Quantcast
Channel: Editoria.tv
Viewing all articles
Browse latest Browse all 7940

Rassegna Stampa del 07/08/2018

$
0
0

Indice Articoli

Grazie a Sky torneremo alle radioline

Rcs, la riscossa della carta

Chessidice in viale dell’ Editoria

Disney, lo streaming prende forma

Le entrate calano del 3,1%

Netflix, il successo del cinema ai domiciliari

L’unico rischio della tele à la carte è abbassare la qualità

Rai, Conte irritato con Salvini il Cda bloccato sulle nomine

Grazie a Sky torneremo alle radioline

Il Fatto Quotidiano
Antonio Padellaro
link

C’ è qualcosa di peggio che essere presi per il collo da Sky (per non dire peggio) se si vuole vedere la serie A in tv (come Paolo Ziliani ha mirabilmente raccontato su queste pagine). Si, non sapere a chi porgere il collo. Immaginiamo un malato di pallone (io). Che per niente al mondo rinuncerebbe a perdersi un minuto soltanto della sua squadra del cuore (io). Che per una forma degenerativa del morbo in questione non vuole privarsi di nulla di quanto il campionato offra , neppure (con tutto il rispetto) di un Frosinone-Sassuolo (questo non sono io ma non poniamo limiti). Costui è abbonato Sky da sempre (di nuovo io). Mai un ritardo nei pagamenti. Così supino ai voleri dell’ imperatore delle galassie pay per view da caricarsi dell’ intero pacchetto Cinema (compresi i polpettoni di Sky Classic, tipo Ercole e le sette fatiche cartonate). Ora, un tipo così (ma siamo moltitudine) andrebbe aiutato, coccolato, vezzeggiato, come fanno i bravi spacciatori di sogni. Soprattutto quando per un accordo tra i boss del calciotraffico (l’ avida Lega Calcio) la somministrazione del pallone comporta un casino indescrivibile. Con altri decoder da acquistare (Sky Q), altre piattaforme da foraggiare ( DAZN ), altri conti da saldare. Ma chi è nella rete del vizio è pronto a tutto ed eccomi scodinzolante con la carta di credito in bocca che imploro: quant’ è? Niente. Buio. Silenzio. Angoscia. A parte la voce inutilmente euforica di un numero verde Sky che ti rimanda a un operatore che non c’ è e non ci sarà perché le linee sono occupate, forse per sempre (lasciate ogni speranza voi ch’ entrate) da una moltitudine di altri coglioni (pardon abbonati) disposti a tutto a pochi giorni dall’ inizio del campionato. Ma la vera domanda è: cosa diavolo può spingere un colosso televisivo a prendere prima per il collo poi a calci negli stinchi per non dire peggio i propri affezionati clienti? Improvvisa, ecco l’ illuminazione. Ma è così semplice: Sky persegue un meritorio programma di disintossicazione dal calcio in tv. Come quei miliardari che dopo una vita di loschi profitti si dedicano al riscatto delle loro vittime accompagnandole verso la virtù, l’ Emittenza (non è certo un caso lo spot dei conduttori muniti di angeliche ali) ha deciso di farci cambiare vita. E ci spinge (con le cattive) fuori dal costoso paese dei balocchi. E dunque ragazzi basta con le overdose di Diretta Gol. Basta con le maratone di Sky Calcio. Addio Caressa e Bergomi. Torneremo a seguire la squadra del nostro cuore attraverso la cara, dolce radiolina di Tutto il Calcio (Rai). Sii, diventeremo tifosi migliori e più ricchi dentro (ma anche nelle tasche). Grazie Sky.

