Indice Articoli
Editoria sociale: incontri e ospiti da oggi a Roma
Il Pisa Book Festivalparla spagnolo con Redondo e Montero
Rai lottizzata però patriottica
Come diventare miliardari con gli annunci online
Editoria sociale Da Orwell a Ramondino il Salone apre a Testaccio
Mondadori, dopo Panorama addio alla Francia
Da I Medici a Suspiria, la forza del 4K
Se il giornalista fa l’ imprenditore
Spotify aumenta del 40% gli utenti pay
New York Times boom abbonamenti per il digitale
La Rai 3 di «Come figli miei» fa vero servizio pubblico
Editoria sociale: incontri e ospiti da oggi a Roma
Corriere della Sera
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La scrittrice svedese Elisabeth Åsbrink, il sociologo senegalese Felwine Sarr, e ancora i registi Matteo Garrone e Alice Rohrwacher. Sono alcuni tra gli ospiti del Salone dell’ editoria sociale, decima edizione, che si tiene da oggi a domenica a Roma (negli spazi di Porta Futuro, via Galvani 108, ingresso libero; editoriasociale.info). Tre giorni di tavole rotonde, dibattiti e confronti attorno al tema «Oggi e domani» declinato in una prospettiva sociale di attenzione agli altri. L’ edizione del Salone – dedicata allo scrittore Alessandro Leogrande (1977-2017); promossa da Edizioni dell’ asino, rivista «Gli Asini» e Lunaria – sarà chiusa domenica (ore 18) da un omaggio alla scrittrice Fabrizia Ramondino, a dieci anni dalla scomparsa, con, tra gli altri, Goffredo Fofi e letture dell’ attrice Anna Bonaiuto.
Il Pisa Book Festivalparla spagnolo con Redondo e Montero
Corriere della Sera
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Per la sua sedicesima edizione il Pisa Book Festival punta sulla Spagna come Paese ospite. Dal 9 all’ 11 novembre (pisabookfestival.com) la città toscana diventerà il palcoscenico di un festival che aprirà le porte agli scrittori spagnoli più seguiti della scena contemporanea: Rosa Montero, l’ autrice di In carne e cuore e La pazza di casa (pubblicati da Salani), la regina del noir Dolores Redondo, Lorenzo Silva, l’ acclamato autore di novelas negras, lo scrittore e sceneggiatore Domingo Villar e poi José Ovejero, pubblicato in Italia dalla casa editrice Voland, oltre a giovani scrittori emergenti ed Ester Garcìa, giovane illustratrice, che l’ 8 novembre (ore 17) inaugurerà nel Museo di Palazzo Blu sul Lungarno Gambacorti la sua mostra Fabularium. Focus 2018 sarà inoltre la poesia con i recital di Tiziano Scarpa e Valerio Magrelli e un tributo a Federico García Lorca. L’ appuntamento sarà tutti i giorni (dalle ore 10 e fino alle 20) a Palazzo dei Congressi in via Matteotti 1. L’ intero programma legato alla Spagna è stato realizzato in collaborazione con il ministero de Educación, cultura y deporte di Madrid. Oltre al programma spagnolo, ci sarà una mostra con 160 editori espositori, tutti indipendenti, e uno spazio per i più piccoli.
Casta del Capitano
Il Fatto Quotidiano
Marco Travaglio
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Renzi telefona a Salvini e concorda le mosse per logorare i 5Stelle. Chiamparino si appella a Salvini perché “non sacrifichi la Torino-Lione”, sennò (brrr che paura) “ce la paghiamo noi, magari con l’ aiuto delle altre regioni coinvolte dal tracciato Est-Ovest: Friuli, Veneto, Lombardia” (amministrate dagli amici leghisti Fontana, Zaia e Fedriga). Confindustria si affida a Salvini per salvare “le ragioni delle imprese” (cioè i soliti miliardi pubblici). Repubblica intervista Alessandro Morelli, “direttore del sito Il Populista e responsabile comunicazione della Lega”, per salvare i giornali pagati dai contribuenti a loro insaputa (dei contribuenti) e titola trionfante: “Fondi all’ editoria, la Lega non li vuole abolire. Il pluralismo è nella Carta” (esatto: il pluralismo, non le marchette a spese nostre). Repubblica pubblica articoli pieni di comprensione per il povero Salvini, costretto a governare con quell'”alleato da sopportare”, cioè i 5Stelle, che incidentalmente han preso il doppio dei suoi voti, ma pretendono addirittura cambiare qualcosa. La lobby degli avvocati e degli imputati, dunque il Pd e FI , implorano Salvini di bocciare la riforma blocca-prescrizione che ha sottoscritto nel Contratto di governo e che quel pericoloso legalitario del ministro Bonafede pretende financo tradurre in legge: altrimenti poi i delinquenti in galera ci vanno per davvero. Il Foglio e la retrostante lobbettina