Indice Articoli
Il Cda dà l’ ok a Fazio. Fico: “Compensi alti, colpa del governo”
La sua libertà spaventa l’ azienda
Orfeo scopre le carte (false): la Rai fa fuori la Gabanelli
Auditel, operativa la rilevazione su telefonini e tablet
Rai, via libera ai nuovi contratti
Vivendi-Mediaset, Agcom ancora fredda
La Rai: da Tele Kabul a Tele Phnom Penh
Rai, ok a Vespa col taglio del 30%
A Vespa contratto ridotto del 30% E la Gabanelli verso Rai News
Chessidice in viale dell’ Editoria
I conti del “Sole” e le magiche virtù del mercato
Il Cda dà l’ ok a Fazio. Fico: “Compensi alti, colpa del governo”
Il Fatto Quotidiano
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Alla fine hanno vinto loro , gli artisti, quelli che continueranno a sforare il tetto dei 240.000 euro l’ anno di compenso in Rai fissato dal governo. Il Consiglio di amministrazione della televisione ha approvato ieri all’ unanimità l’ accordo con Fabio Fazio, per un costo complessivo di 11,2 milioni di euro nei prossimi quattro anni. L’ intesa vale per la produzione della nuova stagione di Che tempo che fa?, in onda per 32 prime serate e altrettante seconde serate a partire dal prossimo 24 settembre. Fazio, attraverso la sua società L’ Officina, ha ottenuto la produzione del programma insieme a Magnolia e porterà lo show su Rai Uno. Sul maxi-stipendio di Fazio, seppur ridotto di circa 800.000 euro rispetto all’ accordo precedente rispetto al numero di puntate, è intervenuto Roberto Fico, Presidente della Commissione Vigilanza sulla Rai: “Se questi personaggi sono considerati artisti, allora non ospitino più interviste politiche”, ha detto, riferendosi anche a Porta a Porta di Bruno Vespa. Sul tema ha chiesto chiarimenti anche l’ Anac,c he ha inviato una lettera alla Presidente della Rai Monica Maggioni.
La sua libertà spaventa l’ azienda
Il Fatto Quotidiano
Antonio Padellaro
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Questo articolo è stato già pubblicato venerdì scorso quando prevedemmo (ma non era difficile) che il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, avrebbe fatto a Milena Gabanelli la classica proposta che avrebbe dovuto rifiutare (l’ assonanza con la famosa frase di don Vito Corleone è puramente casuale). Scrivemmo che rinunciare alla giornalista che ha creato Report sarebbe stato come se Allegri avesse tenuto in tribuna Dybala pur di non farlo giocare. Aggiungemmo che se l’ ottimo Orfeo avesse costretto la Gabanelli a fare la valigie, stando agli odierni canoni della meritocrazia al contrario avrebbe meritato la nomina a ministro. Poiché oggi sappiamo che il dg con autentico virtuosismo le ha offerto la condirezione di Rainews (non proprio l’ ammiraglia del servizio pubblico) e la redazione del relativo sito semiclandestino, nel mentre l’ accompagnava alla porta, pensiamo che adesso egli meriti addirittura la poltrona di Palazzo Chigi. Del resto, cos’ altro si può fare se non prendere atto della distruzione progressiva di quel patrimonio culturale e informativo chiamato Rai? Un tempo era un bene pubblico. Oggi, pur sempre finanziato dal canone degli italiani, è amministrato come esclusiva proprietà privata da un clan ristretto che risponde soltanto ai propri mallevadori: partiti politici, produzioni televisive esterne, grandi inserzionisti pubblicitari, potenti agenzie che hanno sotto contratto star dello spettacolo, conduttori, giornalisti. Dite voi in quali di queste categorie può rientrare il format umano e professionale Gabanelli. Una che dalla politica è sempre stata vista come il fumo negli occhi. Una che sugli appalti (anche Rai) dati agli amici degli amici ha fatto fior di trasmissioni. Una che, per aver denunciato per anni gli impicci delle grandi aziende di Stato oltreché dei colossi privati, ha rotto il ricatto del “vi diamo la pubblicità se parlate bene di noi e ve la togliamo se ci date fastidio”. Una fuori da ogni confraternita o scuderia. Una per tutte queste ragioni amata e rispettata dal pubblico televisivo. Per gli Orfeo e compagnia cantante, questo probabilmente è il suo vero imperdonabile difetto. Se i ragazzi del clan frequentassero le persone normali invece di starsene rintanati in Viale Mazzini a riprodursi per partenogenesi, forse fiuterebbero in giro un’ aria poco favorevole. Sappiano che la storia del contratto d’ oro a Fabio Fazio non è piaciuta per niente. Padrone lui di farsi pagare quanto vuole, ma padrone anche il pubblico di non sorbirsi più i consueti pistolotti moralistici declamati col ciglio umido dal bravo presentatore. Vedremo gli ascolti e vedremo se il fiume di denaro investito su Che tempo che fa sarà valso la candela. E poco è stata gradita la cacciata di Massimo Giletti per la sua troppo scomoda Arena : rinforzerà la squadra concorrente di La7. Quando (forse oggi) si saprà che se ne va anche la Gabanelli, la tv di Stato avrà dato di sé l’ immagine peggiore, ma certamente più autentica. Un’ azienda dai valori etici e professionali capovolti: se sei bravo, peggio per te.
