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Rassegna Stampa del 14/11/2017

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Indice Articoli

Chessidice in viale dell’ Editoria

Perché il Qn vende più di tutti

Usa, il gruppo Time chiude l’ edizione cartacea di People Style

Aiuti all’ editoria italiana all’ estero

Bonus pubblicità per la stampa

Lo strano ritardo dell’ Auditel: boom Giletti-Rosy Abate-Iene

l’ Auditel non se ne accorge

Il mistero dei dati da verificare E l’ Auditel diventa un caso

Sponsor e diritti tv: un buco da 100 milioni

Un colpo al Pil del paese la Figc perde 150 milioni i diritti tv sono dimezzati

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Sky, anteprima in 300 sale per due episodi della terza stagione di Gomorra. Per la prima volta nella storia di una serie tv, oggi e domani in 300 sale italiane il pubblico potrà vedere in anteprima due episodi, il primo e il terzo, della terza stagione di Gomorra, che in televisione sarà trasmessa a partire da venerdì alle 21,15 su Sky Atlantic HD e su Sky On Demand. Lo ha annunciato Andrea Scrosati, executive vice president programming di Sky, sottolineando che è un vero e proprio evento, qualcosa che «è in collusione con le regole televisive e va a rompere i muri e gli steccati che in 40 anni si sono creati», come se tv e cinema fossero lontani e separati. «La serie ha un’ attesa tale che i fan sono disposti ad andare al cinema prima che la serie si veda in tv. E se funzionerà vuol dire che l’ operazione ha una potenzialità enorme, con grandi vantaggi anche per le sale cinematografiche». Mondo Tv, due nuove serie animate per mercato cinese. Mondo Tv ha siglato nuovi contratti di produzione per la realizzazione di due progetti di animazione. Il contratto ha come controparti le società di Hong Kong HKHZ media, incaricata della produzione esecutiva delle due serie, e la società HKYueke che sovrintenderà alla fase di pre-produzione. I due progetti, che dovranno essere completati entro il dicembre 2019 e saranno lanciati sul mercato cinese, prevedono un budget di 16 milioni di dollari. La ragazza nella nebbia film italiano al top della stagione. Il film scritto, diretto e tratto dall’ omonimo bestseller di Donato Carrisi, una produzione Colorado Film in collaborazione con Medusa Film, si conferma per la terza settimana il film italiano più visto della stagione con un box office di 3,3 milioni di euro. Lo riferisce Medusa Film (Gruppo Mediaset), segnalando inoltre che The Place, il nuovo film di Paolo Genovese, una produzione Medusa Film realizzata da Lotus Production (Leone Film Group), chiude il suo primo weekend con 1,7 milioni di euro ed è il migliore debutto italiano della stagione. Condé Nast forma influencer certificati. Condé Nast, con il contributo scientifico e didattico di Sda Bocconi school of management, lancia un’ academy rivolta agli operatori dell’ influencing marketing: blogger, youtuber e instagrammer. L’ obiettivo è quello di formare la prima generazione di influencer che alla pratica quotidiana dei digital e social media possa aggiungere le competenze necessarie nel campo della comunicazione e del marketing e delle tendenze di mercato. Pop si accende su Tivusat. Al 45 di tivùsat arriva Pop, il canale di intrattenimento dedicato ai ragazzi di Sony Pictures Television Networks. Fra le prime visioni assolute di Pop Power Rangers Ninja Steel, Transformers Rescue Bots, Codice Angelo. Con l’ arrivo di Pop, i canali visibili sulla piattaforma diventano 95, di cui 30 in HD, e 44 i canali radio. Imparare la storia con il cinema. Agis – Associazione generale italiana dello spettacolo, unitamente ad Agiscuola, e Iulm – Libera università di lingue e comunicazione lanciano in Italia Tehc – Teaching european history through cinema, il progetto co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ ambito del programma Europa Creativa per l’ insegnamento della storia europea attraverso il cinema. Ciò avverrà attraverso la realizzazione di un programma annuale di proiezioni di film relativi a temi significativi per la storia europea. Gli appuntamenti della Fondazione Corriere della Sera a Bookcity 2017. Oltre a essere tra i fondatori e organizzatori della manifestazione milanese, Fondazione Corriere della Sera realizzerà a BookCity una quindicina di incontri con ospiti e tematiche differenti. Fra gli appuntamenti, la mostra Il colore delle parole, la festa per i 6 anni de La Lettura con l’ incontro #UnaParolaUnaStoria, la seconda edizione di Racconti di guerra per ricordare Maria Grazia Cutuli.

