Indice Articoli
Canone Rai, esenzione a 8mila euro
Orfeo, se ci sei, batti un colpo
Gedi, pesa il contenzioso fiscale
Ter, Sinisi verso le dimissioni
In Svizzera decollano i prezzi dei giornali italiani
I guai col fisco affossano i conti di De Benedetti
I direttori di Stampa, Repubblica e Corriere sul voto | Prima Comunicazione
Dati Osservatorio Stampa Fcp a gennaio (TABELLA) | Prima Comunicazione
Dati Osservatorio Stampa Fcp a gennaio (TABELLA) | Prima Comunicazione
Gedi, il contenzioso col fisco pesa sui conti 2017. In crescita i margini | Prima Comunicazione
Day after, Mediaset brucia 81 milioni
Gedi, fatturato in crescita ed Ebitda su a 53 milioni Pesa il contenzioso fiscale
Canone Rai, esenzione a 8mila euro
Il Sole 24 Ore
Saverio Fossati
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In zona Cesarini, un solo giorno prima delle elezioni, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 3 marzo il Dm dell’ Economia del 16 febbraio che cambia le regole dell’ esonero dal canone tv per gli utenti anziani. L’ esonero, riservato ai detentori di apparecchi tv che abbiano compiuto 75 anni, spetta a chi non supera gli 8mila euro di reddito annuo (compreso quello del coniuge convivente) per il 2017. Non si contano i redditi esenti da Irpef e soggetti a tassazione separata. Il limite in vigore sino al 2017 era di 6.713 euro. Il provvedimento non è contenuto in una legge ma in un decreto. Questo perché la legge 208/2015 stabilisce le «eventuali maggio entrate versate a titolo di canone Rai» rispetto a quanto iscritto nel bilancio di previsione dello Stato 2016 sono riversate all’ Erario per una quota del 33% per il 2016 e del 50% per il 2017 e 2018 proprio per essere destinate, tra l’ altro, all’ innalzamento a 8mila euro del tetto di reddito per ottenere l’ esenzione dal canone Rai per gli ultra 75enni. E dato che per il 2017 sono stati incassati in più (sulle previsioni) 193 milioni euro, ben 96mila sono stati destinati a vari scopi e, di questi 20,9 milioni, in particolare, a coprire il minore gettito derivante dall’ innalzamento del tetto di reddito. Sono infatti circa 350mila (erano 115mila) gli anziani esentati in base alla nuova soglia di reddito. E il Mef ha calcolato che il costo totale del mancato versamento di 90 euro produrrà minor gettito, appunto, per 20,9 milioni di euro. Le altre risorse rese disponibili dall’ extra gettito 2017 del canone Rai (75,4 milioni) saranno oggetto di ulteriori decreti (dovrebbero servire a finanziare il Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’ informazione e il Fondo per la riduzione della pressione fiscale) Il decreto del 16 febbraio stabilisce che sarà un successivo provvedimento del direttore delle Entrate a definire le modalità di attuazione dell’ agevolazione e il modulo da compilare entro il 30 aprile 2018 per chi chiede l’ esenzione la prima volta. Quindi, allo stato dei fatti, l’ esenzione per il 2018 non può ancora essere fatta valere ma gli altri requisiti non reddituali sono: aver compiuto 75 anni entro il 31 gennaio 2018 e non convivere con altri soggetti diversi dal coniuge titolari di reddito proprio. Inoltre, l’ esenzione spetta solo se la tv sia ubicata nell’ abitazione di residenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Orfeo, se ci sei, batti un colpo
Italia Oggi
DA BERLINO ROBERTO GIARDINA
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«L’ inquietante flirt dell’ Italia con l’ anarchia», il titolo della Welt è una sintesi perfetta dei commenti a caldo dei media tedeschi al voto italiano. I quotidiani di ieri (che chiudono molto prima dei nostri; in pratica, prima di sera) non hanno fatto in tempo a riportare le proiezioni delle elezioni politiche italiane. Nelle edizioni online e alla tv di lunedì i giudizi sono quelli intuibili, noioso continuare in un elenco ripetitivo. Ma per sfatare ancora una volta l’ idea che molti hanno di una Germania arrogante e distante, che ci trascura, ci guarda dall’ alto in basso con sufficienza, preferisco notare la scelta compiuta domenica dall’ emittente pubblica 3Sat: l’ intera giornata, dall’ alba a quasi mezzanotte, dedicata al nostro paese. Non con inchieste politiche, ma con vecchi film, e documentari sulle nostre bellezze. Hanno preferito