Orfeo scopre le carte (false): la Rai fa fuori la Gabanelli
Il Fatto Quotidiano
Gianluca Roselli
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Rottura tra Milena Gabanelli e la Rai. In un incontro andato in scena nella serata di ieri con Mario Orfeo, la giornalista ha rifiutato la proposta, inaccettabile rispetto alle premesse, emersa durante la giornata nel corso del consiglio di amministrazione (su iniziativa di Carlo Freccero), e che il direttore generale furbescamente aveva fatto propria. Ovvero la condirezione di Rainews (a fianco del direttore Antonio Di Bella) con la delega per lo sviluppo web e la gestione del piccolo sito della testata. Questo è ciò che Orfeo ha messo sul piatto in quello che è sembrato un estremo e fasullo tentativo per mantenere Gabanelli in Rai. L’ ideatrice di Report è stata costretta a rifiutarlo, mettendo Orfeo davanti a una sorta di aut aut: o si torna al progetto originario per il quale era stata chiamata a Viale Mazzini lo scorso febbraio oppure sarebbe pronta ad andarsene. Non c’ è altra scelta possibile e l’ ufficialità arriverà inesorabilmente nelle prossime ore. La giornalista, dunque, ha detto no a un progetto che, rispetto a quello che doveva essere il nuovo grande portale Rai24.it, appare di serie B: andare a fare da condirettore a Di Bella, con una squadra di una ventina di persone al massimo non scelte da lei, per cercare di rilanciare un sito, Rainews.it, che raggiunge a malapena i 100 mila utenti unici al giorno. Un brand fallimentare su cui nessuno, finora, ha osato mettere la faccia e tentare un rilancio. A quanto si apprende, Gabanelli ha chiesto a Orfeo di partire subito con il portale su cui ha lavorato negli ultimi sei mesi. Altrimenti è pronta a fare le valigie e migrare altrove. Gabanelli, infatti, da maggio attende di partire con il nuovo portale d’ informazione che, nel progetto dell’ ex dg Campo Dall’ Orto, prevedeva una squadra di oltre 80 giornalisti a pieno organico, di cui una sezione specializzata in inchieste e una in data journalism. Progetto che, partito in pompa magna al suono delle trombe del “digital first” dell’ ex direttore generale, è stato prima frenato e poi completamente bloccato. Per due motivi: da una parte l’ opposizione alla creazione di una nuova testata, con un nuovo direttore (la stessa Gabanelli) quando l’ ordine di servizio a Viale Mazzini è quello invece di ridurre e accorpare le testate già esistenti; dall’ altra, il fatto che il nuovo portale debba rientrare all’ interno della riforma complessiva dell’ informazione Rai che, dopo la bocciatura del piano di Carlo Verdelli nel gennaio scorso, il nuovo dg non presenterà prima della fine dell’ anno. Che significa dover aspettare altri mesi. Supercazzole, insomma. Non il massimo per una professionista che lo stesso Orfeo ha più volte definito “una delle risorse più importanti per l’ azienda”. Così, Gabanelli è stata messa in naftalina: la redazione c’ è, l’ aspetto grafico e tecnico del sito è pronto, ma non può partire. Da qui, di fronte al suo crescente nervosismo, Gabanelli ha chiesto al dg di stralciare il progetto web: far viaggiare Rai24.it su un binario diverso rispetto a quello del piano informazione, in modo da far partire subito il portale e andare on line. Ma la maggioranza del Cda e lo stesso Orfeo le hanno risposto picche. “Il web sarà una parte fondamentale della nuova informazione Rai, non può essere stralciato dal piano generale”, ha fatto sapere il nuovo dg. Così è arrivata la controproposta: la condirezione di Rainews (quindi un gradino in più rispetto al suo status attuale di vice direttore con cui è stata assunta a Viale Mazzini) e la possibilità di sviluppare subito il progetto con il sito di Rainews.it. Le indiscrezioni, poi, raccontano anche altro. Per esempio la poca disponibilità da parte delle redazioni a cedere giornalisti alla nuova testata, trovando in