nazarena si appella a Salvini perché “dall’ alta velocità dipende il suo futuro” e perché non si faccia metter sotto dai 5Stelle, visto che questo non è mica il governo Salvini – come ci avevano raccontato fino all’ altroieri – ma il “governo Di Maio” dove “in economia Salvini non tocca palla”. I pensionati d’ oro senza contributi tremano per gli annunciati tagli e fanno la ola a Salvini perché salvi i loro assegni indebiti. Plotoni di evasori fiscali ancora sperano in un emendamento notturno della Lega, last minute, magari con l’ ausilio di qualche Tesoro di manina, che reinfili nella manovra il condono sui capitali all’ estero e sull’ autoriciclaggio cancellato dai giustizialisti pentastellati. La società Autostrade, cacciata dalla porta della ricostruzione del Ponte Morandi, spera in Salvini per rientrare dalla finestra, in base al noto principio “chi rompe non paga e i cocci sono nostri”. Le altre concessionarie di beni pubblici e comuni, puntano su Salvini per conservare i privilegi alla facciazza nostra. I poteri marci romani sperano in Salvini perché, casomai non ci pensi la magistratura, si prenda pure il Campidoglio e li liberi finalmente da quell’ impiastro della Raggi. Una che per gli appalti bandisce addirittura le gare (mai viste prima), non si decide a rubare e si permette pure di far piangere i palazzinari: ma scherziamo? Tutto l’ Ancien Régime, riavutosi a fatica dal kappaò del 4 marzo, s’ è rimesso in piedi e ora sfila in processione sotto il balcone del Viminale al grido di “Forza Salvini, sei tutti noi!”, “Matteo, salvaci tu!”. Tutti col numeretto in coda per un’ udienza, una parola buona, una carezza del Capitano. Non fatevi ingannare dalle polemicuzze sui leghisti fascisti e razzisti: i primi a infischiarsene sono proprio quelli che agitano lo spauracchio. L’ Italia dell’ eterno Gattopardo, persi per strada B. & Renzi, ha scelto il suo nuovo campione, sperando che impedisca al “governo del cambiamento” di cambiare alcunché. E lui, finora, si è rivelato perfetto per la bisogna: si fa dare volentieri del fascista dai media di sinistra, così i suoi fan sono contenti come pasque, e può pure fare la vittima sui giornali di destra (spettacolare, ieri, l’ esito dell’ inchiesta incautamente aperta su di lui dalla Procura di Agrigento sulla nave Diciotti, che gli ha consentito prima di automartirizzarsi sventolando l’ avviso di garanzia per sequestro di persona e altri quattro o cinque reati, e ora di autobeatificarsi con l’ inevitabile richiesta di archiviazione della Procura di Catania). È al Cazzaro Verde, al restauratore travestito da rivoluzionario, non certo agli inutili Pd e FI , che devono rivolgersi tutte le caste e le lobby per restare aggrappate alle greppie. E lui garantisce tutti, tirando il freno a mano ogni qual volta i suoi ingenui alleati pentastellati provano a cambiare qualcosa. Tanto sa che i suoi elettori lo seguirebbero in capo al mondo, scordandosi che la Lega è il partito più antico di tutti, guidato dal politico più longevo di tutti. La coerenza non gli è richiesta, le promesse mancate non gli verranno mai rinfacciate. Il suo sì al Tav è un tradimento del Contratto di governo, così come il no alla blocca-prescrizione. Ma nessuno glielo ricorda: senza di lui, gli affari del Partito del Cemento andrebbero in fumo e tanti editori-prenditori perderebbero il salvacondotto che li tiene ancora a piede libero. Ieri, su La Stampa, Mattia Feltri ironizzava su chi nega che “questi signori da cui abbiamo il privilegio di essere governati” siano “fascisti” (forse ce l’ aveva con Paolo Mieli), poi spiegava perché lo sono e soprattutto chi lo è: i “bifolchi del diritto” come il truce Bonafede, “uno che quanto a cultura giuridica dev’ essere rimasto al codice di Hammurabi” e alla “civiltà degli oranghi”. E lo sapete perché? Perché il camerata Bonafede vuole fermare la prescrizione al rinvio a giudizio, cioè un po’ dopo di quando si ferma in tutto il resto del mondo libero (i grandi paesi d’ Europa e più ancora gli Usa sono tutte tirannidi popolate di oranghi e governate da bifolchi del diritto fedelissimi del codice di Hammurabi). E come farà La Stampa a spacciare gli amici colpevoli e prescritti per innocenti e perseguitati? Ecco, Salvini faccia la grazia al gruppo Agnelli-De Benedetti & F.lli e blocchi la blocca-prescrizione. Così, da fascista che era, tornerà a essere un sincero democratico.
