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Rassegna Stampa del 21/02/2018

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Indice Articoli

La commediadegli equivoci che uccide le agenzie di stampa

Auditel, rivince il Gattopardo

Moscetti: aspettiamo il decreto pubblicità

Spunta il nodo Gedi per la cessione dei mux Persidera

Facebook punta sull’ e-sport

La 21st Century Fox si impegna a tenere Sky news nel Regno Unito per 10 anni

La lente Antitrust su MediaPro

Mondadori e il nodo Panorama

chessidice in viale dell’ editoria

I media che influenzano il voto | Prima Comunicazione

Moscetti: più interazione per spingere i ricavi del Gruppo 24 Ore | Prima Comunicazione

Accordo sulle sinergie dei quotidiani Gedi News Network | Prima Comunicazione

Persidera, Tim convoca il cda: entro il 28 la risposta alla Ue

I diritti tv alla spagnola “Si pagherà di meno e Sky non sarà esclusa”

«Squadristi? No, questa è democrazia»

Rifiuti, cade un altro uomo legato al governatore De Luca

Sma, lascia il presidente De Luca querela Di Maio

La commediadegli equivoci che uccide le agenzie di stampa

Il Fatto Quotidiano
Marco Palombi
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Cosa succede quando una già massiccia dose di tagli di spesa pubblica viene amministrata, per così dire, senza la dovuta accortezza tecnica? Esattamente quel che accade oggi nel delicatissimo settore delle agenzie di stampa, vale a dire la fonte primaria – via abbonamenti commerciali – di buona parte di quel che leggete su siti e giornali o vedete in tv. Chi controlla le agenzie, controlla il flusso delle notizie: ciò che avrà un pubblico e ciò che non lo avrà, quel che diventerà un fatto rilevante nel pubblico dibattito e quel che morirà nell’ oblio pur se formalmente noto. Questo delicato sistema – da anni sotto ricatto di governi e partiti attraverso le convenzioni annuali – rischia oggi il collasso via tagli di spesa selvaggi e una gestione, per così dire, rivedibile del settore sia della politica che dei soi-disant editori (coi soldi degli altri). Detto in breve, due tra le maggiori agenzie italiane rischiano la chiusura (Askanews) o un pesante ridimensionamento (AdnKronos). Com’ è potuto succedere? Per capire serve un breve riassunto. In Italia, incredibilmente, ci sono oltre dieci agenzie di stampa nazionali: da quelle grandi e con maggiore tradizione (Ansa, Agi) a quelle più piccole e recenti (9 Colonne, Vista): una situazione che ha pochi paragoni nel mondo, in cui in genere le grandi agenzie nazionali non sono più di due o tre. Il risultato è che in Italia non esistono colossi come Associated Press o Reuters, ma una costellazione di aziende quasi sempre mal gestite che stanno in piedi a fatica o sono alle prese con tagli di sedi, personale e qualità del notiziario: d’ altra parte i fondi pubblici delle varie convenzioni “nazionali” sono passati in un decennio dai circa 49 milioni totali del 2007 ai circa 38 attuali (-22% circa). Politica industriale? No, grazie (#statesereni) Per questo da anni si parla di incentivare le fusioni attorno alle due aziende più grandi: l’ Ansa – di proprietà dei principali editori italiani – e l’ Agi, che è dell’ Eni. Un progetto di questo genere era stato prodotto dall’ allora sottosegretario con delega all’ Editoria, e oggi vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini: poi la poca lungimiranza degli editori e il cambio di governo (#enricostaisereno) hanno riportato il processo al punto di partenza. Da allora sulle provvidenze pubbliche alla stampa regna Luca Lotti, un tempo sottosegretario, asceso poi alla poltrona ministeriale con Paolo Gentiloni. E Lotti sul tema ha un’ idea assai più effettuale del suo predecessore: niente voli pindarici, anche noti come “politica industriale”, ma una piccola razionalizzazione del sistema. E così nel 2015 arriva la direttiva che, cercando di rendere indolori le sforbiciate ai fondi, semplifica un po’ il sistema tagliando qualche ramo secco, cioè le agenzie piccolissime: per accedere ai soldi bisogna avere certi requisiti minimi in termini di forza lavoro, presenza sul mercato privato, sedi e quantità di produzione. Problema: il Consiglio di Stato all’ inizio del 2017 dà ragione alla piccola agenzia Il Velino (area centrodestra) e annulla la direttiva Lotti perché indebitamente comprime il pluralismo. La reazione, avallata dagli ideologici del “tutto va messo a gara” dell’ Autorità anticorruzione, è “faremo un bando europeo” (europeo è sempre meglio che niente). Problema: esporre un bene costituzionalmente garantito come l’ informazione a una procedura concorrenziale di questo genere da un giorno all’ altro rischia non solo di uccidere il benedetto pluralismo, ma pure le aziende. La reazione è uno sciopero dei giornalisti di tutte le agenzie: il fronte è rotto solo dalla piccola Dire. Un paradosso se si pensa che era nata a fine anni 80 come organo dei gruppi parlamentari del Pci. La gara pubblica ovvero l’ impazzimento totale Alla fine, e siamo al 2017, arrivano “i Lotti di Lotti”. Il ministro, però, non ha voluto esagerare col mercato e ha diviso i fondi con cui le Amministrazioni centrali acquistano i “servizi informativi” in 10 lotti dal valore totale di 115 milioni per 36 mesi (circa 38 milioni l’ anno): se ne può vincere solo uno (perché uno per uno non fa male a nessuno) e si può concorrere solo a due. Il bando di gara arriva a maggio e, a guardarlo, sembra che ogni lotto sia stato pensato per una precisa agenzia: il primo per Ansa, il secondo per AdnKronos, il terzo per Askanews, il quarto per Agi e via così fino al più piccolo da 170 mila euro l’ anno. E qui parte una sorta di commedia degli equivoci. Intanto il “vestito di sartoria” del disciplinare di gara cade male addosso all’ AdnKronos: per aggiudicarsi il Lotto 2 da 9 milioni l’ anno, infatti, bisogna produrre un notiziario “diffuso 7 giorni su 7” negli ultimi tre anni. Peccato che l’ agenzia del Cavalier Pippo Marra abbia deciso a un certo punto di chiudere la domenica per risparmiare: il Lotto 2 va deserto perché AdnKronos decide di buttarsi sul terzo. L’ altra cosa non prevista da Lotti e soci è che gli editori, non fidandosi l’ uno dell’ altro, pratichino forti ribassi sulle basi d’ asta: l’ Ansa vince ma con uno sconto del 15%, l’ Agi del 27, l’ AdnKronos addirittura del 35% (si aggiudica il Lotto 3 che il destino, diciamo così, aveva riservato ad Askanews, che rimane invece a bocca asciutta). Qui la faccenda si complica. Il Lotto 2 viene rimesso a gara, ma senza quel fastidioso obbligo di trasmettere sette giorni su sette. Ansa però – che col suo ribasso rischia di perdere oltre un milione l’ anno – partecipa al bando e vince (con un ribasso solo del 2%) liberando il Lotto 1. Viene allora “ribandito” anche quello: se tutto andasse come il destino, diciamo così, aveva in mente, dovrebbe aggiudicarselo AdnKronos liberando così il Lotto 3 per Askanews. Ma c’ è un nuovo inghippo: al bando partecipa anche un raggruppamento di imprese costituito dall’ agenzia Dire (che aveva già vinto il Lotto 6 con un ribasso del 12,5%) e da Mf-Dow Jones. Quando, e siamo a inizio febbraio, si aprono le buste Dire-Mf hanno il primo punteggio, anche grazie a un ribasso sulla base d’ asta addirittura del 53%: l’ offerta è tecnicamente “anomala” e dunque la commissione prende tempo per verificare gli aspetti tecnici. Gli interessati, però, fremono: l’ agenzia Dire e il suo editore Federico Bianchi di Castelbianco in due comunicati – irrituali per non dire di peggio – rivendicano sostanzialmente l’ assegnazione del Lotto 1 bis a gara ancora aperta (anzi, su Twitter l’ agenzia parla già di assegnazione). In realtà gli approfondimenti della commissione dureranno fino a metà marzo e riguarderanno sia le proposte sia i requisiti tecnici di partecipazione alla gara: insomma, niente è deciso, ma se alla fine AdnKronos perdesse questo Lotto si ritroverebbe a incassare 4 milioni l’ anno anziché gli 8-9 preventivati, mentre Askanews passerebbe dai 5-6 incassati finora (metà del fatturato) a zero. Tradotto: una ristrutturazione pesante e una liquidazione. Sarà, in ogni caso, guerra di ricorsi. Capitalisti senza capitale: il caso Abete Askanews è un caso di scuola sul modello “imprenditoriale” di molti editori italiani. L’ agenzia – nata nel 2014 dalla fusione tra la cattolica Asca e TmNews (ex Telecom) – è controllata al 90% circa da Luigi Abete attraverso News Holding e A.be.te. e, da quando è nata, è in crisi: contratti di solidarietà, poi divenuti, nel 2017, prepensionamenti e Cassa integrazione a rotazione. Un salasso da oltre 4 milioni di euro solo per i 100 giornalisti. Ora c’ è l’ inghippo dei Lotti di Lotti e Abete pretende che il rischio d’ impresa, ammesso che alla fine arrivino i soldi di Palazzo Chigi, se lo assumano i circa 130 lavoratori ampliando la Cig al 50%. Mancano i soldi, dice l’ azienda, che ha minacciato di non pagare più gli stipendi. Ed è un peccato, in tempi di crisi di liquidità, che a marzo 2017 la Askanews controllata da Abete – che aveva un credito da 2,3 milioni con la News Holding di Abete passatole dalla A.be.te. di Abete – abbia deciso di acquistare proprio dalla Holding di Abete azioni per oltre 2,2 milioni di euro di altre aziende di Abete (tra cui il 19% della rivista Internazionale) pagandole proprio con quel vecchio credito: soldi che avrebbero fatto comodo in crisi di liquidità, però in questo modello di capitalismo il rischio d’ impresa pare debba assumerselo non il capitalista, ma chi lavora.

