Indice Articoli
“Io sto con Milena”. La nostra petizione già a 45mila firme
Diffusioni, in edicola sale Gazzetta
Per Avvenire 105.769 copie a luglio
L’ edicola digitale delle telco francesi mette in allarme il fisco: così si evade l’ iva
Dallatana (Rai2), estate ok. Obiettivo: restare terzo canale pure in autunno
MF Fashion, Roncato nuovo responsabile Baudo editorialista del quotidiano
I dati Ads di luglio per quotidiani e settimanali e di giugno per i mensili (TABELLE)
Mediaset, tutta la quota di Vivendi sarà vincolata
Gli e-book sono crollati del 30% Quelli stampati crescono del 20%
Web tax, verso l’ Iva digitale Ue
“Io sto con Milena”. La nostra petizione già a 45mila firme
Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Mentre andiamo in stampa, sono avviate verso quota 45mila le firme a sostegno di Milena Gabanelli. Una valanga di sottoscrizioni per la petizione “Io sto con Milena” lanciata solo due giorni fa dal Fatto (potete firmare su ilfattoquotidiano.it o sulla piattaforma change.org) in segno di solidarietà per la creatrice di Report che si è autosospesa dalla Rai dopo essere rimasta mesi in attesa del lancio di un nuovo portale d’ informazione web. Progetto praticamente dimezzato (metà giornalisti e una testata di cui non è direttrice) dall’ offerta che le ha fatto il nuovo direttore generale Mario Orfeo, motivo per cui la cronista si è messa in aspettativa. “Noi pensiamo che qualunque emittente del mondo libero sarebbe orgogliosa di avere la Gabanelli tra le proprie file. Il suo nome è uno dei pochi motivi validi rimasti a giustificare il canone e la qualifica di ‘servizio pubblico’ per quello che è sempre più un servizietto privato dei partiti. Negli ultimi anni la Rai ha fatto di tutto per perdere la Gabanelli e alla fine ci è riuscita. Missione compiuta, nel silenzio omertoso di destra, centro, sinistra e dei grandi giornali”, si legge nell’ appello firmato da Marco Travaglio, Peter Gomez e Antonio Padellaro. Tante le adesioni, anche da parte di colleghi eccellenti. Come Lucia Annunziata, direttore di Huff Post Italia e conduttrice di Mezz’ ora in più, da domenica 24 settembre su Rai3: “Firmo per Milena perché la Rai ha assolutamente bisogno di un vero sito. La Bbc on line è una delle prime cinque fonti di informazione in Gran Bretagna. Non si vede perché la Rai non debba ambire a occupare questa posizione. Chi meglio di Milena per farlo?”, scrive Annunziata. Anche il direttore di MicroMega Paolo Flores d’ Arcais aderisce all’ appello. “Stavamo per farlo anche noi, ma ci avete preceduti. Ora sarebbe bello che tutti i quotidiani e le testate che hanno davvero a cuore la Rai come servizio pubblico aderissero anch’ essi senza gelosie”, il messaggio di Flores. Moltissimi i commenti delle persone che hanno firmato la petizione on line. “Abbiamo un assoluto bisogno di persone competenti senza condizionamenti di nessuna natura, specialmente in Rai dove dominano giornalisti inchinati al potere politico. Milena torna presto”, scrive Giuseppe Dolce. “Firmo perché non voglio rassegnarmi all’ idea che i partiti decidano tutto nel nostro Paese”, osserva Giuseppina Guarna, da Trento. “Milena Gabanelli deve restare nel servizio pubblico perché è un capitale per la libera informazione”, scrive Roberto Piccioli. La raccolta di firme e di adesioni continua.