Perché il Qn vende più di tutti

Italia Oggi
PIERPAOLO ALBRICCI
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Chi, non dico trent’ anni fa, ma anche solo 10 anni fa, avesse scritto che il QN, il Quotidiano nazionale, sarebbe diventato il quotidiano più diffuso in Italia, sarebbe stato preso per pazzo. Questa leadership in edicola è diventata invece una realtà. Tra l’ altro tutt’ altro che effimera o occasionale. Ma molto solida anzi. E, per il momento, inscalfibile. Il QN, quotidiano nazionale è il fascicolo giornalistico con il quale sono veicolate nelle edicole italiane le varie testate del Gruppo Riffeser e cioè: la Nazione, il Resto del Carlino, il Giorno e il Telegrafo. Quale è la ragione del successo di questa catena di testate? Essa è essenzialmente dovuta al fatto di non aver compiuto, per paura o per prudenza, le cose a metà. Partiamo, ad esempio, dal formato. Dopo le costosissime prove sperimentali condotte dagli inglesi di The Times, non c’ è più dubbio: i lettori preferiscono il formato tabloid secco, cioè appunto il formato adottato dal QN. La soluzione tabloid secca è una scelta definitiva perché, per iniziativa di Rupert Murdoch che voleva ridurre a tabloid il The Times, dopo averlo acquistato, è stata fatta una costosissima prova sperimentale andando in edicola, per un semestre, con due The Times totalmente diversi, redatti da due redazioni diverse, stampati da due rotative diverse. Uno era broadsheet (cioè nel classico formato largo) e l’ altro era tabloid. Murdoch fu costretto a fare questa onerosissima prova perché tutti (ma proprio tutti) i suoi dirigenti lo imploravano in ginocchio di non commettere la sciocchezza di ridurre il formato di The Times. La loro preoccupazione era giustificata dal fatto che in UK, da sempre, il giornale di grande formato connotava tutti i giornali di qualità (destinati quindi alle èlite inglesi) mentre il tabloid era il formato tipico dei quotidiani popolari, quelli gridati, con la foto delle donne da camionista nella terza pagina. Ridurre il formato di The Times significava quindi proletarizzare una testata che fino a quel momento era impettita, con l’ acca giustamente ed esageratamente aspirata. Significava quindi declassarla, eliminando il suo specifico elitario e snob. Murdoch che invece, in tutti i paesi del mondo dove si era progressivamente trovato ad operare, dalla nativa Australia, agli Stati Uniti d’ America, aveva usato sempre e solo il formato tabloid, e in tutti i paesi aveva avuto successo, spesso clamoroso, opponeva ai suoi dirigenti terrorizzati, il convincimento che gli inglesi non potevano essere diversi dagli altri umani occidentali con i quali sinora aveva avuto a che fare. Ed ebbe ragione per cui, dopo la prova sperimentale, anche The Times divenne tabloid. In Italia l’ unico, fra i grandi editori, che ha avuto il coraggio di usare il tabloid secco è stato Andrea Riffeser. Non a caso Riffeser è un editore puro, che segue da vicino ogni giorno, la fattura dei suoi quotidiani e che ha una grande esperienza internazionale che mette sistematicamente a frutto nelle sue testate. Ma il formato tabloid secco, se è un ingrediente del successo del QN, non è il solo componente. Anzi la formula vincente è rappresentata dal desiderio di realizzare dei quotidiani popolari di qualità. Popolari, perché trattano gli argomenti in modo da interessare grandi platee di lettori. Di qualità, perché, per raggiungere platee più vaste di lettori, non diluiscono la qualità degli articoli che, nel QN, sono sempre scritti in un italiano semplice ma sempre molto corretto e con uno stile coinvolgente ma non appesantito da aggettivi superflui. Inoltre gli articoli del QN sono sempre brevi. Il QN pubblica dei fondi, lucidissimi, da 2 mila battute e, alle volte, anche meno (cioè di un quinto più brevi dei fondi dei quotidiani concorrenti). I fondi brevi del QN non è che siano meno esaustivi di quelli lunghi della concorrenza. Essi, semplicemente, non divagano ma entrano subito nel vivo annunciato dai titoli che, a loro volta, non sono mai affetti dal birignao dei redattori cosiddetti creativi che vogliono, con queste contorsioni, nutrire la loro autostima (spessa esagerata) anziché rispondere alle reali e concrete esigenze dei lettori. Il QN inoltre, cosciente che per un lettore è più interessante la notizia della cameriera che è caduta dal balcone nel suo quartiere, che un maremoto con duemila annegati dall’ altra parte del mondo, segue da vicino, e appassionatamente, la cronaca locale. Ma non la fa come lo fanno i grandi quotidiani concorrenti che pubblicano un fascicolo di cronaca locale che è costruito come se fosse una dependance/doppione del fascicolo nazionale, con tanto di articolo di fondo, cronaca culturale, dibattiti politici. I cronisti dei grandi quotidiani si ritengono dei piccoli Scalfari o Montanelli non compresi e pertanto relegati a parlare di mense scolastiche o di bus che non funzionano. Perciò, nella speranza di essere scoperti dal direttore e quindi promossi al rango che ritengono che a loro competa, scrivono degli articoli di cronaca locale nel quale il sindaco viene trattato come se fosse il presidente del consiglio e gli assessori come se fossero dei ministri: ma la gente del posto quando legge la cronaca locale vuole delle cronache locali. Sembrerebbe ovvio. Ma non lo è. Per capire come queste debbano essere fatte, è inutile perdere tempo: basta leggere le cronache locali del QN. E che dire delle pagine culturali che nei giornaloni concorrenti del QN occupano pagine intere, spesso composte da un solo e sterminato articolo senza tener conto che il lettori (in base a ricerche da loro stessi commissionate ma delle quali essi non tengono conto) i lettori, dicevo, dedicano alla lettura dell’ intero quotidiano una media di 8 minuti. Cioè questo tempo verrebbe assorbito dalla lettura di uno solo di questi sterminati lenzuoli sotto forma di articoli. Anche su questo argomento il QN segna una bella differenza persino nel suo fascicolo della cultura che non si propone di far sentire coglioni i suoi lettori ma vuole aiutarli ad allargare le loro conoscenze. Questo fascicolo della cultura non fa loro le prediche, non li redarguisce implicitamente ma li aiuta a capire e a crescere. Non è un fascicolo-preside d’ altri tempi (di quelli con la bacchetta in mano) ma un amico che ha delle idee nuove da comunicare. È alla luce di queste considerazioni che si spiega il clamoroso successo del QN, il Quotidiano nazionale che ha raggiunto il top assoluto italiano nella vendita in edicola. Il bello è che visto che le resistenze corporative sono tante, la concorrenza non riesce nemmeno a copiare le soluzioni (tipo QN) che hanno dimostrato, al di là di ogni dubbio, di avere successo. © Riproduzione riservata.