Auditel, rivince il Gattopardo

Il Manifesto

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L’ Auditel, trent’ anni dopo. È stata presentata nei giorni passati la nuova strategia del vecchio istituto di rilevazione dei dati dell’ ascolto televisivo. L’ autoriforma è considerevole, come si evince dall’ interessante relazione tenuta alla camera dei deputati dal presidente Andrea Imperiali. All’ inizio, infatti, erano seguite le reti del «duo polio» Rai-Mediaset, con qualche attenzione residuale al cosiddetto terzo polo, che allora aveva le sembianze di Telemontecarlo. Il resto del mondo era di fatto classificato nelle «altre». Ora sono circa 440 le emittenti rilevate sul digitale terrestre e 209 i soggetti free e pay distribuiti sul satellite. Ed è in corso d’ opera l’ apertura alla SmartTv, al Pc, a smartphone e tablet: i device digitali. Non solo. Il dato di immediato rilievo è costituito – a partire dal 30 lugliodall’ introduzione di un «SuperPanel» di 16.100 famiglie, il triplo delle attuali 5.700. Tuttavia, a monte rimane attualissima (anzi) la rifles sione critica di Ien Ang nel suo cristallino volume «Cercasi audience disperatamente» (1991), laddove si mette in causa il punto di vista istituzionale (inteso come quello dei soggetti implicati commercialmente), che ha colonizzato le pratiche reali e la loro percezione. «L’ audience è considerata nulla più che un’ entità data per scontata, formata da un insieme di persone sconosciute, ma non per questo non conoscibili…». Per quanto apparentemente perfezionati, i dati non ci raccontano la verità: non solo quanto, bensì come come si ascolta, pure tenendo acceso il video senza seguirlo davvero. Già nell’ ottobre del 2015 scoppiò lo scandalo dei «bachi» nella mailing del campione, tali da vanificare ogni segretezza. Per non dire dei casi clamorosi del monoscopio seguito come il programma malgrado l’ interruzione tecnica, o della curiosa omologazione in basso di taluni programmi (vedi l’ opera o la lirica) scarsamente appetibili sotto il profilo pubblicitario. È utile rileggere l’ istruttiva intervista che fece ad una famiglia -meter nel dicembre del 2011 Alessandra Comazzi, giustamente celebrata dal suo giornale -La Stampa- dopo ventotto anni di critica televisiva. E sì, perché in fondo il calcolo degli ascoltatori risponde all’ esigenza dell’ accumu lazione primaria dei media: vendere il pubblico alla pubblicità. E, malgrado lo spirito innovatore, l’ Auditel non pare cambiare granché rispetto alle origini. Inoltre, va ben compresa la nuova età cross -mediale. Le attitudini dele nel consumo non riguardano solo la variazione della fruizione. Un programma, magari di nicchia (Cattelan?), raggiunge anche quattro milioni di visualizzazioni sui social e fa opinione a differenza di un programma di palinsesto forte per il traino inerziale della rete generalista. Proprio l’ era numerica richiede approcci complessi per capire sul serio i numeri. E veniamo alla questione delicata. Per quanto perfezionata, la società raccoglie i dati in esclusiva. Sarebbe stato assai meglio, in ottemperanza allo spirito della legge 249 del 1997, che l’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni mettesse a gara la ricerca, attribuendo la commessa ad almeno due soggetti in concorrenza. Neppure convince la logica sbandierata del Joint Industry Committee, vale a dire il modello di gestione attribuito ai diretti interessati: emittenti e associazioni della pubblicità o del settore. Insomma, i beneficiari della suddivisione dell’ advertising siedono nella stanza dei bottoni. E il «Gattopardo» vince sempre: cambiare un po’ per non cambiare.