Diffusioni, in edicola sale Gazzetta
Italia Oggi
ANDREA SECCHI
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Numeri in generale crescita per le diffusioni dei quotidiani italiani a luglio resi noti ieri da Ads. Con questo mese, però, si è ampliato ulteriormente il perimetro delle copie digitali rilevate, includendo anche i dati relativi alle copie multiple gestite tramite intermediari. Nonostante dai numeri non emergano grandi variazioni, non è perciò possibile confrontare le diffusioni col mese precedente. Il nuovo regolamento Accertamenti diffusione stampa sta andando a regime: già a maggio erano state reintrodotte le copie digitali multiple e mancava quest’ ultimo passo, detto che ora spetta agli editori adeguarsi se già non l’ hanno fatto. In ogni caso, a luglio non ci sono sconvolgimenti nella classifica dei 10 quotidiani con maggiori diffusioni su carta e digitale. In testa c’ è il Corriere della Sera con 310,4 mila copie, a seguire Repubblica con 229,4 mila e Qn-Quotidiano Nazionale a poco più di 8 mila copie di distanza dalla testata del gruppo Gedi (221,2 mila). Arriva poi la Gazzetta dello Sport: 206 mila copie quella quotidiana, 204 mila quella del lunedì. Ed è questa una prima variazione che si registra sul mese precedente: di solito la Gazzetta del lunedì è sempre più venduta rispetto a quella degli altri giorni, ma questo mese le due costole del quotidiano si sono scambiate le posizioni e, vedremo, che questo non dipende dalle copie digitali ma dall’ edicola. Al sesto posto si trova la Stampa con 176 mila copie, poi Il Sole 24 Ore, 167,8 mila. Il Messaggero è ottavo con 120 mila copie mentre negli ultimi due posti della top ten si trovano Avvenire (105,8 mila) e Corriere dello Sport del lunedì (105,6 mila). Fra le altre testate nazionali oltre le prime 10 si trova il Giornale a 62,7 mila copie, Il Fatto 47,6 mila, Libero 28,6 mila, La Verità 23,3 mila. In edicola le differenze riguardano l’ avanzata dei quotidiani sportivi. In testa c’ è ancora Qn-Quotidiano Nazionale, il dorso comune a Resto del Carlino, Giorno e Nazione, con 213,5 mila copie e un progresso del 2% rispetto a un mese prima (in questo caso la variazione si può calcolare trattandosi di sole copie cartacee non interessate dai cambiamenti del regolamento). A poca distanza arriva il Corriere Della Sera 211,5 mila (+3,9%). La sorpresa si ha al terzo posto, dove la La Gazzetta dello Sport con 186,7 mila copie (+15,7%) scalza Repubblica che ne ha 183 mila, praticamente in linea col mese precedente. Al quinto posto ancora Gazzetta con l’ edizione del lunedi (183 mila, +10,7%), poi la Stampa (129,7 mila, +4,4%) e il Corriere dello Sport – Stadio (100,1 mila, +10,9%). Ultimi tre posti sono occupati da Qn-Il Resto del Carlino (98.597 e +1,9%, ma questo risultato era già incluso nella somma del Qn di prima), Messaggero (95,1 mila, +5,6%) e Corriere dello Sport-Stadio del Lunedì (93,9 mila, +7,7%). Altre testate nazionali che non si trovano fra le prime dieci sono il Giornale (57,8 mila), Il Sole 24 Ore (51,1 mila), Fatto Quotidiano (36,1 mila), ItaliaOggi (27,2 mila), Libero (25,3 mila), La Verità (22,3 mila). I cambiamenti sul fronte digitale non hanno portato in realtà grosse mutazioni sui numeri come detto. Così la classifica per copie non cartacee resta la stessa: Sole 24 Ore 87,3 mila, Corriere della Sera 82,7 mila, Repubblica 28,1 mila, La Stampa 23,5 mila, Gazzetta dello Sport del lunedì 12,7 mila, Gazzetta degli altri giorni 12,3 mila, Fatto Quotidiano 10,6 mila, Messaggero 10,2 mila, Gazzettino 9,2 mila, Avvenire 8,9 mila. Infine i 10 settimanali più venduti a luglio: Sorrisi E Canzoni Tv 555,4 mila copie, Settimanale Dipiù 529,2 mila, Telesette 351,2 mila, Io Donna 317,8 mila, Oggi 309,6 mila, Venerdì di Repubblica 291,2 mila, Gente 285,6 mila, Espresso 285,3 mila, Famiglia Cristiana 267,3 mila, Dipiù Tv 257,8 mila. © Riproduzione riservata.