Rai lottizzata però patriottica
Il Giornale
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Ci voleva il governo sovranista per far scoprire alla Rai, azienda pubblica finanziata dagli italiani, la bandiera tricolore. È noto che a Viale Mazzini sono molto sensibili al vento che soffia nei palazzi del potere, così stavolta, in stagione di nomine e lottizzazioni Lega-M5s, hanno pensato di celebrare in pompa magna il 4 novembre, Giornata dell’ Unità Nazionale e delle Forze Armate. Il palazzo sede della direzione generale Rai a Roma verrà infatti illuminato con i colori della bandiera italiana, dalla sera del 3 novembre e per tutta la notte del 4, per celebrare «questa importante e fondativa ricorrenza». La Patria merita questo e altro. Specie se l’ azionista è sovranista.
Come diventare miliardari con gli annunci online
Il Giornale
Angelo Allegri
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Angelo Allegri Craig Newmark ha 65 anni e pochi capelli in testa, occhiali spessi da miope e parecchi chili di troppo; non gli piace portare la cravatta e non ha nemmeno l’ automobile. L’ aspetto dimesso da impiegato senza pretese non deve, però, ingannare: il suo patrimonio personale vale quasi 2 miliardi di dollari. Poco più di 20 anni fa, per la precisione nel 1996, ha creato un sito che è entrato nella vita quotidiana degli americani ed è regolarmente nell’ elenco degli indirizzi più visitati: si chiama Craigslist e ospita ogni tipo di annuncio, da chi vuole affittare una stanza a chi si offre per lavori di giardinaggio. La lista di Craig, questa la traduzione del nome, concreto e senza fronzoli, perfettamente in linea con il carattere dell’ ideatore, è uno dei fenomeni più interessanti della cosiddetta new economy, ma il suo successo ha avuto un effetto importante e negativo sui giornali americani: ha finito per prosciugare una delle loro principali fonti di reddito, gli annunci locali, che per molti quotidiani, soprattutto quelli piccoli, rappresentava anche il 40% del fatturato. Secondo uno studio di qualche tempo fa, Craigslist ha fatto perdere ai giornali Usa 5 miliardi di dollari solo tra il 2000 e il 2007 e anche per questo molti tra i quotidiani di provincia hanno finito per chiudere. Un peccato da cui lo stesso Craig Newmark ha oggi deciso di emendarsi: solo negli ultimi mesi ha regalato 50 milioni di dollari a riviste e scuole di giornalismo: «È il mio impegno più importante, la mia missione», ha spiegato. «Una stampa libera e che funziona è il miglior sistema immunitario per la democrazia». La storia di questo miliardario atipico inizia a Morristown, cittadina del New Jersey non lontana da New York. La famiglia, di religione ebraica, non è ricca e le cose peggiorano quando Craig è ancora adolescente e il padre muore all’ improvviso. «Guardando indietro mi sono accorto che le presenze più importanti nella mia vita sono stati i miei due insegnanti di ebraico, il signore e la signora Levin», ha raccontato. «Erano sopravvissuti all’ Olocausto e da loro ho imparato molto, anche se a quel tempo non me ne rendevo conto. Soprattutto un principio: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te». Dopo il liceo Craig riesce a laurearsi in ingegneria e per 20 anni, da vero nerd tutto ufficio e computer, fa il programmatore, prima all’ Ibm e poi in una società finanziaria. Negli anni Novanta, dopo essersi trasferito in California, è tra i primi a usare Internet e la posta elettronica. Prende l’ abitudine di segnalare via mail agli amici gli appuntamenti, mostre ed eventi, in calendario nella zona di San Francisco. La mail diventa un po’ alla volta un sito. Oggi Craigslist (Newmark ne possiede circa la metà), pubblica annunci in 700 città di 70 Paesi diversi e, secondo gli studi delle società finanziarie, vale 4 miliardi di dollari. Il bello è che potrebbe valerne molti di più se solo Newmark fosse un po’ più attento ai soldi. «La sua non è un’ azienda come le altre», ha spiegato un analista alla rivista Forbes. «Sembra che di guadagnare non gliene importi nulla, pubblica inserzioni gratis