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Caltagirone spa: ricavi a quota 1,5 miliardi, utili a 90 milioni
Ciak per «L’ amica geniale» al Plebiscito si svela il cast
Caltagirone, margini e ricavi in rialzo
Caltagirone spa, ricavi a quota 1,5 miliardi utili a 90 milioni
Salta la fiction, Rai e M5s contro i lavoratori
Gramellini ci prova con Cyrano. Alberto Angela torna su Rai3
Addio a Necco, l’ archeologo prestato a 90° Minuto
Addio a Necco: fuoriclasse vero non solo per il pallone
“Tutti parlavano di calcio e quindi nessuno notava la mia ignoranza”
Addio Necco, voce del calcio gentile
Addio a Necco, voce del Napoli di Maradona e vittima dei clan
Necco, l’ ironia in tv Da cantore di Maradona agli spari della camorra
Mondadori fa il pieno di utili: +35%
Rai, adesso si possono assumere figli o coniugi di dipendenti morti
Caltagirone spa: ricavi a quota 1,5 miliardi, utili a 90 milioni
Il Mattino
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ROMA. Caltagirone spa ha chiuso l’ esercizio 2017 con un risultato positivo di 90,3 milioni (155,3 milioni nel 2016), compresa la quota di pertinenza di terzi. Il risultato netto di competenza del gruppo è invece positivo per 48,9 milioni (82,4 milioni al 31 dicembre 2016). Tra i numeri approvati ieri dal cda presieduto da Francesco Gaetano Caltagirone, il margine operativo lordo figura in crescita a 248,7 milioni dai 239,7 del 2016, a fronte di un risultato operativo che migliora da 112,1 a 127,7 milioni. In aumento anche i ricavi: +14,9% a quota 1,48 miliardi (da 1,29 miliardi). Di qui la proposta del cda per un dividendo di 0,06 euro per azione, invariato rispetto al 2017. Si tratta di risultati che «evidenziano il buon andamento della gestione operativa», commenta la società. Nel confronto con i risultati del 2016, «è da evidenziare che questi ultimi riportavano gli effetti delle acquisizioni realizzate dalle controllate Cementir Holding e Vianini, a partire rispettivamente dal 25 ottobre 2016 e dal 14 aprile 2016, e delle plusvalenze derivanti dalla cessione della quota in Grandi Stazioni Retail e dalla cessione di quota parte della partecipazione in Acea». Quanto all’ evoluzione prevedibile della gestione nei comparti in cui operano le società controllate, spiega ancora la nota diffusa al termine del cda, «nel settore del cemento il gruppo si concentrerà nel processo di integrazione di Lehigh White Cement Company, produttore e distributore di cemento bianco leader negli Stati Uniti, il cui controllo è stato acquisito lo scorso mese di febbraio con l’ acquisto di un’ ulteriore quota del 38,75% da Lehigh Cement Company, controllata da HeidelbergCement. Il contributo di tale acquisizione è atteso a partire dal primo aprile 2018». Inoltre, il mercato delle opere pubbliche resta caratterizzato dai limitati investimenti nelle grandi infrastrutture. «In questo contesto Vianini Lavori concentrerà i suoi sforzi sul completamento delle commesse in fase di realizzazione». Passando al settore immobiliare, «procede regolarmente la commercializzazione, sia per la locazione che per la vendita degli immobili già ultimati». Nel settore dell’ editoria, invece, «prosegue, sia a livello di mercato che a livello aziendale, il trend negativo dei ricavi diffusionali e pubblicitari e non si rilevano al momento segni di inversione. In assenza di novità, tale tendenza negativa continuerà anche nell’ esercizio in corso». l.ram. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Ciak per «L’ amica geniale» al Plebiscito si svela il cast
Il Mattino
Valeria Aiello
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Napoli, esterno giorno, piazza del Plebiscito. Corre(va) l’ anno 1958. È un via vai di turisti e passanti, selfie e fotografie alle luccicanti auto d’ epoca, vespe e motociclette, parcheggiate in fila in piazza del Plebiscito. Si tratta di Fiat perlopiù, rosse, gialle, bianche, alcune hanno il nome in evidenza come la Balilla rigorosamente bicolore, o la 750 verde acqua. Imponente nel colore e nella struttura è l’ autobus verde bottiglia dalle porte chiare e sedute bianche, che fa tappa dinanzi palazzo Reale. Usciti dagli studios casertani costruiti nell’ area ex Saint Gobain, dov’ è stato ricreato con perizia il rione Luzzatti, «L’ amica geniale/The neapolitan novels» arriva nel salotto buono della città. «Un tempo l’ autobus fermava proprio lì davanti e le auto erano parcheggiate in piazza», racconta un signore incuriosito e un po’ nostalgico. Siamo nella Napoli del 1958, quella del boom economico, del miracolo italiano. L’ Italia è uno dei sette paesi più industrializzati al mondo, il tenore di vita dei cittadini è tra i più elevati, Enrico Mattei porta avanti strategie industriali e politiche spregiudicate e innovative. Aziende come Olivetti e Fiat fanno la differenza in termini di occupazione e produzione. Si diffonde il fenomeno del consumismo e così le grandi vetrine di note aziende popolano le strade più importanti della città. La macchina del tempo che ha ricreato tutto questo è il set cinematografico della serie tv diretta da Saverio Costanzo, che ha invaso la città per continuare le riprese della storia di amicizia di Lila e Lenù, le protagoniste della quadrilogia di Elena Ferrante che ha fatto impazzire il mondo. Le avevamo lasciate bambine, al rione Luzzatti, finemente ricostruito così com’ era cinquant’ anni fa, negli impenetrabili studios di Caserta presso l’ ex area industriale Saint Gobain. Dal rione al salotto della Napoli bene, Elena Greco (Margherita Mazzucco) e Raffaella Cerullo (Gaia Girace), sono cresciute e vivono l’ età più bella della vita e la loro amicizia tra le strade di Napoli. Nel romanzo passeggiano in via dei Mille, ricostruita con calligrafica precisione nella Galleria Principe di Napoli, set serale dove sono state ricostruite le vetrine di griffe d’ epoca. Basta avvicinarsi agli imponenti cancelli d’ ingresso della galleria per poter ammirare i beni di lusso non ancora accessibili a tutti all’ epoca come le scarpe bicolore di Mario Valentino o la pregiata pelletteria artigianale Tramontano; e ancora i primi elettrodomestici, dal design inconfondibile: un forno bianco, un tostapane, l’ aspirapolvere in acciaio, radio di varie dimensioni (che oggi farebbero la gioia degli amanti del vintage) e il tanto agognato televisore a tubo catodico. Non poteva mancare la vetrina dedicata alla classica sartoria partenopea, quella di Eddy Monetti, con i suoi completi da uomo, smoking, bombetta e le immancabili cravatte. Insomma un magico tuffo nel passato, che ha entusiasmato per la precisa ricostruzione storica anche il sindaco De Magistris: «Ho visto circa 150 comparse, un salto indietro nel tempo della Napoli nel 1958. Ormai siamo il set cinematografico all’ aperto più ricercato in Italia e nel mondo, anche da produzioni di altissimo livello. Da quello che ho visto ieri sera sarà di certo un prodotto eccellente». Ora che per esigenze di riprese il cast è uscito dal top secret degli studios (quando «Il Mattino» ha pubblicato la prima foto dal set negli uffici della produzione è corso un brivido di terrore) iniziano a circolare i nomi degli attori scelti per la produzione internazionale: Gennaro De Stefano interpreta Rino Cerullo, il fratello di Lila, poi si segnalano nientepopòdimeno che un Eduardo Scarpetta (Pasquale Peluso), Francesca Pezzella (Carmela Peluso), Ulrike Migliaresi (Ada Cappuccio), Alessio Gallo (Marcello Solara), Elvis Esposito (Michele Solara) e Rosaria Langellotto (Gigliola Spagnuolo). Ma l’ imponente produzione, targata Wildside, Fandango, Rai e Hbo e che vede come sceneggiatori Francesco Piccolo e Laura Paolucci, resterà a Napoli ancora pochi giorni perché è già previsto il trasferimento ad Ischia (che ha ospitato di recente Gabriele Muccino e il cast del suo ultimo film «A casa tutti bene») per la lavorazione delle prossime scene.