Per Avvenire 105.769 copie a luglio
Avvenire
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Avvenire si conferma a luglio, con una diffusione complessiva certificata (carta più digitale) di 105.769 copie, il sesto quotidiano d’ informazione italiano, il quinto considerando solo la diffusione cartacea (96.881 copie). L’ ultima dichiarazione elaborata da Ads mostra il consueto calo di volumi dovuto alla normale sospensione estiva di parte degli abbonamenti e di iniziative ed edizioni locali che, durante i mesi di luglio e agosto, interrompono la diffusione. Il calo delle copie digitali è invece dovuto agli effetti del riconteggio secondo le nuove norme, regole penalizzanti per Avvenire impegnato a recuperare i dati necessari per la corretta contabilizzazione; il processo richiede un certo tempo, ma sta dando ottimi risultati e si vedranno nei prossimi mesi. La classifica generale conferma nel mese di luglio la prima posizione del Corriere della Sera (310.408 copie complessive), seguito da la Repubblica (229.452 copie), La Stampa (175.869), Il Sole 24 Ore (167.825) e Il Messaggero (a quota 119.961). Dietro Avvenire, QN-Il Resto del Carlino (102.285 copie), QN-La Nazione (74.942 copie), il Giornale (a 62.686 copie) e QN-Il Giorno (43.932).
Radio, tregua tra editori
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Un lunghissimo consiglio di amministrazione di Ter-Tavolo editori radio ha stabilito ieri che per la pubblicazione dei dati di ascolto delle emittenti servirà il parere di una autorevole parte terza, individuata in un esperto professore di statistica. Comunque è stata siglata una sorta di tregua tra editori della radio (Mediaset e Rai, più critici verso l’ indagine, contro gli altri), poiché all’ unanimità si è deliberato di procedere con la ricerca Ter. Tempi e modalità del rilascio dei dati saranno però comunicati entro la fine di settembre, dopo un nuovo cda nel quale saranno condivisi i risultati della consulenza dell’ esperto. Radio Mediaset, tuttavia, si mantiene irremovibile nella sua convinzione che i dati, così come sono, non possano essere pubblicati. Quindi slitta ulteriormente la pubblicazione delle audience delle radio (in un primo tempo prevista a metà settembre), poiché, come già scritto da ItaliaOggi, il sistema radiofonico stesso non sembra fidarsi fino in fondo del lavoro dei ricercatori: ci sono due società, Ipsos e Gfk, incaricate della indagine telefonica Cati sugli ascolti nel quarto d’ ora medio, giorno medio e sette giorni; poi, a fine maggio, è stata chiamata pure Doxa per una ricerca di base sugli ascolti 14-21 e 28 giorni; quindi è arrivata Replay, che deve fare una verifica tecnica sui risultati complessivi delle ricerche, e dare una sorta di nulla osta sulla credibilità, veridicità e quindi sulla possibilità di pubblicare i dati Ter. Ora serve pure il professore di statistica per un ulteriore controllo di verifica utile per avviare il tutto. Alla fine di questo complesso meccanismo, il mercato degli investitori pubblicitari si augura di poter finalmente avere i dati di ascolto del primo semestre 2017, anche perché il mondo della radio, proprio per l’ avvio della nuova ricerca Ter, non rilascia più numeri sulle proprie audience dal dicembre 2016, ovvero nove mesi fa. Peraltro, senza l’ indagine Ter e utilizzando solo la precedente indagine Radiomonitor di Eurisko, il comparto radiofonico si stava sviluppando benissimo ed era stato premiato dalla pubblicità: secondo i dati comunicati da Fcp-Assoradio, il settore ha infatti chiuso il primo semestre 2017 con una crescita del 5% rispetto allo stesso periodo del 2016, e con un ottimo trimestre aprile-giugno, addirittura a +9,3% sull’ analogo intervallo 2016. Qualcuno, allora, potrebbe chiedersi se era proprio indispensabile la nascita di Ter, o se invece non fosse stato meglio lasciare la ricerca sugli ascolti completamente in mano a una società terza e indipendente. Gli azionisti di Ter-Tavolo editori radio srl, va ricordato, sono: Radio Mediaset +Rti al 16%, Rai al 15,8%, Aeranti-Corallo 15% così come Frt, e poi Elemedia (le radio Gedi-Espresso) al 12,5%, Rtl 102,5 al 7,3%, Rds al 5,7%, Radio Italia al 5,5%, Il Sole-24 Ore al 3,6%, così come Kiss Kiss. La società è presieduta da Nicola Sinisi.
