Quantcast
Channel: Editoria.tv
Viewing all articles
Browse latest Browse all 8130

Rassegna Stampa del 16/07/2017

$
0
0

Indice Articoli

La mappa dell’ editoria

Le grandi manovre dell’ editoria

Radio, quanto sei social

La mappa dell’ editoria

Corriere della Sera

link

Una stagione di acquisizioni, fusioni e movimenti di professionalità si è aperta dopo l’ operazione che nel 2016 ha portato Rizzoli nel gruppo Mondadori. Su «la Lettura», il supplemento culturale del «Corriere della Sera» in edicola da oggi per tutta la settimana, una mappa infografica e un servizio di Cristina Taglietti danno conto di una geografia che sta cambiando e che vede anche l’ ingresso nel mercato italiano di gruppi stranieri. Molti editori si riorganizzano e pensano a una nuova stagione che punta, molto, sulla narrativa.

Le grandi manovre dell’ editoria

La Lettura
CRISTINA TAGLIETTI
link

Dopo il terremoto della fusione Mondadori-Rcs, il sismografo dell’ editoria italiana continua a registrare scosse e smottamenti. Acquisizioni, sbarchi, spostamenti di uomini e competenze in un mercato che soffre. Alcuni sono processi che partono da lontano e che negli ultimi tempi sono giunti a maturazione, altri sono la conseguenza diretta della riorganizzazione all’ interno del gruppo di Segrate che negli ultimi mesi ha portato a un esodo consistente di professionalità da Rizzoli. I grandi continenti – Mondadori, Gems, Feltrinelli – mantengono le loro posizioni, ma certo alle periferie dell’ impero si stanno preparando piani d’ azione che coinvolgono anche giocatori internazionali. Gli ultimi mesi hanno visto l’ ingresso di due grandi gruppi, HarperCollins e Planeta, che giocano, pur con alcune specificità, la stessa partita sul campo dell’ intrattenimento. Giunti cerca di allargare in modo più deciso il suo perimetro alla narrativa che dovrà prevedere, tra l’ altro, il rilancio della Bompiani, al momento in una posizione di stallo. Settore, quello della narrativa, che anche Marsilio, tornata di proprietà della famiglia De Michelis, vuole rafforzare con la chiamata di Chiara Valerio (da Rizzoli già era arrivato Ottavio Di Brizzi alla saggistica), mentre La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi prende il largo a colpi di acquisizioni che hanno portato nella sua galassia la Oblomov di Igort e la Baldini & Castoldi (in arrivo, sempre da Rizzoli, Luca Ussia per la saggistica, ad affiancare Alberto Rollo che si occupa della narrativa). Insomma, movimento che Giovanni Peresson, responsabile dell’ Ufficio studi dell’ Aie, inquadra così: «È la combinazione di fattori diversi che si sono creati in concomitanza con la concentrazione. Ma oltre ai fenomeni più grandi c’ è una parte di piccoli micro-editori che stanno crescendo, rosicchiando alcuni decimi di punto ai maggiori. In generale è sempre più difficile definire i perimetri, perché, oltre ad Amazon, ci sono alcuni attori che operano in settori diversi da quello editoriale tradizionale, come la formazione, la produzione di software per professionisti eccetera. Insomma, ci sono aspetti vitali e stimolanti che stanno un po’ ai margini della mappa principale». Qualcosa che va anche oltre le quote di mercato. «Sellerio, per esempio – dice Peresson – si può considerare ancora un piccolo editore? E come si può definire E/O, non soltanto per il caso editoriale di Elena Ferrante, ma anche per la casa editrice americana con cui si è proiettata sul mercato internazionale? O anche Iperborea, che organizza il festival della letteratura nordica?». Daniel Cladera, spagnolo a capo di DeA Planeta Libri, la società nata dalla joint venture tra il gruppo leader nel mercato di lingua spagnola e la De Agostini, è convinto che sul mercato italiano ci sia spazio anche per loro: «Il rapporto tra le famiglie, la spagnola Lara e le italiane Boroli e Drago, dura da trent’ anni. Per lanciare questo marchio sul mercato italiano – dice – abbiamo fatto analisi per più di tre anni». L’ idea è pubblicare «intrattenimento di qualità come ha sempre fatto Planeta che è l’ editore della Hawkins, di Zafón, di Coelho, di Dan Brown. Ma, a parte aggiudicarci i due o tre bestseller che tutti vogliono, pensiamo anche a quello che funziona per il mercato italiano». Dalla Rizzoli è appena stato imbarcato Stefano Izzo che si occuperà della narrativa italiana (a gennaio era arrivata Francesca Cristoffanini per la straniera). «Izzo – aggiunge Cladera – sta facendo molti incontri con autori e agenti. Nel 2018 usciranno i primi titoli. Vogliamo scoprire nuove voci, ma anche reclutare autori che già hanno fatto la loro strada e guardano ad altre opportunità. L’ idea è fare 10/12 titoli italiani e 15/16 stranieri. Noi adesso non siamo nessuno sul mercato italiano della narrativa, è una sfida e un investimento. Ma Planeta è un marchio internazionale che può offrire a un autore la circolazione anche nei Paesi in cui siamo presenti, la Spagna prima di tutto, ma anche la Francia dove dieci anni fa abbiamo acquistato Editis. Vogliamo andare con calma, senza rischiare molto, ma sempre puntando in alto nel ranking ». Il punto però è lo stesso per tutti: dove si possono trovare nuovi lettori? La sfida dovrebbe essere quella di allargare la platea. «Senz’ altro la fascia dei giovani, dove noi abbiamo una squadra forte, è da coltivare, ma bisogna anche fare un bel lavoro di analisi