Indice Articoli
Orfeo: Trattativa? Vecchio film, inutile trasmetterlo
Campania, la “scalata” al sindacato giornalisti con 7.500 euro cash
Il blitz ultrà contro il giornalista Alvino Si muove il pool della Procura
Minacce ultrà a cronista: appello al prefetto
Diritti televisivi, dalla Lega di A quasi ultimatum agli spagnoli
Coppa Italia alla Rai per 106,5 milioni nel triennio 2018/21
Viale Mazzini chiude in utile i conti 2017
Gazzetta del Mezzogiorno in vendita ai candidati eterni Angelucci e Mainetti
Marzo, quotidiani alla riscossa
Chessidice in viale dell’ Editoria
Alla Rai la Coppa Italia di calcio 2018-2021 Offerta di 35 mln l’ anno su tutte le piattaforme
Santoro si candida al cda Rai Così non lo rivedremo in tv
Rai, conti in ordine con un utile di 14,3 milioni E Santoro si candida per entrare nel nuovo cda
Diritti tv, la A evita lo scontro Mediapro ha altri 15 giorni
Orfeo: Trattativa? Vecchio film, inutile trasmetterlo
Il Fatto Quotidiano
Giulia Marchina
link
“Èun film vecchio, che non ha avuto successo, inutile mandarlo in onda sulle reti Rai“. Con queste parole Mario Orfeo, direttore generale della Rai, ha chiuso il confronto con il consigliere Carlo Freccero sul film La Trattativa di Sabina Guzzanti. Presentato nel 2014 alla Mostra del Cinema di Venezia, il film è tornato d’ attualità dopo che la sentenza di primo grado del 20 aprile scorso ha confermato quello che la video-inchiesta già ricostruiva: la trattativa tra Stato e mafia c’ è stata, a colpi di bombe e accordi indicibili. Dopo la sentenza della corte di assise di Palermo è partita una petizione on line, sul sito Change.org: oltre 17 mila persone chiedono che La Trattativa venga trasmessa in tv, su una delle reti del servizio pubblico. “Sabina mi ha scritto, chiedendo se fosse possibile trasmettere il suo lavoro in Rai, e io, visto che era in corso il Cda, ho posto il problema al direttore generale, chiedendo che fosse posto anche ai direttori di rete”, ha detto Freccero che considera La Trattativa “un gioiellino del cinema”. La sua richiesta si è però scontrata con quelle che Freccero definisce “scuse insulse” e con l’ argomento che “la Rai si è sempre impegnata nell’ affrontare i temi dell’ antimafia, della lotta all’ illegalità, che ha sempre coperto con film e fiction questo tema scottante”. Quindi non c’ è bisogno di trasmettere anche La Trattativa. Orfeo, comunque, non vuole passare per censore e lascia la decisione ultima ai direttori delle reti Angelo Teodoli di Rai1, Fabiano di Rai2 e Stefano Coletta di Rai3. Spetta a loro proporre di mettere La Trattativa in palinsesto. Il consigliere d’ amministrazione Arturo Diaconale, espresso del centrodestra, si è già detto contrario in modo esplicito. Fin dall’ inizio, nonostante gli applausi al festival di Venezia, La Trattativa ha dovuto costruirsi un pubblico quasi in clandestinità: nei cinema è passato per pochi giorni, poi centinaia di persone si sono mobilitate per distribuire il film dal basso; sono state organizzate più di 750 proiezioni in tutta Italia. Ieri il Cda Rai, in scadenza a fine giugno, ha anche approvato i conti del 2017 con un utile di 14,3 milioni e la previsione di evitare perdite anche nel 2018. Persi i Mondiali di Russia 2018, che si vedranno su Mediaset, la Rai si è assicurata i diritti della Coppa Italia per i prossimi tre anni, staccando un assegno da 35,5 milioni per l’ intero pacchetto (compresa la Supercoppa e i diritti radio). Dovrebbe essere confermato Claudio Baglioni per un altro festival di Sanremo, mentre a novembre dovrebbero esserci quattro puntate di uno show con Fiorello. Resta da capire chi guiderà la Rai, visto lo stallo dei partiti sul governo. Michele Santoro, che farà un’ altra stagione del programma M, si candida per il Cda per uno dei quattro posti che vengono decisi dal Parlamento: “Visto che ci si può candidare al Cda Rai manderò il mio curriculum a Camera e Senato. Non perché pensi di farcela, ma per lo meno li costringerò ad aprire un dibattito”. Due consiglieri – l’ amministratore delegato e il presidente – spettano al ministero del Tesoro. E non è affatto chiaro chi sarà il ministro col potere di indicarli in quell’ esecutivo “di servizio” che ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha indicato come l’ unico sbocco possibile della crisi, prima di nuove elezioni in cui la Rai avrà come sempre un ruolo decisivo.
Campania, la “scalata” al sindacato giornalisti con 7.500 euro cash
Il Fatto Quotidiano
Vincenzo Iurillo
link
Immaginate la scena: un distinto signore coi capelli bianchi con in mano 7.500 euro in contanti per pagare 150 tessere a 50 euro l’ una. Che viene in mente? La scalata di un capobastone a un partito, tante volte raccontata dai giornalisti? No. La scena è avvenuta il 27 aprile nella sede del Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania (Sugc) e stavolta i giornalisti non narrano una presunta “scalata” a botte di pacchetti di tessere, ma ne sono protagonisti. Infatti il signore in questione è Domenico Falco, Mimmo per gli amici, vicepresidente dell’ Ordine dei Giornalisti della Campania, presidente del Corecom, leader indiscusso di un esercito di 11.000 pubblicisti e di una sorta di movimento-sindacato alternativo, il Mug (Movimento Unitario Giornalisti). Secondo la ricostruzione in anteprima del sito Iustitia di Nello Cozzolino, dietro l’ operazione ci sarebbe Carlo Parisi, padrone assoluto del sindacato calabrese, e la benedizione dell’ editore televisivo Lucio Varriale, patron di fatto di Julie Tv e quindi per definizione controparte di un sindacato di giornalisti: nel pacchetto di tessere compaiono quasi tutti i suoi familiari (la figlia, il figlio, la ex compagna del figlio, il genero) e alla consegna del rotolo di banconote erano presenti un collaboratore e un parente di Varriale. Falco conferma la prima chiave di lettura e smentisce la seconda: “Sì, me lo ha chiesto Parisi, e io con affetto ho acconsentito perché voglio lavorare per l’ unità del sindacato. Varriale non c’ entra, certe interpretazioni sono delle mascalzonate”. E come è stato accolto al Sugc quando si è presentato coi 150 moduli di adesione precompilati? “Mi hanno trattato malissimo, a calci in faccia, dopo aver fatto mezz’ ora di anticamera: ma vi pare che io a 68 anni voglio fare una guerra nel sindacato? Io ho portato 133 pubblicisti a iscriversi (gli altri 17 sono professionisti, ndr), ma i pubblicisti contano come il due di briscola nella Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) e io l’ ho fatto solo per chiudere la mia carriera negli organismi di categoria provando a riportarvi unità”. E la presenza di amici e parenti di un editore televisivo? “Sansonni (uno dei due accompagnatori, ndr) è un consigliere dell’ Ordine nazionale, Ferraro (l’ altro, ndr) è vice presidente collegio dei revisori dei conti, e poi scusatemi, io volevo essere accompagnato perché avevo paura a camminare con 7.500 euro addosso”. Appunto: come li spiega? “Amici di Avellino hanno fatto le adesioni ad Avellino, amici di Salerno a Salerno, e così via”. Al Sugc in effetti non hanno festeggiato questa infornata e sospettano pratiche da prima repubblica. I dubbi sono tutti nelle parole del segretario, Claudio Silvestri: “Il sindacato è di tutti e chiaramente non ci sono veti sulle iscrizioni. Ma i pacchetti di tessere appartengono a un’ altra epoca, distante anni luce dall’ attuale dirigenza del sindacato. Ho chiarito ai diretti interessati che non si accettano iscritti per interposta persona e che ognuno dovrà confermare personalmente e formalmente la propria adesione. La trasparenza è un elemento essenziale, direi vitale, nella gestione di una associazione per evitare i disastri del passato”. Ogni riferimento alla radiazione dell’ Assostampa campana, inghiottita nel 2014 in un buco di 3 milioni e mezzo di euro, è puramente voluto. Ora in ballo c’ è il congresso di novembre della Fnsi e le ambizioni di Parisi a esserne protagonista, ma fa gola anche il controllo del Sugc: 117.000 euro annui per la gestione dell’ ufficio Inpgi e 66 mila della Casagit, e un tesoretto di 120 mila euro di attivo.