Caltagirone, margini e ricavi in rialzo
Il Sole 24 Ore
Ce. Do.
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Sfruttando il buon andamento della gestione operativa, il gruppo Caltagirone manda in archivio i risultati 2017 che registrano ricavi per 1,48 miliardi, in rialzo del 14,9%, soprattutto grazie alle acquisioni realizzate, un Ebitda di 248,7 milioni, in aumento del 3,8%, un Ebit pari a 127,7 milioni (+13,9%), mentre l’ utile netto, compresa la quota di pertinenza di terzi, si attesta a 90,3 milioni (a fronte dei 155,3 milioni dell’ anno precedente), di cui 48,9 milioni di competenza del gruppo e con un 2016 influenzato, in particolare, dalle plusvalenze collegate alla cessione della quota in Grandi Stazioni Retail e allo scambio di azioni tra Acea e Suez. Quanto all’ indebitamento, a fine 2017 l’ asticella per il gruppo guidato da Francesco Gaetano Caltagirone si ferma a 599,2 milioni (contro i 527,9 milioni registrati al 31 dicembre 2016). Un incremento dovuto, si legge nella nota diffusa ieri a valle del cda, «alla distribuzione dei dividendi, al pagamento della seconda rata del prezzo per l’ acquisizione del gruppo Domus Italia, al netto dei dividendi percepiti su azioni quotate e al flusso di cassa positivo generato dalle attività operative». Il patrimonio netto complessivo è pari a 2,1 miliardi di cui 1,02 miliardi di competenza del gruppo (erano 2,16 miliardi a fine 2016 di cui 992,9 milioni di competenza del gruppo). Guardando al futuro delle diverse controllate, la holding romana prevede che ci si concentrerà, nel settore del cemento, sul processo di integrazione di Lehigh White Cement Company, leader negli Stati Uniti nel cemento bianco, il cui controllo, come si ricorderà, è stato acquisito a febbraio rilevando un’ ulteriore quota (il 38,75%) dal “braccio” americano di HeidelbergCement. Il mercato delle opere pubbliche continuerà ancora a essere segnato da una situazione di difficoltà, soprattutto sul fronte dei grandi lavori infrastrutturali: il gruppo Vianini Lavori sarà dunque concentrato a completare le commesse in fase di realizzazione. Mentre nell’ immobiliare, la commercializzazione, sia per la locazione che per la vendita, degli immobili già ultimati procede regolarmente. Infine, nell’ editoria prosegue, chiarisce il gruppo, «sia a livello di mercato che a livello aziendale, il trend negativo dei ricavi diffusionali e pubblicitari e non si rilevano al momento segnali di inversione di tendenza». Il cda di ieri ha poi deciso di proporre all’ assemblea degli associ una cedola di 0,06 euro, invariata rispetto al 2017, con pagamento fissato per il prossimo 23 maggio e stacco cedola il 21 dello stesso mese. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Caltagirone spa, ricavi a quota 1,5 miliardi utili a 90 milioni
Il Messaggero
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I CONTI ROMA Caltagirone spa ha chiuso l’ esercizio 2017 con un risultato positivo di 90,3 milioni (155,3 milioni nel 2016), compresa la quota di pertinenza di terzi. Il risultato netto di competenza del gruppo è invece positivo per 48,9 milioni (82,4 milioni al 31 dicembre 2016). Tra i numeri approvati ieri dal cda presieduto da Francesco Gaetano Caltagirone, il margine operativo lordo figura in crescita a 248,7 milioni dai 239,7 del 2016, a fronte di un risultato operativo che migliora da 112,1 a 127,7 milioni. In aumento anche i ricavi: +14,9% a quota 1,48 miliardi (da 1,29 miliardi). Di qui la proposta del cda per un dividendo di 0,06 euro per azione, invariato rispetto al 2017. Si tratta di risultati che «evidenziano il buon andamento della gestione operativa», commenta la società. Nel confronto con i risultati del 2016, «è da evidenziare che questi ultimi riportavano gli effetti delle acquisizioni realizzate dalle controllate Cementir Holding e Vianini, a partire rispettivamente dal 25 ottobre 2016 e dal 14 aprile 2016, e delle plusvalenze derivanti dalla cessione della quota in Grandi Stazioni Retail e dalla cessione di quota parte della partecipazione in Acea». Quanto all’ evoluzione prevedibile della gestione nei comparti in cui operano le società controllate, spiega ancora la nota diffusa al termine del cda, «nel settore del cemento il gruppo si concentrerà nel processo di integrazione di Lehigh White Cement Company, produttore e distributore di cemento bianco leader negli Stati Uniti, il cui controllo è stato acquisito lo scorso mese di febbraio con l’ acquisto di un’ ulteriore quota del 38,75% da