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Rassegna Stampa del 02/07/2018

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“Una Netflix italiana: così Rai e Mediaset si devono rinnovare”

Canone Rai, cedolare secca e stipendi: scadenze e novità

Match su Rai e nomine in scadenza Di Maio tenta il rilancio sulla Lega

Ora Di Maio vuole dare lezioni di tv a Rai e Mediaset

Di Maio avverte Rai e Mediaset: giorni contati per le tv tradizionali

Di Maio si è montato la testa Adesso vuole spegnere le tv

Luigino non sa che in Rai resiste la lottizzazione Tutti i nomi in corsa hanno sponsor politici

Match su Rai e nomine Di Maio cerca il rilancio

Rai e Mediaset, il capo M5S si inventa la Netflix italiana

“Una Netflix italiana: così Rai e Mediaset si devono rinnovare”

Il Fatto Quotidiano

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Luigi Di Maio torna sul tema delle telecomunicazioni e rilancia una visione “casaleggiana” del sistema televisivo. Per Rai e Mediaset “sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, e inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita fino ad oggi”, scrive il vice premier in un post sul blog lanciando l’ idea di una “Netflix italiana” e sottolineando come, da qui a pochi anni, vi sarà un “crollo” del consumo della tv tradizionale. Parole che Davide Casaleggio rilancia su Facebook: “Se aspettiamo di vedere il futuro arrivare, arriverà dall’ estero. Dobbiamo iniziare a costruirlo noi”. Nel suo post, Di Maio torna anche sulla tv pubblica: “in Rai deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova. Il primo passo è la fine della lottizzazione e la pretesa di avere editori“, scrive il leader del M5S . Il primo banco di prova, anche per la partita tra M5S e Lega, si avrà l’ 11 luglio, quando Camera e Senato dovranno nominare 4 membri del Cda mentre al governo toccherà nominarne due, ai dipendenti dell’ azienda uno. E, a rendere ancor più complessa la partita, c’ è il ruolo di Fico, che da ex presidente della Vigilanza non potrà non portare la “voce” degli ortodossi.

