anni. Appuntamento adesso con la quarta edizione di RadioCompass, il 23 gennaio a Milano e il 24 a Roma». Repubblica, redazione vota solidarietà e incentivi all’ esodo. I giornalisti di Repubblica hanno approvato ieri, a maggioranza, l’ ipotesi di accordo sul piano di risparmi con 221 sì, 133 no, 11 schede bianche e 3 schede nulle. L’ intesa interessa 400 giornalisti del sistema Repubblica. L’ intesa della durata di due anni (come anticipato da ItaliaOggi del 18/12/2018) prevede che al momento della firma scatti un piano di incentivi all’ uscita volontaria, con un’ indennità per ognuno di tre annualità e mezzo destinata a ridursi semestralmente a partire da marzo. Per gli over 55 è stata stabilito, in aggiunta, un bonus pari a un anno di contributi al minimo tabellare: 10,8 mila euro. Dal 1° marzo, in conseguenza del numero di uscite, partirà la solidarietà con una riduzione dell’ orario tra il 14 e il 16%, soglia limite anche nel caso di nessuna dimissione. Nel corso dei due anni, la percentuale di solidarietà si potrà annullare se e quando si arriverà alla quota di 74 uscite. Mediaset racconta Genova e il suo acquario. Il docu-film Acquario, emozioni a Genova è una produzione originale Mediaset in onda su Focus (canale 35 del dtt), in scaletta domenica prossima in prima serata. La rete tematica gratuita diretta da Marco Costa, a due giorni dal Natale, riaccende così i riflettori su Genova alla fine di un anno in cui è stata drammaticamente al centro delle cronache. Acquario, emozioni a Genova è raccontato dal divulgatore scientifico Vincenzo Venuto. Il divulgatore scientifico, accompagnando un gruppo di bambini alla scoperta dell’ enorme struttura (27 mila metri quadrati di superficie espositiva, 12 mila varietà animali e 200 vegetali), spiega come l’ acquario, fonte di vita e di meraviglie, sia un esempio di rinascita per la città e per l’ intera regione. Tra le immagini mai viste prima: il pasto degli squali, i giochi dei pinguini, le cure dei veterinari, la manutenzione delle gigantesche vasche, persino la nascita di un delfino. Acquario, emozioni a Genova è un programma Videonevs, a cura di Carlo Gorla ed Emanuela Fiorentino, scritto da Sara Scorpati, produzione esecutiva di Livia Soroldoni e regia di Fabrizio Lopresti. Giglio Group, ceduto a Gm Comunicazione canale 65 per 1,9 mln. Giglio Group ha sottoscritto con Gm Comunicazione, società che fa riferimento agli imprenditori Marco e Giovanni Sciscione, già editori di varie reti televisive italiane nazionali, un accordo per la cessione a Gm della autorizzazione di fornitore di servizi di media audiovisivi, associata alla numerazione 65 del digitale terrestre, quella del canale televisivo nazionale Ibox65. L’ accordo è immediatamente efficace. La valorizzazione complessiva del canale è di 1,9 milioni di euro. A fronte di queste operazioni straordinarie, Giglio Group sta predisponendo un nuovo piano strategico focalizzato sull’ e-commerce, che sarà presentato al mercato nei primi giorni del febbraio 2019.

Web tax in bilico Rischia di penalizzare più le aziende italiane che i giganti tech