Lehigh Cement Company, controllata da HeidelbergCement. Il contributo di tale acquisizione è atteso a partire dal primo aprile 2018». Inoltre, il mercato delle opere pubbliche resta caratterizzato dai limitati investimenti nelle grandi infrastrutture. «In questo contesto Vianini Lavori concentrerà i suoi sforzi sul completamento delle commesse in fase di realizzazione». Passando al settore immobiliare, «procede regolarmente la commercializzazione, sia per la locazione che per la vendita degli immobili già ultimati». Nel settore dell’ editoria, invece, «prosegue, sia a livello di mercato che a livello aziendale, il trend negativo dei ricavi diffusionali e pubblicitari e non si rilevano al momento segni di inversione. In assenza di novità, tale tendenza negativa continuerà anche nell’ esercizio in corso». U. Man. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Salta la fiction, Rai e M5s contro i lavoratori
Italia Oggi
FILIPPO MERLI
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La classe operaia non va nel Paradiso delle signore. L’ assemblea dei lavoratori della Rai di Torino ha bocciato la realizzazione della fiction diretta da Monica Vullo, una serie ambientata negli anni ’70 e già in onda nel 2015 e nel 2017. La terza stagione si sarebbe dovuta girare nel capoluogo piemontese, ma dopo un’ estenuante trattativa tra la rete televisiva e i sindacati, col sindaco M5s Chiara Appendino nelle vesti di mediatore, l’ accordo è saltato per le troppe ore di lavoro previste dal progetto. E la polemica, con viale Mazzini e il comune da una parte e i lavoratori dall’ altra, è divampata. I colloqui tra la Rai e i sindacati andavano avanti da tempo. Lo scorso martedì, Appendino ha convocato un tavolo a Palazzo Civico, sede del comune di Torino, per stendere la bozza di un accordo tra i sindacati e l’ azienda, che in città ha un importante centro di produzione. Per convincere i lavoratori ad accettare l’ impegno di nove ore al giorno, più una di pausa pranzo, per cinque giorni a settimana e con la possibilità di un sesto, la Rai, oltre allo stipendio mensile già corrisposto, aveva offerto 25 euro giornalieri più una tantum di 850 euro. I lavoratori coinvolti erano 65 interni alla Rai e altrettanti esterni. Le riprese della soap, per un totale di 180 puntate da trasmettere su Rai Uno, avrebbero dovuto iniziare a maggio per concludersi nel febbraio del 2019. I lavoratori, però, lo scorso venerdì hanno bocciato l’ accordo raggiunto dall’ amministrazione del M5s, dall’ azienda e dai sindacati. I voti contrari sono stati 86 contro i 49 a favore e 32 astenuti. Ordine del giorno: sì alla fiction, no a 60-70 ore di lavoro. Il paradiso delle signore lascia Torino. E potrebbe essere girato altrove. Nel capoluogo piemontese, per ora, restano solo le polemiche. Che non accennano a spegnersi. «La Rai e l’ amministrazione comunale di Torino trovano sconcertante la decisione dell’ assemblea dei lavoratori di respingere l’ ipotesi di accordo faticosamente raggiunto lo scorso 6 marzo», si legge in una nota congiunta. Per il comune e la rete televisiva si tratta di «un’ occasione mancata, che avrebbe potuto consentire, quale volano di sviluppo dell’ audiovisivo sul polo torinese, il rilancio delle produzioni Rai su Torino». Il senatore del M5s, Alberto Airola, che fa parte della commissione di vigilanza della Rai, ha criticato i sindacati. «Come commissario di vigilanza Rai ho seguito la trattativa e devo dire grazie ai sindacati, che dovranno spiegare ai lavoratori perché li hanno privati del lavoro», ha detto con sarcasmo Airola all’ edizione locale della Stampa. «Ho la sensazione che, oltre all’ incompetenza, ci sia anche malafede. Non è finita qui: è una mia promessa». «Abbiamo voluto ribadire che i lavoratori della Rai di Torino confermano la loro voglia di lavorare, però chiedono l’ applicazione del contratto nazionale», ha spiegato il sindacalista della Cgil, Pietro Gabriele. «È stata una scelta difficile e coraggiosa, ma alla fine la maggioranza ha scelto di tutelare la dignità del proprio lavoro». La Fistel-Cisl, invece, non condivide l’ azione dei lavoratori Rai. «Prendiamo atto della decisione della maggioranza dei lavoratori presenti in assemblea e ne rispettiamo l’ esito, pur non condividendolo, assicurando che porteremo avanti in tutte le istanze contrattuali e istituzionali le ragioni dei lavoratori per garantire che il centro produzione Rai di Torino non subisca un abbandono da parte dell’ azienda». © Riproduzione riservata.