Canone Rai, cedolare secca e stipendi: scadenze e novità

Il Fatto Quotidiano
Patrizia De Rubertis
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Anche se la giornata di oggi rappresenta per i più l’ inizio dell’ estate e delle vacanze, agli occhi del Fisco i contribuenti non possono ancora rilassarsi: mancano infatti ancora poche ore per tre appuntamenti che riguardano la stragrande maggioranza degli italiani: le scadenze per richiedere l’ esenzione del canone Rai e per pagare la cedolare secca sugli affitti. Mentre da oggi i datori di lavoro non potranno più pagare in contanti le retribuzioni ai lavoratori dipendenti e ai collaboratori. Andiamo con ordine. Canone Rai. Per richiedere l’ esonero per il secondo semestre dell’ anno della tassa più odiata dagli italiani, che dal 2016 viene corrisposta con la bolletta dell’ energia elettrica, si deve inviare entro oggi un modello per comunicare di non possedere il televisore in casa. Il canone che, secondo i dati diffusi a inizio anno dal Mef ha portato nel 2017 un gettito di 1,81 miliardi di euro con un incremento dell’ 0,8% rispetto al 2016 – mentre per viale Mazzini si è registrata una perdita di introiti di 133 milioni di euro a causa della riduzione dell’ importo da 100 euro a 90 euro -, può non essere pagato da chi ha cambiato casa da poco o comunque ha attivato un’ utenza elettrica di tipo residenziale ma non possiede la tv e dagli eredi che devono chiedere l’ esonero per l’ abitazione in cui l’ utenza elettrica è ancora intestata al deceduto. Nel primo caso va compilata la sezione A del modello, che si trova sul sito dell’ Agenzia delle Entrate, barrando la casella con la quale si autocertifica di non avere il televisore. Mentre gli eredi devono compilare la sezione B. La dichiarazione va inviata online dal sito delle Entrate oppure tramite i Caf. In alternativa è prevista la presentazione per raccomandata senza busta, ma non è affatto facile. Chi ha provato a farlo, l’ ha definito un incrocio tra un origami e un’ esercitazione di educazione tecnica, visto che il plico va fabbricato con le proprie mani piegando tutti i fogli a soffietto in tre parti, in modo da simulare la forma di una busta. In questo modo la piega lascerà il testo stampato all’ interno (non visibile) e la parte bianca all’ esterno, su cui scrivere il mittente e il destinatario. Se si salta la scadenza del 2 luglio il canone per il secondo semestre è dovuto. Si potrà però evitare l’ addebito del canone in bolletta per il prossimo anno, perché la dichiarazione presentata dal 3 luglio in poi ha valore per l’ intero 2019. Anche i cittadini che hanno compiuto 75 anni, con un reddito annuo non superiore a 8.000 euro, possono richiedere l’ esenzione. Cedolare secca. I contribuenti titolari di redditi da locazione che hanno aderito al regime della cedolare secca al 21% ovvero al 10% sugli affitti devono effettuare entro oggi il versamento di saldo 2017 e acconto 2018, un’ accoppiata che l’ anno scorso ha portato nelle casse dell’ Erario circa un miliardo di euro. L’ acconto è pari al 95% dell’ imposta dovuta per l’ anno precedente. Se non supera 51,65 euro, non va versato e si paga tutto a saldo. Se, invece, è pari o superiore a 257,52 euro, va versato in due rate: la prima, pari al 40%, si paga con il codice tributo 1840 entro il 2 luglio; la seconda, pari al restante 60%, entro il 30 novembre. Il saldo del 5% va invece pagato entro il 30 giugno dell’ anno successivo. La cedolare secca, scelta da tre proprietari su 4, è in genere più conveniente perché l’ aliquota è più bassa di quelle Irpef, non si versano le addizionali locali e si risparmia l’ imposta di registro annua del 2%. Solo chi ha elevati importi di oneri detraibili o deducibili, deve verificare bene se, escludendo dal reddito complessivo l’ affitto soggetto alla cedolare, non perda in tutto o in parte il diritto a detrarre gli oneri. Anche per i contratti di locazione brevi a scopo abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulati dal 1° giugno 2017, i proprietari possono scegliere – in alternativa all’ Irpef – di applicare la cedolare secca con aliquota del 21%. Stipendi. Da oggi, come previsto dalla legge di Stabilità, per le retribuzioni dovranno essere usati solo mezzi di pagamento in grado di assicurare la tracciabilità del movimento di denaro, come bonifico o assegno) sia per i lavoratori dipendente che per quelli che hanno rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, pena una sanzione da 1.000 a 5mila euro. Mentre fino a ora era possibile trasferire somme in contanti di importo fino a 2.999,99 euro. Sono escluse, invece, le prestazioni di tipo occasionale, ma anche i collaboratori domestici potranno ancora essere pagati in contanti. Sul fronte dei pensionati, invece, le poste potranno ancora pagare in contanti gli assegni inferiori a mille euro, come previsto già dall’ aprile 2012. Tutte le altre vanno accreditate sul conto corrente bancario o postale, sul libretto postale o sulla carta prepagata.