su tutte le altre fasce. Per esempio è interessante quella degli ultrasessantenni: persone che vanno in pensione, hanno tempo libero e davanti parecchi anni di vita intellettualmente attiva». Sul mercato italiano il concorrente più diretto di DeA Planeta sarà HarperCollins, casa editrice con 200 anni di storia che nel 2015, in una politica di presidio diretto nei Paesi, ha acquisito Harlequin Mondadori, marchio dedicato alla narrativa rosa, dando origine ad HarperCollins Italia. Anche in questo caso l’ atout per gli autori è un mercato internazionale, potenzialmente globale. Laura Donnini guida la casa editrice e ha chiamato a fare il direttore editoriale Sabrina Annoni da Rizzoli (da lì verrà anche il direttore commerciale, Giovanni Dutto). La missione è di trasformare HC in un editore a tutto tondo che prevede la pubblicazione di autori internazionali, di libri legati a cinema, tv, serie, sfruttando la sinergia con altri marchi del gruppo di Murdoch (Sky, Fox), ma anche di sviluppare un progetto editoriale italiano mantenendo un focus femminile. «Lo stiamo facendo tenendo presente il dna della casa editrice, ma anche il fatto che sono le donne a leggere di più. Il progetto – spiega Donnini – prevede narrativa italiana e straniera di intrattenimento di qualità, saggistica divulgativa impegnata, soprattutto su tematiche femminili, e una serie di libri scritti da personaggi celebri che possano raccontare storie personali interessanti per tutti. Ma vogliamo anche sviluppare l’ area ragazzi». Lo spirito è quello della start up con le spalle coperte dal grande gruppo. «Siamo piccoli, veloci, reattivi ma con tutti i vantaggi del network internazionale. Possiamo mettere a fattor comune le esperienze degli altri Paesi, ma offriamo anche il nostro impegno, la nostra faccia, al servizio dell’ autore. A settembre ci saranno delle belle sorprese». Il riferimento è ad autori famosi che hanno firmato con HarperCollins. «Faremo una sessantina di titoli l’ anno, circa quindici di saggistica e varia, il resto di narrativa», conclude Annoni. Secondo Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio, «c’ è lo spazio per nuove iniziative editoriali, a patto che dietro ci sia un progetto, non solo un inseguimento di quote. Quello editoriale non è un mercato che dipende così fortemente dal contesto economico, dal fatto che l’ economia cresca dello 0,5 in più. Non è un bene primario dove il consumo è determinato dalla domanda. Molto dipende dalla qualità dell’ offerta. L’ editoria nasce dalla passione ma c’ è un minimo di richiesta di strutturarsi come un’ industria. Gli operatori che si stanno muovendo sono professionali e professionisti.Vedo con minore simpatia le iniziative editoriali che nascono come hobby, che puntano soltanto sulla passione e sull’ entusiasmo». Il rafforzamento di Marsilio, spiega De Michelis, è «un progetto organico ragionato, cominciato due anni fa», mentre l’ arrivo di Chiara Valerio è nato negli ultimi mesi, durante Tempo di Libri: «Abbiamo trovato una sintonia nel modo di guardare i libri e le prospettive future. Quello della narrativa italiana è un settore che vogliamo far diventare sempre di più un nostro fiore all’ occhiello. Negli anni Novanta è stato uno dei bacini da cui sono nati grandi talenti, che ha fatto molte scoperte interessanti». La vivacità degli editori medi e piccoli non toglie i nodi di fondo del problema delle concentrazioni. «Rimane un tema di concorrenza – dice Elisabetta Sgarbi – che le decisioni dell’ antitrust non hanno di certo intaccato. Ma questo meriterebbe un discorso a parte. Il mio personale giudizio sull’ acquisizione Mondadori/Rizzoli continua a essere negativo: non certo per la Mondadori che ha conquistato un pezzo di mercato importante che altrimenti non avrebbe mai avuto. Ha fatto male Rcs a vendere. Urbano Cairo sta dimostrando che si poteva gestire il debito e tenere e rilanciare dei gioielli quali erano le case editrici, invece di vendere al concorrente». Per lei il primo passo, «il più difficile, è stato dare credibilità a La nave di Teseo. Convincere con i risultati che non era una follia. Poi chiedere ai nostri azionisti, a cominciare dalla famiglia Eco, ma anche a Jean-Claude Fasquelle e gli altri imprenditori che sin dall’ inizio ci sostengono, sulla base della bontà dei progetti, un aumento di capitale. Senza ricorrere a finanziamenti bancari». Crescere ancora è l’ obiettivo: «Sarebbe importante farlo allargando la platea dei lettori. Ma comunque crescere nell’ unico modo possibile, con buoni autori e buoni libri». Iacopo Gori è stato da poco nominato direttore generale Libri Trade del gruppo Giunti ed è anche direttore delle librerie Giunti al Punto (ormai 200), una sinergia su cui l’ editore fiorentino ha molto puntato. «La collaborazione ha generato iniziative importanti. Penso ad “Aiutaci a crescere Regalaci un libro”, per esempio. L’ iniziativa, in sette edizioni, ha fruttato oltre un milione di libri per costituire le biblioteche di classe nelle scuole primarie, soprattutto al Sud» dice Gori. Ma l’ elemento da osservare con grande attenzione, aggiunge, « non sono tanto le quote di mercato dei singoli editori, quanto la propensione alla lettura del Paese. La battaglia si gioca qui. Questa è la vera svolta da perseguire, l’ unica in grado anche di cambiare la fisionomia del mercato».