Moscetti: aspettiamo il decreto pubblicità

Il Sole 24 Ore
MARZIO BARTOLONI, MARCO MOBILI
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ROMA L’ editoria italiana è «un settore che ha volatilità importanti, soggetto a decisioni di carattere politico. La legge fatta dal governo, ad esempio, sulla defiscalizzazione al 75% degli incrementi degli investimenti pubblicitari non ha ancora avuto il decreto attuativo. E questo, che era un fatto estremamente positivo, sta diventando negativo perché tutti aspettano il decreto». Ad affermarlo è stato ieri Franco Moscetti, amministratore delegato del Gruppo24 Ore e presidente di 24 Ore Cultura, a margine della presentazione della mostra «Durer e il Rinascimento» a Palazzo Reale. Un regolamento (si tratta di un Dpcm, ossia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) che, come anticipato su queste colonne, è stato messo a punto da Mef e Mise e che ora dovrà “incassare” il parere del Consiglio di Stato. Provvedimento di grande rilievo per tutto il mondo dell’ editoria perché fisserà i criteri di ripartizione delle risorse qualora i crediti richiesti superino le risorse stanziate (62,5 milioni fino al 2018 di cui 20 per gli investimenti incrementali dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017). Sollecitato poi dai cronisti in merito al Gruppo 24 Ore, Moscetti ha sottolineato che nel bilancio 2017, rispetto al precedente, «c’ è un sensibile miglioramento dei conti, anche legato all’ operazione finanziaria, conclusa a novembre 2017, che ha previsto: 50 milioni di aumento di capitale, di cui 30 sottoscritti da Confindustria, che continuo a ringraziare e in modo specifico il presidente Boccia per aver mantenuto in maniera brillante gli impegni che aveva preso nei confronti dell’ azienda; 20 milioni arrivati dal mercato e circa 40 milioni ricevuti dalla cessione del 49% della nostra attività di formazione». «Siamo soddisfatti del lavoro fatto – ha aggiunto l’ Ad – anche se evidentemente siamo legati all’ andamento del mercato, che per i quotidiani non è stato soddisfacente. Oltre che sulla continua attenzione ai costi, per il 2018 puntiamo soprattutto allo sviluppo dei ricavi, con una più forte interazione tra le diverse business unit del gruppo». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Spunta il nodo Gedi per la cessione dei mux Persidera

Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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Spunta il nodo Gedi nel dossier Persidera. La valutazione della società dei mux (i canali per la trasmissione in digitale terrestre), nata da una costola di La 7, è molto differente tra Telecom, che ha il 70%, e Gedi, che ha il restante 30%. Mentre Telecom ha svalutato la partecipazione di 55 milioni nel 2016, portando il prezzo di carico per la sua quota a 137,6 milioni – per una valorizzazione comp0lessiva di 196,57 milioni -, Gedi nell’ ultima semestrale aveva contabilizzato il suo 30% 105,9 milioni, valutando quindi Persidera 353 milioni. A fine maggio l’ Antitrust Ue aveva accettato l’ impegno preso da Vivendi, per essere autorizzata al controllo di fatto su Telecom, di far cedere la quota detenuta da quest’ ultima in Persidera, considerata la sovrapposizione nel mercato dei mux di Telecom e di Mediaset, della quale i francesi detengono il 28,8% del capitale con l’ impegno verso l’ Agcom a sterilizzare la parte eccedente il 10%. La procedura di vendita si è conclusa in questi giorni, con l’ unica offerta di Raiway-F2i. L’ offerta è condizionata al via libera dell’ Antitrust, ma per superare il problema della concentrazione dei mux (Raiway è già arrivata al tetto di cinque mux) i due partner hanno concordato di dividersi Persidera in modo che la società delle torri Rai detenga l'”hardware” e il fondo infrastrutturale invece i canali digitali. Il problema però è il prezzo, 250 milioni, sufficiente a coprire il prezzo di carico di Telecom, ma non quello di Gedi. Quest’ ultima non vanta un diritto di prelazione, ma può negare il consenso alla vendita a condizioni reputate insoddisfacenti. In altre parole, non c’ è la disponibilità del gruppo L’ epresso a segnare una minusvalenza su un asset che produce reddito e che non è stato messo in vendita autonomamente, senza contare che in termini relativi il valore di Persidera per Gedi è superiore a quello che è per Telecom. Se Telecom acquistasse la quota di minoranza per rivendere poi il 100% della società, la questione sarebbe risolta. La Consob ha imposto però a Telecom una procedura di garanzia particolare, sulla falsariga di quanto era stato previsto in passato per Tim Brasil, ai tempi in cui si sospettava che eventuali offerte d’ acquisto potessero far gioco all’ azionista Telefonica. L’ esito quindi non è scontato. In alternativa, trascorso un determinato periodo di tempo, Vivendi si era impegnata a far trasferire la partecipazione in un trust incaricato di vendere, si suppone al meglio, senza cioè alcuna garanzia di poter spuntare una cifra superiore. Il trust di fatto è già stato individuato, perchè in data 23 giugno Bruxelles ha approvato la designazione, fatta da Vivendi, della società anomina parigina Advolis, col compito, all’ inizio, di monitorare il rispetto dell’ impegno preso. Ma anche qui Gedi potrebbe dire la sua. Sempre che Vivendi non decida di tagliare definitivamente la testa al toro, ridimensionando sotto le soglie d’ attenzione la partecipazione in Mediaset che finora ha portato solo grattacapi. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Facebook punta sull’ e-sport

Italia Oggi

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Facebook segue le orme di Amazon e Google e si lancia nell’ e-sport per attirare nuovi utenti: trasmetterà in diretta i tornei di videogiochi con nuovi format che riproporranno, solamente sul social, i migliori momenti e le imprese più spettacolari delle partite. «Stiamo lavorando sodo per costruire un ecosistema di e-sport su Facebook. La consideriamo una priorità», ha spiegato Patrick Chapman, responsabile delle partnership e-sport per il social network, «sulla nostra piattaforma abbiamo una comunità di centinaia di milioni di giocatori». Facebook si è mosso tardi rispetto a competitor del calibro di Google e Amazon, ma già da fine 2016 ha annunciato e stretto una serie di partnership con editori di videogiochi come Activision Blizzard e alleanze strategiche come quella con Nvidia. A gennaio Facebook ha stretto un accordo per trasmettere in esclusiva due dei principali tornei di videogiochi: la Esl Pro Legue di Counter Strike: Global Offensive e l’ Esl One (sia di Dota 2 sia di Counter Strike: Global Offensive), prima legati a YouTube.