o a prezzi assurdamente bassi». Il principio generale è proprio che gli annunci non si pagano e che il sito non ospita pubblicità. Gli inserzionisti e i clienti comunicano direttamente attraverso le loro mail e Craigslist non raccoglie sui visitatori dati da rivendere. Si pagano (poco) solo tre categorie di inserzioni: immobili, automobili, offerte e ricerche di lavoro. Bastano per incassare 8/900 milioni di dollari l’ anno, con utili intorno ai 600 milioni. Un margine di guadagno enorme, realizzato anche perché le spese sono bassissime. Il design del sito, ormai da archeologia digitale, non è per esempio mai cambiato dalla fondazione. «Era già essenziale allora», ha raccontato Newmark. «Ma per le questioni grafiche non ho mai avuto alcun talento». I dipendenti sono una cinquantina e a occuparsene, tra l’ altro, non è nemmeno lo stesso fondatore, che dal 2000 ha assunto un amministratore delegato: «Ci voleva, ho scoperto alla svelta che come manager faccio schifo», dice con il tono autoflagellatorio che è tipico delle sue (poche) interviste. L’ unico compito che si è riservato è quello dell’ assistenza clienti: in pratica risolve i problemi, informatici e no, di chi pubblica le inserzioni. Negli anni ha guadagnato e molto, ma investe solo in titoli pubblici: «Ho provato a finanziare tre startup, ma ho perso un sacco di soldi». Quando deve incontrare un giornalista gli dà appuntamento nello stesso caffè del quartiere di Haight Hashbury, a San Francisco, dove si riunivano i dipendenti della società agli inizi. La sola spesa rilevante che gli viene attribuita è l’ acquisto, insieme alla moglie, sposata sei anni fa, di un appartamento a New York che vale sei milioni di dollari. Oggi, comunque, la sua attività principale è la beneficenza. Da qualche tempo ha creato una fondazione, che distribuisce soldi soprattutto agli ex combattenti e alle loro famiglie e, come detto, ai giornali. Con un approccio, però, completamente diverso rispetto agli altri miliardari digitali, come Jeff Bezos, fondatore di Amazon, che ha comprato il Washington Post, o come Laurene Powell Jobs, vedova del fondatore di Apple, che ha acquistato la rivista Atlantic. Newmark preferisce distribuire il proprio denaro a più destinatari. Ha finanziato la radio pubblica di New York, un sito di notizie locali, la rivista Markup, che si occupa di tecnologia e del suo impatto sociale, la fondazione Pro Publica, che gestisce progetti di giornalismo investigativo in tutto il Paese. L’ ultimo assegno (vale venti milioni) è andato alla Facoltà di giornalismo dell’ Università di New York. Come ovvio, sempre alla sua maniera: «Non sono il tipo da comandare. Do una mano, me ne vado e sto lontano. È la mia forza».
Editoria sociale Da Orwell a Ramondino il Salone apre a Testaccio
Il Messaggero
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Il dj romano Prince Faster, dal 1976 «giratore di dischi senza vincolo alcuno», ex voce storica di Radio Rock, ha fondato la nuova Radio Elettrica su web, nata come associazione di promozione sociale Elettrica, in onda sul sito www.radioelettrica.it e sulla pagina Facebook ufficiale. Dai trasmettitori a valvole al digitale. Difficile tenersi aggiornati? «Da ragazzino mangiavo pane e musica e oggi ho la stessa fame, perciò uso la tecnologia per il mio obiettivo». Quale? «Fare una radio web non di dilettanti. Con me ci sono solo professionisti. Non è un prodotto ma un’ emittente che ha per unico criterio la musica di qualità». Totale libertà? «Gli editori siamo noi». Vi occuperete solo di musica? «No, diamo voce alle associazioni di volontariato che lavorano su territorio». Farete anche live? «Abbiamo allestito una sala per set acustici». Com’ è stata la risposta finora? «Il primo giorno in onda si è saturata la banda. Ci ascoltano anche in Malesia e Stati Uniti». L’ intervista più bella della carriera? «Quella che non ho fatto». A chi? «Frank Zappa, Palasport 1988. Prima di incontrare quel genio mi sono detto: ma io che gli posso chiedere?». Nessuna nostalgia per la radio anni 70? «Cambia solo il formato, come dal vinile al file». Un fascino inossidabile? «Assolutamente. Come cantava Finardi, la radio entra nelle case e ci parla direttamente. E se è libera veramente, libera la mente». Simona Orlando © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Mondadori, dopo Panorama addio alla Francia
