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Rassegna Stampa del 07/05/2018

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Tlc, la battaglia dei giganti Vodafone prepara il colpo

Tlc, in Europa la battaglia dei giganti Vodafone va all’ attacco con Liberty

Sms, anche Google in campo arriva Chat, parte la sfida a Whatsapp e iMessage

Fibra, la rete sia unica ma chi la gestisce non sia anche operatore

Twitter e la sua squadra di robot “Così nasce il dibattito sulla Rete”

Formare creativi per cinema e tv

Rai, il direttore Orfeo bacchetta Di Maio: «Lo rassicuro, non ci sono camerieri»

Calcio nel caos tre fronti aperti per Malagò Lega, diritti tv e Federazione

Sky-Mediapro, gli scenari all’ esame della Lega di A

Assemblea della Lega A sui diritti tv

Tlc, la battaglia dei giganti Vodafone prepara il colpo

Affari & Finanza
FABIO BOGO
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[ L’ OPERAZIONE] M entre in Italia il fondo Elliott in assemblea sconfigge Vivendi e conquista Tim, preparando così l’ ennesima rivoluzione interna, negli Usa la Sky di Murdoch è contesa a suon di miliardi da Comcast e Disney. Ma la partita americana è anche un tassello importante nel prossimo futuro del mondo delle comunicazioni. Perché una cosa è ormai chiara: la telefonia ha un futuro solo se non punta più solo sulla voce. Servono contenuti, servono i video. E per questo tra le compagnie più solide è partita la battaglia finale per accaparrarsi o fare alleanze con chi li produce o li distribuisce. In palio c’ è leadership europea, chi resta indietro è perduto. E Vodafone è partita all’ attacco. segue a pagina 4 Vittorio Colao, ad di Vodafone Group, e Timotheus Höttges, a capo di Deutsche Telekom.

