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Rassegna Stampa del 10/03/2018

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La scrittura nasce dal sudore

Anna Maria Ortese,scrivere come necessità ineludibile per cercare un altro mondo

Axel Springer, il motore è digitale

Radio, Ter garantisce la neutralità, trasparenza e affidabilità delle indagini commissionate

Regole uguali anche per gli Ott

Chessidice in viale dell’ Editoria

COSÌ LA TURCHIA CANCELLA LA MIA VOCE

Due saloni alternati? Gli editori tentati ma Torino dice no

Se ne va da Torino la soap della Rai bocciata dai lavoratori

La classifica dei quotidiani più diffusi a gennaio (dati Ads) | Prima Comunicazione

La scrittura nasce dal sudore

Corriere di Bologna
HELMUT FAILONI
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Mario Andreose è uno sguardo (color turchese), un sorriso mai eccessivo, un garbo di antiche nobiltà, una (più unica che rara) gentilezza. Un’ eleganza che è cosa d’ altri tempi. E tanta, ma tanta, storia dell’ editoria italiana. Non è corretto citare l’ età del proprio interlocutore, ma quando ti trovi di fronte a uno dei veri eroi della cultura italiana, si può pure fare un’ eccezione. Mario Andreose è nato nel 1934 e può mettere nell’ angolo chiunque, quanto a intelligenza, esperienza, lucidità, velocità di pensiero, e a quel tanto anelato «stare sul pezzo», a far volare i propri racconti, da un recitativo del Don Giovanni mozartiano buttato lì così per dare forza a una frase, al Moravia incazzato con i capiservizio cultura di importanti quotidiani che gli mandavano giornalisti a intervistarlo, che nemmeno avevano letto il suo libro. Andreose parla con la fascinazione dei grandi oratori, quelli che tengono sempre in piedi, e ben tesi, i fili dell’ attenzione. Ho chiacchierato con lui al telefono, mentre era in viaggio in treno, per un’ ora e 45 minuti, in cui non ha perso, nonostante sia caduta la linea almeno quattro volte, nemmeno una parola. Oggi alle 17.30 sarà all’ Archiginnasio, in Sala Stabat Mater, con Furio Colombo e Elisabetta Sgarbi per parlare di un testo del grande semiologo dal titolo, piuttosto esplicativo «Il fascismo eterno», ripubblicato ora da La Nave di Teseo, la casa editrice fortemente voluta da Eco e fondata dallo stesso semiologo con Andreose insieme a Elisabetta Sgarbi. Mario Andreose, partiamo dal testo di Eco, alla luce anche dei risultati di queste elezioni. «È la ristampa di una conferenza che Eco è stato invitato a tenere alla Columbia University». Quando? «Nel 1995, per celebrare i cinquant’ anni della liberazione dell’ Europa». Lei è stato amico di Eco per tutta la vita, ci racconti qualcosa del dietro le quinte di questo libro. «Per lui è stato molto importante quell’ invito negli Stati Uniti, perché visse la liberazione, da bambino, proprio come l’ arrivo degli americani». Conoscendo, almeno un poco, il metodo narrativo di Eco, immagino che il testo sia pieno di piccole esplosioni che spiazzano il lettore. «C’ è il racconto del capitano, di colore, che gli fa scoprire il chewing gum. Poi c’ è la mamma di Eco che lo manda a comperare il giornale per la prima volta». E cosa successe? «Eco in quel momento scoprì che esistevano molti quotidiani e diversi fra loro. Nel senso che ognuno diceva una cosa diversa. Gli si aprì un mondo nuovo…». Nel testo naturalmente non ci sono solo ricordi personali sferzati dalla penna di Eco. «In queste cinquanta pagine Eco analizza le caratteristiche del fascismo, come archetipo di pensiero, di comportamento che può riemergere sotto forme diverse rispetto ai totalitarismi della storia che purtroppo ben conosciamo». La propaganda del male che inizia sempre con la seduzione del bene? «La paura dell’ altro gira sempre intorno a un nazionalismo esasperato. C’ è la frustrazione delle classi sociali meno privilegiate, sulle quali fanno leva i populismi di tutto il mondo». Il libro come sta andando? A livello di vendite intendo. «Bene, molto bene. Siamo stati fortunati. Quando si temeva che in Francia potesse vincere la Le Pen, l’ editore francese di Eco tradusse e pubblicò questo testo. Con un certo successo». Provo a farle fare un salto indietro nel tempo. Lei ha cominciato a lavorare nell’ editoria negli anni Sessanta a Milano. Mille cose sono cambiate nel vostro mondo fino ad oggi, ma le chiederei, qual è la linea di demarcazione, un prima e un dopo, rispetto all’ oggi? «Direi – le parlo del passato – la rivoluzione del libro economico. Mondadori allora aveva inventato gli Oscar e aveva vinto la scommessa portando i libri in edicola. Comprando anche i diritti di molti importanti libri di Einaudi. Trovavi il meglio della letteratura mondiale». Per il resto, rispetto ad allora? «Per il resto è cambiato poco. I lettori che noi chiamiamo forti sono più o meno uguali». Il mercato del libro in Italia? «L’ Italia rientra nelle dimensioni dei Paesi mediterranei ed è lontana da quelli nordici». È pessimista? «No, rispetto a un brutto movimento di flessione negli anni che coincidevano con la crisi del 2008, due anni fa c’ è stata una risalita. E nel 2017, rispetto al 2016, una stabilizzazione del mercato». Secondo lei servono le scuole di scrittura che stanno prosperando un poco ovunque? «Una volta eravamo abituati ad avere gli aspiranti scrittori che mandavano i loro scritti a case editrici e ci sono stati clamorosi casi di distrazioni. Ora, con le scuole, l’ aspirante scrittore può avere invece un contatto diretto con l’ autore di successo». A cosa porta tutto ciò? «A una migliore selezione dell’ offerta». Quanto conta il talento? «Una buona scrittura nasce dal sudore, diceva Edgar Allan Poe. E anche per Eco la pratica era il 90% per poter arrivare a una buona narrazione». Dilemma di sempre: ma conta di più la storia o lo stile di scrittura? «È il punto cruciale della letteratura». Può farci un esempio con dei nomi? «Citerei Gadda e Moravia. Il primo si inerpicava su sublimi esercizi linguistici, su assonanze, il secondo invece su trame e storie. È come la suddivisione in pittura fra astrattismo e realismo». Scusi se insisto, ma questa suddivisione, portata ai giorni nostri, cosa le farebbe scegliere? «Le cito Aldo Busi che privilegia l’ invenzione e le figure retoriche e Sandro Veronesi che invece punta sull’ essere un narratore». Obiettivo di ogni casa editrice è fare buoni libri e venderli. Voi de La Nave di Teseo cosa cercate? «Da sempre l’ ambizione di ogni editore è trovare l’ autore nuovo, mantenendo però ben saldi i rapporti con i suoi, quelli di sempre». Parliamo di quotidiani. Cosa pensa delle pagine di cultura? «Le redazione dedicate alla cultura sono purtroppo troppo ridotte. È raro trovare una buona recensione. Manca l’ autorevolezza». Ci faccia un esempio del passato. «Emilio Cecchi sulla terza pagina del Corriere della Sera scrisse a proposito di Di là dal fiume e tra gli alberi di Hemingway “davvero un brutto romanzo”». Un esempio al contrario? «Beniamino Placido su Repubblica fece la fortuna di Bukowski». E oggi? «Oggi, come critici, apprezzo Lagioia e Di Paolo».

