Indice Articoli
Chiusa l’ Unità, Pessina finanzia Berlusconi
Napoli, l’ Ordine difende la bufala
Assegnati i premi «Giustolisi» per il 2017
Sulla pubblicità Google e Facebook dettano il ritmo
Il giornalismo è rovinografico
Nella tv futura big del web e telco
Medusa punta sugli autori italiani
Pubblicità, i dieci mesi a -0,4%
Tv: -2,9%. Discovery +9,1%, La7 -1,1%, Mediaset -1,8%, Sky -3,1%, Rai -9,1%
Crisi a «Famiglia Cristiana» E i giornalisti digiunano per protesta
Famiglia Cristiana sciopero della fame e niente messa per fermare i tagli
La riscossa dei giornali
Italia Oggi
CARLO VALENTINI
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Il 2017 è il primo anno in cui (nel mondo) la pubblicità sul web (209 miliardi di dollari) ha superato quella nella televisione (178 miliardi di dollari). La forbice sembra destinata ad allargarsi, secondo il sito WebMarketingManager: nei prossimi cinque anni la pubblicità online/digitale arriverà a 348 miliardi di dollari mentre quella televisiva non raggiungerà i 200 miliardi di dollari. In parte è la riscossa dei giornali che dopo anni di sofferenza pubblicitaria per colpa della tv riescono per la prima volta a rosicchiare quote non marginali di mercato pubblicitario con le loro edizioni online proprio alla nemica televisione. Insomma, chi la fa l’ aspetti. © Riproduzione riservata.
Chiusa l’ Unità, Pessina finanzia Berlusconi
Il Fatto Quotidiano
Luciano Cerasa
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ANatale dobbiamo essere tutti più buoni, come ci ricorda ogni anno la pubblicità del panettone e oltre ai regali da destinare ad amici e familiari è il momento di rivolgere un fattivo pensiero anche ai nostri impegni e doveri verso la società. Il costruttore milanese Massimo Pessina, socio di maggioranza della casa editrice del quotidiano l’ Unità e con una quarantina di lavoratori tra giornalisti e poligrafici finiti in cassa integrazione, pare abbia destinato a questo capitolo edificante del suo budget personale ben diecimila euro. Una bella sommetta, per un imprenditore ufficialmente in difficoltà, che divisa per 40 si tradurrebbe in un piccolo sollievo di 250 euro da mettere sotto l’ albero dei suoi esausti dipendenti, ancora in attesa degli stipendi degli ultimi mesi e, nel caso dei poligrafici, anche dell’ erogazione del primo assegno della cassa integrazione. Tutto è bene quello che finisce bene, quindi, sentenzierebbe William Shakespeare a chiosa di questa bella storia natalizia, se non fosse proprio per il finale, anzi della fine che Pessina avrebbe fatto fare ai diecimila euro. Antipasto tricolore, pasta al pesto ai quattro formaggi, sformato di melanzane e panettone artigianale: è il menu a prezzo fisso che il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha offerto l’ altra sera a una ventina di imprenditori, tutti accorsi alla sua tavola per finanziargli la campagna elettorale, anche se l’ ex Cavaliere mantiene il primato di essere uno degli imprenditori più ricchi del pianeta. La quota da versare, appunto diecimila euro a testa, comprendeva, oltre al godimento per essere accolti dall’ anziano tycoon in persona, anche l’ apertura straordinaria della casa di Arcore, per la prima volta messa a disposizione per una banale iniziativa di fundraising. E chi c’ era, tra quei “fortunati” commensali, secondo quanto riportato dai cronisti di Repubblica e Libero? Proprio Massimo Pessina, l’ editore del fu quotidiano della sinistra storica che, finito nelle mani del costruttore grazie ai buoni uffici di Matteo Renzi, ha cessato le pubblicazioni nel giugno scorso, dopo mesi di impegni non mantenuti e a distanza di ben 93 anni dalla sua fondazione. La gestione di Pessina con il rinnovato impegno del Pd è durata due anni, dal momento della terza riapertura nel giugno 2015 alla nuova chiusura. Il nuovo socio aveva sottoscritto dieci milioni di euro, ma non tutti, pare, ancora versati. Investimenti azzerati, redazione e distribuzione strozzate di pari passo al crollo delle copie vendute, una linea editoriale schiacciata su Matteo Renzi, hanno convinto lo stesso Pessina di aver fatto un pessimo affare e della necessità di cercarsi nuovi padrini politici. Ad attrarre ad Arcore l’ ex editore dell’ Unità sarà stato decisivo il programma illustrato da Berlusconi insieme alla coordinatrice per la Lombardia, Mariastella Gelmini al dessert: meno tasse, pensione specifica per le donne e più diritti per gli animali.