L’ edicola digitale delle telco francesi mette in allarme il fisco: così si evade l’ iva
Italia Oggi
DA PARIGI GIUSEPPE CORSENTINO
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Non è esattamente un’ operazione «win-win» con cui guadagnano tutti, lettori, editori, operatori telefonici come s’ è continuato a ripetere in questi mesi. L’ edicola digitale, quella che consente di scaricare giornali e riviste dai siti di Orange o di Bouygues Telecom o di Sfr, la compagnia telefonica che fa capo al tycoon franco-israeliano Patrick Drahi (il più attivo su questo terreno), ha al momento un sicuro perdente: il fisco francese che ha fatto i conti sull’ Iva versata dai colossi telefonici e ha scoperto un vecchio trucchetto, già utilizzato dagli editori italiani con i cosiddetti «collaterali», quando cioè allegavano videocassette e altri prodotti alle loro testate: l’ utilizzo dell’ aliquota più conveniente che per i giornali è del 2%, ben 18 punti in meno dell’ imposta prevista per gli abbonamenti telefonici che è del 20%. Ora tutti, dall’ ex monopolista Orange all’ arrembante Sfr di Drahi (più prudente Bouygues Telecom, prima di avviare il servizio di kiosque digital, ha chiesto chiarimenti a Bercy e il ministero ha risposto che «la methode c’ est ne pas correcte», che il sistema di calcolo dell’ imposta non era corrretto), si aspettano verifiche e multe. E qualcuno comincia a fare qualche simulazione. Solo per Sfr (che ormai si chiama Altice perchè Drahi ha messo insieme l’ area telecom con quella dei contenuti e si prepara a delistare la società dalla Borsa di Parigi) certi analisti calcolano una «ottimizzazione fiscale», eufemismo contabile per dire elusione, compresa tra i 216 e i 360 milioni di euro. I vertici del gruppo rispondono che al massimo si tratta di un centinaio di milioni se non di meno, fatte tutte le compensazioni previste dalla legge. È un fatto, comunque, che le edicole digitali funzionano. Solo Sfr, quello che ha investito una decina di milioni di euro per mettere a punto il servizio che permette ai suoi abbonati di scaricare gratuitamente un’ ottantina di testate (dal Figaro a Libération a Paris Match a Elle), ha generato nei primi sei mesi di quest’ anno qualcosa come 45 milioni di copie «télechargé», scaricate sugli iPad o sui telefonini, l’ equivalente di 150 mila copie al giorno, un miraggio per qualsiasi editore di carta stampata. Per questo alla direzione di Lagardère Active, la holding del secondo gruppo editoriale francese (con testate di pregio come Paris Match, Elle e una scuderia di televisivi su cui punta da tempo l’ italiana Mondadori France) si dichiarano felici: non hanno mai venduto (online) tante copie da quando c’ è l’ edicola digitale di Drahi. «È sbagliato affrontare il problema dal lato fiscale», chiarisce Claire Leost, direttrice generale dell’ area actualité et grand public, «scaricare i giornali dai siti telefonici è uno strumento formidabile per la carta stampata». Aumenta le diffusioni (anche se una copia digitale vale circa un terzo rispetto alla copia vera, cartacea, acquistata in edicola, secondo le regole dell’ Acpm, l’ Ads francese) e dà un contributo non secondario al conto economico delle testate, visto che i telefonici – grazie anche a quella «ottimizzazione fiscale» di cui sopra – possono permettersi di girare agli editori da 2 a 7 centesimi a copia (scaricata). Pensiamo solo a Libération, di proprietà dello stesso Drahi, data per morta (cioè destinata a sparire dalle edicole), che oggi «vende» circa 7 mila copie (al mese) in versione digitale. Pensiamo allo stesso Paris Match, che non è più quel vascello