Radio, quanto sei social

La Repubblica

link

di Massimo Cirri, illustrazione di Francesca Ghermandi Nel 1933 Bertolt Brecht parlava di “un mezzo straordinario per mettere le persone in relazione l’ una con l’ altra”. E infatti è diventata lo strumento che prima di ogni altro ha inventato l’ interattività con il pubblico. Alla fine degli anni Sessanta fu la Rai con “Chiamate Roma 3131”. Poi “i microfoni aperti” diventarono un format diffuso in ogni angolo dell’ etere. Fino a Pannella, che con “Radio Parolaccia” (senza censura) anticipò di venticinque anni quello che accade oggi su Facebook e Twitter TITOLO: SETTE TESI SULLA MAGIA DELLA RADIO AUTORE: MASSIMO CIRRI EDITORE: GIUNTI PREZZO: 13 EURO PAGINE: 320 È il 1986, luglio, e un flusso ininterrotto di insulti, minacce, vaffanculi e sessismo avvolge l’ Italia. I social network arriveranno dopo una ventina d’ anni ma il peggio di quello che Facebook e Twitter riusciranno a tirar fuori dalle dita umane quando pigiano sulla tastiera c’ è già tutto. E con un canale di comunicazione in più: la voce. Perché esce dalla radio. È Radio Radicale, c’ è dal 1975, quando dopo una sentenza della Corte Costituzionale sono nate le radio libere. Diventano centinaia. Con migliaia di persone che da un giorno all’ altro, improvvisando, dopo aver parlato all’ assemblea cominciano a farlo davanti a un microfono. Nel 1986 la fioritura sta appassendo. Radio Radicale ha un problema di soldi e Marco Pannella reagisce con una delle sue provocazioni. Apre il microfono a tutti: dite quello che pensate della radio, lasciate un messaggio in segreteria, li mandiamo in onda tutti, nessun taglio, nessuna censura. I messaggi arrivano come un fiume. Ci sono trenta segreterie telefoniche e non bastano. Ma nessuna parla di Radio Radicale: sono opinioni su ogni argomento, fatti personali, sberleffi e accuse. Sono insulti a carattere politico contro tutti e molti contro i radicali. Una voce di donna, mezz’ età, accento napoletano, se la prende con gli scioperi della fame: ” Nuje a fame a’ facimme senza ‘ o sciopero. La nostra è ‘ na fame radicale”. Poi ingiurie tra tifosi e molto odio etnico: “Sono Roberto e chiamo da Milano, () volevo dire a quella manica di terroni di Roma che siete delle teste di cazzo inaudite a fare quelle telefonate oscene, pirloni, barboni, andate a lavorare, pirlaaa! Grazie”. Telefonate contro “negri, ebrei e paninari”, tutti contro qualcuno e molte bestemmie. C’ è lo sfogo liberatorio, l’ idea che finalmente posso dire quello che voglio e con tutta la rabbia di non averlo detto prima, c’ è la garanzia dell’ anonimato. C’ è la velocità: massimo un minuto. Non è molto diverso da una mattina qualsiasi, oggi, su un social network. Le voci, le intonazioni, dicono di un’ eccitazione adolescenziale, del piacere di insultare, del narcisismo – sono io, sono qui, mi sentite? – dell’ ebbrezza di violare le regole. Ne esce il ritratto di un’ Italia completamente sconosciuta a tutti gli altri mezzi di informazione. Meno alle radio. Perché la radio è porosa, più penetrabile di giornali e tv agli umori di chi sta dall’ altra parte. E capace di metterli in pubblico. Aveva cominciato la Rai, il 7 gennaio 1969, alle 10.40, con Chiamate Roma 3131. Chiamano gli ascoltatori, in diretta, chiedono pareri. Si parte con questioni medico-scientifiche; poi si allargherà il campo. È un’ idea di Luciano