Il blitz ultrà contro il giornalista Alvino Si muove il pool della Procura
La Repubblica (ed. Napoli)
DARIO DEL PORTO
link
Il cronista non denuncia ma si valuta l’ ipotesi di violenza privata “Tutto sotto gli occhi di bimbi e una disabile” «Ho sempre privilegiato il dialogo, sono venuti a chiarirsi con me e quindi ho deciso di non sporgere denuncia » , dice Carlo Alvino, il giornalista di Tv Luna che domenica pomeriggio, mentre era in diretta all’ esterno dello stadio San Paolo prima di Napoli- Torino, è stato interrotto da alcuni tifosi che lo hanno strattonato, minacciato e costretto a interrompere la trasmissione: « Non abbuschi perché… spegni le telecamere e vattene ». Qualche ora dopo uno dei protagonisti, il capo ultrà Alberto Mattera, ha postato su Facebook un video che lo ritraeva insieme ad Alvino e a un altro tifoso dove si cercava di smorzare i toni: « State montando un caso che non esiste proprio: io e Carlo ci conosciamo da bambini, non mi potevo mai permettere ». Alla domanda del gionalista: «Perché mi hai tirato?». Mattera risponde: « Mi volevo far pagare un caffé » . Ma ora l’ episodio finisce all’ attenzione della Procura. La Digos diretta da Francesco Licheri invierà un’ informativa ai magistrati del pool, istituito su impulso del procuratore Giovanni Melillo, che si occupa di reati collegati a manifestazioni sportive ed è composto dai pm Stefano Capuano e Danilo De Simone coordinati dal procuratore aggiunto Rosa Volpe. I magistrati dovranno valutare se possano essere ipotizzati reati, ad esempio la violenza privata, per i quali la legge consente di indagare d’ ufficio. Quando la diretta è stata interrotta, Alvino stava intervistando l’ avvocato Edoardo Cardillo, penalista, presidente del Napoli club Tribunale. «Siamo rimasti tutti sbigottiti – racconta Cardillo – perché non ci siamo resi conto di quello che stava accadendo. Fra l’ altro, come si può vedere dalle immagini, alla diretta stavano assistendo dei bambini e anche una ragazza disabile. Il clima era traquillo, Alvino va sempre in onda in diretta dall’ esterno del San Paolo prima delle partite e non sappiamo spiegarci cosa sia successo». Ma perché quei tifosi hanno preso di mira Alvino? Una delle ipotesi è che l’ intento fosse quello di evitare le riprese della manifestazione sugli arbitraggi che si stava tenendo in quello stesso momento nei pressi della postazione di Tv Luna. Un’ altra interpretazione collega l’ episodio alla contestazione contro il presidente del Napoli Aurelio de Laurentiis, che ha poi caratterizzato i cori delle Curve durante la gara. Qualche settimana fa era stato esposto allo stadio uno striscione contro il giornalista, al quale verrebbe contestato di non essere abbastanza critico nei confronti del numero uno del club azzurro. L’ episodio ha finito per riportare alla ribalta delle cronache Alberto Mattera, uno dei leader storici della tifoseria organizzata della Curva B, esponente dei gruppi della zona della Loggetta. Sette anni fa, il 3 maggio 2011, era stato assolto in appello dall’ accusa di tentata estorsione ai danni del Napoli contestata per il lancio di petardi durante una partita contro il Frosinone del campionato di B 2006-2007 che costrinse l’ arbitro a interrompere due volte l’ incontro. In primo grado, Mattera era stato condannato a 4 anni e 8 mesi, in appello i giudici hanno escluso reati con la formula «perché il fatto non sussiste». Il capo ultrà (nessun precedente per reati riconducibili alla criminalità organizzata, un figlioccio al quale era legatissimo, Renato Di Giovanni, calciatore in erba, ucciso a soli vent’ anni a Soccavo in un agguato ancora senza colpevoli) era stato poi coinvolto nelle indagini su uno scontro fra sostenitori del Napoli e della Lazio. Le due tifoserie erano venute a contatto in Toscana, nei pressi di Arezzo, ai laziali erano stati portati via le chiavi delle auto, carte di credito e telefonini, i biglietti per lo stadio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Uno dei protagonisti, il capo tifoso Mattera, fu processato e assolto in appello per i petardi di Napoli-Frosinone in B Tifosi del Napoli all’ esterno del San Paolo.
Minacce ultrà a cronista: appello al prefetto
Il Mattino (ed. Napoli)
link
Il sindacato unitario giornalisti della Campania ha inviato al prefetto di Napoli Carmela Pagano la richiesta di un incontro dopo le minacce di tre ultrà domenica scorsa davanti al San Paolo al giornalista di Tv Luna Carlo Alvino, a cui è stato detto: «Non ti picchiamo ma te ne devi andare subito». Il Sugc rileva che si tratta di «un caso rarissimo e inquietante ed è fondamentale anche capire quanto la criminalità organizzata controlli alcuni dei gruppi di tifosi». La Digos ha avviato un’ indagine: gli atti saranno poi trasmessi all’ autorità giudiziaria. Intanto, sui social è apparso un video-chiarimento in cui il giornalista Alvino e di uno di quegli ultrà, Alberto Mattera, appaiono sorridenti e abbracciati (nella foto).