Match su Rai e nomine in scadenza Di Maio tenta il rilancio sulla Lega

Il Mattino
STEFANO COLETTA
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IL RETROSCENA ROMA Per arginare la ruspa di Matteo Salvini, Luigi Di Maio scende in trincea. Il leader grillino ha intenzione di fare delle nomine in Rai e in Cassa depositi e prestiti l’ argine per dimostrare che nel governo gialloverde con comanda solo il segretario leghista. I tempi sono stretti: il 13 c’ è l’ assemblea della Cdp e due giorni prima comincerà il valzer in Parlamento per i vertici di viale Mazzini. Dopo Beppe Grillo – che è tornato a minacciare giornalisti, programmi, testate Rai e non solo: «Una dichiarazione ad Agorà? Agorà la chiudiamo». «Il Foglio? Gli togliamo i finanziamenti». La7 e Canale 5, non avvicinatevi. Rai1, state molto attenti…» – Di Maio ha lanciato una sorta di manifesto per la tv pubblica nel suo ruolo di ministro allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni: «Per l’ azienda sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita fino ad oggi. In Rai deve cominciare a trionfare il merito ed entrare aria nuova. Il primo passo è la fine della lottizzazione e la pretesa di avere editori». Il modello: «Una Netflix italiana», dalla tv on-demand americana. Il primo banco di prova sarà l’ insediamento della commissione di Vigilanza sulla Rai. Il termine fissato dai presidenti di Camera e Senato per presentare i nomi dei componenti scade domani. Ma il Pd frena: prima di dare la propria lista, i dem vogliono avere la garanzia di ottenere la presidenza del Comitato di controllo sui Servizi (Copasir). Così è probabile che la Vigilanza si insedi la settimana prossima e che slitti dall’ 11 al 18 luglio il giorno in cui la Camera e il Senato eleggeranno i primi quattro membri del Consiglio di amministrazione scaduto a giugno. Un altro componente sarà scelto dai dipendenti della Rai. E gli ultimi due saranno indicati dal governo: uno farà il presidente (ci vogliono i due-terzi in Vigilanza: essenziale l’ intesa tra 5Stelle, Lega e Forza Italia) l’ altro sarà l’ amministratore delegato. I nomi che circolano, graditi ai 5Stelle: Gabanelli, Freccero e De Bortoli per la presidenza. Gianmarco Muzzi (socio di Presta) e Fabio Vaccarono (direttore italiano di Google) per il ruolo di ad. La partita per le direzioni dei tiggì e delle reti Rai si aprirà invece dopo l’ estate. Con un problema: in base all’ ultima legge, Di Maio non potrà attingere all’ esterno dell’ azienda. E mentre i grillini non hanno molte persone fidate dentro la Rai, Salvini ne ha già reclutate in numero sufficiente per coprire gran parte delle caselle. Tant’ è che in casa 5Stelle non si esclude la riconferma di direttori che «hanno ben lavorato», come Luca Mazzà (Tg3) e Stefano Coletta (Rai3). LA DOPPIA PARTITA Per la Cdp il giorno della verità sarà il 13 giugno. Non è escluso un outsider, ma al momento in pole postition per la carica di amministratore delegato e per quella di direttore generale ci sono Dario Scannapico (vicepresidente della Bei) e Fabrizio Palermo (attuale direttore finanziario della Cassa). La Lega dovrebbe prendersi la rivincita puntando su Ferrovie, dove Renato Mazzoncini è stato rinviato a giudizio e per statuto se non verrà riconfermato dall’ assemblea, dovrà essere sostituto. Salvini punta per quell’ incarico su Massimo Sarmi, già capo di Poste. A.Gen. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Ora Di Maio vuole dare lezioni di tv a Rai e Mediaset

Libero
BRUNELLA BOLLOLI
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Ci risiamo con le tv. Hanno vinto grazie alla propaganda in Rete, ma i grillini non resistono alla tentazione di mettere le mani sulle televisioni. Non vedono l’ ora di occupare i canali Rai e Mediaset. Adesso che sono al governo, poi, non passa giorno che qualcuno tra Luigi Di Maio, Beppe Grillo, o altri del giro pentastellato, non spari il suo titolo su come dovrà essere la comunicazione del futuro. Ieri ha attaccato Giggino sul blog: «Le tv tradizionali hanno i giorni contati», ha esordito. «Ma la prossima Netflix può essere italiana». Il ministro del Lavoro si riferisce al colosso americano dell’ internet tv ormai presente in tutto il mondo e piuttosto seguita anche da noi. Scrive Di Maio che «in Italia al momento Netflix ha una penetrazione stimata attorno al 6 per cento», ma cresce tanto quindi «raggiungerà il 20% in 5 anni. Quello sarà il punto di non ritorno», annuncia il capo politico M5S citando uno studio di Morgan Stanley. «Si prevede quindi che nei prossimi 5 anni gli operatori tradizionali italiani ed europei avranno un calo degli utili del 40 per cento». Insomma, si salvi chi può, pronostica il ministro dello Sviluppo Economico con delega alle telecomunicazioni, lo stesso che vorrebbe chiudere i negozi la domenica, fare il censimento dei dipendenti Rai e ha aperti una serie di dossier sul tavolo, nessuno dei quali, finora, chiuso. «È tempo che anche qui si facciano investimenti che vadano nell’ ottica delle nuove tecnologie e non di quelle vecchie», insiste. Quindi, lancia l’ affondo, «per Rai e Mediaset sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, pensando a nuovi prodotti e inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita finora. In particolare», spiega il grillino, «in Rai deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova. Il primo passo», annuncia, «è la fine della lottizzazione da un lato e la pretesa di avere editori puri dall’ altro». Il proclama del vicepremier segue di un paio di giorni l’ editto emanato da Grillo a volto coperto e armato di megafono: «Due canali Rai sul mercato, uno senza pubblicità». Ma se il comico si era limitato alla rivoluzione per Viale Mazzini, il messaggio di ieri del ministro, spalleggiato subito da Davide Casaleggio (che ha in mano l’ associazione Rousseau) tira in ballo anche Mediaset, dove il governo non dovrebbe mettere bocca. «Sul futuro delle televisioni il vicepremier eccetera eccetera gioca a fare il dirigista con il portafogli degli altri», replica Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi di Camera e Senato, che lo apostrofa come «mandante della fesseria della domenica». «Di Maio dimentica e mortifica le eccellenti produzioni televisive italiane che alimentano l’ industria culturale del nostro Paese». «Di Maio s’ inventa conoscitore del mondo della televisione tanto da prevederne la morte fra pochi anni», gli fa eco l’ azzurra Patrizia Marrocco. «Sogna una Netflix stile Rousseau dove poter indottrinare gli adepti della sua setta». Sul tema tace la Lega, perché se è vero che nel contratto di governo giallo-verde l’ editto sulla tv non è citato, l’ argomento Rai, con il rinnovo del Cda, dovrà essere affrontato a breve. riproduzione riservata.

