Indice Articoli
Di Maio sicuro sui «soldi». Cgil all’ attacco
“Orbán ci sta comprando, è come prima del 1989”
«È emergenza libertà di stampa»
Note di festa, Napoli canta nella Capitale
Serve un’ antenna? Prova con lo spray
Tivù sul cellulare occhio alla serie di meg
Di Maio sicuro sui «soldi». Cgil all’ attacco
Corriere della Sera
Claudia Voltattorni
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Roma Tempi strettissimi ormai per la legge di Bilancio. Neanche due settimane al suo arrivo in Parlamento, ma in mezzo ancora un lungo tragitto da percorrere. Entro il 15 ottobre, c’ è da scrivere e da inviare all’ Europa il Documento programmatico di bilancio con le misure dettagliate; da domani, nelle commissioni parlamentari comincia l’ esame della Nota al Def che giovedì 11 deve arrivare nelle Aule di Camera e Senato. Entro il 20 ottobre, la legge di Bilancio deve essere approvata dal consiglio dei Ministri e presentata in Parlamento. E su tutto pende il giudizio da parte dell’ Ue e delle agenzie internazionali, atteso per la fine del mese. Ma il vicepremier Luigi Di Maio ostenta sicurezza. Si dice «ottimista perché i soldi ci sono» e assicura di essere pronto a «dialogare con l’ Europa se non mostra pregiudizi verso questo governo: noi ci accampiamo a Bruxelles e spieghiamo tutto quello che vogliamo fare». Però, commentando il calo di voti del partito del vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, sceso al 6,7% alle elezioni in Lettonia, esulta: «La sua bocciatura è la fine di un’ idea di Europa e delle politiche dell’ austerity e dello zero virgola». Ma ci tiene poi a sottolineare anche che «io non voglio distruggere l’ Europa, ne voglio creare un’ altra», mentre invece «le opposizioni tifano perché l’ Italia vada in default». Ma la prossima legge di Bilancio preoccupa invece imprese e sindacati. I primi, con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, perché «dei 37 miliardi di euro della manovra solo 4 sono dedicati alla crescita». La leader Cgil Susanna Camusso parla invece di «profonda contraddizione nel Def» e ipotizza «forme di mobilitazione». Non si placa infine la polemica dei Cinque Stelle sui giornali, dopo l’ attacco del ministro del lavoro Di Maio a L’ Espresso e Repubblica ( «diffondono fake news, ecco perché muoiono»). Dopo la solidarietà ai giornalisti del Gruppo Gedi arrivata dai principali quotidiani italiani, ieri Di Maio ha invitato «a non fare le vittime: non ho alcun potere per chiudere un giornale, e meno male».
“Orbán ci sta comprando, è come prima del 1989”
Il Fatto Quotidiano
Cosimo Caridi
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Un enorme ficus, alto quasi cinque metri, ha il posto d’ onore nel grande open space dove lavorano 60 giornalisti: la redazione di Index. Ma tutto sta per cambiare. La proprietà del più grande, e influente, giornale online dell’ Ungheria è passata di mano pochi giorni fa. “Da un’ oligarca vicino a un altro molto vicino al governo – spiega Gabor Miklòsi, caporedattore del quotidiano web – ma in mezzo c’ è una fondazione e tutta la questione di chi comanda e dove verremo spostati rimane oscura”. In questo momento ogni cambio di proprietà dei media viene percepito, dalla società civile ungherese, come un tentativo del governo per ottenere maggiore controllo dell’ informazione e mitigare i contenuti pubblicati. Dal 2010, quando Fidezs, il partito di Viktor Orbán, ha vinto le prime elezioni, il Paese è sceso di 50 posizioni nella classifica, redatta annualmente da Reporter senza frontiere, della libertà di stampa. “Se io non potrò continuare a lavorare qui – dice Miklòsi – perché Index perderà indipendenza, allora non potrò fare il mio mestiere in nessun altro posto. Ci sono altri media indipendenti, però non riescono a crescere. Il mercato è distorto dallo stesso governo”. Orbán sta incoraggiando gli imprenditori che gli sono vicino a comprare più media possibile. Questa spinta a omogenizzare l’ editoria cancella, di fatto, la diversità che ha caratterizzato la stampa ungheresi dalla transizione del 1989. L’ impressione di Miklòsi è che “stia tornado lo Stato-partito. Ero bambino sotto il comunismo, ma ora, da giornalista adulto, è molto duro vedere che la libertà di stampa viene, a poco e poco, cancellata”. Sono in mani amiche del governo, oltre alle maggiori televisioni commerciali nazionali, tutti i giornali regionali. A chiudere il cerchio c’ è un mercato pubblicitario viziato. I piccoli editori non ricevono sovvenzioni statali, ma “l’ 80/90 percento delle loro entrate pubblicitarie – spiega il giornalista di Index – arriva da campagne governative”. Pubblicare un articolo contro l’ esecutivo vorrebbe dire andare a perdere la fonte di sostentamento dei giornalisti stessi. Non c’ è bisogno di censura in un sistema che fa dell’ autocensura l’ unica possibilità di riceve un salario. La volontà di addomesticare la stampa fa parte del programma di Orbàn sin dal suo primo giorno di governo. Da quando ha preso il potere hanno cambiato proprietà: 11 radio, 20 canali televisivi e 550 giornali . Tutti sono passati nelle mani di uomini d’ affari vicini all’ esecutivo. Lo scorso mese è toccato a Hir Tv. Uno dei nuovi proprietari, Zsolt Nyerges, la mattina stessa in cui veniva resa nota la notizia, ha rassicurato la redazione dicendo che nessuno avrebbe mai interferito con il lavoro dei giornalisti. Quella sera non è andato in onda il telegiornale e nemmeno l’ approfondimento politico, uno dei programmi di punta della rete. Al loro posto è stato trasmesso, a ripetizione, un recente discorso del capo del governo. Il tentativo di controllo non si ferma ai soli media nazionali. A inizio maggio Magyar Idök, un quotidiano con ampia diffusione, ha pubblicato un articolo critico verso il lavoro di diversi corrispondenti internazionali. Sono stati citati i giornalisti di Der Spiegel (Germania), Dar Standard (Austria), Libération (Francia), Tages-Anzeiger (Svizzera). “Il governo ungherese – si poteva leggere nel pezzo – dovrebbe considerare delle azioni di risposta al servile lavoro di Keno Verseck, Gregor Mayer, Bernhard Odehnal, Florence La Bruyère e tutti gli altri corrispondenti da Budapest che diffondono le più abominevoli menzogne”. I giornalisti, contrariamente alla richiesta del quotidiano, non sono stati espulsi, ma aver pubblicato una lista, averli schedati pubblicamente, è servito a intimidirli e a rendere sempre più difficile il loro lavoro. Magyar Idök appartiene a Lörinc Mészáros, uno degli uomini più ricchi dell’ Ungheria nonché amico d’ infanzia di Orbán. Mediaworks Holding, la società di Mészáros, possiede i due terzi dei giornali locali ungheresi. “In Ungheria – continua Miklosì – come in molti altri Paesi, la libertà di stampa è legata al livello di scolarizzazione della popolazione. Chi vive nelle grandi città tende a essere più attento a un’ informazione di qualità: ha un migliore acceso a internet e ad attività culturali, ha a disposizioni più fonti, dai giornali online a quelli stranieri. Le persone che invece, hanno avuto un breve percorso scolastico, hanno meno possibilità di informarsi, di avere un’ idea completa su quanto accade”. In quest’ ultimo caso i giornali locali e i telegiornali sono le uniche possibili fonti di notizie. Con una campagna lunga anni, che mischia antisemitismo, criminalizzazione delle ong, notizie false, islamofobia e xenofobismo il governo è stato molto bravo a stigmatizzare i media indipendenti. Per Miklosì alcuni temi sono stati trattati “dalla stampa di propaganda con molta forza, creando una falsa percezione. Per esempio al momento non c’ è un problema sulla questione migratoria, anche se si continua a parlare di invasione”. In Ungheria, che ha una popolazione di 10 milioni di abitanti, la quota di richiedenti asilo fissata da Orbàn e di 5 mila profughi l’ anno, lo 0,0005% dei cittadini. “Da tempo il governo ripete senza sosta – dice Blanka Zöldi, giornalista investigativa in forza alla redazione di Direkt36 – che in Ungheria non c’ è posto per stranieri, soprattutto per chi scappa da guerre e persecuzioni. Contemporaneamente, lo stesso primo ministro, ha allestito il programma ‘visti d’ oro’. Si tratta di una struttura legislativa che permette a investitori stranieri di ottenere diversi tipi di documenti: dalla residenza alla cittadinanza ungherese”. C’ è un vero e proprio tariffario ministeriale, con 250 mila euro si ottiene la residenza, per la cittadinanza oltre il doppio. “Questi soldi non vanno direttamente al Stato – continua la Zöldi – ma passano da un ristretto gruppo di aziende con sede legale in paradisi fiscali. Stiamo parlando di quasi 20 mila casi, ognuno dei quali ha pagato tra i 20 e i 30 mila euro per il servizio a ditte offshore. Non sappiamo chi ha veramente beneficiato di questi soldi, ma diverse inchieste giornalistiche collegano le imprese d’ intermediazione con l’ élite politica di Budapest”. La risposta dei media vicini al regime ungherese, la maggior parte, all’ inchiesta di Direkt36 è stata una forte campagna contro la redazione. “Non abbiamo ricevuto alcuna pressione dal governo – conclude la giornalista – ma siamo messi sotto torchio da altri giornali. Con una gestione così falsata dell’ informazione la grande sfida di questa redazione è quella di non diventare un gruppo di attivisti, di non essere contro il governo a priori. Dobbiamo continuare a raccontare quanto accade senza alcun pregiudizio”.
«È emergenza libertà di stampa»
Il Messaggero
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«È emergenza libertà di stampa», secondo il presidente dell’ Ordine dei giornalisti Carlo Verna che dopo le parole di Luigi Di Maio annuncia che «le relative iniziative da prendere» saranno discusse domani in una riunione del consiglio in cui si parlerà anche della riforma dell’ accesso alla professione. Dell«abolizione dell’ Ordine torna infatti a parlare il sottosegretario con delega all’ Editoria, Vito Crimi: servirà per »liberare la professione« e anche per abolire i contratti Co.co.co, dice.