mostrarci, come desiderano vederci. Un paese da amare, e non giudicare, anche perché spesso, o quasi sempre, incomprensibile. Il canale è particolare: 3Sat è pubblico, non ha pubblicità, e unisce i tre paesi di lingua tedesca, Germania, Austria, e Svizzera. L’ audience non è strabiliante, in media l’ 1,2%, ma da queste parti la maggioranza del pubblico non ha sempre ragione, le emittenti si preoccupano anche delle minoranze. Possibile se, come avviene per Arte, il canale francotedesco, non si vive grazie alla pubblicità. I responsabili di 3Sat hanno previsto che il fatto più importante per l’ Europa, e quindi per i loro spettatori non interessati ai quiz, sarebbe avvenuto a Roma. Si è cominciato prima dell’ alba, alle 5,30 con «Pulverfass Italien» che, dal titolo deduco l’ unica trasmissione sulla nostra situazione politica, polveriera Italia. Poi si è continuato con «Pasta- echt italienisch», autenticamente italian, e «Con amore e gusto». Alle 8, «Italia del Nord, le dimenticate vie d’ acqua», per poi scendere in Toskana, con il «kappa», la regione che i tedeschi sognavano per comprarci una casa. Quindi un viaggio nelle isole pontine, passando poi alle Eolie. Siamo arrivati al Sud e, a mezzogiorno, ecco «Wo di Zitronen blühn», siamo sempre a Goethe e alla terra dove fioriscono i limoni. Segue «Die Gärten Siziliens», i giardini della mia isola. Dopo i documentari, i film: «Bella Ciao», commedia con Senta Berger del 1992, un quarto di secolo fa eravamo un altro paese. Il pomeriggio domenicale è riservato all’ amore romantico all’ italiana: «Italienreise- Liebe imbegriffen», viaggio in Italia, amore compreso, pellicola del 1958, seguito da «Stella di mare», film austriaco tedesco del 1999. Alle 18, un documentario sugli animali nella nostra penisola, «Wildes Italien», Italia selvaggia. L’ ora di massimo ascolto, alle 20,15, ospita «Hochzeit auf italienisch», matrimonio all’ italiana, cioè «Filumena Marturano» con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, il massimo dell’ italianità, ieri e oggi. E si finisce con «Lebe lieber italienisch», film italo tedesco, «Evviva, amato italiano», ma si intende la nostra lingua, che in Germania si ama e si studia più di quanto in Italia si studi la lingua di Frau Angela. Un palinsesto superficiale? Confesso che non ho seguito neanche per un minuto 3Sat. Ieri, mi sono dovuto occupare del voto dei tesserati socialdemocratici, sì o no, alla nuova Große Koalition con la Merkel. Ha prevalso il buon senso, ma fino all’ ultimo momento, si è temuto che una bocciatura, per il tanto peggio tanto meglio, facesse precipitare la Germania nell’ instabilità. Ci amano sempre, tanto per citare un luogo comune, e per questo temono il contagio. Meglio vedere l’ Italia com’ era, quella della Vespa e della 500, di Sophia e di Marcello. Vista da Nord, un’ Italia sempre anarchica, ma con saggezza. Filumena non avrebbe mai votato per il guaglione Di Maio. Un paradossale contraddittorio buonsenso che ci invidiavano. E che abbiamo smarrito. © Riproduzione riservata.
Gedi, pesa il contenzioso fiscale
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Il 2017 di Gedi, ex gruppo L’ Espresso, è stato un anno intenso e non ordinario, a partire dal risultato netto in rosso per 123,3 milioni di euro contro l’ utile 2016 di 10,4 milioni: sulla perdita netta pesa infatti la definizione di un contenzioso fiscale del 1991 (vedere ItaliaOggi del 24/5/2012) che ha portato l’ anno scorso al pagamento di 140,2 milioni, cui seguirà quest’ anno il versamento dei restanti 35,1 milioni (per un totale di 175,3 mln). Complessivamente gli oneri fiscali hanno pesato per 150,5 milioni. L’ indebitamento finanziario netto a fine 2017 ammonta a 115,1 milioni, dopo l’ esborso fiscale, rispetto a un precedente +31,7 mln. Sempre nel 2017, poi, c’ è stato l’ impatto di un altro elemento straordinario: il perfezionamento a fine giugno dell’ integrazione in Gedi (che pubblica tra gli altri Repubblica) di Itedi (che porta in edicola Stampa e Secolo XIX). Ma già nel 2016 erano state deconsolidate 5 testate locali di Gedi (Alto Adige, Trentino, Centro, Città di Salerno e Nuova Sardegna) per rispettare la normativa sulle soglie di tiratura complessiva. Quindi, a fronte di un