Di Maio avverte Rai e Mediaset: giorni contati per le tv tradizionali

Corriere della Sera
Paola Di Caro
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ROMA I presupposti perché si aprisse un fronte polemico c’ erano tutti: Beppe Grillo venerdì scorso aveva lanciato la sua proposta – due reti Rai da mettere sul mercato e una senza pubblicità – e la replica di Luigi Di Maio – ministro dello Sviluppo con delega alla telecomunicazioni – aveva in parte frenato il caso: «Nel programma c’ è solo la fine della lottizzazione». Ieri però il vicepremier ha rilanciato sul tema delle tivù e delle aziende di comunicazione, mettendo in agitazione soprattutto Forza Italia. Perché stavolta nel discorso di Di Maio entra anche Mediaset: «Per Rai e Mediaset – è il suo monito – sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, e inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita fino ad oggi, perché le televisioni tradizionali hanno i giorni contati». In Rai in particolare «deve entrare il merito», ma in genere quello che serve è «una Netflix italiana», il gigante delle produzioni video – cinema, serie, informazione – che sta sfondando nel mondo. Discorso simile anche quello di Davide Casaleggio: «Se aspettiamo di vedere il futuro arrivare, arriverà dall’ estero. Dobbiamo iniziare a costruirlo noi». E anche il figlio dell’ ideologo del M5S, citando Netflix, insiste sulla necessità di «pensare all’ innovazione subito». Parole che mettono in allarme soprattutto gli azzurri, già molto sospettosi per la decisione di Di Maio, molto contestata da Silvio Berlusconi, di tenere per sé la strategica delega per le telecomunicazioni. Il portavoce dei gruppi di FI Giorgio Mulè attacca: «Di Maio della Casaleggio associati colpisce ancora. Sul futuro delle televisioni il vicepremier eccetera eccetera gioca a fare il dirigista con il portafogli degli altri, dimentica e mortifica le eccellenti produzioni televisive italiane, prefigura scenari tetri in favore ovviamente di Internet. A correre a supporto svelandosi come mandante della fesseria della domenica giunge lesto Davide Casaleggio, al quale Di Maio versa ogni mese denaro come tutti i parlamentari dei 5 Stelle. È tutto molto, molto penoso. Ed è tutto molto, molto pericoloso per il futuro dell’ Italia». A sorpresa, è l’ azzurro ed ex ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri a riportare il dibattito sul terreno «della realtà: quello che dice Di Maio è piuttosto ovvio, è vero che i colossi dei media -non solo Netflix ma anche Amazon Tv e altri – in regime di sostanziale esenzione fiscale planetaria godono di grandi vantaggi», ed è vero che «c’ è un percorso di modernità da affrontare, riqualificando il servizio pubblico». Ma ciò deve avvenire «consentendo alle imprese private di esistere e crescere». Insomma, si eviti di «danneggiare chi c’ è, anzi lo si difenda», e poi si lasci alle aziende la libertà di muoversi «secondo le dinamiche di mercato».