La Repubblica

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Apple, Facebook, Google, Amazon saranno colpite dalla web tax. Una misura che il governo gialloverde – dopo un clamoroso ripensamento all’ ora di pranzo di ieri conferma nel pomeriggio. La web tax resta in campo, dunque. La si ritrova nella bozza dell’ emendamento del governo che punta a dare un assetto definitivo alla manovra, e che porta l’ orario delle 16:50 di ieri. La stessa web tax era sparita invece dalla bozza precedente, delle ore 13, quando le ragioni della Confindustria avevano fatto breccia dalle parti di Palazzo Chigi. La Confindustria ha spiegato che la web tax può deprimere e distruggere posti di lavoro nel settore del digitale, che cresce in Italia a un ritmo doppio rispetto al Pil nazionale. Sempre Confindustria ha spiegato che la gabella – se introdotta in Italia e in Francia e non anche in altre nazioni europee – rischia di scoraggiare gli investimenti nel nostro Paese. L’ allarme alla fine non viene raccolto. La web tax, per quanto traballante, rimane e produrrà un prelievo del 3 per cento sui «ricavi tassabili» dell’ impresa digitale, a patto che abbia un fatturato di almeno 750 milioni di euro su scala mondiale e superiori ai 5,5 milioni (in Italia). L’ impresa non pagherà alla fine dell’ anno e in una sola soluzione, ma quattro volte l’ anno, un mese dopo ogni trimestrale. Tra tutti i ciclopi di Internet, saranno certamente investiti dalla web tax Amazon (che dichiara 96 milioni di ricavi italiani nel 2017); Google che è poco sotto (a quota 95 milioni); la stessa Facebook di Mark Zuckerberg (che è a 10 milioni). Alla fine dei giochi, in ogni caso, il governo Conte confida di ottenere 600 milioni nel 2021, altri 600 milioni nel 2020 e solo 150 l’ anno prossimo (quando la web tax entrerà a regime, dopo un lungo iter burocratico). Questa imposta digitale verrà approvata con la legge di Bilancio, entro Capodanno. Ma da quel momento il ministro dell’ Economia avrà quattro mesi di tempo – dunque fino ad aprile – per varare un decreto attuativo (insieme al Garante delle Privacy e all’ Autorità per le Comunicazioni). In questo periodo di tempo, le aziende del digitale – quando non saranno già note al Fisco – dovranno presentarsi all’ Agenzia delle Entrate per ottenere un «numero identificativo». Gli editori dei giornali della Fieg continuano a seguire con apprensioni le sorti di questa misura che è uscita ed entrata dall’ emendamento governativo alla manovra. Giovedì il presidente della Fieg Riffeser Monti ha espresso «sconcerto e stupore per la nuova imposta sui servizi digitali proposta dal governo. Una imposta che colpisce i ricavi anche delle aziende italiane del settore già soggette al prelievo ordinario, con una nuova tassa che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese. La web tax – insiste il presidente degli editori – dovrebbe essere uno strumento per far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia, ma non può costituire un alibi per una generalizzata nuova tassazione sulle imprese italiane». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Classifica dell’ informazione online in ottobre secondo Audiweb Exploit di Leggo e dei giornali nativi digitali TABELLA

Prima Comunicazione

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Poche variazioni nelle prime posizioni della classifica in ottobre, stilata sulla base delle rilevazioni di Audiweb 2.0. I sei posti iniziali sono occupati dagli stessi media di settembre. Nell’ ordine: La Repubblica, il Corriere della Sera, TgCom24, Il Messaggero, Citynews e La Gazzetta dello Sport. La prima novità la troviamo alla settima posizione, conquistata da Fanpage, che supera Il Fatto Quotidiano, ottavo. La Stampa si conferma nona, mentre Sky Sport guadagna due posizioni (grazie all’ accordo con Fantagazzetta.com) e sale al decimo posto. La total digital audience complessiva in ottobre si è mantenuta stabile rispetto al mese precedente. Nel giorno medio si sono collegate a internet almeno una volta 33,4 milioni di persone: 28 milioni da smartphone, 11,9 milioni da computer, 5,4 milioni da tablet (la somma supera 33,4 milioni perché ovviamente molte persone si collegano con diversi device). Sui 60 brand presi in considerazione nella nostra tabella 31 hanno aumentato la propria audience in ottobre e 28 l’ hanno diminuita (uno in precedenza non era rilevato). Buoni i risultati online dei maggiori quotidiani su carta. Il Sole 24 Ore vede crescere del 27% la sua audience organica (quella propria del giornale, senza considerare gli accordi commerciali con altre testate, cioè le cosiddette TAL); il diretto concorrente, Milano Finanza cresce addirittura del 52%; il Messaggero del 21%; Libero del 16%; Il Mattino del 9%; la Repubblica, Il Giornale e il Corriere della Sera dell’ 8%. Da segnalare in particolare l’ escalation di Leggo, il freepress di Caltagirone Editore, dal marzo scorso diretto da Davide Maria Desario. In sette mesi il sito web del giornale ha scalato ben undici posizioni, dalla 22esima all’ undicesima. Una crescita che si è accentuata negli ultimi due mesi: in settembre gli utenti unici sono aumentati del 29% e in ottobre del 26%, raggiungendo quota 814mila. In forte crescita anche i quotidiani nativi digitali. Il Post di Luca Sofri ha visto aumentare i suoi utenti unici organici del 71% rispetto a settembre; Lettera43, diretta da Paolo Madron, del 44%; Affaritaliani di Angelo Maria Perrino del 42%; l’ HuffPost diretto da Lucia Annunziata del 12%. Il record di audience, tra i siti di informazione nativi digitali, spetta comunque a Fanpage, fondato nel 2010 da Gianluca Cozzolino e diretto da Francesco Piccinini, che come abbiamo visto si piazzato al settimo posto, con 1 milione 608mila utenti unici (+9%). Entra in classifica per la prima volta (in precedenza non era rilevato) The Post Internazionale, giornale online di politica estera fondato nel 2010 a Roma da un gruppo di giovani giornalisti guidati da Giulio Gambino, che si colloca in 24esima posizione con 406mila utenti unici nel giorno medio. Un risultato di tutto rispetto, se confrontato con quello degli altri quotidiani nativi digitali. Notevole anche l’ exploit di Notizie.it Network, che entra in classifica alla 47esima posizione con 128mila utenti unici (+92%). È un network di siti che comprende, oltre all’ omonimo giornale online, i magazine Style24.it, OfferteShopping.it, Viaggiamo.it, Tuobenessere.it, MammeMagazine.it e MotoriMagazine.it, editi dalla Entire Digital Publishing, società che aggrega le attività editoriali finanziate dalla Digital Capital Factory di Massimiliano Squillace e Nicola Di Campli. Sono andati bene, in ottobre, i siti di informazione delle tv: RaiNews +15%; SkyTg24 +13%; TgCom24 +6%. In rosso, invece, quelli delle agenzie di stampa: L’ Agi ha visto calare i suoi utenti unici del 2%, Adnkronos del 10% e l’ Ansa addirittura del 29%. Andamento negativo anche per i siti sportivi, con l’ unica eccezione di Eurosport, che cresce addirittura dell’ 84%.