Il Sole 24 Ore
Simone Filippetti
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La sera di Halloween ha portato un dolcetto nel palazzo-monumento della Mondadori a Segrate, flagellata dal maltempo che ha abbattuto numerosi alberi nel parco disegnato da Oscar Niemeyer. A bussare alla porta, ma senza scherzetti, è stato Maurizio Belpietro: l’ editore de La Verità, giornalista ed opinionista tv, ha comprato il settimanale Panorama. Per il mondo dell’ editoria, un evento epocale: la rivista fondata da Arnoldo Mondadori in persona nel 1962 è stato per decenni il newsmagazine più venduto d’ Italia e di punta della casa editrice. Negli anni ’80 Panorama in edicola si spartiva con l’ Espresso le due anime (progressista e conservatrice) dell’ Italia che ancora comprava giornali. All’ apice del successo, nei primi anni Duemila, Panorama da sola fatturava 120 milioni di euro e ne guadagnava 25, come una Pmi. Ieri al passaggio sotto le nuove insegne de La Verità, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, il bollettino segnava ricavi attorno ai 10 milioni, un decimo di 18 anni fa, e perdite per 3 milioni. Di qui la decisione, sofferta ma inevitabile, della Mondadori di cedere la gloriosa testata (alternativa era la chiusura): il passaggio è anche emblematico del nuovo corso pianificato da Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e della casa editrice. Il mega-matrimonio nei libri con la Rcs è stato il primo tassello di una strategia che sta progettando la fisionomia della Mondadori dei prossimi dieci anni: sempre meno riviste e sempre più libri. Oggi libri e riviste sono di fatto paritari nel bilancio: degli 1,2 miliardi di ricavi (nel 2017) metà, 520 milioni, arrivano dalla gamba libri; e metà (580 milioni) dalla gamba periodici. Ma molto diversa è la redditività: i libri generano oltre 70 milioni di Mol; mensili e settimanali non arrivano alla metà. Ecco che dopo Panorama, a Segrate si libereranno a breve anche di un altro pezzo pesante dei magazine, tutta la divisione Mondadori France. Da due anni il dossier è sul tavolo dell’ amministratore delegato di Ernesto Mauri, ex numero uno proprio della Francia ma richiamato a Segrate da Marina per risanare la Mondadori nel bel mezzo della crisi dell’ editoria. Inizialmente l’ idea era un matrimonio a tre con Marie Claire e Lagardere, ma poi il piano è sfumato perché quest’ ultimo ha ceduto le sue riviste a un editore della repubblica ceca. Ora c’ è una trattativa avanzata con l’ editore digitale ReWorld Media. Entro la fine dell’ anno, secondo rumor, Mondadori chiuderà un primo accordo con l’ acquirente francese; poi partirà un tavolo sindacale e infine il tutto dovrà passare l’ Antitrust francese. La chiusura dell’ operazione è attesa nei primi mesi del 2019. Mondadori France, figlia di una stagione di grandeur internazionale dove tutti gli editori italiani facevano shopping all’ estero (vedi Rcs con Recoletos). Da Segrate l’ allora ad Maurizio Costa partì alla conquista di Emap France, divisione parigina dell’ editore inglese Emap, che pubblica decine di mensili e riviste di settore: pagò circa 500 milioni. L’ accordo con Re World Media dovrebbe attestarsi attorno a 70-80 milioni, il che dà l’ idea della distruzione di valore subita dall’ industria dei media negli ultimi anni. Uscendo dal paese, Mondadori dirà addio a 300 milioni di fatturato, che scenderebbe pro-forma, prendendo i dati 2017, a circa 900 milioni. Ma la Francia fa solo 18 milioni di Mol e appena un paio di milioni di utile. Paradosso positivo, senza Parigi, Mondadori perderebbe il 25% del giro d’ affari ma guadagnerebbe di più, in termini di marginalità. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Da I Medici a Suspiria, la forza del 4K
Il Tempo
