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Rassegna Stampa del 21/05/2018

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L’ informazione del servizio pubblico ostile verso qualunque pluralità di voci

Vertici Cdp e Rai i gialloverdi alla prima prova delle nomine

La serie A si conta sulle garanzie fornite da Mediapro

Professionisti liquidati con il contagocce

L’ informazione del servizio pubblico ostile verso qualunque pluralità di voci

Il Fatto Quotidiano
Pietrangelo Buttafuoco
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Il peso politico di Lega e M5S messi insieme – governo o meno, giusto nel peso parlamentare – va a corrispondere comunque a una tabula rasa. Se mai la faranno. E tra le tante, una: il servizio pubblico nell’ informazione. Dopo le elezioni “se ne parla”, aveva detto Matteo Salvini, a proposito di Fabio Fazio (in foto) e di quel che deriva dall’ onnipotenza ostracizzante di Che tempo che fa. Diocenescampi una censura, ma la Rai renziana che se ne va, ostile verso qualunque pluralità di voci, è la fotocopia – perfino nei profili professionali dei vertici – della Rai berlusconiana, resa ancora peggiore dall’ apporto disastroso di Alleanza nazionale (con tanto di cognatino di Gianfranco Fini pronto a lucrare e giustamente messo alla porta da Guido Paglia, dirigente di viale Mazzini, fortunatamente cresciuto a pane e Montanelli). L’ associazione Lettera22, che riunisce giornalisti fuori cordata, ha lanciato un tema a questo proposito – La dittatura del politicamente corretto – ne ha discusso giovedì scorso in un convegno a Roma ma il vero argomento, specialmente per gli operatori culturali del servizio pubblico, anche per non ripercorrere gli stessi errori di questua, avrebbe dovuto essere uno e solo uno: “Quanto tempo s’ è perso”. Tabula rasa, dunque. Per non dire del corollario che va a discendere per li rami in quella grande vetrina che è la fabbrica culturale della nazione. Fosse pure il solo Salone del Libro di Torino, un fondamentale evento che beneficia di fondi pubblici – come comunque qualsiasi altra macchina della produzione intellettuale “pubblica”, dal Maggio fiorentino alla Mostra del Cinema di Venezia – dove è sempre più urgente sia garantita quella pluralità che è richiesta dalla semplice onestà intellettuale, ma anche dalla ovvia richiesta di mercato: la stragrande maggioranza degli italiani, quella che poi alle elezioni ha fatto una scelta antagonista rispetto all’ andazzo, non è obbligatoriamente sintonizzata sul palinsesto di Rai Radio 3, l’ inserto di Repubblica o i libri presentati da Fazio. Un robusto articolo polemico di Luigi Mascheroni, su Il Giornale, è andato dritto al punto quando da Torino, nel bel mezzo del Salone, ha evidenziato la totale assenza dell’ altra metà (perfino maggioritaria) d’ Italia. Non si tratta di fare a mezzo tra destra e sinistra, ci mancherebbe – la destra, si sa, è digiuna d’ alfabeto – ma quel che s’ impone nella Voce del Padrone, e sempre coi soldi dei cittadini, è immancabilmente la parrocchietta dei parrucconi del pensiero unico, ormai espressione di un establishment vivo solo negli agi autoreferenziali fatti di prebende, contratti e patti inamovibili sottoscritti dal mandarinato chiuso nella torre solida del “servizio pubblico”. Tabula rasa, insomma, urge.