Tlc, in Europa la battaglia dei giganti Vodafone va all’ attacco con Liberty

Affari & Finanza
FABIO BOGO
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VITTORIO COLAO PUNTA ALLA FUSIONE CON UNITYMEDIA, FILIAZIONE EUROPEA DEL GRUPPO DI MALONE, UNA PARTITA DA 16 MILIARDI. INTANTO DEUTSCHE TELEKOM, ORANGE E GLI ALTRI RIVALI CERCANO OPERAZIONI ANALOGHE PER LANCIARSI NEL MERCATO DEI SERVIZI VIDEO. MA TIM PARTE IN RITARDO segue dalla prima L a compagnia guidata da Vittorio Colao è tornata protagonista in una massiccia campagna di primavera. Prima è stato chiuso il cerchio in India con un’ operazione da 15 miliardi di dollari. Vodafone in tandem con Airtel ha creato due settimane fa una società, la Indus Tower, che controllerà una rete di 163mila torri di trasmissione. Per ampiezza sarà la seconda rete mondiale, dopo la Cina, aprendo le porte di internet a milioni di consumatori indiani. Con Indus Tower Vodafone scommette ancora sull’ India, dopo la faticosa e costosa gestione della fusione con la rivale Idea Cellular, che ha fatto delle due conglomerate il primo gestore di tlc del paese. Rafforzatasi su un mercato che si prevede in forte sviluppo, i manager di Londra adesso pensano alla campagna decisiva, quella che si combatte in Europa tra loro e gli altri tre giganti: Deutsche Telekom, Orange e Telefonica La campagna europea VittorioColaoeisuoimanager la puntano dal 2014, ma non sono ancora riusciti a chiudere il cerchio. Ora però ci riprovano, con l’ intenzione di dare la spallata finale. Lapreda è LibertyGlobal.La compagnia del magnate americano John Malone è il più grande internet provider al di fuori degli Stati Uniti, ed opera oltre che nella fibra nella tv via cavo, nella telefonia mobile, nelle trasmissioni via satellite. È presente in 12 paesi europei, ha 27 mila dipendenti, collega con video, internet e linee telefoniche fisse 46 milioni di clienti tramite i marchi Virgin Media, Telenet, Upc e Unitymedia. È quest’ ultimo, gestore della rete via cavo, l’ obiettivo di Vodafone. La due diligence è in corso, dicono rumors ben informati da Londra. Poi, in tempi che qualcuno giudica molto stretti, dovrebbero partire i negoziati veri e propri per stabilire il possibile prezzo di una fusione che potrebbe avere un perimetro superiore ai 16 miliardi di euro e che coinvolgerebbe le attività in Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania. Una trattativa che non si profila facile, vista la notoria capacità negoziale degli uomini diMalone,giàsperimentata nel corso degli ultimi anni. “Ossi molto duri”, è il commento di chi ha già avuto a che fare con i negoziatori americani. Ma il premio, se l’ operazione avrà successo, è molto alto. Vodafone assieme a Liberty Global diventerebbe la più grande compagnia integrata di comunicazione europea, il campione continentale capace di avvicinarsi ai modelli americani o cinesi. E l’ accordo coronerebbe, come una medaglia appuntata sul petto dopo 10 anni di leadership in Vodafone, la visione strategica di Vittorio Colao: «Quello che circola oggi sono i dati- diceva in una recente intervista – e i nostri clienti passano 10 minuti a telefonare e due ore a usare un oggetto che chiamiamo smartphone se sta in una mano, tablet in due, pc se è su un tavolino e tv se sta in soggiorno». Smartphone, Tablet, Pc o tivù che sia, intanto Vodafone, nell’ attesa di Liberty Global, si è portato a casa per il mercato italiano la serie tv “Search Party” grazie ad un accordo con Turner, società di Time Warner. Ancora video, appunto, per una library che continua a crescere in attesa del colpo grosso europeo. Il carrarmato rosso Per Tim Höttges vedere entrare Vodafone nel mercato domestico e diventare leader in Europa è come sventolare un drappo rosso davanti al toro. Perché il rosso proprio non gli piace. A capo di Deutsche Telekom dal gennaio 2014, Höttges è uno strenuo difensore della sovranità tedesca. Si racconta infatti di un quadro appeso alle sue spalle nell’ ufficio da cui guida un gigante con 168 milioni di clienti sul mobile, 28 milioni di reti fisse e 19 milioni di collegamenti a banda larga. Raffigura dei carri armati sovietici che entrano a Praga nel 1968. Uno è tutto rosso. Ma non è il colore di Stalin, né l’ allegoria ha significati politici. Il rosso – commerciale – nella sua visione è quello di Vodafone. E che Höttges consideri gli inglesi invasori del proprio mercato è testimoniato dallo scontro avuto proprio con Vittorio Colao a Barcellona, durante il World Mobile Congress a Barcellona. Alla notizia della ripresa delle trattative tra Vodafone e Liberty, Höttges ha reagito invocando la distorsione della concorrenza provocata dall’ eventuale accordo, una posizione dominante delle compagnie straniere e, infine, una minaccia per la democrazia. Secca la replica di Vodafone. Da Barcellona, Colao si è detto stupito che parole del genere possano venire dal capo della più grande compagnia europea di tlc, in posizione dominante nel suo Paese. Da Londra invece le parole di Höttges sono state in pratica ciclostilate e spedite ai quattro venti, mettendo in imbarazzo il supermanager tedesco e inducendolo infine ad ammettere di aver sbagliato toni e termini. Ma il mea culpa non significa che Höttges voglia arrendersi: è pronto a giocare tutte le carte che la protettiva legislazione federale tedesca mette a sua disposizione. Anche perché sa di non poter perdere la faccia, avendo promesso al suo arrivo al vertice di Deutsche Telekom di “ripulire” il Paese in 5 anni. Nell’ attesa della possibile battaglia legale, i tedeschi puntano a crescere sul mercato Usa: e la controllata T-Mobile va alla fusione con Sprint, con un merger da 26 miliardi di dollari capace di generare buoni profitti. Perché in America le tariffe della telefonia mobile regalano ancora soddisfazioni, a differenza dell’ Europa. I conti di Orange e Telefonica In Francia Orange ha chiuso il primo trimestre con ricavi in crescita del 2,1% sul mercato interno, del 4,3% in Spagna e del 6,2% in Africa e Medio Oriente. La società guidata da Stephane Richard ha confermato la sua strategia e definito vincente la scelta di puntare sulla convergenza tra banda larga e mobile. Per Richard Orange resta la prima compagnia europea per lo sviluppo di fibra, con 27 milioni di clienti connessi. «Questo sarà la base – ha detto Richard ai suoi azionisti- per la nostra trasformazione da operatore di telecomunicazioni a operatore digitale multiservizi». Anche la spagnola Telefonica prosegue nel suo cambio di pelle, dal momento che sul mercato interno della semplice telefonia si fa sentire l’ effetto del concorrente Mas Movil. Ha lanciato Aura, l’ assistente vocale, in sei paesi, e secondo voci insistenti progetta l’ uscita dal mercato tedesco, dove è schiacciata dalla presenza massiccia di Deutsche Telekom e Vodafone. Il presidente e ceo Jorge Maria Alvarez- Pallete Lopez ha definito una nuova missione: «L’ intelligenza artificiale sarà la base delle relazioni con i nostri clienti, e la digitalizzazione diventerà il cuore del nostro business ». Scelte obbligate, per i due operatori europei, visto che oltre alla concorrenza interna che lima i prezzi i regolatori europei hanno tagliato anche il canale di approvvigionamento che era dato dal roaming. I tormenti di Tim Nel panorama delle grandi trasformazioni europee la casella vuota sembra quella di Tim. La compagnia italiana, dopo la vittoria del fondo Elliott sui francesi di Vivendi, messi in minoranza nel cda, è attesa da nuove sfide e deve recuperare il terreno perduto. Perché nella sequela infinita di cambi di manager e liti giudiziarie che ha tormentato gli ultimi anni, l’ incumbent italiano si è mosso in modo scomposto, condizionato dalle vicende personali di Vincent Bolloré. «Troppi favori a Parigi, troppi conflitti di interessi – ragiona chi conosce bene dall’ interno la società – col risultato di spostare il baricentro dall’ Italia alla Francia e perdere le opportunità di un mercato interno che ha fame di contenuti. Se hai i contenuti vinci, anche se arrivano operatori low cost». Così molti manager di primo piano hanno abbandonato la nave, sostituiti da dirigenti di provenienza francese con scarsa dimestichezza con il mercato italiano. E molti progetti sono stati rallentati, cancellati o destinati ad essere risolti in aule di tribunali. E’ il caso della possibile trasmissione sul web delle partite della serie B, mercato ricco nelle province italiane. O quello di lasciar andare Sky verso Open Fiber, con contenuti tivù sulla banda larga. Con il rischio, magari, di avere un domani Sky come concorrente anche sulla telefonia mobile virtuale tipo Poste. Tra le varie disgrazie che si sono succedute, a Tim mancherebbe solo questa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Qui a sinistra, la sede tedesca del gruppo Vodafone a Duesseldorf.

