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Mediaset cede la parte operativa di Premium a Sky
«I grillini e la stampa? Prima l’ hanno sfruttata e adesso la attaccano»
L’ ultima crociata M5s: una legge per abolire i giornalisti «nemici»
Salvini non va da Berlusconi «Mi fa calare nei sondaggi»
Mossa di Luigi per ricompattare i 5Stelle: perdono ai dissidenti e attacco ai giornali
Il nodo Antitrust sull’ operazione Premium-Sky
Cairo alza il prezzo il Giro costa di più e La7 insidia la Rai
IL PARTITO DEI GIUSTI NON AMA LA STAMPA LIBERA
Ultima firma per il passaggio di Mediaset Premium a Sky
Osservatorio stampa Fcp: dati ottobre 2018
Mediaset cede la parte operativa di Premium a Sky
Il Fatto Quotidiano
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Un altro passo silenzioso verso la fine della televisione a pagamento di Mediaset (Premium) che, dopo aver perso i diritti sul calcio e dopo l’ accordo commerciale con Sky, conclude l’ operazione con il gruppo fondato da Rupert Murdoch e ora di Comcast. Mediaset Premium Spa ha ceduto a Sky Italian Holdings Spa il 100 per cento di R2 srl, società a cui è stato conferito da Premium il ramo d’ azienda Operation Pay (circa 130 dipendenti) relativo ad ambiti quali “manutenzione tecnica, attività commerciali e aree analoghe.” Il via libera definitivo arriverà con il pronunciamento dell’ Agcom e, soprattutto, dell’ Antitrust. Per il Biscione – che resta comunque ‘editore’ della pay-tv, come scrive nel comunicato – rappresenta un ulteriore taglio dei costi fissi, mentre per Sky è un passo dell’ accordo più complessivo con Mediaset che le ha permesso lo sbarco in grande stile sul digitale terrestre. Il taglio di costi, anche se poi il Biscione dovrà pagare un canone, sarà a bilancio di Mediaset solo dal 2019. Ma intanto porta una prospettiva migliore sui conti, che già dall’ accordo più complessivo con Sky vede un effetto positivo da 70 milioni l’ anno, circa la metà contabilizzabili già sul 2018.
Questa non è una televisione
Il Foglio
PIERO VIETTI
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Quando il Superclásico sembrava soltanto questione di calcio, sport, popolo, orgoglio, rivalità, e non ancora storia di sas si, assalti al pullman, lacrimogeni e minacce di morte, in molti abbiamo guardato la partita di andata della finale di Copa Libertadores, quella tra Boca e River, su Dazn. Nel secondo tempo, però, lo streaming ha dato forfait, costringendo i più coraggiosi a ripiegare su Milan-Juventus. Passano pochi giorni e sono a Cologno Monzese, periferia produttiva e televisiva milanese, in cerca degli studi di Dazn. Voglio vedere di persona chi è questo soggetto che si è preso la fidanzata degli italiani, il calcio, all’ improv viso e senza referenze (ricordate gli spot di quest’ estate, con Paolo Maldini non ancora dirigente del Milan che imparava a pronunciarlo da Diletta Leotta? – “Dazooon”), chi c’ è dietro a questo servizio che trasmette tre partite di serie A ogni weekend, tutta la serie B, la Liga spagnola, vari tornei europei e internazionali di calcio e un bel po’ di altri sport, promette di essere il Netflix dello sport ma che con i suoi problemi iniziali (e ormai quasi del tutto superati) di streaming ha fatto patire a molti la sindrome del fidanzato tradito. Ho un appuntamento con Marco Foroni, volto storico dello sport in tv in Italia (Sky, Mediaset, Fox) che da quest’ an no è Head of Sports di Dazn. Lo incontro nel suo ufficio che s’ affaccia su un grande open space pieno di ragazzi al lavoro.