questo una sponda eccellente in Monica Maggioni: la presidente della Rai non è mai stata una fan del progetto e della creazione di questa nuova testata. Anzi, si può dire che le abbia fatto per mesi una guerra aperta. Dentro e fuori Viale Mazzini. D’ altronde poi, come accade sempre in Rai, c’ è di mezzo anche la politica. Per cui si vocifera di una certa preoccupazione ai vertici del Pd per la nascita di un sito guidato dalla giornalista d’ inchiesta. Insomma, secondo i boatos di Viale Mazzini, al Nazareno si teme che un Report quotidiano formato web diventi una pericolosa mina vagante nella stagione in cui si voterà per le Politiche. Anche per questo, si dice, il verde sul semaforo per Rai24.it non si è mai acceso. E mai si accenderà. Campo Dall’ Orto è stato mandato, con l’ aiuto della Maggioni, proprio perché all’ improvviso si è scoperto poco renziano per i renziani (e il capo Matteo), come potrebbe Orfeo tradire il mandato per cui è stato chiamato sulla poltrona più alta dell’ azienda?
Auditel, operativa la rilevazione su telefonini e tablet
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Sarà Comscore a sviluppare le componenti tecnologiche e tutti i servizi necessari per arrivare alla misurazione delle audience della televisione “oltre la televisione”. Auditel completa così, con l’ assegnazione di questa “commessa” fino al 2020, anche quello che era l’ ultimo passaggio prima dell’ avvio dell’ operazione che porterà alla misurazione di audience su tutti i device, non solo sulla tv tradizionale. Il Consiglio d’ amministrazione della società presieduto da Andrea Imperiali – in cui siedono 9 consiglieri Upa (con l’ associazione delle aziende investitrici in pubblicità che esprime anche il presidente), 6 consiglieri Rai, 4 Mediaset, due Sky e uno ciascuno per Discovery, La7 e Confindustria Radio Tv – ha dato l’ ok definitivo a un progetto sicuramente ambizioso e non più differibile data la diffusione di second screen e on demand. Inghilterra, Francia, Germania e Spagna si sono già mosse. Arrivando a seguire, l’ idea che circola in casa Auditel è che si giunga a un modello di misurazione migliore. Un esempio: in Uk la misurazione degli ascolti su smartphone e tablet si mantiene comunque distinta da quella degli ascolti televisivi perché si rischierebbe di contare due volte lo stesso dato. Cosa che non è prevista avvenire invece in Italia dove la prima ricaduta tangibile si avrà, secondo il timing stabilito, entro il 2018 con la pubblicazione dei dati di “ascolto” di contenuti, ma anche delle pubblicità sui device digitali. Quest’ ultima è una novità come nuovo è anche il fatto che si tratterà di un dato censuario. Questo perché il meccanismo tecnico prevede che i broadcaster accompagnino al segnale – che si tratti di tv o siti web o piattaforme on demand – un tag che sarà letto poi dai device . Volendo quindi semplificare al massimo gli aspetti tecnici, ad Auditel arriveranno informazioni “certe”, a valle di dati censuari e non di rilevazioni statistiche a campione. Chiaro che un modello del genere pone a monte questioni nuove, dalla privacy al fatto di avere un inedito modello di misurazione di una cosa estremamente sensibile come gli ascolti tv. Proprio per questo, però, modello di rilevazione e piano di implementazione sono stati oggetto di un processo di condivisione assai approfondito con Agcom. Per declinare le informazioni – in arrivo da smart tv, Pc, smartphone e tablet – in dati per età o genere, sarà poi necessario incrociare le informazioni con il “superpanel”: nuovo campione da poco diventato operativo e che ha unito 10.400 nuove famiglie alle 5.700 del campione cambiato nell’ ultimo anno (dopo il problema dell’ email che ha svelato il campione a ottobre 2015, portando anche a uno stop dell’ attività di Auditel e impattando sul cambio di presidente). Qui a gestire la partita, sempre fino al 2020, sarà Nielsen. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Rai, via libera ai nuovi contratti
Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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I tasselli sembrano essere andati tutti al loro posto. La prima riunione del Cda Rai dopo la pausa estiva si conclude con un “The end” per alcuni capitoli spinosi. Difficile pensare che sul contratto a Fabio Fazio o a Bruno Vespa si finisca di dibattere. È però certo che il dg Mario Orfeo ha trovato una quadra che alla vigilia non era da dare per scontata. Caso Fazio. Gli strascichi per le polemiche estive sul compenso per il conduttore savonese restano evidenti, condite da un intervento Anac che ha chiesto lumi all’ azienda, su cui il Cda si sarebbe però detto tranquillo, considerandolo come atto dovuto dopo il ricorso del deputato dem Michele Anzaldi. Dal Consiglio è poi arrivato l’ ok all’ unanimità al contratto con la società “L’ Officina” appena costituita da Fabio Fazio e Magnolia, che produrrà Che tempo che fa, in onda dal 24 settembre su Rai 1. «L’ accordo prevede un taglio di spesa di circa l’ 8% per ogni puntata di prima serata rispetto al preventivo iniziale con un costo complessivo a puntata inferiore di oltre la metà rispetto alla media dell’ intrattenimento di rete» si legge nel comunicato di Viale Mazzini. Secondo le ricostruzioni in Consiglio si sarebbe parlato di una riduzione di 830mila euro annui rispetto al budget iniziale con costo a puntata che scende così a 409.700 euro in prima serata (contro gli 1,2 milioni di Ballando con le stelle) e 163mila euro per le seconde serate. Il direttore generale ha poi informato il Cda dell’ ok con taglio del 30% anche per Bruno Vespa, con nuovo stipendio intorno a 1,2 milioni e contratto biennale «con opzione per il terzo» secondo quanto comunicato da Vespa che ha poi affermato: «L’ ho fatto in segno di solidarietà con i dirigenti Rai ai quali è stato imposto retroattivamente un forte taglio retributivo». Nella nota diffusa in serata Rai ha dal canto suo indicato «un taglio di oltre il 30% del compenso e la riduzione di un terzo della sua durata, due elementi di cui il Cda ha preso positivamente atto». Passi avanti anche sul “caso” Milena Gabanelli, che potrebbe passare alla condirezione di Rainews con delega allo sviluppo del web e del data journalism. La proposta, lanciata dal consigliere Carlo Freccero, è stata condivisa dal board e poi fatta propria dal dg. La riunione si è completata con il piano editoriale del Direttore del Giornale Radio Rai e di Radio1 Gerardo Greco e alcune nomine, tutte interne, fra le quali Giuseppe Pasciucco a Cfo . Ieri è stato anche il giorno dell’ audizione del viceministro Morando in Commissione di Vigilanza, da cui è rimbalzato con chiarezza il messaggio che i compensi sopra i 240 mila euro annui agli artisti che lavorano per e nella Rai non devono arrivare dal canone di abbonamento. «Il punto di partenza – ha spiegato Morando – è dato dall’ esigenza di distinguere nettamente il servizio pubblico universale dai servizi di valore aggiunto. La quota del canone di abbonamento riservata alla Rai è utilizzabile esclusivamente per finanziare attività relative al servizio pubblico universale, mentre i servizi di valore aggiunto devono essere finanziati attraverso altre fonti». Quindi «se la contabilità separata dà conto con assoluta precisione delle spese volte rispettivamente a finanziare le attività di servizio universale e quelle di valore aggiunto sarà facile verificare se sia stata puntualmente rispettata la regola che vuole che solo le remunerazioni di prestazioni artistiche n quanto integralmente finanziate da risorse non da canone, possano eccedere il tetto retributivo dei 240mila euro annui». Morando ha dunque detto che «è necessario che la capacità della contabilità separata sia ulteriormente migliorata». © RIPRODUZIONE RISERVATA.