Nessun quotidiano il 25 dicembre, i giornali tornano in edicola il 27. Il calendario Fieg di uscita nelle feste

Prima Comunicazione

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La Federazione italiana editori giornali (Fieg) comunica il seguente calendario di uscita dei giornali quotidiani in occasione delle festività 2018/2019. Martedì 25 dicembre 2018: nessun quotidiano e chiusura delle rivendite. Mercoledì 26 dicembre 2018: nessun quotidiano e chiusura delle rivendite. Martedì 1° gennaio 2019: nessun quotidiano e chiusura delle rivendite. Domenica 6 gennaio 2019: chiusura facoltativa delle rivendite dalle ore 13:00 in poi.

Fnsi: la crisi dell’ editoria si inquadra in un clima di forte ostilità verso chi fa informazione

Prima Comunicazione

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“La crisi del settore si inquadra in un clima di forte ostilità verso chi fa informazione”. Così il segretario nazionale della Fnsi, Raffaele Lorusso intervenendo a Bari alla conferenza stampa sulla situazione dei quotidiani La Gazzetta del Mezzogiorno e La Sicilia. “La cosa gravissima – ha spiegato Lorusso – è che Salvini e Di Maio, i due vicepremier e non due passanti, abbiano esultato per il taglio del fondo dell’ editoria, quindi per la inevitabile chiusura di alcuni giornali e la perdita di molti posti di lavoro evidentemente perché è una sorta di diversivo mediatico che hanno trovato per nascondere il tradimento di una serie di promesse fatte agli elettori”. “Non essendo riusciti ad abolire la povertà – ha aggiunto il segretario Fnsi – hanno cancellato parte dei finanziamenti riservati all’ editoria più debole, che per alcune testate sono vitali, anche perché sono la base del pluralismo e della democrazia. Questo è lo scalpo da offrire agli elettori: lo scalpo di una categoria che fa informazione e che per mestiere aiuta i cittadini a illuminare le realtà in cui vivono. È la chiara ritorsione di chi ha vendette da consumare. Di Maio e i 5 stelle contro i giornalisti e il ruolo dell’ informazione. Salvini contro la Chiesa di Papa Francesco, come dimostra l’ attacco ad Avvenire, per la presa di distanze dalle politiche sull’ immigrazione. A nulla sono purtroppo serviti i richiami del Presidente della Repubblica sulla importanza della libertà di stampa e del pluralismo”, l’ amara conclusione. Il presidente della Fnsi Beppe Giulietti, invece, commentando su Twitter gli scioperi ad Ansa e Askanews, ha lanciato un appello di solidarietà e sostegno alle agenzie: “loro danno voce ogni giorno alle nostre lotte, ora bisogna dare voce alle loro”. Solidarietà ad Ansa e Askanews è stata espressa anche dal Cdr di Adnkronos.

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