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Rassegna Stampa del 31/08/2017

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I guadagni extra di Mediaset con B. al governo: 1,1miliardi

Rai, manca il contratto di Vespa: il dg sfonda il tetto?

Calimero & C. sbarcano in edicola: gadget improbabili per un’ operazione nostalgia

La Rai rilancia e torna in Fiera (forse). Bella idea

Sopralluogo nel vero paradiso delle fake news: l’ hotel del Calciomercato

I grandi eventi sportivi restano l’ ago della bilancia

Il Trono di Spade miniera d’ oro per Sky

Tv, i neocanali vincono in estate

Mario Orfeo non guarda i suoi Tg?

Chessidice in viale dell’ Editoria

Orfeo: “Così cambierà la Rai nuovi canali e meno testate ma serve certezza sulle risorse”

Google obbedisce all’ Antitrust Ue

CorSera, Cairo studia il dorso per Tempi Liberi

I guadagni extra di Mediaset con B. al governo: 1,1miliardi

Il Fatto Quotidiano
Marco Maroni
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Grazie alla sua “discesa in campo” Silvio Berlusconi ha fatto guadagnare a Mediaset più di un miliardo di euro, facendo perdere quasi 200 milioni alla Rai. Gli effetti economici del gigantesco conflitto d’ interessi col quale Berlusconi è stato per quasi dieci anni a capo del governo e dominus della tv privata e pubblica in Italia, l’ hanno calcolato quattro economisti, in una ricerca che si è aggiudicata il premio del 2017 come “miglior studio di economia applicata” dall’ American Economic Association, istituzione che dal 1885 riunisce gli accademici americani che si occupano d’ economia. La ricerca intitolata Market-Based Lobbying: Evidence from Advertising Spending in Italy è firmata da tre studiosi italiani: Eliana La Ferrara (università Bocconi), Ruben Durante (ex Università di Messina ora alla Pompeu Fabra di Barcellona) e Stefano Della Vigna (Berkeley, California), più l’ americano Brian Knight (Brown University). Il paper premiato non parla delle leggi ad personam con le quali l’ ex premier ha sistemato gran parte dei suoi problemi giudiziari, ma del cosiddetto lobbismo “indiretto”. Un modo di influenzare le decisioni politiche meno diffuso di quello classico in cui aziende e settori economici finanziano le campagne elettorali o le fondazioni degli uomini di governo, ma super efficace, di cui Berlusconi – che l’ Italia rischia di ritrovarsi come politico di riferimento anche del prossimo governo -, può essere ritenuto il più significativo rappresentante. Il “lobbismo indiretto” riguarda infatti i governanti che possiedono grandi aziende e quindi, oltre a essere incentivati a orientare l’ azione pubblica in modo da favorire il proprio business, raccolgono i frutti della loro posizione in termini di acquisti e investimenti nelle loro società da parte di altri soggetti economici, che sperano di guadagnare un occhio di riguardo. Gli economisti individuano due tipi principali di aziende: quelle in settori altamente regolati (telecomunicazioni, auto, farmaceutica, ecc) per le quali i provvedimenti dei governi possono fare la differenza in termini di prezzi, tariffe, incentivi e via dicendo; quelle che operano in contesti poco regolati. Il periodo preso in esame è quello, tra il 1994 e il 2011, nel quale Berlusconi ha governato da maggio 1994 a gennaio 1995, da giugno 2001 a maggio 2006 e infine dal maggio 2008 al novembre 2011, quando – con lo spread a 574 punti e le minacce di commissariamento da parte di Ue, Bce e Fondo monetario – lasciò il posto a Mario Monti. I dati raccolti dai quattro mostrano che gli investimenti pubblicitari da parte delle aziende regolate sulle reti Mediaset durante i governi Berlusconi sono esplosi, in special modo durante il terzo mandato, quello iniziato nel 2008. Preferenza accordata al Biscione nonostante il prezzo medio di un secondo di pubblicità nelle reti Mediaset, quando Berlusconi era premier, fosse più alto di 15 euro rispetto alle tariffe Rai (a parità di audience). Secondo gli autori, l’ entità del maggior costo degli spazi Mediaset mostra quanto è valutata dalle aziende regolate l’ opportunità di manifestare l’ appoggio al premier. “Se Mediaset è in grado di alzare notevolmente i prezzi quando Berlusconi sale in carica – scrivono gli economisti – e le aziende sono comunque desiderose di comprare spazi pubblicitari, pur in mancanza di significativi movimenti dell’ audience, significa che gli inserzionisti si attendono importanti benefici politici dagli investimenti in Mediaset”. Il totale dei maggiori investimenti delle aziende sulle reti Mediaset durante i tre governi Berlusconi è calcolati in oltre un miliardo. Più nello specifico, gli autori spiegano che le entrate annuali di Mediaset in ragione del conflitto d’ interessi sono aumentate “di 123 milioni di euro” e “le entrate della Rai diminuite di 22 milioni di euro”. In nove anni di governo Berlusconi, l’ effetto cumulato di questo incremento degli incassi dovuto al lobbying indiretto “ammonta a 1,1 miliardi di euro, e il calo degli in cassi per la Rai è pari a 194 milioni di euro”. Un capo del governo eletto democraticamente che continui a controllare un grosso business è inusuale, concludono gli studiosi. Ma il caso di Berlusconi, anche se confrontato con altri simili tipo i coniugi Kirchner in Argentina o Thaksin Shinawatra in Thailandia, è unico.

Rai, manca il contratto di Vespa: il dg sfonda il tetto?

Il Fatto Quotidiano
Carlo Tecce
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Il calciomercato finisce stasera, ma non si aspettano colpi eclatanti delle squadre italiane. C’ è maggiore attenzione, invece, sul telemercato: oggi scade il contratto di Bruno Vespa, milita da decenni nel servizio pubblico e dal ’96 conduce Porta a Porta su Rai1. Secondo il giornalista, che però non si definisce giornalista (non versa più contributi all’ istituto previdenziale Inpgi) bensì artista, non sussiste una questione sul tetto di 240.000 euro all’ ingaggio annuale e dunque può ottenere una deroga come per Fabio Fazio. Vespa guadagna da sempre oltre un milione di euro di minimo garantito (più vari bonus per le puntate extra o gli speciali in prima serata) e Porta a Porta, che va in onda spesso sulla politica e a volte sui temi dello spettacolo, sempre per il conduttore, non sarebbe una trasmissione di informazione. Allora perché in Viale Mazzini indugiano? Di sicuro, temono le probabili contestazioni della Corte dei Conti sul danno erariale (già pervenute su Fazio), che andrebbero a coinvolgere tutti i direttori, da quello di Rai1 passando per i capi delle Risorse umane e l’ Ufficio legale fino al dg Mario Orfeo. Il direttore generale potrebbe offrire una riduzione del compenso di Vespa sforando il tetto oppure aspettare il prossimo Cda per ottenere un parere – non vincolante – dei consiglieri, non proprio convinti dalle argomentazioni degli avvocati di Vespa. A un anno dalla scadenza del mandato e con uno scenario politico instabile che s’ affaccia sul voto del 2018, non sarà facile per i consiglieri rischiare, anzi immolarsi per il giornalista non giornalista. Porta a Porta è già in palinsesto per la prossima stagione, dovrebbe riprendere a settembre. Manca l’ ultimo sigillo, il rinnovo del contratto di Vespa. Tutti sono in ansia. Per motivi diversi.