Sms, anche Google in campo arriva Chat, parte la sfida a Whatsapp e iMessage

Affari & Finanza
THOMAS CASAVECCHIA
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IL GRUPPO DI MOUNTAIN VIEW PROVA A IMPORRE UN SUO NUOVO SISTEMA CHE PERMETTE DI INVIARE ANCHE VIDEO, FOTO E ALLEGATI. IL PROBLEMA È IL CONSUMO DI BANDA CHE AUMENTA, E QUINDI I COSTI: SI STANNO TRATTANDO I PIANI TARIFFARI CON TUTTI I PROVIDER DI TELEFONIA MOBILE T alk, Allo, Messenger, Hangouts, Duo: raccapezzarsi tra tutte le app proposte dal sistema operativo Android per inviare messaggi istantanei è una missione impossibile. Da anni, Google fatica a far breccia nelle applicazioni chat, essendo difficile riuscire a competere con i colossi del settore, WhatsApp e Messenger, entrambi di proprietà di Facebook, o di iMessage, il servizio di messaggistica istantanea di Apple. Ora, dopo tanti flop, Google ha scelto una strada nuova. Ormai il suo obiettivo è rimpiazzare definitivamente gli Sms. Il colosso americano ha svelato il suo prossimo prodotto, chiamato semplicemente “Chat”. L’ applicazione sarà inclusa in partenza in ogni telefono Android e sostituirà l’ applicazione standard degli Sms. Chat promette di essere un miglioramento degli Sms e incorporerà nuove funzionalità. Sarà possibile dar vita a conversazioni di gruppo, sapere chi ha letto un messaggio inviato o veder comparire tre puntini quando qualcuno sta scrivendo una risposta. Google ha scelto di incorporare le funzionalità di una buona app di messaggistica istantanea nell’ applicazione Sms di base. Foto, video e allegati Per riuscirci, Google sta lavorato alla messa a punto di un nuovo protocollo di comunicazione denominato Rich Communication System (RCS), una sorta di Sms 2.0 per mezzo del quale si potranno spedire e ricevere foto, video, Gif animate o perfino allegati. Tuttavia, tenuto conto del peso dei dati trasmessi attraverso questo protocollo, il telefono dovrà essere connesso a Internet con 3G/4G o Wi-Fi. Se uno dei due telefoni in comunicazione non fosse connesso o è incompatibile, il messaggio sarà automaticamente trasformato in Sms. Gli allegati saranno tradotti in link per poterli aprire e consultare in un secondo momento, una volta che ci si potrà connettere alla rete. Per sfruttare il sistema in modo ottimale, sarà dunque meglio disporre di un pacchetto dati. La questione dei costi, peraltro, non è stata ancora chiarita, perché tutto dipende dai singoli operatori: «Oggi gli Sms sono a buon mercato grazie alla poca banda larga che occupano in rete», dice Peter Van Roy, docente di ingegneria informatica dell’ University College of London. «Ma se in futuro si dovrà consentire l’ invio di file audio o video, la banda larga utilizzata sarà notevolmente maggiore e quindi più costosa. Di conseguenza, mi sembra poco probabile che in futuro gli operatori possano offrire un tot numero di Rcs gratuiti al mese come accade oggi per gli Sms. Occorrerà studiare le offerte dei vari operatori». Ambizione universale Google ha annunciato di essere riuscita a convincere una sessantina di operatori di telefonia mobile di tutto il mondo a utilizzare questo nuovo protocollo e a proporlo ai loro clienti. Tra di essi vi sono Orange, Vodafone, o Verizon, ma anche produttori di telefoni cellulari come Asus, Huawei, Samsung o LG. «Associandosi con gli operatori, Google ha avuto una buona idea», dice Charles Cuvelliez, docente al Politecnico di Bruxelles. La battaglia degli standard per la verità va avanti da quasi dieci anni: «L’ Rcs – spiega il professore – puntava a dare agli Sms le funzionalità alle quali ci siamo abituati con WhatsApp (con indicazioni di attività, presenza online e lettura). Ma mentre si cercava di mettere d’ accordo tutti gli operatori di telefonia mobile per varare il progetto, WhatsApp e gli altri servizi di chat e messaggistica istantanea li hanno scavalcati. Google, tuttavia, dispone di un asso nella manica: Android, che è presente sugli smartphone di tutto il mondo e potrebbe accogliere il nuovo standard Rcs già dall’ origine». Gli Sms continuano a opporre resistenza. Puntare su un’ offerta interessante e rinnovata è l’ idea di Google. Gli Sms restano universali e hanno sempre successo. Ora poi che garantiscono serie procedure di autenticazione (abbinando un’ informazione conosciuta, una password, un codice unico ricevuto su uno smartphone che avete solo voi), l’ Sms sta vivendo una fase di rinnovamento. E tutti i telefoni possono inviarli o riceverli, anche senza Internet. Nel 2016 in Belgio sono stati spediti 23 miliardi di Sms. La scommessa di Google è quindi, invece di creare una nuova applicazione che farebbe fatica a trovare un suo pubblico, andare a rastrellare utenti là dove si trovano. Modello WeChat Un’ ipotesi è che Google cerchi di mettere a punto un equivalente di WeChat, un sistema di messaggistica per fare qualsiasi cosa in Cina senza dover installare nessuna app, che in pratica permetterebbe di centralizzare tutto. Gli ostacoli da superare non saranno di natura tecnica, bensì di marketing. Riguarderanno il problema di come far evolvere in modo intelligente la tariffazione degli Sms in modalità Rcs, a partire dalle offerte odierne di quantità pressoché illimitate che ne hanno saputo garantire la sopravvivenza. Quanto alla datadi entrata in funzione del nuovo servizio, Google è rimasta alquanto evasiva. «Da qui alla metà dell’ anno prossimo, penso che la maggior parte degli utenti di smartphone potranno approfittare di questo servizio», ha tuttavia spiegato a “The Verge” Anil Sabharwal, responsabile del progetto presso Google. Tutti i telefoni Android che supportano gli aggiornamenti dovranno essere compatibili con questo nuovo standard e, se l’ operatore deciderà di implementarlo, potranno utilizzarlo. Nel caso degli utenti di iPhone, però, c’ è ancora incertezza. Per il momento,Apple non havoluto esprimerecommenti sull’ eventuale inclusione dello standard Rcs sui suoi device. Ma una volta raggiunta la massa critica, Apple sarà pressoché obbligata a seguire l’ onda. o consapevoli della sua importanza”. © Le Soir/LENA Traduzione di Anna Bissanti © RIPRODUZIONE RISERVATA La nuova sede di Google Engineering Canada a Kitchener-Waterloo, Ontario.