Napoli, l’ Ordine difende la bufala
Il Fatto Quotidiano
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Diceva Rafa Benitez, non solo allenatore ma anche intellettuale ispanico, che Napoli vincerà o cambierà quando “smetterà di pensarsi diversa dal resto del mondo”. Invece Benitez è stato frettolosamente dimenticato e Napoli continua a essere speciale per molti versi. Come nel caso della finta rapina allo scrittore americano Bruce Sterling, autore di fantascienza. Sterling è stato a Napoli per una conferenza all’ Università e il giorno dopo Mattino, Repubblica locale e Corriere del Mezzogiorno, imbeccati da un anonimo accademico, hanno scritto che lo scrittore era stato vittima di una rapina a mano armata. Incerto il luogo del misfatto: piazza Garibaldi o addirittura la lontana Pompei. A quel punto la moglie dello scrittore è intervenuta su Facebook per smentire: è stato un borseggio, senza minaccia di pistole, avvenuto in piazza Municipio. La donna ha pubblicato anche la denuncia fatta alla polizia. In una città normale i giornali interessati avrebbero dato conto della smentita. Ma Napoli è Napoli e la tesi della rapina a mano armata è stata confermata a onta dell’ evidenza. E l’ altro giorno persino il presidente dell’ Ordine dei giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, ha difeso pubblicamente la fake news diramata dai tre quotidiani dalla “macchina del fango dei social”.
Assegnati i premi «Giustolisi» per il 2017
Il Sole 24 Ore
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Sono stati individuati i vincitori della terza edizione del Premio per il giornalismo d’ inchiesta “Giustizia e verità” intitolato al giornalista Franco Giustolisi, scomparso il 10 novembre 2014 e autore, tra l’ altro, del libro “L’ Armadio della Vergogna” sulle stragi nazi-fasciste rimaste per lungo tempo nascoste e impunite. Le giornaliste Valeria Ferrante e Marilù Mastrogiovanni sono le vincitrici, ex aequo, del “Premio Franco Giustolisi Giustizia e verità”. La prima per l’ inchiesta sui possibili inquinamenti delle Ong a causa delle connessioni con il traffico di migranti nel Canale di Sicilia, per la trasmissione “Agorà” su Rai 3; la seconda per il suo portale su fatti e misfatti della Sacra Corona Unita, e perché, nonostante giornalista precaria, continui a informare combattendo contro le minacce che la costringono a vivere sotto protezione. La giuria ha assegnato, poi, a Ilaria Bonuccelli il premio speciale “Franco Giustolisi – Fuori dall’ Armadio”, promosso dal presidente del Senato della Repubblica, per la sua inchiesta originale sui call center. Gli altri premi 2017 sono stati assegnati per il libro inchiesta a Maurizio Molinari per “Il ritorno delle tribù” (Rizzoli); premio speciale della Giuria “Una vita per il giornalismo” a Ferruccio de Bortoli; premio speciale “Per la difesa del patrimonio culturale” a Fabio Isman; premio “Memoria e verità” a Donatella Alfonso per il libro “La ragazza nella foto”; premio “Voci dai fatti” a Raffaella Calandra per la trasmissione “Storiacce” su Radio24. L’ edizione 2017 vede, per la prima volta, una sezione dedicata alle scuole promossa dal Comune di Boves, sede dell’ edizione 2017. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Sulla pubblicità Google e Facebook dettano il ritmo
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Gli occhi sono puntati al 2018 con l’ incognita della mancata partecipazione dell’ Italia ai Mondiali di calcio in Russia. È evidente che in quel caso gli investimenti pubblicitari delle aziende sarebbero stati maggiori di quanto ora ci si possa attendere. Alberto Dal Sasso ricorda poi il «periodo iniziale di incertezza elettorale» con l’ approssimarsi delle elezioni politiche. Detto questo, Nielsen confida in una chiusura 2017 positiva e buone speranze per il 2018. Per ora però, a guardare i dati diffusi ieri e relativi ai primi dieci mesi dell’ anno, il barometro fatica a virare verso il bello, con un gennaio-ottobre in calo dello 0,4 per cento. Il risultato sarebbe anche peggiore (-3,1%) se dal computo si sottraessero search e social (leggi Google e Facebook). Nel solo mese di ottobre con Google e Facebook la raccolta risulta in crescita dello 0,9% («positiva anche se un po’ sotto le aspettative», commenta Dal Sasso); senza si va in negativo: -1,8 per cento. Insomma, i colossi del web stanno dettando il ritmo. E se a fine 2016 il digital valeva il 28% circa degli 8,2 miliardi complessivi, è pressoché sicuro che questa quota salirà per un 2017 in cui, come si vede, Google e Facebook l’ hanno fatta da padrone anche nel confronto con una Tv che resta leader per investimenti (3 miliardi nel gennaio-ottobre su 5 complessivi, ma sempre senza calcolare Google e Facebook) ma che ha chiuso in negativo sia ottobre (-3,7%) sia il periodo cumulato (-2,9%). Secondo le elaborazioni del Sole 24 Ore, nel comparto solo per Discovery la raccolta risulta in crescita nei dieci mesi (+9,1% a 198,3 milioni su 2,7 miliardi totali). In negativo invece Rai (-9,1% a 599 milioni) e Sky (-3,1% 373,2 milioni) penalizzate dagli eventi sportivi del 2016, La7 (-1,1% a a 124,5 milioni), e Mediaset (-1,8% a 1,7 miliardi). Per il gruppo di Cologno il mese di ottobre è stato poi particolarmente avaro di soddisfazioni (-7,9%) – anche se la chiusura d’ anno è attesa in positivo (+0,5%) – con Rai ferma, La7 in calo del 2,9% e Sky e Discovery a +6,9% e +7,5 per cento. Migliora la radio (+5,4% a 327,5 milioni) mentre per quotidiani e periodici non si vede l’ uscita dai segni meno sia per ottobre (rispettivamente -4,3% e -9,7%) sia per i dieci mesi (-9,2% e -6,7%). In questo quadro il settore della stampa cartacea confida negli effetti del credito d’ imposta sulla pubblicità incrementale per 2017 e 2018. L’ agevolazione (75% o 90% se a investire sono Pmi o startup innovative) introdotta dalla manovra correttiva 2017 e fortemente richiesta dalla Fieg, è prevista per chi farà investimenti superiori, a partire dal 24 giugno 2017, dell’ 1% al valore degli investimenti, di analoga natura, effettuati nell’ anno precedente. La dote è di 62,5 milioni: 50 per gli investimenti sulla stampa (20 per quelli nel secondo semestre 2017 più 30 da effettuare nel 2018) e 12,5 milioni per investimenti su tv e radio locali nel 2018. Per quanto riguarda i settori, il trend è stato positivo in particolare per auto (+1,1%), farmaceutica (+0,9%) ed elettrodomestici(+23,6%). All’ opposto tlc (-5,5%), alimentari (-4,5%) e distribuzione (-9,1%). © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Il giornalismo è rovinografico
Italia Oggi
DOMENICO CACOPARDO
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La conclusione della legislatura porta con sé il peggio della tradizionale disinformazione che regola il sistema, privilegiando non solo le fake news, ma anche le vere sciocchezze, quelle affermazioni più o meno apodittiche con le quali il politicante di turno, in questo caso l’ inconsapevole Luigi Di Maio, cerca di imbonire un pubblico che, per definizione e per pratica propagandista, è beota, capace, quindi, di bere tutto. Il vizio viene da lontano, da quando l’ informazione italiana era in bilico tra l’ obbedienza al regime (democristiano) e l’ obbedienza ai suoi nemici. Nonostante tutto, peraltro, c’ erano dei limiti evidenti e riconoscibili, talché la Rai di Bernabei e di Fabiani aveva innovato e molto il costume mediatico nazionale, dando spazio a una comunicazione non legata o succuba dei partiti, anche se TeleKabul, il terzo canale della televisione di Stato, s’ era caratterizzata, sin dall’ inizio, per una pedissequa osservanza e promozione delle esigenze di Botteghe Oscure, la via che dava il nome al Pci. Rimane, di fondo, la diffusa tentazione di andare in soccorso del vincitore possibile (vedi la subordinazione alle esigenze dei 5stelle) e un’ attenzione spasmodica a fenomeni eversivi del sistema giuridico-istituzionale vigente (vedi l’ enfasi con la quale vengono trattate la corruzione, l’ antimafia canonica e, da ultimo, il livello di povertà). Per spiegare meglio, segnalo che ieri un giornale ben pensante e liberale (una volta, almeno) come La Stampa titolava «Record amaro: oltre 10 milioni di persone vivono in stato di estrema privazione. Nel 2016 situazione migliorata. Povera Italia, siamo ultimi in Europa». Nel testo invece si scopriva che: 1) nel 2016 ci sono stati 3,4 milioni di indigenti in meno; 2) che non è vero che in Italia ci sono più poveri che altrove in Europa; 3) che insomma l’ azione del governo su questo terreno ha funzionato. 4) e che, infine, il problema riguarda anche la Francia e la Germania (oltre che, in modo catastrofico la Romania) ed è frutto del combinato disposto di tre fattori ineluttabili: la globalizzazione; l’ impatto tecnologico; la crisi del 2008. Uno sputtanamento come un altro. Tanto per tornare su un argomento che abbiamo trattato più volte, dedichiamo qualche riga alla corruzione. Benché giornali e politici contribuiscano ad accendere di indignazione il cittadino comune sulla base di un elemento farlocco come la «corruzione percepita» cioè i titoli di giornale (cosicché i paesi con la stampa sotto controllo, vedi la Russia, in cui non è possibile scrivere di corruzione, risultano esenti o quasi dal fenomeno), quando ci si trasferisce su fonti attendibili possiamo constatare come il fenomeno sia di modesta e marginale entità in Italia sia per l’ Osservatorio di Bruxelles, messo in piedi dall’ Unione, che per il nostro Istat che ha realizzato un’ approfondita inchiesta sul fenomeno dalla quale risulta che solo l’ 1,2% delle famiglie ha ricevuto richieste di denaro e altri benefici in cambio di servizi dovuti o di agevolazioni (legali e illegali). E parliamo dell’ 1,2% delle famiglie, cioè dello 0,5/0,6% dei cittadini. Ma questo non interessa ai nostri padroni del vapore informativo. Interessa delegittimare il sistema, la politica, quando non è «fake», demagogia e menzogna, alimentare uno scontento e una contestazione sociale alla luce di numeri ingiustificati, capaci comunque di riportare il Paese alla barbarie del 1922. Già, infatti, siamo sull’ orlo del precipizio di una politica-antipolitica che distrugge i fondamenti della democrazia liberale, tanto ignoti da consentire allo sciocco (politico) del momento, il predetto Luigi Di Maio, di annunciare per la prossima legislatura l’ introduzione del «vincolo di mandato», l’ obbligo cioè, per gli eletti, di obbedire al partito e, nel suo caso, al comico ducetto genovese, Beppe Grillo. Insomma, la vittima sacrificata di questi tempi è la verità. Per essa ci siamo battuti e continueremo a batterci. ©Riproduzione riservata.