fatturato 2017 per 633,7 milioni rispetto a un dato equivalente 2016 di 634,4 mln, i ricavi complessivi rimangono sostanzialmente stabili (+8,2% rispetto al dato 2016 non pro forma). Quelli diffusionali per 201,7 mln calano del 7,1% a perimetro equivalente (+0,8% senza confronto pro forma) mentre la raccolta pubblicitaria aumenta a parità di perimetro del 5,7% (altrimenti +13,7%), sulla soglia dei 390,1 mln grazie alle concessioni di Radio Italia, Stampa e Secolo XIX (-3,3% il risultato dei mezzi del gruppo ma +5% sulla radio). Internet ha registrato un +2,3% a perimetro equivalente (+9,9% senza raffronto pro forma). Il mol è di 53,2 milioni, al rialzo dal corrispettivo a perimetro equivalente di 46,1 mln (43,7 mln) mentre il risultato ante imposte è di 19,1 milioni dai precedenti 13,9 milioni (16,6 mln). Sono questi i principali risultati a chiusura dello scorso esercizio che verranno approvati il prossimo 26 aprile dall’ assemblea dei soci, chiamata tra l’ altro a rinnovare o confermare l’ attuale cda guidato dall’ a.d. Monica Mondardini e presieduto da Marco De Benedetti (che ha preso il posto del padre e fondatore del gruppo Carlo De Benedetti, oggi presidente onorario). Nel board siedono anche John Elkann (ex editore della Stampa) e Carlo Perrone (ex editore del Secolo XIX). In occasione dell’ approvazione del bilancio 2017, Gedi ha confermato con una nota di aver «ricevuto un’ offerta vincolante per l’ acquisto di Persidera, di cui detiene il 30%. L’ offerta non è stata considerata in linea con le aspettative e pertanto è stata rifiutata. Sono attualmente in corso contatti con altri investitori, le cui eventuali offerte saranno valutate dalla società» per il dossier sulla società dei multiplex controllata al 70% da Tim e iscritta a bilancio per 353 mln da Gedi. La prima offerta per 250 milioni è arrivata da F2i-Rai Way, una successiva proposta è stata avanzata dal fondo I Squared Capital per 290-300 mln. Tornando al gruppo di Repubblica, Stampa e Secolo XIX, l’ editrice non si aspetta un andamento di mercato «significativamente» diverso da quello dello scorso anno. Intanto conferma l’ obiettivo a regime di sinergie post integrazione per 10-15 milioni e nel 2017 segna costi (opzionali e concessioni di terzi esclusi) a -5,4% a perimetro equivalente (altrimenti +1,4%) coi costi fissi industriali a -12,8%, quelli di logistica-distribuzione a -11% e di gestione-amministrazione a -3,3%. Il costo del personale cala a 211,3 milioni rispetto ai 226,9 mln a perimetro equivalente (214,2 mln senza dato pro forma). L’ organico totale, includendo anche i contratti a tempo, è di 2.445 dipendenti di cui 523 ex Itedi. Ieri il titolo Gedi ha chiuso in Borsa a -3,51% a 0,55 euro.
Stampa, raccolta a -9,9%
Italia Oggi
MARCO LIVI
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Inizia con il segno negativo il 2018 per gli investimenti in comunicazione sulla carta stampata. Secondo i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp, a gennaio il fatturato pubblicitario del mezzo stampa in generale ha registrato un calo del 9,9% rispetto allo stesso mese dell’ anno precedente raggiungendo una raccolta di 47,3 milioni di euro. In particolare i quotidiani nel loro complesso hanno segnato un andamento negativo a fatturato del 7,6% (a quota 37,1 milioni di euro) e dell’ 1% a spazio. Per questo riguarda le singole tipologie, la commerciale nazionale ha evidenziato un -12,8% a fatturato e un -0,9% a spazio, la commerciale locale un -2,2% a fatturato e un +0,2% a spazio, la legale un -10,1% a fatturato e un -7,5% a spazio. La tipologia finanziaria ha registrato un +5,6% a fatturato e un +2,5% a spazio, mentre la classified ha ottenuto un -9,6% a fatturato e un -19,8% a spazio. I periodici hanno visto una flessione sia a fatturato (-17,3%, pari a 10,2 milioni di euro) sia a spazio (-5,9%). I settimanali hanno mostrato un andamento negativo a fatturato (-1,1%, raggiungendo i 5,2 milioni di euro) e positivo a spazio (+9,7%), i mensili hanno avuto invece una diminuzione a fatturato del 15,5% (a quota 4,6 milioni di euro) e a spazio del -10,9%. Le altre periodicità hanno chiuso il mese di gennaio con un -75,1% a fatturato (pari a 413 mila euro) e un -56,9% a spazio. © Riproduzione riservata.