Vertici Cdp e Rai i gialloverdi alla prima prova delle nomine

Il Mattino

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I vertici di Cdp e subito dopo quelli della Rai. Una delle prime partite che il nuovo governo dovrà prepararsi ad affrontare è quella delle nomine delle controllate pubbliche. Nel contratto tra Lega e Movimento5Stelle si fa esplicito riferimento all’«eliminazione della lottizzazione politica» dal servizio radio televisivo pubblico, promuovendo trasparenza e «meritocrazia», ma il gioco deve ancora tutto iniziare. Il primo campo su cui confrontarsi sarà però a giugno quello della Cassa Depositi e Prestiti. Il Movimento 5 Stelle punta molto sulla Cdp per far nascere la nuova Banca per gli investimenti, capace di investire, fornire credito a tassi moderati alle Pmi e finanziare iniziative «di interesse pubblico e strategico nazionale», nelle quali rientrerebbero sia il recente intervento anti-Vivendi in Tim che un’ eventuale futura mossa su Alitalia che oggi il leader della Lega, Matteo Salvini ha assicurato non sarà svenduta «a pezzettini», con l’ obiettivo di avere una compagnia pienamente funzionante «non solo sul breve raggio ma anche sul lungo raggio». Oggi scade il temine per la presentazione degli emendamenti al Dl sul vettore aereo. Ai vertici della Cassa siedono attualmente l’ amministratore delegato, Fabio Gallia, e il presidente, Claudio Costamagna. Il primo non sembra interessato a rimanere, mentre il nome del secondo resta in ballo per un’ eventuale riconferma. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

La serie A si conta sulle garanzie fornite da Mediapro

Corriere della Sera
Daniele Dallera
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Per Mediapro inizia il conto alla rovescia. L’ Antitrust indaga sull’ accordo commerciale fra Sky e Mediaset. I due temi si incrociano, si intrecciano. A far da sfondo i diritti tv, con tutto ciò che ne consegue e con una domanda che per ora resta senza risposta: i tifosi, gli appassionati dove vedranno le partite di serie A dalla prossima stagione? Andiamo con ordine. Da qui a domani pomeriggio alle 16, ora di convocazione dell’ assemblea di Lega della serie A più tesa degli ultimi anni, sarà caccia all’ ultimo voto. Il gruppo spagnolo che si è aggiudicato i diritti tv da intermediario indipendente, è davanti a un bivio: convincere i presidenti che le garanzie che presenteranno saranno sufficienti per non rescindere il contratto e proseguire sulla via del canale. Oppure in caso di bocciatura delle garanzie, inoltrarsi nell’ ennesimo contenzioso legale, dopo i due fronti già aperti con i giudici civili e amministrativi: Mediapro sarebbe infatti pronta a far causa alla Lega poiché il bando, annullato dal giudice di Milano, è stato stilato seguendo le linee guida dettate da Infront e dai legali della stessa Lega (non è un caso che nelle ultime ore da via Rosellini sia stata richiesta a Mediapro anche una lettera di manleva). Basterebbe una fideiussione da 1,2 miliardi per mettere tutti d’ accordo, ma il piano di Roures è quello di anticipare 186 milioni in attesa di mostrare la certificazione del patrimonio netto (a giugno sarà perfezionata la cessione del 53% della società ai cinesi di Orient Hontai). O in alternativa la visibilità del patrimonio della holding Imagina che controlla Mediapro. Teoricamente escluse dalla votazione le retrocesse (ma la faccenda è controversa), decideranno le sorti di Mediapro in 17, con un quorum di 12. Gli spagnoli sono convinti di avere 10 club dalla loro parte (fra cui Milan, Lazio e Torino), 13 se si aggiungono Verona, Crotone e Benevento. Juve e Roma guidano invece il partito degli scettici: non solo non si fidano degli spagnoli e sono contrari al progetto del canale, ma spingono per una rottura così da far rientrare nei giochi Sky. Il problema è che se Mediapro promette 1,05 miliardi a stagione, un nuovo bando o trattative private assicurerebbero non più di 900 milioni fra Sky e Perform. E Mediaset? Qui si torna all’ Antitrust. L’ Authority dopo aver già chiesto informazioni a Sky e a Mediaset sull’ accordo commerciale di fine marzo sta valutando se non si stia verificando un’ eccessiva concentrazione. Senza contare che Mediaset detiene l’ opzione di vendere a novembre Premium a Murdoch: qualora si verificasse Sky si porrebbe di fatto in un regime di monopolio nelle pay tv. Mediaset non pare intenzionata a partecipare a una eventuale nuova asta, dopo che nei mesi scorsi aveva mantenuto un «approccio opportunistico», cioè non più di 200 milioni sul piatto. Ma il quadro è cambiato e ora sembra preferire la soluzione che porta al canale della Lega, la meno impegnativa sul fronte finanziario in attesa degli sviluppi dell’ alleanza con Sky. Che sia già in fieri l’ accordo pur non formalizzato della cessione della piattaforma tecnica di Premium agli ex rivali? Sono in molti a sospettare che dietro la promessa di intesa fra Sky e Mediaset si celi un invito alla desistenza, specie sui diritti tv. Nutre dubbi pure l’ Antitrust.