Nella tv futura big del web e telco
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Fino a pochi anni fa in Italia si dibatteva su temi come «la concessione governativa necessaria per trasmettere un canale televisivo nazionale», «mandare Rete 4 sul satellite», «fare pagare un’ Iva maggiorata sui ricavi dei film a luci rosse del bouquet di Sky». Ora tutto ciò è preistoria, spazzato via dal mondo digitale dove gli over the top alla Netflix, con una app, trasmettono liberamente e a chiunque qualsiasi contenuto. E in Europa, col Mercato unico digitale (Mud) al via nel 2020 e la transizione agli standard DVB T2, che comporterà la sostituzione di tutto il parco televisori, si sta per ripartire da zero: non si ragionerà più per canali o per piattaforme, ma solo per contenuti, visti attraverso questa o quella app. In tale nuovo scenario le prime a dover ripensare al loro modello di business saranno le pay tv tradizionali, quelle con una clientela più giovane, moderna, benestante, sempre aggiornata, che sarà però la più rapida ad abbandonare i contratti da decine di euro al mese, decoder, parabole, ferraglia varia, privilegiando invece modalità di consumo di contenuti più agili, disponibili a casa e in mobilità, a prezzi più bassi e con grande semplicità di ingresso e uscita dal contratto. Con il Mercato unico digitale e la libera circolazione internazionale dei diritti tv, anche le aste per i diritti stessi, in particolare quelli dello sport, assumeranno una scala paneuropea. Con cifre monstre in ballo e leve finanziarie che potranno permettersi solo due tipi di soggetti: i giganti del web, alla Amazon, Facebook, Google o Apple; i grandi gruppi di telecomunicazioni. All’ interno di questa cornice va quindi letta l’ operazione Disney-Fox. Un deal che il Financial Times stima in 60 miliardi di dollari (51 mld di euro), e con il quale Rupert Murdoch si appresta a cedere le società di produzione cinematografica e televisiva di Fox, 22 canali tv sportivi via cavo, Fx, Natgeo, Star tv (India), il 30% di Hulu (streaming a pagamento) e il 39% di Sky in Europa. Anche Murdoch, insomma, pare aver compreso che occorrono dimensioni maggiori per poter competere nel futuro, e che il suo gruppo dovrà confrontarsi con giganti come Amazon e Facebook. Passa quindi all’ incasso, in una operazione che, peraltro, qualcuno potrebbe anche leggere come un Murdoch che mette il suo zampino in Disney (è previsto infatti pure uno scambio di azioni), e che quindi non esce di scena, ma, anzi, rilancia. «Non c’ è dubbio che il Mud e la sostituzione del parco tv, con l’ arrivo delle nuove smart tv nelle case di tutti, comporteranno un rimescolamento delle carte mai visto prima», spiega Massimo Donelli, ex direttore di Canale5 e ora media consultant e docente di broadcasting management alla Università della Svizzera italiana di Lugano. «Il Mud avrà per la tv lo stesso effetto che ebbe la sentenza Bosman sul mondo del calcio. Ci sarà la libera circolazione dei contenuti digitali, certo con necessarie misure Antitrust, ma cambierà tutto. In un lampo si passa dal broadcast al broadband. Non hai più bisogno di una piattaforma per fare vedere il tuo canale tv. Ti fai un over the top, ti compri i contenuti o li produci in casa, e la tv è fatta. Non devi acquistare o affittare frequenze, oppure andare a chiedere spazio alle piattaforme di Sky o Mediaset premium. Questo nuovo mercato», conlcude Donelli, «comporta però dei volumi finanziari che si possono permettere solo due tipi di aziende: o i big del web, o le telco». Il modello tradizionale della pay tv entra in crisi: da un lato insegue la tv generalista, dall’ altro gli over the top, ma non è più lui a dettare la linea dell’ innovazione. La tv generalista, invece, sopravvive (il suo target è un po’ più lento nel cambiare abitudini), ma con ascolti in calo, senza sport, film di pregio o serie tv di grande qualità. Dovrà puntare a quell’ intrattenimento caldo e locale di cui parla spesso l’ amministratore delegato di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi. Un contenuto, tuttavia, piuttosto costoso, con un parco artisti che invecchia e senza ricambi in vista, in un contesto dove il prezzo degli spazi pubblicitari è in decrescita costante, e in cui sono sempre meno le aziende che devono per forza pianificare il grande evento televisivo per raggiungere il loro target. Nel mercato un tempo monopolio dei broadcaster televisivi entreranno massicciamente, come detto, sia i big player del web sia le telco. E lo sport sarà la grande leva. Amazon Prime, per esempio, si è già aggiudicata i diritti esclusivi dei tornei Atp di tennis per il Regno Unito, versando circa 10 milioni di sterline all’ anno (11,4 mln di euro). Negli Usa si è buttata sui diritti tv della Nfl (football), così come Twitter. Mentre Facebook, insieme con Amazon, potrebbe partecipare alla prossima asta di febbraio per i diritti tv 2019-2022 dei match della Premier league inglese di calcio. Non si può, peraltro, escludere che nei prossimi mesi uno tra Amazon, Facebook o Apple possa comprarsi Netflix, e quindi chiudere il cerchio. I grandi gruppi di telefonia, invece, hanno raggiunto una saturazione nei loro business tradizionali: le offerte di fibra o di telefonia mobile si assomigliano un po’ tutte. E alla loro proposta commerciale devono ora affiancare una terza leva, quella di contenuti esclusivi. Non film, che ormai hanno tutti. Ma eventi live, in diretta. E, quindi, diritti tv dello sport. Se Vodafone o Wind o Tim mettono sul piatto le partite del Milan o dell’ Inter in esclusiva, questa è di certo una ottima motivazione per sottoscrivere i loro contratti. Tornando però alla cessione di molte attività di Fox alla Disney, si devono anche sottolineare motivazioni legate ad alcune preoccupazioni sul futuro stesso di Disney: dopo molti decenni, la gallina dalle uova d’ oro del gruppo, ovvero la tv sportiva via cavo Espn, ha iniziato a battere in testa, con un calo di abbonati; pure gli utili e i margini del gruppo, nel 2017, diminuiscono; e anche gli incassi del comparto cinema, quest’ anno, non brillano. Di Fox, quindi, fanno gola sia i brand cinematografici (Alien, Avatar, Titanic, Pianeta delle scimmie, X-Men), che Disney sarebbe bravissima a valorizzare così come ha fatto negli ultimi anni con Star Wars o tutti i supereroi della Marvel, sia il 30% di Hulu, offerta in streaming che potrebbe competere con Netflix. Disney, infatti, è ben conscia che gli ott in streaming riescono a raccogliere big data tali per cui possono poi investire nella produzione di serie tv di sicuro successo. Una cosa ancora molto diversa dai film per il cinema, dove invece si investono centinaia di milioni di euro, ma senza avere la certezza di non sbagliare un colpo. E non è un caso che Star Wars, il cui ultimo capitolo è uscito ieri nelle sale italiane, stia per diventare anche una serie tv. © Riproduzione riservata.