Ter, Sinisi verso le dimissioni
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Le pressioni di alcuni gruppi radiofonici, insoddisfatti dei risultati della indagine Ter sugli ascolti, erano ormai troppo forti. E Nicola Sinisi, presidente del Tavolo editori radio sin dalla fondazione, nell’ aprile 2016, ha annunciato ai soci le sue dimissioni irrevocabili a far data dal prossimo 14 marzo. In realtà l’ indagine sugli ascolti radiofonici messa a punto da Ter sembrava aver raggiunto un suo equilibrio, dopo le aspre polemiche tra gruppi editoriali che avevano caratterizzato tutto il 2017. C’ era stato un ritardo nella pubblicazione dei primi dati Ter, poi arrivati lo scorso 9 novembre. E consolidati alla fine di gennaio 2018, quando al mercato era stato comunicato l’ andamento delle audience radiofoniche per il periodo maggio-dicembre 2017. Ma, evidentemente, gli esiti dell’ indagine (in particolare, con lo strapotere di Rtl 102,5 in tutte le graduatorie) e le perplessità scientifiche circa il lavoro fatto da Gfk e Ipsos, hanno continuato ad alimentare i malumori, soprattutto di Radio Mediaset (105, Virgin, 101, Subasio) e del gruppo Rai. Portando Sinisi, che peraltro era anche stato direttore della divisione radio di Rai fino all’ inizio del 2017, alla firma delle dimissioni e all’ addio da Ter. Il manager verrà comunque ricollocato all’ interno degli organigrammi Rai.
Francia poco Glam
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Anche Glamour Francia deve tirare la cinghia e reinventarsi. Dopo l’ edizione britannica e quella nordamericana del magazine femminile di Condé Nast, Xavier Romatet a capo della sede transalpina dell’ editore Usa ha annunciato una diminuzione delle uscite in edicola (6 numeri invece degli attuali 10, già ribassati peraltro), la riduzione dell’ organico a 19 giornalisti da 27, la fusione delle redazioni carta-web e ancora aumento del prezzo di copertina a 2,9 euro dall’ attuale 1,8 euro. La strategia di Romatet è comunque quella di un rilancio complessivo della testata che ha una diffusione di circa 220 mila copie in calo del 20%. A parte il contenimento delle spese, nelle sue intenzioni, a spingere il nuovo corso ci saranno da aprile un restyling grafico e la scelta di un unico nuovo formato (al posto dei 2 di oggi), al fine di sostenere un riposizionamento che sia «meno femminile tradizionale e più piattaforma media che coinvolge e offre spunti di conversazioni piuttosto che delle vere e proprie controversie sui social network», secondo lo stesso manager francese. Addio quindi a modelle e speciali su come dimagrire e spazio a personalità legate all’ attualità. L’ obiettivo in Francia è stabilizzare le vendite tra le 120 e le 150 mila copie a fine 2018 (la versione tricolore, secondo dati Ads, ha una diffusione totale carta+digitale di oltre 142 mila copie a novembre scorso, in calo del 10,3% sul mese precedente). Intanto, in Gran Bretagna Glamour si sta concentrando sull’ online, programma solo 2 uscite in edicola e in generale si muove in una direzione opposta a quella francese con meno news e più video d’ interesse prettamente femminile. Anche negli Stati Uniti, come in Gran Bretagna, le ultime decisioni aziendali investono sul digitale e hanno portato a tagli in redazione. In Italia, infine, è rimandata al prossimo 8 marzo la decisione sul destino delle 5 giornaliste ex sistema Vogue a rischio cassa integrazione a zero ore. © Riproduzione riservata.
In Svizzera decollano i prezzi dei giornali italiani
Italia Oggi
GIACOMO GHILARDI
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Va bene che i cittadini svizzeri sono, di solito, molto più benestanti di quelli italiani, hanno stipendi pari a 2-3 volte quelli medi dei cittadini della Penisola, e, di recente, hanno votato pure in un referendum a favore del canone per la tv pubblica, dicendosi ben disposti a pagare 400 euro all’ anno per finanziare i canali della Radiotelevisione Svizzera. Ma a tutto c’ è un limite. I settimanali e i mensili italiani, infatti, una volta scavallato il confine ed entrati nella confederazione elvetica, hanno prezzi in decollo: Focus di Mondadori, come denuncia una inchiesta del quotidiano 20 Minuten, costa 8,40 franchi svizzeri (7,30 euro) contro i 3,90 in Italia; Vanity Fair di Condé Nast si inerpica a 4,50 franchi (3,90 euro) rispetto ai 2,40 euro in Italia; Bell’ Italia di Cairo editore, addirittura, viene venduto in Svizzera a 12,50 franchi (10,80 euro) rispetto ai 4 euro in Italia. Con un aumento del prezzo di copertina del 172%. A tutte queste pratiche, tuttavia, il parlamento svizzero potrebbe porre presto rimedio: «I prezzi esagerati sono un problema per i consumatori svizzeri», spiega Stefan Meierhans, il Mister Prezzi elvetico, in una intervista rilasciata a 20 Minuten, «e i sovrapprezzi dal +70% in su sono veramente ingiustificabili. In Svizzera ci sono senz’ altro dei costi di esercizio più alti» e la soluzione potrebbe essere una legge ad hoc sui prezzi delle riviste o una modifica della legge sui cartelli. Anche perché i gestori dei chioschi elvetici, come conferma una inchiesta del sito d’ informazione Ticinonline, non hanno alcun potere di determinare il prezzo di copertina, che è deciso direttamente dagli editori italiani. © Riproduzione riservata.