Anna Maria Ortese,scrivere come necessità ineludibile per cercare un altro mondo

Il Secolo XIX (ed. Levante)
CARLO DI FRANCESCANTONIO
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HO CONOSCIUTO Anna Maria Ortese vent’anni fa, attraverso un articolo scritto da Giorgio Bertone e comparso su Il Secolo XIX l’11 marzo 1998. Un omaggio alla memoria dell’autrice, mancata duegiorniprimanellacittàdi Rapallo. Ultima dimora, dal 1975 scelta come rifugio. Una vita, quella dell’Ortese, appesantitadadifficoltàeconomiche e sofferenze emotive, sopportatee superatecon una resilienza donata dal Cielo.Lanecessitàdiscrivere, l’unicopuntofermodellasua intera esistenza. Diceva Anna Maria Ortese: scrivere, se non è pura vanità o lusso è cercare un altro mondo. Cercarlo disperatamente. E a questa posizione è sempre stata fedele. L’esordio nella narrativa avvenne nel 1937 con Angelici dolori, racconti pubblicati da Bompiani su consiglio di Massimo Bontempelli, scrittore noto e nel panorama di quell’epoca. Primo passo di un percorso che porterà l’Ortese a scrivere di professione, collaborando anche con la stampa nazionale. A tal proposito viene da citare il viaggio in Russia fatto in treno nel 1954, per un servizio su Mosca e Leningradocommissionatole da L’Europeo. Reportage in forma di racconto, pubblicato in libro quasi trent’anni dopo, che le valse il secondo posto al premio Città di Rapallo per la donna scrittrice del 1985. Le sue Opere, patrimonio culturale che vorrei il Tempo avesse la bontà di preservare, sempre poco considerate dal pubblico nonostante i riconoscimenti dei più alti critici e i premi letterari come il Viareggio, nel ’53 con la raccolta di raccontiecronacheIlmare non bagna Napoli e lo Strega nel ’67 per il romanzo Poveri e semplici. Il suo più grande dolore: il silenziochecalòintorno a Il porto di Toledo, pubblicato da Rizzoli nel 1975 e considerato dalla scrittrice romanzo della sua vita. Riferendosi ai suoi lavori la stessa Ortese ha dichiarato: un solo libro ho scritto. Tutta la sua scrittura eisuoi sforzi erano confluiti nelle pagine di questa biografia immaginaria e l’indifferenza con la quale fu accolta aprì una delusione che la spinse alla scelta di un esilio simbolico, che trovò nella Liguria l’ultima stazione. Altri anni difficili, ancora più isolata nonostante la fitta corrispondenza con le firme più autorevolidell’editoriaedella critica. Ma dalla seconda metà degli anni Ottanta una nuova rinascita:le prestigiose edizioni Adelphi hanno iniziato a ristampare i titoli fuori commercio eapubblicarei nuovi,finoa farla conoscere al grande pubblico con il romanzo Il cardillo addolorato, ambientato in una Napolidel Settecentovisionaria e magica. Ad oggi il suo più grande successo di vendite. In questo secondo tempo dellavitadiAnnaMariaOrtese ancheunaltro editore è da citare: Edizioni Empirìa, che haraccoltotuttelepoesienei libri Il mio paese è la notte e La luna che trascorre. Due perle che esplorano un mondo privato, diverso dalla narrativa che sipotrebbedescrivere come un cantiere emotivodentroilqualel’Ortesesi sfogava e attingeva. Dall’11 marzo 1998, per me, che ho sempre trovato nei libri rifugio e conforto, che sono sempre stato colpitoeattrattodallevitedifficili, è stato l’inizio di un viaggio sulle traccediogni suolibroe ditestimonianze che mi permettessero di avvicinarmi il più possibile a questa figura che da subito ho sentito amica. Quel pomeriggio sono stato nella biblioteca comunale di Santa Margherita e lì ho preso in prestito Il mare non bagna Napoli. Questa lettura,laprimafinestrasudi mondoletterariomisterioso, visionario, metafisico e struggente.Semprepiùcomplesso, pagina dopo pagina, addentrandosi nell’umanità, nell’amore e nei dispiaceri di assistere alla distruzione del mondo da parte dell’uomo stesso. Di Anna Maria Ortese si è spesso semplificata la complessitàdellasuanatura, definendola una nomade e inquieta, si parlò più della legge Bacchelli che la salvò dalla povertà che della letteratura attraverso la quale ha provato a dialogare con il Mondo. Oggi resta la sua Opera, che è sopravvivenza a questo orribile, disumano e mediocre presente. C’è tanta pietà nelle pagine dell’Ortese, che può aiutare le nuove generazioni a sviluppare la sensibilità. L’invito, quindi, è riscoprirla. Una preghiera per il Comune di Rapallo: caro sindaco Carlo Bagnasco, impegnatevi nel dare valore a una autrice che per anni è stata vostra concittadina. Nella vostra città,oggi, ci sonoappenaigiardini(intitolati senza targa) sopra piazzale Escrivà e una targa sul palazzo di via Mameli (accanto all’insegna dell’Ekom), ingiustamentecontestatadai condòmini. Ricordatela, con un convegno annuale o delle iniziative culturali, ma soprattutto con l’affetto e l’applauso che in vita le è stato spesso negato. L’autore è uno scrittore