Note di festa, Napoli canta nella Capitale
Il Messaggero
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L’ EVENTO Omaggio alla musica napoletana, ma più in generale alla musica nel suo essere amica di numerose occasioni importanti della vita. Dalle feste ai rituali migliaia di colonne sonore hanno accompagnato, ed accompagnano, ogni istante della quotidianità di ognuno. A ricordarlo ieri, nello spazio culturale intitolato a Eduardo De Filippo presso l’ Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, i numerosi artisti presenti alla sesta edizione dell’ evento Napoli nel cuore, organizzato da Fabrizio Finamore e dedicato al padre Mario (quaranta anni di lavoro in Rai con una immensa passione per i programmi culturali). Un viaggio nella Napoli più autentica, tra poesia, note e quella cultura arrivata in ogni parte del mondo, ma anche un’ opportunità benefica che ha permesso con il ricavato della serata di sostenere delle realtà come: la Comunità di Sant’ Egidio di Napoli e delle Onlus Centro Welcome di Roma e EveryChildlsMyChild. A salire per prima sul palco, accolta da generosi applausi, è stata la cantante Teresa de Sio, in un abito nero con grandi rose stampate su tutta lunghezza, pronta, insieme alla sua inseparabile chitarra, a sottolineare il valore della musica popolare che unisce spesso varie influenze e che si dona al popolo per condividere emozioni: «Un compito ingrato quello di aprire la kermesse – dichiara la cantautrice – ma sono certa che questa magnifica platea avrà voglia di seguirmi intonando insieme ricordi e ritornelli». Poche, efficaci, parole che in effetti vengono prese alla lettera dal pubblico entusiasta all’ idea di diventare parte integrante dello spettacolo. E se la tarantella fa venire ai più audaci la voglia di ballare non è da meno Ambrogio Sparagna con la sua Tammurriata. Organetto e tamburello lasciano il posto poi ai versi di Pino Ammendola, Maria Letizia Gorga, Geppi Di Stasio, Vittorio Viviani, Roberto Fabbri Nexus Quartet. Ancora musica con Mario Maglione in una vibrante interpretazione di Reginella e magia con il violinista Olen Cesari. Grande attesa per l’ ex scugnizzo Nino D’ Angelo, vero emblema di spontaneità e capostipite dei neomelodici. Il palcoscenico si colora dei volti di tanti altri artisti, orgogliosi e fieri delle loro origini. La sala gremita, tra i quali invitati noti come: Annalisa Favetti, Roberta Sanzò, Elisabetta Serio, Cinzia Tedesco, Naira, esplode poi in tutta la sua napoletanità con una cantante romana, Tosca. Federica Rinaudo © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Le spese per la scuola
Il Sole 24 Ore
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Fisco Agevolazioni sulla casa A cura di Marcello Claudio Lupetti [2247][384930] Imu agevolata al militareche non risiede nell’ immobileSono un militare in servizio permanente, proprietario di una casa acquistata sei anni fa in Piemonte. A settembre di quest’ anno sono stato trasferito in Toscana e abito in un appartamento in affitto con le spese a mio carico. Sull’ immobile di mia proprietà menzionato prima, nel quale sono residente, grava un mutuo come prima casa intestato a me, in quanto l’ immobile è di mia proprietà esclusiva. Poiché, secondo l’ anagrafe del Comune toscano, dovrei necessariamente trasferire in loco la mia residenza e quella del mio nucleo familiare, chiedo: per mantenere le agevolazioni sulla prima casa (mutuo e Imu) devo mantenere la mia residenza presso l’ abitazione di mia proprietà in Piemonte o posso trasferirla presso la nuova località e mantenere le agevolazioni sulla base delle leggi previste in caso di personale militare in servizio permanente trasferito?M.G.ROCCA GRIMALDA La detrazione degli interessi passivi sui mutui contratti per l’ acquisto della prima casa è riconosciuta anche ai soggetti appartenenti al personale in servizio permanente delle Forze armate e Forze di polizia a ordinamento militare, nonché a quello dipendente dalle Forze di polizia a ordinamento civile, per i mutui ipotecari relativi all’ acquisto dell’ unica abitazione di proprietà, a prescindere dal requisito della dimora abituale. Nel caso di trasferimento per motivi di lavoro, si può quindi continuare a detrarre gli interessi. È però indispensabile che quello per cui si richiede la detrazione sia l’ unico immobile posseduto.Ai militari, inoltre, è concesso di assimilare ad abitazione principale, ai fini Imu, un immobile di loro proprietà anche se hanno residenza altrove, purché non sia affittato. A cura di Marco Zandonà [2248][385000] I documenti per lo scontosul box saldato con assegnoHo acquistato nel 2018 un’ abitazione (prima casa) dal costruttore (e, quindi, con Iva al 4 per cento) con posto auto di pertinenza. Ho effettuato il rogito dal notaio e pagato con assegno circolare e mutuo. Se il costruttore mi rilascia un’ autocertificazione dei costi di realizzazione del posto auto, posso detrarne il 50 per cento?F.P.ROMA La detrazione Irpef del 50% (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 della legge 27 dicembre 2017, n.205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it), spetta anche all’ acquirente di box pertinenziale ad un’ abitazione, purché di nuova realizzazione e limitatamente ai costi sostenuti dall’ impresa cedente per la costruzione dello stesso (da assumere nel limite massimo di 96mila euro), così come risultanti da apposita attestazione da questa rilasciata. Il pagamento deve essere effettuato con bonifico bancario o postale da cui risulti il codice fiscale del beneficiario, la partita Iva dell’ impresa cedente e la causale di versamento («acquisto box pertinenziale»). Con la circolare 43/E/2016 l’ agenzia delle Entrate ha precisato che non si decade dai benefici se il pagamento avviene mediante assegno, ovvero bonifico incompleto. In sostanza, in questi casi, se il bonifico risulta incompleto o mancante, viene chiarito che il beneficio è comunque riconosciuto, a condizione che l’ impresa esecutrice dei lavori rilasci al contribuente una dichiarazione sostitutiva di atto notorio dalla quale risulti che «i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati inclusi nella contabilità dell’ impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del reddito». Tale documentazione deve essere conservata ed esibita dal contribuente al Caf che presta l’ assistenza alla dichiarazione dei redditi, ovvero, su richiesta, agli uffici dell’ amministrazione finanziaria. Tale procedura, tuttavia, come precisato nella successiva circolare 7/E/2018, si applica solo nell’ ipotesi di acquisto di un box pertinenziale proprio come nel caso di specie, nel presupposto che il pagamento avvenga in presenza di notaio. Ovviamente le spese detraibili sono pari al 50% delle spese di realizzazione attestate dall’ impresa cedente, nei limiti di 96mila euro. [2249][384963] Ecobonus per tutte le spesedi sostituzione del tettoHo iniziato dei lavori di ristrutturazione di casa mia che includono anche la sostituzione del tetto. Vorrei far rientrare quest’ ultima opera nella riqualificazione energetica (con sconto al 65%) per una questione di capienza. La ditta che effettua i lavori del tetto, tuttavia, mi ha fatto un preventivo indicando un prezzo al metro quadrato, comprensivo di tutto. Posso fare emettere un’ unica fattura per l’ intero lavoro e farla rientrare nello sgravio al 65% o devo separare le voci che riguardano il risparmio energetico in senso stretto dal resto e richiedere l’ emissione di due fatture? In questa seconda ipotesi, quali sono le voci che non rientrano nel 65%?C.E.BOLZANO Nel caso di specie, tutte le spese per l’ intervento di sostituzione del tetto rientrano tra quelle detraibili ai fini del 65% a condizione che si conseguano dopo l’ intervento i valori di trasmittanza termico di cui al Dm 11 marzo 2008 e successive modificazioni. La sussistenza di tali condizioni deve essere asseverata da professionisti abilitati, mediante l’ attestazione della prestazione energetica (cosiddetto Ape), di cui al Dm 26 giugno 2015. All’ Enea spetterà, poi, il compito di procedere a verifiche, anche a campione, sulle suddette dichiarazioni e, in caso di accertata non veridicità delle stesse, verrà comminata la decadenza dal beneficio, con ripresa a tassazione degli importi di detrazione indebitamente fruiti, ferma restando la responsabilità del professionista attestante, secondo le disposizioni vigenti. Tutte le spese strettamente inerenti l’ esecuzione dell’ intervento sono detraibili, comprese quelle accessorie necessarie per il ripristino del tetto nello stato originario e non solo quelle relative alla sola coibentazione (articolo 1, comma 3 , lettera a, n. 1-11, della legge 27 dicembre 2017, n.205, di Bilancio 2018, si veda anche la guida al 65% su www.agenziaentrate.it, articolo 14 Decreto legge 63/2013, convertito in legge n. 90/2013). Agevolazioni tributarie A cura di Gabriele Ferlito [2250][385391] No al bonus Sud su miglioriea immobili di proprietà di terziUn’ impresa, che svolge un’ attività in un immobile di terzi, lo utilizza in base a contratto di affitto. Nel 2017 inizia un’ attività al Sud e sostiene alcune spese per realizzare alcune migliorie su tale immobile. Tramite un’ impresa edile effettua interventi di ristrutturazione e di installazione di impianti elettrici, idraulici, eccetera. Può fruire del bonus investimenti del Mezzogiorno inserendo tali spese nella voce impianti?V.C.TEVEROLA La risposta è negativa. I principi contabili prevedono che i costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni di terzi (qual è l’ immobile preso in locazione), se non sono separabili dai cespiti cui si riferiscono, costituiscono immobilizzazioni immateriali (classificabili nella voce B.I.7). Pertanto, si ritiene che non siano agevolabili gli investimenti negli impianti indicati nel quesito (elettrici, idraulici) in quanto, appunto, non separabili dall’ immobile al momento della conclusione della locazione. [2251][385376] Incentivi sulla pubblicità:così l’ attestazione delle speseIn merito al bonus pubblicità, ho letto che le fatture (o le scritture contabili) devono essere asseverate dai soggetti abilitati a farlo. Ma quali sono le operazioni che devono essere eseguite per effettuare l’ asseverazione?A.C.PALERMO Il Dpcm 90/2018, recante il «Regolamento di disciplina delle modalità ed i criteri di concessione del bonus pubblicità», prevede all’ articolo 4, comma 2, che l’ effettuazione delle spese in relazione alle quali è richiesta l’ agevolazione deve risultare da un’ apposita attestazione rilasciata dai soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità ovvero dai revisori legali. Si tratta, quindi, di rilasciare una dichiarazione attestante il sostenimento delle spese agevolabili. A questi fini, si ritiene che l’ obbligo di attestazione del professionista sia analogo a quello che caratterizza il rilascio del visto di conformità. In particolare, il professionista deve riscontrare la corrispondenza dei dati esposti nella richiesta di agevolazione alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché alle norme che disciplinano il momento di sostenimento del costo. Qualora l’ esito sia positivo, il professionista rilascia l’ attestazione che deve essere conservata dal contribuente per eventuali futuri controlli (nessun documento va allegato alla comunicazione telematica per l’ accesso al credito d’ imposta sugli investimenti pubblicitari). [2252][385243] Vantaggi per chi investenei media nell’ elenco RocGli investimenti sulle tv nazionali sono oggetto di agevolazione per credito d’ imposta per gli investimenti pubblicitari?C.B.LUGO Il Regolamento di disciplina delle modalità ed i criteri di concessione del bonus pubblicità (ex Dpcm 90/2018), prevede all’ articolo 3, comma 1, che gli investimenti pubblicitari devono essere effettuati su giornali ed emittenti editi da imprese titolari di una testata giornalistica iscritta presso il competente tribunale ovvero presso il Registro degli operatori di comunicazione nonché dotate della figura del direttore responsabile. Il Registro degli operatori di comunicazione (Roc) è uno specifico elenco istituito in Italia dalla legge 249/1997 nel quale sono tenuti a iscriversi i soggetti destinatari di concessioni o autorizzazioni in materia di comunicazione (imprese concessionarie di pubblicità, imprese di produzione e distribuzione di programmi radiofonici e televisivi, imprese