Rcs, la riscossa della carta

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link

I grandi gruppi televisivi e di carta stampata non stanno vivendo un gran momento quanto a redditività. E tutta l’ editoria è ancora alla ricerca delle strade giuste per sopravvivere e crescere nel futuro digitale. Al netto, quindi, del momento di passaggio e della fase di incertezza, fa comunque effetto prendere atto che il polo editoriale che, nei primi sei mesi del 2018, ha assicurato più utili in Italia ai suoi azionisti è Rcs MediaGroup. Una casa editrice che nel 2016, quando venne scalata da Urbano Cairo, aveva perso 1,3 miliardi di euro nei cinque esercizi precedenti. Nei primi sei mesi del 2018 via Rizzoli ha messo in cascina 45,4 milioni di euro di utili. Nello stesso periodo, per esempio, un colosso come Mediaset ha incassato 42,2 milioni di euro di utili, Gedi 4,2 milioni, Caltagirone editore due milioni, Poligrafici editoriale 200 mila euro, Il Sole-24 Ore ha perso 4,1 milioni, Mondadori è in rosso per 12,5 milioni. Non sono disponibili i dati semestrali 2018 degli altri grandi gruppi editoriali. Ma l’ ultimo bilancio di Sky, quello chiuso nel giugno 2017, ha visto utili annuali per 41,6 milioni. La Rai, che a dicembre ha terminato l’ esercizio 2017 con 14,3 milioni di utili, ha già spiegato, per voce del suo ex direttore generale Mario Orfeo, che l’ intero 2018 si chiuderà con un pareggio. Discovery Italia, dopo i 12,8 milioni di utili 2016, è salita a quota 19 milioni nel 2017. Viacom Italia è a 4,7 milioni di utili 2017, e Fox Italia a 10,1 milioni. Invece Condé Nast Italia, nel 2017, ha perso 1,1 milioni, mentre Hearst magazines Italia è in pareggio. Insomma, l’ andamento di Rcs MediaGroup, perlomeno in questo 2018, sembra irraggiungibile per tutti. Ed è quasi inspiegabile, leggendo tante analisi sul futuro dei media, che l’ azienda editoriale più redditizia (con una marginalità del 9% nel rapporto utili su ricavi) risulti essere un gruppo il cui business principale resta la carta stampata quotidiana, le cosiddette hard news. E in cui il digital, seppur in crescita, rimane un comparto ancora marginale. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