Vivendi-Mediaset, Agcom ancora fredda
Il Sole 24 Ore
Antonella Olivieri
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A questo punto l’ Agcom si prenderà tutto il tempo necessario per valutare la situazione. È questo l’ umore che filtra dagli ambienti dell’ Authority in vista del consiglio che mercoledì prossimo farà il punto sulla vicenda Vivendi-Mediaset-Telecom. I legali della media company transalpina poco prima di Ferragosto hanno inoltrato l’ ultima proposta, riveduta e corretta, per risolvere, almeno nella fase transitoria, la questione della triangolazione tlc-media che l’ Autorità ha ritenuto illegittima. Vivendi ha accettato di sterilizzare in toto i diritti di voto in Mediaset, al di sopra del 9,99%, per la parte eccedente ad arrivare fino al 28,8% del capitale e al 29,9% dei diritti di voto. Sterilizzazione piena anche per quanto riguarda le assemblee straordinarie, dove fino all’ ultimo i francesi avevano resistito per avere in mano un potere di veto nel caso di decisioni sgradite come, per esempio, la modifica dello statuto sociale del Biscione che oggi consente ampio spazio alle minoranze in consiglio. Lo strumento per realizzare la sterilizzazione è quello del trust, con una struttura di diritto italiano. Già in precedenza Vivendi aveva comunicato all’ Authority che la scelta di ridimensionarsi in Telecom o in Mediaset era caduta su quest’ ultima. Il punto che però non è ancora stato affrontato, ma che in seno al consiglio Agcom potrebbe costituire una pregiudiziale, è la formalizzazione dell’ impegno a cedere in via definitiva la partecipazione entro il termine del 18 aprile dell’ anno prossimo. Le soluzioni finanziarie per cercare di evitare un bagno di sangue non mancherebbero: dall’ equity swap, che Mediobanca aveva adottato quando era stata costretta a cedere il 15% di Fondiaria, al convertendo, scelto da Telefonica per azzerare la quota in Telecom. Ma quello che manca è la volontà di Vivendi di imboccare una strada senza ritorno, dopo aver fatto ricorso al Tar del Lazio contro la delibera dell’ Agcom. L’ udienza è stata fissata, nel merito, per febbraio. Ma, a sua volta, l’ Agcom potrebbe fare ricorso al Consiglio di Stato e non è affatto detto quindi che il countdown sarebbe sospeso in tempo utile per evitare una multa che, in caso di mancato adempimento delle disposizioni del regolatore, potrebbe arrivare fino a mezzo miliardo. Agcom ha ribadito che pretende una soluzione «strutturale», leggasi “definitiva”. Il punto, dunque, è ancora controverso. Nel frattempo, da quando è stata aperta la procedura, il contesto è diventato ancor più fluido. L’ assetto di vertice in Telecom è in tenuta provvisoria, con l’ uscita dell’ ad Flavio Cattaneo che non è ancora stato sostituito, mentre a giugno era stato cambiato anche il presidente con la staffetta tra Giuseppe Recchi (attuale vice-presidente) e Arnaud de Puyfontaine che è anche ceo di Vivendi. In sospeso c’ è poi la questione dell’ esercizio del golden power da parte del Governo sull’ incumbent delle tlc, dopo che Vivendi ha dichiarato “direzione e coordinamento” sul gruppo, negando però di averne il controllo. Per questo l’ Agcom non ha fretta. E nel frattempo ha chiesto un’ informativa sull’ ipotizzata joint nei contenuti tra Telecom e Vivendi, alla quale, secondo un resoconto di Bloomberg, potrebbe essere “invitata” anche Mediaset. Operazione allo stato non autorizzabile dall’ Agcom nè nella versione a due, e tantomeno in quella a tre, proprio perchè non è stata ancora risolta la violazione di legge da parte di Vivendi, che si sistemerebbe azzerando o almeno ridimensionando sotto al 10% la partecipazione francese in Mediaset o in Telecom. Un anno fa era stato studiato un piano a tre che prevedeva il conferimento di Mediaset Premium in una newco, con Vivendi che avrebbe messo sul piatto i 750 milioni destinati originariamente all’ acquisto della pay-tv del Biscione e Telecom che avrebbe conferito Tim vision. Vivendi e Mediaset avrebbero avuto il 40% ciascuna e Telecom il 20%: con i diritti della Champions (ormai aggiudicati a Sky) e quelli della serie A (gara annullata e in replica a fine anno) il break-even era previsto in tre anni. Ma, appunto, i francesi hanno preferito la prova muscolare del blitz azionario che a dicembre li ha portati alla soglia d’ Opa in Mediaset, con tutto quanto ne è conseguito. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