Di Maio si è montato la testa Adesso vuole spegnere le tv

Il Giornale
FRANCESCA ANGELI
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«I n Rai deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova». Annuncia il vicepremier nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico con delega alle Telecomunicazioni, Luigi Di Maio. Ma quella che si prepara ad entrare in Rai più che aria nuova è una vera e propria bufera che punta a travolgere gli attuali assetti di potere a favore del governo giallo-verde. Subito dopo l’ insediamento a Palazzo Chigi nei corridoi di Saxa Rubra e viale Mazzini hanno cominciato a sentire il brontolio dei tuoni che si avvicinavano e ora il diluvio sta per scatenarsi: la battaglia delle nomine si avvicina. Di Maio dal Blog delle Stelle la prende alla larga profetizzando la fine della tv generalista. «Hanno i giorni contati – annuncia Di Maio -. Ma la prossima Netflix potrà essere italiana». Il vicepremier riporta l’ analisi di Morgan Stanley (ma non era il demonio per i grillini?) che prevede una crescita esponenziale della penetrazione della tv on line Netflix fino al 20 per cento in 5 anni. «Quello – scrive Di Maio – sarà il punto di non ritorno che in America ha coinciso con il declino del consumo della tv tradizionale». Inevitabile quindi il destino degli «operatori tradizionali italiani ed europei» che «avranno un calo degli utili del 40 per cento». E Di Maio ricorda che «Morgan Stanley ha declassato il suo giudizio su alcune aziende, come Mediaset» in Italia e «ProsiebenSat e Rtl» in Germania. Di Maio sente il dovere di «anticipare il futuro» investendo «in nuovi modelli di business e nuove tecnologie». Ed ecco che vengono chiamate in causa «le grandi aziende culturali del Paese, in primis Rai e Mediaset» che devono «riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, pensando a nuovi prodotti».E finalmente Di Maio arriva al punto, ovvero un globale cambio della guardia ai vertici di viale Mazzini e dintorni perché appunto «in Rai deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova» ed «il primo passo è la fine della lottizzazione da un lato e la pretesa di avere editori puri dall’ altro». Questo, conclude il vicepremier «è un momento di grandi cambiamenti e quindi di enormi opportunità, con investimenti oculati e un serio indirizzo politico le coglieremo e saremo protagonisti». Migliaia di posti di lavoro permettendo. E se qualcuno avesse un dubbio sul nome dei protagonisti di questo cambiamento lo potrà dissipare subito leggendo il commento di Davide Casaleggio alle parole di Di Maio. «Se aspettiamo di vedere il futuro arrivare, arriverà dall’ estero. Dobbiamo iniziare a costruirlo noi – scrive Casaleggio sul suo profilo Facebook -. Il caso dell’ industria dei media italiana è emblematico. Ha aspettato arrivasse Netflix per preoccuparsi di innovare il proprio modello di business. Dobbiamo pensare all’ innovazione non quando è ormai inevitabile, ma quando è possibile. Ora lo è». Tocca a Beppe Grillo, con l’ alibi del comico con il gusto del paradosso, elencare i desiderata del governo. Interpellato dai giornalisti a Roma proclama: «Agorà la chiudiamo, al Foglio togliamo i finanziamenti e Raiuno… state molto attenti». Un disegno, quello tracciato di da Di Maio e soci, che preoccupa il centrodestra. «Il finanziatore Luigi Di Maio della Casaleggio associati colpisce ancora – dice il portavoce azzurro Giorgio Mulè -. Sul futuro delle tv il vicepremier gioca a fare il dirigista con il portafogli degli altri, dimentica e mortifica le eccellenti produzioni italiane che alimentano l’ industria culturale del nostro Paese, prefigura scenari tetri in favore ovviamente di internet».

Luigino non sa che in Rai resiste la lottizzazione Tutti i nomi in corsa hanno sponsor politici