link

Clima di «totale incertezza», la serie C slitta a settembre. Il Consiglio direttivo della Lega Pro, riunito ieri a Firenze, ha deciso di indire un’ assemblea il 22 agosto a Roma per stabilire «se iniziare o meno il campionato 2018-19». Per il momento il Consiglio ha deciso di posticipare l’ inizio del campionato alla prima domenica di settembre. «Siamo in un clima di totale incertezza e precarietà nel calcio italiano, il quale ha l’ esigenza che si convochi l’ assemblea elettiva per dar vita a una nuova governance che superi il regime commissariale per un governo della Figc capace di traghettare verso una stagione di riforme non più rimandabile», ha comunicato LegaPro. La prossima assemblea dovrà decidere anche dei diritti tv. Usigrai, Fnsi e Odg: notificato il parere legale, il cda non può operare. «Il cda della Rai non può operare senza un presidente la cui nomina sia efficace per effetto del parere favorevole della Commissione di vigilanza. Di fronte al perdurare dello stallo, questa mattina abbiamo notificato copia del parere legale a nostra disposizione all’ amministratore delegato e al Consiglio di amministrazione della Rai, alla presidente del Senato e al presidente della Camera, e a tutto l’ ufficio di presidenza della Commissione parlamentare di vigilanza». È quanto si legge in una nota congiunta di Vittorio di Trapani, segretario Usigrai, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario e presidente Fnsi, Carlo Verna, presidente del consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti. Facebook chiede alle banche Usa i dati dei clienti. Il social di Mark Zuckerberg avrebbe chiesto alle grandi banche statunitensi di condividere alcune informazioni sui propri clienti, inclusi i dati relativi ai conti correnti e quelli legati alle transazioni con le carte di credito e debito, nel tentativo di ampliare la propria offerta di servizi. A riportare la notizia è stato il Wall Street Journal. Citando fonti a conoscenza del dossier, il quotidiano ha dichiarato che Facebook punta a diventare una piattaforma sulla quale gli utenti possano comprare e vendere prodotti e servizi e ha chiesto a JpMorgan Chase, Wells Fargo, Citigroup e U.S. Bancorp di discuterne bancari con i propri clienti su Messenger. Facebook dal canto suo ha negato che le cose stiano in questi termini: in un comunicato ha spiegato che l’ articolo sottintende «non correttamente» che «stiamo chiedendo alle società di servizi finanziari i dati delle transazioni finanziarie» dei clienti, e «questo non è vero». Il social network ha poi spiegato che la società sta lavorando con «banche e società di carte di credito per offrire servizi ai clienti o il controllo degli account all’ interno di Messenger». Mail.Ru venderà la piattaforma carpooling russa a BlaBlaCar. La società russa internet Mail.Ru venderà la sua piattaforma di carpooling alla compagnia francese BlaBlaCar, come parte di una partnership strategica già in essere da tempo fra i due gruppi. Mail.Ru ha affermato che la cessione di BeepCar rafforzerà la collaborazione commerciale tra le due società e a BlaBlaCar sarà concessa la possibilità di promuovere servizi di carpooling a lungo raggio attraverso tutte le piattaforme della società russa. Il deal permetterà a Mail.Ru di focalizzarsi sullo sviluppo di servizi di food delivery a domicilio e business commerciali transfrontalieri, mentre le attività di BeepCar saranno gestite da BlaBlaCar già a partire da quest’ autunno, trainando così al rialzo i ricavi derivanti dal comparto pubblicitario. La Russia è uno fra i maggiori mercati di BlaBlaCar, che ha iniziato a operare nel Paese a partire dal 2014, e ad oggi vanta all’ attivo più di 15 milioni di membri locali su un totale di 65 mln di iscritti alla piattaforma. Ivass rafforza la comunicazione. Nell’ ambito delle azioni previste dal piano strategico 2018-2020, Antonella Dragotto ha ricevuto dalla Banca d’ Italia l’ incarico di collaborare in via continuativa alla gestione della comunicazione dell’ Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e del suo presidente, in qualità di «Consulente per la comunicazione e le relazioni esterne». Luciana Campanale, dell’ ufficio segreteria di presidenza e del consiglio, diventa «Responsabile della comunicazione digitale, degli eventi esterni e del Cerimoniale». Apple rimuove il link Infowars dall’ elenco podcast. Apple ha deciso di rimuovere dal suo elenco podcast i link che rimandavano ai contenuti del controverso sito di estrema destra Infowars, spingendo il gigante del tech al centro dell’ infuocato dibattito sulle modalità di gestione dei contenuti divisivi e offensivi da parte delle grandi piattaforme del web. La casa della Mela ha affermato di aver eliminato Infowars dal suo elenco podcast già durante il weekend, non essendo in linea con le linee guida stabilite dalla società per creare un ambiente adatto a tutti gli utenti, privo di tematiche che inneggiano all’ odio. Infowars, un sito che promuove teorie cospiratorie, e il conduttore Alex Jones sono sempre stati al centro di dibattiti riguardanti la diffusione di contenuti controversi. Già a luglio Facebook aveva deciso di impedire a Jones, per un periodo di 30 giorni, di postare commenti inneggianti all’ odio o al bullismo. Quando i podcast che non soddisfano le normative della società sono rimossi dall’ elenco di Apple, questi non possono più essere ricercati né scaricati o ascoltati in streaming.