ammiraglio di Lagardère, che contabilizza 50 mila «telechargement» nelle edicole web. Certo, l’ alto numero di copie scaricate dipende anche dal fatto che il servizio è gratuito, cioè inserito nei vari bouquet, nei pacchetti a forfait commercializzati dagli operatori telefonici per cui non si capisce (e per primo il fisco) che cosa si paga e qual è l’ aliquota Iva applicata. Per le telefonate l’ aliquota è del 20%, per i film scaricati del 10%, per i giornali del 2%. Difficile distinguere nel pacchetto-forfait. Se Bercy, il ministero delle finanze, costringerà le compagnie telefoniche a splittare il traffico dai vari télechargement e avvierà degli accertamenti, come ha già annunciato, allora è probabile che il kiosque digital non sarà più gratuito. Nel frattempo Sfr va avanti a marce forzate sui suoi progetti di convergenza media-telecom e mette a dura prova il suo management. Non tutti resistono alla pressione di Drahi. L’ ultimo direttore generale, Michel Paulin, arrivato solo 16 mesi fa (è un ingegnere esperto di telecom, con una lunga esperienza in France Telecom, Orange e Meditel, la filiale marocchina di Orange) si è appena dimesso. E non è stato sostituito. Paulin «jouit d’ un bon capital de sympathie chez Sfr», era apprezzato e stimato dai dipendenti, dicono i rappresentanti sindacali. Perché ha lasciato nella fase più delicata della trasformazione del gruppo? Che cosa gli ha chiesto di fare Drahi alla vigilia del delisting della compagnia? © Riproduzione riservata.
Dallatana (Rai2), estate ok. Obiettivo: restare terzo canale pure in autunno
Italia Oggi
CLAUDIO PLAZZOTTA
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Dopo le dimissioni, tra gli altri, di Carlo Verdelli, Francesco Merlo, Daria Bignardi e la penombra in cui è caduto Gabriele Romagnoli, va detto che Ilaria Dallatana, direttore di Rai2, si può considerare una sorta di superstite della breve stagione di Antonio Campo Dall’ Orto alla direzione generale della Rai (incarico da cui egli stesso si è dimesso) e di quella idea di tv pubblica. Va pure ribadito che, tra tutti i nominati in quota Dall’ Orto, la Dallatana era però forse l’ unica a capire di tv, avendo guidato per anni la società di produzione Magnolia, ed essendo cresciuta professionalmente come braccio destro di Giorgio Gori. Ora, senza più Campo Dall’ Orto ad appoggiarla, e con una concorrenza agguerritissima sul target dei giovani adulti di Rai Due (Tv8 e Nove si stanno consolidando molto, Italia Uno lavora da decenni sul quel pubblico, Sky e Fox ne intercettano fette sempre più ampie), la Dallatana si prepara a una stagione autunnale molto impegnativa: «L’ estate è andata bene», spiega a ItaliaOggi, «e siamo stabilmente il terzo canale per ascolti. L’ obiettivo è quello di restare il terzo canale anche in autunno. Siamo molto forti sul target 35-50 anni: nella serialità Usa c’ è un pubblico un po’ più femminile e più maturo, mentre prodotti come Pechino Express (parte domani su Rai2 in prima serata, ndr), gli spettacoli di Mika, Collegio, o lo stesso Nemo (al via al giovedì a fine settembre, ndr), intercettano un profilo più giovane». La sesta edizione di Pechino Express punta a bissare il successo della precedente stagione, quando aveva chiuso con una share media attorno al 9,2% per 2,2 milioni di telespettatori. «C’ è stata un’ ottima partenza di Quelli che il calcio», prosegue Dallatana, «e pure le puntate di Camera cafè stanno andando bene. C’ è anche un talent sulla musica al quale stiamo pensando: fosse per me, farei tutto, ma dobbiamo vedere i budget 2018, che è anche un anno con i Mondiali di calcio che per la Rai