Diritti televisivi, dalla Lega di A quasi ultimatum agli spagnoli
Il Fatto Quotidiano
Lorenzo Vendemiale
link
La Serie A aspetta MediaPro, la società che si è aggiudicata i diritti tv del calcio italiano per 1,05 miliardi a stagione, ma per il momento non ha ancora pagato (solo un anticipo da 64 milioni). Aspetta i suoi soldi. In attesa del giudizio del Tribunale di Milano sul bando contestato da Sky e sospeso dai giudici, la Lega ha dato 15 giorni agli spagnoli per depositare la fideiussione, congelata dopo il ricorso. Sembra un ultimatum, ma è anche un’ attestazione di fiducia: i presidenti potevano portare subito in tribunale gli spagnoli, ma la loro offerta fa gola. E poi la scadenza non prevede sanzioni: al termine la causa non partirà in automatico, come avrebbero voluto i club pro Sky capeggiati da Roma e Juventus. Ci vorrà un’ altra assemblea e non c’ è nulla di scontato. Nemmeno la fideiussione, come ha fatto notare il solito Claudio Lotito: “Agli altri non l’ abbiamo mai chiesta, perché fare tanto i fiscali con gli spagnoli?”. Un motivo in più per aspettare il giudizio del tribunale (tra oggi e domani) ed incrociare le dita. Le alternative sono poco rassicuranti: o trattativa privata con Sky o canale tematico con MediaPro. Tutto rinviato al 22 maggio, giorno della prossima assemblea, anche la governance. Il presidente Gaetano Miccichè non può insediarsi fino a quando non saranno nominati i membri del consiglio e dà segni di impazienza: “Non sono venuto a perdere tempo, se non cominciamo a lavorare me ne vado”. Ma la Serie A pensa solo ai soldi dei diritti tv. L’ unica buona notizia viene dalla Coppa Italia: per respingere l’ assalto Mediaset, la Rai sborserà di 35,5 milioni di euro a stagione fino al 2021 (+60% rispetto al passato), oltre 100 in totale. Comunque spiccioli, in confronto al miliardo del campionato che non fa dormire i presidenti.
Coppa Italia alla Rai per 106,5 milioni nel triennio 2018/21
Il Sole 24 Ore
Marco BellinazzoAndrea Biondi
link
milano Una buona notizia per le casse del calcio italiano è arrivata ieri dall’ apertura delle buste per i diritti tv della Coppa Italia. Nel triennio 2018/21 i match della manifestazione nazionale continueranno ad essere trasmessi dalla Rai che ha offerto 35,5 milioni a stagione battendo Mediaset ferma a un’ offerta di 33 milioni di euro. I riscontri di audience e una formula che privilegia le big (che fino alle semifinali affrontano le gare ad eliminazione diretta in casa) hanno determinato un rialzo del valore della competizione di circa il 60% rispetto al periodo precedente quando la tv di Stato versava in media 22,7 milioni all’ anno. Per la Rai (che domani sera manderà in onda l’ atto finale dell’ edizione 2017 con in campo Juventus e Milan) si tratta di una scelta importante per puntellare la propria presenza nel settore, come ha sottolineato il direttore generale, Mario Orfeo: «L’ acquisizione dei diritti della Coppa Italia è una grande soddisfazione e conferma l’ impegno della Rai nel raccontare lo sport di alto livello in un mercato sempre più competitivo. La Coppa Italia, è un prodotto televisivo di grande qualità e andrà ad aggiungersi alla Champions League, che vedrà protagoniste quattro squadre italiane, e all’ esclusiva fino al 2022 delle partite della Nazionale italiana. La prossima stagione calcistica vedrà la Rai assoluta protagonista, con un ricchissimo palinsesto di grande calcio in prima serata». Per il resto, invece, la giornata di ieri non ha portato schiarite. L’ assemblea dei club riuniti a Roma nella sede del Coni si è chiusa con un ineluttabile nulla di fatto, in attesa della sentenza del Tribunale di Milano sul ricorso presentato da Sky contro Mediapro sul bando per i diritti tv del campionato di Serie A del prossimo triennio. Le 20 società si sono date appuntamento per il 22 maggio a Milano. «Auspicavamo – ha spiegato il commissario della Lega Giovanni Malagò – che ci potesse essere una decisione già in giornata ma al tempo stesso ritengo che non sia così determinante il giudizio del tribunale sull’ adempimento contrattuale. Abbiamo fissato al 22 maggio l’ Assemblea. Non è una data casuale, perché il codice civile prevede la possibilità per la Lega A, in caso di inadempienze contrattuali, di poter adottare provvedimenti dopo 14 giorni». Al di là di come si pronuncerà il tribunale (la decisione è attesa tra oggi e domani),La Lega ha deliberato di inviare a Mediapro una lettera di diffida affinché rispetti entro 15 giorni l’ impegno assunto ad onorare la fideiussione per oltre un miliardo per l’ assegnazione dei diritti tv. La preoccupazione dei presidenti del club italiani è quella di ottenere quanto prima una scorta di liquidità sufficiente a far fronte agli impegni dei prossimi mesi (calciomercato incluso). All’ asta indetta da Mediapro e contestata da Sky per la mancanza dei prezzi minimi e per la configurazione di “prodotti audiovisivi” da 270 minuti che andrebbero oltre la mera attività di intermediario, dovrebbe comunque partecipare anche Mediaset. La tv del Biscione, indipendentemente dagli accordi commerciali siglati con Sky, non intende ritirarsi dal mercato dei diritti sportivi, come dimostra l’ impegno in esclusiva e in chiaro sui prossimi Mondali e l’ offerta elevata per la Coppa Italia. Alle precedenti aste per la Serie A andate a vuoto Premium ha offerto intorno ai 200 milioni per i pacchetti del digitale terrestre. Un impegno che se confermato diraderebbe anche i dubbi antitrust sollevati da Mediapro nelle scorse settimane. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Viale Mazzini chiude in utile i conti 2017