Axel Springer, il motore è digitale

Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Arrivare a generare nel 2017 il 71,5% del proprio fatturato col digitale (contro il dato 2016 fermo a quota 67,4%), l’ 87,1% dell’ intera raccolta pubblicitaria (era l’ 84,8%) e l’ 80% dell’ ebitda adjusted (72,5%): sono i tre indicatori che hanno permesso a Mathias Döpfner, storico a.d. del gruppo editoriale tedesco Axel Springer, di poter dire che «il 2017 è stato l’ anno migliore nella storia aziendale. Abbiamo raggiunto tutti i traguardi per l’ esercizio. Siamo ora una società digitale in crescita». L’ anno scorso, in effetti, l’ editore tra gli altri dei quotidiani Bild e Die Welt ha registrato quasi 3,6 miliardi di euro di ricavi, in crescita dell’ 8,3%, un ebitda adjusted pari a 645,8 milioni a +8,5%, fino all’ ultima riga del bilancio 2017 che mostra un utile di 378 milioni, seppur in contrazione del 16%. Ultimo indicatore che, comunque, non ha ostacolato di aumentare il dividendo a 2 euro dai precedenti 1,9 euro per azione. I numeri al rialzo di Axel Springer non sono, però, solamente il frutto di un impegno sul digitale iniziato tempo fa ma anche il risultato di scelte editoriali: intanto l’ acquisizione del sito globale d’ informazione in lingua inglese Business Insider (nella Penisola edito da Gedi, gruppo di Repubblica) che sta crescendo «notevolmente» secondo l’ editrice (+45% nei ricavi), poi la joint venture nella versione europea dell’ americano Politico.com e ancora l’ app di news Upday con Samsung. Ma non vanno dimenticati gli investimenti sul mercato nazionale a sostegno delle edizioni online di Bild e Die Welt, considerando che quest’ ultimo si è integrato a inizio 2018 col canale tv N24. Quotidiano, sito online e tv sono adesso tutti integrati sotto il marchio ombrello Welt. Sempre online ma sul fronte delle dismissioni, piuttosto che delle acquisizioni, Axel Springer ha venduto il portale internazionale aufeminin.com (versione tricolore compresa). Il futuro dei tedeschi non è comunque tutto rosa e fiori e, per l’ anno in corso per esempio, hanno rivisto al ribasso le previsioni. Motivo per cui il titolo è stato oggetto di forti vendite. In particolare, il fatturato totale è atteso in aumento ma «con una crescita contenuta a una cifra» così come l’ ebitda adjusted è stimato «in crescita contenuta ma a doppia cifra». Proiezioni che gli analisti non hanno apprezzato (e nemmeno gli operatori di Borsa). Quello che il principale editore dell’ Europa continentale si aspetta per i prossimi mesi è una raccolta pubblicitaria che aumenta a doppia cifra mentre dovrebbero limare al ribasso i ricavi editoriali, scontando il deconsolidamento di alcune testate cartacee come in Slovacchia (ricordando che i mercati orientali del Vecchio continente sono stati negli anni un campo di espansione strategico per Berlino). Sempre secondo Axel Springer, l’ offerta di servizi marketing verrà in parte penalizzata. Infine, giusto per avere un’ idea delle proporzioni e dell’ importanza della pubblicità per l’ editore del tabloid popolare Bild rispetto ad altri big dell’ editoria internazionale come il New York Times (più spostato sui ricavi editoriali, vedere ItaliaOggi del 9/2/2018), Axel Springer dipende molto dalle inserzioni, seppur trasversalmente ai settori editoria, marketing e servizi, generando circa 2,5 miliardi di euro complessivi sui 3,5 miliardi complessi fatturati.