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di Marida Caterini Èindubbio che la tecnologia 4 K, ovvero l’ ultra HD, ha rappresentato l’ apertura di nuovi orizzonti per la visione dei programmi in tv. L’ ultra HD è l’ aumento della definizione per la fruizione di un prodotto. Ma non è soltanto una moltiplicazione di pixel. I maggiori dettagli disponibili e il più ampio senso di profondità e realismo hanno cambiato in maniera radicale l’ esperienza del telespettatore dinanzi allo schermo. In altre parole, il 4k è il superamento del formato HD passato dai 2 megapixel del full HD agli 8 megapixel del 4k. La nuova tecnologia consente di cogliere ogni minimo dettaglio facendo in modo che il telespettatore possa avere una visione completa esaustiva e di totale immersione in tutto ciò che sta guardando. Inoltre le immagini sono molto più chiare i colori più brillanti e la risoluzione è estremamnte più elevata Per essere in sintonia con la modernità tecnologica, la Rai già da tempo ha realizzato un intero canale in questo formato chiamato Rai 4k disponibile solo su tv SAT la piattaforma satellitare gratuita made in Italy che ospita i canali di tivùsat. Fino ad oggi questo è l’ unico siste ma con le capacità indispensabili per poter gestire senza problemi una trasmissione televisiva che richiede molta più banda di quella necessaria per un normale segnale HD. Gli ultimi prodotti che la Rai ha mandato in onda in 4K sono le puntate della seconda stagione della serie I Medici dedicata a Lorenzo il Magnifico. Ma lo scorso ottobre, anche il programma Ulisse Il piacere della scoperta ha fruito della nuova tecnologia e, precedentemente, sempre Alberto Angela aveva condotto su Rai 1 Meraviglie- la penisola dei tesori. Anche questo viaggio tra le bellezze artistiche d’ Italia, di cui si sta preparando la seconda edizione, ha offerto ai telespettatori il fascino intensivo del 4K. Ma c’ è dell’ altro. Oltre alle partite di Champions League, dobbiamo ricordare che il primo esperimento di ultra risoluzione per la Rai è avvenuto nel 2014. Riguardava un film- documentario di cui era protagonista Elio delle Storie Tese con Giuliana De Sio con la regia di Lina Wertmuller. Elio si era calato in Gioacchino Rossini: il titolo del prodotto era: Roma Napoli Venezia… in un crescendo rossiniano. Anche Canale 5 ha trasmesso programmi in 4K ma si tratta prevalentemente di incontri di calcio. Ricordiamo tra l’ altro Milan- Inter in 4K, un vero e proprio evento trasmesso domenica 20 novembre in diretta con qualità quattro volte superiore al full HD. Ma, andando ancora indietro nel tempo ricordiamo ad esempio, il film prodotto da Sky Arte e realizzato con nuove tecnologie dal titolo «Firenze e gli Uffizi 3D /4K viaggio nel cuore del Rinascimento» che risale al 2015. E poi c’ è stato anche l’ esperimento, riuscito, di trasmettere Suspiria in 4K. Per la prima volta è arrivata in tv la versione restaurata in 4k del capolavoro soprannaturale di Dario Argento. Il film è stato visionabile in risoluzione innovativa sul canale 104 di Sky. E ancora lunga la storia felice del 4K in tv. Vogliamo ricordare, ad esempio, Il fuoco della terra, un ottimo documentario andato in onda il 16 giugno 2016 su Rai1. All’ epoca si trattava del secondo prodotto dall’ azienda di viale Mazzini in tecnologia 4K. Quali sono le prospettive per il futuro? Intanto si stanno moltiplicando gli sforzi per adeguare l’ industria televisiva alle nuove tecnologie. Si tenga conto che il 4K fornisce le migliori prestazioni soprattutto in ambito casalingo. Qui infatti i contenuti arrivano soprattutto sotto forma di film e telefilm. E per la produzione d’ oltre oceano segnaliamo “House of Cards”, serie cult arrivata anche in Italia, primo vero prodotto disponibile in Ultra HD, in attesa della moltiplicazione di produzioni concorrenti che avverrà in futuro. Il mercato mondiale delle tv 4K entro il 2025 dovrebbe raggiungere il valore di circa 391 miliardi di dollari e grazie alla partnership tra Rai.tv ed Eutelsat, aumenterà sempre di più la quantità dei programmi diffusi in 4K su tivùsat.