I guai col fisco affossano i conti di De Benedetti
Libero
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Gedi ha chiuso il 2017 con ricavi in crescita dell’ 8,2% a 633,7 milioni e un ebitda di 53,2 milioni significativamente maggiore rispetto al 2016 (43,7 milioni), anche a perimetro equivalente (46,1 milioni). Sale anche il risultato operativo consolidato, a quota 28,7 milioni ( 22,4 milioni nel 2016). A pesare sui conti sono, però, i guai col fisco. Il gruppo, di cui il patron Carlo De Benedetti è rimasto presidente onorario, ha infatti dovuto pagare un vecchio conto con Agenzia delle Entrate, che ha portato il risultato netto in perdita per 123,3 milioni, a fronte di un utile di 10,4 milioni nel 2016. Senza l’ onere fiscale straordinario il risultato netto sarebbe positivo per 19,1 milioni. L’ esborso si riferisce alla definizione di un contenzioso, pendente in Cassazione, che si riferiva a contestazioni di natura antielusiva relative ai benefici fiscali derivanti dall’ operazione di riorganizzazione del Gruppo editoriale L’ Espresso, realizzata nel 1991. Gedi ha pagato 175,3 milioni, di cui 140,2 nel 2017 e i restanti 35,1 da versare entro il 30 giugno 2018. I ricavi diffusionali, pari a 201,7 milioni, sono in leggero aumento (+0,8%) rispetto a quelli dell’ esercizio precedente, ma risultano in flessione del 7,1% a pari perimetro, in un mercato che ha continuato a registrare una significativa riduzione delle vendite dei quotidiani (-8,8%). I ricavi pubblicitari sono cresciuti del 13,7% rispetto al 2016. L’ incremento a perimetro equivalente è stato, però, del 5,7%, con una flessione del 3,3% sui mezzi del gruppo ed un incremento significativo delle concessioni di terzi, grazie al contributo di Radio Italia e delle testate La Stampa e il Secolo XIX (la cui raccolta di pubblicità è passata al gruppo dall’ inizio del 2017 e per il primo semestre è stata classificata quale raccolta per terzi). Per quanto riguarda l’ offerta rifutata di Rai Way con F2i per Persidera, di cui Gedi possiede il 30% e Tim il 70%, il gruppo ha confermato che sono attualmente in corso contatti con altri investitori. Nelle scorse sttimane il fondo statunitense I Squared Capital aveva messo sul piatto 300 milioni rispetto ai 250 di RaiWay-F2i. Una cifra sempre più bassa dei 350 milioni pretesi da Gedi per non svalutare la propria quota in bilancio. S.IAC. riproduzione riservata L’ ingegner Carlo De Benedetti nel giugno dello scorso anno ha lasciato la guida di Gedi al figlio Marco, mantenendo, però la presidenza onoraria del gruppo nato dalla fusione del Gruppo Editoriale l’ Espresso con la Stampa e il Secolo XIX di John Elkann e Carlo Perrone.