Disney, lo streaming prende forma

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link

C’ è qualche problema a far rientrare in Disney i diritti tv e web di Star Wars, in mano a Turner Broadcasting fino al 2024. C’ è qualche problema a conquistare il controllo di Sky, definito da Disney «il gioiello della corona» di Fox, ma il colosso del divertimento del longevo Topolino (quest’ anno compie 90 anni) ha iniziato a delineare la sua offerta in streaming. Secondo le attese del mercato, debutterà al più tardi l’ anno prossimo. Al momento, però, non si conoscono né il nome né prezzi o produzioni; invece c’ è già il nuovo responsabile dei contenuti e del marketing per il servizio streaming: Ricky Strauss, a cui è demandata la «visione strategica» della nuova piattaforma. Peccato che il nome abbia destato ulteriori domande piuttosto che offrire risposte e previsioni su quello che farà Disney. Strauss ha infatti un passato eclettico avendo seguito film come Black Panther e un episodio della stessa Star Wars (tramite Walt Disney Studios) ma anche cartoni animati come Inside Out (sempre made by Walt Disney). Ha lavorato alla Columbia su polizieschi come Go (bersagliato dalla critica ma successo al botteghino) e ancora ha supervisionato la produzione del film impegnato The Help. Insomma, Strauss ha sviluppato un mix di conoscenze adatte a sovrintendere l’ impero Disney, composto dai regni Pixar, Lucasfilm e Marvel, e sufficienti per comporre un menu streaming abbastanza vario da spiazzare i concorrenti. O almeno per metterli in agitazione a partire dalla Netflix di Reed Hastings, la diretta concorrente che ha già i suoi problemi tra rallentamento della crescita della base utenti e stime più contenute sul futuro, come un risultato operativo per la prima volta in contrazione nel terzo trimestre (vedere ItaliaOggi del 18/7/2018). Tanto per fare alcuni esempi di prossime produzioni Disney, e giusto per confermare i timori della concorrenza, la casa madre di Topolino ha affidato al regista di Spotlight Tom McCarthy l’ adattamento cinematografico del libro per ragazzi Timmy Failure, mentre il regista di Iron Man e Il libro della giungla Jon Favreau si sta dedicando a uno spin-off di Star Wars. In arrivo ci sono poi i nuovi Muppets, High school music e Monsters Inc. Finora indiscrezioni di mercato parlano di circa 9 film in fase di realizzazione con budget dai 20 ai 60 milioni di dollari (rispettivamente da 17,3 a 51,9 milioni di euro), senza contare le serie tv con costi tra i 25 e i 35 milioni di dollari (21,6 – 30,3 milioni di euro). A livello di sigle, poi, l’ offerta Disney comprenderà lo sport della controllata Espn+, i film on demand e i cartoon come i Simpson di Hulu (rientrante nel pacchetto Fox di Rupert Murdoch), i documentari di National Geographic (sempre di 21st Century Fox) e forse alcuni titoli Fox come L’ Era glaciale. Ma siccome anche Disney ha i suoi grattacapi, prima del debutto streaming in pompa magna mancano all’ appello i diritti concessi a Turner su alcune saghe di Guerre Stellari, la produzione più importante di tutte per Disney. Cessioni avvenute quando il gigante Usa non immaginava ancora di lanciare il proprio servizio on demand. Ma il problema è che adesso per Turner non è tanto una questione di prezzo, prima di ridarli indietro a peso d’ oro, quanto piuttosto la possibile scelta di tenerli per sé fino a quando non saranno passati talmente tanto in tv da aver perso appeal per molti telespettatori. Certo, Disney ha abbastanzi archivi per sopperire alla mancanza ma intanto, oltre a Star Wars, anche l’ altro gioiello tanto desiderato, Sky, non cadrà presto nelle mani di Topolino. Per questa settimana è atteso l’ ennesimo rilancio di Murdoch (che di Sky detiene il 39%) per superare l’ offerta da 26 miliardi di sterline (29,1 miliardi di euro) di Comcast. Al momento Murdoch, che deve chiedere il via libera a Disney per ogni rilancio, è fermo sui 24,5 miliardi di sterline (27,4 miliardi di euro). © Riproduzione riservata.