Il Giornale
Giuseppe Marino
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Giuseppe Marino Roma M5s-Rai parte terza. La nuova stagione del travagliato rapporto tra i pentastellati e l’ informazione televisiva è alle porte. Dopo lo sprezzante rifiuto iniziale, è passata un’ epoca da quando i grillini snobbavano le telecamere sostenendo che la tv era un media morto e sepolto, è arrivata l’ esplosione del consenso e il dietrofront: presenza assidua in ogni salotto televisivo possibilmente senza contradditorio. La terza stagione ha una chiave già chiara: l’ occupazione della stanza dei bottoni. Nonostante gli appelli del presidente della Camera Roberto Fico a «tenere fuori la politica» dalle nomine, i 5S stanno disputando con la Lega una partita colpo su colpo. E mentre Di Maio lancia appelli contro i raccomandati Rai e tuona contro la lottizzazione della tv di Stato, il derby Lega-M5s sembra destinato a giocarsi alla vecchia maniera. I propositi del contratto di governo, poche righe generiche per giurare «maggiore trasparenza, eliminazione della lottizzazione e promozione della meritocrazia», si tradurranno con la nomina di manager e giornalisti allineati. La Lega si muove nello stile concreto di Matteo Salvini. I 5 Stelle avanzano a colpi di proclami, ma dietro le quinte lavorano per selezionare una classe dirigente che garantisca la visibilità del Movimento quando servirà. I nomi che circolano per occupare le caselle che contano, quelle che guideranno i telegiornali Rai, hanno tutti la stessa caratteristica: sono graditi all’ uno o all’ altro schieramento al governo. Tra tutti l’ inaffondabile Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 dal 2009, che, se venisse chiamato a dirigere il telegiornale della rete ammiraglia, non potrebbe certo far sparire dai social network il selfie pubblicato sui social, con Salvini, definito «caro amico». L’ ipotesi di ripiego, la Lega arroccata nel Tg2, vedrebbe in pole un altro giornalista dalla provenienza inequivocabile, Luciano Ghelfi, entrato in Rai in epoca bossiana. La maggiore differenza con il passato sarebbe che non verrà lasciato nemmeno un Tg all’ opposizione. Per il Tg3 si fa ad esempio il nome di Milena Gabanelli, nome graditissimo all’ M5s. Che in teoria, rispetto alla Lega, deve fare i conti con un minore radicamento all’ interno della Rai. Ma a viale Mazzini il riposizionamento è in corso da tempo. E del resto per i direttori dei Tg c’ è ancora tempo. Il primo appuntamento, sulla spinta di Fico che vuole abbreviare i tempi, sarà l’ 11 luglio, quando si dovrebbero scegliere i sette nomi per il Cda ristretto, e reso più manovrabile, dalla riforma renziana. «C’ è stata la raccolta dei curricula – spiega il consigliere uscente Arturo Diaconale – ma alla fine non cambierà nulla: a scegliere saranno i partiti, com’ è normale che sia, se si vuole garantire il pluralismo». La battaglia fondamentale, quella per il direttore generale, potrebbero spuntarla i 5S, che puntano a un nome esterno di prestigio, come Fabio Vaccarono, pescato da Google Italia. Si dovranno fare i conti anche con l’ attivismo sindacale. L’ Usigrai ha pubblicato ieri un documento di intenti. E per legge un nome nel Cda dovrà essere espressione dei dipendenti. In pole ci sarebbe Roberto Natale, ex portavoce di Laura Boldrini.