comportano sempre qualche sforzo economico in più». Quanto a Pechino Express, condotto dal bravo Costantino Della Gherardesca, «è un format fortissimo che, se fosse sul mercato, tutte le tv vorrebbero prendersi. Penso proprio che andremo avanti anche il prossimo anno. Ed è un programma che ha pure una valenza di servizio pubblico, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui siamo tutti un po’ spaventati e magari non vogliamo uscire di casa, o uscire dalla nazione. Invece Pechino Express ci spinge a viaggiare, a conoscere il mondo, popolazioni diverse, e prova a farci superare quel senso di paralisi». Quest’ anno l’ adventure game toccherà le Filippine, Taiwan e il Giappone. Nelle precedenti edizioni le somme raccolte venivano offerte ad associazioni per aiutare le popolazioni locali dei paesi attraversati. Ma questa volta la beneficenza andrà alle famiglie italiane colpite dai terremoti. Motivo? L’ Italia scivola nelle classifiche per ricchezza, e Taiwan e il Giappone non hanno certo bisogno dei nostri soldi.
MF Fashion, Roncato nuovo responsabile Baudo editorialista del quotidiano
Italia Oggi
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A far data dal 10 ottobre, Stefano Roncato assumerà la responsabilità di MF Fashion, l’ unico quotidiano europeo della moda e del lusso e che fa parte di MF-Milano Finanza. Roncato, 45 anni, è in MF Fashion dal 2000, dopo aver maturato una significativa esperienza nel mondo della finanza internazionale, e a lui faranno capo anche i due magazine specializzati MFF-Magazine for Fashion e MFL-Magazine for Living. Giampietro Baudo, che dal 2007 è stato direttore di MF Fashion, che ha portato al successo per la sua riconosciuta professionalità, conoscenza profonda del settore, anche per i suoi studi, e autorevolezza, pur avendo scelto dopo 20 anni in Class Editori di intraprendere un nuovo percorso professionale, continuerà a essere parte fondamentale del quotidiano della moda e del lusso in qualità di fashion, luxury & beauty columnist. Nell’ ambito della nuova organizzazione, Chiara Bottoni diventa caposervizio di MF Fashion.
I dati Ads di luglio per quotidiani e settimanali e di giugno per i mensili (TABELLE)
Prima Comunicazione
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Sono disponibili da oggi, lunedì 11 settembre 2017, i nuovi dati mensili stimati dagli editori, riferiti al mese di luglio 2017 per quotidiani e settimanali e al mese di giugno 2017 per i mensili. Come ricorda la società in una nota, a seguito dell’ entrata in vigore del nuovo Regolamento Ads edizioni digitali, è ripresa anche la comunicazione dei dati relativi alle copie multiple, con la verifica dell’ esplicita volontà di fruizione della copia da parte dell’ utente finale e l’ adozione di evoluti strumenti tecnologici di controllo dell’ avvenuta attivazione. I dati relativi alle copie multiple gestite tramite intermediari sono disponibili a partire dai dati riferiti a luglio 2017 e comunque a completamento della prima fase del processo di accreditamento di ciascun soggetto. E’ stata eliminata la soglia di prezzo prevista dal precedente regolamento: le copie digitali sono suddivise per fasce di prezzo e vengono rappresentate anche le copie digitali promozionali e omaggio per le quali sono previste le nuove regole di certificazione valide anche per le copie multiple. QUOTIDIANI – I dati dei quotidiani a luglio 2017 (.xls) SETTIMANALI – I dati dei settimanali a luglio 2017 (.xls) MENSILI – I dati dei mensili a giugno 2017 (.xls) In arrivo la rielaborazione grafica sui dati dei quotidiani realizzata da L’ Ego Editoriale per Primaonline.it.