editrici di giornali quotidiani/periodici o riviste, agenzie di stampa di carattere nazionale, imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni, compresa l’ editoria elettronica e digitale). Il lettore dovrà quindi verificare se il soggetto con il quale andrà sottoscritto il contratto pubblicitario è presente nell’ elenco pubblico degli operatori iscritti nel Roc, reperibile all’ indirizzo internet www.agcom.it/elenco-pubblico. [2253][385134] Le opzioni per la giovaneche apre il sito e-commerceSono una ragazza di 23 anni e vorrei creare un sito e-commerce e svolgere attività di dropshipping. Per farlo dovrei aprire una partita Iva. Volevo sapere se ci sono agevolazioni legate all’ età o all’ imprenditoria femminile che potrebbero farmi risparmiare sui costi della partita Iva e sulle tasse.V.D.GENOVA L’ apertura ed il mantenimento della partita Iva non comporta di per sé alcun costo specifico, anche se di solito ne consegue un costo “indiretto” derivante dall’ opportunità/necessità di individuare un professionista che curi gli aspetti contabili e fiscali. Detto questo, ecco le principali agevolazioni cui la lettrice potrebbe avere accesso. In primo luogo, il regime forfettario (legge 190/2014), che è spesso il regime naturale per le persone fisiche che iniziano un’ attività d’ impresa. L’ accesso al regime richiede il conseguimento di ricavi inferiori a determinati limiti indicati nella tabella allegata alla legge 190/2014 (l’ attività di dropshipping sembra annoverabile in quella di intermediario nel commercio, per la quale è ora previsto un limite di ricavi annuali pari a 25mila euro), nonché il sostenimento di spese per lavoro dipendente o assimilato non superiore a 5mila euro lordi. In questi casi, il reddito imponibile è determinato applicando ai ricavi uno specifico coefficiente di redditività previsto dalla citata tabella (nel caso degli intermediari nel commercio: il 62 per cento). Quindi, diversamente da quanto avviene nel regime ordinario, non si ha una deduzione analitica dei costi inerenti. Una volta determinato il reddito, si applica un’ imposta sostitutiva del 5% per i primi cinque anni dall’ inizio dell’ attività (poi diventa del 15%). Il regime forfettario comporta anche una semplificazione degli adempimenti, perché i contribuenti non addebitano l’ Iva nelle fatture attive e non detraggono quella indicata nelle fatture passive; pertanto, tali soggetti non devono tenere i registri Iva, sono esonerati dalla liquidazione e dal versamento periodico dell’ Iva e dalla presentazione della dichiarazione annuale Iva (devono invece presentare la dichiarazione dei redditi) nonché dello spesometro.In secondo luogo, va valutato se la nuova impresa ha i requisiti per costituire una start-up innovativa secondo quanto stabilito dal Dl 179/2012 e successive modificazioni. In questo caso l’ impresa, in sede di iscrizione nel Registro delle imprese, è esonerata dal pagamento dell’ imposta di bollo e dei diritti di segreteria abitualmente dovuti per gli adempimenti da effettuare presso il Registro delle imprese, nonché del diritto annuale dovuto in favore delle Camere di commercio (fino al quinto anno di iscrizione nel Registro delle imprese). Inoltre, l’ atto costitutivo dell’ impresa può essere redatto in forma tipizzata con firma digitale, senza l’ intervento (e i costi) del notaio. E ancora, i soggetti Irpef e Ires che investono nella startup innovativa possono beneficiare, rispettivamente, di una detrazione del 30% dall’ imposta e di una deduzione del 30% dalla base imponibile.Infine, per quanto riguarda il reperimento delle somme iniziali per avviare l’ attività, sussistono molteplici possibilità, dalle linee di credito dedicate da parte delle istituzioni finanziarie, alle sovvenzioni regionali, nazionali o europee (queste ultime possono essere ricercate sul portale di Italia Startup www.warrantgroup.it/startup). Ad esempio, si segnala l’ incentivo “Nuove imprese a tasso zero” messo in campo da Invitalia a disposizione di giovani, tra i 18 e i 35 anni, e donne che vogliono avviare una micro impresa, che finanzia progetti di impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro. Dichiarazione dei redditi delle persone fisiche A cura di Alfredo Calvano [2254][384927] Deducibili i contributi Inpsversati post accertamentoHo ricevuto una sanzione dall’ Inps,relativamente a contributi non versati alla gestione separata (ex articolo 2, comma 26, della legge 335/1995). L’ importo dei contributi non versati è pari a 648,90 euro, mentre le sanzioni ammontano a 449,17 euro. Posso considerare come deducibile l’ importo di euro 648,90 e, quindi, esporlo in dichiarazione dei redditi nel rigo RP21 («contributi previdenziali ed assistenziali detraibili»)?E.S.MILANO La risposta è affermativa. È legittima la deducibilità dei contributi previdenziali obbligatori (rigo RP21 del modello Redditi 2018) nel periodo d’ imposta in cui sono stati versati, non costituendo una circostanza preclusiva il fatto che gli stessi vengano versati a seguito di un’ attività accertativa da parte dell’ istituto previdenziale. A cura di Giuseppe Merlino [2255][385046] Non è possibile detrarreil corso professionaleSono detraibili le spese sostenute per la frequentazione di una scuola superiore professionale di formazione in psicomotricità? Si tratta di un organismo di formazione accreditato presso la Regione Veneto, numero A0539, ex Dd 299/2011 per la formazione continua, accreditato al Miur in base alla direttiva 170/2016, a cui si accede con diploma di scuola secondaria di secondo grado.M.R.ROVERÉ VERONESE La tipologia di corso indicata dal lettore non è assimilabile alle spese d’ istruzione detraibili secondo la normativa vigente (si veda l’ articolo 15, comma 1, lettere e, e-bis, del Tuir, Dpr 917/86). Pur essendo accreditato presso il Miur, il corso in esame non risulta essere un corso universitario di specializzazione e, quindi, non può fruire della detrazione fiscale. [2256][384925] Non agevolata la ginnasticaposturale nel centro sportivoÈ detraibile la spesa sostenuta presso un centro sportivo per venti sedute di ginnastica posturale? Le sedute sono state eseguite da un dottore in scienze motorie e massofisioterapia, con prescrizione medica.C.A.REGGIO DI CALABRIA La detraibilità della spesa sostenuta per la ginnastica posturale potrebbe essere riconosciuta, quindi rientrare tra le spese sanitarie, solo se le sedute si fossero svolte in un centro specializzato sotto controllo medico o con un fisioterapista e anche se le prestazioni fossero state rese da un massofisioterapista con diploma di formazione triennale conseguito entro il 17 marzo 1999. Nel caso in esame non sembra sussistano i requisiti per poter beneficiare dell’ agevolazione fiscale. A tal proposito, l’ agenzia delle Entrate (circolare 19/E/2012, paragrafo 2.3) aveva peraltro già chiarito che «la spesa per l’ iscrizione ad una palestra non può essere qualificata spesa sanitaria ai fini dell’ applicazione dell’ art. 15, comma 1, lett. c) del Tuir, anche se accompagnata da un certificato medico che prescriva una specifica attività motoria; detta attività, infatti, anche se svolta a scopo di prevenzione o terapeutico, va inquadrata in un generico ambito salutistico di cura del corpo e non può essere riconducibile a un trattamento sanitario qualificato». [2257][384915] Ok ai vantaggi sulle medicinepagate per il suocero disabileMi capita spesso di acquistare medicinali per il padre di mio marito, pensionato con reddito da pensione superiore a 2.840,51 euro, invalido e beneficiario di indennità di accompagnamento a carico dell’ Inps, il quale, a causa delle sue precarie condizioni di salute, non esce più di casa. A tal proposito chiedo se, sostenendo personalmente tali spese, posso portare in deduzione dal rigo E25 del modello 730 personale, i relativi oneri costituiti da scontrino parlante con l’ indicazione del codice alfanumerico del medicinale e il codice fiscale di mio suocero, posto che comunque lo stesso vive in una residenza diversa con la moglie e ha pertanto il suo nucleo familiare distinto dal mio? Quanto sopra anche con accompagnamento di un’ autocertificazione attestante la spesa e da allegare agli scontrini in caso di verifica fiscale, e in ossequio alle istruzioni allegate al modello 730/2018 (pagina 55, rigo E25)E.D.CHIETI Si conferma la possibilità di dedurre dal proprio reddito complessivo le spese sanitarie sostenute per il suocero disabile, in quanto rientra tra i familiari per i quali è possibile beneficiare della deducibilità di cui all’ articolo 10 del Tuir, Dpr 917/1986, anche se non è fiscalmente a carico del contribuente. Come riportato nella guida «Le agevolazioni fiscali sulle spese sanitarie» (della serie «l’ Agenzia informa», scaricabile gratuitamente dal sito internet delle Entrate) «se il documento di spesa è intestato solo alla persona disabile, il familiare che ha sostenuto il costo, per fruire della deduzione, dovrà integrarlo, annotandovi l’ importo da lui pagato. Lo stesso familiare sarà tenuto a fornire la documentazione comprovante la spesa in sede di controllo della dichiarazione dei redditi». Iva A cura di Giuseppe Barbiero [2258][385154] Perso il forfat in corso d’ anno,la semplificata vale dall’ inizioL’ attività di agriturismo con calcolo forfettario dell’ Iva e dell’ Irpef ha perso i requisiti per essere tale in data 31 maggio 2018, a seguito di ispezione. Dal 1° giugno 2018 è stata iniziata l’ attività commerciale di locanda (ristorazione più camere), con la stessa partita Iva, in contabilità semplificata e Iva ordinaria. Dunque, convivono nello stesso anno due criteri di calcolo per il reddito e per l’ Iva: forfettario per il primo periodo, analitico per il secondo. Ai fini della dichiarazione Iva, è corretto compilare due distinti moduli per i due criteri applicati, versando l’ Iva sulla sommatoria delle singole liquidazioni? La stessa cosa è possibile per il calcolo del reddito: un quadro G per quello di agriturismo e un quadro G per quello da locanda? In questo modo, nello stesso anno vengono gestiti due periodi con criteri di calcolo tra loro diversi. È corretto?I.C.MONTECALVO IN FOGLIA Poiché nel caso in esame si tratta di una variazione nella determinazione delle imposte dirette e dell’ Iva e del regime contabile, intervenuta non in conseguenza di una sopraggiunta disposizione normativa, ma perché l’ attività di agriturismo ha perso i requisiti di legge per essere considerata tale, il regime di contabilità semplificata con il calcolo analitico del reddito e quello dell’ Iva ordinaria trovano concreta applicazione fin dall’ inizio dell’ anno 2018. Come si desume dall’ articolo 1, del Dpr 442/1997 e dall’ interpretazione fornita dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione (si veda, da ultimo, Cassazione sezione tributaria, 14 dicembre 2011, n. 26934). [2259][385155] Fattura ricevuta a settembre:liquidazione a ottobreHo ricevuto il mese scorso una fattura datata novembre 2017, per interventi di manutenzione. La liquidazione Iva è mensile: come devo contabilizzarla?G.R.SALERNO La fattura datata novembre 2017, divenuta esigibile in tale periodo e ricevuta a settembre 2018, andrà contabilizzata e registrata nella liquidazione Iva mensile di ottobre 2018, relativa alle operazioni del mese precedente. Il diritto alla detrazione dell’ imposta, come modificato dal Dl 50/2017, potrà essere esercitato – conformemente alle istruzioni fornite all’ agenzia delle Entrate con circolare 1/E/2018 – al più tardi entro il 30 aprile 2019. A cura di Albino Leonardi [2260][385152] Giochi, affitto delle macchineescluso dall’ esenzione dell’ IvaLa società Alfa Srl svolge l’ attività di gestione di ricevitorie di lotto e superenalotto, di ricevitorie di scommesse, nonché di apparecchi che consentono vincite in denaro, funzionanti a moneta o gettoni. Per lo svolgimento della propria attività ha stipulato con il concessionario un contratto in base a cui vengono locate delle macchine da gioco, oltre che stabilite le percentuali dovute quale corrispettivo per le giocate. Tali attività, ai fini Iva, sono esenti ex articolo 10 comma 1, n. 6, del Dpr 633/72 e non soggette a certificazione (se non con relativo estratto conto)? Inoltre, anche la locazione degli apparecchi gode dell’ esenzione in commento?V.S.