Match su Rai e nomine Di Maio cerca il rilancio

Il Messaggero

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IL RETROSCENA ROMA Per arginare la ruspa di Matteo Salvini, Luigi Di Maio scende in trincea. Il leader grillino ha intenzione di fare delle nomine in Rai e in Cassa depositi e prestiti l’ argine per dimostrare che nel governo gialloverde con comanda solo il segretario leghista. I tempi sono stretti: il 13 c’ è l’ assemblea della Cdp e due giorni prima comincerà il valzer in Parlamento per i vertici di viale Mazzini. Dopo Beppe Grillo – che è tornato a minacciare giornalisti, programmi, testate Rai e non solo: «Una dichiarazione ad Agorà? Agorà la chiudiamo». «Il Foglio? Gli togliamo i finanziamenti». La7 e Canale 5, non avvicinatevi. Rai1, state molto attenti…» – Di Maio ha lanciato una sorta di manifesto per la tv pubblica nel suo ruolo di ministro allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni: «Per l’ azienda sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee, inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita fino ad oggi. In Rai deve cominciare a trionfare il merito ed entrare aria nuova. Il primo passo è la fine della lottizzazione e la pretesa di avere editori». Il modello: «Una Netflix italiana», dalla tv on-demand americana. Il primo banco di prova sarà l’ insediamento della commissione di Vigilanza sulla Rai. Il termine fissato dai presidenti di Camera e Senato per presentare i nomi dei componenti scade domani. Ma il Pd frena: prima di dare la propria lista, i dem vogliono avere la garanzia di ottenere la presidenza del Comitato di controllo sui Servizi (Copasir). Così è probabile che la Vigilanza si insedi la settimana prossima e che slitti dall’ 11 al 18 luglio il giorno in cui la Camera e il Senato eleggeranno i primi quattro membri del Consiglio di amministrazione scaduto a giugno. Un altro componente sarà scelto dai dipendenti della Rai. E gli ultimi due saranno indicati dal governo: uno farà il presidente (nominato poi con una maggioranza dei due-terzi in Vigilanza: essenziale l’ intesa tra 5Stelle, Lega e Forza Italia) l’ altro sarà l’ amministratore delegato. I nomi che circolano, graditi ai 5Stelle: Milena Gabanelli, Carlo Freccero e Ferruccio De Bortoli per la presidenza. Gianmarco Muzzi (socio di Luca Presta) e Fabio Vaccarono (direttore italiano di Google) per il ruolo di ad. La partita per le direzioni dei tiggì e delle reti Rai si aprirà invece dopo l’ estate. Con un problema: in base all’ ultima legge, Di Maio non potrà attingere all’ esterno dell’ azienda. E mentre i grillini non hanno molte persone fidate dentro viale Mazzini, Salvini ne ha già reclutate in numero sufficiente per coprire gran parte delle caselle. Tant’ è che in casa 5Stelle – anche per onorare il principio del merito invocato pure dal presidente della Camera, Roberto Fico – non si esclude la riconferma di direttori che «hanno ben lavorato», come Luca Mazzà (Tg3) e Stefano Coletta (Rai3). LA DOPPIA PARTITA Per la Cdp il giorno della verità sarà il 13 giugno. Non è escluso un outsider, ma al momento in pole postition per la carica di amministratore delegato e per quella di direttore generale ci sono Dario Scannapico (vicepresidente della Bei) e Fabrizio Palermo (attuale direttore finanziario della Cassa). La Lega dovrebbe prendersi la rivincita puntando su Ferrovie, dove Renato Mazzoncini è stato rinviato a giudizio e per statuto se non verrà riconfermato dall’ assemblea, dovrà essere sostituto. Salvini punta per quell’ incarico su Massimo Sarmi, già capo di Poste. A.Gen. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Rai e Mediaset, il capo M5S si inventa la Netflix italiana

La Repubblica

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roma, « Le tv tradizionali hanno le ora contate ma la prossima Netflix può essere italiana!». È la profezia che Luigi Di Maio affida alla sua pagina Fb alla vigilia di una settimana decisiva sul fronte delle nomine Rai. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo che ha la delega alle telecomunicazioni rilancia un report di Morgan Staley sul futuro della televisioni in chiaro che prevede tempi grami nei prossimi 5 anni per le emittenti tradizionali, quando la piattaforma di Netflix che sta crescendo del 3% l’ anno potrebbe raggiungere il 20%, riducendo al lumicino gli investimenti pubblicitari per colossi dell’ etere. Per questo Di Maio lancia l’ idea di una piattaforma italiana e chiede casaleggianamente di « anticipare il futuro» con investimenti in nuove tecnologie a partire dal la banda larga. «Su questo devono interrogarsi anche le grandi aziende culturali del Paese, in primis Rai e Mediaset, per loro sarà fondamentale riuscire a rinnovarsi con nuove persone e nuove idee e inserendosi in una logica completamente diversa da quella seguita fino a oggi » . In Rai, aggiunge Di Maio, « deve iniziare a trionfare il merito e a entrare aria nuova: il primo passo è la fine della lottizzazione e la pretesa di avere editori puri dall’ altro». Il post del capo politico del M5S è subito rilanciato da Davide Casaleggio ma fa storcere la bocca al portavoce di Forza Italia. « Il finanziatore della Casaleggio gioca a fare il dirigista con il portafoglio altrui», attacca Giorgio Mulè. Ma Davide Casaleggio sposa in pieno la profezia del vicepremier. « Se aspettiamo di vedere il futuro arrivare, arriverà dall’ estero, dobbiamo iniziare a costruirlo noi», scrive il figlio del cofondatore M5S. Per il governo gialloverde in ogni caso si apre una partita decisiva, quella delle nomine. Domani i partiti dovranno nominare i membri della Vigilanza ma l’ infinita partita tra Lega e M5S si giocherà l’ 11 luglio, quando Camera e Senato dovranno nominare i 4 membri del Cda ai quali si aggiungeranno due scelti dal governo e uno eletto dai dipendenti Rai. Anche in questa partita si è inserito Roberto Fico. L’ ex presidente della Vigilanza ha lanciato un appello « perchè la politica resti fuori dalle nomine». – mb © RIPRODUZIONE RISERVATA Leader e ministro Luigi di Maio, capo politico dei 5Stelle, vice premier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo.

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