Mediaset, tutta la quota di Vivendi sarà vincolata
Il Messaggero
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GLI IMPEGNI ROMA Gli impegni di Vivendi su Mediaset sono di più ampia portata perché riguardano l’ intero 29,9% dei diritti di voto. Nel piano presentato venerdì scorso all’ Agcom da Giuseppe Scassellati Sforzolini (studio Cleary Gottlieb), secondo quanto risulta al Messaggero ci sarebbero anche vincoli riguardanti il 9,9% residuo dopo il conferimento del 20% in un blind trust indipendente. Sul pacchetto rimasto in portafoglio, il gruppo media francese si impegna a non votare liste che dovesse presentare nelle assemblee del Biscione per il rinnovo degli organi. Domani si riunisce il consiglio dell’ Autorità di garanzia sulle comunicazioni presieduto da Angelo Cardani: si dovrebbe limitare a prendere atto delle misure proposte da Vivendi che sono frutto di interlocuzioni avvenute nelle ultime settimane e a informare Consob che imporrà di rendere noti gli impegni. Si ricordi che l’ 1 agosto Agcom è uscita allo scoperto minacciando una sanzione fino al 5% del fatturato del gruppo francese (540 milioni) finito nel mirino in conseguenza del possesso anche del 23,94% di Tim. Vivendi viola l’ art. 43 comma 11 del Testo unico sulle tlc (Tusmar) in quanto le imprese di telecomunicazioni che detengono nel mercato italiano una quota superiore al 40% non possono acquisire ricavi superiori al 10% del cosiddetto sic di tv, radio ed editoria. Agcom non può obbligare Vivendi a cedere una delle due partecipazioni ma verificherà entro aprile 2018 se ha ottemperato al congelamento dei voti anche nelle assemblee straordinarie e se ha diminuito i ricavi. Come? Con interventi sulla rete di Telecom. r. dim. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Gli e-book sono crollati del 30% Quelli stampati crescono del 20%
Italia Oggi
SERGIO LUCIANO
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«I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in barca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto…»: è un piccolo stralcio del famoso «Elogio del libro» che Umberto Eco scrisse sull’ Espresso nel marzo del ’95, quando Amazon non aveva ancora compiuto neanche un anno di vita e il libro «digitale» era, per lo più, un pdf che ci si scambiava su floppy disk. Certo che, da lassù, Eco sarà stato ben lieto di aver avuto una così clamorosa ragione dai dati diramati recentemente dalla Aap (associazione degli editori americani) sul fatto che, negli ultimi due anni, i libri in digitale sono crollati del 30%, quelli tradizionali sono cresciuti del 20%, in un mercato rimasto fermo attorno ai 7 miliardi di dollari. Questo perché effettivamente, come scriveva più avanti Eco in quell’ articolo, il libro di consultazione, il manuale tecnico o il dizionario, non rappresentando un oggetto affettivo né un prodotto esteticamente connotato, possono tranquillamente essere sostituiti da un file elettronico, ma il libro di lettura amena e voluttuaria (intesa come non funzionale a qualche scopo diverso dal piacere della lettura e della cultura) contiene dei valori di tipo emotivo che lo rendono fisicamente insostituibile. Più in generale, però, colpisce che il recupero dei libri cartacei abbia contagiato anche i millennials, pur nati nell’ era digitale. E fa pensare che forse anche per la Rete varrà, alla fin fine, l’ assioma secondo cui nessun media ha mai distrutto e totalmente sostituito quelli precedenti. La radio non ha ammazzato la carta stampata, la televisione non ha ammazzato la radio, e Internet non ha ammazzato la televisione che per ora, sui grandi eventi ma anche sulla fiction, rimane di gran lunga leader di mercato. Il problema è che tutto questo riconduce il dibattito al suo vero centro: che, come disse Bill Gates nel suo saggio del ’96 Content is king, è proprio che «il contenuto è il re». Quindi non basta pubblicare un libro, o un articolo, in modalità digitale per farlo leggere da tanta gente, se fa schifo; e se invece un libro è molto ma molto bello, per quanto possa essere stampato all’ inizio in tiratura limitata, verrà probabilmente tanto richiesto e apprezzato dai suoi lettori da essere ristampato una, due, mille volte fino a diventare un best-seller. Purché il contenuto meriti davvero: e quello è il difficile. © Riproduzione riservata.