Calimero & C. sbarcano in edicola: gadget improbabili per un’ operazione nostalgia

Il Fatto Quotidiano
FQ
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Il 3 febbraio 1957 i pochi televisori sparsi nelle case italiane mandavano in onda per la prima volta un programma fatto di soli spot pubblicitari. Lo “spettacolino”, così come veniva chiamato, era Carosello e per ben 20 anni (7.261 episodi) ha segnato il Paese tra picchi di popolarità e gradimento assoluto. Una strepitosa carrellata di personaggi con annessi tormentoni e slogan entrati nella leggenda, da “E chi sono io, Jo Condor?” all’ ombra della Lagostina Carmencita, passando per l’ omino coi baffi e il confetto Falqui che “basta la parola”. Mini opere d’ arte costruite, scritte e recitati da personaggi del calibro di Vittorio Gassman, Dario Fo, Mina, De Filippo, Totò che restano pur sempre réclame. Carosello nacque, infatti, per effetto di una legge che proibiva alla Rai la pubblicità all’ interno delle trasmissioni. Per gli sfortunati che non hanno avuto la possibilità di andare “a letto dopo Carosselo”, in questi decenni si sono susseguiti libri, documentari, raccolte di Dvd, filmati su Youtube, puntate intere di Techetechetè (il programma amarcord di Rai1) che ne hanno fatto apprezzare il contenuto geniale. Così geniale da essere strizzato come un limone. Tanto che questo mondo nostalgico – e tutto in bianco e nero – si è ora trasformato “in splendide e introvabili statuine 3D di alto valore collezionistico, nelle pose più emblematiche e irresistibili, tutte da collezionare!”. Gadget da acquistare in edicola. Occhio però: la prima miniatura (Calimero) sarà disponibile a un prezzo di lancio di 4,99 euro per poi arrivare ai 12,99 euro di Concilia. E come direbbe il pulcino bianco e nero: “È un’ ingiustizia, però”.

La Rai rilancia e torna in Fiera (forse). Bella idea

Il Foglio

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E’ la parabola (non in senso biblico) della Rai, che ha voltato le spalle a Milano quando il potere con la maiuscola si era trasferito a Roma e oggi, invece, visto che è proprio Milano a tirare la volata al paese, potrebbe avere un lieto fine. E’ proprio la Rai, infatti, a mettere a punto una strategia per tornare più forte di prima in città. “Un ritorno alle origini, dalla Fiera alla Fiera”, spiega Vinicio Peluffo (Pd), della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai. Anche perché sono in molti a ricordare la stagione delle grandi produzioni e la simpatia, le battute di Mike al Teatro Fiera 1, quando andavano in onda le prime puntate di “Lascia o raddoppia?”, o il sorriso senza tempo di Paolo Limiti. Sembra tutto in discesa il ritorno di mamma Rai nel recinto della Fiera, al Portello. “E’ fondamentale per la Rai investire a Milano, perché la città è diventata lo specchio del paese che funziona, è un’ eccellenza europea. E poi realizzare un nuovo centro di produzione è diventata una necessità per l’ azienda di corso Sempione”, spiega Peluffo, che ha seguito la pratica fin dall’ inizio, coi tre direttori generali che si sono scambiati il testimone in questi ultimi anni. A partire da Luigi Gubitosi, che si era opposto nettamente all’ ipotizzato trasloco sull’ area Expo ma che chiedeva una sede di prestigio dentro la città. Poi Antonio Campo dall’ Orto, che dopo aver incontrato Pisapia aveva manifestato disponi bilità sul nuovo centro di produzione in Fiera e aveva lanciato addirittura l’ idea di un tg nazionale a Milano, un classico delle ambizioni mancate meneghine. Ora Mario Orfeo – già passato dalla commissione di Vigilanza – fa sapere che deve studiare la pratica. D’ altra parte molto dipenderà da come finiranno le elezioni politiche. Orfeo spera nella riconferma al timone della Rai e dopo il voto non farà nulla – né sul piano informazione né sul futuro della nuova sede di Milano – per dispiacere a chi avrà vinto la partita. Ma né la Rai né Milano possono permettersi altri giri di valzer. L’ ipotesi Portello, che è di FieraMilano, è ormai sul tavolo. E proprio un tavolo di lavoro si è insediato mesi fa a palazzo Marino. La soluzione Portello ha già ottenuto semaforo verde dal sindaco Sala e dalle organizzazioni sindacali prima dell’ ultimo rimescolamento dei vertici Rai. All’ inizio del 2019 scade il contratto di affitto per gli studi di via Mecenate e già oggi i problemi non mancano, a partire dagli spazi troppo angusti per ospitare la produzione di Fabio Fazio. “Credo che il rafforzamento e il rilancio della sede Rai, in una città come Milano, possa mettere in campo importanti sinergie”, spiega Peluffo. “La Rai al Portello – ol tre a determinare un valore aggiunto in termini di cultura ed economia – può avere un valore simbolico anche per il servizio pubblico. Si tratterebbe di un ritorno alle origini: la Rai, oltre che in corso Sempione, ha realizzato le produzioni più importanti proprio negli studi della Fiera”, ricorda l’ esponente del Pd. E da largo Domodossola (Fondazione Fiera Milano) – dopo che il bando di gara per la cessione del Portello ha subito due stop, prima col flop dello stadio destinato al Milan e poi attraverso le controversie col secondo arrivato, il costruttore Vitali, al quale sembra destinata un’ area di circa 12 mila metri quadrati antistante al Portello – si pensa a una soluzione che possa essere remunerativa senza dover mettere in campo altre procedure di gara. La Rai arriverebbe al Portello con un contratto di affitto, senza lasciare – alme no in una prima fase – corso Sempione. In via Gattamelata la tv pubblica avrebbe la possibilità di scegliere, tra i padiglioni, quelli più funzionali a una radicale ristrutturazione e realizzare – su un’ area di 65 mila metri quadrati – il centro di produzione più moderno d’ Europa. Per Fondazione Fiera, proprietaria dell’ area, sarebbe comunque una boccata d’ ossigeno e un abbattimento dei costi di manutenzione. Per Milano la consacrazione di un nuovo grande polo attrattivo, dopo Porta Nuova. Infatti CityLife – dove il terzo grattacielo, la Torre Libeskind, è in fase di realizzazione (sarà pronta a fine 2018) e a novembre aprirà il mega centro commerciale con 7 sale cinematografiche targate Anteo, sauna e 20 ristoranti – avrebbe il suo naturale completamento urbanistico lungo l’ area Portello, dove già c’ è il MiCo, il Centro congressi, col nuovo centro di produzione Rai. Sarebbe la fine logica del percorso che ha fatto nascere il polo esterno della Fiera a Rho proprio grazie alla vendita, nel 2004, della vecchia area fieristica (255 mila metri quadri) al raggruppamento CityLife che per la bella somma di 523 milioni si è aggiudicato la gara, grazie anche a un progetto di riqualificazione di caratura internazionale. Daniele Bonecchi.