Medusa punta sugli autori italiani
Italia Oggi
GIANFRANCO FERRONI
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Segno meno per gli incassi (-13%), ma con un’ alta qualità di film. Medusa però chiude la stagione con ottimismo, aspettando il prossimo successo di Checco Zalone. Per l’ amministratore delegato e vicepresidente Giampaolo Letta, che guida la società cinematografica del gruppo Mediaset, la mission è confermata: «Puntiamo ancora su Italia e qualità». Medusa è il secondo distributore italiano dopo 01, e ha potuto contare su incassi record come quelli del film L’ ora legale, con biglietti venduti per oltre 10 milioni di euro. Ed è leader, nelle ultime tre stagioni cinematografiche, nella classifica dei film italiani che hanno incassato più di 2 milioni di euro. Nella seconda parte della stagione Medusa vanta ben due film nella classifica dei primi 10 italiani: La ragazza nella nebbia, film scritto, diretto e tratto dall’ omonimo bestseller di Donato Carrisi, con un box office di oltre 3,6 milioni di euro che è anche il miglior successo italiano non di commedia in tutto il 2017 e The Place di Paolo Genovese, con un incasso di oltre 4,2 milioni di euro. La legge sul cinema e l’ audiovisivo voluto dal numero uno del ministero dei beni e le attività culturali e del turismo Dario Franceschini riceve elogi da parte di Letta, ma anche qualche appunto: «La legge di sistema è positiva, ma c’ è troppa disparità di trattamento tra i soggetti indipendenti e quelli che non lo sono come Medusa, Rai Cinema e Vision. Per i primi c’ è un credito di imposta al 30% che non vale per noi e questo non lo trovo giusto. Alla fine siamo noi a sostenere il cinema. E poi le quote non possono piacere mai». Con Medusa che contesta gli obblighi per le reti televisive di trasmettere film di produzione italiana ed europea: «Lo dico anche pensando a La7». Per Letta, «dato che ormai non produciamo né distribuiamo tantissimi film, ci siamo concentrati sempre di più sul cinema italiano e su pochi stranieri. Va detto che le cose sono cambiate e un incasso di 2 milioni di euro oggi è considerato dignitoso o più che dignitoso. Puntiamo così sul solo cinema italiano nel rispetto di qualità e rendimento, tenendo conto che è sempre più difficile, tranne per i blockbuster, portare in sala il pubblico e farlo stare lì per due ore». Novità nel listino: torna alla regia Luciano Ligabue con Made in Italy, con Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, segue Matrimonio italiano di Alessandro Genovesi con Diego Abatantuono e Salvatore Esposito nell’ inedito ruolo di gay, passando per Vincenzo Salemme con Una festa esagerata e Paolo Genovese con Il primo giorno della mia vita. Dopo l’ estate arriveranno Io te & Sofia di Guido Chiesa, Il vizio della speranza di Edoardo de Angelis e due remake: Alibi.com dalla commedia francese di Philippe Lacheau, diretto da Volfango De Biasi, e Truman dall’ omonima commedia spagnola sull’ amicizia diretta da Cesc Gay. Sospeso invece il contratto che impegnava il regista Fausto Brizzi a scrivere un film per Medusa a gennaio. «Abbiamo deciso insieme di congelarlo. Trovo assurda la gogna mediatica che ha fatto di lui un mostro. Bisogna aspettare che su questa vicenda si faccia luce. Diciamo che in questo momento sarebbe stato inopportuno per lui mettersi al lavoro con l’ obiettivo di girare in primavera e arrivare nelle sale in autunno. Nessun motivo censorio, abbiamo concordato la cosa migliore da fare in questo contesto». Letta non vuole tornare «all’ Ottocento»: però la possibilità di introdurre come negli Usa clausole morali sui prossimi contratti «è qualcosa su cui si può riflettere». L’ occhio di Medusa comunque è puntato sul recordman del cinema, Zalone: «Sta scrivendo il fim, per ora la regia non è stata assegnata ma non sarà di Gennaro Nunziante, la produzione è di Taodue e sarà nelle sale a gennaio 2019», sottolinea Letta. Leccandosi i baffi ripetendo la cifra incassata con l’ ultima pellicola del comico pugliese: «Ben 65 milioni di euro». © Riproduzione riservata.