Usa, il gruppo Time chiude l’ edizione cartacea di People Style

Italia Oggi

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Il gruppo Time chiude People Style e, dopo l’ uscita prossimo numero di dicembre-gennaio, la testata sopravviverà solo online. Secondo alcune indiscrezioni di mercato che provengono da Oltreoceano, online People Style verrà strutturato come una serie di canali tematici verticali, per esempio dedicati alla bellezza o ai Millennial, uno dei target finora principali per la rivista. La casa editrice americana aveva già messo le mani sulla rivista che si chiamava StyleWatch e, dalla scorsa primavera, è stata rinominata People Style proprio per farla entrare nella famiglia delle pubblicazioni targate People e, verosimilmente, infonderle così maggiore forza in edicola. Il gruppo Time, poi, non solo ha ribattezzato il giornale ma ha anche diminuito le pubblicazioni della rivista dedicata alla moda, ai vip, alla bellezza. Le uscite sono scese da 11 a 8 l’ anno per concentrarsi solamente su alcuni momenti dell’ anno come gli acquisti per la stagione successiva al rientro dalle vacanze o la consegna dei vari premi musicali alle star, soprattutto quelle amate dai giovani. Con alle spalle circa 15 anni di stampa, adesso People Style si ferma ma in casa Time non sarà l’ unico magazine a conoscere un futuro diverso da quello atteso. Soprattutto fuori dai confini a stelle e strisce. Infatti, altre testate sono state messe in vendita. Tra queste c’ è la controllata britannica che pubblica la testata francese Marie Claire, Wallpaper, New musical express-Nme e Tv Times. A far propendere per la cessione sono stati gli ultimi dati relativi alla raccolta pubblicitaria sia su carta stampata sia su internet, in calo più del previsto. L’ editore Usa, che pubblica Oltreoceano l’ omonimo Time, Sports Illustrated e People, ha annunciato anche di voler vendere ulteriori attività e ha sottolineato che le singole procedure di vendita sono già arrivate a differenti stadi, più o meno vicini ad accordi definitivi. Obiettivo finale: concentrarsi solamente sulle riviste più importanti del gruppo. © Riproduzione riservata.