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
link
Un utile di gruppo di 14,3 milioni, ma anche un colpo di coda sui diritti tv che porta nel forziere di Viale Mazzini anche la Coppa Italia per i prossimi tre anni battendo la concorrenza di Mediaset (si veda articolo in pagina). Sotto la presidenza di Monica Maggioni, il consiglio d’ amministrazione ha approvato all’ unanimità il bilancio 2017 del Gruppo Rai e della capogruppo Rai Spa, illustrati dal direttore generale Mario Orfeo. I conti passeranno ora all’ esame dell’ assemblea degli azionisti, prevista per fine giugno: l’ ultima per un vertice che è sì in scadenza, ma senza certezze sui tempi del ricambio, vista la mancanza di visibilità sulla partita governativa. Ieri comunque il Cda, fra le varie cose, ha anche rappresentato l’ occasione per mettere a punto gli adempimenti che riguardano i dipendenti Rai nell’ elezione di un loro rappresentante – dei 7 totali come vuole la nuova legge – nel prossimo board di viale Mazzini. Le rispettive procedure sono state avviate già da Camera e Senato. E intanto anche Michele Santoro ha annunciato che farà domanda. Con riferimento ai conti 2017, L’ azienda in una nota parla di «un grande risultato, per nulla scontato vista la diminuzione dei ricavi da canone, cui hanno contribuito tutte le strutture aziendali con un virtuoso gioco di squadra che consentirà alla Rai di presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione televisiva ancora più forte e competitiva». La chiusura in utile della Rai avviene in un anno complicato che ha visto a giugno l’ arrivo del direttore generale Mario Orfeo al posto dell’ ex dg Antonio Campo dall’ Orto e sul quale ha impattato, in maniera divergente, da una parte la diminuzione dei ricavi e dall’ altra la flessione dei costi. Nel primo caso i ricavi di gruppo sono passati dai 2,809 miliardi del 2016 a ai 2,624 del 2017 (-6,6%). I ricavi da canone, a 1,776 miliardi di euro, sono risultati in calo di 133 milioni (-7%) per l’ effetto congiunto, spiega l’ azienda, del canone unitario sceso da 100 a 90 euro ma anche della diminuzione al 50%, dal 67% del 2016, della quota dei maggiori introiti derivandi dalla riscossione del canone in bolletta. A causa del cosiddetto “extragettito” e della tassa di concessione governativa e dell’ Iva il canone unitario medio effettivamente di competenza della Rai è risultato pari a 74,73 euro. La pubblicità (647,6 milioni; -50,6 milioni) ha risentito della mancanza dei grandi eventi sportivi che nel 2016 hanno portato fatturati incrementali per 30 milioni. Sul versante costi, quello del personale (11.055 unità a tempo indeterminato e 795 a tempo determinato) è sceso del 4,3% a 888,7 milioni. I costi operativi sono scesi a 2,247 miliardi (-8,3%). I proventi finanziari netti sono positivi per 72,9 milioni con un contributo importante dai dividendi di Rai Cinema (47,5 milioni) e Rai Wai (27,2 milioni) . © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gazzetta del Mezzogiorno in vendita ai candidati eterni Angelucci e Mainetti
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link
A distanza di 8 anni sembra non tramontare l’ interesse della famiglia Angelucci per acquistare la Gazzetta del Mezzogiorno, oggi edita da Mario Ciancio Sanfilippo. Gli Angelucci portano in edicola già Libero, Tempo, Corriere dell’ Umbria e gli altri 4 Corrieri del Centro Italia (in tutto un polo editoriale da 54.841 copie diffuse su carta e digitale, secondo le rilevazioni Ads dello scorso marzo). Infatti, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, non mancano le occasioni di contatto tra le parti per accordarsi sulla cessione del quotidiano barese (diffusione complessiva sulle 21,8 mila copie tra barese, Salento e Basilicata) ma in gara c’ è anche e soprattutto l’ immobiliarista ed editore del Foglio Valter Mainetti che della Gazzetta del Mezzogiorno è socio al 30% e ha puntato sia il quotidiano diretto da Giuseppe De Tomaso sia l’ immobile che ospitava la redazione (oggi in piazza Moro) e tuttora accoglie le rotative. Peraltro Mainetti, rispetto agli Angelucci, è solo da 2 anni circa che tratta con Ciancio Sanfilippo. Nell’ attesa di una scelta finale, la casa editrice Edisud ha avviato contatti paralleli per cedere separatamente l’ immobile di via Scipione l’ Africano mentre la Gazzetta del Mezzogiorno sta stringendo i cordoni della borsa per contenere i costi, dopo un 2017 chiuso in rosso per 3-4 milioni di euro. Verso il prepensionamento sono stati avviati una ventina di giornalisti, con l’ organico finale che si attesterà sui 50 redattori. A livello editoriale, invece, un progetto allo studio prevede la razionalizzazione delle cronache locali in tre dorsi distinti per Salento (tra Taranto, Brindisi e Lecce), il Barese (con Bari e Barletta) e la Basilicata (tra Potenza e Matera). In particolare, a Brindisi e Matera chiuderanno gli spazi redazionali ma proseguiranno le cronache locali da entrambe le città. Il traguardo finale della Edisud è raggiungere il pareggio nel giro di due anni.