Fibra, la rete sia unica ma chi la gestisce non sia anche operatore

Affari & Finanza
FRANCESCO GRAZIADEI * AUGUSTO PRETA *
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Internet e la domanda di traffico e di connettività che porta con sé sta diventando un fenomeno sempre più pervasivo, non più solo come risultato di dinamiche “consumer-driven” legate all’ Ict (esplosione del video streaming) o alle persone, ma anche alle cose. Tecnologie, piattaforme e sistemi innovativi come Cloud Computing, Internet of Things, Big Data & Analytics, Blockchain, Advanced robotics, 3D printing e 5G costituiscono i nuovi strumenti abilitanti della economia digitale, che avrà un’ influenza profonda e pervasiva sulle trasformazioni economiche e sociali con un forte impatto sulle vite delle persone. In questo scenario di trasformazione l’ accesso a Internet tramite una rete veloce, affidabile e ad alta capacità sarà sempre più prerequisito imprescindibile. I rilevanti incrementi attesi in termini di intensità d’ uso, velocità di trasferimento dati e drastica riduzione dei tempi di latenza, stanno comportando una rivoluzione nelle architetture e nelle logiche di gestione delle reti: virtualizzazione delle risorse e densificazione delle stazioni radio base saranno cruciali per i nuovi servizi previsti dallo standard 5G. Senza la fibra che collega le celle che collegano gli smartphone non ci sarebbe il 4G e, soprattutto, non ci sarà il 5G. La fibra ottica fino a casa è l’ unica soluzione che permetterà di avere tutta la banda necessaria anche in un futuro non immediato. È un’ infrastruttura definitiva: una volta posata, per aumentarne le prestazioni basterà soltanto cambiare gli apparati agli estremi. Se nei prossimi anni l’ Italia (insieme all’ Europa) vuole tornare a essere leader e non follower, dovrà sostenere investimenti massicci e su larga scala per realizzare l’ infrastruttura digitale di quella che la Ue chiama Gigabit Society, fissando precisi obiettivi di connettività entro il 2025. Grazie alla loro alta velocità di trasmissione, le infrastrutture in fibra ottica di tipo Ftth agiscono da catalizzatore dei processi di adozione e utilizzo dei servizi digitali per una piena realizzazione della Digital Economy. In chiave di policy e di scelte regolamentari, la novità del processo di infrastrutturazione, unita alle caratteristiche della rete in fibra (capienza ed economicità dell’ offerta wholesale di infrastruttura spenta), comporta una diversa articolazione della catena del valore. Da un modello di integrazione verticale si può passare a un modello tripartito: operatore che realizza l’ infrastruttura fisica; operatore che gestisce l’ infrastruttura logica; operatore che fornisce servizi. Questo crea una nuova domanda e una nuova offerta, cioè un nuovo mercato (produzione di infrastruttura spenta e richiesta di infrastruttura spenta) e di conseguenza nuovi operatori e crea i presupposti per abbattere le barriere all’ ingresso di operatori di rete non infrastrutturati. Come ricorda l’ Antitrust, “in presenza di una infrastruttura di rete non replicabile i rischi di discriminazione sono strettamente connessi con l’ integrazione verticale dell’ operatore di rete: un operatore di rete attivo anche nei mercati al dettaglio ha sia la capacità che l’ incentivo a porre in essere forme di discriminazione per ricercare un (indebito) vantaggio competitivo nella vendita dei servizi agli utenti finali”. Il modello wholesale only è pertanto “l’ unico modello organizzativo che rimuove strutturalmente gli incentivi a intraprendere condotte discriminatorie da parte dell’ impresa che gestisce la rete”. Una efficace concorrenza infrastrutturale (end-to-end) creata da operatori wholesale only crea il disincentivo a utilizzare reti non a prova di futuro e spinge anche l’ incumbent ad investire in reti totalmente nuove e tecnologicamente evolute. Questo fa progressivamente venir meno l’ essenzialità della vecchia infrastruttura e i possibili rischi di comportamenti di foreclosure: la concorrenza nel mercato wholesale, spinge l’ operatore dominante a massimizzare il valore della propria rete; la presenza di operatori non integrati verticalmente offre grandi opportunità per una concorrenza efficace tra Network Providers non infrastrutturati; le risorse pubbliche indirizzate verso operatori non integrati verticalmente generano un mercato wholesale aperto e competitivo e al tempo stesso economicamente conveniente per dei network provider non infrastrutturati. * Autori dello studio Luiss Dream/It-Media Consulting La migliore regolazione per lo sviluppo della Gigabit Society. Tecnologie abilitanti, evoluzione dei servizi e best option infrastrutturali © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Twitter e la sua squadra di robot “Così nasce il dibattito sulla Rete”