Web tax, verso l’ Iva digitale Ue
Italia Oggi
CRISTINA BARTELLI
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Profitti tassati dove il valore è creato, che strizzano l’ occhio a una imposta sui consumi digitali, una versione dell’ Iva 4.0. Sarà questo il cuore della proposta sulla tassazione delle multinazionali che sarà presentato il prossimo 15 settembre all’ Ecofin di Tallin in Estonia. A ricordarlo è stata ieri Vanessa Mock, portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici, durante il consueto incontro con i giornalisti a Bruxelles. Inoltre il documento su cui si discuterà prevede anche l’ ipotesi di una tassazione della pubblicità online con ritenuta alla fonte. Confermando le anticipazioni di ItaliaOggi del 1° settembre scorso, Mock ha ripetuto di accogliere «favorevolmente la decisione della presidenza estone di mettere questo tema all’ ordine del giorno della prossima Ecofin informale e di organizzare il vertice digitale di Tallinn alla fine del mese. Per ogni attività», ha poi specificato, «i giganti digitali dovrebbero pagare la loro parte equa di tasse nei paesi in cui i loro profitti sono guadagnati. Questo», ha ricorda la portavoce di Moscovici, «non è certo un problema nuovo. È qualcosa che alla Commissione europea stiamo esaminando da vicino da diversi anni. Siamo anche stati molto attivi sul fronte internazionale, contribuendo al lavoro globale su questo, in particolare all’ Ocse e al G20». L’ obiettivo della Commissione sul punto è mantenere un approccio comune. È essenziale, insomma, mantenere un livello equo di condizioni. L’ orientamento è che tutte le aziende paghino la loro quota giusta e che i profitti siano tassati dove il valore viene creato . È su questa base, ricorda Mock, «che abbiamo proposto la Ccctb (base comune consolidata europea, ndr)». È dal 2014 che la Commissione è al lavoro per monitorare l’ evoluzione delle economie digitali e studiarne una possibile imposizione. Allo stesso tempo la commissione è in contatto con l’ Ocse, l’ organizzazione che sta lavorando a un suo percorso e progetto di tassazione delle multinazionali del web. E la Commissione continuerà a lavorare collaborando ai progetti Ocse sul punto. La proposta che sarà presentata all’ Ecofin ha subito un’ accelerazione sabato scorso, quando il ministro dell’ economia italiano, Pier Carlo Padoan, ha diramato una nota stampa per sostenere l’ iniziativa per la tassazione delle imprese dell’ economia digitale degli omologhi di Francia, Germania e Spagna. I quattro ministri delle finanze dei paesi più grandi dell’ Eurozona intendono dunque presentare l’ iniziativa per la tassazione della web economy appunto nel corso della prossima riunione informale del consiglio dei ministri delle finanze dell’ Ue il prossimo 15 e 16 settembre. Va ricordato che nel collegato fiscale, ad aprile, l’ Italia ha provato a inserire una sorta di collaborazione volontaria per le multinazionali del web che avrebbero dovuto dichiarare la propria stabile organizzazione in Italia. Il nodo della questione ruota infatti intorno al concetto di stabile organizzazione, che non trova d’ accordo le autorità amministrative degli stati (si veda ItaliaOggi del 24/8/17). Il primo round sulla riscrittura dei confini della stabile organizzazione si avrà dunque nel fine settimana. Se formalmente la tassazione dei colossi del web non è necessariamente legata alla configurazione di una stabile organizzazione, senza questa è difficile per le amministrazioni fiscali imporre a soggetti non residenti il versamento delle imposte. In tutto, nel 2016, secondo uno studio presentato dall’ ufficio parlamentare del senato, le multinazionali del web presenti in Italia hanno versato all’ Agenzia delle entrate 11,7 milioni di euro. © Riproduzione riservata.