Radio, Ter garantisce la neutralità, trasparenza e affidabilità delle indagini commissionate

Italia Oggi
NICOLA SINISI, PRESIDENTE TAVOLO EDITORI RADIO SRL
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Nell’ articolo «Radio, indagini ascolti nel caos» a firma di Claudio Plazzotta e pubblicato su ItaliaOggi in data 7 marzo 2018, viene accreditata la tesi secondo la quale «la ricerca messa a punto da Ter – Tavolo Editori Radio continua a non piacere ad alcuni editori (Mediaset e Rai, in primis) ovvero quelli che si ritengono penalizzati dalle rilevazioni delle audience, mentre, naturalmente, viene difesa da altri gruppi come Rtl 102,5, che invece ne rimarcano la scientificità e l’ efficacia per tutto il mercato». Nell’ articolo viene inoltre data evidenza della circostanza secondo la quale «i detrattori dell’ indagine Ter si sono nuovamente inalberati nel mese di febbraio, quando sono arrivati i nastri degli ascolti di maggio-dicembre 2017 da destinare ai centri media per la pianificazione degli investimenti pubblicitari. Molti editori hanno trovato discrepanze esagerate e hanno fatto pressione per un cambio di passo». Si afferma anche che « al mercato, interessano i dati di audience veri. Mentre al singolo editore, ed è abbastanza normale, interessa portare a casa i dati di audience migliori per sé». In relazione a quanto indicato si precisa che Ter – Tavolo Editori Radiofonici Srl ha affidato (con voto unanime del proprio consiglio di amministrazione e della assemblea dei soci ) la realizzazione dell’ Indagine nazionale proprietaria sugli ascolti radiofonici (2017 e 2018) a due primari Istituti di ricerca, GfK e Ipsos, e ciò a garanzia della massima obiettività e trasparenza. Ter ha infine commissionato a Reply Consulting (sia per l’ Indagine 2017 che 2018) le attività di analisi e controllo sulle rilevazioni eseguite dagli istituti. L’ indagine 2017 (analogamente all’ Indagine 2018) risulta soggetta alla vigilanza di Agcom e le metodologie di rilevazione (si ripete, condivise unanimemente da tutti i soci e dai membri del consiglio di amministrazione) sono state oggetto di specifico deposito presso la stessa Agcom, conformemente alle vigenti disposizioni normative e regolamentari ed a presidio della massima obiettività e trasparenza. Riteniamo quindi fuorviante accreditare la tesi (oggettivamente infondata) secondo la quale la ricerca 2017 avrebbe «favorito o penalizzato» alcuni editori rispetto ad altri; la vostra rappresentazione tende infatti ad accreditare la tesi (anch’ essa del tutto infondata) secondo la quale la ricerca commissionata dalla nostra società agli istituti indicati e resa disponibile in favore di tutte le emittenti iscritte risulterebbe priva dei requisiti di neutralità, obiettività ed affidabilità scientifica e statistica. Analogamente, riteniamo lesivo affermare che « al mercato, interessano i dati di audience veri. Mentre al singolo editore, ed è abbastanza normale, interessa portare a casa i dati di audience migliori per sé», accreditando così la tesi che a Ter non interesserebbero i dati di audience veri. Ter rappresenta pressoché integralmente l’ emittenza radiofonica nazionale e locale italiana ed è da sempre focalizzata (questa è la sua missione) a garantire la massima neutralità, trasparenza, qualità ed affidabilità scientifica e statistica delle indagini commissionate. © Riproduzione riservata.