Affari & Finanza
EUGENIO OCCORSIO
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I SORPRENDENTI RISULTATI DI UN RAPPORTO DEL PEW REASEARCH: “IL TRAFFICO SUL SOCIAL NETWORK È PER LO PIÙ GENERATO DA MACCHINE, I COSIDDETTI BOT, E NON DA UTENTI UMANI”. CON EFFETTI SULLA RAPIDITÀ DI DIFFUSIONE DELLE NOTIZIE E SULLA LORO ATTENDIBILITÀ Q uante volte vi siete stupiti della rapidità con cui Twitter viene invaso da migliaia di commenti su un fatto politico, una vicenda piccante, una vera o presunte gaffe pubblica di qualche personaggio? E quante volte vi siete interrogati sulla velocità fulminea con cui si diffondono news che quando non sono fake sono incomplete, imprecise, fuori contesto? È strana questa compulsione a intervenire da parte di migliaia di persone che non c’ entrano niente, vi sarete detti, questa reazione quasi robotizzata acritica e istantanea. Bene, ora avete la spiegazione: altro che “quasi” robotizzata, è proprio opera dei robot, che in gergo social si chiamano Bots e sono tecnicamente delle applicazioni software. Un ponderoso studio scientifico realizzato dal Pew Research Center di Washington, probabilmente il più prestigioso e affidabile think-tank del mondo dedicato ai media (anzi, fact-tank come ama autodefinirisi), dimostra che quasi due terzi dei messaggi postati su Twitter contenenti link ad altri siti, il 66% per l’ esattezza (ma si arriva al 73% quando sono in ballo interessi commerciali e addirittura al 90% con i siti porno), sono opera non di un utente “umano” ma di un “bot”, una macchina insomma. La quale, istruita con le più avanzate tecniche di intelligenza artificiale (il deep machine learning a sua volta oggetto di recenti studi dai risultati altrettanto sconcertanti), è in grado di manipolare il dibattito politico, sociale, religioso, etico, diffondendo in tempo reale link e notizie pescati ad arte da quasi 3000 siti Internet (il numero di quelli su cui ha lavorato il Pew nell’ arco di sei settimane nell’ estate scorsa analizzando 1,4 milioni di tweet provenienti da 140mila account) e operando diabolicamente in modo da alterare automaticamente e nella direzione per cui è stata impostata il significato e la contestualizzazione delle news, quando non di crearne di fake belle e buone. O anche semplicemente e “innocentemente” di aumentare i contatti per certi link a fini di rating e di pubblicità. E si consideri che un numero sempre maggiori di messaggi su Twitter è fatto di link ad altri siti. “I robot sono molto più attivi degli esseri umani quando si tratta di scambiarsi link su Twitter”, si legge nel report, che è stato coordinato da Stefan Wojcik, uno dei più seri fra gli analisti del Pew, e si intitola Bots in the Twittersphere. La maggior parte del traffico su Twitter, dice il rapporto, “ha origine non da una vera partecipazione umana bensì dagli automatismi delle macchine che moltiplicano all’ infinito determinati messaggi”. Lo studio dimostra “il preminente ruolo che gli account automatici giocano nel disseminare link a siti poco affidabili”. In questo contesto, particolarmente a rischio sono i tanti siti che si presentano come “aggregatori” di notizie da altre fonti sul web. A parte la politica o il porno, il Pew sottolinea il rischio di “un simile modo di diffondere informazioni in settori quali le scienze o semplicemente le relazioni sociali”. Intendiamoci, avverte il report, che analizza il mercato americano ma è estensibile come concetti a tutto il mondo occidentale, di bot ne esistono anche di “buoni”. Li utilizzano i migliori siti di informazione (New York Times, Washington Post, Cnn) non certo per manipolare il dibattito bensì per inviare in tempo reale degli alert agli abbonati appena arriva una notizia, li usa Netflix per avvertire di qualche nuovo film, li usa il Metropolitan Museum of Arts per diffondere iniziative. E così via. Ma purtroppo, avverte il rapporto, questi sono un’ esigua minoranza rispetto alla marea montante di chi ha interesse a influenzare il mercato e le opinioni. Quello che fa rabbia, avverte il Pew, è che proprio l’ esistenza dei bot “buoni” rende difficilissimo intervenire per arrestare il fenomeno, con divieti, leggi, regolamenti. Troppo complicato distinguere il grano dal loglio. Un’ altra notazione del centro di Washington, e anche qui si fa chiarezza su un tema controverso, è che non c’ è un pregiudizio ideologico preciso: il 41% di link rimanda a siti politici frequentati abitualmente dai liberal e il 44% a siti appannaggio dei conservatori, “una differenza che non è statisticamente significativa”. In ogni caso, viste le “mutate abitudini di informazione” (meno giornali, più social media) i “bot” hanno fatto irruzione con prepotenza nella cultura popolare modificando addirittura “il tenore dei discorsi online o offline”. Il 67% degli americani, si legge in un altro recente studio dello stesso Pew, si informa ormai essenzialmente dai social media, il 10% in più di un anno fa. Del problema si era già occupato, ma non con questa meticolosità statistica, il Mit di Boston, che per distinguere se l’ origine di un post di Twitter sia umana o “robotica”, soprattutto quelli contenenti link ad altri siti (è importante questa distinzione perché è più sottile ed efficace l’ obnubilamento delle coscienze quando si propone quello che ha già scritto un altro sito anziché un commento individuale secco), ha inventato insieme con l’ University of Indiana un altro software chiamato Botometer che incrocia una fitta serie di algoritmi e di caratteristiche di un messaggio ed è in grado di capirne la fonte. Banalmente, se da un utente di Twitter escono fuori cinque messaggio al minuto per 24 ore al giorno e 7 giorni a settimana, c’ è qualcosa di sospetto. Ma poi un’ infinità di altre funzioni tecniche completano il “riconoscimento”. Al Pew hanno aggiornato il Botometer (il rapporto parla di “seconda incarnazione” dello strumento) e poi hanno fatto una serie di contro-verifiche coni metodi empirici, e nel 93% dei casi il Botometer aveva indovinato. Non necessariamente, puntualizza lo studio, il problema riguarda i link ad altri siti: come si evince dai grafici che pubblichiamo, una quota minore del “lavoro” dei bot consiste semplicemente nel diffondere opinioni espresse su Twitter e che su Twitter rimangono. E forse questo è ancora più insidioso perché riventa un rompicapo quasi insolubile sapere se a leggere un tuo tweet è stata solo una macchina o, incidentalmente, anche qualche essere umano. © RIPRODUZIONE RISERVATA Stefan Wojcik, l’ analista del Pew autore del rapporto “Bots in the Twittersphere”