«I grillini e la stampa? Prima l’ hanno sfruttata e adesso la attaccano»
Il Giornale
Paolo Bracalini
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Paolo Bracalini Ruben Razzante, docente di Diritto dell’ informazione alla Cattolica di Milano. Tanto per cambiare il M5s sul caso dell’ azienda di famiglia Di Maio dà la colpa alla stampa che citiamo «non sta facendo libera informazione disinteressata ma un’ opera di delegittimazione». Quindi i giornali non ne dovrebbero parlare? «L’ inchiesta ha smascherato condotte discutibili e probabili reati, quindi si tratta di informazioni di indubbio interesse pubblico. L’ interesse è ovviamente potenziato dal fatto che si tratti del papà del ministro del lavoro». Ma perché ogni volta che il M5s è in difficoltà dà la colpa ai giornalisti? «Credo sia un difetto della classe politica italiana in generale quello di non riuscire ad accettare le critiche della stampa. La pretesa degli altri poteri di condizionare le scelte editoriali è una regolarità della vita italiana almeno dagli anni sessanta». Secondo lei c’ è un accanimento dei media verso il M5s? Non hanno subito attacchi anche i governi precedenti, quello Berlusconi in particolare? «L’ accanimento contro Berlusconi ha pochi precedenti nella storia dell’ informazione forse internazionale. Renzi ha beneficiato, nell’ acme del suo potere, dell’ appoggio di tutta la stampa più importante, eppure è crollato in breve tempo. I grillini hanno dimostrato, a Roma come in altre realtà territoriali, di non riuscire a gestire le complessità amministrative e quindi è stato giusto che i giornali ne denunciassero le inadempienze. Forse sulla vita privata della Raggi alcune testate hanno esagerato, ma sugli scandali del Campidoglio direi di no». Il M5s in fondo è nato sull’ onda del giornalismo filo procure, oltre che alle inchieste giornalistiche sulla casta politica? «I grillini sono al potere anche per merito di certa stampa giustizialista che ha alimentato l’ odio anti-casta e un nuovismo a tutti i costi, sganciato dalla verifica di competenze e capacità amministrative e governative». A lei sembra normale avere un ministro e vicepremier che dà ai giornalisti degli «infimi sciacalli»? Coadiuvato da Di Battista che li chiama «puttane»? «Li trovo attacchi volgari e di cattivo gusto, lanciati per distogliere l’ attenzione dalle difficoltà che il Movimento incontra nel patto di governo con la Lega. Va riconosciuto ai pentastellati di aver messo al centro del dibattito politico temi come quello degli editori puri e dei finanziamenti a pioggia all’ editoria, che peraltro sono cessati da tempo. Ma i rimedi proposti, se non condivisi con i giornalisti, gli editori, i colossi della Rete e gli altri attori della filiera di produzione e distribuzione delle notizie, rischiano di essere peggiori della situazione attuale». Il presidente Mattarella è dovuto intervenire per ricordare il ruolo anche costituzionale della libera stampa. C’ è secondo lei il rischio che il governo voglia mettere il bavaglio alla stampa? «Non vedo questo rischio, anche perché la Lega non lo consentirebbe». Fa parte della storia italiana l’ insofferenza del potere politico verso la stampa o è un’ anomalia quella che stiamo vivendo con il governo M5s? «Non vedo grandi differenze con il passato. A parti invertite si ripetono gli stessi comportamenti di sempre. Questa volta, però, la cosa balza maggiormente all’ occhio perché a pronunciare questi anatemi contro la stampa è una forza politica che ha fondato le sue battaglie su una diversità morale che spesso non trova riscontro nei comportamenti» Di Maio e anche Crimi hanno promesso provvedimenti e tagli all’ editoria. Non teme siano minacce ad un potere sgradito al governo? Sulla legge sugli «editori puri» annunciata da Di Maio che idea si è fatta? «Condivido la necessità di una normativa sugli editori puri e sulla libertà della stampa dagli altri poteri. Lo strumento dei finanziamenti all’ editoria va usato in modo intelligente e meritocratico. Ora come ora, però, abolire i contributi indiretti senza alimentare i circuiti mediatici in altro modo rischierebbe di impoverire il mondo dell’ informazione, anche sul piano occupazionale. Credo che occorrerebbe convocare gli Stati generali dell’ editoria per far sì che le misure sull’ informazione vengano decise da tutti e non da un governo di parte. L’ informazione è un bene neutrale, di tutti, non di chi temporaneamente guida il Paese».