Marzo, quotidiani alla riscossa
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
link
Saranno state le elezioni politiche dello scorso 4 marzo e la successiva analisi del voto, ma sull’ intero mese aumentano in modo generalizzato le diffusioni totali tra carta stampata e digitale dei principali quotidiani italiani. Il trend è iniziato a febbraio e ora coinvolge, stando alle rilevazioni Ads di marzo confrontate con quelle di febbraio, Fatto Quotidiano su del 9%, ItaliaOggi dell’ 8,3%, Repubblica del 6,4%, Libero del 4,2%, Giornale del 2,2%, Verità dell’ 1,6%, Corriere della Sera dell’ 1,5%, Stampa dello 0,7% e Messaggero dello 0,6%. Tra gli sportivi avanza TuttoSport a +1,5% ma in calo del 7,3% il lunedì mentre Corriere Sport-Stadio è a -1,8% e -1,7% il lunedì. Sostanzialmente stabile invece la Gazzetta dello Sport (+0,3% e ferma sulle 167.906 copie il lunedì). In campo opposto, sempre nelle difussioni complessive carta+digitale, c’ è Avvenire che contrae dello 0,9%, Quotidiano Nazionale Qn-Giorno dello 0,6% e Quotidiano Nazionale Qn-Nazione dello 0,5%. Per pochi punti percentuali tende più alla stabilità Quotidiano Nazionale Qn-Resto del Carlino giù dello 0,4% così come il Sole 24 Ore (-0,3%) e Quotidiano Nazionale Qn-Telegrafo (sulle 1.403 copie). Riordinando le testate in ordine decrescente, sui primi tre gradini del podio c’ è da un lato il Corriere della Sera a confermare il suo primato e a distanziare la concorrenza dalle oltre 301 mila copie complessive monitorate su carta e digitale, dall’ altro c’ è Repubblica che riconquista dopo tempo il secondo posto, sorpassando Quotidiano Nazionale Qn (dorso sinergico di Giorno, Nazione, Resto del Carlino e Telegrafo di Livorno). Quotidiano Nazionale Qn è sulla soglia cumulata delle 215.743 copie dietro a Repubblica, seppur per sole 990 copie. Giù dal podio il Sole 24 Ore è quarto e si conferma quinta e sesta la Gazzetta dello Sport del lunedì e nel resto della settimana, a dispetto della Stampa che rimane al settimo gradino. Chiudono la classifica a 10, nell’ ordine, Avvenire, Messaggero e il lunedì di Corriere Sport-Stadio (dalla cui direzione è dato in uscita Alessandro Vocalelli e, senza esito, sono stati sondati Paolo Liguori di Mediaset, Andrea Di Caro della Gazzetta dello Sport e anche Massimo Caputi del Messaggero. A TuttoSport dello stesso gruppo Amodei è invece già arrivato Xavier Jacobelli, al posto di Paolo Di Paola). In edicola si confermano i segni positivi e, anzi, in alcuni casi la crescita è più evidente, almeno per ItaliaOggi (+48,6%), Fatto Quotidiano (+10,7%), Corriere della Sera (+2,7%), Verità (+1,9%) e Messaggero (+1,2%). Avanzano anche Repubblica (+4,7%), Libero (+4,1%), Giornale (+2,5%), TuttoSport (+1,6% ma sempre in calo al lunedì col -7,7%), Stampa (+1,1%) e Qn-Telegrafo (+0,6%). Segno negativo, di contro, per Avvenire (-0,8%) e Corriere Sport-Stadio (-2,2% e -1,8% al lunedì). Sostanzialmente stabile Gazzetta dello Sport (+03% e a quota 149.039 copie) insieme con Qn-Resto del Carlino (+0,3%), Qn-Giorno e Qn-Nazione (entrambi a +0,2%). Vira da stabile in terreno negativo il Sole 24 Ore (-2%). Anche nella top ten dei più venduti in edicola i principali cambiamenti avvengono sul podio con Qn che con le sue 195.124 copie complessive si mantiene primo ma, secondo, il Corriere della Sera segue riducendo a sole 743 copie di distacco. Anche Repubblica, terza, accorcia proporzionalmente le distanze a 34.327 copie rispetto ai mesi passati. Sempre quarta, poi, la Gazzetta dello Sport del lunedì, le successive edizioni settimanali e ancora la Stampa. Sale al settimo posto il Messaggero, facendo retrocedere di uno, all’ ottavo posto, il lunedì di Corriere Sport-Stadio (in mezzo ci sono 1.935 copie, per cui mese per mese le due testate si alternano nell’ ordine in classifica). Nono è Corriere Sport-Stadio in settimana, decimo il Giornale. Sul digitale, infine, sembra leggermente meno brillante lo scenario anche se non mancano i rialzi, a partire da Repubblica +10,2%, Fatto Quotidiano +4,8%, Giornale +3,4%, Corriere Sport-Stadio +1,4% e +2,3% al lunedì, TuttoSport +1,8% e +2,3%, Libero +1,3% e Sole 24 Ore +0,5%. Contraggono Qn-Giorno -19,4%, Qn-Nazione -8,6%, Qn-Resto del Carlino -3,7%, Verità -3% e Gazzetta dello Sport -0,5% (in settimana e al lunedì). Sostanzialmente stabili, infine, Avvenire +0,3%, Corriere della Sera +0,2%, Messaggero +0,2% e Stampa. Il ranking finale vede progressivamente schierati Sole 24 Ore, Corriere della Sera, Repubblica, Stampa (quarta). Avanza di un gradino e ottiene il quinto il Fatto Quotidiano mentre il lunedì della Gazzetta dello Sport indietreggia, di uno, al sesto. Inalterata la top ten dal settimo posto fino all’ ultimo con Avvenire, Gazzetta dello Sport in settimana, Messaggero e Gazzettino. © Riproduzione riservata.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
link
Rai, il cda approva i conti 2017 con un utile a 14,3 mln. Il cda della Rai ha approvato all’ unanimità il bilancio 2017 che si chiude con un utile netto di 14,3 milioni, in miglioramento «rispetto alla previsione di budget che indicava un sostanziale pareggio» grazie al recupero di circa 20 milioni attraverso la razionalizzazione dei costi esterni. Nel 2017 i ricavi da canone hanno segnato un decremento di 133 milioni di euro principalmente dovuto alla riduzione dell’ importo unitario rispetto all’ esercizio precedente (da 100 a 90 euro) e la minore percentuale di extragettito. Tenuto conto delle trattenute operate sui canoni ordinari, il canone pro-capite effettivamente di competenza Rai è di 74,7 euro contro i 90 nominali. La riduzione dei ricavi pubblicitari, che si sono attestati a 647 milioni di euro, è per la gran parte dovuta all’ assenza di grandi eventi sportivi che hanno invece caratterizzato l’ esercizio 2016. Positivi, rispetto alla media del mercato, i risultati dei mezzi radio e internet. Diritti tv del calcio, le Lega si riaggiorna. L’ assemblea della Lega Calcio di ieri è stata aggiornata e si terrà a Milano tra 15 giorni per provare a sbrogliare la matassa sul dossier dei diritti tv dopo che Mediapro ha deciso di non versare la fideiussione per i pacchetti che si è aggiudicata. Il Tribunale di Milano molto probabilmente si pronuncerà tra oggi e domani sul provvedimento di sospensione d’ urgenza ottenuto da Sky il 16 aprile scorso.