La 21st Century Fox si impegna a tenere Sky news nel Regno Unito per 10 anni

Italia Oggi

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21st Century Fox raddoppia il suo impegno da 5 a 10 anni per il mantenimento dei servizi news a marchio Sky nel Regno Unito. Si tratta di una mossa volta a mitigare le preoccupazioni dei regolatori sulla limitazione del pluralismo nel settore dei media in seguito al tentativo di acquisizione del restante 61% di Sky non ancora posseduto dal gruppo di Rupert Murdoch. In una lettera alla Competition and markets authority britannica, i legali di Fox hanno confermato che la società si impegna ad investire in Sky per ulteriori cinque anni. Nella lettera, inoltre, si afferma che gli impegni assunti da Fox non sono più soggetti al controllo della quota del 39,14% (o più) di Sky né di qualsiasi altro successore. La lettera evidenzia che l’ idea per cui l’ acquisizione delle restanti quote di Sky sia una mossa contraria all’ interesse pubblico in termini di salvaguardia del pluralismo mediatico nazionale contiene degli errori tanto legali quanto fattuali. Tuttavia, la società ha rivisto «le misure correttive» nel caso in cui le conclusioni dei regolatori siano confermate. Il 23 gennaio l’ antitrust Uk aveva, infatti, affermato che la proposta di acquisizione da 16 miliardi di dollari del restante 61% di Sky da parte di Fox avrebbe dato alla famiglia Murdoch un’ influenza eccessiva sul settore dei media. Nel frattempo un’ altra notizia arriva dagli Stati Uniti, dove Fox News, il canale del medesimo gruppo, lancerà una piattaforma streaming over-the-top chiamata «Fox Nation», che offrirà programmi d’ opinione ai soli abbonati. Ad essere esclusi dal servizio saranno, però, i contenuti live di Fox News, sebbene molti conduttori saranno una parte importante della piattaforma, con approfondimenti sulle notizie chiave della giornata ed eventi esclusivi e oltre 20 anni di programmi in archivio. In base a quanto dichiarato dalla società, il nuovo servizio dovrebbe debuttare nel quarto trimestre del 2018. Fox ha detto che il prezzo sarà annunciato successivamente. John Finley, senior vice president di sviluppo e produzione di Fox News, ha dichiarato che il servizio è «pensato per i telespettatori più fedeli di Fox News». Lo scorso mese, il canale ha registrato circa 2,5 milioni di telespettatori in prima serata, ben più di quelli di Msnbc e Cnn, e continua ad essere uno dei principali driver per gli utili della sua controllante. © Riproduzione riservata.

La lente Antitrust su MediaPro

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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In queste settimane si sta preparando una bella partita a scacchi per risolvere il rebus dei diritti televisivi sulle partite di calcio della Seria A 2018-2021. E ci sono una serie di mosse già pronte, che però devono attendere l’ ok delle Authority. Lo scorso 7 febbraio, infatti, la Lega Serie A ha notificato all’ Antitrust che l’ offerta migliore era risultata quella dell’ intermediario indipendente spagnolo MediaPro, impegnatosi a versare 1,050 miliardi di euro all’ anno per tre anni. L’ Authority, a partire dal 7 febbraio, ha 45 giorni di tempo per dare o non dare l’ ok alla assegnazione. Deve fare una serie di controlli, che saranno ancor più capillari visto che MediaPro, successivamente al 7 febbraio, ha addirittura cambiato il soggetto di controllo (il fondo cinese Orient Hontai capital ha acquisito il 53,5% della holding Imagina Media audivisual che possiede MediaPro). E il 16 febbraio, infatti, l’ Antitrust ha scritto alla Lega Serie A ponendo 11 quesiti relativi alla solidità di MediaPro, alla sua patrimonializzazione, alla indipendenza effettiva della società, al modello di business che ha in mente. Deve inoltre capire se il bando di assegnazione dei diritti a un unico intermediario indipendente ha rispettato i vincoli della Legge Melandri (soprattutto perché l’ offerta è arrivata da un unico soggetto, MediaPro, senza che altri competessero). Alla fine di queste verifiche dell’ Antitrust (che potrebbero concludersi entro il 24 marzo) l’ iter non è però terminato: tornano in gioco sia l’ Antitrust, sia l’ Agcom che, singolarmente, dovranno valutare il progetto vero e proprio di MediaPro, ovvero i singoli pacchetti proposti al mercato, in modo che sia garantito il pluralismo e non vi siano pacchetti eccessivamente sbilanciati. In conclusione, e ricevuti tutti gli ok, MediaPro, entro 20 giorni, potrà sfilarsi dalla operazione, nel caso di nuovi vincoli o paletti imposti (e in questo caso l’ ipotesi più probabile è un terzo bando indetto dalla Lega Serie A), oppure dovrà presentare una fideiussione bancaria a garanzia dei 3,150 miliardi di euro promessi alla Lega Serie A per il triennio 2018-2021. Chiaro che è interesse di MediaPro coinvolgere in primis Sky e Mediaset Premium, ovvero le uniche due piattaforme con abbonati reali che hanno pagato per vedere le partite di calcio di Serie A. Da un lato, però, è interesse di MediaPro anche rompere il fronte comune di Sky-Premium, presentandosi alla firma della fideiussione con un contratto già in tasca. Dall’ altro, tuttavia, i due soggetti pay, marciando uniti, potrebbero veramente spaventare MediaPro: anche guardando a come si è svolta l’ asta per i diritti della Premier league inglese (Sky e Bt hanno preso il grosso, e, per ora, gli ott alla Amazon sono rimasti alla finestra), le due pay tv hanno una posizione di forza, rappresentando, in sostanza, la stragrande parte del mercato italiano (se MediaPro non vende a loro i diritti, a chi li vende?), e preferirebbero entrambe (più Sky di Premium) acquistare solo i diritti tv, per poi impostare una propria linea editoriale caratteristica, e non comprare, invece, l’ eventuale canale della Lega preconfezionato (che, peraltro, anche la Lega considera sempre una estrema ratio). Con un fronte comune Sky-Premium, in più, è certo che le partite di calcio continuerebbero a vedersi su entrambe le piattaforme pay, con una diffusione ampia e una soddisfazione maggiore da parte di tutto il mercato legato al calcio (tifosi, società e sponsor). Ma la partita a scacchi, come dicevamo, è appena cominciata. © Riproduzione riservata.