Aiuti all’ editoria italiana all’ estero

Il Sole 24 Ore
Paolo Stella
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Sono state fissate le modalità per la concessione dei contributi di sostegno alla stampa italiana diffusa all’ estero, applicabili dagli aiuto relativi al 2018. Sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale (la n. 260 del 7 novembre), con il decreto 15 settembre del Presidente del Consiglio dei ministri. Ora il dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria pubblicherà nel sito istituzionale la modulistica relativa ai documenti istruttori indicati nel decreto. Il decreto è stato emanato ai sensi degli articoli 19 e 23 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Le disposizioni del Dpcm si applicano: ai quotidiani italiani editi e diffusi all’ estero, a quelli editi in Italia e diffusi all’ estero in misura non inferiore al 60% delle copie complessivamente distribuite, nonché a quelli editi esclusivamente in formato digitale che raggiungono una percentuale di utenti unici mensili all’ estero non inferiore al 60% del numero totale di utenti unici mensili; ai periodici italiani editi e diffusi all’ estero o editi in Italia e diffusi all’ estero in misura non inferiore al 60% delle copie complessivamente distribuite. Le imprese editrici di quotidiani e di periodici editi e diffusi all’ estero devono presentare la domanda di ammissione al contributo e la relativa documentazione entro il 31 gennaio (per i quotidiani) e il 31 marzo (per i periodici), dell’ anno successivo a quello di riferimento del contributo. L’ istanza va presentata all’ ufficio consolare italiano di prima categoria territorialmente competente per il luogo della sede legale dell’ editore. Una volta verificata la completezza della domanda, l’ ufficio consolare la trasmette entro il 28 febbraio (per i quotidiani) e il 30 aprile (per i periodici) al dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le imprese editrici di quotidiani e periodici editi in Italia e diffusi prevalentemente all’ estero, devono presentare la domanda e la documentazione entro, il 31 gennaio per i quotidiani, e il 31 marzo per i periodici, direttamente al dipartimento per l’ Informazione e l’ editoria. I termini di presentazione sono perentori e pertanto le domande presentate oltre i termini del 31 gennaio (quotidiani) e del 31 marzo (periodici) si considerano inammissibili. Gli articoli 2 e 3 del Dpcm contengono gli elenchi dei documenti che dovranno essere prodotti dagli editori interessati al contributo. I criteri di calcolo del contributo sono indicati nell’ articolo 18 (per i quotidiani) e nell’ articolo 22 (per i periodici) del Dlgs 70/2017. Il procedimento per la concessione del contributo, si conclude, per i periodici, entro il termine del 31 ottobre dell’ anno in cui la domanda è presentata, mentre per i quotidiani, entro il 28 febbraio dell’ anno successivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Bonus pubblicità per la stampa

Il Sole 24 Ore
Emanuele ReichFranco Vernassa
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Come si preparano le imprese a usufruire del credito d’ imposta per gli investimenti pubblicitari introdotto dal Dl 50/2017? Quali saranno i costi agevolabili? Solo quelli di pubblicazione su stampa quotidiana e/o di acquisto degli spazi televisivi oppure anche i costi di preparazione? Come si conteggerà l’ incremento? Per massa oppure distinguendo tra i vari mezzi di comunicazione prescelti per gli investimenti pubblicitari? Queste le principali domande che imprese e consulenti si pongono per dare concretezza alla norma contenuta nell’ articolo 57-bis del Dl 50/2017, che non ha ancora avuto attuazione pratica a causa della mancanza del decreto attuativo (da pubblicare entro il 22 ottobre e ad oggi non ancora noto), e che già è oggetto di modifica tramite l’ articolo 4 del Dl 148/2017, in corso di conversione. Con il comma 3-bis, il Dl 148/2017 ha infatti integrato la disciplina del credito d’ imposta sugli investimenti pubblicitari, anticipandone in parte gli effetti, con estensione agli investimenti effettuati nel periodo dal 24 giugno 2017 e fino al 31 dicembre 2017, ma solo per la stampa quotidiana e periodica, anche online, escludendo quindi per tale periodo gli investimenti sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, sia analogiche sia digitali. Il valore degli investimenti deve superare almeno dell’ 1% l’ ammontare degli analoghi investimenti pubblicitari effettuati dai medesimi soggetti sugli stessi mezzi di informazione nel corrispondente periodo dell’ anno 2016 (ossia dal 24 giugno 2016 al 31 dicembre 2016). Soggetti interessati e coperture Il credito è rivolto ad imprese e lavoratori autonomi e spetta nella misura: del 75% del valore incrementale per imprese e lavoratori autonomi; del 90% del valore incrementale per piccole e medie imprese, microimprese e startup innovative. Per il 2017 e il 2018 il Dl 148/2017 fornisce già le coperture finanziarie del beneficio, al fine di dare un grado di certezza alle imprese che intendono pianificare gli investimenti in tali anni. Per gli anni seguenti il limite massimo di spesa sarà stabilito annualmente mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L’ applicazione Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del Dlgs 241/1997, previa istanza diretta al Dipartimento per l’ informazione e l’ editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Poiché l’ articolo 57-bis del Dl 50/217 prevede che la concessione del credito d’ imposta sia sottoposta agli «eventuali adempimenti europei», il decreto di attuazione dovrà anche chiarire la compatibilità dell’ agevolazione con la normativa europea degli aiuti di Stato. Da un punto di vista contabile, se i costi di pubblicità sono spesati nella voce B7 del conto economico, il credito d’ imposta costituisce un contributo in conto esercizio spettante a norma di legge, da imputare nella voce A5. I costi possono ancora essere capitalizzati, se non ricorrenti ed aventi beneficio futuro (paragrafi 41-43 dell’ Oic 24). In tale caso il contributo dovrà essere portato a loro riduzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Lo strano ritardo dell’ Auditel: boom Giletti-Rosy Abate-Iene

Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Giletti col botto, Fazio in calo ma tiene, mentre la notizia è il ritardo dei dati Auditel giunti nel tardo pomeriggio per una disfunzione nella raccolta. Ieri per gli addetti ai lavori della tv è stata una giornata di passione. Il giorno prima, domenica, infatti, è andato in scena l’ atteso derby tra Fabio Fazio e Massimo Giletti, che ha esordito sugli schermi di La7 con il suo nuovo programma, Non è l’ arena, dopo essere andato via sbattendo la porta dalla Rai a seguito della chiusura del suo programma – L’ Arena – da parte del direttore generale Mario Orfeo. Una rottura drammatica che ha visto Giletti uscire da Viale Mazzini nonostante i 4 milioni di telespettatori che il suo programma registrava la domenica pomeriggio. Due sere fa, finalmente Giletti è partito con la nuova trasmissione su cui la rete diretta da Andrea Salerno punta molto e il risultato è stato lusinghiero: 8,9% di share, quasi 2 milioni di telespettatori, dato ancor più clamoroso se si considera che la rete di Urbano Cairo non ha mai avuto la domenica tra i suoi giorni migliori. Nonostante l’ exploit di Giletti, Fazio cala ancora ma di poco: 14,1 contro il 14,8% di una settimana fa: una sostanziale tenuta da cui si evince che Giletti non è andato a rubargli telespettatori. Buon risultato anche per le Iene (11,4%), anche se la serata è stata vinta dalla nuova fiction di Canale 5, Rosy Abbate – La serie, che ha raccolto il 20,1% pari a 4 milioni e 920 mila telespettatori. Batte un colpo, invece, Domenica in delle sorelle Parodi con un rialzo: 11,2% contro il 10,7 della settimana precedente. Ma il vero giallo è stato il ritardo dei dati Auditel, che di solito arrivano puntuali entro le 10 della mattina successiva. Ieri, però, i risultati si sono fatti attendere per quasi tutto il giorno. “Non è la prima volta che i dati Auditel non escono, ma è certo curioso che proprio in una giornata così particolare non ci siano. Io lavoro e aspetto”, ha detto nel primo pomeriggio Giletti ospite della trasmissione radiofonica Un giorno da pecora. A far innervosire il vertice di La7 arriva anche un tweet dell’ ex direttore di Rai1 Giancarlo Leone. “Auditel rivendica il ruolo di co-protagonista nello scenario tv e dunque si fa attendere come fanno le star”, scrive l’ ex dirigente. Parole che fanno rizzare le antenne a Cairo. “Mi stupisce molto che proprio oggi (ieri, ndr), dopo il primo duello tra Fazio e Giletti, ci sia un ritardo così importante nella pubblicazione dei dati. Non voglio pensare male, anche se qualcuno diceva che si fa peccato ma ci si indovina”, osserva il patron di La7. Alla fine, verso le 5 di pomeriggio, i dati arrivano. Preceduti da una nota di Auditel per spiegare il ritardo, dovuto “a un rallentamento riscontrato in un server di produzione Nielsen”. Insomma, la trasmissione dagli apparecchi delle famiglie al sistema è andato in tilt. “Il ritardo della pubblicazione è dovuto esclusivamente ai protocolli di controllo qualità che prevedono, in circostanze di questo tipo, una doppia procedura di verifica a tutela della massima accuratezza delle informazioni”, continua il comunicato. Non è la prima volta che succede: capitò anche un mese fa. Da ricordare che la scorsa estate non solo è stato cambiato tutto il panel delle famiglie Auditel (dopo che una mail a un indirizzo sbagliato ne rivelò l’ identità), ma sono anche triplicate, passando da 5 mila a 15 mila. La Nielsen è la società cui Auditel ha appaltato la raccolta dei dati di rilevazione che, tramite gli apparecchi nelle abitazioni, consente di monitorare in tempo reale i dati di ascolto televisivo. Un terzo delle famiglie del campione, inoltre, è dotato di un telecomando speciale che consente di sapere quale membro della famiglia sta guardando un programma in un dato momento: questo è utilissimo alle reti ma soprattutto agli inserzionisti pubblicitari, che su questi risultati decidono come spalmare gli spot.