L’ ultima crociata M5s: una legge per abolire i giornalisti «nemici»
Il Giornale
Chiara Giannini
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La campagna contro i giornalisti e gli editori messa in atto dal Movimento Cinque stelle si fa sempre più dura. Dopo l’ ultima stoccata tirata dai media a papà Di Maio i pentastellati sono scesi sul piede di guerra e ora annunciano una legge «contro il conflitto di interessi degli editori». Il nuovo affondo contro il mondo dell’ informazione è arrivato ieri attraverso il Blog delle stelle, con un commento dal titolo «Il quarto potere vuole delegittimare il Movimento 5 Stelle. Io non ci casco». D’ altronde c’ era da aspettarselo perché i grillini non si possono toccare. Per loro, in Italia, esistono due categorie di giornalisti: i buoni (pochissimi) e i servi del potere. Tanto che qualche settimana fa proprio sul Blog delle stelle è uscita una lista di cronisti e direttori «cattivissimi». Un affronto a chi si guadagna il pane tutti i giorni che ha fatto infuriare anche Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale della stampa, che a più riprese hanno fatto notare la scorrettezza di certe affermazioni. «Tutte le democrazie moderne si fondano su un principio base che è la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario – si legge nell’ articolo sul blog delle Stelle – Questi tre poteri, affinché una democrazia funzioni, devono essere indipendenti l’ uno dall’ altro». E si citano famiglie potenti e lobby che hanno in mano «il quarto potere». Da annientare, controllandolo. Già nel 2013 questo potere sarebbe stato colpito per la prima volta, quando «il Movimento 5 Stelle, grazie a 9 milioni di voti», ha portato «in Parlamento 150 ragazzi onesti che non dovevano niente a nessuno». Da lì sarebbe iniziata la caccia alle streghe dei media, controllati da «quelle lobby, famiglie di grossi imprenditori e banchieri, che una volta perso il controllo sul potere legislativo ed esecutivo, si è orientata esclusivamente all’ uso brutale dell’ unico potere che gli è rimasto in mano, il quarto, quello mediatico. E la strategia ha un nome: delegittimazione». Che colpirebbe a tutti i livelli. «Colpisce – si legge ancora – i nostri sindaci: due anni di fango contro Virginia Raggi. Colpisce i nostri parlamentari. Colpisce i nostri ministri e sottosegretari. Colpiscono anche – si dice poi – Luigi Di Maio in questi giorni, essendo immacolato usano i parenti sbattendo in prima pagina suo padre per storie di 10 anni fa». Per i pentastellati «la delegittimazione è il metodo utilizzato dai poteri autoritari per far fuori i loro avversari». Peccato che la delegittimazione sia lo stesso metodo usato dai 5 Stelle per far fuori i giornalisti scomodi. Perché non raccontano, Di Maio e company come i portavoce di certi loro ministri, quando un giornalista scrive un articolo che non piace, diano l’ ordine di non inviargli più comunicati stampa, escludendolo dalle iniziative mediatiche e, addirittura, bloccando il numero di cellulare dello stesso in modo da rendersi irreperibili? O come mai sul Blog delle stelle (blog, appunto), appaia la scritta «magazine» che imporrebbe, anche a causa della regolare pubblicazione di articoli, la registrazione quale testata giornalistica? O, ancora, come mai un portavoce di un premier (Casalino) deferito dall’ Ordine dei giornalisti al consiglio di disciplina per la registrazione di un audio in cui offendeva vecchi e handicappati non si sia ancora dimesso? D’ altronde, l’ abolizione dell’ Odg è già sul tavolo di governo da tempo. In tipico stile grillino: ciò che non si può comandare si mette a tacere.
Salvini non va da Berlusconi «Mi fa calare nei sondaggi»
Il Mattino
Emilio Pucci