Sopralluogo nel vero paradiso delle fake news: l’ hotel del Calciomercato

Il Foglio

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Posso scrivere che ti sta trattando la Reggiana?”. Il ragazzo ha meno di 30 anni, occhiali dalla montatura verde e dita sottili che corrono sullo smartphone. Alza appena lo sguardo verso il suo interlocutore, una delle tante promesse non mantenute del pallone: del suo esordio in A, parecchi anni fa, restano solo vaghe tracce sugli almanacchi e sillogismi d’ amarezza, per dirla con Cioran. Adesso, dopo un lungo vagare nelle serie minori, cerca una via d’ uscita al regime di svincolo. Senza contratto, ma non a corto d’ inventiva: “Fai così”, risponde dopo qualche secondo. “Dì che mi cercano in serie B, così magari solleviamo un po’ di polverone”. Il nerd con gli occhiali sorride, alza il pollice e si allontana picchiettando sui tasti. Meno di due minuti dopo, l’ inesistente trattativa fa la sua comparsa su uno dei più popolari siti di genere. Diventa verosimile: non vera, perché le trattative con il sigillo dell’ uffi cialità sono poche e vengono segnalate abusando di maiuscole, al contrario di queste. Ma abbastanza attendibile da essere letta, commentata, condivisa. E il gioco è fatto. Dimenticate le scie chimiche e la magnitudo abbassata dalla Casta: il vero regno della fake news è qui, fra gli stucchi e i marmi rossi del Melìa Hotel di San Siro, sede degli ultimi frenetici giorni di calciomercato che termineranno con il tradizionale gong alle 23 di oggi. Il bancone non è quello storico dell’ Ata Hotel Quark, chiuso nel 2016, dove il presidente della Longobarda svelò a Oronzo Canà l’ acquisto della metà di Giordano in cambio di un quarto di Zico, ma la fantasia è ancora al potere. Perché qui la bufala è tollerata, coccolata, istituzionalizzata; di più, ha trovato un nuovo nome: suggestione. L’ algoritmo è X: suggestione Y, ma i titolisti meno raffinati aggiungono sempre più spesso il punto esclamativo. Se X è una grande squadra, Y sarà un top player, se X è una medio piccola Y assumerà le fattezze di un giovane promettente, dell’ esubero di qualche big o di uno sconosciuto straniero: quest’ anno pare tirino molto Slovacchia, Polonia e Uruguay. Una volta creato il buzz, puoi anche fermare nella hall il dirigente della squadra X e chiedergli conto di quell’ interessamento del tutto farlocco. Male che vada ti risponderà che Y è un profilo importante ma difficilmente potrà arrivare in questa finestra di mercato. E così, dopo la suggestione, hai una seconda notizia un po’ più autentica da lanciare in pasto alla folla. Non fa male a nessuno, lascia i tifosi liberi di sognare e moltiplica l’ attività dei procuratori, che si spartiscono in media l’ 8 per cento della torta in commissioni e bonus difficilmente decifrabili. Del resto tocca fare di necessità virtù. I contratti pesanti si firmano da sempre altrove. Per citare il Milan, che in questa sessione muoverà oltre un terzo dei 790 milioni di giro d’ affari previsto, Leonardo Bonucci si è accordato con la società direttamente a Milanello e in meno di 48 ore. Comunque un passo avanti rispetto al 1992, quando Adriano Galliani segregò Gigi Lentini e il suo procuratore Claudio Pasqualin in una pensione a ridosso della Tangenziale Est. Anche i dirigenti e i procuratori, Mino Raiola in testa, si vedono raramente. Così, a tenere in piedi la baracca restano i giornalisti. I santoni, come Gianluca Di Marzio (Sky), Paolo Paganini (RaiSport), Paolo Bargiggia (Mediaset) e Alfredo Pedullà (Sportitalia) sono incalzanti fino al disturbo, ma attenti, quasi spietati nella continua ricerca di particolari, notizie, conferme. Vogliono essere i primi a dare l’ ufficialità di un acquisto e spesso lo sono. Alle loro spalle si muove un Lumpenproletariat variopinto e sorridente benché sfinito, di cui il ragazzo incontrato nell’ atrio è il topos perfetto. Lo incrociamo di nuovo uscendo dalla sala: sta rincuorando un collega meno esperto che è riuscito a digitare appena tre pezzi. “Non è colpa mia se il Benevento non tratta più nessuno”, si sfoga. “Scrivi che a Benevento c’ è una suggestione Maxi Lopez”, gli risponde lui. “Fai il botto di clic, sicuro”. (g. f.)