Gramellini ci prova con Cyrano. Alberto Angela torna su Rai3
Italia Oggi
GIORGIO PONZIANO
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Massimo Gramellini ci prova con Cyrano, così si intitola il programma che dopo l’ emancipazione del giornalista da Fabio Fazio sarà proposto in prima serata su Rai3, dal 23 marzo. Accanto a lui Ambra Angiolini e Margherita Vicario con la sua band ma in ognuna delle otto puntate sono annunciati ospiti illustri. Tutto ruoterà attorno all’ amore e ci sarà pure la posta del cuore, cioè il commento agli sms e alle email ricevute. Rai3 come Grand Hotel? Alberto Angela non dimentica Rai3, che lo ha tenuto a battesimo. Così dopo i successi su Rai1 torna con Ulisse, otto puntate dal 24 marzo. Come sempre saranno trattati temi di storia, medicina, scoperte scientifiche e altri argomenti legati all’ attualità. Si incomincerà col Comando Sommergibili di Taranto e con la sua attività. Pio e Amedeo, ovvero Pio D’ Antini e Amedeo Grieco, ex Iene (Italia1), ritornano con la terza serie di Emigratis, dal 19 marzo (nove puntate) su Italia1. Al centro della vicenda un loro finto matrimonio gay con tutti i conseguenti equivoci. Compariranno nelle puntate, tra gli altri, Chiara Ferragni, Fedez, Chiara Biasi, Simone Zaza. Laura Casarotto, direttore di Italia1, ha deciso di scommettere sul programma e l’ ha promosso in prima serata. Ora attende il giudizio dell’ audience. Francesca Fagnani da questa sera su Nove con Belve, ciclo di interviste a otto donne. È la compagna di Enrico Mentana e sul suo nuovo programma dice: «Si tratta di donne che hanno lasciato il segno e quindi credo sarà interessante vedere queste interviste». Sul rapporto coniugale aggiunge: «Io ed Enrico stiamo insieme dal 2013, è la mia relazione più lunga. Ma non è che io sappia bene cosa sia il romanticismo: non ho mai festeggiato un San Valentino, un anniversario… I fiori o me li compro da sola o in quella casa non entrano. Ma sono cose che non mi interessano». Francesco Montanari dal ruolo del cattivo in Romanzo Criminale a quello di tutore della legalità, il magistrato Saverio Barone, protagonista del libro scritto dal giudice Alfonso Sabella, che dà la caccia ai mafiosi responsabili delle stragi di Capaci e via D’ Amelio. La fiction è in onda da stasera su Rai2. Dice Sabella: «All’ inizio degli anni 90 lo Stato era in ginocchio e non si capiva se avrebbe avuto la forza di rialzarsi dopo le stragi mafiose. Nonostante questo, siamo riusciti ad arrestare tutti i più pericolosi latitanti e a condannarli severamente: quella è stata la dimostrazione che quando vuole lo Stato riesce a funzionare». Funzionerà anche la fiction? Michele Santoro sta dando gli ultimi ritocchi allo studio. Dal 10 maggio tornerà su Rai3 con M, il talk confermato per la seconda stagione nonostante la scarsa audience (poco più di un milione di telespettatori). Quattro puntate dedicate al difficile momento post-elezioni, argomento che Santoro spera possa riuscire a dare ossigeno al programma. Franca Leosini è tornata (sedicesima edizione) con le sue Storie Maledette (Rai3) e ha ottenuto quasi 2 milioni di telespettatori (7,5%) con le interviste a Sabrina Misseri e a sua madre Cosima Serrano sull’ omicidio di Sarah Scazzi. Una performance che ha danneggiato perfino Fabio Fazio, bloccato (con Che tempo che fa, Rai1) a 3,929 milioni (14,6%) assai meno che le puntate precedenti (tra l’ altro Canale5 continua a propinare nello stesso orario la fiction-flop Furore, 2,4 milioni, 9,9%). Daniele Liotti ha incominciato le riprese (sulle Dolomiti) di Un Passo dal Cielo 5, fiction che Rai1 proporrà nel palinsesto invernale. Subentrato a Terence Hill nella scorsa stagione l’ attore romano è ormai il protagonista indiscusso della fiction centrata sulle vicende dell’ agente della forestale Francesco. Liotti è in questo periodo su Canale5 in un’ altra fiction, Immaturi, dall’ audience deludente. Milly Carlucci ci prova con la coppia gay e col robot ma non riesce a scalfire il primato di Maria De Filippi, che con C’ è posta per te (Canale5) ottiene 5,5 milioni di telespettatori (27,5%) sconfiggendo Ballando con le Stelle (Rai1) che si ferma a 4,2 milioni (20,4%). Rai1 registra anche il cattivo risultato di È arrivata la felicità (appena 2,7 milioni, 10,9%) tanto che la rete ammiraglia è stata quasi raggiunta da Rai3: Federica Sciarelli con Chi l’ ha visto ha superato i 2,5 milioni (11,1% di media su tutta la durata). Di qui la decisione di mettere in castigo la Felicità: spostata su Rai2, dalla prossima puntata, al sabato. In crisi anche L’ Isola dei Famosi (Canale5) battuta addirittura da una replica, anche se del Commissario Montalbano: 6,9 milioni (28,4%) per quest’ ultimo, 4,3 milioni 23,3%) per l’ Isola. Infine c’ è da registrare il fenomeno Don Camillo: i celebri film, riproposti per l’ ennesima volta su Rete4, continuano a calamitare oltre un milione di telespettatori. Vincenzo Mollica, 65 anni, «storico» giornalista della redazione spettacoli del Tg1, è stato nominato Commendatore della Repubblica. Sergio Mattarella ha firmato l’ onorificenza e il primo a congratularsi è stato Fiorello. Poi il presidente della Rai, Mario Orfeo e il direttore del Tg1, Andrea Montanari, hanno partecipato insieme ai giornalisti della testata a una festa in redazione in suo onore. Mark Williams è l’ interprete di Padre Brown, una sorta di Don Matteo e appunto sulla scia della ficiton di Rai1 da domai sera Paramount Channel (canale 27) trasmetterà una nuova serie, la sesta. Il sacerdote cattolico colto, saggio, sensibile e, soprattutto, determinato a proteggere le anime di chi incontra e a far luce sui delitti che avvengono attorno a lui era approdato nel 2015 su RaiPremium. Dallo scorso anno è Paramount Channel che lo propone. Barbara D’ Urso chiama a Pomeriggio Cinque Lando Buzzanca, 82 anni, e la compagna Francesca Della Valle, 35 anni più giovane. Per parlare di che? Di sesso. Così Buzzanca guarda la telecamera e assicura: «Ho in media quattro rapporti a settimana senza aver mai fatto ricorso al viagra». Vero? «Certo», dice la compagna, «è proprio così». E allora la D’ Urso può mandare la pubblicità. Titti Improta è una giornalista sportiva di Canale21, tv napoletana. Ha posto una domanda all’ allenatore del Napoli, Maurizio Sarri, il quale le ha risposto: «Non ti mando a