Pubblicità, i dieci mesi a -0,4%
Italia Oggi
MARCO LIVI
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Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia chiude il mese di ottobre in crescita dello 0,9% (-1,8% senza search e social). La raccolta nel periodo consolidato gennaio-ottobre 2017 rimane invece in calo dello 0,4%, rispetto allo stesso periodo del 2016. Se si esclude dalla raccolta web la stima Nielsen sul search e sul social, l’ andamento dei 10 mesi registra una contrazione del 3,1%. «La crescita del mese di ottobre è positiva», ha spiegato Alberto Dal Sasso, ais managing director di Nielsen, «anche se un po’ sotto le aspettative. Il quarto trimestre sarà in crescita, ma la quantificazione della chiusura dipenderà dalla performance degli ultimi due mesi dell’ anno. Possiamo però anticipare che la raccolta a novembre sarà la migliore del 2017». Relativamente ai singoli mezzi, la tv a ottobre torna in negativo (-3,7%), chiudendo il periodo cumulato a -2,9%. Continua il buon andamento della Go Tv, che segna un +16,7% nei dieci mesi e un +36,4% a ottobre. «Siamo sulla buona strada considerando che la crescita della Go Tv si consolida per otto mesi consecutivi, con un’ ulteriore accelerazione a ottobre dopo la performance estremamente positiva del mese di settembre (+32,4%)», ha commentato Angelo Sajeva, presidente di Fcp-Assogotv e di Class Pubblicità. «La Go Tv continua a confermarsi il media più in salute del mercato pubblicitario, attrae infatti nuovi clienti e pianificazioni sempre più articolate sulle tante e nuove opportunità di presenza e contestualizzazione del messaggio. Molto positiva è stata la performance degli alimentari, settore che occupa il podio insieme a turismo e pharma. Interessante e significativo il sempre più elevato avvicinamento alla Go Tv dei player dell’ energia (+50%) che considerano gli ambienti fuori casa media particolarmente idonei per veicolare le loro promozioni al numeroso pubblico in mobilità. Ancora in crescita il settore distribuzione che annovera nuove realtà native digitali e dell’ e-commerce». L’ andamento della stampa continua a essere in calo: nel singolo mese, i quotidiani e i periodici perdono rispettivamente il 4,3% e il 9,7%, portando la raccolta nei primi dieci mesi dell’ anno rispettivamente a -9,2% e -6,7%. Prosegue invece il buon trend della radio che chiude il periodo cumulato con una crescita del 5,4%, grazie a un mese di ottobre che conferma il buon momento del mezzo (+14,6%). Sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’ intero universo del web advertising nel periodo cumulato chiude in positivo a +7,4% (+0,9%, se si escludono il search e il social). Da gennaio a ottobre il transit è in aumento del 3,6%, mentre l’ outdoor e il direct mail restano negativi (-15,2% e -3,1%). Il cinema conferma l’ andamento positivo (+7,5%), grazie anche al contributo di una nuova concessionaria operativa sul mercato da qualche mese. Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 9 in crescita nei primi 10 mesi dell’ anno, con un apporto complessivo di circa 52 milioni di euro. «Anche se sotto le aspettative, l’ andamento in buona salute del periodo autunnale ci conferma una chiusura di anno in terreno positivo e più in generale un mercato pubblicitario in fase di recupero nel medio periodo, seppur contenuta», ha concluso Dal Sasso. «I recenti miglioramenti delle stime negli indicatori macroeconomici possono fare ben sperare per il 2018: molto dipenderà anche dalle scelte delle aziende in vista di un campionato mondiale senza la nazionale italiana e di un periodo iniziale di incertezza elettorale». © Riproduzione riservata.
Tv: -2,9%. Discovery +9,1%, La7 -1,1%, Mediaset -1,8%, Sky -3,1%, Rai -9,1%
Italia Oggi
MARCO A. CAPISANI
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Lo scorso ottobre non è stato un mese d’ oro per la raccolta della pubblicità in televisione, probabilmente stretto tra la ripresa del mercato a settembre e i preparativi in vista del periodo di picco natalizio (oltre che da variazioni infrasettimanali del campionato di calcio). A conferma il piccolo schermo ha il segno negativo davanti sia sul singolo mese (che da positivo gira a -3,7%) sia cumulando i primi dieci mesi dell’ anno (-2,9%). Tendenza confermata dai dati di tutte le principali emittenti in contrazione nei primi 10 mesi dell’ anno. Eccezion fatta per una sola: Discovery su del 9,1%. In particolare, il network che riunisce tra gli altri i canali tv Nove e Real Time avanza nella pubblicità tabellare e sensibilmente nelle televendite. Contrae nelle iniziative speciali (che assieme alle telepromozioni hanno comunque un peso contenuto in valore assoluto, per tutto il mercato tv). Di contro, la Rai segna il -9,1% (con un dato speculare a quello di Discovery) e indietreggia su tutti e tre i format promozionali monitorati da Nielsen mentre Mediaset riesce ad arginare le perdite a quota -1,8%. Il Biscione cresce con televendite e iniziative speciali. Diminuisce invece la pubblicità tabellare. Ancora più contenuta la contrazione per La7, che si ferma a -1,1%. Aumentano significativamente le televendite (più o meno nello stesso ordine di grandezza di Discovery), migliora (meno) la pubblicità tabellare e perdono terreno le iniziative speciali. Infine c’ è Sky con una raccolta pari al -3,1%. Nel dettaglio arretrano sia la pubblicità tabellare sia le iniziative speciali. Crescono di molto le televendite del network satellitare.