Regole uguali anche per gli Ott

Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Domanda. Maurizio Costa, presidente della Fieg-Federazione italiana editori di giornali, l’ arrivo del digitale è stato il secondo terremoto per la carta stampata dopo l’ avvento della tv. Le scosse si stanno calmando? Risposta. Quella di internet è stata la più grande discontinuità di sempre nel nostro settore. Negli ultimi dieci anni ha provocato una profonda trasformazione e i dati dell’ editoria quotidiana e periodica hanno subito una flessione rilevante e costante nel tempo. Dal 2007 allo scorso anno c’ è stato un crollo dei ricavi totali delle diffusioni superiore al 50%, mentre la flessione dei ricavi pubblicitari è arrivata addirittura oltre il 60%. La prima parte di questo calo si può attribuire alla crisi economica, quella cominciata nel 2008/2009, ma questa situazione è continuata nel tempo. Mentre altri media hanno avuto un assestamento, non è stato così per quotidiani e periodici. D. Come mai, pur essendo essi stessi in molti casi entrati nel mercato digitale? R. Perché c’ è stato un trasferimento delle risorse, diffusionali, ma soprattutto pubblicitarie, verso altri media. È l’ elemento che ha caratterizzato gli ultimi anni: lo spostamento della pubblicità su media digitali che hanno fatto la loro comparsa sul mercato e in particolare sugli over the top. Se facciamo 100 la raccolta totale in Italia abbiamo al primo posto la tv, con una quota che ha subito una flessione rispetto agli anni passati ma che resta di circa 4 miliardi di euro su un mercato di poco inferiore ai 10 miliardi. La stampa alla fine dell’ anno scorso aveva una raccolta di poco superiore al miliardo, dai 3,2 miliardi di dieci anni fa. Per gli Ott il dato ufficiale non esiste, ma si stima che a fine 2017 i loro ricavi pubblicitari valessero tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro, ovvero circa il 30% del totale. In un mercato sostanzialmente stabile, la flessione degli altri media è dipesa dal nuovo spazio guadagnato dagli Ott ed è una situazione che ha pesato soprattutto sul settore editoriale. D. Cosa dovrebbero fare gli editori? R. Sarebbe sbagliato e antistorico ritenere di poter tornare in un mercato in cui si riesca a far retrocedere questi nuovi importanti protagonisti. All’ interno, però, di un sistema competitivo servono trasparenza e definizione di regole coerenti. La trasparenza è necessità di tutti, inserzionisti compresi, non solo degli editori. Non per niente insieme all’ Upa (Utenti pubblicità associati, ndr), su sua iniziativa, e con altre sei associazioni del sistema dei media, abbiamo realizzato un Libro bianco sul digitale che affronta, tra l’ altro, proprio gli aspetti legati alla correttezza e alla trasparenza. D. Regole che riguarderebbero anche le tasse… R. Il tema delle regole fiscali è il secondo aspetto. Quando sul mercato c’ è una presenza di tale livello il problema va posto. In Parlamento sono state presentate diverse proposte di web tax. Non entro nel merito dei meccanismi tecnici e delle modalità di applicazione di norme coerenti anche a livello europeo, ma si tratta di risorse importanti da recuperare e riportare sul mercato e che possono essere usate per modernizzare l’ editoria. La concorrenza è possibile fra player che seguono le stesse regole, non è possibile che noi adottiamo la trasparenza fiscale e loro fatturino in Irlanda. D. C’ è la possibilità che si arrivi a un intervento governativo o meglio dell’ Unione europea? R. Stiamo portando ovviamente avanti queste richieste sia verso gli interlocutori istituzionali italiani sia a livello europeo, dove Carlo Perrone è presidente dell’ Enpa, l’ associazione europea degli editori di quotidiani. Il lavoro è lungo, ma c’ è una sensibilità crescente verso questi temi. Forse gli stessi Ott si stanno rendendo conto che la misura è colma e che è necessario, e forse utile anche per loro, rientrare in un sistema di maggior trasparenza. Il problema è a livello internazionale e vi entrano in gioco interessi ampi e articolati. Per esempio, sulla fiscalità Stati Uniti ed Europa hanno visioni diverse. Io auspico che si parta da una maggiore coerenza all’ interno dell’ Ue, con condizioni d’ impresa comparabili tra i membri dell’ Unione. D. Nel frattempo cosa dovrebbero fare gli editori? R. Penso che gli editori stiano affrontando una situazione molto complessa con un atteggiamento concreto e pragmatico, senza aspettare soltanto soluzioni dall’ alto. Un esempio per tutti. Con gli Ott, verso i quali sono stato molto esplicito, abbiamo potuto raggiungere un accordo commerciale, nello specifico con Google. Con Facebook è molto più complicato. Abbiamo avviato tavoli importanti su cui Google ha investito: revenue sharing su alcuni suoi servizi (Google Play edicola, ndr), un tavolo molto avanzato sul fronte dei dati, collaborazioni contro la pirateria. Si può e si deve lavorare con questi soggetti sul piano operativo, ma senza abdicare ai principi. Boston Consulting Group stima che l’ accordo con Google porterà nel triennio risorse tra i 40 e i 50 milioni di euro. Potrebbe sembrare strabico chiedere con forza che vengano applicate da tutti gli operatori le medesime regole, e ripristinati tra i competitor comportamenti corretti e coerenti, e poi aprire delle collaborazioni, ma in realtà è una prova di pragmatismo. D. Cosa pensa dell’ azione del governo uscente sul fronte dell’ editoria? R. Voglio sottolineare che dal governo abbiamo avuto disponibilità e attenzione e che Luca Lotti, prima da sottosegretario e poi da ministro, ha portato avanti una serie di interventi per il settore che hanno condotto a risultati positivi. Penso al Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione, alla liberalizzazione delle edicole e alla legge sul credito imposta per gli investimenti incrementali in pubblicità, provvedimento quest’ ultimo su cui stiamo aspettando il parere del Consiglio di stato, un ultimo miglio che sta diventando urgente. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Il Castoro prende la maggioranza di Tunuè, progetto sul graphic novel. Alleanza nel settore del graphic novel, ovvero del romanzo a fumetti, un comparto che sta conoscendo oggi una fase di grande vitalità artistica e culturale, in espansione nel mercato editoriale, non solo italiano. Tunué ed Editrice Il Castoro hanno annunciato di voler unire le forze per creare un polo innovativo che possa espandersi anche all’ estero. Per cominciare, Il Castoro acquisirà una partecipazione di maggioranza in Tunué, «nel rispetto della sua autonomia editoriale e commerciale e della compagine aziendale che rimane invariata», si spiega in una nota. Tunué, nata nel 2004 e con un fatturato da 1,2 milioni lo scorso anno, potrà contare sull’ esperienza, l’ apporto economico e finanziario di Editrice Il Castoro per sviluppare e potenziare il proprio progetto editoriale. Il Castoro, fondata nel 1993 e quinto editore per ragazzi con 11,5 milioni di fatturato nel 2017, potrà contare su un editore che è tra i pionieri del mercato del fumetto e graphic novel italiano. Casta Diva Group, accordo da 400 mila euro per uno spot nel consumer goods. Casta Diva Group, multinazionale attiva nel settore della comunicazione quotata su Aim Italia, si è aggiudicata, nell’ ambito di una gara internazionale, un contratto per la produzione di uno spot pubblicitario per un cliente attivo nel settore consumer goods. Il contratto, del valore di 400 mila euro, si inserisce in un rapporto già consolidato tra Casta Diva Group e il cliente. La produzione, che avrà una durata di quattro settimane, sarà realizzata in Sud Africa coordinata dall’ ufficio Casta Diva Pictures di Londra che si è aggiudicato la commessa. Facebook trasmetterà in esclusiva 25 partite della Major League di Baseball. Facebook si è aggiudicata i diritti esclusivi di streaming per 25 partite della Major League Baseball americana. Si tratta della prima trasmissione nazionale esclusivamente in digitale per la lega. Le partite saranno disponibili su Facebook Watch e inizieranno il 4 aprile con il match tra i Philadelphia Phillies e i New York Mets. Inoltre, il colosso dei social media ha anche siglato un nuovo accordo di licenza con Warner Music. L’ intesa permetterà agli utenti dello stesso social e di Instagram di pubblicare video o inviare messaggi musicali con le canzoni degli artisti della casa discografica, a partire da Ed Sheeran e Bruno Mars. Negli ultimi mesi, Facebook aveva già raggiunto accordi simili con altre etichette, per esempio con Universal Music, la casa discografica leader al mondo, e anche con Sony/ATV, proprietaria del più importante catalogo editoriale. Twitter vuole che tutti abbiano un profilo verificato. Twitter vuole profili certificati per tutti e sta lavorando per estendere il suo segno di spunta di verifica blu a tutti gli utenti, non solo ai profili di personalità pubbliche. Lo ha rivelato il ceo del social Jack Dorsey nel corso di una diretta Periscope, a cui ha partecipato anche il product director di Twitter David Gasca, che si occuperà dell’ operazione di riordino del processo di verifica degli account. «L’ intenzione», ha detto Dorsey, «è di aprire la verifica a tutti e farlo in un modo scalabile». L’ iniziativa è nata dalla constatazione che il processo di verifica di Twitter non ha funzionato e che è necessario ripensarlo. Originariamente destinato a distinguere tra account Twitter reali e finti di celebrità di alto profilo, il segno di spunta blu è diventato un simbolo di credibilità e status: «un problema» lo ha definito Gasca, perché la verifica dell’ identità si è confusa con una sorta di certificazione di approvazione dell’ azienda. Le fake news corrono sul web più che la verità. Le menzogne, almeno sul web, si diffondono più rapidamente e in modo più capillare che la verità: è quando dimostra un nuovo studio sulle fake news che spiega anche il perché: oltre a diffondere un messaggio nuovo (anche se falso), parlano alla pancia degli individui. Le fake news dunque portano con sé un danno duplice: non solo veicolano messaggi falsi che possono influenzare il funzionamento delle democrazie, ma si trasmettono più velocemente e in modo più capillare. Lo studio ha analizzato migliaia di rumors, veri e falsi, circa 126 mila, che si sono diffusi a cascata su Twitter dal 2006 al 2017, ritwittate da 3 milioni di persone. Ebbene le fake news verificate hanno raggiunto più persone che la verità: l’ 1% più diffuso di questa montagna di bufale si è propagato tra le 1.000 e le 100 mila persone, mentre la verità raramente ha raggiunto più di 1.000 individui. Il falso si è anche propagato più velocemente della verità. Barack Obama in trattative con Netflix. L’ ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama potrebbe produrre contenuti originali su Netflix o moderare assieme a sua moglie Michelle una serie di appuntamenti sulla piattaforma di streaming tv, con l’ obiettivo di dare spazio a «storie ispiratrici». A riportarlo il New York Times, secondo il quale le trattative per chiudere l’ accordo con la società sarebbero già in fase avanzata. Il quotidiano non riferisce verso quali produzioni sarebbe orientati gli Obama, ma potrebbe trattarsi di fornire all’ ex presidente e a sua moglie una piattaforma per comunicare con i 117 milioni di abbonati di Netflix. Secondo il Times lo spettacolo potrebbe vedere il presidente Obama in chiave di moderatore su questioni chiave legate alla sua presidenza, mentre un altro potrebbe coinvolgere Michelle su questioni (come la nutrizione) di cui si è occupata quando era First Lady.