- vimercateIl regime di esenzione da Iva previsto dall’ articolo 10, numero 6, del Dpr 633/1972 si applica alla raccolta delle giocate con apparecchi di intrattenimento di cui all’ articolo 110, comma 6, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto 773/1931), ossia gli apparecchi obbligatoriamente collegati o facenti parte della rete telematica (cosiddetti apparecchi idonei al “gioco lecito”), anche relativamente ai rapporti tra i concessionari della rete di gestione e i terzi incaricati alla raccolta delle giocate. L’ esenzione, pertanto, si applica alle operazioni relative all’ esercizio del gioco, escluse quelle relative alla locazione o ogni altro contratto che trasferisca la disponibilità o il possesso degli apparecchi (circolare 25/E del 13 maggio 2005). [2261][385136] Il concordato preventivoe la nota di variazioneCi siamo insinuati in un concordato preventivo di una Spa in amministrazione straordinaria. Siamo stati soddisfatti per la percentuale prevista dal concordato e sappiamo che in corso ci sono due procedure concorsuali legate a questo concordato. Per poter emettere la nota di variazione Iva per il recupero dell’ imposta, senza incorrere in sanzioni e/o interessi tributari, dobbiamo attendere la chiusura definitiva del concordato o è sufficiente acquisire le prove che il debitore abbia adempiuto agli obblighi assunti nel concordato stesso?c.l.VENEZIA Nel caso in esame, l’ emissione della nota di variazione in diminuzione è possibile dal momento in cui il debitore concordatario adempie agli obblighi assunti in sede di concordato. Ciò in conseguenza delle risoluzioni 155/E e 161/E del 2001 e 89/E/2002, oltreché dalle sentenze della Cassazione 1541 del 27 gennaio 2014, e 27136 del 16 dicembre 2014.Tuttavia, l’ Associazione italiana dottori commercialisti, con la Norma di comportamento n. 192, emanata il 1° febbraio 2015, si è espressa in senso contrario a tale posizione, evidenziando che «la locuzione “rimaste infruttuose” si deve intendere riferita esclusivamente alle procedure esecutive individuali, e non anche a quelle concorsuali», sicché l’ operazione si potrebbe considerare rettificabile in diminuzione già nel corso della procedura concorsuale, senza doverne necessariamente attendere la chiusura. A cura di Stefano Setti [2262][385184] Ricevute fiscali sui modulidelle tipografie autorizzateL’ emissione delle ricevute fiscali deve avvenire su moduli prenumerati e predisposti da tipografie autorizzate? O le ricevute possono essere emesse e stampate su moduli creati da software o da fogli elettronici aventi comunque i dati fiscali obbligatori, ma prive di numerazione preventivamente comunicata all’ agenzia delle Entrate?V.D.TREVISO La ricevuta fiscale dev’ essere emessa utilizzando stampati conformi al modello allegato al Dm 30 marzo 1992, predisposti dalle tipografie autorizzate (al riguardo, si vedano gli articoli 1 e 3 del citato Dm 30 marzo 1992). Si evidenzia che l’ articolo 3 del Dm 30 marzo 1992 stabilisce che: «I documenti previsti dal presente decreto, sono predisposti dalle tipografie autorizzate dal ministero delle Finanze a norma dell’ art. 11 del decreto ministeriale 29 novembre 1978». Ne consegue che la ricevuta fiscale deve avvenire su moduli prenumerati e predisposti dalle tipografie autorizzate. Accertamento/Contenzioso A cura di Rosanna Acierno [2263][385190] La legge Pinto non si applicaai procedimenti tributariÈ applicabile la legge Pinto ai processi in commissione tributaria?F.M.FOGGIA La risposta è negativa. Il Dl 201/2002, con cui sono state apportate modifiche alla legge 89/2001 (cosiddetta “legge Pinto”) ha infatti escluso la possibilità di presentare ricorso per ottenere la riparazione per i danni derivanti dall’ eccessiva durata di un processo, con riguardo ai procedimenti di competenza del giudice tributario. A sostegno di tale disposizione, la relazione di accompagnamento al citato Dl richiama la sentenza della Corte di giustizia 12 giugno 2001 (cosiddetta sentenza “Ferrazzini”), che ha escluso dalla tutela dell’ articolo 6 della Convenzione per i diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali i procedimenti aventi a oggetto pretese dell’ amministrazione finanziaria non suscettibili di ripercussioni penali. Va detto, inoltre, che anche la Corte di cassazione ha più volte statuito che il risarcimento per eccessiva durata del contenzioso tributario non trova applicazione, salvo che per peculiari fattispecie, quali «le richieste di rimborso di somme, rifluenti nell’ area delle obbligazioni privatistiche, o anche le pretese tributarie dell’ amministrazione qualora siano connesse a sanzioni» (si veda, tra le altre, la sentenza 16212/2012 della Suprema corte). [2264][385146] Il conto del professionistae i controlli sui movimentiUn mio cliente, avvocato in regime di contabilità ordinaria, nel mese di ottobre 2013 ha prelevato da un conto corrente personale (non fiscale) una consistente somma di denaro: oltre 20mila euro. La somma è stata tenuta a disposizione del professionista e della movimentazione effettuata è stata data rilevanza nelle scritture contabili: “cassa a titolare conto apporti”. Nel mese di febbraio 2014, la stessa somma è stata versata sul conto corrente utilizzato ai fini professionali, con la scrittura: “banca a cassa”. Essendo stata avviata una richiesta di dati agli intermediari finanziari con i quali il professionista intrattiene rapporti, il comportamento del mio cliente potrebbe essere oggetto di accertamento? Conviene recarsi in Agenzia e fornire chiarimenti – visto che le somme versate nel 2014 provengono da un prelevamento fatto nell’ anno precedente, e per il quale non è stata inoltrata agli intermediari la stessa richiesta – o attendere la comunicazione dell’ ufficio?G.P.RIETI I fatti descritti portano a ritenere che nei confronti del professionista l’ amministrazione finanziaria abbia avviato, previa autorizzazione da parte dell’ organo preposto sovraordinato, delle indagini finanziarie, ossia una vera e propria verifica volta a esaminare – con riferimento a uno o più anni di imposta – i prelevamenti e i versamenti effettuati sui conti correnti di cui è titolare il professionista e ad accertare eventualmente un maggiore reddito imponibile. In particolare, così come stabilito dall’ articolo 32, comma 1, n. 2 del Dpr 600/73, i dati risultanti dalle movimentazioni bancarie «sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ ambito dei predetti rapporti od operazioni (per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili)».Tutto ciò premesso, nel caso di specie non è opportuno recarsi presso l’ ufficio, ma è piuttosto consigliabile cominciare a ricostruire le movimentazioni finanziarie attraverso la documentazione contabile, collegando ad esempio le uscite con le fatture di acquisto e le entrate con le fatture di vendita, e attendere l’ invito da parte dei verificatori, per poi fornire i chiarimenti richiesti. Da ultimo, va ricordato che, trattandosi di verifica in corso, è possibile anche regolarizzare spontaneamente eventuali violazioni che dovessero essere state commesse. A cura di Salvina Morina e Tonino Morina [2265][385373] «Caffettometro» validose i ricavi del bar sono bassiHo letto che l’ ufficio dell’ agenzia delle Entrate può rideterminare induttivamente i ricavi di un bar, sulla base del consumo di caffè. È vero?N.R.TORINO La risposta è affermativa. Gli incassi del bar, se il Fisco li considera insufficienti, possono essere rideterminati con il cosiddetto “caffettometro”. A tal proposito, si segnala che la Cassazione (ordinanza 21130/18) ha di recente confermato la sentenza 326/2016 della Commissione tributaria regionale di Napoli, che aveva correttamente rideterminato i ricavi del bar sulla base del consumo di caffè.Ecco i fatti. L’ agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Benevento, aveva emesso un accertamento per l’ anno 2005 nei confronti di un bar, elevando il reddito dichiarato di 25.858 euro, a fronte di ricavi dichiarati per 199.139,00 euro. Il ricorso in primo grado era stato accolto dalla Ctp di Benevento, l’ ufficio aveva proposto l’ appello, e i giudici di secondo grado avevano ribaltato quasi interamente la sentenza, dando ragione alle Entrate, rideterminando i maggiori ricavi conseguiti in 25mila euro (rispetto ai 25.858 euro accertati).La Cassazione, alla quale si era rivolto il contribuente, ha poi confermato la sentenza della Ctr, che ha ritenuto legittimo l’ operato dell’ ufficio, che aveva correttamente calcolato in 8 grammi la polvere di caffè occorrente per una tazzina di caffè, tenendo conto degli sfridi, in quanto, per un caffè, vengono normalmente considerati sufficienti 5, 6 o 7 grammi. I giudici di secondo grado avevano anche tenuto conto del fatto che il bar fosse ubicato in una zona dove erano concentrati cinque esercizi della stessa specie. Visto infine che l’ ufficio non aveva considerato nel suo calcolo il caffè impiegato per preparare cappuccini e quello venduto in confezioni ai clienti, la Ctr di Napoli aveva ridotto da 25.858,00 euro a 25mila euro i maggiori ricavi conseguiti dal bar. Secondo il contribuente l’ ufficio non aveva considerato che, in presenza di regolari scritture contabili, l’ ufficio non aveva dedotto presunzioni gravi, precise e concordanti, tale non essendo la percentuale di ricarico applicata sui prodotti. Per la Cassazione, il ricorso del contribuente è infondato, anche perché i giudici di legittimità hanno già avuto modo di affermare il principio secondo cui «sia in tema di accertamento delle imposte sui redditi che di accertamento ai fini Iva, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’ accertamento analitico – induttivo del reddito d’ impresa, sempre che la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente e sostanzialmente inattendibile, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell’ antieconomicità del comportamento del contribuente. In siffatta ipotesi, pertanto, è consentito all’ ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ai fini delle imposte dirette e dell’ Iva» (Cassazione 6951/2017, 4312/2015, 6849/2009, 13319/2011). [2266][385371] I regali documentati rendonoinefficace il redditometroNel 2016 mi è stato notificato un accertamento sintetico, in base al cosiddetto redditometro, contro il quale ho presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale. L’ ufficio dell’ agenzia delle Entrate mi contesta presunti incrementi patrimoniali, non ritenendo “giustificati” i versamenti fatti in occasione del mio matrimonio, e anche le donazioni fatte e documentate dai miei genitori. È giusto tale comportamento?B.R.MILANO Il comportamento dell’ ufficio è sbagliato, perché non considera in alcun modo le donazioni e i regali ricevuti dal lettore. Secondo la Cassazione, infatti, le donazioni e i regali in danaro ricevuti, se correttamente documentati, rendono inefficace il redditometro. Al riguardo, si veda la sentenza 21783/2018 della Corte, che ha accolto il ricorso del contribuente con rinvio alla Ctr della Campania che, in diversa composizione, dovrà procedere a un nuovo riesame della controversia. Il caso esaminato dai giudici di legittimità riguarda un accertamento sintetico (redditometro), emesso dalle Entrate, per l’ anno 2002, con determinazione di un maggior reddito a carico del contribuente, per incrementi patrimoniali, che, per l’ ufficio, non sarebbero giustificati dalla dichiarazione dei redditi presentata. Il contribuente ha presentato ricorso contro l’ accertamento, “giustificando” gli incrementi patrimoniali, in quanto negli anni dal 2002 al 2005 aveva ricevuto una donazione di 88mila euro, regali matrimoniali per 13.750 euro, risarcimenti assicurativi per 6.249 euro, nonché redditi agrari derivanti dall’ attività agricola per 20mila euro. Il ricorso è stato accolto, ma l’ ufficio ha presentato l’ appello, avallato dalla Ctr che ha confermato l’ accertamento sintetico. Contro la sentenza di secondo grado, il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione, contestando il giudice d’ appello che aveva dichiarato non ammissibili le prove addotte in sede di contraddittorio con l’ ufficio. In particolare, il contribuente aveva prodotto la copia dell’ estratto conto (dal quale risultava accreditata, da parte del padre, la somma di 88mila euro, in data 22 aprile 2005), la copia di testamento del nonno paterno per documentare l’ articolata vicenda successoria nella quale la donazione si inseriva, l’ estratto del conto corrente relativo alle somme accreditate (come