Gli investimenti pubblicitari crescono di quasi un punto (+0.9%) a ottobre, ma calano da inizio anno -0.4% che diventa -3.1% senza search e social. Nielsen: male tutti i mezzi tranne radio, Internet, transit, go tv e cinema
Prima Comunicazione
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Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia chiude il mese di ottobre in crescita dello 0,9% (-1,8% senza search e social). La raccolta nel periodo consolidato gennaio – ottobre 2017 rimane in calo dello 0,4%, rispetto allo stesso periodo del 2016. Se si esclude dalla raccolta web la stima Nielsen sul search e sul social, l’ andamento dei 10 mesi registra una contrazione del 3,1%. “La crescita del mese di ottobre è positiva – spiega Alberto Dal Sasso, AIS Managing Director di Nielsen – anche se un po’ sotto le aspettative. Il quarto trimestre sarà in crescita, ma la quantificazione della chiusura dipenderà dalla performance degli ultimi due mesi dell’ anno. Possiamo però anticipare che la raccolta a novembre sarà la migliore del 2017”. Relativamente ai singoli mezzi, la tv a ottobre torna in negativo (-3,7%), chiudendo il periodo cumulato a -2,9%. L’ andamento della stampa continua a essere in calo: nel singolo mese, i quotidiani e i magazine perdono rispettivamente il 4,3% e il 9,7%, portando la raccolta nei primi dieci mesi dell’ anno rispettivamente a -9,2% e -6,7%. Prosegue invece il buon trend della radio che chiude il periodo cumulato con una crescita del 5,4%, grazie a un mese di ottobre che conferma il buon momento del mezzo (+14,6%). Sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’ intero universo del web advertising nel periodo cumulato chiude in positivo a +7,4% (+0,9%, se si escludono il search e il social). Sempre buono l’ andamento della GoTV (+16,7%) e del transit (+3,6%) nel periodo cumulato, mentre l’ outdoor e il direct mail restano negativi (-15,2% e -3,1%). Il cinema conferma l’ andamento positivo (+7.5%), grazie anche al contributo di una nuova concessionaria operativa sul mercato da qualche mese. Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 9 in crescita nei primi 10 mesi dell’ anno, con un apporto complessivo di circa 52 milioni di euro. Per i primi cinque comparti a livello di quote di mercato, si registrano andamenti differenti. Gli investimenti del settore automobilistico si fermano al +1,1%. Positiva la performance del pharma (+0,9%). Continua invece l’ andamento negativo per le telecomunicazioni (-5,5%), per gli alimentari (-4,5%) e per la distribuzione (-9,1%). Ottima la performance degli elettrodomestici nei primi dieci mesi dell’ anno (+23,6%). Limitatamente al singolo mese di ottobre, un rilevante contributo alla crescita arriva dai settori Cura persona, Giochi/articoli scolastici e Turismo/Viaggi che crescono rispettivamente del +26,7%, +31,7% e +11,9% con un apporto complessivo di circa 8,7 milioni di euro. “Anche se sotto le aspettative, l’ andamento in buona salute del periodo autunnale ci conferma una chiusura di anno in terreno positivo e più in generale un mercato pubblicitario in fase di recupero nel medio periodo, seppur contenuta. I recenti miglioramenti delle stime negli indicatori macroeconomici possono fare ben sperare per il 2018: molto dipenderà anche dalle scelte delle aziende in vista di un campionato mondiale senza la nazionale italiana e di un periodo iniziale di incertezza elettorale” – conclude Dal Sasso. In allegato, in un unico file: la nota, la tabella sugli investimenti per tipologia di media e la tabella sui settori di investimento.
Crisi a «Famiglia Cristiana» E i giornalisti digiunano per protesta
Corriere della Sera
Giampiero Rossi
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I giornalisti di Famiglia Cristiana in sciopero e digiuno, oggi, per protestare contro il proprio editore, cioè la Periodici San Paolo. In una vertenza sindacale resa aspra da una crisi che si trascina da anni ci può stare. Ma a rendere più doloroso (e rumoroso) il gesto è la scelta del giorno: quello della visita del nuovo arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che proprio oggi alle 17 è atteso per celebrare la messa nell’ auditorium dedicato a don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina. Lo scontro frontale, del resto, emerge nitidamente già dalla lettura dei comunicati: «Con questo digiuno vogliamo denunciare con sgomento che l’ azienda non ha alcuna idea seria e credibile di futuro», dicono i giornalisti di Famiglia Cristiana , Credere , Jesus e Il Giornalino. P arlano di «logica del ricatto» e aggiungono: «Di questo passo, anche percepire lo stipendio diventerà agli occhi dei vertici aziendali un odioso privilegio». Non è meno dura la replica della Periodici San Paolo che parla di «toni aggressivi» e di «contenuti che ci lasciano allibiti: tanti insulti, attacchi personali, vere e proprie falsità». L’ azienda parla di «situazione difficile» e sottolinea «lo sforzo fatto in questi anni difficili per preservare, per quanto possibile, l’ occupazione». Il Comitato di redazione, viceversa, ricorda le due precedenti ondate di tagli, nel 2013 e nel 2015, che hanno ridotto gli organici a una trentina di persone in tutto. «E per effetto della logica costi-risparmi – raccontano i giornalisti – Famiglia Cristiana non fa più inchieste e addirittura non segue più nemmeno il Papa nei suoi viaggi». E a proposito del Pontefice, si spingono a ricordare «con rammarico» che certe scelte aziendali sono «in netto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa e con i messaggi sulla dignità del lavoro di Bergoglio, che noi giustamente rilanciamo sui nostri giornali». Insomma, uno scontro senza esclusione di colpi, encicliche comprese. La nota dell’ editore lascia aperta la strada del confronto e ribadisce la «volontà di portare a compimento l’ azione di risanamento». Ma certo, la protesta di oggi, in occasione della visita dell’ incolpevole arcivescovo è tutt’ altro che un segno di pace.