fanculo perché sei una donna e sei carina». L’ indomani è stata difesa dall’ Ordine dei giornalisti della Campania, che ha giustamente sottolineato come «non sono accettabili neppure le risate compiacenti di alcuni dei giornalisti presenti alla conferenza stampa». Barbara Alberti, giornalista, Lorenzo Amoruso, ex calciatore, Orietta Berti, cantante, Umberto Guidoni, astronauta, Anna Tatangelo, cantante: sono alcuni dei 12 personaggi di Celebrity Masterchef, da domani in prima serata su SkyUno. Infatti terminato il tradizionale programma ora incomincia la versione più o meno vip. Stessi giudici: Bruno Barbieri, Joe Bastianich e Antonino Cannavacciuolo. Rispetto a Masterchef manca Antonia Klugmann, che ha preferito tornare in cucina. Cristiano Giardiello è il chirurgo che animerà Obesity, uno dei primi format originali italiani di Real Time. Dal 7 maggio. Saranno seguiti tre uomini e tre donne obese che vogliono perdere peso ma anche affrontare i motivi che li hanno spinti a non curarsi del loro corpo. « Spero che questo programma», dice Giardiello, «possa dare tanta speranza a chi si trova nella stesse condizioni». Ivan Cotroneo e Monica Rametta hanno scritto La Compagnia del Cigno, fiction (a cui collabora il Comune di Milano) di cui sono incominciate le riprese: 12 episodi per 8 serate che Rai1 trasmetterà dopo l’ estate. I protagonisti sono sette adolescenti che frequentano il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, musicisti di talento, costretti a misurarsi con la vita, le famiglie, le regole della disciplina e con un durissimo direttore d’ orchestra. Alla fine i ragazzi decidono di formare un gruppo, appunto La compagnia del cigno, in onore di Giuseppe Verdi (detto Il cigno di Busseto). Alessia Marcuzzi e Filippa Lagerback non solo in tv. La prima tra una puntata e l’ altra del Grande Fratello (Canale5) disegna borse che vende in un suo sito di e-commerce ma ora ha firmato un contratto con La Rinascente per una sua collezione che sarà venduta negli store, a cominciare da quello di Milano. Filippa Lagerback invece oltre alle comparsate in Che tempo che fa (Rai1) è diventata testimonial di Leolandia, parco divertimento per bambini tra Milano e Bergamo. Giampaolo Morelli sta per rivestire i panni dell’ Ispettore Coliandro. Il primo ciak è previsto per il 26 marzo. È la settima stagione (la prima venne trasmessa nel 2006), sempre su Rai2. L’ autore è il giallista Carlo Lucarelli. La serie ha portato fortuna ai registi, i Manetti Bros (ovvero Marco e Antonio Manetti), che hanno firmato anche la regia di Ammore e malavita, uno dei film di maggiore successo dello scorso anno. Bruno Vespa (Porta a Porta, Rai1), Filippo Roma (Le Iene, Italia1) e Andrea Scrosati (Sky) sono stati premiati da The New’ s Room, bimestrale realizzato da under 35 e distribuito, tra l’ altro, sui Frecciarossa. Le motivazioni del premio? «Perché essi aiutano a indagare e riflettere sul nostro Paese». Twitter: @gponziano.
Addio a Necco, l’ archeologo prestato a 90° Minuto
Libero
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DANIELE DELL’ ORCO Che il calcio romantico fosse finito lo si sa da un pezzo. Ma al tifoso da salotto del ventunesimo secolo, a dirla tutta, forse sta anche bene così. Poco o nulla, però, lo costringe a doversi confrontare con la bellezza del vintage come l’ immagine in bianco e nero di un servizio di 90º Minuto degli anni ’80. E tra i volti noti dell’ epoca, quello strapaesano di Luigi Necco, magari circondato da tifosi napoletani nei post-partita dal San Paolo, era davvero inconfondibile. Necco è morto ieri, all’ ospedale Cardarelli, stroncato alla soglia degli 84 anni da un’ insufficienza respiratoria. Fu cantore del Napoli di Maradona, e non a caso tra i primi gesti di cordoglio è arrivato proprio quello del club azzurro, che ha ricordato una «figura storica del giornalismo». Un napoletano sui generis: autocritico (celebri le sue “ramanzine” nei confronti dei concittadini), garbato, professionale pur nella sua ironia. Fu lui a inventare l’ espressione «Milano chiama, Napoli risponde. A Messico 1986 quando Maradona segnò un gol con la mano all’ Inghilterra, Necco gli disse: «La mano de Dios o la cabeza de Maradona». E il Pibe de Oro rispose: «Tutte e due». Le sue passioni per lo sport e l’ archeologia (per la Rai condusse L’ occhio del faraone) erano seconde solo a quella per la Verità. Che peraltro gli costò cara. Nell’ ottobre 1980 venne gambizzato ad Avellino dagli uomini di Vincenzo Casillo, luogotenente del boss Raffaele Cutolo. Pochi mesi prima infatti il giornalista a 90° Minuto aveva parlato dell’ incontro fra il presidente dell’ Avellino Sibilia e lo stesso Cutolo, in una delle udienze del processo al boss. Era l’ atto estremo nell’ apice di un calcio antico, popolare e strapaesano, che con la scomparsa del bonario Necco perde un altro pezzo. Uno degli ultimi. riproduzione riservata A sinistra Luigi Necco con Maradona. A destra la celebre puntata di 90° Minuto in cui prende in giro i milanisti A sinistra Luigi Necco con Maradona. A destra la celebre puntata di 90° Minuto in cui prende in giro i milanisti.
Addio a Necco: fuoriclasse vero non solo per il pallone
Il Fatto Quotidiano
Enrico Fierro
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L’ inusuale saluto agli spettatori dopo ogni collegamento. Le frasi memorabili a commento dei goal e delle vittorie del “suo” Napoli, una su tutte: “Napoli chiama, Milano risponde”. Ma anche tanta cultura e passione per l’ archeologia. Luigi Necco, il giornalista napoletano morto ieri all’ età di 83 anni, apparteneva a quella razza in via di estinzione dei giornalisti “mitologici”. Cronista per vocazione, agguanta lo sport, il calcio (del quale, confessò in una intervista, “non me ne fotte niente”) per imposizione dei vertici Rai. E fu subito “Novantesimo”, grande racconto del gioco del pallone. Anche se la passione per la cronaca maturata negli anni dell’ Università al “Corriere di Napoli”, spinge Necco ad andare oltre la conta dei posti in classifica. Indaga su calcio e camorra. Anni Ottanta, in Campania domina la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Ai boss fanno gola gli appalti della ricostruzione post-sismica e il business del pallone, con due squadre della regione in Serie A, il Napoli e l’ Avellino. Necco, già volto notissimo