I grandi eventi sportivi restano l’ ago della bilancia

Il Sole 24 Ore
FrancescoSiliato
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L’ estate sta finendo, almeno quella parte dedicata alle vacanze e al distacco dai programmi televisivi. Tra il primo giugno e il 28 agosto la media delle persone presenti in casa propria davanti a un televisore acceso è di poco inferiore agli otto milioni, due milioni e mezzo in meno rispetto alla media stagionale (18settembre – 30maggio). Un calo ancora più consistente è quello registrato nelle serate estive, quando davanti a un televisore acceso mancano all’ appello sette milioni e mezzo di persone e, per la prima volta, l’ ascolto medio estivo scende in prima serata (20:30-22:30) sotto i diciannove milioni, tra uomini, donne e bambini. Anche se va ricordato che i decrementi sono più sostanziosi che nella realtà, Auditel infatti non monitora le visioni televisive da seconde case e luoghi pubblici, come hotel e bar. La depressione dell’ audience rende depressi anche gli investimenti pubblicitari. La raccolta dei mesi estivi è la più bassa dell’ anno: meno pubblici, meno pubblicità, listini più a buon mercato uguale meno risorse, più repliche. I prodotti stagionali, birra, gelati, bevande fredde, anticipano a maggio gli investimenti per presenziare l’ immaginario e collegarsi ai futuri consumi balneari: questo maggio +2,7% sul maggio 2016. Tutti i segmenti di pubblico si sono allontanati dalla tv tra questa estate e quella 2016. Gli uomini registrano un calo dell’ 8%, le donne del 6%, i più piccoli del 22% e gli adolescenti del 15 per cento. Curiose eccezioni, e quindi con incremento di presenze, provengono da chi vive in Abruzzo, da chi ha in casa più di quattro televisori e dalle famiglie composte soltanto da stranieri. L’ estate 2016 visse in buona parte di sport, tra Olimpiadi ed Europei di Calcio. La tipologia Sport occupò la terza posizione, dopo Fiction e Informazione, in quanto ad ore trasmesse. Quest’ anno allo sport è stato dedicato meno della metà del tempo di allora. A farne le spese soprattutto la Rai, che con gli Europei occupò ore di programmazione e tutte le prime posizioni nella classifica dei programmi più visti. Lo Sport costa molto e il servizio pubblico raramente riesce a rifarsi della spesa, restando comunque legato al 4% di affollamento pubblicitario settimanale. Chi crede oggi di svolgere un ruolo da servizio pubblico solo perché occupa i palinsesti con programmi d’ informazione dimentica troppe regole e mostra scarsa conoscenza di apparati e contratti di servizio che intercorrono tra Stato e concessionaria. La 7 chiude il periodo estivo con uno share medio del 2,8% nel giorno medio, in calo dell’ 8% (-0,3 punti) rispetto alla scorsa estate ed è avvicinata dal primo dei neocanali, quel Tv8 che registra il 2% e che due anni fa non esisteva. Il mercato dei neocanali è molto più dinamico del sonnolento ambiente delle generaliste e presenta interessanti sommovimenti a dimostrazione dell’ esistenza di un pubblico infedele, pronto a spostarsi da un canale all’ altro, all’ inseguimento di qualcosa che lo interessi. Nessun canale d’ informazione entra nella Top Ten dei neocanali free, mentre SkyTg24 e Skysport24 occupano le prime due posizioni nella classifica dei canali pay e il Tg Uno della sera è presente ben due volte nella Top delle reti generaliste. Eppure questa estate non sono certo mancati eventi tragici che hanno attirato l’ attenzione dei pubblici, pubblici che cercano notizie e comprensioni più nella rete e nei Tg tradizionali che sui canali All News. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Il Trono di Spade miniera d’ oro per Sky

Il Sole 24 Ore
A. Bio.
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Per l’ ultima puntata della settima serie, andata in onda lunedì alle 3 ora italiana su Sky Atlantic in contemporanea con gli Usa, sono rimasti svegli in 348mila di media. Una platea di aficionados che non ha atteso la puntata doppiata, preferendo la versione originale in lingua inglese con i sottotitoli. Per Il Trono di Spade – Game of Thrones – quella che si è chiusa è un’ edizione da record in Italia e nel mondo. E a guardar bene numeri e formula scelta per la messa in visione, non manca qualche messaggio di fondo che la industry farebbe bene a tener presente. I numeri innanzitutto: 591mila spettatori a puntata per la versione originale nel primo giorno di messa in onda tra live notturno e registrazioni che salgono a 875mila nei 7 giorni (e 1,5 milioni se si contano anche gli spettatori della versione italiana). In Italia quest’ anno è poi cresciuta esponenzialmente la visione in lingua originale, sottotitolata. Questo è il primo segno di cambiamento delle abitudini di spettatori sempre più attenti e ricettivi verso prodotti premium. Il secondo sta nei numeri delle visioni on demand: 7,6 milioni gli episodi delle prime sei stagioni di Game of Thrones visti on demand da marzo a oggi e 850mila per quella appena andata in onda. Miele per una realtà come Sky che sulla visione non lineare (3,1 milioni di abbonati connessi e circa 900 milioni di titoli visti dal lancio per Sky on demand e Sky Go) e sui “cofanetti” sta puntando molto. Alla base però c’ è il prodotto di qualità, in arrivo dalla statunitense Hbo. Anche qui i numeri , a partire dai 10 milioni di dollari per ciascun episodio delle ultime stagioni. Quindi sugli 80 milioni di dollari per l’ ultima stagione: più o meno come un film di Hollywood di dimensioni e aspirazioni di un certo livello. Hbo – che ha 131 milioni di abbonati nel mondo e che oltre agli Usa è presente con marchio proprio in una cinquantina di Paesi – non rilascia informazioni sui ricavi da merchandising. Ma la vendita di cofanetti Dvd e Blu-Ray dà un’ indicazione di quanto profittevole sia la base di fan di Game of Thrones. In soli due mesi nel 2016 la stagione 6 aveva registrato 14,4 milioni di dollari di ricavi dopo i 36,9 milioni di dollari dalle vendite per la quinta stagione. Sky si frega le mani. Per i dati di ascolto, ma anche perché c’ è un accordo del 2015 che rende i contenuti Hbo un’ esclusiva in Uk, Italia, Germania, Austria e Irlanda fino al 2020. La partnership si è poi di recente rafforzata con un accordo di coproduzione pluriennale, da 250milioni di dollari, che segue la prima coproduzione dei due gruppi (insieme a Canal+): The Young Pope. La prossima sarà Chernobyl, in onda nel 2018. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Tv, i neocanali vincono in estate