La Rai: da Tele Kabul a Tele Phnom Penh
Italia Oggi
DANIELE CAPEZZONE
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Premessa doverosa: nulla di personale verso la signora Giovanna Botteri. Né sarebbe onesto far carico a lei di tutte le nefandezze della Rai. Chi scrive è un privatizzatore: a mio modo di vedere, la Rai (come e peggio di Alitalia, come e peggio delle municipalizzate romane) può solo fornire un cattivo servizio a costi alti, pesando sulle tasche e sulle spalle del contribuente. Con, in più, la manona della politica lottizzatrice, a cui né la Prima né la Seconda Repubblica si sono purtroppo sottratte. Ma voglio mettermi nei panni di chi la pensa diversamente da me, e cioè di chi (legittimamente, ultralegittimamente!) crede nella funzione di un servizio pubblico radiotelevisivo. E pongo una domanda. È normale che, mentre il dittatore comunista nordcoreano minaccia il mondo con i missili nucleari, tutti i giorni (più volte al giorno, su più tg Rai) manca poco che l’ inviata Rai a Washington, la Botteri, appunto, chiuda i suoi servizi dicendo: «Abbasso Trump»? Dobbiamo attenderci che, in odio a Trump, si passi presto anche al «Forza Kim»? Per carità, è vero che Trump ha fatto impazzire la quasi totalità delle grandi firme italiane (con eccezioni positive che si contano su poche dita di una sola mano di un grande mutilato: cito con piacere Maria Giovanna Maglie). Non c’ è giornalone che non abbia ospitato e non ospiti da mesi reazioni isteriche. Prima dell’ elezione di Trump, con inviati che parevano direttamente distaccati dall’ ufficio stampa della Clinton: restano indimenticabili le nottate dei tre dibattiti televisivi Clinton-Trump, con «firme autorevoli» italiane che twittavano compulsivamente (tipo bimbiminkia) per spiegare che la Clinton aveva stravinto. E dopo l’ elezione di Trump, con le stesse firme che si sono affannate a spiegare che l’ America era ogni giorno sull’ orlo dell’ Apocalisse. Chi scrive non è necessariamente pro Trump. Molte cose non mi piacciono e non mi convincono di lui. Ma sono diventato ferocemente anti-anti Trump, cioè non sopporto chi, in modo tifoso e pregiudiziale, anziché sforzarsi di capire quello che accade, anziché cercare di mostrare la realtà nelle sue contraddizioni, nella sua molteplicità di sfumature, sceglie di fornirci ogni giorno una cronaca unilaterale, monoculturale, distorta e propagandistica. Fake news allo stato puro, da parte di quelli che dicono di lottare contro le fake news. Ma non perdiamo di vista il punto essenziale. Che lo facciano giornalisti pagati da editori privati, transeat: è affar loro e dei loro editori, appunto. Del resto, ieri per tutta la giornata sul sito del Corriere della Sera campeggiava un articolo in cui il dittatore Kim veniva descritto come «un manager dinamico che deve risollevare il suo gruppo» (testuale). Ma che invece lo faccia l’ inviata del servizio pubblico radiotelevisivo pagata con il canone dei cittadini, è diverso. Da Tele-Kabul stiamo scivolando verso Tele-Phnom Penh (capitale dei kmer di cui la Botteri sembra una nipotina)? E allora, con rispetto, apriamo una discussione. E vediamo se qualcuno avrà la gentilezza di rispondere. Alla presidente della Rai, al direttore generale, ai membri del Cda (convocato, pare, per il contratto di Fabio Fazio), a tutti i vertici di Viale Mazzini e Saxa Rubra, a lor signori e lor signore va bene così? Tutti soddisfatti? Tutte le sere «Forza Kim e abbasso Trump»? Domandare è lecito, rispondere è cortesia.