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LA TRATTATIVA ROMA Non basta l’ imbarazzo di Giorgetti e le sue battute sulla difficile coesistenza con il Movimento 5Stelle. Berlusconi e Meloni non hanno affatto gradito la decisione di Salvini di disertare il vertice del centrodestra che era stato convocato ieri a pranzo per definire l’ alleanza alle regionali. E non basta neanche la giustificazione addotta, ovvero che l’ incontro avrebbe dovuto restare segreto. La presidente di FdI ha appreso la notizia del forfait del vicepremier davanti al cancello di villa San Martino: «Poteva perlomeno avvertirmi prima che prendessi il treno», si è sfogata. «Mica Salvini poteva pensare che avremmo fatto un incontro clandestino», le fa eco La Russa. «Non ci si comporta così», l’ irritazione del Cavaliere. Salvini nel pomeriggio ha poi chiamato Berlusconi per stemperare i toni e scusarsi per essersi sottratto all’ ultimo secondo. Un atto di maleducazione per i leader del centrodestra: «Sono sopraggiunti altri impegni», hanno spiegato fonti della Lega. In realtà i motivi del mancato arrivo di Salvini ad Arcore sono tanti. Il primo è che il responsabile del Viminale non è intenzionato a terremotare il governo. E’ consapevole che Di Maio in questo momento è in difficoltà e per questo motivo – dopo una telefonata proprio con il ministro dello Sviluppo e del Lavoro (secondo fonti M5S abbastanza vibrante) – ha declinato l’ invito di Berlusconi. Ma Salvini già due giorni fa con i suoi, nel commentare i sondaggi che danno il partito di via Bellerio forte di un 30% e più di gradimento, riferiva che in questo momento non ha intenzione di mostrarsi al fianco del suo alleato alle regionali. «Perderemmo tutto il consenso che stiamo incassando, ora dobbiamo pensare a governare con Di Maio», la riflessione. GOVERNATORI IN PRESSING Perché è vero che i governatori di Veneto, Lombardia e Liguria premono affinché la Lega ritorni nell’ alveo del centrodestra, ma Salvini non è disponibile a staccare la spina all’ esecutivo giallo-verde. E allo stesso tempo non è più disponibile come un tempo ad ascoltare le richieste in materia di tv soprattutto che arrivano di frequente da Arcore, con i Cinque stelle che hanno giurato vendetta contro il Cavaliere rilanciando con forza la legge sul conflitto d’ interessi sull’ editoria. In ogni caso sulle amministrative la coalizione non si rompe: il Piemonte dovrebbe toccare a FI (l’ europarlamentare Cirio), l’ Abruzzo a Fdi (il senatore Marsilio), la Sardegna alla Lega (il segretario del partito d’ Azione Solinas) mentre per la Basilicata si fanno i nomi dei forzisti Cannizzaro e Barbi. E’ stato anche avviato il tavolo per la tornata dei sindaci di maggio. Mentre Giorgetti si è limitato a dire che il vertice è andato «benino», più soddisfatto si è dichiarato Tajani: «Abbiamo fatto un altro passo in avanti». Ma Berlusconi è sempre più insofferente per la strategia di Salvini che utilizza il forno di FI a suo piacimento. «Si fa vedere qui – si lamentano gli azzurri – solo per mettere pressione quando vuole a Di Maio, gradisce i nostri voti sul dl sicurezza e su altro senza darci nulla in cambio». Stessa musica anche in FdI che ha chiesto invano alla Lega di calendarizzare prima del 23 dicembre la risoluzione sul Global compact. LA FAMIGLIA E L’ AMANTE La Meloni la settimana prossima presenterà il progetto del nuovo soggetto politico con Fitto – la butta sull’ ironia: «Salvini dice che si incavola Di Maio. Questo è il problema degli uomini che hanno l’ amante». Un modo per far capire al vicepremier che la sua famiglia d’ origine è quella del centrodestra. Non ci saranno rivalse. I voti in soccorso alla Lega sulla legittima difesa, per esempio, sono assicurati. I leader di FI e FdI si aggrappano alle considerazioni di Giorgetti che nel vertice non ha escluso una fine anticipata della legislatura. «Vedremo come va a finire», avrebbe allargato le braccia il numero due del Carroccio. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Mossa di Luigi per ricompattare i 5Stelle: perdono ai dissidenti e attacco ai giornali
Il Messaggero
Francesco Lo Dico