Formare creativi per cinema e tv

Italia Oggi Sette

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Sono aperte le iscrizioni alla X edizione del master in International screenwriting and production (Misp), una delle più ambite «chiavi» per entrare nel mercato nazionale ed internazionale della scrittura per il cinema, la tv e l’ editoria e della produzione audiovisiva. Inserito nell’ offerta dell’ alta scuola in media comunicazione e spettacolo (Almed) dell’ università Cattolica di Milano, il master si svolge interamente in inglese e annovera tra gli alunni della scorsa edizione studenti provenienti da 14 Paesi e 4 continenti. Story editor, sceneggiatori, ma anche produttori creativi, responsabili di palinsesto, copywriter, showrunner, registi, autori di fumetti e romanzi, sono alcune delle professioni che il master forma, quale reale e concreta via per debuttare, con competenza, formazione e know how, in un panorama professionale che sempre più guarda oltre confine. Caratteristica distintiva del master sono le lezioni magistrali e i laboratori creativi tenuti da sceneggiatori, produttori e storyteller internazionali. Per l’ edizione che si aprirà a settembre 2018 sono già arrivate candidature di studenti stranieri dai cinque continenti: i primi stranieri selezionati provengono da Francia, Hong Kong, Irlanda, Kazakistan, Libano, e tre dagli Stati Uniti. Per maggiori informazioni e per inviare la propria candidatura: htttp://almed.unicatt.it/misp.