Mondadori e il nodo Panorama

Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Fosse per una questione di conto economico e di strategie puramente editoriali, la Mondadori avrebbe già chiuso il settimanale Panorama da almeno quattro anni. Il newsmagazine, infatti, perde soldi. Tanti. Circa 5 milioni di euro di rosso ogni fine esercizio, che diventano 3 solo grazie alle operazioni legate al tour Panorama d’ Italia, agli allegati, agli speciali di Icon, e ai contratti di solidarietà e ammortizzatori sociali vari. Una grande fatica per accumulare 3 milioni di euro di perdite, che vanno a deprimere l’ intero margine della divisione periodici di Mondadori. Ma, si sa, un gruppo complesso come Mondadori è immerso nelle logiche ancor più complicate di una holding come Fininvest: il presidente di Fininvest e di Mondadori, Marina Berlusconi, ha una vera passione per il suo mestiere di editore; il brand di Panorama, nonostante tutto, ha ancora un prestigio; il fondatore del Biscione, Silvio Berlusconi, è impegnato in una spossante campagna elettorale in cui promette crescita e sviluppo, e non può, quindi, permettersi di licenziare. Perciò i vertici di Mondadori si sono già impegnati di fronte al sindacato interno dei giornalisti: non chiuderemo nessuna testata. Tuttavia il prossimo 30 giugno terminano i contratti di solidarietà. E il tema di riparametrare i costi ai ricavi si riproporrà in maniera seria. La redazione di Panorama ha già subito un ridimensionamento molto importante: dalle 113 persone del 2010 alle 37 attuali. Ma, secondo i piani della Mondadori, sono ancora troppe e, soprattutto, hanno stipendi molto spesso fuori mercato e comunque ingiustificati. Sia i redattori, sia alcuni collaboratori esterni. Non è ammissibile, secondo le fonti consultate da ItaliaOggi, che Panorama abbia la redazione più numerosa e costosa della Mondadori, per produrre la perdita più grande tra tutti i periodici della casa editrice. Sarà quindi indispensabile aprire un tavolo azienda-sindacato per discutere sul tema e capire come ridurre i costi. Resta, intanto, aperta anche la strada di vendere a editori terzi la testata settimanale Tu Style. Per ora non sono arrivate proposte concrete, ma dovesse manifestarsi un interesse serio da parte di operatori credibili, la Mondadori è pronta a trattare. Il tutto per dare alla divisione periodici un futuro: fatto di investimenti, in Giallo Zafferano versione cartacea come nelle operazioni digitali, e di ripensamenti del business, con tagli dove è necessario. © Riproduzione riservata.

chessidice in viale dell’ editoria

Italia Oggi

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Mediaset, stipulata fusione con Videotime. È stato stipulato l’ atto di fusione per incorporazione di Videotime in Mediaset. La fusione acquisterà efficacia dal 1° marzo 2018. Gli effetti contabili e fiscali della fusione decorreranno dal primo giorno dell’ esercizio sociale in corso alla data di efficacia. Il progetto di fusione prevede un concambio di 0,294 azioni Mediaset per una azione ordinaria di Videotime. Mediaset assegnerà questi titoli ricorrendo alle azioni proprie detenute in portafoglio. Qualora gli azionisti di Videotime non ricevessero un numero intero di azioni Mediaset, si procederà, in sede di concambio, ad arrotondare il numero di azioni a ciascuno di essi spettante. Gedi News Network, accordo sulle sinergie dei quotidiani. È stata raggiunta ieri l’ intesa sul modello di sinergie editoriali tra i comitati di redazione e la Gedi News Network, la società creata dalla fusione per incorporazione di Itedi in Finegil, laddove la prima è stata l’ editrice di Stampa e Secolo XIX e la seconda ha riunito sotto un unico cappello i giornali locali dell’ ex gruppo L’ Espresso. L’ accordo prevede entro giugno una nuova grafica comune a tutte le testate locali e al Secolo XIX, la sostituzione dell’ Agl di Roma con la Gnn Glocal, che inizierà a operare a partire dal 9 aprile nella redazione torinese della Stampa. La nuova Gnn Glocal, formata da sette giornalisti e con Andrea Filippi come coordinatore e direttore responsabile, realizzerà ogni giorno 8 pagine, di cui 6 di Italia, esteri, economia, una di sport e una di spettacoli/cultura/tendenze. Secondo l’ intesa tutti i giornalisti dell’ Agl saranno riallocati nelle testate del gruppo. Doppio nuovo appuntamento con Toscana Economia. L’ inserto mensile, in abbinata gratuita assieme al quotidiano Il Tirreno, torna in edicola oggi con ventiquattro pagine dedicate all’ economia toscana con un ampio focus sul settore lapideo: il marmo di Carrara e dell’ alta Versilia, un’ eccellenza raccontata attraverso i numeri e le storie dei più grandi imprenditori e delle imprese che contribuiscono da sempre a realizzare i capolavori artistici e le strutture architettoniche firmate da celebri architetti nel mondo. Il secondo appuntamento organizzato dal quotidiano toscano diretto da Luigi Vicinanza è proprio nella capitale del marmo, a Carrara, alle ore 16 di oggi, nella sede dell’ Accademia, con un incontro dal titolo «Marmo, orgoglio toscano». Cinema, record di incassi per Black Panther negli Usa. Ancora numeri record per Black Panther. Negli Usa, durante il ponte festivo del President’ s Day, il film ha conquistato 235 milioni di dollari (circa 190,5 milioni di euro) di incassi, superando ogni previsione. La pellicola prodotta da Disney-Marvel è diretta dal regista afroamericano Ryan Coogler con un cast quasi esclusivamente composto da attori neri, incluso il protagonista Chadwick Boseman nei panni del supereroe Black Panther. Il film entra dunque nella storia del cinema, raggiungendo nei primi tre giorni risultati simili a film come Star Wars: The Force Awakens che aveva toccato i 248 milioni di dollari (201 milioni di euro), Star Wars: The Last Jedi che ne aveva incassati 220 milioni di dollari (178,3 mln di euro), Jurassic World 208 milioni di dollari (168,6 mln di euro) e The Avengers 207 milioni di dollari (167,7 milioni di euro). m2o partner della sfilata di Arthur Arbesser. Nel cuore della settimana della moda di Milano, oggi alle 11.00 presso l’ Ex Casa dell’ Opera Balilla in via Mascagni 6, la radio del gruppo Gedi m2o accompagnerà con la sua musica la sfilata di Arthur Arbesser.