Rai, ok a Vespa col taglio del 30%
Italia Oggi
MARCO LIVI
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Bruno Vespa sarà ancora in Rai, ma con un contratto tagliato di circa il 30%. Ieri il consiglio di amministrazione di viale Mazzini ha accolto all’ unanimità la proposta del direttore generale Mario Orfeo per un ingaggio biennale, non più triennale (con l’ opzione per un terzo), e con un compenso annuo per il conduttore che passa da 1,8 milioni di euro a 1,2 milioni. Le puntate del suo Porta a porta saranno 120, in seconda serata. Salvo eccezioni legate alla strettissima attualità che potrebbero indurre ad allestire una trasmissione in prima serata su Rai1. Vespa ha parlato di un «segno di solidarietà con i dirigenti Rai ai quali è stato imposto retroattivamente un forte taglio retributivo, con l’ auspicio che la norma relativa venga rivista al più presto per non far uscire l’ azienda dal mercato manageriale», sottolineando di aver accettato «per dare un piccolo contributo alla serenità aziendale in un momento di forti polemiche, anche sulle retribuzioni». Ma nel cda di ieri non si è parlato solo di Vespa. Milena Gabanelli, infatti, potrebbe presto diventare condirettore di Rainews24 con delega allo sviluppo del web e del datajournalism. Il cda ha fatto propria, e anche il d.g. ha voluto condividerla, la proposta del consigliere Carlo Freccero di nominare la giornalista a fianco del direttore di RaiNews Antonio Di Bella. Adesso l’ iter prevede che il d.g. formuli una vera e propria proposta al cda, il cui parere per le nomine di carattere editoriale è vincolante. Anche se al tempo stesso occorrerà sentire il parere di Di Bella, che per quanto sia consultivo e non vincolante ha comunque il suo peso. Come pure la stessa Gabanelli è chiamata a dire se un incarico di questo tipo sia nelle sue corde da quando è entrata in Rai nel gennaio scorso con contratto d’ assunzione da vicedirettore dell’ area digital. Altro via libera del cda è stato quello alla società di produzione L’ Officina che vede insieme Fabio Fazio e Magnolia per l’ allestimento del programma Che tempo che fa, che dal prossimo 24 settembre ripartirà su Rai1 anziché su Rai3 che l’ ha ospitato in tutti questi anni. La società di produzione è fresca di costituzione ed è entrata nel pacchetto di accordi che ha portato al rinnovo del contratto di Fazio con viale Mazzini. Finora (stando anche a quanto comunicato dallo stesso direttore generale Mario Orfeo in commissione di Vigilanza ai primi di agosto) si era parlato di un costo per puntata del programma pari a 450 mila euro, la novità è che il costo per puntata della prima serata di domenica passa a 410 mila euro, un risparmio dell’ 8%. Sempre ieri intanto il viceministro all’ economia e finanze, Enrico Morando, nel corso di un’ audizione presso la commissione di Vigilanza Rai ha detto che le risorse destinate alla Rai per gli anni 2019-2020 sono pari a 1,875 miliardi di euro, ovvero 100 milioni in più rispetto a quanto previsto nel 2018. «Tenuto conto che il prossimo anno si svolgeranno i Mondiali di calcio e le Olimpiadi invernali», ha aggiunto Morando, «per la Rai è prevista una perdita di 80 milioni di euro». Per gli anni successivi le cose sono destinate a cambiare «anche in maniera significativa». © Riproduzione riservata.
A Vespa contratto ridotto del 30% E la Gabanelli verso Rai News
La Repubblica
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ROMA. Il consiglio di amministrazione Rai ieri ha rinnovato il contratto di Bruno Vespa per due anni (con un’ opzione per un terzo). Il compenso del giornalista è stato però ridotto e passa da 1 milione e 900mila a 1 milione e 200mila euro annui. Su proposta di Carlo Freccero, a Milena Gabanelli è stata invece offerta la condirezione di RaiNews, con delega al web, ma l’ ex autrice e conduttrice di Report non sa se accettare perché il progetto è molto diverso da quello che le aveva prospettato l’ ex dg Antonio Campo Dall’ Orto. È stato poi approvato definitivamente il contratto di Fabio Fazio per Che tempo che fa, con una limatura ulteriore dei costi di produzione: da 450mila a 410mila euro a puntata. ©RIPRODUZIONE RISERVATA BRUNO VESPA Riduzione di un terzo per il conduttore.