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IL RETROSCENA ROMA Contro la stampa, anzi a favore. È all’ insegna della confusione che si consuma il day after dei 5Stelle, ancora storditi dall’ inchiesta sull’ azienda di famiglia del leader. Come Giano bifronte, il Movimento decide di affidare alla carta stampata le parole accorate di papà Di Maio. Che di fronte all’ inchiesta delle Iene si dice pronto «a rispondere dei miei errori» e scagiona il figlio che «non era a conoscenza di nulla». Il figlio Luigi fa mostra di apprezzare: «Sono contento che mio padre abbia almeno chiesto scusa». ALLE IENE ELOGI E MINACCE Tanto che si spinge anche a lodare l’ inviato tv Filippo Roma (frattanto minacciato di morte sul web), ossia colui che ha sollevato il coperchio sui lavoratori in nero, «perché è grazie a quel servizio che ho scoperto dei non detti della mia famiglia, non si devono attaccare i giornalisti che hanno fatto conoscere questa vicenda». Tutto è bene quel che finisce bene, parrebbe. Non fosse che nelle stesse ore in cui il leader grillino spende parole al miele per l’ informazione, il blog delle stelle definisce come «menzogne» e «falsità» gli stessi «non detti» emersi sui media, accusati di «fabbricare titoli ad arte» allo scopo di delegittimare il Movimento. E lancia un hashtag, subito virale su Twitter, che aizza contro la stampa i militanti: #IoNonCiCasco. Grande è la confusione sotto il cielo a Cinque Stelle. Ma la situazione è eccellente per allentare le redini di un vecchio cavallo di battaglia. «Interverremo con la legge contro il conflitto di interessi degli editori», è l’ ukase del blog stellato. «È una nostra priorità e sarà al più presto sottoposta all’ esame del Parlamento», accelera il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. CHIAMATA ALLE ARMI Ma per ora si tratta di un semplice annuncio. «Del provvedimento non c’ è neppure una bozza, niente di niente», chiariscono fonti parlamentari pentastellate. Uno squillo di tromba, insomma. Che serve al Movimento per chiamare il suo popolo alle armi. Sono ancora molti i misteri che gravano sull’ impresa di Pomigliano sui quali è in pressing l’ opposizione. Luigi Di Maio teme che tra i «non detti», ce ne possano essere alcuni scivolosi. Chi lo conosce bene, lo descrive piuttosto preoccupato. E mai così isolato. Le vicende di famiglia, al di là delle difese d’ ufficio dei giorni scorsi, hanno accentuato il malcontento delle truppe pentastellate da tempo critiche verso la sua leadership. «Il ministro del Lavoro che ha lavorato in nero, ma come si fa?», è lo sfogo di un parlamentare. La presa sui gruppi è meno salda di un tempo. Tant’ è che anche giovedì, nonostante l’ obbligo imposto dai vertici, sono stati in cinquanta a marcare visita in aula in occasione della mozione sul Made in Italy. È tempo perciò di indulgere a più miti consigli. Di siglare una tregua con l’ ala ortodossa di Roberto Fico ma anche con i dimaiani scontenti, che giovedì hanno fatto mancare al decreto sicurezza ben 38 voti nell’ aula di Montecitorio nonostante le minacce di espulsione. Troppe insidie per Luigi Di Maio. Che ha preferito siglare una patto di non belligeranza con gli scontenti. È deciso. I dissidenti della Camera e del Senato non subiranno alcun procedimento disciplinare. Un grande condono. Del resto, il giovane leader grillino ha molto apprezzato le parole di Roberto Fico. Che ieri ha espresso la sua solidarietà al ministro del Lavoro, «che in questo momento sta subendo un fango incredibile», e ha sottolineato solo a cose fatte di non condividere il decreto Salvini. Ma dietro la linea morbida scelta verso i dissidenti, confermata più tardi dal capogruppo M5s alla Camera Francesco D’ Uva («Non ci saranno sanzioni»), si cela anche una quota di calcolo politico. «Senza i voti dei ribelli obietta un parlamentare stellato diverrebbe visibile quello che proviamo a nascondere. Questo governo si regge anche su Forza Italia. Di Maio non ha scelta: o noi, o i responsabili di Caiata». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Il nodo Antitrust sull’ operazione Premium-Sky
Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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A questo punto resta solo lo scoglio Authority. Mediaset ha comunicato ieri il closing della cessione a Sky della società R2: la”piattaforma” su cui gira Premium. Una cessione che, a quanto si è potuto leggere nella relazione di accompagnamento agli ultimi conti trimestrali di Mediaset, è avvenuta a un controvalore di 22,9 milioni di euro. Il closing era stato anticipato dall’ esercizio di un’ opzione put da parte di Mediaset già il 5 novembre. L’ operazione, si legge in una nota del gruppo di Cologno, «è sottoposta all’ approvazione delle Autorità competenti (AgCm e AgCom) e non riguarda l’ offerta di tv a pagamento di Mediaset Premium alla propria base clienti». Due precisazioni importanti quindi. L’ ultima va a indicare che non è Premium che sarà venduta a Sky, ma solo la società R2 in cui rientrano «manutenzione tecnica, attività commerciali e aree analoghe». Il tutto all’ interno di un accordo complessivo, siglato il 30 marzo, che fra le varie cose ha portato Sky ad avviare, ospitata sulla piattaforma Premium, la sua offerta sul DTT. Il richiamo all’ ok dell’ Authority – quella Antitrust, con un parere non vincolante di Agcom – è precisazione non da poco. La notifica all’ Antitrust è del 28 novembre. L’ ok dell’ Antitrust dovrà essere “incondizionato”. Altrimenti, Sky, che ora ospiterà l’ attività di Premium sulla sua piattaforma, potrà ritrarsi e restituire R2 a Mediaset. A quel punto Mediaset si ritroverebbe un’ altra volta sul groppone una infrastruttura non più “core”, avendo deciso di concentrarsi sulla tv free. Per questo gli occhi sono puntati ora a Roma. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Chessidice
Italia Oggi
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Premium cede a Sky il 100% della società R2. Mediaset Premium ha ceduto ieri a Sky il 100% di R2, la società a cui è stato conferito da Premium il ramo d’ azienda Operation Pay relativo alla manutenzione tecnica, alle attività commerciali e alle aree analoghe. L’ operazione è sottoposta all’ approvazione delle Autorità competenti (Agcm e Agcom) e non riguarda l’ offerta di tv a pagamento di Premium alla propria base clienti. Facebook ammette dopo articolo Nyt: manager chiese di indagare su Soros. Il numero due di Facebook, Sheryl Sandberg, chiese di indagare sul miliardario George Soros per capire se i suoi attacchi al social network fossero dovuti a interessi finanziari. Così Facebook ha risposto a quanto pubblicato dal New York Times, secondo cui la direttrice operativa sarebbe direttamente coinvolta nella risposta del social network al magnate che al World Economic Forum di inizio anno bollò Facebook e Google come una «minaccia» alla società, chiedendo che venissero imposte delle regole. Nei giorni scorsi sempre il Nyt aveva riferito della decisione di Facebook di reclutare un’ agenzia di pubbliche relazioni, Definers, finita poi sotto accusa per aver usato tecniche di propaganda occulta per screditare i detrattori del social network, tra cui anche Soros.
Stampa, raccolta a -6,8%
Italia Oggi
MARCO LIVI
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Cala del 6,8% il fatturato pubblicitario della stampa in Italia nel periodo gennaio-ottobre 2018 raffrontato con i corrispettivi mesi del 2017. Un rallentamento della perdita di fatturato, grazie al mese di ottobre, visto che il periodo gennaio-settembre si era chiuso con una flessione del 7,4%. Secondo i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp, in totale il mezzo ha raccolto nei 10 mesi di quest’ anno 702,6 milioni di euro. In particolare, i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo sul fatturato del 5,6% (arrivato a 443,4 milioni) e positivo sullo spazio: +1,7%. La pubblicità commerciale nazionale ha evidenziato un calo del 3,7% nel fatturato e una crescita del 6,5% nello spazio, la commerciale locale un -3,3% a fatturato e un +1,6% a spazio. La tipologia legale ha segnato un -19,4% a fatturato e un -11,8% a spazio, le inserzioni finanziarie un -4,2% a fatturato e un +7,2% a spazio. Gli annunci (classified) hanno registrato un -4,9% sul fatturato e un -15,1% sullo spazio. Per quanto riguarda i periodici, nel complesso hanno raggiunto un fatturato di 259,2 milioni di euro, manifestando una diminuzione dell’ 8,8%, mentre lo spazio si è ridotto del 3,1%. In particolare i settimanali registrano un andamento negativo a fatturato del 7,2% e a spazio dello 0,3%. I mensili calano a fatturato dell’ 8,1% e a spazio del 4,2 %. Le altre periodicità registrano una flessione del fatturato del 43% e del 27,6% dello spazio. © Riproduzione riservata.