l’ Auditel non se ne accorge

Il Tempo
FRANCESCO PUGLISI
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Per tutta la giornata di ieri siamo stati tutti in attesa dei dati di ascolto perché curiosi si sapere come era andata una domenica televisiva pregna di importanti eventi e debutti eccellenti. Quello che normalmente avviene alle 10 di mattina (l’ ora canonica di pubblicazione) ieri non è avvenuto. I dati Auditel sono arrivati solo dopo le 17. Non si è fatta attendere la giustificazione di Auditel che ha fatto sapere che non c’ era nulla di strano: un inconveniente tecnico nel processo di trasferimento delle informazioni che necessitava di un riconteggio dei dati per evitare errori. In sostanza, durante la notte c’ era stato il rallentamento di una macchina Nielsen (lo società che rileva gli ascolti televisivi per conto di Auditel) adibita alla produzione. Ma i dati – hanno assicurato – erano integri e perfettamente raccolti: i protocolli di controllo qualità prevedono che in circostanze di questo tipo vi sia una doppia verifica sulla produzione che impatta sull’ orario di pubblicazione. Al netto dell’ inconveniente tecnico c’ è chi ha trovato singolare questa «interruzione di servizio» perché non è la prima volta che in una serata «impegnativa» e «attesa» i dati siano arrivati in ritardo. E in realtà quella di domenica è stata una calda serata con l’ imbarazzo delle scelta. Con il passare delle ore si è alzato un vero e proprio polverone, secondo il deputato del Partito Democratico Michele Anzaldi, il «grave ritardo» della diffusione dei dati Auditel alimenta «nuovi dubbi sul meccanismo di rileva zione degli ascolti televisivi. Ancora un incidente, ancora un disservizio, dopo il grave caso della pubblicazione dei nomi delle famiglie del panel nel 2015. Stavolta siamo di fronte ad un ritardo di oltre 6 ore sull’ elaborazione e diffusione dei dati. Come fa il servizio pubblico, socio Auditel, ad accettare il perdurare di una gestione così opaca e senza trasparenza? Chi controlla l’ operato dell’ Auditel? È urgente definire con chiarezza nuove forme di controllo sulla rilevazione degli ascolti televisivi, che non hanno solo una valenza di carattere pubblicitario ma servono, in particolare per il servizio pubblico, a valutare l’ efficacia delle trasmissioni e l’ interesse degli utenti». «Come era prevedibile, Massimo Giletti ha avuto un ascolto strabiliante con il nove per cento di share, che per una rete come La7 è un dato eccezionale. – Ha fermato Maurizio Gasparri (FI), vicepresidente del Senato- Ha fatto male la Rai a rinunciare alla sua presenza, visto tra l’ altro come sta andando “Domenica In” costantemente battuta dalla concorrenza. È poi francamente molto strano il ritardo con cui proprio oggi l’ Auditel ha reso noti gli ascolti. Un fatto veramente grave e anomalo del quale chiederemo conto affrontando la questione in commissione di Vigilanza». Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati ha sintetizzato i suoi dubbi nei 280 caratteri di Twitter: «Proprio oggi, guarda caso, dopo lo “scontro” tra Fazio (Rai1) e Giletti (La7), l’ Auditel va in tilt. Che dire… a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca». La pensa allo stesso modo anche l’ editore de La7 nuova casa di Giletti, Urbano Cairo, che ha fatto sapere: «Mi stupisce molto che proprio oggi, dopo il primo duello tra Fazio e Giletti, ci sia un ritardo così importante della pubblicazione dei dati Auditel. Non voglio pensare male, anche se qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato ma si indovina. Comunque domenica sera mi sono goduto la prima di Giletti che è stata eccellente».