Alla Rai la Coppa Italia di calcio 2018-2021 Offerta di 35 mln l’ anno su tutte le piattaforme
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
link
Risparmiati i soldi per la Formula Uno, dal 2018 esclusiva Sky, e per i Mondiali di calcio in Russia, esclusiva Mediaset, la Rai ha costruito un gruzzolo significativo che è servito per aggiudicarsi i diritti tv nazionali 2018-2021 della Coppa Italia di calcio, con una esclusiva su tutte le piattaforme. Offerti oltre 35 milioni di euro all’ anno, rispetto ai 30 milioni che erano stati fissati come base d’ asta minima. Bruciata, quindi, la concorrenza di Mediaset (ha messo nelle buste circa 33 milioni di euro all’ anno) che, vista la nuova strategia tutta orientata sulla tv in chiaro, era data come grande favorita in questa sfida per la Coppa Italia di calcio. La competizione è stata tutta Rai-Mediaset, mentre Sky, Discovery-Eurosport e La7 non hanno fatto offerte. L’ incremento dei costi dei diritti tv rispetto alla precedente edizione della Coppa Italia è notevole: per il triennio 2015-2018, infatti, la Rai aveva versato alla Lega Serie A poco più di 22 milioni di euro all’ anno. Per il periodo 2018-2021 l’ importo, anche grazie al lavoro dell’ advisor della Lega Serie A, Infront, è invece cresciuto del 61% a quota 35,5 milioni. E tenuto conto che le prime serate con match di cartello dovrebbero essere 15, si può stimare un costo di 2,3 milioni di euro per singolo prime time. Molto alto, e difficilmente pareggiabile con la raccolta pubblicitaria. Ma. D’ altronde, Rai ha obblighi di servizio pubblico e deve anche impiegare le truppe di tecnici e giornalisti sportivi che ingolfano gli uffici di Saxa Rubra e Viale Mazzini. «La Coppa Italia, come dimostrano gli ottimi ascolti delle ultime edizioni, è un prodotto televisivo di grande qualità e andrà ad aggiungersi alla Champions League, che vedrà protagoniste quattro squadre italiane, e all’ esclusiva fino al 2022 delle partite della Nazionale italiana», ha dichiarato il direttore generale della Rai Mario Orfeo. «Con la Coppa Italia, la Champions e la Nazionale, la prossima stagione calcistica vedrà la Rai assoluta protagonista, con un ricchissimo palinsesto di grande calcio in prima serata». A Mediaset, invece, rimangono col cerino in mano: che faranno i giornalisti sportivi e i tecnici da metà luglio in poi, ovvero dalla fine dei Mondiali di calcio? Il Biscione, infatti, non ha più i diritti in chiaro di nessuna manifestazione sportiva importante: niente Formula Uno o MotoGp, niente Champions League o Europa League né Coppa Italia di calcio. Forse giocherà la partita dei diritti della Serie A di calcio, ma solo per la pay tv, e comunque per un pacchetto di pochi match. Se in Italia, comunque, i diritti tv se li è aggiudicati la Rai, per i diritti tv delle partite di Coppa Italia all’ estero, invece, si andrà a trattativa privata, con il fine di valorizzare al massimo il prodotto calcio italiano, che proprio dall’ estero ha avuto finora le migliori soddisfazioni: se l’ aggiudicazione dei diritti tv della Serie A in Italia è ancora in alto mare, va ricordato infatti che i diritti per l’ estero, relativi al triennio 2018-2021, sono già stati aggiudicati nell’ autunno 2017 all’ agenzia americana Img che ha assicurato ai club italiani 371 milioni di euro all’ anno, +100% rispetto ai 186 milioni annui del precedente triennio. Tornando alla vittoria di Rai, bisogna sottolineare come i diritti tv fanno riferimento alla partita singola che aggiudica la SuperCoppa Italiana, alle 62 partite della fase eliminatoria della Coppa Italia, e agli altri 17 match, dagli ottavi alla finale, che sono poi quelli in grado di raccogliere le grandi audience in tv. La manifestazione, come precisato da Infront, avrà al massimo tre title sponsor. Quanto invece ai diritti 2018-2021 della Serie A di calcio per l’ Italia, dai quali i club si attendono almeno 1,050 miliardi di euro all’ anno, la situazione è ancora fluida. Il giudice Claudio Marangoni del Tribunale di Milano, tra oggi e domani, depositerà le sue decisioni: ovvero se revocare la sospensione d’ urgenza del bando di Mediapro per la vendita dei diritti tv della Serie A imponendo alcune correzioni (e a questo punto Mediapro dovrebbe depositare gli 1,2 miliardi di euro di fideiussione), oppure se accogliere le istanze di Sky, confermando il provvedimento del 16 aprile scorso. Il che darebbe il via a un nuovo bando. Nel fine settimana, comunque, anche grazie a una intensa attività diplomatica della Lega Serie A, i due contendenti Sky e Mediapro si sono riavvicinati, con un incontro tra i rispettivi numeri uno operativi, Andrea Zappia e Jaume Roures. C’ è la disponibilità ad appianare le controversie, ma tutto dipende dalle decisioni del giudice Marangoni. Dopo la nomina di Gaetano Miccichè a presidente della Lega Serie A, rimane aperto il nodo amministratore delegato: come spiegava anche ieri Urbano Cairo, presidente del Torino, «il personaggio giusto lo avevamo identificato in Javier Medrano Tebas, questo avvocato spagnolo che da dirigente della Liga aveva contribuito a triplicare i diritti televisivi. Se la Lega fosse stata una mia azienda lo avrei messo immediatamente sotto contratto. Purtroppo aspettammo perché Giovanni Malagò (presidente del Coni e commissario della Lega Serie A, ndr) era ai Giochi olimpici invernali. E quando in Spagna hanno saputo che Tebas era vicino a firmare con noi, si sono riuniti e in tre giorni 35 squadre su 40 hanno votato il raddoppio del suo stipendio. Scegliere il manager giusto per una attività è fondamentale. Ora», prosegue Cairo, «ci sono alcune cose da sistemare, Figc e Lega sono commissariate da mesi e non ho visto molto. Avremmo dovuto fare le scelte giuste per la nostra Lega, a oggi l’ unica cosa positiva fatta è la nomina di Micciché, per le qualità del professionista e della persona». © Riproduzione riservata.