Rai, il direttore Orfeo bacchetta Di Maio: «Lo rassicuro, non ci sono camerieri»

Il Giornale
LR
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nostro inviato a Dogliani (Cn) Un possibile ritorno di Nicola Porro in Rai con il suo Virus. E la certezza di un Baglioni bis a Sanremo. Ecco i due fatti importanti emersi dall’ incontro al Festival di Dogliani, che si è chiuso ieri, con Mario Orfeo. Il dg Rai si presenta sul palco con un trolley in risposta alla scherzosa battuta di Fiorello della sera prima. Ha le valigie pronte perché il mandato scade a giugno ma con questo stallo politico chissà quando si cambierà la governance della Rai. Lui governa a viale Mazzini da dieci mesi (e prima dirigeva il Tg1) ma assicura di non aver mai subito pressioni: «I politici sapevano che avrebbero bussato invano». Renzi? «Non mi ha mai chiamato, neppure mandato i suoi mitici sms…». Berlusconi? «L’ ho incontrato solo allo stadio». Gianni Letta? «L’ ho visto a molti incontri istituzionali». Salvini? «Non pervenuto…». Per poi concludere: «Mi ha dato fastidio la frase di Di Maio sui guanti bianchi. Voglio rassicurarlo: non ci sono camerieri in Rai». Orfeo ha rivelato che Baglioni ha accettato di condurre di nuovo Sanremo il prossimo anno. Tra una domanda e l’ altra di Aldo Cazzullo al direttore generale, è emersa anche la questione Porro. Il vice direttore del Giornale, attuale conduttore di Matrix, se ne andò dalla Rai due anni fa durante l’ epoca della direzione generale Campo Dall’ Orto, migrando a Mediaset. Un addio per nulla gradito dal giornalista che stava cercando di realizzare uno spazio di informazione sul secondo canale di impostazione diversa dai soliti talk di sinistra. Ora che quell’ epoca è finita, si apre la possibilità di un ritorno, proprio là dove si era interrotto il lavoro, cioè al giovedì su RaiDue con Virus. Le trattative sono in corso. Orfeo non conferma ma neppure smentisce: «In Rai i giornalisti e gli artisti vanno e vengono, le porte sono girevoli». Ora bisognerà vedere se, e con quali offerte, i vertici Mediaset cercheranno di trattenere il giornalista che con il suo Matrix va in onda a tarda sera su Canale 5, mentre in Rai avrebbe una prima serata. Orfeo ha anche fatto una sorta di bilancio di questi suoi primi dieci mesi di direzione, soffermandosi sulle questioni più criticate. Dal caso Fabio Fazio («Ha portato una nuova identità a RaiUno») a quello di Milena Gabanelli («Non l’ abbiamo cacciata, semplicemente il portale web da lei elaborato non poteva essere realizzato perché il piano news è stato bocciato dal cda») a Massimo Giletti («Gli avevamo offerto 12 prime serate di intrattenimento al sabato sera, ha scelto un’ altra strada. Certamente il programma che lo ha sostituito non è stato vincente però non tutto può riuscire: la prossima stagione alla domenica arriverà Mara Venier e Cristina Parodi si terrà uno spazio giornalistico»). Il dolore più grande in questi mesi? «La perdita di Frizzi, che non era un uomo mediocre come qualcuno ha scritto».LR.

Calcio nel caos tre fronti aperti per Malagò Lega, diritti tv e Federazione

Corriere della Sera
Monica Colombo
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Nemmeno l’ ultimo tentativo di trovare un punto di intesa, effettuato da Giovanni Malagò, ha dato i frutti sperati. Nell’ incontro andato in scena venerdì pomeriggio, dopoché il vice-commissario Nicoletti ha pregato i contendenti della guerra dei diritti tv di raggiungere una sintesi per il bene di ogni parte coinvolta, Sky per tutta risposta ha avanzato una proposta sorprendente. Ovvero: restituire a Mediapro i 64 milioni già versati come acconto più un conguaglio a titolo di risarcimento danni per invalidare il bando attuale, dimenticarsi del pronunciamento del giudice della Sezione Imprese del Tribunale di Milano, atteso fra oggi e mercoledì, e mettere la Lega nelle condizioni di allestire un nuovo bando. Stavolta per prodotto e non per piattaforma. «Grazie, ma preferisco aspettare la sentenza del giudice» è stata la replica di Jaime Roures all’ ad di Sky, Andrea Zappia. 0-0, palla al centro. Si torna in campo oggi a Roma alle 13.30 in un’ assemblea di Lega che si preannuncia delicatissima. Il presidente del Coni deve affrontare l’ esplosiva questione dei diritti tv. Spinto dal desiderio di far rientrare nei giochi Sky, Malagò ha effettuato in queste ore un giro di pareri con i presidenti ai quali ha intenzione di proporre una delibera nella quale verrebbe posto un ultimatum a Mediapro: se il gruppo spagnolo non verserà la fideiussione entro 1-2 settimane sarà dichiarato inadempiente. Resta da valutare se la messa in mora scatterebbe automaticamente – e in questo caso i catalani sono pronti a far causa – o si renderebbe necessaria una nuova assemblea. Gli spagnoli si sentono forti dell’ appoggio di 14 società (tranne Juve, Roma, Sassuolo, Napoli, Bologna e Fiorentina) decise a proseguire con chi garantisce 1,05 miliardi per tre anni. L’ ipotesi alternativa è un bando dove parteciperebbero solo Sky (che offre 750 milioni) e Perform (140 di media). Nei piani di Malagò oggi si sarebbe dovuto anche provvedere al rinnovo della governance: il nome che suggerisce per la carica di amministratore delegato è quello di Marzio Perrelli di Hsbc. Il banchiere Micciché, come figura presidenziale, ha trovato ampi consensi «ma ora serve un uomo che abbia conoscenze di sport» tuonano i presidenti che al grido «l’ assemblea è sovrana» sono pronti a prendere le distanze dal commissario. Per Malagò (e Fabbricini) si è aperto un altro fronte, anche questo delicato: Lega Pro, Dilettanti e Calciatori si vedranno domani a Roma per individuare il nome del futuro presidente federale, andando all’ attacco del commissariamento.