COSÌ LA TURCHIA CANCELLA LA MIA VOCE

La Repubblica
ASLI ERDOGAN
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Partecipando a un dibattito in occasione del Summit di Ginevra sui diritti umani ho vissuto una delle esperienze più devastanti mai provate dai tempi del mio arresto. Accennando alla mia carriera letteraria per presentarmi al pubblico, il moderatore ha detto che una delle mie opere è stata tradotta in nove lingue, senza aggiungere altro. Pur perplessa, perché i miei libri sono stati tradotti in più di venti lingue, non ho badato alla cosa più di tanto. La dolorosa verità l’ ho appresa molto dopo, rientrata in albergo, controllando le note biografiche che appaiono sui miei libri. Il mio editore in Turchia ha modificato il mio Curriculm vitae mentre ero in carcere. Invece di aggiornarlo lo ha ridimensionato, fermandosi al 2003! Dal 2003, come era in origine specificato nel CV, le mie opere sono state tradotte in svariate lingue, dall’ inglese all’ arabo e pubblicate da editori importanti come Actes Sud (Francia), Gyldendal (Norvegia), Soft Skull (Usa), Keller (italia) e tanti altri. “Kirmizi Pelerinli Kent” (“La città dal mantello rosso”) è stato inserito nella collana MARG, fiore all’ occhiello di Gyldendal, assieme alle opere di autori come Hélène Cixous e W.G. Sebald, nonché tra i sette romanzi scelti a rappresentare la letteratura turca contemporanea nella “Biblioteca turca” in lingua tedesca. Più di 200 recensioni sono apparse su quotidiani e riviste letterarie del calibro di Le Monde e Die Welt. Sono stata inserita tra i “50 scrittori del futuro” dalla rivista francese Lire e insignita di sei premi letterari tra cui “Sait Faik”, il più importante in Turchia, e il “Words Without Borders Prize” in Norvegia. Sono stata derubata di tutto questo. Vi rammento che in Turchia per dieci anni la mia opera letteraria è passata sotto silenzio. La stampa turca ha dato pochissimo spazio ai premi e ai riconoscimenti accademici che ricevevo. Se un autore contemporaneo veniva paragonato a Kafka finiva in prima pagina, quando è stato il mio caso nessuno ne ha parlato. Il mondo letterario tradizionalmente sminuisce le autrici, ridicolizzandole e banalizzandole. Ma se tutto ciò si associa alla deliberata scelta da parte delle massime autorità di cancellare un’ autrice, come nel mio caso, allora si tratta di un crimine, contro la letteratura in primo luogo. Forse non sarei stata arrestata se dal mio CV non fossero state cancellate tante voci, in passato e persino nel presente. Ad oggi i miei libri sono stati tradotti in più di venti lingue, i testi in circa 40, e ho ricevuto più di 25 premi letterari e per i diritti umani, tra cui il premio Simone de Beauvoir, il premio Erich Maria Remarque e il premio della Fondazione culturale europea. Le mie opere sono state commentate da autori di grande prestigio come Ian McEwan, Carsten Jensen, Orhan Pamuk, Günther Wallraff. Vi prego di non tener conto delle note sull’ autore e delle recensioni citate nelle edizioni turche dei miei libri. Credo che non esista al mondo una persona immune alle etichette. Vi prego di non collaborare con le enormi forze attive contro di me, che non sono rappresentate solo dal regime totalitario, ma da ogni metodo e mezzo di oppressione, discriminazione, condanna e cancellazione più mite e subdolo. La mia vita, non è una manciata di palline con cui chiunque può fare il giocoliere. Né lo sono le mie parole. © RIPRODUZIONE RISERVATA Asli Erdogan è una delle più importanti scrittrici in Turchia. Tra i suoi libri tradotti in Italia “Il mandarino meraviglioso” (Keller). Ha ricevuto il premio Simone de Beauvoir per la libertà delle donne.