Santoro si candida al cda Rai Così non lo rivedremo in tv
Libero
link
GIANLUCA VENEZIANI A chi stesse già mettendo mano alle trombette da stadio per festeggiare, ricordiamo che non è la prima volta che Michele Santoro rischia di sparire dalla tv e soprattutto dalla Rai. Nel 2002 la sua carriera sul piccolo schermo pareva compromessa dopo il famoso editto bulgaro di Berlusconi, salvo poi ricominciare qualche anno dopo con la conduzione di Annozero, cui sarebbe seguito ancora una volta l’ addio alla Rai, e poi l’ ennesimo ritorno e la vendetta, come in una saga, qualche mese dopo su tv locali e infine su La7 con Servizio Pubblico. Anche quella pareva la sua ultima esperienza da Santorman – sintesi tra un supereroe e un anchorman – e invece poi Michele si era rifatto vivo sulle reti Rai con i programmi Italia e l’ ermetico e sempre più autocelebrativo M (bastava ormai l’ iniziale a identificarlo, come per i protagonisti dei romanzi di Kafka). Di volta in volta i suoi ritorni sulle scene erano stati grandi nel clamore ma piccoli nei risultati, come ogni addio che si ripete e perde di credibilità. Dai fasti di Servizio Pubblico quando, con l’ ospitata di Berlusconi nel 2013, aveva guadagnato 9 milioni di spettatori, era passato tristemente al 4% di share e meno di un milione di spettatori con le puntate di M. L’ ORA DI CAMBIARE Qualcosa gli deve aver fatto percepire insomma, all’ età della pensione secondo la Fornero (a luglio Santoro compirà 67 anni), che era giunto il tempo di cambiare (non solo canale), di lasciare (per davvero) e di passare dall’ altra parte della barricata: da ex dipendente a dirigente Rai. Ieri, presentando in conferenza stampa la nuova serie di M – incentrata su alcuni grandi protagonisti, nel bene e nel male, della Prima Repubblica, da Moro ad Andreotti, da Berlinguer a Licio Gelli – il teletribuno ha annunciato che intende candidarsi al prossimo consiglio di amministrazione Rai. «Visto che la Rai ha potenzialità enormi ma il contesto editoriale attuale è inadeguato», ha detto, «ho pensato di fare una cosa: manderò il mio curriculum per candidarmi come membro del cda Rai». Rinunciando a qualsiasi ruolo di ideatore e conduttore di programmi. «Mi piacerebbe non avere conflitti d’ interesse», ha chiarito. Finalmente il faccione di Santoro sparirebbe dal piccolo schermo, non dovremmo più assistere alle sue lagne da vittima del sistema né all’ eccessiva enfasi per i suoi ritorni-evento, Santoro finirebbe ai piani alti di Viale Mazzini. ESPERIENZA SUL CAMPO Una nomina che sarebbe un sollievo per lo spettatore, ma dopotutto un riconoscimento meritato per lui. Nel deserto intellettuale e nella rarità di personaggi di statura all’ interno dei talk show politici, soprattutto in Rai, Michele Santoro rappresenta comunque un’ eccezione positiva, un uomo capace di distinguersi per carisma ed efficacia giornalistica (certo, anche per faziosità). Un professionista che, dopo trent’ anni alla guida di programmi, è indubbiamente padrone del mezzo, ne conosce potenzialità e storture e ha maturato un’ esperienza sul campo molto più di dirigenti e consiglieri improvvisati. E poi, se proprio ci dev’ essere un consigliere Rai a rappresentare le ragioni della sinistra, secondo le logiche di spartizione tipiche del manuale Cencelli, allora ben venga Santoro, che d’ altronde tenero con i suoi «compagni» non è mai stato, bastonando spesso ciò che rimane del Pd e degli ex comunisti. D’ altronde, lui si presenta con un programma chiaro in due punti: trasparenza e spazio ai giovani, ossia «sapere quanto costa realmente» qualunque cosa mandi in onda la Rai, e destinare «il 40% della produzione del servizio pubblico a produttori indipendenti». Certo, trattasi di candidatura provocatoria, come quella del 2011, quando Santoro si propose per il ruolo di direttore generale della Rai. Ma, dai e ridai, qualcuno lo prenderà sul serio: a furia di provocare, si ritroverà, magari suo malgrado, a guidare il Servizio Pubblico. E stavolta non parliamo del programma… riproduzione riservata Michele Santoro, classe 1951, ha iniziato la carriera alla Rai nell’ 82
Rai, conti in ordine con un utile di 14,3 milioni E Santoro si candida per entrare nel nuovo cda
Il Messaggero
link
IL CASO ROMA I conti sono in ordine, con il 2017 che chiude con un utile di 14,3 milioni e un 2018 previsto in pareggio. Ma nel pacchetto dell’ eredità che lascerà il cda di Viale Mazzini c’ è anche la leadership confermata negli ascolti, il colpo di coda sui diritti tv, con il probabile bis di Claudio Baglioni a Sanremo e l’ attesa per il ritorno di Fiorello. Il board Rai si congeda dunque con «risultati economici positivi», ottenuti in particolare grazie alla «razionalizzazione dei costi esterni» che ha permesso una drastica inversione di tendenza e un recupero di 20 milioni rispetto alle proiezioni di giugno di un anno fa (quando era stato previsto un passivo tra i 3 e gli 8 milioni). E prepara la successione – quadro politico permettendo – pubblicando online il bando per le candidature a consigliere (entro il 31 maggio): in base alla riforma Renzi, infatti, per la prima volta nella storia dell’ azienda i dipendenti saranno coinvolti nell’ elezione di un loro rappresentante in consiglio. E per l’ occasione Michele Santoro ha annunciato che invierà il suo curriculum a Palazzo Madama e a Montecitorio, «visto che la Rai ha potenzialità enormi, ma il contesto editoriale è inadeguato». I NUMERI È stato il dg Mario Orfeo a illustrare in cda i numeri positivi del bilancio, approvato all’ unanimità. «Un grande risultato – ha detto Orfeo – per nulla scontato, vista la diminuzione dei ricavi da canone», passati da 1,909 miliardi del 2016 a 1,776 miliardi del 2017 (e un extragettito calato dal 67 al 50%). Bene anche gli ascolti, con la Rai che primeggia ancora «sia nell’ intera giornata, con il 36,5% di share, sia nel prime time, con il 38,5%», e significativa la crescita di Rai Play e della total digital audience (24,2 milioni di utenti unici). Migliora l’ indebitamento finanziario netto (di 112 milioni), mentre restano in terreno negativo i ricavi pubblicitari (647 milioni), in gran parte dovuta per l’ assenza dei grandi eventi sportivi. In odore di conferma anche Claudio Baglioni: in cda Orfeo ha confermato che sta partendo la trattativa finale per chiudere il contratto per il festival 2019. Fuori sacco, a quanto si apprende, Orfeo ha ribadito anche l’ auspicio per una chiusura imminente con Fiorello, mentre ha dribblato con il sorriso le domande sul suo futuro. Anche se formalmente il countdown per il rinnovo del cda scatta con l’ approvazione del bilancio, è difficile immaginare quando entrerà in carica il nuovo vertice. Quel che è certo è che, in base alla riforma Renzi, i consiglieri passano da nove a sette, quattro eletti da Camera e Senato, due dal Consiglio dei ministri e uno dall’ assemblea dei dipendenti della Rai. L. Ram.