I media che influenzano il voto | Prima Comunicazione

Prima Comunicazione

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Giornali e tv spostano ancora gli equilibri del voto. Cresce il peso di Internet20/02/2018 | 13:03Otto italiani su dieci (il 79%) si interessano di argomenti politici ed elettorali. Lo rende noto l’ ultima rilevazione di Community Media Research in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa secondo cui “più di un terzo degli italiani (37,1%) s’ informa costantemente su quanto accade nell’ arena politica, cui si somma il 41,9% che segue, sebbene più in generale”. Il 16% poi segue con “attenzione più discontinua” e solo il 5% sostiene di non avere tempo.Edicola (Foto: Olycom)Quanto alle fonti di informazione circa la politica, quasi a pari merito, ci sono “internet (26,5%, ma non i social che si fermano al 14,9%), la TV (24,8%) e i quotidiani (22,7%)”. I media tradizionali nel complesso (quotidiani, TV, radio: 53,5%) hanno ancora la preminenza sui nuovi media (internet, social: 41,4%).”Agli old media – spiega La Stampa – sono più affezionati gli adulti (oltre 45 anni) e chi è deciso ad andare a votare; mentre ai new media guardano con favore i più giovani (fino a 44 anni), gli studenti, chi è disilluso della politica ed è indeciso sul voto”. E c’ è anche un 5,1% di chi si affida, inevece, alle relazioni sociali come associazionismo, familiari e colleghi per ottenere news sulla politica.I quotidiani, tuttavia, hanno ancora la leadership (25,6%) nella formazione dell’ opinione, seguiti da internet (22,4% che perde leggermente peso) e dalla tv (18,2% anch’ essa in calo). “Cresce molto, invece, il ruolo della famiglia e degli amici (13,8%) dove la possibilità di dialogo e confronto è maggiore”.I dati dell’ indagine LaST (Laboratorio sulla Società e il Territorio) di Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, sono stati raccolti dal 9 al 22 gennaio 2018 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. I rispondenti totali sono stati 1.482 (su 13.384 contatti).Articoli correlati.

Moscetti: più interazione per spingere i ricavi del Gruppo 24 Ore | Prima Comunicazione

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Moscetti: più interazione per spingere i ricavi del Gruppo 24 OreMoscetti: più interazione per spingere i ricavi del Gruppo 24 Ore20/02/2018 | 15:09″Il 2017 come sappiamo è stato un anno non facile, ma che abbiamo attraversato in modo positivo: sono ottimista”. A dirlo l’ amministratore delegato del gruppo 24 Ore e presidente di 24 Ore cultura, Franco Moscetti, risponde alle domande sui conti del gruppo per l’ intero anno scorso, che verranno approvati il 20 marzo prossimo.”Siamo soddisfatti del lavoro fatto, anche se evidentemente siamo legati all’ andamento del mercato, che per i quotidiani non è stato soddisfacente”, ha precisato il manager a margine della presentazione della mostra ‘Durer e il Rinascimento’ prodotta dal Comune di Milano e dal gruppo 24 Ore.Franco Moscetti”Oltre che sulla continua attenzione ai costi, per il 2018 puntiamo soprattutto allo sviluppo dei ricavi, con una più forte interazione tra le diverse ‘business unit’ del gruppo”, ha aggiunto, specificando che un’ attenzione particolare sarà dedicata ai progetti digitali, “dove non intendiamo semplicemente replicare il giornale su Internet”.

Accordo sulle sinergie dei quotidiani Gedi News Network | Prima Comunicazione

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Accordo sulle sinergie dei quotidiani Gedi News NetworkAccordo sulle sinergie dei quotidiani Gedi News Network20/02/2018 | 18:57A Roma, nella sede dell Fieg, è stato raggiunto un accordo tra i rappresentati della Gedi News Network spa (la ex Finegil) e i comitati di redazione dei suoi quotidiani sul modello di sinergie editoriali.L’ intesa prevede, tra l’ altro, entro giugno una nuova grafica comune a tutte le testate locali e al Secolo XIX, la sostituzione dell’ Agl di Roma con la Gnn Glocal, una nuova Unità organizzativa redazionale che inizierà a operare a partire dal 9 aprile nella redazione torinese della Stampa, formata da sette giornalisti, di cui uno dedicato ai supplenti. Coordinatore e direttore responsabile sarà Andrea Filippi.Viene poi ridefinito il pacchetto informativo, attualmente prodotto da Agl, che potrà utilizzare anche il materiale giornalistico della Stampa. Ogni giornale locale potrà offrire valla Stampa idee e contenuti.La nuova Gnn Glocal realizzerà 8 pagine, di cui 6 di Italia, esteri, economia. Altre due, una di sport e una di spettacoli/cultura/tendenze, potranno eventualmente sostituire pagine prodotte dalle singole testate.Il prodotto quotidiano potrà essere completato da un’ offerta di inserti, in parte nazionali e in parte locali.Sinergia e integrazione riguarderà anche l’ edizione online dei quotidiani lovcali che potranno utilizzare contenuti della Stampa e offrirne di propri.Per comporre la redazione di Gnn Glocal sarà data la priorità ai giornalisti ora in organico all’ Agl. Se se ne rendesse necessario la redazione potrà essere integrata da giornalisti delle testate ex Finegil e del Secolo XIX, che ne fossero interessati, fatte salve le verifiche a livello locale.I giornalisti attaiulemnete alla redazione digitale di Agl saranno integrati nella redazione di Gedi Digital, mantenendo gli stessi compiti si supporto alle redazioni delle testate locali, di sviluppo di nuovi prodotti e formati digitali, di formazione e assistenza.L’ intesa non produrrà ricadute occupazionali con la garanzia che tutti i giornalisti dell’ Agl verranno riallocati.Nell’ ambito del nuovo piano sinergico potranno essere attivati passaggi condivisi tra La Stampa e le testate locali, tenendo conto della disponibilità dei singoli giornalisti, delle esigenze editoriali e aziendali, delle valutazioni professionali dei giornalisti interessati.Articoli correlati.