regali di nozze del 2004, per 13.750 euro), la quietanza dell’ assicurazione del 3 luglio 2003 relativa alla somma derivante da un risarcimento assicurativo (per 6.249 euro). A parere della Corte, dunque, il giudice d’ appello ha sbagliato «per non avere ammesso alla prova contraria i fatti allegati – già in sede di contraddittorio, come previsto dal sesto comma dell’ articolo 38» del decreto sull’ accertamento, Dpr 600/1973. Nel caso in questione, il contenzioso – che è relativo all’ anno 2002, cioè 16 anni fa – non si è ancora chiuso in Cassazione, in quanto i giudici di legittimità hanno rinviato la controversia «alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, perché proceda ad un nuovo esame della controversia». Insomma, si riparte dal secondo grado. Sanzioni tributarie A cura di Giuseppe Barbiero [2267][384819] Sanzione se non c’ è riscontrotra ricevute fiscali e PosLa Guardia di finanza, in sede di controllo per riscontrare la corretta applicazione delle norme in materia di emissione degli scontrini fiscali, ci ha chiesto di esibire le ricevute fiscali emesse durante il mese di luglio 2018, da confrontare con le ricevute emesse dal Pos nello stesso periodo. Dalla documentazione è emerso che sei pagamenti Pos non hanno riscontro, in termini di importo ed orario, con le ricevute fiscali emesse. La Guardia di finanza, di conseguenza, ha emesso sei processi verbali di contestazione con relative sanzioni amministrative. Questa modalità di accertamento è corretta oppure può essere oggetto di ricorso? E, per quanto riguarda le sanzioni, si può incorrere in una sospensione della licenza con conseguente chiusura dell’ attività oltre al pagamento di una sanzione amministrativa o può essere invocato il cumulo giuridico con applicazione di una sola sanzione?L.G.CREMONA Premesso che ai fini del controllo della corretta applicazione delle norme in materia di certificazione fiscale è da ritenere legittimo il riscontro delle ricevute fiscali emesse nel mese con il terminale delle ricevute pos emesse nello stesso periodo temporale, si precisa che alle violazioni contestate è applicabile oltre alla sanzione amministrativa del 100% dell’ Iva corrispondente all’ importo non documentato (articolo 6, comma 3, Dlgs 471/1997), la sanzione accessoria della sospensione da uno a sei mesi della licenza dell’ esercizio dell’ attività, ovvero dell’ esercizio dell’ attività medesima ex articolo 12, comma 1, del Dlgs 471/1997 e dell’ articolo 21, comma 1, del Dlgs 472/1997, qualora la sanzione irrogata sia superiore a quella edittale prevista per la più grave delle violazioni accertate, non sia inferiore agli importi ivi previsti. Infine, non si ritiene applicabile il concorso materiale (violazioni formali della stessa disposizione con più azioni od omissioni) di cui all’ articolo 12, comma 1, del Dlgs 472/1997, che prevede l’ applicazione della sanzione per la violazione più grave aumentata dal quarto al doppio, in quanto nel caso in esame le violazioni sono di carattere sostanziale e non formale, poiché incidono sull’ imponibile o sulla liquidazione del tributo (circolare 180 del 13 luglio 1998, dipartimento Entrate). A cura di Giorgio Confente [2268][381293] Benzina, la fatturazione erratavìola l’ obbligo di registrazioneUn benzinaio si è accorto di aver emesso delle fatture per l’ acquisto di carburante a un’ impresa che in realtà non è autotrasportatore conto terzi. In tal caso, in quale sanzione incorre? Essendo violazioni plurime dello stesso tipo è applicabile il cumulo giuridico? In caso affermativo, come viene calcolato?G.S.MILANO La sanzione applicabile va da un minimo di 250 euro a un massimo di duemila euro, aumentata da un quarto al doppio, in applicazione del cumulo giuridico.Non è prevista una specifica norma che sanziona la violazione dell’ articolo 1, comma 3, del Dpr 444/97 che fa espresso divieto ai gestori di impianti stradali di distribuzione di carburanti di emettere fattura al di fuori delle eccezioni specificamente previste dalla normativa (ad esempio: rifornimenti ad autotrasportatori per conto terzi) e dalla circolare 205/E/1998 (ad esempio: contratti di netting). Quindi, va considerata la norma che punisce la violazione degli obblighi inerenti la documentazione e la registrazione di operazioni imponibili ai fini Iva (articolo 6, comma 1, del Dlgs 471/97). In particolare è prevista una sanzione fissa (da 250 euro a duemila euro) al posto di quella proporzionale all’ Iva, esposta in fattura, quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo, come nel caso esposto dal lettore. Infine, in caso di più violazioni formali della medesima disposizione è previsto un aumento della sanzione da un quarto al doppio, in ossequio al principio del cumulo giuridico (articolo 12, comma 1, Dlgs 472/97. A cura di Ezio Maria Pisapia [2269][383142] Nessuna responsabilitàper l’ acconto 2017 ex «Iri»La legge 232/2016 (legge di Bilancio 2017) dal 2017 ha introdotto l’ imposta sul reddito d’ impresa (Iri), mediante l’ inserimento nel Tuir (Dpr 917/86) dell’ articolo 55-bis. La base imponibile Iri è determinata secondo le ordinarie disposizioni in materia di reddito d’ impresa. Dalla base imponibile Iri vanno dedotti gli utili prelevati dai soci. Se l’ utile del 2017 è stato di 500mila euro, e il prelevamento di 300mila, su 200mila si calcola il 24%; l’ utile dei soci è di 300mila, le riserve pregresse di 300mila, l’ imponibile è uguale a zero. Al momento di versare gli acconti, ho optato per non versare nulla a titolo di acconti Irpef, in presenza di imponibile pari a zero. Poi è arrivata la proroga del meccanismo Iri al 2018. Siamo costretti a versare gli acconti sulla base storica, con le relative sanzioni. A questo punto, il mio cliente sostiene che le sanzioni debba pagarle io. E naturalmente io sostengo il contrario, dopo le disposizioni della legge di Bilancio 2018. Chi ha ragione?G.D.MEDA Il professionista e lettore che ci scrive è sicuramente incolpevole, come lo è il suo cliente. Gli acconti dell’ Irpef, da versare a giugno e a novembre di ogni anno, sono determinati, di regola, con criterio storico, consistente nel calcolo di una percentuale (variata nel corso degli anni) dell’ imposta dovuta per l’ anno precedente. I versamenti di acconti omessi o insufficienti sono puniti con la sanzione del 30%, ma questa non si applica se l’ acconto è stato comunque commisurato alla (minore) imposta dovuta per l’ anno in corso (articolo 2, comma 4, lettera b, legge 97/1977).Nei mesi di giugno e novembre del 2017 il professionista che scrive ha ragionevolmente escluso l’ acconto a carico di un suo cliente. Costui, per il 2017, avrebbe avuto un imponibile complessivo Irpef pari a zero, potendo optare per l’ imposta sostitutiva dell’ Irpef sul reddito d’ impresa (articolo 55-bis del “nuovo” Tuir approvato con Dpr 917/1986). La disposizione sull’ imposta sostitutiva doveva entrare in vigore nel 2017, ma poi l’ articolo 1, comma 1063, della legge 205/2017, l’ ha differita al 2018, mettendo in difficoltà la pur ragionevole pianificazione fiscale già elaborata.Il lettore si chiede su chi gravino le sanzioni per omesso versamento dell’ acconto, dovuto sull’ Irpef liquidata per il 2017. Ma la sanzione non si applica quando l’ acconto è versato in misura inferiore all’ imposta dovuta per l’ esercizio precedente (per esempio, il 2016), purché non sia inferiore a quello commisurato, con la stessa percentuale, all’ Irpef per l’ esercizio in corso (nell’ esempio, il 2017). Il contribuente ha dunque la facoltà di pagare un minor acconto, o di non pagarlo, se «prevede» di conseguire, nel 2017, un reddito minore o di non conseguirlo affatto.I rischi di questa “previsione” eventualmente errata o arbitraria ricadono sul contribuente in termini sanzionatori. Il motivo è che la sua colpa è presunta, salvo che il trasgressore non dimostri di aver agito incolpevolmente. È questo il caso che ci riguarda, considerando che la “trasgressione” è dipesa non già dalla negligenza o dall’ imperizia del contribuente (o del suo consulente), ma da un «factum principis» del tutto inatteso: lo slittamento di un anno dell’ imposta sostitutiva stabilito dalla legge 205/2017. Lo slittamento è infatti entrato in vigore nel 2018, dopo la scadenza degli acconti.La giurisprudenza è ferma nel sostenere che «è necessario, ai fini della responsabilità, che l’ azione od omissione, oltre che cosciente e volontaria, sia anche colpevole, cioè che si possa rimproverare all’ agente di avere tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quanto meno negligente» (Cassazione, sentenza 17579/2003, fra le altre). Sulla scorta di questi principi, si ritiene che sia da respingere ogni pretesa sanzionatoria dell’ Agenzia. È da escludere, comunque, ogni colpa o responsabilità del professionista. Costui non solo è esente da «dolo o colpa», ma ha agito responsabilmente, diligentemente e coscienziosamente nell’ interesse dell’ assistito. Nei termini di non punibilità sopra riferiti, si è espressa anche l’ agenzia delle Entrate, con la recente risoluzione 47/E/2018. Catasto A cura di Antonio Iovine [2270][384971] Accatastamento facoltativoper il lastrico di pertinenzaNel gennaio 2009 ho presentato una denuncia d’ inizio attività al Comune per trasformare il lastrico di copertura dell’ edificio (di mia proprietà e mai accatastato dal costruttore) in un terrazzo. Il tecnico non ha presentato l’ accatastamento, quindi al catasto il terrazzo non risulta tuttora. Nel momento in cui mi sono accorta della mancanza, poco tempo fa, ho incaricato un tecnico di preparare la pratica per l’ accatastamento, cosa che ha fatto. Vorrei sapere (visto che lui non mi risponde in modo esauriente) quali sono le sanzioni a cui andrò incontro? È possibile fare un ravvedimento o simile per limitare il danno? Se possibile vorrei avere anche i riferimenti di legge.I.A.BOLOGNA Nel caso segnalato si presume che il terrazzo di copertura costituisca una pertinenza a servizio di un’ abitazione o altra unità immobiliare con rendita catastale. Diversamente per i lastrici solari autonomi, e perciò non suscettibili di produrre reddito, non sussiste l’ obbligo, ma solo la facoltà del proprietario ex Dpr 650/72 di dichiarali in catasto senza attribuzione di rendita. Nel secondo caso tra i due ipotizzati non sussistono i presupposti per l’ applicazione di una sanzione per tardivo accatastamento. Nel caso di cui alla prima ipotesi, cioè dell’ annessione del terrazzo a un’ unità immobiliare, il fatto può determinare un aumento di rendita, per cui il tardivo accatastamento è soggetto a sanzione. Tuttavia, nel caso segnalato, essendo decorsi ben oltre cinque anni dall’ infrazione è ormai scattata la decadenza del potere di accertamento, per cui non è comminabile alcuna sanzione. Qualora la variazione catastale produca un aumento della rendita originaria, da un attento esame dell’ ufficio impositore che rilevi la tardiva dichiarazione in catasto, potrebbe scaturire il recupero di eventuali minori imposte versate rispetto al dovuto per il periodo pregresso non prescritto (ad esempio, per l’ Imu, il quinquennio precedente). Si tratta di somme molto modeste, forse sotto il limite minimo di imposta annua dovuta. [2271][384943] La sanzione per l’ iscrizioned’ ufficio del fabbricatoQuali sono gli importi applicati dall’ agenzia delle Entrate in caso di accatastamento d’ ufficio di un fabbricato che ha perso i requisiti di ruralità, per il quale il proprietario non abbia provveduto all’ iscrizione al catasto urbano entro il termine di 90 giorni imposto dall’ ufficio?A.D.AREZZO In caso di accatastamento d’ ufficio di un fabbricato che ha perso i requisiti di ruralità (o anche altra casistica che imponga la dichiarazione in catasto), è applicabile la sanzione per mancato accatastamento variabile da un minimo di 1.032 euro a un massimo di 8.264 euro (ridotta ad un terzo se pagata entro 60 giorni dalla notifica). Gli oneri per l’ accatastamento d’ ufficio sono quantificati secondo il tariffario approvato con la determinazione del direttore dell’ agenzia del Territorio del 29 settembre 2009 e sono rapportati, caso per caso, alle attività effettivamente svolte per lo specifico accertamento (l’ importo può variare mediamente da un minimo di qualche centinaio di euro e superare il migliaio di euro nel caso sia necessario anche un rilevo topografico). Per quanto riguarda la sanzione, si evidenzia che oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo alla scadenza prevista per l’ accatastamento la richiesta può essere contestata per intervenuta decadenza della possibilità di accertamento. Ovviamente l’ intervenuta decadenza deve essere riconosciuta dall’ ufficio (accoglimento d’ istanza di autotutela) ovvero il disconoscimento deve essere impugnato presso la competente commissione tributaria provinciale nel termine di 60 giorni dalla notifica. [2272][384841] No al censimento a parteper il sottotetto pertinenteNel 1992 un padre dona al figlio un appartamento sito al secondo piano di uno stabile, con un sottotetto al terzo piano. La visura catastale attuale riporta solamente la particella dell’ appartamento e, nella casella «piano», riporta: «2-3». L’ elaborato planimetrico, a sua volta, riporta la pianta dell’ appartamento e del sottotetto sullo stesso foglio. Il sottotetto pur essendo di 120 mq, con un’ altezza massima di 2,40 metri, non ha una particella catastale, una classificazione né un reddito propri. Oggi, con tali annotazioni catastali, come si deve intendere il sottotetto? Va considerato solamente ad uso esclusivo all’ appartamento del piano sottostante (e, quindi, la proprietà è condominiale), oppure il proprietario dell’ appartamento al secondo piano, oltre all’ uso esclusivo, detiene anche il pieno possesso del sottotetto, pur non essendo stato censito dal catasto come unità a sé stante?V.C.TREVISO Il censimento in catasto di un’ abitazione corredata di pertinenze, quale nel caso in esame di un sottotetto (soffitta, ma potrebbe trattarsi anche di cantina a piano diverso dall’ appartamento), può avvenire individuando in catasto una sola unità immobiliare (comprensiva della pertinenza) in quanto la pertinenza non costituisce una unità immobiliare a sé stante, perché non presenta autonomia funzionale o reddituale. In questi casi, la planimetria catastale riporta, oltre l’ appartamento, anche il sottotetto con l’ indicazione dei rispettivi piani di ubicazione e delle altezze. Il censimento descritto appare, pertanto, conforme alle prescrizioni catastali tanto che nella descrizione dell’ unità nella visura sono indicati i due piani su cui si sviluppa. Di conseguenza, il titolare dell’ abitazione è anche l’ esclusivo titolare del sottotetto, secondo le modalità di censimento catastale descritte, salvo risulti diversamente dagli atti notarili di acquisizione; in questo caso l’ identificazione dei beni è unica per numero di foglio, particella, subalterno, categoria, classe e rendita. È stata data la possibilità alla proprietà immobiliare di dichiarare la cantina o soffitta separatamente dalla abitazione, per consentire la costituzione di diritti sulle pertinenze diversi da quelli dell’ abitazione al momento del censimento o, eventualmente, in futuro. Recentemente, le disposizioni catastali di prassi per le nuove costruzioni prevedono dichiarazioni separate tra soffitte e abitazioni. In questo ultimo caso, pertinenza e bene principale acquisiscono identificativi distinti e costituiscono due unità immobiliari ciascuna con una propria rendita. Sono fatti salvi i pregressi censimenti in unica unità immobiliare anche in caso di eventuali loro future variazioni. Pertanto, nel caso del lettore, non è obbligatoria alcuna modifica catastale. [2273][384624] Variazione d’ uso vecchiodella categoria catastaleUn cliente ha acquistato un magazzino di circa 60 metri quadrati (già classificato come C/1 – negozio) per il quale era stata presentata una pratica edilizia per il cambio di destinazione.A completamento dell’ iter comunale era stata successivamente presentata la denuncia di variazione Docfa (da C/1 a C/2). Nell’ atto di acquisto, in relazione al Dl 78/2010 (articolo 19, comma 14) era stata correttamente dichiarata la conformità urbanistica e catastale. Dopo circa 12 mesi, l’ agenzia delle Entrate ha rettificato la categoria riportando l’ unità immobiliare nella categoria C/1, motivando tale decisione con il fatto che l’ accertamento è stato effettuato tenendo conto delle unità immobiliari limitrofe, tutte inserite in categoria C/1. Se viene effettuato il cambio di destinazione urbanistico è obbligatorio effettuare tale cambiamento per la corretta conservazione degli atti catastali?F.T.FIRENZE Allo stato attuale i criteri per l’ attribuzione della categoria catastale e il rilascio delle autorizzazioni edilizie sono disciplinati da normative diverse. La categoria catastale è assegnata sulla base dell’ uso ordinario in zona dell’ unità immobiliare, legato alle sue caratteristiche. Pertanto, se l’ unità immobiliare in esame non avesse subito variazioni edilizie (ad esempio: modifiche nella vetrina, demolizione dei bagni, eccetera) e fosse del tutto simile ad altre unità immobiliari accertate in catasto come negozio ed utilizzate con tale destinazione nello stesso fabbricato o nella zona, sembra corretto il ripristino della precedente categoria. A titolo di esempio, nulla osta (salvo verifiche compatibilità edilizia), per scelta della proprietà, utilizzare un negozio come autorimessa, magazzino, ufficio o altro ma ciò non implica necessariamente la modifica della categoria catastale. Diversa potrebbe essere la situazione qualora la proprietà sia stata costretta per impossibilità del rispetto della normativa edilizia e delle norme igienico-sanitarie (livello di piano, aereazione, altezza, eccetera) a mutare la destinazione d’ uso, in quanto sarebbe illegale la destinazione a negozio. Evidentemente, a prescindere da ogni altra condizione, la discriminante è l’ uso effettivo praticato nell’ unità immobiliare. Anche nel caso in cui l’ unità fosse magazzino per autorizzazione comunale, l’ uso stabile a negozio, anche se illegittimo sotto il profilo delle autorizzazioni edilizie, giustifica l’ accertamento in categoria C/1. Circa l’ ultima parte del quesito si conferma l’ obbligatorietà della variazione in catasto, il cui esito non incide sulla conformità urbanistica e catastale che è garantita dalla corrispondenza tra la planimetria depositata in catasto, lo stato dei luoghi e il progetto autorizzato. Condominio A cura di Paola Pontanari [2274][385366] Costi di corrispondenza:cambio solo all’ unanimitàNel quesito «Costi di corrispondenza: sono a carico di tutti», pubblicato sull’ esperto risponde del 16 aprile 2018, viene detto che le spese postali di convocazione dell’ assemblea ordinaria devono essere divise tra tutti i condòmini, sulla base delle tabelle millesimali. L’ amministratore del mio condominio, tuttavia, le addebita singolarmente come spese individuali e continua a sostenere che da tali spese sono esentati i possessori di Pec. L’ amministratore sostiene che tale orientamento gli sia stato raccomandato nei corsi di aggiornamento dell’ associazione alla quale è iscritto. Questo tipo di associazioni possono consigliare un criterio di ripartizione della spesa diverso o c’ è stata una mia errata interpretazione della risposta?R.P.VICENZA Si ribadisce quanto già precisato nella risposta del 16 aprile 2018, citata dal lettore, ossia che «la spesa di convocazione dell’ assemblea ordinaria e di spedizione del verbale dovrà essere ripartita tra tutti i condomini, anche tra quelli che ricevono tali documenti a mezzo Pec, in proporzione ai relativi millesimi». Si ricordi, comunque, che è facoltà dell’ assemblea stabilire un diverso criterio di ripartizione e addebitare le spese di corrispondenza solo a carico del condomino interessato alla spesa. In tal caso, però, la decisione dovrà essere presa all’ unanimità dei condomini, non bastando la semplice maggioranza, neanche qualificata. A tal riguardo, dunque, sarebbe opportuno capire a quali riferimenti normativi e/o giurisprudenziali facciano riferimento «i corsi di aggiornamento dell’ associazione alla quale è iscritto» il suo amministratore in quanto, allo stato attuale – salvo un diverso criterio di ripartizione adottato all’ unanimità dai condomini – risulterebbero in contrasto con gli attuali principi giurisprudenziali. [2275][385298] Non c’ è obbligo di allegarei documenti alla convocazioneLa mancanza di uno dei documenti, previsti nell’ articolo 1130-bis del Codice civile, che compongono il rendiconto condominiale (in particolare, registro di contabilità, rendiconto finanziario e nota esplicativa della gestione) allegati all’ avviso di convocazione dell’ assemblea condominiale, rende impossibile, per l’ assemblea stessa, procedere alla relativa votazione?G.Z.BOLOGNA L’ articolo 66, comma 3, delle disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che «l’ avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’ adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’ indicazione del luogo e dell’ ora della riunione». Ancora, l’ articolo 1130-bis del Codice civile, al comma 1, prevede che «i condòmini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese».Da tali norme – o da altre disposizioni del Codice civile – non emerge un obbligo per l’ amministratore di condominio di allegare il rendiconto e/o la documentazione contabile nella convocazione assembleare ma, di contro, un diritto dei condòmini di poter prendere visione ed estrarre copia della relativa documentazione. A tal proposito, la Cassazione con la sentenza 13235/2017 ha stabilito che «in tema di approvazione del rendiconto e del preventivo da parte dell’ assemblea condominiale, l’ amministratore del condominio non ha l’ obbligo di depositare l’ intera documentazione giustificativa del bilancio, ma soltanto di permettere ai condomini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della medesima documentazione».Pertanto, l’ amministratore di condominio, salvo diversa disposizione del regolamento di condominio, non deve allegare all’ avviso di convocazione i documenti collegati agli argomenti che saranno oggetti di discussione, avendo il solo obbligo di ben individuare le questioni che saranno approfondite in riunione. Comunque, risulta essere buona prassi per gli amministratori, l’ invio del preventivo, del rendiconto e dei relativi piani di ripartizione che saranno oggetto di discussione. [2276][385235] I condòmini dissenzientie il saldo delle spese di liteIl mio condominio ha intentato una causa contro un condomino e, in sede di votazione per l’ istruzione della causa, alcuni condòmini hanno fatto mettere a verbale di non voler procedere alla causa e di non voler partecipare alle spese ad essa collegate. L’ assemblea ha comunque votato di intentare la causa. È giusto che adesso i condòmini sopra menzionati non patrtecipino alla ripartizione dei costi?A.T.SASSARI In questo caso si applica l’ articolo 1132 del Codice civile («Dissenso dei condomini rispetto alle liti»), il quale prevede che «qualora l’ assemblea dei condòmini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’ amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’ atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa. Se l’ esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente». [2277][385126] I costi del videocitofono sonoripartiti in base al modelloL’ amministratore ha fatto sostituire il gruppo microfono dell’ impianto di videocitofono e ha suddiviso la spesa in parti uguali. La spesa non andava suddivisa in millesimi? Qualora la spesa avesse dovuto essere divisa in parti uguali per legge, considerando che nel regolamento condominiale contrattuale è indicato che le spese per il citofono devono essere suddivise in millesimi, non si sarebbe dovuto comunque applicare questo criterio?L.D.VICENZA L’ eventuale spesa per il citofono può dipendere dalla sua conformazione. In particolare, se ogni condomino ha una propria pulsantiera collegata direttamente ed esclusivamente con l’ unità immobiliare di riferimento, si tratta di un impianto di proprietà individuale, posizionato su parti di proprietà comune. Diversamente, l’ impianto citofonico è va ritenuto un bene condominiale e, come tale, la ripartizione della relativa spesa andrà suddivisa, salvo diversa convenzione, ex articolo 1123, comma 1, del Codice civile, ossia per millesimi di proprietà. Tuttavia, fatta questa doverosa premessa, nel caso del lettore, non sembra esserci alcun dubbio in merito alla ripartizione della relativa spesa. Infatti, il regolamento condominiale di natura contrattuale precisa che «le spese per il citofono devono essere suddivise per millesimi». Dunque, la ripartizione effettuata in parti uguali risulta essere