Sky-Mediapro, gli scenari all’ esame della Lega di A

Il Messaggero

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DIRITTI TV ROMA Il commissario Malagò riapre le porte del salone d’ Onore del Coni per tentare di trovare una via e soprattutto un po’ di stabilità nella Lega di serie A. L’ assemblea di oggi si preannuncia agitata. Presumibilmente sarà l’ ennesima tappa interlocutoria di un percorso che non sembra vedere mai fine. I problemi sono molteplici e non certo di facile risoluzione. La grana principale è legata ai diritti tv sospesi da un giudizio del tribunale di Milano che verosimilmente arriverà domani. Per questo l’ assemblea potrebbe restare aperta. Malagò e il neo presidente, ancora senza poteri, proveranno a tranquillizzare i 20 presidenti. I più preoccupati sono i club medio piccoli che basano gran parte della loro stabilità proprio sui soldi dei diritti tv. Sky e Mediapro, dopo l’ incontro segreto ma non troppo tra Zappia e Roures, hanno cominciato a dialogare con più frequenza ma il tempo stringe e c’ è bisogno di trovare in fretta la quadra. I club che hanno accettato di buon grado il miliardo e 50 milioni dei catalani ora non vogliono rinunciare neanche ad un centesimo. Possibile che il numero uno Micciché possa dare 7/14 giorni di tempo a Mediapro per presentare la fideiussione prevista dal bando o la certificazione patrimoniale. Ma è chiaro che molto dipenderà dalla decisione del giudice Marangoni. BUSTE E GOVERNANCE A proposito di diritti oggi è prevista l’ apertura delle buste con le offerte presentate per il bando di Coppa Italia. Lo scontro è tutto tra Rai e Mediaset. In viale Mazzini si sono già assicurati la Champions in chiaro il mercoledì (perdendo però definitivamente la Formula 1, diventata esclusiva assoluta di Sky). Ma a Cologno Monzese puntano quasi tutto sulla coppa nazionale per sfruttare ancora meglio le trasmissioni in chiaro e il nuovo canale 20. Capitolo governance: non c’ è ancora accordo unanime sulla figura dell’ ad. Le preoccupazioni sono tutte sui diritti televisivi appunto e su quanto deciderà il Tribunale di Milano riguardo la contesa Mediapro-Sky. Analizzando a fondo i papabili, nella lista non c’ è più la figura di Sami Kahale, da pochi giorni direttore generale di Esselunga. Restano in corsa Paolo Dal Pino, Luigi De Siervo, Stefano Domenicali e Marzio Perrelli. Quest’ ultimo il preferito di Malagò: un altro banchiere come Gaetano Miccichè. Per questo molte società sarebbero contrarie a una sua nomina. Il presidente del Coni si auspicava di poter completare oggi a Roma la governance per chiudere in pochi mesi il suo commissariamento. Così non sarà. I diritti tv tengono ancora banco e resteranno per un bel po’ un tema scottante. Emiliano Bernardini Salvatore Riggio © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Assemblea della Lega A sui diritti tv

Il Mattino

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Oggi Assemblea della Lega di Serie A nel Salone d’ onore del Coni con il commissario Malagò. La grana principale è legata ai diritti tv sospesi da un giudizio del tribunale di Milano che verosimilmente arriverà domani. Per questo l’ assemblea potrebbe restare aperta. Malagò e il neo presidente Micciché, ancora senza poteri, proveranno a tranquillizzare i 20 presidenti. A proposito di diritti oggi è prevista l’ apertura delle buste con le offerte presentate per il bando di Coppa Italia. Lo scontro è tutto tra Rai e Mediaset. In viale Mazzini si sono già assicurati la Champions in chiaro il mercoledì. Per questo da Cologno Monzese proveranno ad acquistare i diritti della coppa nazionale, attualmente della Rai.

L'articolo Rassegna Stampa del 07/05/2018 proviene da Editoria.tv.


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