Professionisti liquidati con il contagocce

Il Sole 24 Ore
Valeria Uva
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Dopo un anno e mezzo dal riconoscimento del cumulo tra Inps e Casse professionali, l’ assegno è in tasca a meno di 50 effettivi pensionati, a fronte di circa 9mila domande giacenti. Per protestare contro la lentezza nell’ erogare le pensioni in cumulo e i ritardi nella ratifica della convenzione con l’ Inps da parte di alcune Casse il comitato “Cumulo e professioni” che conta oltre 800 aderenti ha indetto per oggi una manifestazione davanti al Parlamento. Sul cammino del cumulo gratuito tra Inps e Casse continuano a sorgere intoppi. Riconosciuto dal 1° gennaio 2017 con la legge di Bilancio che ha, appunto, esteso la possibilità di sommare gratis spezzoni contributivi agli iscritti alle Casse professionali, soltanto dopo più di un anno è stata raggiunta l’ intesa quadro tra Inps e Adepp per regolamentare gli aspetti pratici. Ma senza risolvere il nodo dei costi di gestione delle pratiche. A fine marzo un nuovo accordo ha previsto un periodo di “prova” di 90 giorni: sbloccate così dieci convenzioni singole con altrettante Casse (si veda l’ elenco nella tabella a fianco). Da allora a oggi però sono circa 500 le richieste entrate in lavorazione, ma secondo i dati forniti da questi enti, solo una su dieci risulta effettivamente pagata. Le istruttorie si stanno rivelando lunghe e complicate. Ad esempio la Cassa ragionieri ,che ha ricevuto il maggior numero di domande (254) soltanto la scorsa settimana ha ricevuto l’ abilitazione alla piattaforma “Cumul” di Inps e da oggi chiuderà la propria istruttoria su 41 richieste. Le verifiche sono sempre doppie: la Cassa riceve le domande (se è l’ ultimo ente depositario dei contributi), verifica i propri dati e passa poi la palla all’ Inps che deve eliminare eventuali periodi coincidenti e analizzare i propri spezzoni. Il cumulo è a liquidazione progressiva: ogni ente paga la propria quota alla maturazione del diritto in base ai propri requisiti(si veda il Sole 24 Ore del 12 marzo). Hanno cominciato i primissimi pagamenti Enpam (medici e dentisti) con 12 assegni erogati e altrettanti in liquidazione su 182 domande, Enpapi (infermieri) con 2 liquidazioni e altre 23 domande e Inarcassa (architetti e ingegneri) con 8 pratiche chiuse su 182. Un terzo delle domande è in pagamento per i veterinari. L’ Enpav spiega che è stato risolto da poco il nodo interpretativo che bloccava le pratiche: l’ Inps riteneva che per accedere alla pensione anticipata in cumulo il professionista dovesse cancellarsi dalla Cassa. Vincolo che per Enpav non sussiste. Le prime cinque pensioni dei periti industriali (Eppi) saranno pagate il 5 giugno. Tutte consegnate all’ Inps le 28 richieste dei giornalisti a Inpgi e le 33 di Enpap (psicologi). Mentre Cassa forense ne ha istruite oltre 80. Altre sette Casse devono ancora sottoscrivere l’ intesa con l’ ente guidato da Tito Boeri, tra cui ad esempio Enpacl (consulenti del lavoro) Epap (pluricategoriale) e Cnapdc (commercialisti). Quest’ ultima ha deciso di giocare d’ anticipo e ha iniziato a lavorare fuori dalla piattaforma le circa 30 domande arrivate, che saranno inviate all’ Inps via Pec. Anche per i geometri di Cipag liquidazione anticipata in attesa dell’ ok sulla delibera (40 le domande istruite). Ora però con la reintroduzione di «quota 100» come somma di età e contributi per andare in pensione, inserita nel contratto di governo Lega-M5S, i calcoli di convenienza per il cumulo potrebbero essere da rifare. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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