Le entrate calano del 3,1%

Italia Oggi
VINCENZO MORENA
link

Il gettito fiscale nel primo semestre ha subito un calo del 3,1% rispetto all’ anno precedente, a causa dello slittamento dell’ autoliquidazione e dell’ acconto imposta sulle assicurazioni. «Nel periodo gennaio-giugno 2018, le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 198.515 milioni di euro, segnando un decremento di 6.406 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente (-3,1%)». Lo rende noto il ministero dell’ economia e delle finanze (Mef), con il comunicato n.126 pubblicato ieri, spiegando che la riduzione del gettito «è stata influenzata dallo slittamento al mese di luglio del versamento delle imposte in autoliquidazione e dallo slittamento (dal mese di maggio al mese di novembre) del versamento dell’ acconto dell’ imposta sulle assicurazioni». Al netto dei suddetti valori, aggiunge il Mef, «le entrate tributarie erariali mostrano un incremento del 2,56%». Rispetto allo scorso anno, il gettito delle imposte dirette mostra una riduzione di 7.676 milioni di euro (6,9%) e risulta pari a 102.950 milioni di euro. Le ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e sui pensionati hanno subito una crescita di 2.426 milioni di euro (+32%).Bene il gettito dell’ imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze (+54%), così come quello sul valore dell’ attivo dei fondi pensione (+39%).Le entrate dell’ imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e le ritenute sui redditi di capitale salgono del 3,4%, mentre l’ Ires diminuisce del 67,8%. Il gettito delle imposte indirette ammonta a 95.565 milioni con una crescita di 1.270 milioni (+1,3%), grazie al gettito Iva (+1.151 milioni, +2%) e, in particolare, della componente scambi interni (+952 milioni). Positiva la dinamica del prelievo sulle importazioni (+199 milioni, +3%). In calo il gettito dalle assicurazioni (-75,5%). Significativo incremento per l’ imposta di registro (+13,7%, 306 milioni), canone Rai (+7,6%, 58 milioni) e imposta di bollo (+9,7%, 321 milioni).