e amato dal pubblico di 90º minuto, viene a sapere che il presidente dell’ Avellino calcio, Antonio Sibilia, è andato in un’ aula del tribunale di Napoli dove Cutolo viene processato. Con lui il campione della squadra, il brasiliano Juarì, per rendere omaggio al boss e consegnargli una medaglia ricordo. Il volto severo, le battute messe per un attimo da parte, Necco ne parla durante un collegamento di 90º minuto. Paolo Valenti, conduttore della trasmissione dagli studi di Roma, sbianca. E la camorra non dimentica lo “sgarro”. Il 29 novembre 1981 un gruppo di fuoco aspetta il giornalista all’ uscita di un ristorante di Mercogliano, in provincia di Avellino, e spara. Tre colpi alle gambe. Cutolo dice di essere all’ oscuro di tutto, “i giornalisti non si toccano e a me Necco mi sta pure simpatico”, a colpire sono gli uomini di “‘o Nirone”, Enzo Casillo, il luogotenente del boss. Anni di camorra e anni di Napoli e Maradona. “Novantesimo” è spettacolo, Necco inventa i primi collegamenti in diretta con alle spalle gruppi di tifosi. Cosa che nel corso di un derby Napoli-Avellino, provoca l’ esplosione di “chi t’ ammuort” trasmesso in tutta Italia. La passione per il Napoli a volte prevale, ma anche quello è spettacolo. Memorabile la frase “Napoli chiama, Milano risponde” durante una partita tra le squadre delle due città finita 4-3, con la mano sinistra che indica il risultato. Diego Armando Maradona, altro grandissimo amore. Città del Messico 1986, Maradona segna un goal contro l’ Inghilterra. I tifosi britannici sono in rivolta, quella rete è stata segnata con la mano. Luigi Necco è il primo a chiedere all’ asso argentino: “Il goal chi l’ ha fatto, la mano de Dios o la cabeza de Maradona” (La mano di Dio o la testa di Maradona); Maradona gli risponde “Las dos” (Tutt’ e due). Necco diventò la star dei più grandi canali tv sudamericani. Non solo calcio e tv (Necco è l’ anima di Mi manda Rai3, L’ occhio del Faraone e Parlato semplice), ma cultura, soprattutto l’ antica passione per l’ archeologia. La scoperta del tesoro che Heinrich Schliemann aveva trovato a Troia nel 1873. “Mi sono messo a studiare e a viaggiare come un pazzo senza badare a spese, ma alla fine ce l’ ho fatta. Sono riuscito a individuare i ladri e il nascondiglio del tesoro, che è stato finalmente esposto il 16 aprile 1996 nel Museo Pukin delle belle arti di Mosca. Ho dilapidato i risparmi di una vita”, confidò in una intervista rilasciata a Il Giornale. La Rai ha reso omaggio a Necco con uno speciale su Rai2, il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris lo ha ricordato con parole commosse (“Con Lui ho avuto un rapporto autentico, di stima e di affetto reciproci, gli ho sempre voluto bene anche quando capitava che non ne condividevo le analisi sulla Città”), ma le parole che più sarebbero piaciute a “Gigi” le ha scritte Matteo Cosenza, collega, vicino di casa e di giardino e amico. Luigi Necco “era un illustre cittadino di Napoli e, quindi, del mondo”.
“Tutti parlavano di calcio e quindi nessuno notava la mia ignoranza”
Il Fatto Quotidiano
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Un ritrattodi Luigi Necco raccontato per lo speciale Cose nostre di Rai2, andato in onda per la prima volta nel 2016 e riproposto come omaggio ieri sera. Dal lunedì al sabato giornalista di cronaca nera per il Tg1, e la domenica dissacrante commentatore sportivo per 90º minuto , programma nato nel 1970, appuntamento fisso per famiglie e appassionati di calcio: “Io non capivo nulla, e tuttora non capisco niente di sport. Né tantomeno di calcio; ero un tifoso cui era data l’ opportunità di raccontare una partita. Tutti parlavano di calcio e quindi nessuno notava la mia ignoranza”. A fare da cornice al commento tecnico, l’ ironia post partita di Necco, come quella che sbandierava dopo una vittoria del Napoli: “Molti struffoli evidentemente non sono stati digeriti da tutti”. E ancora: “Qualcuno diceva che l’ Europa aveva chiuso le porte in faccia al Napoli. A quanto pare, quelle porte si stanno riaprendo”. Chiosa Necco: “Questo lavoro è una delle droghe che l’ uomo prende per essere felice”.
Addio Necco, voce del calcio gentile
Il Tempo
MASSIMILIANO LENZI
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«San Gennaro perdo -na, Maradona no». Ieri se n’ è andato da questo mondo Luigi Necco, giornalista, archeologo, uomo colto, ancora nella mente degli appassionati di sport per quelle sue cronache sul Napoli (ma anche sull’ Avellino) del pallone a 90° Minuto, storica trasmissione di calcio della Rai condotta da Paolo Valenti. Necco, 83 anni, era ricoverato all’ ospedale Cardarelli di Napoli per problemi respiratori. Di quella «Banda Valenti» (così erano chia mati con ironia gli inviati di 90° Minuto) composta da lui da Napoli e poi da Bubba da Genova, Giannini da Firenze, Castellotti, Barletti da Torino, Gard da Verona, Strip poli da Bari, Giacoia da Catanzaro, Carino da Ascoli, Necco ricordava con affetto: «Eravamo una mostra di pupazzoni, ma eravamo liberi, noi non abbiamo mai avuto paura di un presidente di calcio: Ferlaino non era amico mio… Eppoi c’ era quel gran decapo di Paolo Valenti. Ancora oggi la gente mi ferma e mi dice: Napoli chiama e Milano non risponde. Io rido e li saluto con quel gesto della mano. Ma sì, noi coniavamo slogan». Con un po’ di nostalgia, negli anni più recenti, pensando a quella stagione epica del racconto del calcio, aveva detto: «Le battute che mi venivano meglio erano quelle sui ragazzi di Ferlaino che vincevano e il Milan che buscava». E ancora: «Ma le sente le telecronache? Ormai non so nemmeno se possiamo chiamarle ancora così. Più che raccontare quello che succede in campo ormai i cronisti fanno sfoggio inutile di sapienza e conoscenza. Prendiamo il colpo di tacco. Ecco, ormai quando in campo si vede un colpo di tacco il cronista sente la necessità di ricordare ai telespettatori tutta la storia completa del colpi di tacco aggiungendovi quella dei colpi di tacco realizzati in carriera non solo dal giocatore in esame ma pure da quelli che l’ hanno preceduto». Quella di Necco, giornalista perbene e di talento, è stata una vita intensa, mai noiosa. Pure con qualche pericolo. Un episodio in particolare resta nella memoria. Necco a 90° minuto, nel 1980, raccontò che l’ allora presidente dell’ Avellino, Antonio