Se il giornalista fa l’ imprenditore
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Michele Santoro ha 67 anni, Enrico Mentana 63. Entrambi i giornalisti hanno deciso di fare pure gli imprenditori. E mentre Mentana si appresta al debutto a inizio dicembre con il suo nuovo giornale online Open, per Santoro il lavoro di produttore parte invece già nel maggio del 2010 quando fonda Zerostudio’ s srl. Dopo lo splendore dei primi esercizi, tuttavia, i conti di Zerostudio’ s hanno cominciato un po’ a zoppicare, insieme con la carriera del grande mattatore televisivo anni 90 e 2000. Ed è finita anche la partnership con il Fatto Quotidiano, tanto che nel corso del 2017 la Zerostudio’ s ha ceduto il 7% di azioni della Editoriale Il Fatto spa (iscritte a bilancio per un controvalore di 875 mila euro), a fronte del riacquisto del 46,48% della Zerostudio’ s detenuto dalla Editoriale Il Fatto. Quota ora iscritta nel bilancio di Zerostudio’ s sotto la voce «riserve negative» per 1,48 milioni di euro. Perciò, al momento, la casa di produzione di Santoro è controllata al 47,79% dallo stesso Santoro, che ne è pure amministratore unico, al 47,79% dalla moglie Sanja Podgayski, e al 4,42% da Maria Fibbi. Tornando ai conti, già nell’ esercizio 2016 la Zerostudio’ s aveva chiuso con 236 mila euro di perdite. E il rosso nel 2017 sarebbe stato oltre il doppio: a fronte di un valore della produzione (per la gran parte derivante dalle puntate del programma M per la Rai) di 1,86 milioni di euro, infatti, i costi di produzione sono stati pari a 2,34 milioni, con un deficit di 480 mila euro. Il rosso, però, viene coperto grazie a un evento straordinario: i 624 mila euro di proventi da partecipazioni derivanti dalla operazione con il Fatto Quotidiano. E solo in questo modo, perciò, Santoro la sfanga e può chiudere un bilancio 2017 con 143 mila euro di utili. L’ attività di Zerostudio’ s è proseguita pure nel 2018, con 30 addetti impiegati nel primo trimestre, e 131 unità impiegate nel secondo trimestre 2018. Il giornalista imprenditore, tuttavia, dovrà essere bravo a tenere sotto controllo i conti e a continuare a convincere i nuovi vertici Rai della bontà del suo M (le ultime puntate, nel giugno 2018, erano andate in onda su Rai Tre). Una occhiata più attenta dovrebbe darla anche al documento ufficiale di bilancio della Zerostudio’ s depositato in camera di commercio: a pagina 17, infatti, nel paragrafo «Nota integrativa abbreviata, conto economico», sotto la voce «Altri proventi finanziari» c’ è scritto « mancano i dividendi del Fatto. Dove sono?». E se non lo sanno gli amministratori della società, sono guai. L’ iniziativa di Mentana, invece, non ha alcuno scopo di lucro, poiché la Giornale Online srl, controllata dal direttore del Tg di La7 al 99%, «viene costituita, nell’ ambito di un progetto di give back, al fine di esercitare, in via stabile e principale, l’ attività d’ impresa di interesse generale oltre specificata, senza scopo di lucro e con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei suoi dipendenti». Come spiegato dallo stesso Mentana, «il giornale si chiamerà Open, sarà composto da una redazione di 20 praticanti giornalisti assunti a tempo indeterminato, sarà gratuito e, se il diavolo non ci mette la coda, partirà all’ inizio di dicembre». Mentana sarà anche garante economico e provvederà personalmente ad appianare eventuali perdite se le entrate dovessero essere inferiori ai costi. In caso di guadagni, tutti saranno reinvestiti in nuove assunzioni. © Riproduzione riservata.
Spotify aumenta del 40% gli utenti pay
Italia Oggi
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Spotify chiude il terzo trimestre dell’ anno con una buona crescita nel numero degli abbonati e in utile, sebbene il servizio di streaming musicale sia ancora lontano dall’ essere profittevole. La società svedese non si arrende e continua a investire e a resistere a concorrenti come Apple Music, che negli Stati Uniti è già riuscita a superarla e che ora sta cercando un accordo con iHeartMedia per potenziare il suo servizio (vedere servizio a pagina 18). Alla fine del trimestre che si è chiuso a settembre gli utenti paganti di Spotify erano 87 milioni, una crescita del 40% rispetto al periodo precedente con un buon andamento degli abbonamenti studenti e famiglia. In totale, invece, gli utenti del servizio erano 191 milioni, in aumento del 28%. Spotify, infatti, dà la possibilità di accedere al proprio catalogo musicale anche gratuitamente, grazie alla pubblicità. A fine anno, secondo le stime, gli utenti pay dovrebbero essere 93/96 milioni, mentre quelli totali 199/206 milioni. I ricavi del terzo trimestre sono stati di 1,35 miliardi di euro, +31%, e hanno portato il totale dei nove mesi a 3,76 miliardi dai 2,9 miliardi precedenti. Il grosso arriva dagli abbonamenti, perché la pubblicità rende nel trimestre appena 142 milioni di euro, sebbene in crescita del 30%. La perdita operativa dei tre mesi si è ridotta notevolmente a 6 milioni dai 90 milioni precedenti mentre sempre da luglio a settembre si è registrato un utile di 43 milioni (-394 milioni un anno prima). Il ceo e cofondatore di Spotify, Daniel Ek, durante la presentazione dei risultati ha spiegato che un’ area molto promettente che la sua azienda sta sviluppando è quella dei podcast: «Siamo agli albori del mercato dei podcast», ha detto Ek. «Il contenuto non musicale avrà un posto importante». Spotify ha anche cercato di attrarre direttamente gli artisti che volevano far inserire i propri brani all’ interno delle playlist e finora ha ricevuto 67 mila brani, riuscendo a inserirne 10 mila. Una mossa, però, che è stata vista come la volontà del servizio di sostituirsi o fare concorrenza alle case discografiche: «non consideriamo la nostra strategia in contrasto con i nostri partner», ha detto il ceo, spiegando che il suo modello significa che «più artisti possono avere successo e più etichette possono avere successo». Per espandere ancora il numero degli abbonati, Spotify sta stringendo accordi con diversi attori: l’ app sarà preinstallata sugli smartphone Samsung, lo stesso farà Sky nei suoi nuovi decoder, mentre con Dazn sono in corso azioni di comarketing in Giappone. © Riproduzione riservata.