Famiglia Cristiana sciopero della fame e niente messa per fermare i tagli
La Repubblica
ZITA DAZZI,
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Tra i giornalisti che digiunano e rifiutano l’ ostia contro il piano del colosso dell’ editoria cattolica Appello all’ arcivescovo di Milano: “Aiutaci” MILANO In redazione non si può salire, i giornalisti di Famiglia Cristiana devono scendere nella portineria del palazzone anni ’70, in via Giotto, la storica sede delle edizioni Paoline, per spiegare agli esterni perché oggi faranno il primo “sciopero della messa e della fame” che si ricordi nella storia del settimanale cattolico più venduto d’ Italia. «Ordini della direzione», spiega da dietro al vetro la receptionist. Arrivano con l’ ascensore i tre del comitato di redazione con in mano il documento votato all’ unanimità dall’ assemblea che indice per oggi, giorno della visita dell’ arcivescovo di Milano, Mario Delpini, l’ astensione dal lavoro oltre che il « digiuno dal cibo e digiuno eucaristico». Nessun giornalista parteciperà oggi alla messa natalizia che monsignor Delpini celebrerà nella chiesa della sede del gruppo editoriale. Lo aspetteranno fuori, con lo striscione e una lettera in cui spiegano le ragioni della protesta decisa, dopo mesi di stato di agitazione, «per salvare la testata e i posti di lavoro e per lanciare un grido d’ aiuto». Un’ iniziativa clamorosa e mai vista prima nella lunga storia di quello che era uno dei settimanali più venduti in Italia, oltre un milione di copie un tempo, oggi 270mila, cifre comunque da record nel panorama editoriale nazionale. « Scriviamo ogni giorno delle critiche che il Papa fa a chi considera la forza lavoro solo come una “voce di bilancio”, ma poi, dopo quattro anni di cassa integrazione e contratti di solidarietà, dopo tutti i possibili sacrifici economici, veniamo trattati come “privilegiati e irresponsabili” dai dirigenti », spiegano i membri del cdr, Sergio Tosatto, Antonio Sanfrancesco e Luciano Scalettari, attorniati da altri redattori, scesi anche loro in portineria. «Però niente nomi, la situazione è troppo delicata», implorano. Anche a Famiglia Cristiana, come nelle migliori famiglie, è arrivata, improvvisa, la notte dei lunghi coltelli. I vertici del gruppo, in mano alla congregazione religiosa dei padri paolini, rispondono con comunicati di fuoco a quelli votati dall’ assemblea dei giornalisti. ” La periodici San Paolo esprime costernazione, stupore e rammarico”, si legge nel documento dell’ azienda. « Non partecipare alla messa dell’ arcivescovo è un gesto vergognoso – si arrabbia il direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Rizzolo – Non si può strumentalizzare la realtà più importante della fede cristiana – la Messa – per i propri scopi, per quanto giusti possano essere. È inaccettabile». I giornalisti confinati in un angolo della portineria di via Giotto hanno un’ espressione sconvolta, si vede che non sono abituati alle barricate. « Siamo addoloratissimi per questa scelta del digiuno dal cibo e del digiuno eucaristico. Qui siamo tutti credenti, praticanti. Ma la società ha dimezzato la redazione in pochi anni e fra qualche mese anche il nostro stipendio per loro diventerà un odioso privilegio da estirpare » . Al telefono, replica l’ editore, don Rosario Uccellatore: «È tutta una strumentalizzazione. Sono inspiegabili i toni aggressivi e le falsità dei giornalisti: nessuno ha mai messo in dubbio il futuro di Famiglia Cristiana, né i posti di lavoro ». E allora perché questo scontro frontale? «Difendono privilegi anacronistici. Noi vogliamo continuare le trattative – prosegue -. Mai chiesto di tagliare il 50 per cento dello stipendio: chiediamo solo di rinunciare a un pezzettino della retribuzione, la metà degli attuali accordi integrativi, che prevedono cose fuori dal mondo, come la 15ma mensilità. Una misura inevitabile per il risanamento dei conti e per il rilancio delle testate. Ma se i giornalisti non collaborano, è difficile ». In mezzo a questa dura contesa, la Curia milanese tace. Imbarazzata. © RIPRODUZIONE RISERVATA.