LA LEGA ASPETTA MEDIAPRO
Il Messaggero
SABINO RINALDI
link
IL CASO ROMA Altri quindici giorni di tempo. L’ assemblea della Lega di serie A, riunita al Salone d’ Onore del Coni, ha deciso di dare fiducia a Mediapro e concederle altre due settimane di tempo per mettersi in regola e presentare la fideiussione (avrebbe dovuto già presentarla il 26 aprile) da un miliardo più iva a garanzia dei diritti tv del prossimo triennio. Niente garanzie, dunque. «Abbiamo fissato un nuovo appuntamento il 22 maggio a Milano» ha annunciato il presidente del Coni e commissario di serie A, Giovanni Malagò. Non è certo una data casuale quella scelta dalla Lega perché il codice civile prevede la possibilità per la Lega A, in caso di inadempienze contrattuali, di adottare provvedimenti dopo 14 giorni. Ieri sera infatti la Lega ha inviato una lettera di diffida a Mediapro. Si è scelta una linea più morbida rispetto a quella proposta da circa quattro club (Juve e Roma in testa) che, dopo due settimane di attesa, spingevano affinché si procedesse alla rescissione automatica del contratto con Mediapro. E invece la decadenza automatica non ci sarà. Sky, dal canto suo, non batte ciglio e aspetta il dispositivo del Tribunale civile di Milano del giudice Claudio Marangoni che arriverà domani. I club, soprattutto i medio piccoli, sono in fibrillazione. Di questi tempi sono in fila in banca per scontare i proventi dei diritti tv mettendoli a bilancio. Dovranno aspettare ancora. Questa la strategia dei catalani che vogliono prendere le squadre per la gola con la pazza idea del canale della Lega. MALAGÒ CONTRO LOTITO Il vero tema è capire cosa succederà se Mediapro il 21, il giorno dopo la fine del campionato, non presenterà la fideiussione. A via Rosellini sono pronti a trattare immediatamente con un altro player. E lo si dovrà decidere il 22 durante un’ Assemblea che si preannuncia fiume visto che si dovrà eleggere anche la governance. Ieri su questo tema c’ è stata l’ ennesima fumata nera. Non è stato un incontro sereno. Lotito è stato richiamato più volte all’ ordine. «Claudio la danza non la conduci più» lo ha sferzato Malagò. Il presidente Gaetano Micciché ha chiuso l’ Assemblea con un discorso molto duro in cui ha richiamato i venti presidenti all’ unione e a mettere da parte interessi singoli per trovare in fretta la governance definitiva e lavorare insieme per recuperare il terreno perduto nei confronti del calcio estero. Intanto sempre ieri la Commissione di primo grado delle Licenze Uefa, ha dato esito positivo per 14 squadre su 20: Atalanta (giocherà al Mapei Stadium), Bologna, Fiorentina, Genoa, Inter, Juventus, Lazio, Milan, Napoli (giocherà al Renzo Barbera), Roma, Sampdoria, Sassuolo, Torino e Udinese. 2 MILIONI IN PIÙ L’ Assemblea di ieri, durata oltre tre ore e culminata con una cena di beneficenza in un noto albergo in via Veneto, è iniziata con l’ apertura delle buste per il bando della Coppa Italia. L’ ha spuntata la Rai che si è aggiudicata i diritti tv e quelli radiofonici per il prossimo triennio del trofeo nazionale e della Supercoppa. Nella busta di viale Mazzini c’ erano 35,5 milioni di media (38 primo anno, 35 secondo e 33,5 per il terzo) contro i 33 di Cologno Monzese. Il 60% in più rispetto al triennio precedente. «Una grande soddisfazione e conferma l’ impegno della Rai nel raccontare lo sport di alto livello. La prossima stagione calcistica vedrà la tv di Stato assoluta protagonista» il commento del direttore generale della Rai, Mario Orfeo. Mediaset puntava molto forte su questa competizione (nel pacchetto c’ è anche la Supercoppa Italiana) da trasmettere in chiaro. Magari (anche) con il nuovo canale 20. Invece, al fotofinish l’ ha spuntata la Rai. E ora? Da Cologno Monzese continuano a pensare con interesse alla Serie B (oggi l’ assemblea). Su questo versante le carte devono essere ancora scoperte da parte di tutte le pretendenti. Emiliano Bernardini Salvatore Riggio © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Diritti tv, la A evita lo scontro Mediapro ha altri 15 giorni
Corriere della Sera
Monica Colombo
link
ROMA Fuori piove, dentro il salone d’ onore del Coni invece spunta un tenue raggio di sole. L’ assemblea della serie A prima assegna i diritti tv della Coppa Italia e della Supercoppa alla Rai (106,5 milioni in tre anni, battuta Mediaset), poi regala altri 15 giorni di tempo a Mediapro. Più che un ultimatum, un atto di fiducia, anche se limitato nel tempo. Oggi la Lega invierà al gruppo spagnolo una lettera per invitarlo a presentare la fideiussione richiesta entro due settimane. Altrimenti nuova assemblea, il 22 maggio, per stabilire il da farsi, cioè come e quando far scattare l’ eventuale messa in mora. L’ atteggiamento dei presidenti, fermo ma senza arrivare allo scontro, nasce anche da un’ altra lettera, quella con cui Mediapro ha accolto l’ assemblea. Ventotto righe dattiloscritte inviate alla Lega di serie A e per conoscenza ai commissari straordinari e a Luigi De Siervo, ad di Infront, in cui il presidente Jaume Roures illustra le sue argomentazioni «rispetto alla vostra possibile decisione di deliberare la messa in mora di Mediapro». Dunque gli spagnoli, licenziatari dei diritti tv, temevano lo scontro. Invece la Lega sceglie la linea morbida. Non solo: i provvedimenti non scatterebbero in automatico se Mediapro decidesse di non versare la fideiussione da 1,2 miliardi, ma sarebbero rivalutati nella prossima assemblea. Mediapro, nell’ accorato appello, ribadisce di non poter prendere nessuna decisione prima del pronunciamento del Tribunale di Milano, atteso tra oggi e domani e ha chiesto che «l’ attacco di Sky non scateni alcuno scontro con la Lega». Gli spagnoli fanno anche riferimento a una precedente missiva, in cui allegavano la dichiarazione resa da KPMG, che misura lo stato di salute delle aziende «allo scopo di dimostrare alla Lega che stiamo lavorando senza sosta per presentare nei prossimi giorni non solo una garanzia fideiussoria ma anche per far sì che una parte del residuo importo sia direttamente corrisposto alla Lega in segno della nostra buona fede». Mediapro non fa passi indietro. Ma è il momento della concretezza. «È la politica dei tre forni», sorride Urbano Cairo. Da una parte gli spagnoli, dall’ altra Sky. Sullo sfondo resta il canale della Lega. Quindici giorni e la partita sarà più chiara. Il 22 maggio sarà anche il giorno della governance, votata a maggioranza semplice. Un argomento delicato, che provoca scintille. Malagò se la prende con Lotito, che aveva chiesto una pausa per votare subito: «Non sei più tu a comandare le danze». E Miccichè, presidente eletto, sbotta: «A luglio in questa situazione non ci arrivo. Serve compattezza». E questo sì che è un ultimatum. Il calcio resta nel caos. Oggi a Piazzale Flaminio si riuniscono Sibilia (Dilettanti), Gravina (Lega Pro) e Tommasi (Aic) che sintetizzeranno il programma sceglieranno un candidato per la presidenza federale prima di andare da Fabbricini a chiedere l’ assemblea elettiva ai primi di agosto.
L'articolo Rassegna Stampa del 08/05/2018 proviene da Editoria.tv.