I direttori di Stampa, Repubblica e Corriere sul voto | Prima Comunicazione
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I direttori di Stampa, Repubblica e Corriere sul voto: terremoto politico, dovremo riflettere a lungo05/03/2018 | 13:04″Un terremoto politico che spazza via la coalizione di centrosinistra e cambia radicalmente quella di centrodestra”. Non usa mezzi termini il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, per descrivere il verdetto delle urne e si dice convinto che, dopo le elezioni 2018, l’ Italia sia “vicina a un nuovo bipolarismo”. Perché, almeno “da un certo punto di vista l’ Italia è più bipolare di prima”. E ancora: “abbiamo un’ Italia completamente divisa, nelle preferenze politiche, nella protesta, nelle aspirazioni”. Ma “il governo è un rebus”, come titola l’ edizione odierna del Corriere. E la partita è “nelle mani dei due leader emergenti”, Di Maio e Salvini.Molti i video sui siti dei principali quotidiani in Italia, come nel caso di Repubblica.it, con un notevole sforzo di preoduzione ripreso anche dalle testate locali Gedi. “È la sconfitta finale di Matteo Renzi”, dice analizzando il voto il direttore Mario Calabresi, “non mi stupirei se si dimettesse”. “Il Pd deve ripensarsi ed è difficile immaginare che Renzi si possa rilanciare, ripartendo da dove? Non so”. “Il centrodestra è come coalizione quello che arriva più vicino alla maggioranza – prosegue – ma non ci arriva ed è difficile immaginare che possa andare a cercare altri voti”. Quale scenario, secondo Calabresi? “Possiamo immaginarci un percorso di scomposizione con il partito più forte, i Cinque Stelle, che dovrà trovare un alleato di governo”.”Un’ Italia con una geografia politica completamente diversa da quella di ieri”, è l’ analisi del direttore della Stampa Maurizio Molinari, “è un’ Italia dove prevale a Sud un’ ondata dovuta alle diseguaglianze economiche, di protesta antisistema, di identificazione con una forza politica come il M5S che è dirompente di sfida per il sistema politico e istituzionale. E’ qualcosa su cui dobbiamo riflettere a lungo, sull’ entità di questa protesta che è soprattutto economica”. Mentre “nel nord a prevalere è un altro tipo di protesta anti-sistema che si rispecchia nella Lega e che ha a che fare con i temi della sicurezza, della famiglia e soprattutto dei migranti”.Articoli correlati.
Dati Osservatorio Stampa Fcp a gennaio (TABELLA) | Prima Comunicazione
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EditoriaPubblicità sulla stampa in calo del 9,9% a gennaio. Osservatorio Stampa Fcp: quotidiani -7,6%, settimanali -1,1%, mensili -15,5% (TABELLA)05/03/2018 | 14:46Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa apre il 2018 in negativo, registrando nel mese di gennaio un calo del 9,9% sullo stesso periodo dell’ anno scorso. Lo dicono i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp (xls) .In particolare i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo sia a fatturato -7,6% che a spazio -1,0%.(Elaborazione dati osservatorio Stampa Fcp)Le singole tipologie segnano rispettivamente:La tipologia Commerciale nazionale ha evidenziato -12,8% a fatturato e -0,9% a spazio.La pubblicità Commerciale locale -2,2% a fatturato e +0,2% a spazio.La tipologia Legale ha segnato -10,1% a fatturato e -7,5% a spazio.La tipologia Finanziaria ha segnato +5,6% a fatturato e +2,5% a spazioLa tipologia Classified ha segnato -9,6% a fatturato e -19,8% a spazio.I periodici segnano un calo sia a fatturato del -17,3% che a spazio del -5,9%.I Settimanali registrano un andamento negativo a fatturato del -1,1% e positivo a spazio del +9,7%.I Mensili segnano un calo a fatturato -15,5% e a spazio -10,9%.Le Altre Periodicità registrano -75,1% a fatturato e -56,9% a spazio.
Dati Osservatorio Stampa Fcp a gennaio (TABELLA) | Prima Comunicazione
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Pubblicità sulla stampa -9,9% a gennaio. Dati Fcp: quotidiani -7,6%, settimanali -1,1%, mensili -15,5% (TABELLA)05/03/2018 | 14:46Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa apre il 2018 in negativo, registrando nel mese di gennaio un calo del 9,9% sullo stesso periodo dell’ anno scorso. Lo dicono i dati dell’ Osservatorio Stampa Fcp (xls) .In particolare i quotidiani nel loro complesso registrano un andamento negativo sia a fatturato -7,6% che a spazio -1,0%.(Elaborazione dati osservatorio Stampa Fcp)Le singole tipologie segnano rispettivamente:La tipologia Commerciale nazionale ha evidenziato -12,8% a fatturato e -0,9% a spazio.La pubblicità Commerciale locale -2,2% a fatturato e +0,2% a spazio.La tipologia Legale ha segnato -10,1% a fatturato e -7,5% a spazio.La tipologia Finanziaria ha segnato +5,6% a fatturato e +2,5% a spazioLa tipologia Classified ha segnato -9,6% a fatturato e -19,8% a spazio.I periodici segnano un calo sia a fatturato del -17,3% che a spazio del -5,9%.I Settimanali registrano un andamento negativo a fatturato del -1,1% e positivo a spazio del +9,7%.I Mensili segnano un calo a fatturato -15,5% e a spazio -10,9%.Le Altre Periodicità registrano -75,1% a fatturato e -56,9% a spazio.