errata. [2278][385072] Chi ha modificato l’ immobilepaga il ricalcolo delle tabelleMia moglie è proprietaria di due immobili situati in un vecchio condominio. Molti degli appartamenti siti nello stabile, negli anni, hanno subito diverse ristrutturazioni, con una moltiplicazione delle unità abitative. Le quote millesimali sono finora sempre state bonariamente ricalcolate da parte dell’ amministratore semplicemente basandosi sui dati di superficie del precedente alloggio e ripartite sulle nuove unità. Sappiamo, però, che non è corretto e l’ assemblea è in procinto di deliberare un ricalcolo puntuale da parte di un tecnico qualificato. Chi deve pagare questo ricalcolo: tutti i condomini, e quindi anche chi non ha mai apportato variazioni al progetto originale, o solo coloro che hanno portato queste variazioni?G.L.IMPERIA L’ articolo 69 disposizioni di attuazione del Codice civile precisa che «i valori proporzionali delle singole unità immobiliari possono essere rettificati o modificati quando, per le mutate condizioni di una parte dell’ edificio, in conseguenza di sopraelevazioni, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’ unità immobiliare anche di un solo condomino. in tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione». Dal tenore letterale della norma emerge che il condomino e/o i condòmini che hanno dato luogo alla variazione, dovranno sostenere il costo delle rettifica e/o modifica delle tabelle millesimali. Pratichenotarili A cura di Marcello Claudio Lupetti [2279][384918] Atto stipulabile anche senzanuova intestazione catastaleUna Ater (azienda territoriale per l’ edilizia residenziale) che è subentrata a uno Iacp (Istituto autonomo case popolari) sta per vendermi un immobile che è ancora intestato allo Iacp che lo aveva accatastato. Il mio notaio mi ha suggerito di chiedere all’ Ater di effettuare l’ aggiornamento dell’ intestazione catastale dell’ immobile, indicando l’ attuale denominazione dell’ ente proprietario. Ciò sarebbe necessario per rendere possibile al notaio la voltura catastale a mio nome in sede di registrazione dell’ atto di compravendita. Gradirei sapere se tale voltura sia veramente indispensabile per poter effettuare la successiva voltura a mio nome e, in caso affermativo, se e come potrebbe poi essere risolto il problema, qualora l’ atto venisse sottoscritto senza la citata voltura. Inoltre, l’ attestazione di conformità catastale, già rilasciata dall’ Ater, sarebbe ancora valida, per la compravendita, qualora si provvedesse a effettuare la volturazione prima della stipula?M.S.parma Il passaggio da Iacp ad Ater è avvenuto con legge regionale. È possibile quindi risalire alla proprietà dell’ alloggio anche tramite il provvedimento legislativo. Non è preclusa la possibilità di stipulare l’ atto anche in assenza della nuova intestazione catastale. In caso di difficoltà di voltura, si potrà procedere comunque tramite un tecnico abilitato producendo al catasto l’ atto notarile.L’ attestazione di conformità catastale di cui parla il lettore riguarda, invece, la conformità dello stato di fatto dell’ immobile ai dati catastali e alla planimetria depositata in catasto e non l’ intestazione catastale. [2280][384855] Il preliminare è consigliatoma non obbligatorioSto contrattando con un’ agenzia immobiliare per l’ acquisto della prima casa. Ho presentato una proposta firmata e allegato un assegno di 18mila euro intestato al proprietario. La proposta non è stata firmata dal proprietario, che non è raggiungibile a causa di impegni di lavoro. Sono passati due mesi e prima mi è stato detto che la moglie non trovava la procura a vendere in originale, ora pare che il proprietario abbia un ripensamento.L’ agenzia ha pensato di rinnovare la mia offerta un’ ultima volta e, per abbreviare i tempi, di non stipulare un compromesso firmato e registrato all’ agenzia delle Entrate, ma di andare direttamente dal notaio per il rogito. Vorrei chiedere se è legale, perché mi pare di avere letto che il preliminare dev’ essere fatto e registrato comunque, pena sanzioni elevate. Inoltre, vorrei sapere a che rischio mi espongo lasciando in agenzia l’ assegno, dato che la proposta firmata è scaduta.G.B.UDINE Non è obbligatorio stipulare un preliminare, anche se nella prassi si preferisce far precedere il rogito dalla stipula di questo “compromesso”, per vincolare le parti e regolamentare gli accordi delle parti. Se la proposta è scaduta, il lettore ha diritto di chiedere all’ agenzia immobiliare la restituzione dell’ assegno, a meno che esso venga utilizzato per la “nuova” proposta. [2281][383307] La rinuncia abdicativaai diritti reali sull’ immobileHo letto che chiunque può liberarsi delle proprie quote di proprietà facendole ricadere sugli altri proprietari. Sono proprietario di una settimana all’ anno di un immobile e vorrei disfarmene, ma nessuno dei notai del mio paese ha accettato la possibilità di far un atto, sia pure a mio carico. Hanno asserito o che la conservatoria provinciale non accetterebbe l’ atto o che, essendo l’ immobile troppo piccolo, non si potrebbe trasferire con atto pubblico. Come potrei fare, considerato che non utilizzo più tale immobile?G.G.SCAFATI Il Consiglio nazionale del Notariato ha precisato, con lo studio n. 216-2014/C (approvato dall’ area scientifica – studi civilistici il 21 marzo 2014), che è ammissibile la rinunzia abdicativa ai diritti reali. «Si tratta di un negozio unilaterale non recettizio, che non richiede accettazione né deve essere portato a conoscenza di terzi. Lo stesso, inoltre, è causalmente diretto unicamente alla dismissione del diritto soggettivo. Eventuali conseguenze per i terzi sono effetti solo riflessi e ordinamentali del negozio in esame».Ogni notaio è però libero di aderire o meno a tali conclusioni, non accettate in modo univoco in dottrina. A cura di Caterina Valia [2282][383530] Procura valida se cambiala carica di chi la rilasciaA breve dovrei acquistare un appartamento da un’ azienda che è “ente pubblico economico”. L’ atto di compravendita, predisposto dall’ azienda, prevede la sottoscrizione da parte di un procuratore speciale dell’ azienda stessa, nominato da un direttore generale che è stato sostituito, circa tre mesi fa, da un nuovo direttore il quale, purtroppo, non ha ancora provveduto a rinnovare le nomine. Può un procuratore non nominato dal direttore in carica sottoscrivere validamente l’ atto di compravendita?M.S.ROMA L’ atto si può stipulare, poiché le procure non decadono automaticamente nel momento in cui muta la carica del soggetto legittimato a rilasciarle. La verifica dei poteri di rappresentanza, ad ogni modo, sarà effettuata dal notaio incaricato della stipula, che richiederà qualunque documentazione utile o necessaria. Successionie donazioni A cura di Francesco Saverio Russo [2283][384856] Il giudice può fissare i terminiper l’ accettazione del coeredeTre fratelli sono gli eredi dei beni della zia (senza testamento). L’ eredità è costituita da un immobile e un conto corrente sufficiente a coprire tutte le spese. Non c’ è alcun debito, e gli eredi legali hanno ciascuno il 33,33 per cento. Viene presentata e saldata all’ agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione, pagata per intero solo da due fratelli. Il terzo fratello, senza alcuna spiegazione, rifiuta ongi contatto con gli altri, non paga il dovuto e non vuole firmare alcun documento. L’ eredità giace sospesa nel limbo (conto bloccato, immobile non vendibile) e non si sa se questo terzo fratello abbia intenzione di rinunciare o accettare l’ eredità. È possibile in qualche modo sbloccare la situazione?G.B.VERONA Il problema del lettore, purtroppo, non è assolutamente nuovo. Capita invero di frequente che un coerede (per motivi personali e soggettivi, e non giuridici o obiettivi) si disinteressi della pratica della successione, e anche della seguente gestione dei beni ereditari.In prima battuta, i chiamati più diligenti hanno lo strumento contenuto nell’ articolo 481 del Codice civile. Considerato che, per diventare erede, occorre manifestare (espressamente, tacitamente o implicitamente) la volontà di assumere tale veste (ma si hanno ben dieci anni di tempo per esprimere tale volontà), e che il fratello negligente non pare aver provveduto in tal senso, gli altri due possono chiedere che il giudice fissi un termine entro cui dichiari se intende accettare o rinunziare. Trascorso tale termine senza iniziative, il fratello si intenderà rinunziante: i fratelli dovranno ripresentare la dichiarazione di successione, ma saranno incontrovertibilmente gli unici proprietari (e potranno accedere al conto corrente della defunta).In alternativa, il lettore, ritenendo il fratello neghittoso coerede, può chiedere in qualsiasi momento (ovviamente, in modo formale) la divisione dei beni comuni, secondo le norme e i principi fissati dagli articoli 713 e seguenti del Codice civile: in assenza di un’ utile risposta, la divisione potrà essere disposta dal giudice.Il tutto ricordando che, per gli immobili non comodamente divisibili (quel che pare essere il caso del lettore), l’ articolo 720 del Codice civile dispone che «essi devono essere compresi per intero (…) nella porzione di uno dei coeredi (…) o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’ attribuzione», i quali saranno dunque tenuti a pagare il conguaglio agli altri. Il medesimo articolo afferma che: «Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’ incanto»; pertanto, con draconiana soluzione, se i coeredi non riescono a trovare accordo sulla vendita a terzi, o sul “riscatto” delle quote degli altri da parte di uno, il giudice farà vendere l’ immobile all’ asta e dividerà il ricavato tra i coeredi stessi, con evidente danno per tutti. [2284][384665] La giusta divisione dei benifrutto di eredità e donazioneInsieme a due fratelli ho ricevuto in donazione nel 2002 dei terreni da mio padre, quando era ancora in vita. Io del valore di 15mila euro e gli altri due fratelli del valore di 2mila euro. Ora, alla morte dei genitori, dobbiamo dividere l’ eredità: ma come vengono considerate le donazioni ricevute? Dovrei dare 1/3 del valore della mia donazione a ognuno dei fratelli? Abbiamo anche una casa da vendere del valore di 100mila euro e dei buoni postali per un totale di 40mila euro. Quale sarebbe la strada più semplice per la spartizione, per evitare avvocati e giudici?P.B.LECCE Il procedimento che preoccupa il lettore è quello della “collazione”, regolato dagli articoli 737 e seguenti del Codice civile. A tal proposito, è bene considerare i principi generali utili:- la collazione di un immobile si compie o “restituendo” alla massa ereditaria l’ immobile (assolutamente inusuale) o per “imputazione”, cioè calcolando il valore dell’ immobile ricevuto in donazione come parte della propria quota ereditaria (articolo 746);- il valore da “imputare” è il valore dell’ immobile donato non alla data della donazione, ma alla data della morte del papà del lettore (articolo 747);- al contrario, se le donazioni hanno per oggetto beni mobili (ad esempio, il denaro), si imputa il valore della donazione alla data della donazione stessa (articolo 751).Nella fattispecie concreta, tali meccanismi si traducono in un procedimento assai semplice: si somma al valore dei beni ereditari (ovviamente, fissato alla data di morte) il valore che gli immobili donati hanno alla medesima data di morte; si calcola su tale massa le quote di ciascuno; si formano concretamente le quote spettanti a ogni coerede, calcolando che ciascuno ha già ricevuto una parte della sua quota attraverso le citate donazioni. [2285][384634] Il modico valore e i parametridi quel che viene donatoLa donazione di modico valore è valida anche senza atto pubblico. Nel silenzio della legge, vi sono dei parametri (magari ravvisabili in sentenze della Cassazione) in base ai quali valutare tale “modico valore”? Occorre riferirsi al solo patrimonio del donante, al solo reddito o a entrambi? Come posso fare donazioni annuali di modico valore alla stessa persona, senza farle diventare di valore “ingente” nel corso degli anni?V.S.ROMA La modicità del valore del bene donato è questione che viene portata spesso all’ attenzione della giurisprudenza, proprio in quanto il Codice civile (articolo 783), nel consentire di non ricorrere all’ atto pubblico, indica che la donazione «deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante». E quindi occorre