Il Sole 24 Ore
Andrea Biondi
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Per intravedere le tendenze della tv d’ estate bisogna guardare con sempre maggiore attenzione ai “neocanali”. Che se certamente non possono competere quanto ad audience con i principali canali generalisti, dall’ altra parte mandano due messaggi inequivocabili. Il primo: i telespettatori iniziano ad andarci sempre più spesso. Il secondo: quantomeno La7 e Rete 4 devono fare attenzione perché le distanze vanno ad accorciarsi. Più in generale però, se ci si volesse spingere a un messaggio di fondo per l’ estate in tv, i broadcaster forse devono considerare che il tempo delle repliche e dei programmi minori per la tv nei mesi estivi dovrà volgere al termine. Del resto, i neocanali che crescono negli ascolti e la sempre maggiore presenza di piattaforme on demand – Netflix e Amazon per esempio che si sono aggiunte alle varie Infinity (Mediaset), Now Tv (Sky), Chili, Timvision e altri – creano alternative. Fra le eventualità c’ è poi da considerare anche la disaffezione. E in questa estate – secondo i dati Auditel elaborati dallo Studio Frasi – il popolo della tv è calato al punto tale da scendere ben sotto i 19 milioni in prima serata. Nel 2016 le presenze in prima serata avevano raggiunto i 19,5 milioni di individui: 1,3 milioni in più rispetto ad oggi. Il 2016 fu estate olimpica e degli Europei di calcio. Anche però confrontandosi con il 2015 il popolo della tv d’ estate quest’ anno ha salutato il piccolo schermo. Un po’ (forse un bel po’) avrà influito la bellissima stagione. Ma dall’ altra parte il messaggio ai broadcaster sembra chiaro. Considerando il complesso dei canali a disposizione, tra gli editori perde la Rai (-1,76 punti di share nel giorno medio e -2,97 punti in prima serata) e sale Mediaset (+0,66 punti nel giorno medio e +2,26 in prima serata). Va considerato che in questo caso buona parte del trend lo fa la mancanza di Europei di calcio e Olimpiadi (trasmesse da Rai e da Sky). Ma comunque, rispetto al 2015, per la Rai nel giorno medio lo share è calato (da 36,24% a 35,52%) mentre è aumentato in prima serata (da 37,89% a 38,35%). Per Mediaset invece flessione in entrambi i casi rispetto al 2015: da 30,72% a 29,51% nel giorno medio e da 32,90% a 30,24% in prima serata. Certo, dalla pallanuoto, all’ atletica e al nuoto lo sport a Viale Mazzini ha dato soddisfazioni insieme ad eventi (Vasco al Modena Park), repliche di eventi musicali (Zucchero) o di fiction o di programmi (Superquark). Fra i canali generalisti (si veda grafico a lato) nel giorno medio perdono oltre a Rai 1 (che rimane sempre leader di ascolti) e Rai 2 anche Italia 1 (di pochissimo) e La7. Rai 1 e Rai 2 sono gli unici a flettere in prima serata a indicazione, come detto, anche del peso del grande sport. Alla situazione statica nel campo generalista (il ranking dei canali non è cambiato da un anno all’ altro) fa però da contraltare la realtà dei neocanali. Sia nel giorno medio sia nella prima serata a primeggiare è Tv8 (che due anni fa non esisteva) con uno share del 2,01% nell’ all day (+0,8 punti) e dell’ 1,95% nel prime time (+0,47). Real Time ha ceduto il secondo posto in questa speciale classifica nel giorno medio, ma salendo dall’ 1,64% all’ 1,66% di share così come sono cresciute Rai 4 e Nove. Real Time è anche scesa dal sesto al settimo posto in prima serata ma migliorando da 1,13% a 1,24% lo share. Per quanto riguarda Iris di Mediaset ha pagato un po’ scendendo di posizione sia nell’ all day (dal terzo all’ ottavo posto) sia nel prime time (dal primo al terzo), ma mantenendosi stabile. Sky (che ha Tv8) e Discovery (Nove oltre a Real Time) hanno dato una sferzata. Tutti avvisati. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Mario Orfeo non guarda i suoi Tg?

Italia Oggi
AMBROGIO ROVIDETTI DETTI
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Per uno come me, utente e vittima di radio Rai (e dell’ ex enclave costituita da Radio 24 e dei Tg di Sky e della medesima Rai), queste settimane di agosto sono state l’ occasione per rimanere stupefatto più del solito. Lunedì, per esempio, alla medesima ora, RadioRai1 e 3 mettevano in onda un programma sullo stesso tema: l’ immigrazione. Parlavano soltanto esponenti dello schieramento pro-immigrati. Non una parola era richiesta a un rappresentante, a un portavoce del ministero dell’ interno, impegnato come non mai sulla questione. Il Tg economia di Sky, lunedì, era tutto focalizzato sul tema (sociale) dell’ immigrazione, e sulle violenze della polizia a Piazza Indipendenza (Roma) con scene (presentati come esemplari della durezza della Polizia) di annaffiamento di manifestanti. Mai nessuno del fronte della ragionevolezza, quello che cerca di ricondurre il fenomeno sui binari di una minima gestibilità. Lo sgombro del palazzo tra Piazza Indipendenza e via Curtatone non è mai stato presentato come un atto dovuto in attuazione di legittime decisioni della magistratura, ma come una sorta di abuso poliziesco. Nessuno che ricordi come questi poveri disgraziati nelle mani della criminalità non possono restare come sono. Che non è accettabile che immigrati di tutte le razze occupino le aree vicine alle stazioni cacando e pisciando nei giardinetti, nelle strade, negli anditi dei portoni. Un paese ordinato dovrebbe toglierli dalla strada, collocarli negli hotspot e, se non si tratta di profughi, restituirli ai paesi di origine. Quanto agli eritrei (cristiani copti), etnia cui appartenevano gli immigrati sgombrati, sono certamente profughi: fuggono da una tirannia sanguinaria. Ma sono anche una popolazione laboriosa, che è integrata in modo eccellente nella comunità nazionale. E perciò da indagare la ragione per la quale siano finiti nelle mani di una organizzazione illecita come quella che li gestiva. In una di queste trasmissioni di orientamento (visto che Sky e Rai hanno cessato di garantire una informazione pluralista) uno degli esponenti di Ong ha segnalato come uno scandalo che gli immigrati abbiamo 38 possibilità in meno di un italiano di ottenere un’ occupazione. A parte la cifra sparata a casaccio, questa è anche una cosa naturale, alla quale è difficile porre rimedio, vista la quasi totale ignoranza di un qualsiasi mestiere da parte dei nuovi arrivati. Rimangono due domande senza risposta: perché Orfeo, direttore generale della Rai non si occupa della deriva destabilizzante delle sue emittenti? Forse la sua vicinanza a Matteo Renzi, lo spinge a mettere in difficoltà il governo Gentiloni, il migliore che abbiamo avuto da oltre un decennio? Quanto a Sky, prima o dopo gli editori si renderanno conto che il pubblico della loro informazione è più raffinato e sensibile di quanto pensino. Un’ ultima osservazione: l’ attenzione ai media radio televisivi mostra un’ operazione lobbistica, attribuibile a tutti gli ambienti che vivono e speculano sull’ immigrazione. Per molti è facile comprendere qual è il business (i quattrini dello Stato). Per altri, si può ritenere che il vero business è found racing, la raccolta di soldi dei milioni di filantropi del mondo. Ma il divorzio tra media e utenza si va consolidando e l’ informazione drogata dei social ha vinto. © Riproduzione riservata.