Gedi, il contenzioso col fisco pesa sui conti 2017. In crescita i margini | Prima Comunicazione
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Gedi, il contenzioso col fisco pesa sui conti 2017. In crescita i marginiGedi, il contenzioso col fisco pesa sui conti 2017. In crescita i margini05/03/2018 | 15:14Gedi chiude il 2017 con ricavi in crescita dell’ 8,7% a 633,7 milioni di euro e un ebitda di 53,2 milioni significativamente maggiore, si legge in una nota , rispetto al 2016 (43,7 milioni). Nel primo esercizio successivo all’ integrazione con Itedi, il risultato operativo consolidato è stato pari a 28,7 milioni, in crescita rispetto al risultato del 2016 (22,4 milioni) ma gli oneri fiscali pari a 150,5 milioni hanno portato in rosso il risultato netto per 123,3 milioni (coperta dalle riserve disponibili di patrimonio netto, senza intaccare il capitale sociale). Senza l’ onere fiscale straordinario il risultato netto è positivo per 19,1 milioni.Marco De Benedetti, presidente del Gruppo Gedi (Foto Ansa/Alessandro Di Meo)Gedi – ricorda la nota – nel 2017 ha definito un contenzioso, pendente in Cassazione, che si riferiva a contestazioni di natura antielusiva relative ai benefici fiscali derivanti dall’ operazione di riorganizzazione societaria del Gruppo Editoriale L’ Espresso realizzata nel 1991 e ha pagato 175,3 milioni, di cui 140,2 pagati nel 2017 ed i restanti 35,1mn da versare entro il 30 giugno 2018.Il perimetro di attività di Gedi nel 2017 è “significativamente diverso da quello del 2016”, sottolinea il gruppo editoriale ricordando che il 27 giugno è stata perfezionata l’ operazione di integrazione in Gedi del gruppo Itedi, editore dei quotidiani La Stampa ed il Secolo XIX mentre, come operazione propedeutica a tale integrazione, nel corso del quarto trimestre del 2016 erano state deconsolidate 5 testate locali, mediante la vendita di 4 di esse (Alto Adige, Il Trentino, Il Centro e La Città di Salerno) e la cessione in affitto della restante (La Nuova Sardegna). Per quanto riguarda l’ andamento dei primi mesi del 2018, “le evidenze ad oggi disponibili non consentono di prevedere evoluzioni di mercato significativamente diverse da quelle che hanno caratterizzato il 2017″.”Il gruppo si impegnerà nel conseguimento di tutti i vantaggi derivanti dall’ operazione di integrazione con Itedi, nello sviluppo delle attività digitali e nella permanente implementazione di razionalizzazioni volte a preservare la redditività in un mercato strutturalmente difficile” si legge nella nota.Una precisazione sul dossier Persidera, la jv con Tim. “La società ha ricevuto un’ offerta vincolante per l’ acquisto di Persidera, di cui detiene il 30% – conferma la nota – L’ offerta non è stata considerata in linea con le aspettative e pertanto è stata rifiutata. Sono attualmente in corso contatti con altri investitori, le cui eventuali offerte saranno valutate dalla società”.
Day after, Mediaset brucia 81 milioni
La Repubblica
ETTORE LIVINI
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MILANO Il flop elettorale di Forza Italia costa oltre 80 milioni in 24 ore a Silvio Berlusconi e manda ko i titoli Mediaset a Piazza Affari. Il verdetto della Borsa sul risultato del voto è stato tranchant: il Biscione, orfano del ruolo di kingmaker a Roma del suo azionista di riferimento, è più debole. A dare le carte nel centrodestra – se la coalizione riuscirà a trovare una maggioranza – sarà Matteo Salvini. L’ ipotesi di un Nazareno- bis, ben vista dagli investitori, è un miraggio. E sul listino sono scattate le vendite. Le azioni delle tv di Arcore hanno perso il 5,5%. Il valore della quota di Fininvest è crollato ( virtualmente) di 81 milioni. E il futuro delle aziende di famiglia è stato al centro del tradizionale summit del lunedì a Villa San Martino tra l’ ex- cavaliere e i figli, presenti tutti i vertici del gruppo, da Fedele Confalonieri ad Adriano Galliani fino a Danilo Pellegrino, numero uno della cassaforte dei Berlusconi. Mediaset, ovviamente, getta acqua sul fuoco. La seduta di ieri, dicono a Cologno, è stata difficile per tutto il settore media. Il centrodestra – aggiungono – ha sfiorato il 40% e potrebbe riuscire a trovare una maggioranza. E Silvio, anche se nel ruolo di passeggero e non più di guidatore della coalizione, farà pesare i voti per costruire un cordone di sicurezza attorno al Biscione. La Borsa però ha già nostalgia dell’ era dorata delle leggi ad personam. Anche perché Mediaset sta vivendo un momento delicatissimo in cui la presenza