Netflix, il successo del cinema ai domiciliari

Libero
COSTANZA CAVALLI
link

COSTANZA CAVALLI Per i grandi produttori di Hollywood, fino a poco tempo fa Neflix era «l’ esercito albanese» : qualcosa di sfigato e misterioso insieme, e in qualche modo armato. E come i barbari alle porta di Roma, la furia di Netflix si è dovuta abbattere sul tempio del cinema perché i suoi abitanti capissero la portata della catastrofe. Il gigante americano della distribuzione via internet di film, serie televisive e contenuti d’ intrattenimento, è valutato dal mercato 170 miliardi di dollari, solo un anno fa non aveva convinto tutti: «Se Gesù fosse un’ azione, sarebbe un’ azione di Netflix. Serve la fede, o ci credi o non ci credi», disse Todd Juenger, analista di un’ agenzia americana di investimenti, commentando le prestazione della società. E tutt’ oggi, se da una parte c’ è l’ ottimismo del mercato, dall’ altra ci sono i debiti, che ammontano a 8,5 miliardi e fanno alzare più di un sopracciglio. In ogni caso, quest’ anno l’ azienda spenderà quasi 13 miliardi per sviluppare nuovi contenuti e può permettersi qualsiasi star: da Spike Lee a Dustin Hoffman, da David Letterman a Barack e Michelle Obama. In poco più di dieci anni Netflix ha conquistato 130 milioni di abbonati in 190 Paesi.Forte di questi numeri, Ted Sarandos, responsabile dei contenuti della rete, non teme alcuna concorrenza: Netflix è «in competizione solo con il sonno», confessa Sarandos, americano di origini greche, classe ’64, nato a Phoenix, in Arizona. Arrivato a Netflix nel 2000, quando l’ azienda affittava dvd, ora è una celebrità, prossimamente ospite d’ onore, come cartone animato e dipinto di giallo, nella sitcom dei Simpson. «Più contenuti ci sono, più sono le cose da vedere. Più sono le cose da vedere e più aumentano gli abbonamenti. Più aumentano gli abbonamenti e più aumentano i ricavi. Più aumentano i ricavi e più aumentano i contenuti», ha dichiarato in un’ intervista, azzeccando un circolo virtuoso che, dopo aver mandato in vacca l’ era dei dvd, ora mette in difficoltà i Festival da tappeto rosso e fa arrabbiare, o peggio, preoccupare, Hollywood. Così l’ esercito abanese si è rivelato ben armato: infatti, anche se Hollywood crede il contrario, Netflix non ha fatto altro che occupare un posto lasciato vuoto proprio da lei. La gente ha meno tempo, il cinema costa troppo, ci sono troppe produzioni mediocri per coltivare un pubblico affezionato, e i festival premiano film d’ élite. Di contro, i televisori che entrano nelle case sono sempre più grandi e acquistabili a prezzi sempre più bassi. Infine: siamo una società ai domiciliari. A casa ci arriva tutto, dai detersivi con Amazon, alle scarpe con Yoox, al sushi con JustEat, al cinema con Netflix. E agli orari che ci pare: tutto è a domicilio, tutto è riders, che sia la pizza o l’ ultimo film con Will Smith. I festival che vietano la partecipazione ai loro concorsi ai film in streaming sembrano voler tentare l’ estrema difesa di un vecchio impero. Cannes non ne ha voluto sapere, dimostrando un conflitto che rappresenta la modernità in tutte le sue sfaccettature. Non che il cinema tradizionale sia destinato a sparire, ma ormai è come il vinile: avrà la stessa nicchia di mercato, i talebani della qualità, del dettaglio. Ma nella vecchia guardia c’ è anche una mosca bianca, il direttore artistico della Mostra Cinematografica di Venezia, Alberto Barbera: accoglierà in laguna ben sei film a marchio Netflix e due di Amazon, tutti di grande rilievo. Con buona pace dell’ Anec, l’ Associazione nazionale esercenti cinema, che ha redatto un comunicato per protestare contro la scelta del festival di accettare in concorso film che non avranno passaggi in sala. Ma a fare la fortuna di Netflix, prima che il cinema, sono state le serie tv. E anche in questo caso c’ è un motivo: qualità cinematografica, il sistema a episodi, una narrazione vicina ai ritmi della vita quotidiana, niente fasce orarie e niente scene perdute. E anche le serie tv, al cinema non ci arrivano. In qualche modo, sono una via di mezzo fra il film e il libro. A proposito del libro: come ha fatto a resistere all’ assalto degli e-book? Mentre tutti i sistemi digitali si stanno evolvendo per raggiungere le qualità dell’ analogico, il libro ha già per sua natura tutte le qualità del digitale: è portatile, a domicilio, si può accendere e spegnere a piacimento, semplicemente chiudendolo. E, in più ha un corpo. Una cosa in cui Netflix non è ancora riuscita: fare le orecchie a bordo pagina alle serie tv. riproduzione riservata A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: «La casa di carta», «Daredevil»; e il film italiano «Rimetti a noi i nostri debiti» A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: «La casa di carta», «Daredevil»; e il film italiano «Rimetti a noi i nostri debiti» A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: ëLa casa di cartaû, ëDaredevilû; e il film italiano ëRimetti a noi i nostri debitiû A sinistra Reed Hastings co-fondatore e Ceo di Netflix. Sotto, da sinistra: ÃëLa casa di cartaÃû, ÃëDaredevilÃû; e il film italiano ÃëRimetti a noi i nostri debitiÃû

L’unico rischio della tele à la carte è abbassare la qualità

Libero
FRANCESCO SPECCHIA
link

Quando Netflix, il massimo esempio di auto-palinsesto o di menu à la carte delle produzioni tv e cinematografiche fu annunciato, con i botti, in Italia, ero scettico. Molto scettico. C’ erano già Sky e Mediaset Infinity a occupare la nicchia di “tv liquida” ossia non lineare che ti consentiva di sceglierti il prodotto come al supermarket e consumarlo quando volevi. Ma Netflix aveva due atout in più: i costi bassi e l’ altissima qualità delle sue serie televisive. Parlo di serie, perché film di produzione Netflix come Annihilation o Bright, molto luccicanti e molto pretenziosi, rientrano nella categoria “giocattoloni” ma non vinceranno mai un Oscar. Però, sulle serie, al di là dell’ immensa capacità di scelta (ne appaiono due nuove al dì) abbondano regia molto sopra le media e una spesso straordinaria scrittura. Per esempio . Occupied, di marca scandinava, racconta di un’ ipotetica invasione russa della Norvegia causa guerra petrolifera; Designed Survivor si addentra con grazia nella fantapolitica Usa (cosa accadrebbe se il Presidente e il Parlamento saltassero in aria e venisse designato alla Casa Bianca un piccolo burocrate?); La casa di carta di griffe spagnola è uno geniale incrocio fra il cinema di rapina e quello psicologico con un richiamo all’ Italia. Ho citato tre prodotti-gioiello a caso. La domanda semmai è: con questo genere di investimenti, Netflix per quanto riuscirà a tenere alto il livello qualitativo?