Due saloni alternati? Gli editori tentati ma Torino dice no

La Repubblica

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L’ ipotesi accende la fiera di Milano. Lagioia: “Non scherziamo” MILANO Ma è qui la festa del libro? Invece di godersi la festa – i milanesi a FieramilanoCity sono venuti, non è il mortorio di Rho dell’ anno scorso – i grandi editori sembrano concentrarsi sul portafoglio, che rischia di uscirne un po’ ammaccato. Non perché le cose vadano male, è troppo presto per fare i bilanci. Ma i grandi publisher sanno già che tra due mesi dovranno replicare i costi per traslocare al salone torinese. E questo scatena la fantasia. Perché non fare un anno a Torino e un anno a Milano? L’ idea era stata lanciata su Repubblica, tra tante altre ipotesi, dal timoniere di Mondadori, Enrico Selva Coddé. Ora sembra piacere anche a Stefano Mauri, il dominus di Gems che evoca gli esempi del Brasile e della Spagna. Che dite, facciamo l’ alternanza? Un anno qui, un anno là? E tutti giù a discutere. Peccato che a Torino non ci pensino proprio. Il presidente della Regione Chiamparino e l’ assessora regionale alla Cultura replicano con un comunicato raggelante: «Stiamo lavorando alla nuova edizione. E stiamo lavorando alacremente per dare continuità al Salone nazionale di Torino». E la parola “nazionale” spicca come se fosse scritta in rosso. Non che a Torino le cose siano semplici: devono dare vita a una nuova società che metta insieme una rappresentanza di impresa cittadina e soggetti privati nazionali. Inoltre ci sono da estinguere i debiti della passata gestione. Non è una strada in discesa, ma ne vale la pena sia sul piano politico che su quello economico (il notevole indotto per la città). Soprattutto sembra molto motivato il gruppo guidato da Nicola Lagioia, anche se talvolta qualcuno ha la sensazione di lavorare intensamente al software mentre all’ hardware nessuno ci pensa. «L’ alternanza, ma vogliamo scherzare?», sibila lo scrittore che ieri si è affacciato a Tempo di libri per ricordare in un incontro il suo amico Alessandro Leogrande. Che senso avrebbe rompere la continuità di una storia che dura da trent’ anni? Come chiedere a un quotidiano di uscire a giorni alterni. Ma qual è il paradosso di fondo? Che il pasticcio del doppio salone – nell’ arco di due soli mesi – è nato dalla volontà dei grandi gruppi editoriali, ossia Mondadori ma soprattutto Gems. Che oggi rileggono a proprio piacimento la storia passata: fu Torino a metterci nelle condizioni di scappare. Vero, per una prima fase. Ma poi ci fu la mediazione di un ministro della Repubblica, Dario Franceschini, che lanciò un appello accorato soprattutto agli editori più importanti: trovate un accordo, un doppio salone sarebbe assurdo e dannoso. La risposta dell’ Aie, presieduta allora da Motta? Noi ci facciamo la nostra fiera. E così è stato. Poi a Torino, visto il successo, quest’ anno sono stati costretti a tornare. E ora tutti a piangere sui costi raddoppiati. Fin qui la cronaca. Ma in un paese incline ai vuoti di memoria, capita che Stefano Mauri, l’ editore di Pasolini e Gadda, si rifiuti di rispondere alle domande della cronista colpevole di una ricostruzione a lui non gradita. La colpa è di Repubblica se gli editori sono divisi, arriva a dire in sala stampa in una ricostruzione lunare. A Ricky Levi tocca ora risolvere il pasticcio, ereditato dal predecessore. Aspettiamo l’ esito di Torino, dice, pensando ai visitatori e alle difficoltà societarie. Se poi tutto va per il meglio, si potrebbero mantenere le due fiere, con qualche aggiustamento temporale. «In fondo esistono due pontefici, non possiamo avere due saloni?». Purché i toni si smorzino. E ci si goda la festa, se davvero c’ è. – s.fio. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Se ne va da Torino la soap della Rai bocciata dai lavoratori