Il mistero dei dati da verificare E l’ Auditel diventa un caso

Corriere della Sera
R. Fra.
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«A uditel rivendica il ruolo di coprotagonista nello scenario tv e dunque si fa attendere come fanno le star. Come dargli torto se tutti pendono dalle sue labbra?»: Giancarlo Leone, una vita in Rai e ora a capo della sua nuova società Q10 Media, aveva scelto la via dell’ ironia per ingannare l’ attesa di dati che non arrivavano mai. Ma sono stati in tanti a chiedersi come mai i numeri Auditel di domenica sera non fossero ancora disponibili ieri mattina in una giornata dove c’ era tantissima attesa per le diverse sfide incrociate. Niente dati alle 10 (l’ ora canonica di pubblicazione) e un ritardo che si è protratto fino alle 17, sette lunghe ore di attesa che hanno alimentato dubbi e polemiche. Auditel ha comunicato ufficialmente che non c’ era nulla di strano: era colpa di un inconveniente tecnico nel processo di trasferimento delle informazioni che necessitava di un riconteggio dei dati per evitare errori. In sostanza durante la notte c’ era stato «un rallentamento riscontrato in un server di produzione Nielsen» (la società che rileva gli ascolti televisivi per conto di Auditel). Ma i dati – hanno assicurato – erano «integri e perfettamente raccolti». Certo è che in tanti sono rimasti sorpresi. A partire da Urbano Cairo, editore di La7: «Mi stupisce molto che proprio dopo il primo duello tra Fazio e Giletti ci sia un ritardo così importante. Non voglio pensare male, anche se qualcuno diceva che a pensar male si fa peccato ma si indovina. Comunque mi sono goduto la prima di Giletti, che è stata eccellente». Anche il mondo della politica si è posto parecchie domande su ascolti e strategie televisive e la riflessione più articolata è stata quella di Michele Anzaldi. Secondo il deputato del Partito democratico il «grave ritardo» della diffusione dei dati Auditel alimenta «nuovi dubbi sul meccanismo di rilevazione degli ascolti televisivi. Come fa il servizio pubblico, socio Auditel, ad accettare il perdurare di una gestione così opaca e senza trasparenza? Chi controlla l’ operato dell’ Auditel? È urgente definire con chiarezza nuove forme di controllo sulla rilevazione degli ascolti televisivi, che non hanno solo una valenza di carattere pubblicitario ma servono, in particolare per il servizio pubblico, a valutare l’ efficacia delle trasmissioni e l’ interesse degli utenti».

Sponsor e diritti tv: un buco da 100 milioni

Corriere della Sera
p. tom.
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MILANO La cerimonia azzurra degli addii costa ben oltre 100 milioni di euro. L’ eliminazione dall’ Italia penalizza tutti: la Federazione, gli sponsor, le aziende, e ancora di più la Fifa e il Mondiale stesso, che sarà comunque il più ricco della storia, ma senza azzurri sarà più povero. Non solo di storia, ma anche di denaro, soprattutto quello dei diritti tv. Nella classifica dei 50 eventi maggiormente visti nel nostro Paese 49 sono legati a partite di calcio: l’ unica eccezione è il Festival di Sanremo vinto da Giorgia, mentre 32 sono le partite dei Mondiali. La Nazionale in media attira un’ audience di 8-12 milioni (più dell’ intera popolazione svedese, che supera di poco i 10 milioni…) che può sfondare i 20 milioni nelle partite più seguite di Europei e Mondiali. Così la mancata qualificazione degli azzurri a Russia 2018 costerà alla Fifa una perdita di circa 100 milioni di euro rispetto a Brasile 2014. Fra Rai e Sky la Fifa aveva incassato circa 180 milioni, mentre senza Italia sarà dura superare quota 80. La Rai paga 26,3 milioni l’ anno per gli azzurri, ma il nuovo bando sarebbe stato al rialzo. Perché per il Mondiale il prodotto in chiaro vale più di quello destinato alle pay tv ed era atteso anche un eventuale inserimento di Mediaset nell’ asta. È vero che la Federcalcio è reduce da due eliminazioni al primo turno, in Sudafrica e in Brasile, ma non essere nemmeno al via è un danno ben più grave. In Russia sono garantiti 1,2 milioni di euro per ciascuna delle 32 Nazionali al Mondiale, il più ricco di sempre con 342 milioni di euro di montepremi. Superare i gironi vale quasi 7 milioni di euro (e non superarli, come fece l’ Italia di Prandelli nel 2014 portò comunque 6,8 milioni di ricavi…) arrivare ai quarti può valere oltre 15 milioni, e via via a salire fino ai 24 milioni di euro per la finalista e i 32,5 per chi conquista la coppa. Gli accordi commerciali siglati dalla Federcalcio con Infront prevedono un minimo garantito sui 14 milioni di euro all’ anno, ma sui 43 milioni di euro di introiti commerciali nel bilancio 2016 quasi metà deriva dagli sponsor, e certi rapporti sarebbero difficili da mantenere o rinnovare alle stesse condizioni senza la vetrina russa. Nel 2016, grazie all’ Europeo di Francia, la Figc ha fatturato 174 milioni, nel 2015 erano 153. Il Mondiale brasiliano portò il 19% in più di ricavi da sponsor. Ma senza un’ Italia per cui tifare è previsto anche un drastico calo nella vendita delle magliette, che nel 2014 hanno rappresentato la metà dell’ intero merchandising azzurro, con circa 2,7 milioni di royalties. Puma ha un contratto fino al 2022, a quasi 20 milioni l’ anno tra parte fissa (18,7) e variabile. Un Mondiale senza Italia pesa anche sulle casse dell’ erario: può valere anche un milione di euro in meno per il Fisco, fu quello il gettito delle scommesse sugli azzurri all’ Europeo francese, che hanno mosso 19 dei quasi 268 milioni raccolti. Per la Figc, l’ Italia rappresenta l’ 11% del pil del calcio mondiale di uno sport che solo dalla Coppa del Mondo ricava oltre 4 miliardi di euro. La svalutazione in campo condanna l’ Italia alla serie B calcistica. Ma il marchio azzurro da oggi, se non è già retrocesso sul mercato, lotta per salvarsi.