Persidera, Tim convoca il cda: entro il 28 la risposta alla Ue

Il Messaggero

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L’ OPERAZIONE ROMA In arrivo un cda straordinario di Tim per prendere una decisione sulla vendita di Persidera, di cui l’ ex incumbent ha il 70% e Gedi gruppo editoriale il 30%; venerdì 16 è arrivata solo l’ offerta di F2i-Rai Way, più bassa delle aspettative. Sono in corso sondaggi con i consiglieri di Tim allo scopo di verificare la disponibilità a partecipare a un consiglio nei prossimi giorni: c’ è una convergenza per riunirlo venerdì 23 a Milano e stanno per partire le convocazioni. Va ricordato che Telecom deve dare esecuzione a un impegno assunto da Vivendi il 4 maggio 2017 con la Ue di vendere la maggioranza di Persidera essendo non compatibile con la contemporanea presenza del gruppo di Parigi in Mediaset e quindi in Ei Towers. Per dare il via libera al controllo di fatto di Vivendi su Tim, la Commissione Ue ha quindi imposto la cessione della partecipazione nella società proprietaria delle frequenze nel digitale terrestre. Ed entro il 28 febbraio il gruppo di tlc partecipato al 23,94% da Vivendi che esercita la direzione e il coordinamento, deve dare una risposta all’ Europa su cosa fare della quota nella società dei multiplex. In Persidera, però, il socio di minoranza ha poteri speciali. Telecom e Gedi hanno un patto di co-vendita e il gruppo editoriale ex L’ Espresso ha anche un diritto di veto su alcune operazioni straordinarie. Persidera avrebbe convocato il suo cda per venerdì 2 marzo nel primo pomeriggio, dopo che in un primo tempo avrebbe voluto tenerlo domani. Sembra, però, che i due soci abbiano posizioni differenziate che potrebbero manifestarsi nel board dove Gedi esprime il presidente Massimo Confortini, Francesco Dini, Carlo Ottino, François Charle Dumonteil e il presidente del collegio sindacale Giovanni Barbara. DECISIONE OBBLIGATA Tim non ha vie d’ uscita e obtorto collo deve accettare l’ offerta di circa 200 milioni ricevuta dagli advisor Barclays e Lazard nonostante l’ aspettativa di un prezzo almeno di 300 milioni. Gedi non ha gli stessi obblighi e volendo valorizzare l’ investimento potrebbe spingere per una Ipo. Rischia dunque di aprirsi un altro fronte caldo per Tim dopo quelli con il governo sul golden power, la Consob e Fininvest-Mediaset su Premium che sfocierà in Tribunale. Già nel 2014 Tim avrebbe voluto vendere Persidera: anche allora ricevette una sola offerta da Clessidra, ritenuta bassa. r. dim. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

I diritti tv alla spagnola “Si pagherà di meno e Sky non sarà esclusa”

La Repubblica
MATTEO PINCI
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Tatxo Benet è uno dei soci di Mediapro, il mediatore che ha comprato le immagini della Serie A per il triennio 2018-2021. “L’ asta non generava concorrenza. In un paese in cui gli operatori si sentono a loro agio, non si cresce. Lega Channel? Se i club non vogliono, non si fa” L’ avventura iniziò 23 anni fa con i diritti di un festival jazz ad Andorra. Il prossimo passo sarà distribuire le immagini della Serie A in Italia. Per il via libera dell’ Antitrust forse servirà aspettare il voto del 4 marzo, eppure Mediapro, intermediario indipendente spagnolo che lo scorso 5 febbraio si è aggiudicato per 1 miliardo e 50 milioni i diritti della serie A, non teme sorprese. Anzi. Tatxo Benet, 65enne capace di fondare insieme al socio Jaume Roures uno dei principali gestori di diritti in ambito sportivo, ha le idee chiarissime, «anche perché tutto è stato fatto in accordo con il bando della Lega». Benet, in Italia si dice che il vostro piano finale sia produrre un canale della Lega per trasmettere le partite. «Noi crediamo che con un canale che distribuisca tutto il calcio italiano, Serie A e Serie B, i club incasserebbero più soldi. E sarebbe molto più vantaggioso sotto tanti altri aspetti anche per il futuro della Lega. Discuteremo questa possibilità con le società, ma se alla fine loro o non so chi altro decidessero che il canale non si fa, noi siamo pronti a usufruire dei diritti nel modo in cui ce li siamo aggiudicati, come intermediario indipendente». Non crede che il canale violi la Legge Melandri? «Non discuto la questione legale. Ma abbiamo ottenuto in modo leale e fedele alla Melandri un accordo con la Lega. Il resto è una proposta: saranno le società nel caso ad analizzare le possibilità legali per farlo». Allo spettatore quanto costerà vedere le partite? «Il prezzo per gli abbonati scenderà: diffusione universale a un prezzo differente da quello di oggi. O almeno ci proveremo». Non potete essere certi che la proporzione funzioni. «Nella Liga fu così. Prima che entrassimo sul mercato, in Spagna si pagavano 12 euro a partita. Ora, con 11 euro, vedi quasi tutte le partite della Liga». Ci spiega la vostra idea? «In Spagna il canale della Liga è in realtà beIN Sports, interamente nostro. Il canale detiene le 8 migliori partite della Liga. E le trasmette su Movistar, su Vodafone, su Orange, sugli Ott (come Google, Facebook, Youtube, ndr). L’ idea è la stessa: vendere a tutte le piattaforme disponibili e allo stesso prezzo per tutti, con una percentuale sugli ascolti». Sky però ha fatto arrivare una diffida allo sviluppo dell’ idea del canale. «Ho letto alcune dichiarazioni di Sky e mi pare siano un po’ preoccupati. Ma non devono agitarsi, noi garantiamo che in ogni caso non lasceremo né Sky né nessun altro fuori dalla distribuzione del calcio». Quindi i loro abbonati vedranno il campionato anche il prossimo anno? «Possiamo dire ai loro abbonati che se Sky fa un accordo con noi, noi siamo apertissimi a trattare». Quali possono essere i termini di un accordo con le tv? «Impossibile dirlo adesso, ma negozieremo con tutti». Qualcuno dubita che Mediapro abbia le garanzie a copertura di un affare da oltre 3 miliardi. « Mediapro fattura un miliardo e 680 milioni all’ anno. Sono certo siano sufficienti a garantire copertura all’ offerta». Come nasce il vostro interesse per la Serie A? «Siamo una società internazionale, siamo in 40 città di 25-30 paesi differenti e siamo sempre in cerca di opportunità commerciali. Abbiamo fatto un’ analisi sull’ evoluzione dei diritti della Serie A, domestici e esteri, e abbiamo notato che il valore è congelato da anni, mentre in tutti i campionati d’ Europa, Francia, Spagna, Germania, di valore simile o addirittura inferiore, il prezzo dei diritti è aumentato tantissimo. Abbiamo visto l’ opportunità di portare in Italia il nostro modello» Perché questa stasi in Italia? «La formula dell’ asta non generava molta concorrenza. E in un posto in cui lavorano operatori che si sentono a proprio agio, è difficile che si possa crescere». Valutate l’ idea di vendere pacchetti di gare ridotti? «Spacchettare il prodotto non è possibile». Pensa che il nuovo ad della Serie A sarà Tebas? «Sapete che la Liga ha votato a favore della conferma di Tebas. Credo che resterà alla Liga. Ma non sono Tebas, non posso dirlo io…». © RIPRODUZIONE RISERVATA Tebas amministratore delegato della Lega? Non posso dirlo io, ma la Liga ha votato la sua conferma e credo che resterà in Spagna Un intervento di Samir Handanovic a San Siro durante Inter-Juventus del campionato scorso CLAUDIO VILLA – INTER/ INTER VIA GETTY IMAGES Un progetto nato nel 1994 Tatxo Benet, 65 anni, è il socio di Jaume Roures che nel 1994 fondò con lui Mediapro: oggi detiene i diritti della Liga e se l’ Antitrust darà il via libera anche quelli della Serie A.