Rispoli: “Nacque dall’ ascolto di una psicologa che trasmetteva per la radio francese. Rispondeva ai quesiti degli ascoltatori su argomenti di sessuologia avendo un notevole successo. Fui impressionato da due cose: intanto dall’ argomento, che era estraneo alla radiofonia di allora, molto contenuta, se vogliamo un po’ perbenista, e poi dal fatto tecnico, del rapporto diretto tra una persona qualificata (la psicologa) e il pubblico. Questo mi impressionò molto () quella era la rivoluzione, la radio del futuro”. Un po’ lo fu. Per via del fatto che mai, prima di allora, alla radio si erano sentite le voci di chi la ascoltava. Erano, la radio e i suoi ascoltatori, mondi separati. Con Chiamate Roma 3131 le persone comuni iniziano a dire qualcosa. “Il vero protagonista ed effettivo regista è soltanto il pubblico” scriveranno i giornali. Non è proprio vero. Ci sono i filtri alle telefonate, le “ragazze pettine”. Ci sono i funzionari che vigilano, perché c’ è sempre il timore che vada in onda qualcosa che non si controlla. Si chiede all’ ascoltatore cosa vorrebbe dire, poi lo si richiama. Ma è lui, uno comune, con la sua voce, che dice di sé. Saranno soprattutto casalinghe, l’ ora è adatta a loro: buoni sentimenti e un manto di cattolicesimo. Un grande successo: milioni di ascoltatori, migliaia di telefonate. C’ entra la capacità “naturale” della radio di essere un ponte tra sfera pubblica e sfera intima, per via del sentirla vicina, come se parlasse solo a te, anche se l’ ascoltano in milioni. C’ entra il telefono. Lui e la radio sono stati separati alla nascita. Il telefono deputato alla comunicazione della sfera privata; la radio a quella pubblica. Quando si reincontrano con le telefonate in diretta, muta la lingua della radio e ne cambia l’ anima. Nasce un canale nuovo per l’ antico bisogno molto umano di voler dire qualcosa – anche se non si ha sempre proprio qualcosa di preciso da dire – e quello di essere connessi a qualcun altro, anche solo per dire che no, non sono per nulla d’ accordo e mandarlo a quel paese. O di sentirsi connessi, a volte basta questo. Quello che cerchiamo nei social network è stato soddisfatto per molti decenni dalla radio. Radio Popolare, voce della sinistra milanese, con il suo Microfono Aperto ne ha trasmesso, impastato ed elaborato umori e tormenti. Negli anni dell’ espansione e in quelli dell’ affanno. “Il Microfono Aperto è nato insieme a Radio Popolare e ne resta un cardine”. Se ne era accorto Bertolt Brecht, già nel 1933, quando la radio è giovane davvero: “Potrebbe essere per la vita pubblica il più grandioso mezzo di comunicazione che si possa immaginare, () se fosse in grado non solo di trasmettere ma anche di ricevere, non solo di far sentire qualcosa all’ ascoltatore ma anche di farlo parlare, non di isolarlo ma di metterlo in relazione con gli altri”. Radio Radicale in versione Parolaccia andò in onda per trentacinque giorni ininterrotti, fino alla vigilia di ferragosto. E poi di nuovo nel 1990 e nel 1993. La radio che fa parlare le persone, civilmente, si prova a farla tutti i giorni. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ autore Massimo Cirri, 58 anni, è psicologo, conduttore radiofonico e scrittore teatrale. Ideatore e voce della trasmissione Caterpillar su Radio2.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 8130

Latest Images

Trending Articles