Sibilia, era andato, accompagnato dall’ allora calciatore brasiliano Juary, a una delle tante udienze del processo in cui era imputato Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizza ta e che durante una pausa Sibilia aveva salutato il boss con tre baci sulla guancia e gli aveva consegnato, tramite Juary, una medaglia d’ oro con dedica («A Raffaele Cu tolo dall’ Avellino calcio»). Poco tempo dopo, il 29 novembre 1981 il giornalista venne gambizzato in un ristorante di Avellino per mano di tre uomini inviati da Vincenzo Casillo detto ‘O Nirone, luogotenente di Cuto lo fuori dal carcere. Su quella sua stagione giornalistica spesa a raccontare il calcio, tempo dopo, Necco chioserà: «Bei tempi, nonostante tutto. E poi vennero i programmi sull’ archeologia, la mia vera passione». La trasmissione sull’ archeologia si chiamava «L’ occhio del Faraone». Il suo modo di raccontare e le sue battute indimenticabili che resteranno, però, sono quelle sul mondo del pallone. Famosa, nel 1986, la sua frase durante i Mondiali di Città del Messico, quando Maradona segna un gol con la mano all’ Inghilterra: «La mano de Dios o la cabeza de Maradona». Il Pibe de Oro risponderà, «Tutte e due». A fine anni Novanta Necco ha condotto per qualche mese pure «Mi manda Raitre», dopo l’ addio al programma di Antonio Lubrano. Poi passerà a Mediaset, dove si occuperà delle dirette dai campi per «Buona Domenica». Il comico Teo Teocoli, che si è ispirato a Luigi Necco per il suo personaggio di Felice Caccamo, ieri ha detto su Necco forse una delle frasi più vere: «Per lui il calcio era felicità». In queste ore, in molti, anche politici, hanno manifestato il loro cordo glio, dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris al Governatore della Campania Vincenzo de Luca, dal parlamentare 5 Stelle Roberto Fico all’ ex Dc Clemente Ma stella. E poi il Napoli Calcio, con il presidente Aurelio De Laurentiis e tutto il club che hanno espresso «profondo cordoglio per la morte del giornalista Luigi Necco: ha raccontato la nostra storia- fino a diventarne parte – sempre con passione e stile inconfondibili». In fondo la voce dei due scudetti del Napoli, 1987 e 1990, a 90° Minuto, è stato lui. Luigi Necco. Con un ritornello di inizio collegamento che è diventato un cult, ricordato ancora oggi: «Milano chiama, Napoli ri.
Addio a Necco, voce del Napoli di Maradona e vittima dei clan
Corriere della Sera
Fulvio Bufi
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È naturale che del giornalista napoletano Luigi Necco, morto ieri a 83 anni, si ricordino gli interventi dal San Paolo, o dal Partenio di Avellino, per 90° minuto, con Paolo Valenti che gli passava la linea e Tonino Carino, Gianni Vasino e Giorgio Bubba ad aspettare dagli altri campi, perché quello era il Napoli di Maradona, e Necco ci metteva di suo il faccione e i ragazzini dietro pronti a far casino, ma solo quando lui dava il segnale facendo ciao con la mano prima di chiudere il collegamento. Sembrava tifosissimo, e invece del pallone non gli importava nulla. Era un cronista, Luigi Necco. Il calcio gli costò due proiettili in una gamba perché, capace com’ era di cogliere l’ essenza delle cose, capì quale fosse il mondo di riferimento dell’ allora presidente dell’ Avellino Antonio Sibilia (quello che portò il calciatore Juary a omaggiare Raffaele Cutolo) e lo disse in trasmissione: qualche giorno dopo gli spararono. Rimase a letto quasi un mese, ma il suo passo strascicato non era conseguenza della ferita. Necco camminava proprio così, però camminava tanto: apparteneva a quella generazione di giornalisti che il telefono lo usavano solo per ordinare le pizze quando c’ era da fare la copertura notturna. Dopo l’ omicidio di Giancarlo Siani firmò per i tg Rai una stupenda inchiesta da Torre Annunziata che inquadrava, con largo anticipo su tutte le indagini, lo scenario in cui era maturata la decisione di uccidere il giornalista del Mattino . Così come era colorito quando si dedicava al calcio, era asciutto e essenziale se raccontava tragedie. E ne ha raccontate tante, non solo il terremoto dell’ Irpinia. Per esempio l’ esplosione della Flobert, la fabbrica dove nel 1975 saltarono in aria tredici ragazzi messi a lavorare con la polvere pirica senza averla mai vista prima, perché, come disse l’ inviato, «non erano più contadini e non erano ancora operai». Durante gli ultimi anni in Rai, Necco si dedicò all’ archeologia. Poi la pensione, che lui però ha sempre tenuto alla larga, e fino all’ ultimo è andato in giro con una piccola videocamera. Perché, diceva, «se capita una notizia bisogna essere preparati».
Necco, l’ ironia in tv Da cantore di Maradona agli spari della camorra
Il Giornale
di; ; Tony Damascelli ; di; ; Tony Damascelli ; uando il Napoli vinceva, Luigi raccontava del pubblico festante e del cielo sopra il San Paolo. Quando Maradona segnava, Luigi narrava, senza enfasi, la danza aborigena Diego Armando. Se ne è andato un pezzo noi, Luigi Necco, giornalista vero, totale, non soltanto sport come si poteva ritenere al tempo bello quel Napoli dell’ Ingegnere, Corrado Ferlaino. Luigi aveva la cultura che è sostantivo smarrito tra i contemporanei, figli saturi erudizione da wikipedia. Il suo sapere andava oltre il calcio d’ angolo e il dribbling, conosceva l’ archeologia e la frequentava, per studio, sul campo, l’ Occhio del faraone è stata la trasmissione televisiva che questo si occupava, tra scavi e scoperte lontane. La domenica Necco era la domenica dell’ altra Italia che aspettava il collegamento con Napoli, per vedere Luigi accerchiato dai tifosi del Ciuccio e lui, in mezzo, a sgomitare con eleganza, chiedendo qualche secondo in più a Paolo Valenti nel Novantesimo Minuto che era c