La Stampa
GIUSEPPE BOTTERO
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Ha vinto chi voleva ribaltare il tavolo. Dopo un braccio di ferro durato settimane, i lavoratori della Rai bocciano l’ accordo per girare a Torino la soap «Il paradiso delle signore», un progetto da 180 puntate che traslocherà in un’ altra sede: Napoli, oppure Bologna. Il verdetto arriva dopo un’ assemblea drammatica, tra appelli e spaccature. Ma il risultato della votazione è chiaro: quarantanove addetti si sono espressi a favore dell’ intesa, ottantasei hanno scelto il no e gli altri trentasette si sono astenuti. La reazione del Comune, che aveva tentato di mediare convocando un vertice con azienda e sindacati è dura. «Siamo amareggiati, nell’ incontro che abbiamo avuto a Palazzo Civico si era trovata una bozza d’ accordo, la Rai aveva aperto ai lavoratori. Non possiamo che prendere atto di questa decisione, riuniremo al più presto un tavolo con l’ azienda per ragionare sul futuro del centro di produzione, perché è indispensabile andare avanti» dice l’ assessora alla Cultura Francesca Leon. Un rammarico condiviso con la Regione. «Dispiace constatare l’ esito di questa vicenda, che penalizza il Centro di produzione Rai di Torino e, in una fase difficile sul piano occupazionale, porta via altri posti di lavoro dalla città. Naturalmente restiamo a disposizione per provare a proseguire il dialogo con le parti» spiega l’ assessora alla Cultura Antonella Parigi. E il senatore Cinque Stelle Alberto Airola, che il settore lo conosce bene, attacca i sindacati: «Come commissario di vigilanza Rai ho seguito la trattativa, devo dire “grazie” a sindacati che dovranno spiegare ai lavoratori perché li hanno privati del lavoro. Ringrazio invece sinceramente Snater e i professionisti Rai ed esterni che avevano suggerito modalità sostenibili». Nel mirino ci sono Cisl e Cgil. «Ho la sensazione che oltre all’ incompetenza ci sia anche malafede. Non è finita qua, è una mia promessa». Poi in serata arriva la nota congiunta di Città e Rai che parlano di una «decisione sconcertante» da parte dell’ assemblea. Nelle intenzioni di Viale Mazzini, che ringrazia «l’ amministrazione comunale per il fattivo contributo nel ricercare una soluzione» la soap avrebbe rappresentato un’ occasione importante per il rilancio di un polo dove, negli ultimi tempi, sono state realizzate le fiction «Non uccidere» e «Topi» di Antonio Albanese e in cui recentemente è stata aumentata la produzione con i programmi di Alberto Angela e Michele Santoro. Per salvare «Il paradiso delle signore» – l’ inizio delle riprese era previsto per maggio- Palazzo Civico aveva tentato la carta del dialogo: dall’ incontro convocato martedì era uscita la mediazione che ieri è stata messa ai voti. Nel fronte del sì c’ è delusione. «Si potevano stringere i denti per i primi tre mesi, la fase di start-up e poi ridiscutere l’ accordo», dice uno dei lavoratori. Troppo tardi. A quanto si apprende la proposta dell’ azienda prevedeva un ritocco all’ insù di un centinaio di euro dell’ una tantum ma manteneva il progetto di «5 giorni + 1» di lavorazione per nove ore (più una di pausa per il pasto) al giorno, indispensabile per un prodotto del genere, industriale ma curato, ambientato negli Anni Settanta con auto e arredi d’ epoca. Una serie che, tra il 2015 e il 2017, è andata in onda in prima serata. Nel mirino dei lavoratori torinesi è però finita soprattutto la durata della soap, per la quale bisogna realizzare quarantacinque minuti al giorno. L’ ultimo comunicato firmato da tutte le Rsu era durissimo, e puntava il dito contro un «carico di lavoro improbo nella proporzione tra minutaggio di girato da realizzare e ore d’ impegno quotidiano preventivate», le «carenze d’ organico sulle figure professionali», le «problematiche riguardanti la ricollocazione delle figure professionali non coinvolte in questa tipologia produttiva». Era la premessa per lo strappo, arrivato ieri. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

La classifica dei quotidiani più diffusi a gennaio (dati Ads) | Prima Comunicazione

Prima Comunicazione

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La classifica dei quotidiani più diffusi a gennaio (dati Ads)La classifica dei quotidiani più diffusi a gennaio (dati Ads)09/03/2018 | 10:35La classifica deiquotidiani a gennaio per diffusione carta+digitale elaborata da Primaonline.it suidati Ads (.xls) . La graduatoria è realizzata comparando ildato appena diffuso da Ads con quello del mese precedente.Articoli correlatiMandaci la tua mail e ricevi le news diPrimaonline direttamente nella tua Inbox.Prima Comunicazione P.IVA:10196010150 Copyright © Prima Comunicazione – Editoriale Genesis Srl. Tutti i diritti sono riservati. Sede legale via Vincenzo Monti 15 – 20123 MilanoSeguici su:Ricevi le news di Primaonlinedirettamente nella tua InboxIscrivitiQuesto sito utilizza cookie, di prima e di terza parte, per inviarti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, clicca qui . Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’ uso dei cookie. Accetta.

L'articolo Rassegna Stampa del 10/03/2018 proviene da Editoria.tv.


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