Cairo alza il prezzo il Giro costa di più e La7 insidia la Rai
La Repubblica
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I diritti televisivi sono saliti da 12 a 18 milioni. Bulbarelli: “Troppo alti per noi”. Spunta l’ ipotesi che Rcs li venda a sé Un mese esatto dopo la presentazione del percorso 2019, il Giro d’ Italia aspetta ancora la Rai e non è detto che questa volta la tv pubblica risponda. La trasmissione della Corsa rosa sulle reti pubbliche è in fortissimo dubbio a causa delle richieste di Rcs, proprietaria non solo del Giro ma anche delle altre grandi classiche italiane, la Milano- Sanremo e il Giro di Lombardia, e poi della Tirreno- Adriatico e della Strade bianche. È superiore ai 18 milioni l’ anno la domanda di Urbano Cairo, mentre la Rai non vuole spostarsi dai 12, quanto previsto cioè dall’ ultimo contratto biennale faticosamente firmato alla vigilia del Giro 100, quello del 2017, allora giudicato indispensabile dalla gestione Campo Dall’ Orto, con Gabriele Romagnoli a capo di Raisport. La nomina di Auro Bulbarelli, narratore televisivo del Giro negli anni Duemila, alla direzione della stessa Raisport può spostare gli equilibri della trattativa. Ma sarà dura. «Parlo da appassionato di ciclismo » spiega Bulbarelli, «e so che Raisport farà l’ impossibile. Non dipende da lei, quanto invece dalla struttura acquisizione diritti Rai, e la cifra è molto, troppo alta. Cercheremo un compromesso». Ma il ciclismo, televisivamente parlando, vale davvero 18 milioni l’ anno? «Dovremo capire, confrontarci, ragionare in termini di media value, con in mano gli ascolti degli ultimi anni ( 1,6 milioni di media a tappa, 16% di share nel 2018 ndr). Dobbiamo capire se è una richiesta che possiamo soddisfare e soprattutto perché ha avuto un’ impennata così significativa. È un discorso complesso, che tocca uno degli eventi fondanti del paese intero. La Rai è nata con il Giro, la prima diretta mai trasmessa dalla televisione pubblica fu il via della prima tappa del 1953. Noi lo trasmettiamo ininterrottamente dal 1998, c’ è stato un buco appena di cinque edizioni in centodieci anni di storia». Oltre al Giro, Bulbarelli ha altri obiettivi: « Dobbiamo prima di tutto riportare serenità in una redazione che ha vissuto anni senza sorrisi e in mezzo a polemiche sindacali. Non dobbiamo dimenticare che il nostro lavoro consiste nel dare al pubblico momenti divertenti e spensierati, come è normale per chi trasmette eventi sportivi. E puntiamo a riportare in tv sport che abbiamo perso negli ultimi anni». Il piano editoriale della nuova Raisport verrà presentato a gennaio. L’ eventuale assenza del Giro avrebbe comunque un peso specifico notevolissimo. Dietro la porta c’ è La7, per la quale a questo punto si profilerebbe una bizzarra auto-vendita dei diritti da parte di Cairo. E ancora potrebbero esserci Sky e Discovery. Il Giro però, esattamente come le partite dell’ Italia di calcio, anche grazie al coinvolgimento diretto di enti locali, è vincolato da un criterio di interesse nazionale: deve essere trasmesso necessariamente in chiaro. Sky in quel caso “armerebbe” il suo Tv8, il canale dove già vanno i gp di Formula 1 e le gare di moto, mentre Discovery ha Nove e Dmax, la rete dell’ Italia del rugby. – c.c. © RIPRODUZIONE RISERVATA La corsa è un evento di interesse nazionale e va trasmessa in chiaro: Sky può mandarla su Tv8, Discovery su 9 e Dmax La tradizione Sopra il Giro al Passo Giau nel 2011. La Rai ha sempre trasmesso la corsa ad eccezione di una finestra 1993-1997 su Mediaset.
IL PARTITO DEI GIUSTI NON AMA LA STAMPA LIBERA
La Repubblica
LUCA BOTTURA
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Nel putinismo alla vaccinara dei Cinque Stelle c’ è ancora, per fortuna, un retrogusto abbondante di grottesco. Ieri, ad esempio, la sottosegretaria Castelli, quella che dà lezioni di economia dall’ alto di uno stage nell’ ufficio di un tributarista, l’ apologeta del «questo lo dice lei», la balbettatrice seriale in risposta a domande semplici tipo «”ste tessere del reddito chi le stampa?”, è riuscita a far chiudere un account Twitter che ne parodiava gli sfondoni. Comprensibile: la falsa Castelli risultava più credibile. Intanto sui social si affacciava l’ hashtag #iononcicasco, destinato una volta in più a stornare i mal di pancia dei fan contro la stampa, il “Quarto potere”. Un epiteto lanciato dal blog dei Sovranos che pesca, chissà quanto scientemente, nel titolo italiano di “Citizen Kane”, filmone di Orson Welles su un magnate della manipolazione che usava i giornali per scendere in politica. Oggi, si varrebbe di troll, blog e pagine Facebook. Con le stesse dinamiche per cui una Srl di Milano governa un partito e un Paese, ma addita i conflitti d’ interesse altrui. Questo perché, nella retorica gentista, il MoVimento non è un potere: è il Giusto. E il Quarto Potere non è un contropotere, poiché figlio di editori impuri. Ne rappresenta dunque una propaggine, ne difende gli interessi, esegue ordini. Sempre. Con la conseguenza, come da testo sgrammaticato che accompagnava il cancelletto di cui sopra, che i giornali vanno controllati perché «non fanno libera informazione disinteressata». Di qui la modesta articolessa, gli insulti, le minacce, la richiesta di MASSIMA DIFFUSIONE!, la blandizie classista del (sacrosanto) equo compenso per i cronisti: li faremo pagare meglio – il messaggio – perché siano finalmente liberi di raccontare la verità. La nostra. Ma sempre servi saranno. Funzioneranno a gettone. Proprio come, nel desiderio, i destinatari della social card grillina: una tessera annonaria di partito. Che comprerà consenso. Tipo il Venezuela di Pinochet, direbbe Di Maio. È la misantropia al potere. Di chi vede nei propri lettori/elettori l’ imbuto ideale di plateali invenzioni, un tempo insufflate anche da Mosca (i siti di “informazione” di Casaleggio erano un mischione di pomate miracolose e link a portali russofili) ché tanto poi si può sempre menare la stampa tradizionale. Spesso esecrabile, ma almeno – nei propri, molti, limiti – polifonica. Nella Fattoria degli Animali di Casaleggio uno vale zero e tutti hanno un prezzo. Quello dei giornalisti, il salario che ricevono. Quello dei grillini, i 250.000 euro di riscatto che dovrebbero pagare per cambiare opinione. Non si fidano neanche tra di loro, e vogliono indicarci di quali notizie fidarci noi. #cascatemale.