«Squadristi? No, questa è democrazia»

Il Mattino

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«Noi abbiamo una forte cultura democratica, è la nostra storia a parlare». Francesco Piccinini, direttore di Fanpage.it, a «Un Giorno da Pecora», su Rai Radio1, così risponde a chi gli chiede di commentare le parole del governatore della Campania De Luca che ha definito la redazione del quotidiano on-line autore della video inchiesta su rifiuti, appalti e politica, «squadristi» e «camorristi». Nel video c’ è il passaggio della valigetta, con la presunta mazzetta: «È vuota, anzi l’ abbiamo riempita di spazzatura. Lo scambio della valigetta è avvenuto nel salotto buono della città, in mezzo alla strada, così eravamo sicuri che non l’ avrebbero aperta».

Rifiuti, cade un altro uomo legato al governatore De Luca

La Stampa
GRAZIA LONGO
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L’ inchiesta giudiziaria sulle tangenti per la raccolta rifiuti e la conseguente polemica politica infervorano la campagna elettorale. «Ho querelato Di Maio» tuonava ieri mattina il governatore della Campania Vincenzo De Luca, padre di Roberto, che si è dimesso dalla carica di assessore comunale a Salerno dopo essere stato indagato per corruzione. «Come si vede dai video di Fanpage, Tangentopoli non è mai finita – la replica del leader del M5S Luigi Di Maio -. È allucinante, sembra di vedere Gomorra». E intanto sul sito Fanpage.it scorrono le immagini di un video con una valigetta spacciata come piena di 50 mila euro (in realtà non c’ è denaro) per pagare una mazzetta. Rory Oliviero, Udc, ex presidente del consiglio comunale di Ercolano e Biagio Iacolare presidente del consiglio d’ amministrazione della Sma e vicino al governatore De Luca parlano con il pentito Nunzio Perrella. La quota di tangente, «tanto per iniziare, per garbo – dice Oliviero – è di 50mila euro, 25mila euro a me, prima che facciamo l’ invito e 25mila euro al momento della firma». E Perrella allora chiede: «ma in futuro?». «Poi decidiamo assieme di volta in volta», la risposta». Rory Oliviero, inoltre, tira in ballo Giuseppe De Mila (nipote dell’ ex segretario Dc ed ex premier Ciriaco), candidato Pd alle prossime Politiche. «Io sono il delfino di Giuseppe De Mita» dice Oliviero, ma in realtà non ce n’ è traccia nei filmati. Nel frattempo è caduta un’ altra testa. Biagio Iacolare, presidente della Sma, società in house della Regione per la tutela dell’ ambiente, non indagato, ma citato in un video pubblicato da Fanpage, ha annunciato le dimissioni. Sul fronte politico, invece, il Pd campano prende le distanze dal governatore De Luca. Tommaso Ederoclite, presidente dei dem a Napoli, gli scrive una lettera su Facebook: «Ti chiedo di lasciare perdere queste boutade aggressive e fuori dalle righe, chiamando “camorristi” e “squadristi” i ragazzi di Fanpage.it. Certo, qualcuno esagera nelle dichiarazioni pubbliche, qualcuno forse è spinto anche da motivazioni politiche oltre che professionali e civiche, ma la gran parte di loro ci mette cuore ed anima, passione ed orgoglio». Mentre il parlamentare grillino e capogruppo in commissione Giustizia alla Camera, Vittorio Ferraresi, invoca l’ istituzione dell’ agente provocatore: «necessario per combattere con più efficacia la corruzione». E l’ ex premier Matteo Renzi incalza: «Roberto De Luca si è dimesso dopo l’ avviso di garanzia, altri no. La Raggi non si è dimessa, per me ha fatto bene. Io in tredici anni non ho preso un avviso di garanzia, sono tra i pochi politici italiani, evidentemente non conto davvero nulla. Avendo le carte in regola secondo il pedigree grillino, non ci sto a fare una campagna elettorale in cui vengono a mettere i puntini sulle `i’ quelli che hanno candidati dei truffatori. Non ci sono truffatori nel Pd». Intanto su Fanpage si annunciano nuovi video, sul Porto Marghera a Venezia, che chiamano in causa altri politici. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

Sma, lascia il presidente De Luca querela Di Maio

Il Sole 24 Ore

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Terza puntata online della video inchiesta di Fanpage.it su rifiuti, appalti e politica in Campania («con tanto di consegna di una valigetta con le tangenti da pagare », ha spiegato il sito in una nota) e nuove polemiche. «La giunta campana se ne deve andare a casa. È inquinata», ha detto il leader M5s Luigi Di Maio. Pronta la replica del governatore Vincenzo De Luca: «Ho dato mandato ai miei legali di querelare Luigi Di Maio per le dichiarazioni rilasciate ieri e nei giorni scorsi. Invito Di Maio, membro autorevole della casta a 15mila euro al mese, a rinunciare all’ immunità parlamentare». Parole su chi ha aggiunto il carico il segretario Pd Matteo Renzi: «De Luca ha querelato Di Maio, e poiché Di Maio dice di essere un cittadino modello, gli chiedo: rinunci all’ immunità parlamentare». Intanto ieri Biagio Iacolare, presidente della Sma Campania, società in house della Regione per la tutela dell’ ambiente, coinvolto nell’ inchiesta della procura di Napoli su promesse di tangenti documentate nei video di Fanpage, si è dimesso dall’ incarico. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

L'articolo Rassegna Stampa del 21/02/2018 proviene da Editoria.tv.


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