Chessidice in viale dell’ Editoria
Italia Oggi
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Cinema: Apple e Amazon in corsa per i diritti su James Bond. Scaduti nel 2015 con Spectre i diritti di Sony su 007, nella corsa ora entrano anche i giganti tecnologici Apple e Amazon. Secondo quanto ha rivelato Hollywood Reporter, per l’ acquisto dei diritti, oltre alle major Warner Bros, Universal, Sony e Fox, si sono presentati anche i due colossi dell’ informatica e dell’ e-commerce. L’ acquisto del marchio potrebbe andare oltre i semplici diritti cinematografici e trasformarsi in occasione di sviluppo di nuovi prodotti di franchising: Apple e Amazon lo considerano come uno degli ultimi marchi inutilizzati. Una valutazione del franchise di 007 si aggira fra i due e i cinque miliardi di dollari, secondo gli esperti citati dal sito Usa. Facebook vuole i diritti musicali. Facebook è pronta a sborsare centinaia di milioni di dollari per accordarsi con i principali editori di musica e consentire ai suoi utilizzatori di postare dei video musicali autorizzati. Secondo Bloomberg, Facebook intende introdurre un software il quale contrassegnerà con un flag la musica che viola i diritti d’ autore. Bloomberg tuttavia avverte che ci vorranno almeno due anni prima che questo software sia pronto. Nel frattempo gli editori preferiscono essere ricompensati in qualche modo piuttosto che perseguire gli atti di pirateria. L’ accordo per il pagamento dei diritti d’ autore rafforzerebbe il piani di Facebook di fare concorrenza a YouTube con Watch, la sua piattaforma che consente la condivisione e la visualizzazione di video. Mediaset, il 13 settembre consiglio Agcom sul piano Vivendi. Il dossier Mediaset-Vivendi tornerà sul tavolo dell’ Agcom il prossimo 13 settembre, in occasione del primo consiglio dopo la pausa estiva. Gli uffici dell’ Autorità potrebbero informare i commissari delle evoluzioni relative al piano proposto da Vivendi sulla quota detenuta in Mediaset e quella in Telecom Italia. Mondadori France lancia Dr. Good!. Sarà in edicola da giovedì 7 settembre ogni due mesi Dr. Good!, il nuovo magazine lifestyle di Mondadori France dedicato al benessere e alla salute che parlerà al pubblico attraverso la figura di Michel Cymes, medico esperto del settore e conduttore molto conosciuto in Francia, il quale metterà a disposizione dei lettori la propria esperienza e i suoi consigli per cambiare stile di vita e condurre una vita sana. La testata è caratterizzata da un approccio innovativo, positivo ed energico e un concept dedicato alle donne che vogliono restare in forma. Il lancio del magazine, che avrà una tiratura di 130 mila copie, sarà sostenuto da un piano di comunicazione articolato su tutti i mezzi: tv, radio, magazine, web e social network. Venezia premia Diva!. Il cast del lungometraggio di Diva!, il film sulla vita di Valentina Cortese, tratto dal libro autobiografico Quanti sono i domani passati, prodotto da Casta Diva Pictures (parte di Casta Diva Group) e D.O. Production e realizzato da Francesco Patierno, si è aggiudicato lo Starlight Cinema International Award e il Premio Kinéo Anniversario dei 15 anni. Il film era in selezione ufficiale, fuori concorso, della 74° Mostra del Cinema di Venezia.
I conti del “Sole” e le magiche virtù del mercato
Il Fatto Quotidiano
Marco Palombi
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Come tutti sanno, Il Sole 24 Ore è quel giornale color salmone di proprietà della Confindustria che ci rassicura ogni giorno sulle virtù del mercato e, immancabilmente, su quelle che mancano a noi: pigri, poco produttivi, affezionati a vecchi privilegi, incapaci di affrontare l’ elettrizzante novità di un mondo senza certezze. Ecco, ultimamente Il Sole è un po’ eclissato, nel senso che non se la passa bene (forse i suoi manager non ne seguono i consigli): i conti al 30 giugno diffusi martedì certificano una perdita di 45,5 milioni (4 milioni in meno del primo semestre 2016); un margine operativo lordo negativo per 32,8 milioni (era -23,4 un anno fa), nonostante tagli per 20 milioni; un patrimonio netto sempre negativo per 57,5 milioni di euro (era -12). Colpa di certe storiacce del passato che conoscono in Procura e della crisi più generale dei giornali. Ora, per evitare di portare i libri in tribunale, è stato annunciato un aumento di capitale da 50 milioni di euro e la vendita di un asset della società per altri 40 (che però abbasserà assai i ricavi). Novanta milioni che dovrebbero magicamente rimettere in sesto un’ azienda che perde soldi ogni mese, con un patrimonio netto negativo per 57 milioni e qualche debituccio da rimborsare a breve alle banche. Problema: l’ aumento deve essere da 50 milioni perché Confindustria ce ne può mettere solo 30 e non vuole perdere il controllo del gruppo. Il Sole, peraltro, è un’ azienda quotata e infatti, come da mandato istituzionale, Consob fischietta: sono o non sono meravigliose le virtù del mercato?