valutare le conseguenze che tale donazione comporta nel patrimonio del donante.Anche l’ ammontare di più donazioni (visto che nella fattispecie concreta, c’ è la volontà di eludere la forma pubblica richiesta dall’ articolo 782 del Codice) è soggetto a uguale valutazione: una donazione da mille euro sarà modica per l’ uno, eccessiva per l’ altro, così come l’ abitudine a donare 500 euro mensili sarà di modico valore se il donante ha un reddito o un patrimonio compatibile, e sarà senz’ altro “non modica” se assunta da un titolare di pensione di basso ammontare.Si rammenta, infine, che dimostrare la modicità del valore, in ambito processuale, costituisce un onere del donatario: è questi, pertanto, a dover provare che l’ elargizione era di modico valore, e non i terzi a dover dimostrare l’ eccessività. Si tratta comunque di una valutazione che è rimessa al giudice di merito, e insindacabile in Cassazione. [2286][384580] Conto cointestato: collazionese i prelievi sono ingiustificatiSono stato titolare dal 2003 di una delega su un conto corrente bancario (in San Marino), intestato unicamente a mio padre, deceduto nel 2012. In tale periodo, tra il 2003 e il 2012, prima della morte di mio padre, in forza della delega a mio favore, ho effettuato numerosi prelievi firmando, come dovuto, le relative contabili bancarie. L’ intero patrimonio ereditario è ancora oggi in regime di comunione ereditaria. I miei fratelli e mia madre coeredi possono ora chiedere che tali prelevamenti siano oggetto di collazione?A.M.TRENTO Il lettore non evidenzia le motivazioni dei prelievi. Se si tratta di somme che sono state incamerate senza che esistesse alcun motivo di credito nei confronti dell’ intestatario del conto, gli eredi di quest’ ultimo potranno chiederne ragione.Ove si accertasse definitivamente che tali prelievi abbiano configurato, in pratica, delle donazioni, queste saranno soggette a tutti i limiti e le azioni previste dal Codice per gli atti a titolo gratuito che possano essere considerati lesivi dei diritti degli altri legittimari. Allo stesso modo esse saranno soggette a collazione, in quanto l’ articolo 737 del Codice civile ricomprende espressamente «tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente». Controversielegali A cura di Daniele Ciuti [2287][385007] Sì all’ allargamento della portanel cortile senza consensoPosseggo un fabbricato (un portico) di mia esclusiva proprietà, antistante una casa, sempre di mia proprietà. Su una parete esterna del portico c’ è una porta (passaggio pedonale) che si affaccia su un cortile che ho in comune con il mio vicino. Ho intenzione di allargare questa porta in modo che diventi un passaggio per un’ automobile, operando semplicemente un allargamento della porta esistente e senza alterare le condizioni riguardanti il cortile comune. Il vicino, infatti, potrà parcheggiare davanti al mio portone come può farlo oggi; se dovessi passare con la mia auto, gli chiederei di spostarla per il tempo necessario, visti i diritti reciproci della comunione. Nella situazione descritta, per effettuare il lavoro posso procedere autonomamente con le pratiche opportune? Oppure ho bisogno del consenso scritto del vicino?M.M.CUNEO La risposta è affermativa. In materia di comunione il Codice civile (articolo 1102, comma 1) dispone che ciascun partecipante può servirsi del bene comune e ricavarne una utilità aggiuntiva, purché non ne modifichi la destinazione e non impedisca l’ eguale diritto degli altri partecipanti alla comunione, può apportare a proprie spese le modifiche al bene comune necessarie al miglior godimento .Nel caso specifico, il lettore per ampliare l’ accesso per il passaggio dell’ autovettura non interviene sul cortile comune, bensì sulla proprietà esclusiva: non è alterata la destinazione e funzionalità del cortile, né compromesso il diritto all’ uso dell’ altro compartecipante, al quale, anzi, viene sempre consentito il parcheggio dell’ auto (Cassazione, sentenze 24295/2014; 11445/2015; 13874/2010; 42/2000). Pertanto non appare necessario il consenso dell’ altro comproprietario. A cura di Maurizio Di Rocco [2288][385181] Garanzia decennale soloper opere di lunga durataNel 2014 ho acquistato un immobile dall’ azienda costruttrice. Da settimane il pannello solare termico della casa non funziona più. Allo stesso tempo, ho alcuni problemi con il portone sezionale del garage. Vorrei sapere se riparazioni o sostituzioni di tali elementi dell’ immobile vengono coperti dalla garanzia decennale del costruttore.D.A.MILANO Secondo l’ articolo 1669 del Codice civile, quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, l’ appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa se, nel corso di dieci anni dal compimento dell’ opera, la stessa rovina in tutto o in parte oppure presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, a causa di vizi del suolo o per difetti della costruzione. Dallo stesso tenore dell’ articolo si coglie come questo tipo di garanzia “di lunga durata” non è applicabile a fattispecie come quelle indicate dal lettore, che attengono, invece, a difetti di singoli impianti e/o componenti dell’ edificio. In casi simili, si potrà soltanto fare riferimento alla garanzia biennale prevista dall’ articolo 1667 dello stesso Codice civile che grava a carico dell’ appaltatore per i vizi e le difformità dell’ opera, genericamente intesi. A cura di Alessandro Sartirana [2289][385009] Cantina comune, va fornitol’ accesso anche se privatoA seguito di una divisione ereditaria avvenuta nel 2011, io e mio fratello siamo proprietari ciascuno di un appartamento a piano terra della casa di famiglia. L’ immobile ha una cantina a proprietà indivisa che nell’ atto è stata assegnata al 50% a ciascuno di noi. Nella cantina si trova la caldaia che viene utilizzata per riscaldare unicamente l’ appartamento di mio fratello, mentre io ho realizzato un nuovo impianto indipendente. L’ accesso alla cantina, tuttavia, avviene tuttora solo per mezzo di una scala posta all’ interno della cucina del mio appartamento. In seguito alla divisione, io e mio fratello ci eravamo accordati verbalmente per costruire una piccola scala esterna (su area comune) che gli permettesse di accedere in modo indipendente alla suddetta cantina. Non essendo io residente in quell’ immobile, avevo dato al fratello le chiavi per accedere nel mio .
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L’Economia del Corriere della Sera
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Connessione spray. Alla Drexel University, negli Usa, hanno sviluppato una tecnologia che crea antenne sottilissime per i più disparati dispositivi, spruzzandole come si trattasse di una vernice. Indagando su un materiale metallico bidimensionale di recente scoperta, chiamato Mxene, i ricercatori hanno compreso che la sua eccezionale conduttività permette di trasmettere e dirigere le onde radio anche quando è applicato in un rivestimento molto sottile, e che può essere sciolto in acqua per creare una sorta di pittura spruzzabile. Hanno realizzato così antenne spray che possono essere facilmente incorporate in oggetti e superfici, senza aggiungere peso o circuiti, o richiedere spazi appositi e rigidità. Pochi micron di spessore di Mxene e acqua, cosparsi con l’ aerografo su un substrato flessibile, possono generare antenne che raggiungono la stessa qualità di trasmissione delle attuali antenne metalliche, ed essere per di più quasi trasparenti. Trasforma gli oggetti quotidiani in robot: è la tecnologia Robotic skins (pelli robotiche) sviluppata all’ Università di Yale. Le «skins» sono fogli elastici con incorporati sensori e attuatori: avvolti intorno a un oggetto deformabile – un animale di pezza, un tubo in gomma – lo animano. E gli consentono di camminare, strisciare, spostare un oggetto. A seconda del modo in cui vengono applicate, e delle proprietà degli oggetti, è possibile imporre compiti diversi: lo stesso rivestimento che fa muovere un pupazzo, applicato su una maglietta, può trasformarla in un dispositivo che corregge una postura scorretta. Le pelli robotiche potrebbero essere utilizzate per tutto, dai dispositivi di ricerca alle tecnologie indossabili, per creare al volo un robot da ogni oggetto flessibile. Cristina Pellecchia.
Tivù sul cellulare occhio alla serie di meg
L’Economia del Corriere della Sera
di Chiara Sottocorona
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Unire il meglio di Hollywood e della Silicon Valley. È l’ ambizione dichiarata di Meg Whitman, 62 anni, una fortuna stimata in 3,2 miliardi di dollari. Ha annunciato il progetto che le sta a cuore, quello della NewTv nella conferenza organizzata il 25 settembre da AT&T e Warner Media. La descrive come «The mobile-first Tv service», la televisione per i dispositivi mobili. E spiega: «Stiamo costruendo una piattaforma del tutto nuova, permetterà di vedere sul dispositivo mobile contenuti di alta qualità come mai prima». Sarà lei a portare il meglio della Silicon Valley, la conosce bene: è stata per due decenni amministratrice delegata prima di eBay, poi di Hewlett-Packard. Ha lasciato in gennaio l’ incarico di ceo di HP Enterprise per assumere in marzo quello di amministratrice delegata di NewTv . A raccogliere il meglio di Hollywood penserà Jeffrey Katzenberg, già presidente dei Disney Studios e co-fondatore, con Steven Spielberg, della Dreamworks Animation (venduta nel 2016 a Comcast per 3,8 miliardi di dollari). Il progetto NewTv (il nome ufficiale sarà annunciato nelle prossime settimane) nasce dalla sua società WndrCo, con doppia sede a Los Angeles e a San Francisco. È questa la nuova sfida, la tv e i video (brevi) su cellulare e tablet. Una scommessa da 2 miliardi di dollari per Katzenberg e Whitman. Ma dovranno misurarsi coi giganti già in campo : You Tube e Facebook. E la Huawei Video che ha debuttato in Italia settimana scorsa. Il primo miliardo Katzenberg l’ ha già raccolto. Tra gli investitori Goldman Sachs, JP Morgan, John Malone’ s Liberty Golbal. E le major hollywoodiane: Disney, 21Century Fox, Sony Pictures, Nbc Universal, At&t Warner Media, Mgm. Oltre alla cinese Alibaba. La NewTv vuole catturare i 18-35enni, i maggiori consumatori di video su smartphone e tablet, offrendo serie tv originali in formato breve (10 minuti), show, news, sport. Ma ottenere contenuti originali e di qualità costa caro: il secondo miliardo di dollari che la società sta cercando servirà, appunto, a finanziare licenze e produzioni. Ma poi riuscirà a finanziarsi un servizio premium solo per i dispositivi mobili? Il lancio è previsto nel 2019, con due forme di abbonamento: 5 dollari al mese per chi accetta pubblicità o 8 dollari al mese senza pubblicità. Certo, meno degli 11 di Netflix. Ma la concorrenza sugli smartphone è rude. YouTube, già leader nei video online, ha lanciato a inizio estate il servizio Premium nei Paesi europei, Italia compresa: video senza pubblicità, produzioni originali e YouTube Music senza interruzioni a 12 dollari al mese. L’ altra novità è YouTube Kids per i bambini con contenuti controllati e personalizzabili per smartphone. Dal 4 ottobre la cinese Huawei, che da poco ha superato Apple nelle vendite di smartphone, ha introdotto il servizio streaming Huawei Video per mobile, che conta tra i partner Sony Pictures, Fox, Discovery e RaiCom. Serie italiane e internazionali, cortometraggi, sport e documentari per 4,99 euro al mese (e i primi tre mesi gratuiti). Da settembre c’ è anche in Italia Facebook Watch (gratis, sostenuto dalla pubblicità), la social tv sul mobile. Negli Usa c’ è già da un anno, ha 50 milioni di utenti. «Quest’ anno il tempo speso a guardare video su Watch è aumentato di 14 volte – dice Fidji Simo, capo divisione video di Facebook – E il servizio ora è diventato globale». Il 71% del traffico mobile in Italia è sui siti di Facebook e Google. Gli italiani passano in media 13,6 ore al mese a guardare video (gratis) su YouTube, 21 ore i Millennial (dati Comscore, audience mobile in marzo). E anche la tv classica in streaming è vista ormai al 49% sui cellulari(dati Conviva Usa-Europa primi due trimestri 2018). Ma quanti passeranno dai servizi gratis ai premium? Digital Research stima che nel 2023 i video online in abbonamento raddoppino, gli abbonati salgano a 208 milioni. E il mercato del video online passi da 43,7 a 69 miliardi di dollari.
L'articolo Rassegna Stampa del 08/10/2018 proviene da Editoria.tv.