Chessidice in viale dell’ Editoria

Italia Oggi

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Exor sale al 5,99% di Gedi. Exor ha incrementato al 5,99% la quota azionaria detenuta nel capitale del gruppo editoriale Gedi, nato dalla fusione di Itedi con L’ Espresso. È quanto emerge dai conti semestrali comunicati dalla holding. In seguito alla distribuzione di azioni ordinarie effettuata da Fca a favore dei propri soci, a fine dello scorso giugno Exor aveva ricevuto un pacchetto del 4,28% nel gruppo editoriale. Gli acquisti sul mercato sono poi proseguiti nelle settimane successive e hanno consentito alla società guidata da John Elkann di mettere insieme un’ ulteriore fetta dell’ 1,7%, a fronte di un investimento complessivo che ammonta a 6,8 milioni di euro. Ruoteclassiche rinnova le quotazioni. Ruoteclassiche, il mensile delle auto storiche edito da Domus, a partire da settembre rinnova la sezione interna al giornale dedicata alle quotazioni e propone in allegato il volume di approfondimento Guida al Mercato. I nuovi listini sono realizzati attraverso un innovativo metodo di analisi che si basa su molteplici indicatori e sono garantiti dalla presenza di un «Comitato Prezzi», un pool di esperti che mensilmente verifica la correttezza e la veridicità delle quotazioni. Contestualmente alla pubblicazione delle nuove quotazioni, allegato al numero di settembre sarà possibile acquistare lo speciale Guida al Mercato (al prezzo complessivo di 11,40 euro): un volume di 240 pagine con oltre 5 mila auto quotate dal 1918 al 2006 che riporteranno tutte e sette le variabili di stato d’ uso alla base dell’ analisi, i trend del momento, le dinamiche delle aste, i suggerimenti sulle auto su cui puntare. Tre giorni di speciali per La Gazzetta dello Sport. Il quotidiano sportivo di Rcs sarà in edicola nei prossimi giorni con approfondimenti straordinari e bilanci sugli eventi sportivi più importanti. Si inizia domani con uno speciale di 16 pagine sul calciomercato con la rosa dei giocatori squadra per squadra, il profilo dei campioni, le schede, le interviste, i bilanci sportivi ed economici, i voti ad acquisti e cessioni delle 20 squadre di A. Sabato sarà la volta, invece, di una prima pagina extralarge e molti approfondimenti dedicati all’ incontro di calcio tra la Spagna e l’ Italia decisivo per la qualificazione ai Mondiali 2018, mentre domenica 3 settembre ci sarà uno speciale di 8 pagine che racconterà nei particolari il Gran Premio di Monza. Sport Style sbarca in edicola. Dopo il lancio di Entertainment Illustrated (magazine bimestrale free press distribuito da Promos dedicato a tv, musica, cinema e digital per un target millennials) a luglio, la casa editrice Milano Fashion Library presenterà a ottobre Sport Style, testata bimestrale con distribuzione edicola gestita da M-Dis (a 2,5 euro) ispirata a quella già sperimentata con il mensile Riders (pari a 58 mila copie). Questa nuova pubblicazione, che sarà prodotta e distribuita in accoppiata al nuovo Soccer Illustrated (giornali entrambi diretti da Gianmarco Aimi), si occuperà di tutte le discipline sportive (escluso il calcio) più seguite o praticate in Italia. Affiancata alla presenza edicola è prevista dal primo numero una diffusione continuativa presso circoli, club e polisportive presenti sull’ intero territorio nazionale. Triboo, ok del cda al passaggio sull’ Mta. Il cda di Triboo, società quotata su Aim Italia attiva nei settori dell’ e-commerce, dell’ advertising e della comunicazione online, ha approvato il progetto di quotazione delle azioni sul mercato principale Mta. Attraverso il passaggio sul listino principale la società punta a beneficiare di una maggiore liquidità del titolo e di un maggiore interesse da parte del mercato e di investitori istituzionali.

Orfeo: “Così cambierà la Rai nuovi canali e meno testate ma serve certezza sulle risorse”