Ultima firma per il passaggio di Mediaset Premium a Sky
La Stampa
S. RIC.
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Prosegue il percorso per la cessione della piattaforma tecnica e amministrativa di Mediaset Premium a Sky: le parti hanno firmato il «closing» dell’ operazione, che riguarda una struttura con circa 130 dipendenti. Il via libera definitivo verrà con il pronunciamento dell’ Agenzia delle comunicazioni e dell’ Antitrust. Per il Biscione – che resta comunque editore della pay tv – quest’ operazione rappresenta un ulteriore taglio dei costi fissi, mentre per Sky è un passo dell’ accordo più complessivo con Mediaset che le ha permesso lo sbarco in grande stile sul digitale terrestre. Il taglio di costi, anche se poi il Biscione dovrà pagare un canone, sarà a bilancio di Mediaset solo dal 2019. Ma intanto porta una prospettiva migliore sui conti, che già dall’ accordo più complessivo con Sky vede un effetto positivo da 70 milioni l’ anno, circa la metà contabilizzabili già sul 2018. L’ obiettivo è il ritorno al dividendo, con la Borsa che ultimamente sta premiando per questo motivo i titoli del Biscione. Il valore delle azioni Mediaset dal 20 novembre, quando era vicino ai minimi pre-scalata Vivendi, è cresciuto dell’ 11 per cento, grazie alla serie di sedute positive consecutive inanellate. E sta recuperando anche il titolo Mondadori, che aveva ceduto il 18 per cento dopo la svalutazione delle attività francesi in vista della vendita: nelle ultime giornate ha ripreso il 15 per cento tornado a quota 1,5 euro. Solida la posizione di Vivendi, il cui titolo da sempre appare poco influenzato dalle avventure italiane, che martedì proseguiranno con l’ udienza di fronte al Tribunale di Milano per la causa miliardaria intentata dal Biscione dopo il mancato rispetto del contratto di acquisto proprio di Premium. Il valore delle azioni del gruppo francese alla Borsa di Parigi oscilla attorno ai 22 euro, non lontano dai massimi degli ultimi dieci anni che aveva toccato nello scorso mese di gennaio. s. ric. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.
Osservatorio stampa Fcp: dati ottobre 2018
Prima Comunicazione
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Lo segnalano i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp, diffusi il 30 novembre (.xlsx).In particolare i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo a fatturato -6,3% e positivo a spazio +0,4%. Le singole tipologie segnano rispettivamente: La tipologia commerciale nazionale ha evidenziato -3,7% a fatturato e +6,5 % a spazio. La pubblicità commerciale locale -3,3% a fatturato e +1,6% a spazio. La tipologia legale ha segnato -19,4% a fatturato e -11,8% a spazio. La tipologia finanziaria ha segnato -4,2% a fatturato e +7,2% a spazio La tipologia classified ha segnato -4,9% a fatturato e -15,1% a spazio. I periodici segnano un calo sia a fatturato del -8,8% che a spazio del -3,1%. I settimanali registrano un andamento negativo a fatturato del -7,2% e a spazio del -0,3%. I mensili segnano un calo a fatturato -8,1% e a spazio -4,2 %. Le altre periodicità registrano -43,0% a fatturato e -27,6% a spazio.
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