Rai, Conte irritato con Salvini il Cda bloccato sulle nomine

La Repubblica
GIOVANNA VITALE
link

L’ ultimo tentativo per convincere Matteo Salvini a mollare la presa su Marcello Foa se lo intesta il premier Giuseppe Conte. Va avanti fino al pomeriggio. Nelle stesse ore dal ministero dell’ Economia raccontano che Giovanni Tria sarebbe pronto anche subito a nominare un nuovo rappresentante del governo nel cda Rai. Pur di chiudere la partita, pur di rendere davvero operativo e non a rischio ricorsi il consiglio di amministrazione che dovrebbe nominare da qui a breve i nuovi direttori di tg e reti. Invano. Per tutto il pomeriggio in Transatlantico era rimbalzata l’ indiscrezione che voleva il vicepremier della Lega e il sottosegretario Giorgetti pronti a far compiere un passo indietro a Foa per designare una donna. E il nome circolato è stato nuovamente quello di Bianchi Clerici. Ma si è rivelato un bluff. Salvini quella presa proprio non la molla. Nel partito, uomini di governo raccontano a taccuini chiusi che a settembre poi sarà inevitabile trovare una soluzione di compromesso. Ma per adesso il capo del Viminale non vuol saperne di accettare la resa, di riconoscere la vittoria di Silvio Berlusconi (che ha fatto bocciare Foa in Vigilanza). E poco conta che anche gli alleati grillini si siano schierati sulla linea moderata: «Troviamo un altro presidente per sbloccare lo stallo Rai » . Una cosa è certa e su questo Di Maio e i suoi non indietreggiano: il Carroccio potrà anche tenere al suo posto il giornalista sovranista, ma si scorda per adesso la nomina dei direttori, la cui designazione rischia di essere coperta da una valanga di ricorsi. E infatti il cda si riunirà dopodomani solo per varare alcuni atti urgenti – gli highlights del calcio e il rinnovo del contratto per la fiction ” Un posto al sole” – non per coprire le caselle vacanti alla guida di RaiSport, di Rai pubblicità o delle testate regionali, né tanto meno per avviare il valzer dei direttori di Reti e Tg. Il parere legale notificato da Usigrai, Fnsi e Ordine dei giornalisti non concede margini: il board della Tv di Stato « non può operare » con questo assetto. Mentre i presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, ricevono dai capigruppo dem Delrio e Marcucci la richiesta che la volontà del Parlamento venga rispettata. Ma è tra Lega e Fi che il rapporto è ormai ai minimi termini. Giorgetti provoca: «Da cattolico, confidiamo in un pentimento di Berlusconi » . Coi forzisti che replicano: «Il peccato originale è quello della Lega, provveda e uccideremo insieme il vitello grasso». Nel frattempo il presidente della Vigilanza Alberto Barachini riunirà stamattina l’ ufficio di presidenza della commissione per prendere atto di fatto dello stallo. Ieri l’ ex giornalista Mediaset ha incontrato il ministro dell’ Economia per capire cosa avesse intenzione di fare il principale azionista Rai. Incassando una riposta interlocutoria, anche perché il pallino è nelle mani della Lega cui spetta – nella spartizione di maggioranza – l’ indicazione del presidente. Se la situazione dovesse sbloccarsi, in Vigilanza si dicono pronti a convocarsi anche a cavallo di Ferragosto per approvare la nomina del nuovo presidente. Ma il clima a Palazzo Chigi non è dei migliori.

L'articolo Rassegna Stampa del 07/08/2018 proviene da Editoria.tv.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 7940

Trending Articles