La Repubblica
ALDO FONTANAROSA
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ROMA. A meno di tre mesi dal suo insediamento il direttore generale della Rai, Mario Orfeo, traccia con Repubblica un primo bilancio e affronta alla vigilia della ripresa i temi più attuali in agenda: l’ informazione, il piano news, il Contratto di Servizio, le risorse finanziarie, il percorso verso la media company, il rinnovo di Vespa, il web e la Gabanelli, il ritorno di Benigni. Orfeo, partiamo dall’ informazione e da come la Rai ha affrontato le emergenze dell’ estate: l’ attentato a Barcellona e il terremoto a Ischia. «L’ informazione del servizio pubblico non è andata in vacanza per un solo istante. La copertura di tg e radio di questi terribili eventi è stata eccellente grazie a edizioni straordinarie e approfondimenti di rete che si sono aggiunti al flusso continuo di Rai-News24. Abbiamo anche dedicato giornate intere di programmazione a ricorrenze e anniversari come l’ assassinio di Paolo Borsellino, il rapimento di padre Paolo Dall’ Oglio e il sisma nel Centro- Italia». Eppure da gennaio 2017, con le dimissioni di Carlo Verdelli, l’ azienda manca di un direttore editoriale che tiri le fila dei notiziari. «Ma la Rai ha una presidente, Monica Maggioni, e adesso anche un direttore generale che sono giornalisti e che hanno guidato più testate del servizio pubblico ». Proprio il curriculum suo e della Maggioni alimentano grandi attese sul piano di riforma dell’ informazione. «Il principale obiettivo della mia direzione è siglare un nuovo patto di fiducia con i telespettatori, che passi soprattutto attraverso un moderno modo di informare in coerenza con il servizio pubblico. E per tutta l’ estate abbiamo lavorato al nuovo Contratto di Servizio che manca ormai da ben cinque anni». Che cosa c’ entra con le news? «Il Contratto, che puntiamo a consegnare tra fine settembre e inizio ottobre, è la piattaforma indispensabile per predisporre successivamente il piano dell’ informazione. Piano che nascerà dal confronto con tutte le componenti aziendali, dal consiglio d’ amministrazione alle rappresentanze di giornalisti. Stiamo anche individuando personalità indipendenti e di riconosciuta competenza che contribuiranno al nostro progetto nella cornice di media company». Può essere più preciso: in che modo il Contratto indicherà alla Rai una rotta di marcia sulle news? «Già la nuova Concessione decennale, rinnovata a maggio dal governo, chiede all’ azienda di ridefinire il perimetro della propria offerta con la razionalizzazione delle direzioni di testata. Con il Contratto di Servizio faremo un altro passo in avanti verso un nuovo assetto della tv pubblica, con un numero diverso di canali e un’ identità più marcata per ciascuno di essi, in una logica di peculiarità e differenziazione più simile alle altre grandi tv pubbliche europee». In concreto, ci saranno più o meno canali? Spariranno le reti minori? «Sicuramente cambieranno in una logica di efficientamento. Ma ne avremo anche di nuovi. Ad esempio uno in lingua inglese che parlerà dell’ Italia al mondo». Un’ operazione come questa, però, può costare molto. «Sicuramente servono risorse che però mai come in questo caso rappresentano un investimento non solo per la Rai ma per l’ intero sistema Paese. Se riusciremo a far conoscere meglio all’ estero le nostre eccellenze nei diversi settori avremo centrato un obiettivo fondamentale e finora sempre mancato». A proposito di risorse lei ha lanciato un allarme sui conti del 2018 nel corso della recente audizione in commissione di Vigilanza. «Rispetto e comprendo la decisione del governo di ridurre il canone per i cittadini da 100 a 90 euro. Ma questa misura va ora associata a una programmazione strategica finanziaria che dia a viale Mazzini delle certezze. Il quadro delle nostre risorse dovrà essere assicurato su base pluriennale. Anche perché gli anni, per la Rai, non sono tutti uguali». In che senso? «Il 2018 è un anno pari e noi sopporteremo esborsi rilevanti per i diritti delle Olimpiadi invernali di febbraio e dei Mondiali di calcio di giugno». Ma la politica, si sa, guarda al 2018 non per i grandi eventi sportivi ma per le elezioni. Avremo una Rai partigiana, renziana? «Il nostro compito non è essere partigiani per nessuno ma inclusivi con tutti. Questo è l’ obiettivo che intendiamo perseguire e che, sono sicuro, raggiungeremo ». A proposito di politica, oggi a mezzanotte scade il contratto di Bruno Vespa. Lo rinnoverete? «Vespa ha esordito in Rai nel novembre del 1968 e vogliamo festeggiare insieme i suoi 50 anni di carriera in azienda. La nostra intenzione, dunque, è quella di rinnovare il suo contratto per Porta a Porta tenendo doverosamente in conto tutto quello che è successo in materia di compensi. Bruno sa perfettamente che sono cambiati i tempi e che ognuno di noi ha fatto delle rinunce». Sarà un contratto giornalistico o considerate Vespa, come lui chiede, un artista? «Porta a Porta non è un programma di sola informazione. Ma come stabilito da una sentenza del 2011 appartiene al genere di programmi di intrattenimento e approfondimento culturale e politico, realizzato come un vero e proprio talk show. E il contratto quindi sarà, come in passato, in linea con la tipologia del programma». Resta aperta la questione Milena Gabanelli, che l’ ex dg Campo dall’ Orto ha assunto come vice direttrice per il rilancio dell’ offerta informativa sul digitale. Che progetti ha per le news sul web dopo che il cda non ha approvato il piano del suo predecessore? «In questo ambito siamo in ritardo, è obbligatorio portare la Rai laddove merita come contatti e utenti unici». Ma in attesa del nuovo piano non è un delitto tenere la Gabanelli in panchina? «Nessuna panchina, Milena è in campo e sta lavorando. Le ho proposto di sviluppare e rilanciare subito il portale web dove ora è collocato, ovvero su Rai-News.it, potenziato da nuove risorse e dalla struttura dedicata al data journalism che lei stessa ha costruito e che ha già prodotto alcune inchieste di pregio. Questo polo vuole avere anche l’ obiettivo di contrastare il virus delle fake news». Vedremo di nuovo Roberto Benigni in Rai? «RaiUno è la casa di Roberto. Noi abbiamo una data a sua disposizione, a dicembre. Spero che il premio Oscar venga a trovarci proprio per quella data». È partito il Festival di Venezia, con che cosa si presenta la Rai? «La nostra partecipazione sarà la più ricca nella storia del servizio pubblico per quantità e qualità. Siamo presenti con ben 26 titoli, tra coproduzione e distribuzione, 6 nel concorso principale, di cui quattro italiani e due internazionali a firma di registi come George Clooney e Ai Weiwei». ©RIPRODUZIONE RISERVATA IL PIANO FINANZIARIO Con il canone giù, occorre un piano finanziario. Gli anni non sono uguali, nel 2018 pagheremo per Olimpiadi e Mondiali LA POLITICA Ci sarà un canale tutto in inglese sulle eccellenze italiane. Rai renziana? Non sarà partigiana ma inclusiva con tutti Ó DIRETTORE GENERALE Mario Orfeo, 51 anni, ex direttore del Tg1, dallo scorso mese di giugno è il nuovo direttore generale della Rai.