Un colpo al Pil del paese la Figc perde 150 milioni i diritti tv sono dimezzati

La Repubblica
ETTORE LIVINI
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MILANO. L’ importante, diceva Pierre De Coubertin, è partecipare. Niente di più vero: l’ esclusione dell’ Italia dai Mondiali di Russia ha un costo altissimo non solo per il calcio, ma pure (potenzialmente) per il Pil e la Borsa tricolore. Figc e Pallone Spa hanno visto andare in fumo nella partita con la Svezia qualcosa come 150 milioni, 1,6 milioni per ogni minuto giocato al Meazza: circa 90 milioni di diritti tv, un bel po’ di mancati premi partita e qualche decina di milioni tra royalties per le magliette e sponsor in fuga. Il conto per l’ Italia, guardando al passato, rischia di essere ancora più salato. La vittoria degli Azzurri in Germania nel 2006 ha regalato al pil – secondo i calcoli di Coldiretti – un +1%. Qualcosa come 16 miliardi, mica noccioline. Gli Europei 2016, per dare un’ idea, hanno fatto decollare del 4% le vendite dei televisori, crollati del 10% sia l’ anno precedente e quello successivo. Un semplice buon piazzamento – come certifica Goldman Sachs – sarebbe stato sufficiente per risparmiare al paese una finanziaria: l’ approdo della nazionale ai quarti, dice uno studio della banca d’ affari Usa, tende storicamente a ridurre lo spread tra Btp e Bund tagliando il prezzo degli interessi sul debito (65 miliardi nel 2016). Un successo finale avrebbe regalato a Piazza Affari un 3% in più di rialzo rispetto alle medie europee. Più che i mancati guadagni potenziali, a bruciare in queste ore sono le perdite certe. La più consistente è la sforbiciata al valore dei diritti tv per Russia 2018. Quattro anni fa la Fifa li aveva venduti a Sky e Rai per 180 milioni circa. Quest’ anno le stime (l’ asta è in corso) prevedevano un prezzo di 175 milioni, «destinati a ridursi a 85 assicurano fonti di settore – ora che gli azzurri sono rimasti a casa ». Comprensibile, visto che 32 dei 60 programmi più visti di sempre sono partite dei Mondiali (49 su 50 se si considerano anche gli Europei). Capitolo premi: staccare il biglietto per Mosca significava per la Figc mettersi in tasca 1,2 milioni di dollari come bonus partecipazione. Cifra destinata a salire a 8 milioni con la qualificazione al girone, 16 per i quarti e 38 per la vittoria. Un gruzzoletto che avrebbe dato respiro a una federazione che ora rischia altri tagli dal Coni. Il colpo d’ immagine e portafoglio per la Nazionale è doppio. L’ anno di Mondiali ed Europei è quello in cui si vendono più magliette: le royalties sulle divise sono cresciute dai 799mila euro del 2013 ai 2,7 milioni di Brasile 2014 (malgrado la figuraccia rimediata). Non solo: la mazzata più pesante è la possibile fuga degli sponsor. La Puma da sola garantisce 18,7 milioni l’ anno agli azzurri, cifra che non solo è arrotondata da bonus risultati – difficili da immaginare dopo la partita di ieri – ma che ora, senza vetrine internazionali, potrebbe essere rivista al ribasso. Difficile che alla porta della Figc ci sia ora la fila per nuovi “inserzionisti” come è capitato invece alla vigilia del Mondiale 2014 quando il marketing ha garantito incassi suppletivi vicini ai 7 milioni. L’ impatto immediato e certo sui conti pubblici dell’ Italia è invece (per fortuna) più limitato e legato a filo doppio al mondo delle scommesse: le puntate sul calcio generano ogni anno circa 140 milioni di incasso per il Fisco. La parte del leone la fa come ovvio il campionato, ma Europei e Mondiali hanno visto crescere geometricamente negli ultimi anni il giro d’ affari legato alla Dea bendata. Le giocate sulle partite degli azzurri in occasione dell’ edizione brasiliana del 2014 sono state 19 milioni, quelle degli Europei 2016 43, di cui 14 solo per la sfida con la Germania. E l’ Agenzia delle entrate, solo per la manifestazione continentale, si era messa in tasca un milione di euro. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Previsto un crollo nelle vendite dei televisori Il titolo vinto nel 2006 portò invece 16 miliardi FOTO: © LAPRESSE Un’ immagine della nefasta notte di San Siro.


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