New York Times boom abbonamenti per il digitale
La Repubblica
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ROMA Forte aumento degli abbonamenti e delle inserzioni pubblicitarie per il New York Times, che festeggia gli ottimi risultati del terzo trimestre 2018 a Wall Street, con un rialzo dell’ 1,83%. Nel terzo trimestre del 2018 l’ azienda editoriale ha registrato utili netti attribuibili ai soci per 25 milioni di dollari. Il fatturato è salito dell’ 8,2% annuo a 417,3 milioni di dollari dai 385,6 milioni del periodo luglio-settembre dell’ anno scorso. Le vendite da abbonamenti sono aumentate del 4,5% a 257,7 milioni mentre quelle da inserzioni pubblicitarie sono salite del 7,1% a 121,6 milioni. Mark Thompson, presidente e Ceo del gruppo, ha detto che sono stati conquistati 203 mila nuovi abbonati digitali nel trimestre e ha parlato di «due pietre miliari: ora abbiamo oltre 3 milioni di abbonati esclusivamente digitali e oltre 4 milioni di abbonati totali».
La Rai 3 di «Come figli miei» fa vero servizio pubblico
Libero
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La professoressa Eugenia Carfora, preside dell’ istituto alberghiero Morano di Caivano, provincia sperduta di Napoli è un’ educatrice provvista di una cocciutaggine al tungsteno. Come quegli eroi invisibili dei film anglofoni alla prof Keating o alla Mr.Chips, la prode insegnante ritiene che la buona scuola, più che nell’ idea astratta d’ un progetto di legge, stia nella concretezza di un progetto di vita. Sicché, una volta accertatasi che dei 790 studenti iscritti al suo istituto, meno della metà frequentavano regolarmente le lezioni; e che, in seguito su 380 effettivi circa 90 sono evaporati nell’ aria mefitica dell’ arruolamento camorristico su strada, be’, la preside non ci ha visto più. E, sfidando le organizzazioni criminali del territorio – che su quei ragazzi abbandonati da Dio esercitano un fascino guascone e luciferino – la signora è scesa tra i bassi e le grida di un’ umanità rarefatta. Questo suo gesto è stato esaltato, con passo cinematografico, da Domenico Iannacone nel documentario Come figli miei (nei Dieci comandamenti, Rai Tre, sabato ore 21.40). Spiazzante è stata la descrizione della prof riguardo alla propria missione impossibile: «Esco subito, comincio a girare per i bar, vado a cercarli, a chiamarli uno per uno, vado loro incontro quando li vedo in fondo al marciapiede» diceva, aggiungendo che «poi una volta che suona la campanella e i ragazzi sono dentro, l’ ansia mi passa e sono certa di poter fare qualcosa per loro. Cerco di far capire che ogni azione ha una conseguenza: arrivi in ritardo, chiamo la famiglia, non hai consegnato il cellulare, veniamo a chiedertelo…». Ogni scugnizzo irredento, estratto dal gorgo sociale dell’ abbandono scolastico, qui, diventa «figlio suo». Ora non starò qui ad evocare la serietà del tema che mi appassiona da una vita, attraverso un’ educazione sentimental-letteraria che spazia dai Ragazzi della Via Pal di Ferenc Molnár fino a Hey Prof!, il misconosciuto diario del premio Pulitzer ex docente Frank McCourt tra le scuole più scrause di New York. Né tornerò ad applaudire il talento narrativo di Iannacone, che do per scontato. Mi limito ad osservare che la Rai Tre di Stefano Coletta, nonostante qualche scivolone in fase di rodaggio, sta fornendo servizio pubblico alla Rai (altra bella idea è Dottori in corsia). Uno dice: fa semplicemente il suo dovere. Vero. Ma alla stessa ora, col Portobello di Raiuno, non ho avuto, per dire, la stessa sensazione…
L'articolo Rassegna Stampa del 02/11/2018 proviene da Editoria.tv.