Google obbedisce all’ Antitrust Ue

MF
NATALIA DROZDIAK E SAM SCHECHNER
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Google ha presentato all’ Antitrust dell’ Ue il programma con il quale intende aderire al recente invito dell’ Authority a smettere di privilegiare il proprio servizio di shopping comparativo. È di giugno la notizia della multa record da 2,42 miliardi di euro comminata dalla Commissione europea per pratiche discriminatorie nei confronti dei comparatori di prezzo alternativi che appaiono nei risultati selezionati dal motore di ricerca. L’ Ue da quasi sette anni indaga sul colosso del web per violazione delle direttive comunitarie in materia di antitrust e nel contesto di diversi settori.Nell’ ambito del verdetto, l’ Ue ha inoltre imposto la revisione entro la fine di settembre delle voci proposte da Shopping, in modo che l’ azienda tratti allo stesso modo il proprio servizio e quelli rivali. Le modifiche dovrebbero toccare gli utenti di tutti i Paesi europei in cui Google offre il servizio. Peraltro, la notifica alla Ue su come Big G intenda agire doveva avvenire entro martedì 29. «La Commissione può confermare che, come richiesto, ha ricevuto informazioni da Google su come intende garantire il rispetto della decisione entro il termine fissato», ha dichiarato una portavoce dell’ Ue, che ha scelto di non fornire maggiori dettagli sulla proposta. Bruxelles ha lasciato libertà sulle specifiche delle modifiche e non sarà necessaria un’ approvazione dei relativi progetti. Ma se i rimedi risultassero insufficienti, l’ Unione europea potrebbe emettere ulteriori sanzioni fino al 5% del fatturato giornaliero medio per ogni giornata in cui è rilevata la mancata conformità. Le proposte di martedì non sono il primo tentativo di rispondere alle perplessità di Bruxelles per quanto riguarda la visualizzazione dei prodotti rivali. Dall’ apertura del fascicolo nel 2010, la società fondata da Larry Page e Sergey Brin ha presentato almeno tre proposte di patteggiamento, solo per vederli andare in pezzi in quanto il braccio esecutivo dell’ Unione li ha ritenuti insufficienti, sotto le pressioni politiche di Germania e Francia. Con l’ offerta finale vincolante del febbraio 2014, che l’ Ue ha reso pubblica, sarebbero cambiate le pagine dei risultati che mostrano gli annunci di Google Shopping per includere anche le voci dei competitor. In base agli screenshot pubblicati dall’ Ue all’ epoca, sarebbero apparse in una casella ombreggiata accanto alle proposte del colosso. In seguito la controversia si è estesa al campo delle ricerche geolocalizzate, che presenta esercizi commerciali vicini al luogo di consultazione come i ristoranti, e il settore dei viaggi con la commercializzazione di voli e alberghi. Tuttavia, nessuna delle due categorie pare coinvolta dalle proposte di martedì. L’ Ue continua a tenere sotto osservazione il motore di ricerca più usato al mondo, nonché il sistema operativo mobile Android e la piattaforma pubblicitaria AdSense. Dietro le quinte, esponenti dell’ editoria tedesca, ma anche imprese americane tra cui Yelp, avevano esercitato una forte campagna di lobbying per far saltare l’ accordo, affermando che il posizionamento che avrebbero guadagnato – alla destra dei risultati di Google – non fosse abbastanza evidente. E lamentavano che avrebbero dovuto negoziare lo spazio tramite un meccanismo d’ asta, che avrebbe sostanzialmente consentito ad Alphabet (la holding di Google) di trarre profitto dallo stesso patteggiamento. La concorrenza potrebbe nuovamente sporgere reclamo presso l’ Ue nel caso in cui trovasse insufficienti le soluzioni per il caso Shopping. Se la Commissione dovesse considerare fondato quanto riportato potrebbe penalizzare per la mancata ottemperanza Google, che è tenuto a rispettare l’ ordinanza indipendentemente dalla possibilità di impugnare la decisione in appello, oltre al quale Mountain View potrebbe avanzare un’ istanza d’ ingiunzione o ricorrere ai cosiddetti provvedimenti provvisori, per sospendere l’ imposizione della modifica alla prassi, in attesa dell’ esito dell’ appello. Secondo gli esperti legali, però, non sarà così semplice poiché dovrebbe dimostrare a un giudice che l’ esecuzione causerebbe alla società «danni gravi e irreparabili». Per Nicolas Petit, docente specializzato in antitrust dell’ Università di Liegi, i precedenti tentativi di trovare un’ intesa potrebbero rafforzare la posizione della società in tribunale se decidesse di fare appello. «Le discussioni per giungere a una transazione non sono appropriate per i casi che potrebbero concludersi con sanzioni», ha aggiunto Petit, offrendo quindi a Google una possibilità di cavarsela senza pagare multe. traduzione di Giorgia Crespi.

CorSera, Cairo studia il dorso per Tempi Liberi

MF
ANDREA MONTANARI
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Fino a questa sera le attenzioni di Urbano Cairo saranno tutte rivolte al calciomercato. Il proprietario e pilota di Rcs Mediagroup, infatti, sta dedicando le ultime ore di fuoco al Torino in vista della chiusura del mercato estivo. Ma come dicono ai piani alti del gruppo editoriale di Via Rizzoli poi l’ attenzione tornerà immediatamente ai dossier sul tavolo del patron pure di La7. Perché, se per quel che attiene al dorso torinese del Corriere della Sera (vedere MF-Milano Finanza dello scorso 9 dicembre) è ipotizzabile che il progetto vedrà la luce nel tardo autunno, c’ è chi dice a dicembre, ci sono altri programmi da sviluppare e concretizzare. Uno di questi riguarda la trasformazione delle attuali dieci pagine della sezione Tempi Liberi in un allegato vero e proprio del quotidiano diretto da Luciano Fontana. Un inserto che prenda spunto dalle tematiche affrontate (viaggi, cucina, tecnologia, moda, design e costume, oltre all’ intervista al personaggio famoso di turno) sul giornale nelle giornate di venerdì e sabato. Ovviamente così come nel caso di 7 e di IoDonna si tratterebbe di un dorso autonomo ma gratuito del CorSera. Al momento, si sostiene sia in Via Solferino sia in Via Rizzoli, Cairo e il management preposto non hanno preso una decisione definitiva, ma c’ è un pool di persone, a partire dalla responsabile delle pagine di Tempi Liberi, Michela Mantovan, che sta elaborando il progetto editoriale. Quello che va ancora studiato è il calendario settimanale per l’ uscita del nuovo dorso, visto che il venerdì in allegato al Corriere c’ è 7 e il sabato IoDonna. Il proprietario di Rcs (1,28 euro, +1,51% ieri e +53,3% da inizio anno) sa che, così come avviene per le prime serate di La7, il rischio da evitare è l’ affollamento. Così, Tempi Liberi potrebbe essere allegato al quotidiano nella giornata di giovedì (il lunedì c’ è, invece, L’ Economia). Un altro aspetto che va valutato con attenzione è il ritorno pubblicitario della possibile operazione editoriale. Visto che dal lancio, avvenuto alcuni anni fa, le pagine gestite da Mantovan, hanno avuto una escalation in termini di investimenti in advertising. Un tema che sta a cuore a Cairo che vorrebbe sfruttare al meglio la forza di questo brand e amplificarne la portata. Ovviamente, nel caso di realizzazione del dorso autonomo, magari anche la redazione dedicata verrebbe rafforzata o in qualche modo ristrutturata rispetto al nucleo di giornalisti che al momento è impegnato su quelle pagine del fine settimana. (riproduzione riservata)


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