a Palazzo Chigi di un governo amico sarebbe fondamentale: Vivendi ha provato a scalare le tv di casa Berlusconi e ha in portafoglio una minacciosa quota del 29,9% di Cologno. Arcore e Parigi, dopo questo blitz, sono agli stracci: Fininvest ha chiesto a Vincent Bolloré 3 miliardi di danni e le parti stanno faticosamente cercando un armistizio che potrebbe coinvolgere Telecom. La politica ha giocato ( e potrebbe giocare) un ruolo determinante in questa partita. Il governo Gentiloni – in ottica forse di Nazareno-bis – si è schierato senza se e senza ma al fianco di Mediaset contro Vivendi. E gli interventi di Agcom e Antitrust sono stati decisivi per salvare il Biscione dagli appetiti francesi. Le urne ora hanno sparigliato il tavolo. E Arcore – così teme la Borsa – rischia di trovarsi ora con le spalle scoperte e a corto di alleati “romani”. La situazione, ammettono a Cologno, potrebbe addirittura precipitare in caso di nascita di un governo a guida M5S. Fedele Confalonieri, al riguardo è stato durissimo: « Hanno un programma dirigistico e totalitario – ha detto in passato – . I limiti che vogliono mettere alle televisioni sono incredibili, potremmo avere il 10% di un canale e basta». Il programma dei grillini, in realtà, è più sfumato. Ma di sicuro non è filo- Biscione: prevede una revisione della Gasparri ( « congegnata dal centrodestra per tutelare Berlusconi » , spiega il documento) e provvedimenti ad hoc contro gli editori impuri. I pentastellati hanno duramente criticato il soccorso del governo Gentiloni a Mediaset nella guerra con Bolloré: « È un intervento inappropriato, specie dopo che l’ esecutivo non ha fatto nulla contro l’ aggressiva scalata di Vivendi a Telecom Italia » , hanno tuonato. Frasi che da sole bastano a giustificare l’ apprensione con cui Arcore e i soci Mediaset monitoreranno nei prossimi giorni – oltre all’ andamento del titolo in Borsa – le consultazioni del presidente Sergio Mattarella. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gedi, fatturato in crescita ed Ebitda su a 53 milioni Pesa il contenzioso fiscale
La Repubblica
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milano Gedi, il gruppo che edita anche La Repubblica, ha chiuso il 2017 con un fatturato consolidato in rialzo dell’ 8,2% rispetto all’ anno precedente, a quota 633,7 milioni, e con un margine operativo lordo consolidato ( Ebitda) pari a 53,2 milioni, in decisa crescita rispetto ai 43,7 milioni del 2016. L’ Ebitda risulta in crescita anche rispetto ai 46,1 milioni, calcolati a perimetro equivalente dall’ integrazione con Itedi. Nel giugno 2017, infatti, il gruppo presieduto da Marco De Benedetti e guidato dall’ ad Monica Mondardini ha perfezionata l’ integrazione con Itedi, editore de La Stampa e Il Secolo XIX, deconsolidando al tempo stesso cinque testate locali e dando vita al principale gruppo editoriale del Paese nei quotidiani. Per paragonare i risultati del 2017 a quelli dell’ anno precedente il conto economico del 2016 è stato così elaborato senza i risultati delle testate cedute da Gedi e considerando invece i risultati del secondo semestre del gruppo Itedi. Sensibile miglioramento anche del risultato operativo: il 2017 si è chiuso a 28,7 milioni contro i 22,4 milioni dell’ anno precedente. Il risultato netto risente, invece, di un’ altra posta straordinaria: nel corso dell’ esercizio il gruppo ha definito un contenzioso, pendente in Cassazione, relativo ai benefici fiscali derivanti dalla riorganizzazione societaria del gruppo L’ Espresso nel 1991. La definizione del contenzioso – rispetto al quale Gedi ribadisce la sua convinzione sulla legittimità dell’ operazione – comporta il pagamento di 175,3 milioni, di cui 140,2 milioni versati nel 2017. La perdita netta derivante dalla definizione del contenzioso è stata di 143,2 milioni, integralmente coperti dalle riserve disponibili di patrimonio e senza intaccare il capitale sociale. Di conseguenza l’ esercizio 2017 ha registrato un risultato netto negativo di 123,3 milioni, contro un utile netto di 10,4 milioni nel 2016. Il risultato ante onere fiscale straordinario è invece positivo per 19,1 milioni. I ricavi diffusionali – pari a 201,7 milioni – sono in leggero aumento (+0,8%) rispetto al 2016 (-7,1% a parità di perimetro) in un mercato dove continua il calo delle diffusioni di quotidiani (-8,8%). I ricavi pubblicitari sono cresciuti del 13,7% (+5,7% a perimetro equivalente). © RIPRODUZIONE RISERVATA.
L'articolo Rassegna Stampa del 06/03/2018 proviene da Editoria.tv.