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di Tony Damascelli Q uando il Napoli vinceva, Luigi raccontava del pubblico festante e del cielo sopra il San Paolo. Quando Maradona segnava, Luigi narrava, senza enfasi, la danza aborigena di Diego Armando. Se ne è andato un pezzo di noi, Luigi Necco, giornalista vero, totale, non soltanto di sport come si poteva ritenere al tempo bello di quel Napoli dell’ Ingegnere, Corrado Ferlaino. Luigi aveva la cultura che è sostantivo smarrito tra i contemporanei, figli saturi di erudizione da wikipedia. Il suo sapere andava oltre il calcio d’ angolo e il dribbling, conosceva l’ archeologia e la frequentava, per studio, sul campo, l’ Occhio del faraone è stata la trasmissione televisiva che di questo si occupava, tra scavi e scoperte lontane. La domenica di Necco era la domenica dell’ altra Italia che aspettava il collegamento con Napoli, per vedere Luigi accerchiato dai tifosi del Ciuccio e lui, in mezzo, a sgomitare con eleganza, chiedendo qualche secondo in più a Paolo Valenti nel Novantesimo Minuto che era come il pacco di Babbo Natale sotto l’ abete. Una volta, quando il Napoli superò 3 a 0 il Milan, Luigi concluse il suo intervento con la frase storica: «Milan chiama, Napoli risponde», agitando, con la mano destra a mo’ di saluto, le tre dita dei gol nella rete rossonera. Poteva permetterselo, per ironia e sfottò tipiche dei napoletani. Poteva permetterselo perché sapeva ironizzare anche con se stesso e con la categoria: «Chi nun sape fa niente fa ‘o giurnalist, chi non sape fa ‘o giurnalist fa ‘o giurnalist sportivo», lo ripeteva con la smorfia sulla bocca e dissacrando il mito di chi si ritiene depositario del verbo, raramente del complemento oggetto e del predicato. Al mondiale messicano dell’ Ottantasei, quello del trionfo argentino e di Maradona, viaggiava in coppia con Gian Piero Galeazzi che ha ricordato tra le mille zingarate negli stadi e negli spogliatoi di mezza Italia, quando si smarrirono con l’ automobile e finirono in un paesino abitato da indiani messicani che li accolsero come eroi mandati dal cielo, offrendo una zuppa fumante di carne. Trattavasi di perro, dunque cane, Necco e Galeazzi, soprannominato non per quello Bisteccone, ingoiarono la minestraccia, salutarono la comitiva e si portarono appresso, in eterno, il sapore improbabile. Luigi si è occupato di calcio e, soprattutto, di fatti quotidiani, girando con una piccola telecamera per le strade dei terremoti e degli abusi, camorra e affini. Per questo, quando raccontò in tivvù della medaglia d’ oro donata dal presidente dell’ Avellino Antonio Scibilia, per mano di Juary, a Raffaele Cutolo, venne raggiunto da tre colpi di pistola, all’ uscita di un ristorante di Mercogliano, per ricordargli di tenersi alla larga dalla vicenda, ribadita con una gentile scritta sul parabrezza della sua vettura:«Vulive fa o criticon’ e?». Necco non fece il martire e nemmeno la vittima. Ha proseguito la sua battaglia civile, smentendo la sua battuta: non sapendo fare niente ha fatto benissimo il giornalista.
Mondadori fa il pieno di utili: +35%
Il Giornale
Maddalena Camera ; Maddalena Camera
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Maddalena Camera Mondadori ha chiuso il 2017 con ricavi pari a 1,268 miliardi, registrando un incremento (+0,4%) rispetto al 2016, (su base pro-forma -0,9%). L’ utile, pari 30,4 milioni, è balzato invece del 35% rispetto all’ anno precedente. A trainare i conti è stata l’ area Libri, dopo l’ acquisizione del comparto da Rcs. Il settore ormai contribuisce per circa il 70% all’ ebitda di Mondadori, con una marginalità del 14%. Bene comunque anche i periodici in Italia, in recupero di redditività, con un ebitda adjusted pari a 15,4 milioni, in crescita del 47,3% sull’ esercizio precedente. In forte miglioramento poi la posizione finanziaria netta, con una previsione al 2019 inferiore ai 150 milioni rispetto ai 190 attuali. Mentre in Francia i periodici hanno registrato un calo di redditività dal 10% all’ 8,5%, riuscendo a mitigare solo in parte gli effetti della r contrazione del mercato. Proprio per questo motivo l’ ad Ernesto Mauri sta lavorando all’ integrazione delle attività francesi del gruppo di Segrate con quelle di Lagardere e Marie Claire. «Non è facile lavorare su due dossier contemporaneamente – ha detto Mauri- e non abbiamo chiuso la porta in faccia agli altri. Teniamo aperto il discorso, considerato il mercato e la situazione. Anche se la nostra opzione preferita è l’ accordo a tre». Quanto ai tempi, «tutti vorremmo farla rapidamente – ha detto- ma operazioni di questo genere hanno problemi di Antitrust». Tornando all’ Italia nel settore periodici non sono previste novità anche perché il calo della pubblicità su carta è stato bilanciato da un aumento di quella su Internet, grazie all’ importante acquisizione di Banzai. Quanto al dividendo Mauri ha detto che gli azionisti non l’ hanno chiesto. «Avremmo avuto già quest’ anno la possibilità di darlo – ha detto l’ ad – ma preferiamo investire sul nostro futuro». Le stime rilasciate da Mondadori per i prossimi due anni sono, però, apparse prudenti agli analisti e il titolo ha ceduto l’ 1,06% in Borsa.
Rai, adesso si possono assumere figli o coniugi di dipendenti morti
Il Fatto Quotidiano
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I dipendenti della Rai hanno approvato di recente il nuovo contratto che sarà valido fino al 2022. Il precedente era scaduto nel 2013. Una grossa novità – come ha scritto Repubblica.it – riguarda la possibilità di assunzione di coniugi e figli in caso di morte di un dipendente, sia esso un operaio, un impiegato o anche un dirigente quadro. La parte che introduce una forma di aiuto con l’ assunzione dei parenti diretti di un dipendente scomparso, come recita il testo, si applica solo a “situazioni particolari adeguatamente certificate e compatibilmente con le esigenze aziendali e in armonia con il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione”. Il sindacato dei giornalisti Usigrai ha confermato la notizia. Per la verità, norme simili sono previste in diversi contratti di aziende private, ma la Rai, pur essendo una società per azioni, è di proprietà pubblica al 99 per cento. In Viale Mazzini, di solito, si viene assunti per concorso. Mancano ancora le firme di rito – attese entro oggi – affinché l’ accordo abbia efficacia. Per la prima volta dopo il voto del 4 marzo, oggi si riunisce il Cda Rai. Sul tavolo l’ aggiornamento del capitolo previsto dal nuovo contratto di servizio Rai-Mise, il canale in inglese. Dovrebbe essere la presidente Monica Maggioni a presentare una pre-analisi di studio con vari scenari possibili: quello di un canale puro e semplice, quello di una società interna e quello di una società autonoma che sia partecipata da Rai Spa, ma che abbia una gestione indipendente.
L'articolo Rassegna Stampa del 14/03/2018 proviene da Editoria.tv.